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Sviluppo di molecole ad attivita anti-ischemica con funzionalita " mitochondrial addressed "

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DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea in Farmacia

Tesi di laurea

SVILUPPO DI MOLECOLE AD ATTIVITA' ANTI-ISCHEMICA CON

FUNZIONALITA'

“MITOCHONDRIAL ADDRESSED “

Relatori

Prof.ssa Annalina Lapucci

Dott.ssa Digiacomo Maria

Correlatore

Dott.ssa Giulia Nesi

Candidato

Gianfranco Spagnulo

Anno accademico: 2014/2015

SSD CHIM08

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E’ tutto sedimentato sotto

chiacchiericcio e il rumore,

il silenzio e il sentimento,

l’amore e la paura,

gli sparuti incostanti sprazzi

di bellezza, e poi lo squallore

disgraziato e l’uomo miserabile.

Tutto sepolto dalla coperta

dell’imbarazzo dello stare al

mondo. Bla, bla, bla, bla…

Altrove c’è l’ altrove,

io non mi occupo dell’altrove

dunque, che questo romanzo

abbia inizio, in fondo è solo

un trucco ..Si..

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INTRODUZIONE GENERALE……… 1

- L’ischemia ……… 2

- L’ischemia miocardica……… 3

- Morte cellulare indotta da riperfusione……… 4

- I meccanismi di cardioprotezione ……… 6

- Precondizionamento ischemico………. 6

- Postcondizionamento ischemico……….. 8

- Precondizionamento farmacologico………9

- Canali al potassio……….11

- Canali al potassio

ATP-

dipendenti...11

(4)

- I canali K-atp Mitocondriali………..15

- Attivatori selettivi dei canali KATP………..15

- KCOs di prima generazione………..16

- KCOs di nuova generazione……… 21

INTRODUZIONE ALLA PARTE SPERIMENTALE………25

PARTE SPERIMENTALE………..35

BIBLIOGRAFIA………..50

(5)

1

Introduzione

(6)

2

ISCHEMIA

L’ischemia (dal greco “ischein” trattenere e “emia” sangue), è la perdita totale o parziale dell’afflusso di sangue arterioso oppure la diminuzione del deflusso venoso in un determinato tessuto. In seguito all’ischemia si ha compromissione del rifornimento di ossigeno e anche di substrati metabolici forniti dal flusso ematico in condizioni fisiologiche (es. glucosio). Bisogna distinguere l’ischemia dall’ipossia che, invece, è la condizione patologica scaturita da una carenza di ossigeno che provoca la riduzione della respirazione aerobica ossidativa determinando danno cellulare. La riduzione della quantità di sangue in un certo distretto vasale è detta anche ipoemia locale ed è la causa di uno stato di sofferenza nell’area interessata che può portare a gravi complicazioni negli organi coinvolti (per es. nel caso in cui l’organo colpito sia il cuore, si può avere l’infarto). La riduzione del lume delle arterie che si ha durante un evento ischemico (Figura 1), può essere provocato da diversi fattori tra i quali contrazione della parete muscolare (nel caso di cicatrici, tumori, ecc.), ispessimento della parete arteriosa (in caso di aterosclerosi, infiammazione), occlusione del lume del vaso sanguigno (emboli, trombi). 1

(7)

3

I danni derivanti da un processo ischemico dipendono da vari fattori: - estensione dell’area sottoposta ad inadeguata irrorazione sanguigna; - entità di deficit di ossigenazione;

- sensibilità dei diversi tipi di cellule al deficit di ossigeno - durata dell’ischemia

- condizione delle cellule nel momento in cui si ha l’ischemia (cambiamenti ambientali metabolici e fisici).

Durante l’ischemia vengono colpiti diversi sistemi cellulari e, tra questi, i mitocondri sono importanti bersagli.

Se l’evento ischemico è di breve durata, grazie a dei “meccanismi di autodifesa” il danno può essere riparato e le cellule possono di nuovo riprendere funzionalità grazie al recupero di ossigeno e substrati metabolici; se invece l’ischemia è di lunga durata, si ha un deterioramento progressivo delle strutture cellulare, il danneggiamento della respirazione ossidativa mitocondriale e della via glicolitica. In questo caso non solo la riperfusione è insufficiente per risanare la cellula danneggiata ma paradossalmente a volte il danno si accentua e i tessuti riperfusi perdono altre cellule oltre a quelle danneggiate dall’ischemia1,2

. Tra le principali manifestazioni dell’ischemia c’è: l’ischemia miocardica, ischemia renale, ischemia cerebrale (ictus).

ISCHEMIA MIOCARDICA

Ad oggi l’ischemia miocardica è una delle principali cause di mortalità nella popolazione occidentale.

L’ischemia miocardica deriva dalla compromissione del flusso coronarico che causa uno squilibrio tra apporto-richiesta di O₂. La mancanza di un’ossigenazione e la ridotta disponibilità di substrati metabolici, diminuisce la quantità di energia disponibile per la cellula e il danno cellulare derivante può essere reversibile o irreversibile.

Quando questo disturbo risulta persistente, tale da realizzare la perdita irreversibile delle funzioni vitali della fibra muscolare, si parla di necrosi che trova il suo equivalente clinico nell’infarto acuto del miocardio.

In condizioni di normale ossigenazione, il miocardio ha un metabolismo strettamente aerobio e catabolizza gli acidi grassi e il glucosio a CO2 e H2O. In presenza di ischemia

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4

Ciò comporta una diminuzione del pH intracellulare e una riduzione delle riserve di fosfati ad alta energia: l’adenosin-trifosfato (ATP) e la creatin-fosfato (CP).

La mancanza di ossigeno induce un rapido arresto della fosforilazione ossidativa mitocondriale e l’inibizione della sintesi di ATP, la principale fonte energetica cellulare. Per compensare la diminuzione di ATP, viene attivata una glicolisi anaerobica che porta ad un accumulo di ioni idrogeno e di lattato con conseguente acidosi intracellulare.

Inoltre si verifica l’inibizione della pompa Na+

/K+ ATPasi a causa del declino della concentrazione di ATP e l’aumento di Na+, oltre all’inibizione o l’inversione del

funzionamento dell’antiporto Na+

/Ca2+, che usualmente pompa il Ca2+ fuori e il Na+ dentro. Ciò determina un sovraccarico di ioni calcio, che porta alla contrattura cellulare e contribuisce all’apertura irreversibile di un canale denominato poro di transizione di permeabilità mitocondriale MPTP (Mithocondrial Permeability Transition Pore), in seguito al quale si ha rigonfiamento osmotico della matrice cellulare e rottura della membrana del mitocondrio (Figura 2)3,4. L’aumento della concentrazione citosolica di Ca2+, a sua volta, attiva una serie di enzimi dannosi per la vita della cellula, causando così alterazioni della permeabilità mitocondriale e infine apoptosi. Nello stesso momento, l’ATP viene convertito in ADP e AMP, che fuoriuscendo dalla cellula, contribuisce alla riduzione della performance cardiaca. Durante l’episodio ischemico, la concentrazione di ROS (reactive oxygen species) ha un’espressione bifasica in quanto in un primo momento si mantiene irrilevante, mentre dopo 20-25 minuti aumenta drasticamente. Quindi l’esaurimento di ATP, insieme all’aumento di ioni Ca2+ e ROS porta la cellula ad un graduale e irreversibile declino della sua integrità.

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5

MORTE CELLULARE INDOTTA DA RIPERFUSIONE

Il ripristino del flusso ematico in un tessuto ischemico può favorire il recupero delle cellule se il danno da queste subito è reversibile. Paradossalmente però la riperfusione può portare ad una esacerbazione del danno con conseguente perdita di un ulteriore numero di cellule oltre a quelle danneggiate irreversibilmente dall’ischemia.

