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Dalla governamentalità economica alla governance

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

DALLA GOVERNAMENTALITÀ ECONOMICA

ALLA GOVERNANCE

Il Relatore Chiar.ma Prof.ssa Michela Passalacqua Il Candidato

Martina Bordigoni

(2)

INDICE

Introduzione

...

V

CAPITOLO I

LA GOVERNAMENTALITÀ E LA SUA

EVOLUZIONE

1. La nozione di governamentalità... 1 2. La riflessione filosofica... 5 2.1. Il governo pastorale... 7 2.2. La ragion di stato... 8 2.3. Il liberalismo... 12 3. Il neoliberalismo... 15

4. La crisi della governamentalità neoliberale: verso la governance...16

CAPITOLO II