L’inizio della riperfusione è associata ad una raffica di produzione di ROS, derivante principalmente dai complessi 1-3 della catena respiratoria ma anche da alcuni enzimi mitocondriali come: Xantina ossidasi, NADPH ossidasi, Monoamino-ossidasi e Aconitasi. 8-10

La produzione di ROS gioca un ruolo fondamentale sull’apertura dei canali MPTP. )

5-7,11,12

. Gli MPTP sono mega canali ad alta conduttanza, ancorati tra l’esterno e l’interno della membrana, in modo tale da consentire la connessione tra citoplasma e matrice13. È stato ipotizzato che durante l’ischemia il MPTP sia chiuso a causa del basso pH (<7)14. Infatti la rapida energizzazione dei mitocondri durante la riperfusione porta alla diffusione di Ca2+, precedentemente accumulato nel citosol durante l’ischemia, che conduce all’ “ipercontrattura” distruttiva. L’ingresso di Ca2+

, insieme alla formazione dei ROS promuove l’apertura dei MPTP. L’apertura di un singolo poro mitocondriale è sufficiente a causare un’immediata depolarizzazione che a sua volta innesca l’apertura di altri MPTP15-16. La conseguenza dell’apertura di questi pori, è l’attraversamento di piccole sostanze con peso molecolare < 1.4 kDa attraverso la membrana interna; al contrario, le molecole più grandi (come alcune proteine) rimangono incastrate nella matrice esercitando una pressione osmotica che porta all’assorbimento di acqua e ad un conseguente rigonfiamento della matrice17,18.

Questo fenomeno comporta il rilascio di proteine pro-apoptotiche confinanti con lo spazio intermembranale come per esempio il Citocromo-c. Vi è una crescente evidenza che il tempo di apertura degli MPTP è strettamente correlato con l’entità del danno. Infatti gli inibitori dell’apertura di questi pori (come la Ciclosporina) proteggono il cuore dal danno e molte strategie di pre-condizionamento farmacologico, mirano proprio all’inibizione degli MPTP.

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6

Figura 3. Rappresentazione dei fenomeni che si verificano durante il periodo ischemico A e durante la

riperfusione B nella cellula cardiaca.

I MECCANISMI DI CARDIOPROTEZIONE

PRECONDIZIONAMENTO ISCHEMICO

Tra i meccanismi di cardioprotezione quello più importante è il fenomeno del precondizionamento ischemico o IPC (Myocardial Ischaemic Preconditioning). È un meccanismo endogeno di “auto-protezione” in cui singoli o multipli brevi periodi ischemici (della durata di 3-5 min) conferiscono ai miociti un aumento della resistenza contro il danno cellulare provocato dall’ischemia successiva, determinando una riduzione della zona infartuata. L’IPC è un meccanismo che è stato descritto per la prima volta nel 1986 da Murry, ed è stato osservato inizialmente nei cani 19. Dallo studio dell’IPC sono emerse due fasi:

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7

- Fase tardiva (o seconda finestra dell’IPC), della durata di 24-96 ore20,21,22.

L’IPC è un fenomeno multifattoriale e gli agenti (Figura 4) che la attivano si dividono in due classi:

-triggers recettore dipendenti (adenosina, bradichinina, sistemi oppioidi, prostaglandine);

-triggers recettore indipendenti (ossido nitrico, calcio, specie reattive dell’ossigeno o ROS)23.

Figura 4. Meccanismo d’azione degli agenti che innescano l’IPC

Tra i triggers recettore dipendente che necessitano dell’interazione con un recettore specifico per esplicare la loro azione c’è l’adenosina. Questo nucleoside, i cui livelli aumentano in caso d’ischemia, interagendo con i recettori A1 e A3, induce la dilatazione dei vasi e riduce l’inotropismo cardiaco, aumentando l’apporto di ossigeno. S’ipotizza ci sia un’azione sinergica tra adenosina e bradichinina, un altro trigger recettore-dipendente. Durante l’ischemia sono prodotte anche sostanze oppioidi che andando a interagire con il recettore oppioide δ1 inducono una protezione cardiaca ritardata di 24 ore dopo la stimolazione recettoriale. Molti recettori di questi triggers, sono accoppiati alla fosfolipasi C (PLC), la cui attivazione catalizza l’idrolisi del

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8

fosfatidilinositolo 4,5-difosfato (PIP2). Da qui poi sono generati due secondi messaggeri: inositolo 1,3,4- trifosfato (IP3) e diacilglicerolo (DAG). Questi ultimi stimolano la proteina chinasi C o PKC (all’inizio ritenuta mediatore intracellulare centrale dell’IPC) la quale richiede la traslocazione dal citosol per ancorare proteine nella membrana del citoscheletro.

I triggers recettore indipendente non hanno bisogno dell’interazione con dei recettori. Tra questi c'è l’ossido nitrico (NO), il cui coinvolgimento nell’IPC è dimostrato dal fatto che l’inibizione dell’enzima NO sintetasi riduce gli effetti dell’IPC nei ratti .

POSTCONDIZIONAMENTO ISCHEMICO (IPOSTC)

Zhao et al. (2003) hanno evidenziato come brevi periodi di riperfusione, intervallati da brevi periodi di occlusione coronarica, durante la prima fase della riperfusione, conferiscono un effetto cardioprotettivo contro il danno da ischemia/riperfusione24.Questo meccanismo prende il nome di “post-condizionamento ischemico” (I-PostC).

Il post-condizionamento diminuisce la lesione a livello di molti organi, come ad esempio cuore, midollo spinale, cervello, reni, fegato, muscoli, polmoni, intestino. Il meccanismo di protezione cardiaca dipendente da questo processo non è ancora del tutto chiaro, si presume che sia controllato dalla proteina G25,26.

I-Post C sembra che provochi una riduzione di ROS, una diminuzione del sovraccarico di Ca2+ e d’infiammazione; riduce inoltre l’apoptosi, le aritmie causate dalla riperfusione, il danno dell’endotelio, l’adesione dei neutrofili alle arterie coronarie post-ischemiche dell’endotelio vascolare e l’accumulo di neutrofili nel miocardio27,28,29

.

PRECONDIZIONAMENTO FARMACOLOGICO (PH-PREC)

L’infarto, è un fenomeno difficile e quasi impossibile da prevedere e rende impossibile l’utilizzo di una procedura di precondizionamento ischemico ai fini terapeutici30-31

. Al contrario, per quanto concerne il postcondizionamento, una strategia farmacologica sarebbe concettualmente possibile in pazienti che hanno accusato infarti acuti del

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miocardio. Tuttavia, questa procedura mostra svariate problematiche e rischi non trascurabili. L’aver identificato le vie di segnalazione di IPreC / IPostC, apre la strada per lo sviluppo di nuove strategie farmacologiche con le quali si potrebbe perseguire la cardioprotezione imitando le vie mitocondriali che si attivano in IPreC e IPostC.

In entrambi i fenomeni, è stata, comunque, dimostrata l’attivazione di diversi fattori endogeni quali: Adenosina32, Bradichinia33, Acetilcolina34, Oppioidi35, e molecole gassose come NO36e H2S37.

Inoltre, è opportuno tenere presente che sia IPreC sia IPostC comportano l’attivazione di proteine chinasi C (PKC), isoenzimi, che a seconda dello stato patologico possono esercitare ruoli opposti38. Altre chinasi che si attivano sono le RISK (reperfusion injury salvage kinase) e GSK3B (glycogen synthase kinase 3 beta).39

La PKC è presente in due isoforme, ƹ e ϭ, le quali giocano un ruolo opposto nella cardioprotezione.40 In particolare l’attivazione di PKCƹ è cardioprotettiva mentre l’attivazione di PKCϭ media la maggior parte dei fenomeni che si instaurano durante il danno ischemico41. Recenti ricerche hanno dimostrato che la PKCƹ attiva ALDH2

(aldeide deidrogenasi 2), che rimuove i prodotti di perossidazione lipidica, quindi protegge le funzioni mitocondriali.42 È stato dimostrato che la traslocazione di PKCƹ è da considerarsi una meccanismo addizionale di cardioprotezione. Infatti l’attivazione di questa isoforma conduce alla fosforilazione di alcune componenti di MPTP, portando come risultato all’inibizione del poro.43

Contrariamente invece l’inibizione di PKCϭ è da considerarsi meccanismo cardioprotettivo, in quanto, la sua attivazione innesca la chinasi mitocondriale44 Piruvato Deidrogenasi e la rigenerazione di ATP45. Inoltre l’attivazione di PKCϭ induce una compromessa perfusione dei miociti a seguito dell’evento ischemico e questo potrebbe causare danni funzionali in futuro. Tuttavia il ruolo della PKC nei mammiferi resta controverso.

Heusch ha dimostrato che nel suino la staurosporina, inibitore della PKC, non ha impedito la comparsa di un fenomeno di IPreC46.

Oltre agli isoenzimi di PKC, altre proteine chinasi sono state proposte come possibili mediatori nelle vie cardioprotettive. Un esempio è la STAT3, la quale è stata recentemente identificata nel mitocondrio e la cui espressione pare sia correlata con la riduzione del danno sul miocardio nel IPreC e IPostC.47

Negli ultimi anni, sono stati anche identificati diversi canali al potassio presenti nella membrana mitocondriale interna, i quali si ritengono coinvolti nei meccanismi di

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10

cardioprotezione. Sono stati identificati canali al potassio attivati da Ca2+ e da ATP, ed è stato riconosciuto il loro coinvolgimento nella regolazione del volume mitocondriale, sul potenziale di membrana, sulla regolazione del pH e sulla apoptosi.

Un altro studio è stato fatto su una proteina transmembrana detta Connessina 43, anch’essa coinvolta nei meccanismi cardioprotettivi, più precisamente è stato identificato il suo ruolo nei mitocondri durante l’IPreC48. La connessina 43 mitocondriale contribuisce, inoltre, all’assorbimento di potassio, formando canali che modulano il trasporto di ioni49. Il coinvolgimento della Connessina 43 è stato studiato attivando dei canali potassio ATP-dipendenti nei ratti utilizzando come effettore il diazossido.

Figura 5: Rappresentazione schematica di I/R, IPreC, IPostC e PhPreC.

CANALI AL POTASSIO

I canali al potassio sono dei canali ionici che appartengono a una famiglia molto eterogenea di proteine multimeriche. La funzione di questi canali è quella di intervenire durante la fase di ripolarizzazione della membrana in seguito al potenziale d’azione e di ristabilire così il potenziale di riposo. Anche se sono diversi tra loro, tutti i canali al K+ sono accomunati dal fatto che hanno: - un poro di permeazione dell’acqua che permette agli ioni K+ di fluire attraverso la membrana cellulare; - un filtro selettivo per gli ioni

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K+ (che non permette il passaggio di altri ioni); - un meccanismo a cancello che serve

per passare dalla conformazione aperta a quella chiusa del canale (Figura 6).

Figura 6. Canali al potassio nella conformazione aperta (A) e chiusa (C)

CANALI AL POTASSIO ATP-DIPENDENTI (KATP)

Tra i diversi tipi di canali al potassio ci sono quelli regolati da cambiamenti del rapporto intracellulare [ATP]/[ADP] che sono detti ATP-dipendenti o ATP sensibili (KATP)

(figura 7).

(16)

12

Questi canali in condizioni di normale apporto di ossigeno (normossia), si trovano in uno stato inattivo (inibiti da livelli alti di ATP intracellulare) mentre, in condizioni di stress metabolico, ischemia o ipossia, sono attivati da una riduzione intracellulare di ATP e/o da un aumento intracellulare di nucleosidi difosfato e dall’accumulo di metaboliti che si formano durante l’evento ischemico. I canali KATP sono presenti in

molti tessuti tra cui muscolatura liscia e scheletrica, cellule β-pancreatiche, neuroni e cuore e sono coinvolti in molti processi fisiologici quali secrezione di ormoni, attività della muscolatura liscia 53 e rilascio di neurotrasmettitori 54.

STRUTTURA DEI CANALI KATP

I canali KATP sono stati descritti per la prima volta nel 1983 da Noma studiando una

membrana isolata dai miociti ventricolari isolati di cavie. Sono costituiti da due tipi di subunità, Kir6.x e SURx, che vanno a formare, rispettivamente, il poro del canale e il sito recettoriale delle sulfaniluree. Esistono molte isoforme, in cui diverse subunità Kir e SUR si combinano variamente per dare canali KATP che differiscono per la loro

sensibilità farmacologica e la loro localizzazione. Considerando singolarmente le diverse subunità:

- SUR1→ è presente negli adipociti, nelle cellule β del pancreas e nei neuroni; - SUR2A→ è presente nel cuore;

- SUR2B→ è presente nelle cellule della muscolatura liscia;

- Kir6.2→ è presente nella muscolatura scheletrica, nelle cellule β del pancreas, nel cervello e nel cuore;

- Kir6.1→ è predominante nella muscolatura liscia e negli astrociti.

I canali KATP sono stati identificati in molti tessuti tra cui il cuore, le cellule muscolari,

le cellule β del pancreas, e alcune cellule neuronali. La loro attività è regolata dal metabolismo cellulare, pertanto questi canali accoppiano l’attività elettrica della cellula con il suo stato metabolico: l’apertura dei canali KATP iperpolarizza la membrana

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Nel pancreas i canali KATP permettono la secrezione di insulina in risposta ad un

aumento della concentrazione plasmatica di glucosio; nel cuore questi canali svolgono una funzione protettiva in risposta a ipossia o ischemia, e recenti studi hanno permesso di ipotizzare che siano coinvolti anche in altre situazioni di stress metabolico, come ad esempio l’esercizio fisico.

Nel sistema nervoso centrale i canali KATP sembrano avere una funzione protettiva

simile a quella del cuore, e sono anche coinvolti nel controllo dei livelli di glucosio nel sangue. L’apertura dei canali KATP nelle cellule muscolari liscie provoca

vasorilasciamento, inoltre essi contribuiscono al mantenimento del tono muscolare in molti tessuti. Nei muscoli scheletrici i canali KATP giocano un ruolo importante sia

durante lo sforzo fisico che nell’uptake di glucosio.

REGOLAZIONE

L’adenosina trifosfato (ATP) e il nucleotide difosfato (NDPs) rappresentano i due principali fattori capaci di regolare il flusso ionico attraverso i canali K+.

L’attività del canale KATP è inibita dall’aumento della concentrazione intracellulare di

ATP. La capacità di alcuni analoghi non idrolizzabili dell’ATP di inibire i canali al potassio è la dimostrazione che l’inibizione non richiede fosforilazione o l’idrolisi di ATP ma è dovuta al semplice legame del nucleotide stesso. L’esatto numero di molecole di ATP necessarie all’inibizione non è conosciuto. L ATP può inibire il canale KATP sottoforma di acido libero (ATP4-) o di complesso con il Mg++(MgATP). La

maggiore capacità di inibire il canale ionico di una forma rispetto all’altra dipende dal tessuto preso in considerazione; nel muscolo cardiaco, ad esempio, le due forme sono equipotenti.

La localizzazione del sito di legame dell’ATP è oggetto di controversie. La presenza di due NBFs sulla subunità SUR e la mancanza di tali siti sulla subunità Kir favorisce l’ipotesi che la chiusura del canale richieda il legame dell’ATP alla subunità SUR. La presenza di questo legame è stata dimostrata con l’utilizzo di ATP-radiomarcato. Esistono però evidenze sperimentali che indicano che l’azione inibitoria dell’ATP è mediata invece dall’interazione con la subunità Kir. È stato infatti dimostrato che mutazioni della subunità Kir inducono una marcata diminuizione della sensibilità per l’ATP mentre mutazioni a livello della subunità SUR influenzano solo moderatamente

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14

l’inibizione dell’ATP. Questi dati sperimentali indicano che il sito di legame dell’ATP è situato sulla subunità Kir mentre la subunità SUR ne aumenta la sensibilità.

I canali KATP in condizioni prive di ATP possono perdere la loro attività (fenomeno

detto rundown), che però può essere ristabilita attraverso vari meccanismi che includono le reazioni di fosforilazione/defosforilazione e il disaccoppiamento dei canali KATP dal

citoscheletro di actina.

I nucleotidi difosfato come ADP o GDP hanno quindi due effetti opposti sull’attività dei canali KATP:

- Inibiscono il canale; questo effetto inibitorio coinvolge probabilmente un’interazione con la subunità Kir;

- Attivano il canale; questa attivazione è dovuta all’interazione con la subunità SUR e alla conseguente riapertura del canale KATP.

L’ attività del canale può essere modulata oltre che dai nucleotidi anche da altri fattori, tra i quali gli ormoni (somatostatina), il pH, NO, gli acidi grassi, l’adenosina, l’acetilcolina, le endoteline e il polipeptide intestinale vasoattivo.

L’interazione con appropriati recettori associati a proteine G provoca il rilascio di GDP e stimola il legame del GTP. Mediatori come l’ACh e l’adenosina interagiscono con la proteina G inibitoria aumentando la probabilità di apertura dei canali KATP.

L’adenosina, attraverso il sottotipo recettoriale A1, può anche attivare la proteina chinasi

C (PKC) che a sua volta potrebbe attivare i canali KATP riducendo la sensibilità per

l’ATP a livello del sito inibitorio. Anche la proteina chinasi A(PKA) può modulare l’attività dei canali KATP, in particolare è coinvolta nella loro apertura indotta da

adenosina, attraverso l’interazione con il sottotipo recettoriale A2, dalle prostacicline e

dagli agonisti β.

I CANALI K

ATP

MITOCONDRIALI

I mitocondri svolgono un ruolo centrale nel metabolismo energetico della cellula. Sono coinvolti in vari processi tra cui l’apoptosi e la cardioprotezione. Costituiscono i targets farmacologici di un’ampia varietà di farmaci, tra cui gli antitumorali, gli immunosoppressori, gli antivirali, le sulfoniluree e i KCOs50.

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15

I principali stati patologici che costituiscono il target terapeutico dei KCOs sono l’ipertensione, l asma e le patologie cardiovascolari. La maggiore attività dei KCOs sul tessuto vascolare può essere dovuta ad aspetti farmacocinetici come un accumulo nel tessuto vascolare o una diversa densità recettoriale. Per quanto riguarda l’attività cardioprotettiva di questi farmaci, sembra essere dovuta all’interazione dei canali KATP

mitocondriali (mitoKATP) cardiaci.

Sono state individuate due componenti dei canali mitoKATP mitocondriali: una proteina

canale di 55 kD e una proteina SUR di 63 kD. I mitoKATP sembrano avere una struttura

eteromultimerica corrispondente a quella dei canali KATP del sarcolemma51.

I mitoKATP sono regolati in modo complesso da metaboliti e farmaci. ATP, ADP ed

esteri dell acetilCoA sono inibitori competitivi del flusso mitocondriale degli ioni K+ e come requisito essenziale è richiesta la presenza di cationi bivalenti come Mg+. Questo tipo di inibizione è antagonizzata competitivamente dai nucelotidi guanosinici. Il GTP è in grado di legarsi ad un sito ad alta affinità e ad una bassa affinità mentre il GDP si lega a due siti a bassa affinità.

ATTIVATORI SELETTIVI DEI CANALI KATP

I ligandi dei canali ionici in genere esibiscono una pronunciata diversità chimica, e questo vale anche per gli attivatori dei canali KATP (KCOs), che comprendono differenti

classi strutturali; quelli cosiddetti di “prima generazione”, i primi ad essere sviluppati, comprendono i benzopirani, le cianoguanidine, le tioformammidi, le tiadiazine e i piridilnitrati. Successivamente sono stati sintetizzati nuovi composti, migliori dal punto di vista dell’attività e della selettività; questi vengono definiti di seconda generazione, e includono i ciclobutenedioni, i derivati delle diidropiridine e i carbinoli terziari52.

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16

KCOS DI “PRIMA GENERAZIONE”

Derivati benzopiranici

-Il Cromakalim (Figura 8), capostipite della classe dei benzopirani, è stato sintetizzato la prima volta nel 1980. La struttura contiene 2 carboni chirali e l’attività risiede nell’enantiomero 3S, 4R (levcromakalim). O O NC CH3 CH3 N OH

Figura 8. Struttura di Cromakalim

Anche se non è selettivo nei confronti dei canali mito-KATP, è usato come farmaco

cardioprotettivo per studi sperimentali. La sua azione è quella di indurre la vasodilatazione e ridurre i livelli di ADP55. È stato sottoposto a diverse modifiche strutturali in particolare in posizione 4 dell’anello benzopiranico. Le principali modifiche comprendono:

- Sostituenti ciclici non “a ponte”; - Sostituenti ciclici “a ponte”;

- Sostituenti aciclici

Oltre alle sostituzioni in posizione 4 sono state anche effettuate sostituzioni e modifiche strutturali anche in posizione 3 e in posizione 2 del benzopirano. Per quanto riguarda la posizione 3, la maggior parte dei benzopirani non sono sostituiti o hanno un gruppo idrossilico, e la sostituzione del gruppo OH in genere diminuisce la potenza antiipertensiva. Composti che, al posto dell’OH, presentano un gruppo CHO o CH2OH,

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17

mantengono una moderata attività, mentre la sostituzione con un atomo di bromo o con un metile porta a scomparsa dell’attività 56. Gli studi di SAR hanno dimostrato che la presenza in posizione 2 di due gruppi metilici determina un incremento dell’attività rispetto ad un solo metile o ad un etile. Il composto di-idrosostituito in posizione 2, invece, si è visto che è in pratica, privo di attività 57. Altro tipo di modifica apportata alla struttura del Cromakalim è stato quello relativo alle trasformazioni del nucleo benzopiranico, come per esempio la sostituzione del gruppo cianofenilico con una piridina (Figura 9a). La posizione 6 dell’azoto piridinico è migliore della posizione 7, mentre le posizioni 5 e 8 danno composti inattivi. L’inserimento di NH o CH2 riduce la

potenza di circa 10 volte rispetto al Cromakalim, mentre il carbonile la riduce di circa 30 volte. Se l’ossigeno è sostituito con un atomo di zolfo la potenza, si mantiene pressoché uguale, tuttavia l’ossidazione a solfossido o solfone è dannosa. Le migliori sostituzioni dell’anello piranico sono state effettuate con sistemi eterociclici, quali le 1,4-benzossazine, e le 1,4-benzotiazine (Figura 9b) che esibiscono una buona attività sia in vitro che in vivo.

N O CH3 CH3 OH N N S O CH3 CH3 CH3 N + O O Figura 9a Figura 9b

Cianoguanidine

-Il Pinacidil (Figura 10) è il prototipo di questa classe delle cianoguanidine. Tale composto come altri analoghi cianoguanidinici è stato ottenuto partendo da una serie di

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18

tiouree N-alchil-N’-piridil sostituite con proprietà antiipertensive58. La sua attività terapeutica risiede nell’enantiomero R-(-).

N NH N NH CH3 CN C H3 CH3 C H3

Figura 10. Struttura di Pinacidil

- P-1075 (Figura 11) è il più potente tra i derivati cianoguanidinici. Si lega con alta affinità alla subunità SUR2A e alla SUR2B. E’ quindi selettivo nei confronti dei sarcKATP. In altri studi comunque su mitocondri cardiaci di ratto e coniglio, questa

cianoguanidina ha anche mostrato un’affinità verso i canali mito-KATP .

N N H NH N CN CH3 CH3 CH3 Figura 11. Struttura di P-1075

Nella classe dei derivati cianoguanidinici sono da menzionare anche PNU-99963 e PNU-94750 (Figura 12), che hanno però manifestato interessanti proprietà come bloccanti del canale KATP .

(23)

19 Cl N NH cBut CN N H N N NH C H3 N H CN N

Figura 12. Struttura di PNU-99963 e di PNU-94750

Piridilnitrati

- Nicorandil (Figura 13) è un rappresentante della classe dei piridilnitrati. Manifesta un’azione vasodilatatrice grazie al fatto che è un donatore di NO .

N

NH O

ONO2

Figura 13. Struttura di Nicorandil

In letteratura ci sono pochi analoghi del Nicorandil. Tra questi c’è un derivato ottenuto dalla sostituzione dell’anello piridinico con uno piperazinico (Figura 14a), e altri

due composti che presentano rispettivamente un anello pirazinico (Figura 14b) e tiazolico(Figura14c). N H N NH O ONO2 14 b N H S C H3 NH O ONO2 14 c

Benzotiazidi

- Diazossido (Figura 15) è prototipo della classe delle benzodiazepine, determina l’apertura dei canali mito-KATP con una buona selettività, senza attivare i canali cardiaci

(24)

20 N N H S O O CH3 Cl

Figura 15. Struttura del Diazossido

Abitualmente è usato a basse dosi per dimostrare il coinvolgimento dei canali mito-KATP

nel precondizionamento ischemico; tuttavia ad alte dosi, il Diazossido attiva anche le isoforme del canale KATP dell’endotelio e del muscolo liscio e attiva debolmente i canali

cardiaci sarc-KATP . E’ l’unico attivatore dei KATP, che lega con un’affinità simile sia la

subunità SUR1 sia quella SUR2B pertanto induce una risposta vasorilasciante e inibisce la secrezione di insulina.

Tioformammidi

-Aprikalim (Figura16) è il prototipo di questa classe chimica59. I suoi precursori sono rappresentati da derivati tioammidici del tetraidrofurano, tetraidrotiofene, 1,3-ossatiano o 1,3-ditiano con, in posizione 2 una porzione di tipo piridinica con proprietà anti-ulcera accertate. S O NH S C H3 N

(25)

21

6.2- KCOs DI “NUOVA GENERAZIONE”

Per aumentare la selettività e ridurre gli effetti secondari dei primi KCOs, negli ultimi anni sono state apportate alcune modifiche strutturali, principalmente al nucleo del benzopirano ottenendo i derivati benzopiranilcianoguanidinici BMS-180448 e BMS191095.

-BMS 180448 (Figura 17) ha scarsa potenza vasodilatatrice, pur conservando quella cardioprotettiva 60. Studiato nel cuore di cavie, il suo profilo farmacologico è stato confrontato con quello del Cromakalim e, rispetto a esso, mostrava un miglior recupero della funzione contrattile dopo riperfusione, allungando il tempo di contrazione e diminuendo il rilascio di lattato deidrogenasi.

O CH3 CH3 NC OH N N H NH CN Cl Figura 17. Struttura di BMS 180448

-BMS 191095 (Figura 18) appartiene alla serie dei benzopirani 4-(N-aril)-sostituiti. Ha un modesto effetto sull’APD e sull’intervallo QT e una bassa potenza vasodilatatrice. Grover et al. osservarono che il composto induceva l’apertura del canale ed era inibito sia dalla Glibenclamide che da 5-HD 61

(26)

22 O CH3 CH3 OH N N NH Cl BMS-191095 Figura 18. Struttura di BMS 191095

- Bepridil (Figura 19) è un farmaco usato contro le aritmie. E’ antagonizzato dal 5-HD. Ossida in modo reversibile delle flavoproteine dei mitocondri cardiaci di ratto e provoca un aumento del volume della matrice mitocondriale. E’ un bloccante dei canali sarcKATP

e al tempo stesso un attivatore di quelli mito-KATP62.

N O N CH3 CH3

(27)

23

Recentemente, sono stati progettati e sintetizzati dal gruppo di ricerca presso il quale è stata svolta questa tesi di laurea, una nuova serie di derivati spiromorfolinici e spiromorfolonici (derivati benzopiranici).

O N X O CH3 CH3 R R

Figura 20. Struttura generale dei nuovi derivati benzopiranici

Tra questi, il derivato N-acetil-spiromorfolone (F163) ha mostrato una buona attività antiischemica con un’efficacia paragonabile a farmaci di riferimento come il cromakalim e il diazossido.

Figura 21: rappresentazione molecolare dell’N-acetil-spiromorfolone derivato ( F 163 ).

In particolare l’attività antiischemica è stata quantificata valutando due diversi parametri: funzionale (RPP, ripresa dell’attività contrattile del cuore), e morfologico (Ai/Atot%, area ischemica come percentuale dell’area totale). F163 ha mostrato valori

(28)

24

di RPP 120' (%) di 62± 20 (RPP cromakalim 120' (%): 94±17; RPP diazossido120' (%): 47±9), e valori di Ai/Atot% di 20±4 (Ai/Atot% cromakalim 25±1; Ai/Atot% diazossido 28±8). Inoltre tale composto ha mostrato di possedere scarsi effetti ipotensivi (F163 (40 mg/Kg) P<0.01; diazossido (40 mg/Kg) P< 0.05) e trascurabili effetti iperglicemici (F163 (40 mg/Kg), glicemia:120 mg/dl; diazossido (40 mg/Kg) glicemia: 130 mg/dl). Uno studio successivo sull’attività dei singoli enantiomeri ha indicato che l’attività cardioprotettiva risiede nell’enantiomero levogiro.

È stato, inoltre, osservato che F163 è in grado di produrre tutti gli effetti relativi all’apertura del canale MitoKATP: mite depolarizzazione, riduzione dell’assorbimento

del calcio, incremento di uscita di calcio e mite rigonfiamento mitocondriale, tutti fenomeni inversi dei bloccanti MitoKATP.

Tutti i composti elencati sin ora mostrano in realtà gli effetti tipici dell’apertura dei canali MitoK-atp:

- mite depolarizzazione

- riduzione dell’assorbimento di Ca2+ - incremento di uscita di Ca2+ - mite rigonfiamento mitocondriale .

(29)

Introduzione

(30)

Il precondizionamento ischemico (o IPC) è un fenomeno che provoca una riduzione del danno tissutale (necrosi) legato all’infarto miocardico e limita la comparsa di eventuali aritmie e fibrillazioni ventricolari. L’IPC è caratterizzato da brevi periodi di ischemia-riperfusione che sono capaci di proteggere il cuore contro un successivo e più prolungato insulto ischemico.

Nell’IPC, un primo effetto protettivo appare immediatamente dopo lo stimolo di precondizionamento e dura circa 1-2 ore. Una seconda finestra di protezione, più prolungata, si verifica 12-24 ore dopo lo stimolo e dura circa 72 ore.

L’IPC è un fenomeno multifattoriale che coinvolge processi sia recettore dipendenti (mediati da adenosina, oppioidi) sia recettori indipendenti (i cui mediatori possono essere NO, ROS). Tra le numerose vie di segnalazione coinvolte, nei meccanismi mitocondriali di cardioprotezione, sembra svolgere un ruolo importante l’attivazione dei canali al potassio, localizzati nella membrana mitocondriale interna dei cardiomiociti (mitoKatp). Attualmente, diversi tipi di canali mitoK sono stati riconosciuti nel cuore, come canali ATP-sensibili (mitoKATP) e calcio-attivati (mitoBKCa e mitoSKCa). Benchè

ad oggi i modulatori dei canali mitoKATP, siano stati impiegati unicamente come

strumenti sperimentali per condurre studi farmacologici di base (sui meccanismi coinvolti nell’IPC), gli attivatori dei canali mitoKATP (KCOs) potrebbero costituire una

nuova classe di agenti terapeutici promettenti e innovativi capaci di limitare il danno miocardico a seguito di episodi ischemici.

(31)

Figura22: rappresentazione degli eventi cellulari durante il fenomeno I/R

I KCOs di prima generazione, come per esempio il cromakalim, a struttura benzopiranica e il pinacidil, a struttura cianoguanidinica, sono attivatori dei canali mito-KATP e possiedono buone proprietà cardioprotettive.

Tali effetti sono però accompagnati da gravi effetti secondari, come l’ipotensione, e l’iperglicemia legati alla concomitante attivazione dei canali sarc-KATP espressi a livello

delle membrane dei miocardiociti, delle cellule della muscolatura liscia vascolare e delle cellule beta pancreatiche.

N N H S O O CH3 Cl diazossido O O NC CH3 CH3 N OH cromakalim N NH N NH CH3 CN C H3 CH3 C H3 pinacidil

Figura 23: Alcuni esempi di farmaci agonisti dei MitoKATP.

Con l’intento di identificare nuovi farmaci cardioattivi KCO selettivi sui mitoKATP e

privi di effetti secondari legati all’attivazione di altri sottotipi dei canali KATP, sono stati

sintetizzati nuovi derivati benzopiranici (figura24). Le principali modifiche strutturali hanno riguardato il sostituente in posizione C4. Tra i composti selettivi per i mitoKATP

(32)

si ritrovano BMS 180448 e BMS191095 due derivati della bristolmeyer, e il derivato spiromorfolonico F163 sintetizzato presso il laboratorio in cui è stata svolta questa tesi di laurea. Tali composti presentano tutti un profilo di cardioprotezione paragonabile al cromakalim e ridotti effetti cardiovascolari. In particolare, il derivato N-acetil-spiromorfolonico (F163) ha mostrato una buona attività antiischemica, scarsi effetti ipotensivi (F163 (40 mg/Kg) P<0.01; diazossido (40 mg/Kg) P< 0.05) e trascurabili effetti iperglicemici (F163 (40 mg/Kg), glicemia:120 mg/dl; diazossido (40 mg/Kg) glicemia: 130 mg/dl).

Figura 24: Struttura del derivato N-acetil-spiromorfolone (F163), BMS 180448 e BMS191095

Gli effetti cardioprotettivi osservati sono stati attribuiti all’interazione di F163 con i canali mitoKATP. Studi biochimici volti a chiarire il meccanismo di azione hanno

evidenziato che l’interazione con il mitoKATP induce una depolarizzazione della

membrana mitocondriale con conseguente riduzione dell’assorbimento di calcio, e swelling mitocondriale nei cardiomiociti. Questi effetti confermano che F163 è un attivatore dei canali mitoKATP. Purtroppo però, la mancanza di ligandi selettivi capaci di

interagire unicamente con tale canale non hanno permesso ad oggi di confermare che questi effetti siano dovuti all’interazione con il mitoK.

Il limite principale per lo sviluppo e l’impiego clinico di attivatori mitoKATP è

rappresentato ancora oggi dalle proprietà farmacocinetiche che ne limitano il rilascio a livello del mitocondrio stesso.

Negli ultimi anni sono state sviluppate numerose strategie sintetiche volte ad aumentare il tropismo mitocondriale di molecole dotate di proprietà antiossidanti.

Tra gli approcci farmaceutici studiati la strategia più diffusa prevede la combinazione della molecola nativa con una porzione dotata di tropismo mitocondriale o “mitochondrial addressed”, come per esempio il trifenilfosfonio (TPP+

). TPP+ è in grado di interagire con la membrana mitocondriale grazie alla sua elevata lipofilia e alla carica cationica stabile, e può quindi migliorare l’affinità mitocondriale della molecola stessa.

(33)

Il principale vantaggio nell’uso di tali cationi lipofili è legato alla loro scarsa reattività con i componenti cellulari e alla loro capacità di accumularsi rapidamente e diffusamente nei mitocondri.

I cationi TPP+ sono combinati alla molecola dotata di attività farmacologica tramite appropriati linkers. Generalmente, la lunghezza di tali linkers influenza il grado di idrofobicità e di conseguenza l’efficacia dell’agente mitocondriale sia in vitro che in vivo.

Tra le molecole combinate con il catione trifenilfosfonio si ritrova ad esempio il resveratrolo OH O H O P+ I A

Figura 25 : combinazione del resveratrolo con una testa cationica TPP+

Il resveratrolo è un polifenolo ad azione antiossidante dotato di numerose proprietà farmacologiche. Con lo scopo di aumentare il tropismo del resveratrolo per il mitocondrio è stato sintetizzato il composto A (figura 25) coniugato tramite una catena alchilica ad un gruppo TPP+.Il composto sintetizzato ha mostrato una migliore solubilità e stabilità nel mezzo acquoso, un aumentato tropismo mitocondriale e migliori proprietà citotossiche su linee cellulari tumorali rispetto al farmaco nativo

(34)

Figura26: rappresentazione di linee cellulari tumorali sui quali è stato testato il composto A

Altri esempi di molecole ad attività antiossidante coniugate a TPP+- sono riportate in figura :

Figura 27: rappresentazione di alcuni antiossidanti a tropismo mitocondriale

Su queste basi, allo scopo di sintetizzare molecole ad attività antiischemica dotate di un maggior tropismo mitocondriale mi sono occupato della sintesi dei derivati 1 e 2 in cui

(35)

la porzione farmacoforica di F163 è stata combinata con la testa polare del TPP+ attraverso dei linker alchilici.

Br -O O O CH3 CH3 N NH P+ O O O O CH3 CH3 N NH O P+ Br

-Figura 28: rappresentazione dei derivati 1,2(oggetti di questo studio)

(36)

SCHEMA 1

O CH3 OH O O CH3 CH3 O OTMS NC CH3 CH3 O CH3 CH3 O H NH2 O O CH3 CH3 N O NO2 O O CH3 CH3 N O NH2 a b c d e f g O O CH3 CH3 NH O H Cl O O NH O CH3 CH3 O O O CH3 CH3 N O NH P+ Br -1 h 3 4 5 6 7 8 9

Reagenti e Condizioni: a: Pirrolidina, Acetone, CH3CN, 82°C, 12h;

b:Trimetilsililcianuro(TMSCN), ZnI2, t.a., 5h; c: Litioalluminio idruro(LiAlH4), Et2O,

N2, t.a., 1h; d: ClCOCH2Cl, NaOH, CH2Cl2, H2O, t.a., 1h; e: t-BuOK, Toluene, N2,

t.a., 3h; f: p-nitrobenzilbromuro, DMF, NaH, N2, t.a., 1.5h; g: H2/Pd, AcOEt, t.a., 24h;

h: acido (4-carbossibutil)-trifenil-fosfonio bromuro, 1-idrossibenzotriazolo, Trietilammina, etilcarbodiimmide, DMF, N2 t.a, 12h.

(37)

Il composto 1 è stato ottenuto seguendo la procedura sintetica illustrata nello SCHEMA 1.

L’idrossiacetofenone commerciale per trattamento con acetone e pirrolidina, secondo la procedura di Kabbe, ha fornito il 2,2-dimetilcromano 3. L’addizione al carbonio carbonilico di trimetilsililcianuro in presenza di ZnI2 ha portato alla corrispondente

cianidrina protetta 4, che è stata successivamente ridotta ad aminoalcol 5 con LiAlH4;

tale derivato è stato fatto reagire con il cloroacetilcloruro ottenendo il derivato 6. La successiva reazione di ciclizzazione in presenza di t-BuOK ha fornito il morfolone 7 che è stato sottoposto a reazione di N-alchilazione con il p-nitrobenzilbromuro fornendo dell’intermedio 8.

Il nitro-derivato 8 è stato quindi ridotto per idrogenazione catalitica in presenza di Pd/C 10% per dare il corrispondente ammino-derivato 9 che è stato condensato con l’acido 4-carbossibutil-trifenilfosfonio bromuro commerciale, in presenza di 1-idrossibenzotriazolo ed etilcarbodiimmide, fornendo il sale 1.

(38)

SCHEMA 2

O O N O NH2 CH3 CH3 O O N O NH CH3 CH3 O Cl O O N O NH CH3 CH3 O TTP+ O H TTP+ O O H Cl O + 10 9 11 2 a d b c

Reagenti e condizioni: a: PPh3, MeOH, 35°C, 18h; b : 1-idrossibenzotriazolo,

Trietilammina, etilcarbodiimmide, DMF, N2 t.a, 12h. c : ClCOCH2Cl, Acetone, K2CO3,

t.a, 3h; d : PPh3, Toluene, 110°C, 30 h ;

Nello SCHEMA 2 è riportato il tentativo per la sintesi del derivato 2.

Il composto 10 è stato ottenuto dall’acido 2-cloroacetico commerciale per reazione con PPh3 in MeOH e successivamente, condensato con l’ammina 9, in presenza di

1-idrossibenzotriazolo (HOBT) ed etilcarbodiimmide (EDCI) ottenendo un grezzo costituito essenzialmente da prodotto di partenza 9.

Un altro tentativo è stato quello di acetilare l’ammina 9 con il cloro acetilcloruro commerciale ottenendo il cloro derivato 11, che è stato sottoposto a reazione di sostituzione nucleofila con la trifenilfosfina fornendo un grezzo di reazione da cui non è stato possibile, però, isolare il prodotto desiderato 2.

(39)

Parte

(40)

Materiali e metodi

La struttura di tutti i composti è stata controllata per mezzo della spettrometria 1H NMR. Degli spettri 1H NMR sono stati riportati i particolari più significativi.

Tutti i composti sintetizzati presentano dati spettroscopici in accordo con le strutture assegnate. Gli spettri di risonanza sono stati eseguiti con uno spettrofotometro Bruker 400 operante a 400 MHz in CDCl3, i chemical shift δ sono espressi in ppm (scala δ ).

Le analisi elementari sono state eseguite nel nostro laboratorio di analitica: la differenza tra i valori teorici e quelli calcolati e risultata essere compresa nell’intervallo di ± 0,4%. Le evaporazioni sono state eseguite sottovuoto in evaporatore rotante e le disidratazioni delle fasi organiche sono state eseguite utilizzando Na2SO4.

Le TLC analitiche sono state effettuate usando lastre Merck di gel di silice G60 contenente un indicatore fluorescente 20 x 20,2 mm; le varie macchie sono state evidenziate da una lampada UV (256 nm).

Per le cromatografie su colonna è stato usato un gel di silice Merck 70- 230 Mesh . Per la filtrazione su celite è stata usata celite ® 521

.

(41)

SCHEMA 1

Sintesi del derivato 2,2-dimetilcroman-4-one 3

O O CH3 CH3

Ad una soluzione del 2-idrossiacetofenone commerciale (5.00 g, 36.72 mmoli), sciolto in CH3CN (8ml), sono stati aggiunti in successione acetone (4.05 ml, 54.95 mmoli) e

pirrolidina (0.78 g, 10.99 mmoli). La soluzione risultante è stata lasciata in agitazione a temperatura ambiente per 1h e successivamente posta a reflusso per una notte. Trascorso tale periodo il solvente è stato evaporato e il residuo è stato ripreso con AcOEt e lavato con una soluzione acquosa di HCl 6N, NaOH 2N e H2O. La fase

organica è stata essiccata, filtrata ed evaporata ottenendo un olio grezzo costituito essenzialmente dal prodotto desiderato 3.

Resa: 87%

1

H-NMR (CDCl3): δ 1.46 (s, 6H, CH3); 2.72 (s, 2H, CH2); 6.90-7.01 (m, 2H, Ar);

(42)

SCHEMA 1

Sintesi del derivato

2,2-dimetil-4-((trimetlsilil)ossi)croman-4-carbonitrile 4

OTMS NC O CH3 CH3

Ad una soluzione del dimetilcromanone (4.77 g, 27.10 mmoli) in CH2Cl2 (15 ml) è stato

addizionato TMSCN (4.03 g, 40.65 mmoli) e ZnI2 (1.30 g, 4.07 mmoli). La miscela di

reazione è stata lasciata sotto agitazione a temperatura ambiente per 4 h. Trascorso tale periodo, la soluzione è stata lavata con H2O, la fase organica è stata essiccata, filtrata ed

evaporata ottenendo un solido grezzo costituito essenzialmente dal prodotto desiderato

4.

Resa: 78%

1

H-NMR (CDCl3): δ 0.25 (m, 9H, CH3); 1.43 (s, 3H, CH3); 1.46 (s, 3H, CH3); 2.33 (d,

1H, J = 14.2 Hz, CH2); 2.45 (d, 1H, J = 14.2 Hz, CH2); 6.81 (dd, 1H, J = 1.5, 8.2 Hz,

Ar); 6.94-7.02 (m, 1H, Ar); 7.22-7.32 (m, 1H, Ar); 7.52-7.57 (m, 1H, Ar) ppm.

(43)

SCHEMA 1

Sintesi del derivato 4-(amminometil)-2,2-dimetilcroman-4-olo 5

O CH3 CH3 O H NH2

Ad una soluzione di LiAlH4 1M in THF (21.82 ml, 21.82 mmoli), raffreddata a 0°C, è

stata aggiunta goccia a goccia, una soluzione del derivato 4 (3.00 g, 10.91 mmoli) sciolto nella minima quantità di THF. La miscela di reazione è stata lasciata in agitazione a temperatura ambiente per 2 h. Trascorso tale periodo la soluzione è stata posta a 0°C e addizionata di H2O e di una soluzione acquosa di NaOH 1N per

precipitare i sali di litio e di alluminio. I sali formatisi sono stati filtrati e il solvente è stato evaporato ottenendo un olio grezzo costituito essenzialmente dal prodotto desiderato 5. Resa: 99 % 1 H-NMR (CDCl3): δ 1.37 (s, 3H, CH3); 1.43 (s, 3H, CH3); 2.01 (s, 2H, CH2 NH2); 2.80 (d, 1H, J = 12.8 Hz, CH2N); 3.01 (d, 1H, J = 12.8 Hz, CH2N); 6.78-6.97 (m, 2H, Ar), 7.14-7.26 (m, 1H, Ar); 7.40 (d, 1H, J = 7.9 Hz, Ar) ppm.

(44)

SCHEMA 1

Sintesi del derivato

2-cloro-n-((4-idrossi-2,2-dimetilcroman-4-il)metil)acetamide 6

O O NH O H Cl CH3 CH3

Ad una soluzione dell’amminoalcol 5 (2.60 g, 12.56 mmoli) in CH2Cl2 è stata

addizionata H2O (27 ml) e NaOH (0.60 g, 15.10 mmoli) Alla soluzione risultante

raffreddata a 0°C, è stato aggiunto, goccia a goccia, il 2-cloroacetilcloruro commerciale (1.99 g, 17.58 mmoli) e la miscela di reazione è stata lasciata a temperatura ambiente per tutta la notte. Trascorso tale periodo le due fasi sono state separate e la fase organica è stata lavata con una soluzione acquosa di HCl 1N e H2O. La fase organica è stata

essiccata, filtrata ed evaporata ottenendo un solido grezzo che corrisponde al prodotto desiderato 6. Resa: 73% 1 H-NMR (CDCl3 ): δ 1.36 (s, 3H, CH3); 1.43 (s, 3H, CH3); 2.03 (s, 2H, CH2); 3.57 (dd, J = 7.3, 13.7 Hz, CH2NH); 3.75 (dd, 1H, J = 5.0, 13.7 Hz, CH2NH); 4.09 (s, 2H, CH2Cl); 6.83-7.01 (m, 2H, Ar); 7.19-7.27 (m, 1H, Ar); 7.44 (dd, 1H, J = 1.6, 7.7 Hz, Ar) ppm.

(45)

SCHEMA 1

Sintesi del derivato 2,2-dimetilspiro[croman-4,2

1

-morfolin]-5

1

-one 7

O O CH3 CH3 NH O

Ad una soluzione del derivato 6 (2.55 g, 9.46 mmoli) nella minima quantità di toluene è stato aggiunto t-BuOK (5.52 g, 49.19 mmoli) in piccole porzioni. La miscela di reazione risultante è stata lasciata sotto agitazione a temperatura ambiente per 2 h. Trascorso tale periodo è stato evaporato il toluene e il residuo è stato ripreso con AcOEt e lavato con H2O. La fase organica è stata essiccata, filtrata ed evaporata ottenendo un solido vetroso

grezzo 7. Resa: 76%. 1 H-NMR (CDCl3): δ 1.40 (s, 3H, CH3); 1.43 (s, 3H, CH3); 2.04 (d, 1H, J = 14.7 Hz, CH2 ); 2.43 (d, 1H, J = 14.7 Hz, CH2); 3.25 (dd, 1H, J = 4.3, 12.4, Hz, CH2NH); 3.93 (d, 1H, J = 12.4 Hz, CH2NH); 4.24 (d, 1H, J = 17.6 Hz, CH2O); 4.35 (d, 1H, J = 17.6

Hz, CH2O); 6.85-7.00 (m, 2H, Ar); 7.21-7.30 (m, 1H, Ar); 7.46 (dd, 1H, J = 1.6, 7.9 Hz,

Ar) ppm.

(46)

Sintesi del 2,2-dimetil-4

1

-(4-nitrobenzil)spiro[croman-4-2

1

-morfolin]-5

1

-one 8

O N O NO2 CH3 CH3

Ad una sospensione di NaH (dispersione in olio minerale al 60%, 92.69 mg, 3.87 mmoli) in DMF (3 ml), posta sotto atmosfera di N2, è stato aggiunto il morfolone 7 (320

mg, 1.29 mmoli), solubilizzato nella minima quantità di DMF. La miscela è stata mantenuta sotto agitazione a temperatura ambiente per 30 minuti. Quindi è stata raffreddata a 0°C ed addizionata del p-nitrobenzilbromuro commerciale (334 mg, 1.55 mmoli). La reazione è stata mantenuta a temperatura ambiente sotto agitazione per 2 h. Trascorso tale periodo è stata aggiunta H2O e la fase acquosa è stata estratta con AcOEt.

La fase organica è stata essiccata, filtrata ed evaporata ottenendo un olio giallo. Il grezzo è stato purificato mediante cromatografia su colonna usando come eluente Esano/AcOEt (6: 4), per date il derivato 8.

Resa: 46 % 1 H-NMR (CDCl3):δ 1.26 (s, 3H, CH3); 1.35 (s, 3H, CH3); 1.76 (d, 1H, J = 14.5 Hz, CH2); 2.32 (d, 1H, J = 14.5 Hz, CH2); 3.07 (d, 1H, J = 12.3 Hz, CH2 N); 3.84 (d, 1H, J =12.3 Hz, CH2N); 4.31 (d, 1H, J = 17.6 Hz, CH2O); 4.43 (d, 1H, J = 17.6 Hz, CH2O); 4.55 (d,1H, J = 14.8 Hz, CH2N); 4.92 (d, 1H, J = 14.8 Hz, CH2 N); 6.80-6.95 (m, 2H,

Ar); 7.18-7.27 (m, 1H, Ar); 7.35 (dd, 1H, J = 1.5, 7.8 Hz, Ar); 7.49 (d, 2H, J = 8.6 Hz, AA'XX'); 8.22 (d, 2H, J = 8.6 Hz, AA'XX') ppm.

(47)

SCHEMA 1

Sintesi del

4

1

-(4-amminobenzil)-2,2-dimetilspiro[croman-4,2

1

-morfolin]-5

1

-one 9

O O CH 3 CH3 N O NH2

Una soluzione di nitroderivato 8 (150 mg, 0.39 mmoli) in AcOEt (5 ml) è stata sottoposta ad idrogenazione, utilizzando come catalizzatore Pd/C (10%) (20.4 mg), per 12 h a temperatura ambiente. Trascorso tale periodo il catalizzatore è stato filtrato su celite ed il filtrato è stato evaporato a pressione ridotta fornendo il prodotto desiderato 9.

Resa: 79 % 1 H-NMR (CDCl3): δ 1.14 (s, 3H, CH3); 1.32 (s, 3H, CH3); 1.77 (d, 1H, J = 14.6 Hz, CH2); 2.23 (d, 1H, J = 14.6 Hz, CH2); 3.07 (d, 1H, J = 12.6 Hz, CH2N); 3.75 (d, 1H, J =12.6 Hz, CH2N); 4.12 (d, 1H, J = 14.1 Hz, CH2Ph); 4.26 (d, 1H, J = 17.4 Hz, CH2O); 4.38 (d, 1H, J = 17.4 Hz, CH2O); 4.91 (d, 1H, J = 14.1 Hz, CH2Ph); 6.63 (d, 2H, J =

8.3 Hz, AA'XX'); 6.77-6.95 (m, 2H, Ar); 7.07 (d, 2H, J = 8.3 Hz, AA'XX'); 7.16-7.26 (m, 1H, Ar); 7.37 (dd, 1H, J = 1.5, 7.9 Hz, Ar) ppm.

ANALISI ELEMENTARE

C21 H24 N2 O3 C H N

Calc % 71.57 6.80 7.95

(48)

SCHEMA 1

Sintesi del (5-((4-((2,2-dimetil-5

1

-oxospiro[croman-4,2

1

- morfolin]-4,2

1

-il)metil)fenil)ammino)-5-oxopentil)trifenilfosfonio bromuro 1

Br -O O O CH3 CH3 N NH P+ O

Ad una soluzione di acido 4-carbossibutil-trifenilfosfonio bromuro commerciale (111 mg, 0.25 mmoli) in DMF (5ml), posta sotto corrente di N2, è stato aggiunto in

successione idrossibenzotriazolo (HOBT) (37 mg, 0.27 mmoli), 1-etil-3-(3-dimetilaminopropil)carbodiimide (EDCI) (52 mg, 0.27 mmoli) e Et3N (0.95 ml, 0.69

mmoli). Tale soluzione è stata addizionata dell’ammino derivato 9 ( 81 mg, 0.23 mmoli) sciolto in DMF (1ml), ed è stata lasciata sotto agitazione, a t.a per 12 h. Trascorso tale periodo la miscela di reazione è stata ripresa con CH2Cl2 e lavata con NaHCO3 0.5M. La

fase organica è stata essiccata, filtrata ed evaporata, ottenendo un grezzo che è stato purificato tramite cristallizzazione da Acetone/Et2O per dare il composto desiderato 1.

Resa: 32% 1 H-NMR (CDCl3): δ 1.15 (s, 3H, CH3), 1.33 (s, 3H, CH3), 1.55-1.70 (m, 2H, CH2), 1.78 (d, 1H, J = 14.6 Hz, CH2), 1.98-2.02 (m, 2H, CH2), 2.28 (d, 1H, J = 14.6 Hz, CH2), 2.97 (t, 2H, J = 6.4 Hz, CH2), 3.08 (d, 1H, J = 12.6 Hz, CH2N), 3.77 (d, 1H, J =12.6 Hz, CH2N), 3.80-3.87 (m, 2H, CH2), 4.28 (d, 1H, J = 14.4 Hz, CH2 Ph), 4.30 (d, 1H, J = 17.2 Hz, CH2O), 4.39 (d, 1H, J = 17.2 Hz, CH2O), 4.98 (d, 1H, J = 14.4 Hz, CH2Ph),

6.80 (dd, 1H, J = 1.2, 7.6 Hz, Ar), 6.89-6.92 (m, 1H, Ar), 7.17-7.21 (m, 3H, Ar), 7.37 (dd, 1H, J = 1.2, 7.6 Hz, Ar), 7.50-7.54 (m, 6H, Ar), 7.64-7.68 (m, 3H, Ar), 7.77-7.82 (m, 6H, Ar), 7.96 (d, 2H, J = 8.4 Hz, AA'XX') ppm.

(49)

ANALISI ELEMENTARE

C44H46N2BrO4P C H N

Calc % 75.73 6.64 4.01

(50)

SCHEMA 2

Sintesi del (carbossietil)trifenilfosfoni cloruro 10

O H

P+ O

Cl

-Ad una soluzione di acido 2-cloroacetico commerciale (1.00 g; 10.58 mmoli) in MeOH (10 ml) è stata addizionata PPh3 (2.70 g; 10.58 mmoli). La miscela così ottenuta è stata

posta sotto agitazione, a 35°C per 36 h. Trascorso tale periodo, il solvente è stato evaporato e il residuo triturato con Et2O. Il grezzo così ottenuto è stato purificato

tramite cristallizzazione da EtOH/Et2O (4 volte) fornendo il composto desiderato 10.

Resa: 50 %

1

H-NMR (CDCl3): δ 5.13 (d, 2H, J = 13.6 Hz, CH2); 7.64-7.69 (m, 5H, Ar); 7.72-7.80

(m, 10H, Ar) ppm.

(51)

SCHEMA 2

Sintesi del

2-cloro-N-(4-((2,2-dimetil-5'-ossospiro[croman-4,2'-morfolin]-4'-il)metil)fenil)acetamide 11

O O O CH3 CH3 N NH Cl O

Ad una soluzione dell’ammina 9 (200 mg, 0.56 mmoli) in acetone (8 ml) è stato aggiunto K2CO3 (63 mg, 0.45 mmoli). La miscela di reazione così ottenuta è stata lasciata sotto agitazione, a 0°C per 30 min, e successivamente è stata addizionata goccia a goccia del cloro acetilcloruro (63.9 mg, 0.56 mmoli), mantenendo la temperatura a 0°C. La miscela di reazione è stata lasciata sotto agitazione a temperatura ambienteper 3 h, quindi è stata ripresa con H2O ed estratta con CHCl3. La fase organica è stata

essiccata, filtrata ed evaporata ottenendo il prodotto desiderato11.

Resa: 61% 1 H-NMR (CDCl3): δ 1.19 (s, 3H, CH3), 1.32 (s, 3H, CH3), 1.72 (d, 1H, J = 15.6 Hz, CH2), 2.28 (d, 1H, J = 15.6 Hz, CH2), 3.07 (d, 1H, J = 12.8 Hz, CH2N), 3.79 (d, 1H, J =12.8 Hz, CH2N), 4.21 (s, 2H, CH2), 4.32-4.45 (m, 3H, CH2), 4.92 (d, 1H, J = 14.4 Hz, CH2Ph), 6.81 (dd, 1H, J = 1.2, 7.6, Hz, Ar), 6.88- 6.92 (m, 1H, Ar), 7.19-7.23 (m, 1H,

Ar), 7.29 (d, 2H, J = 8.4 Hz, AA'XX'), 7.34 (dd, 1H, J = 7.6, 1.2 Hz, Ar), 7.54 (d, 2H, J = 8.4 Hz, AA'XX') ppm.

(52)

ANALISI ELEMENTARE

C23H25 ClN2O4 C H N

Calc % 64.41 5.88 6.53

(53)

SCHEMA 2

Sintesi del

(2-((4-((2,2-dimetil-5'-ossospiro[croman-4,2'-morfolin]-4'-il)metil)fenil)amino)-2-ossoetil)trifenilfosfonio cloruro 2

O O O CH3 CH3 N NH O P+ Cl

-1°PROVA:

Ad una soluzione di acido 10 (43 mg, 0.13 mmoli) in DMF (3ml) posta sotto corrente di N2, è stato aggiunto HOBT (14 mg, 0.15 mmoli), EDCI (20 mg, 0.15 mmoli) e Et3N

(0.04ml, 0.25mmoli). Tale soluzione è stata addizionata di una soluzione di ammino derivato 9 (32 mg, 0.09 mmoli) in DMF (1ml), e lasciata sotto agitazione, a t.a per 12 h. Trascorso tale periodo la reazione è stata ripresa con CH2Cl2 e lavata con NaHCO3

0.5M. La fase organica è stata essiccata, filtrata ed evaporata ottenendo un grezzo corrispondente al prodotto di partenza 9.

2°PROVA:

Ad una soluzione del cloro-derivato 11 (350 mg; 0.81 mmoli) in toluene (20 ml) è stata addizionata PPh3 (214 mg; 0.81 mmoli). La miscela così ottenuta è stata posta sotto

agitazione, a riflusso per 30 h. Trascorso tale periodo, il solvente è stato evaporato a pressione ridotta. Il grezzo così ottenuto è stato purificato tramite cristallizzazione da CHCl3/Et2O ma non è stato possibile isolare il prodotto desiderato 2.

(54)

Bibliografia

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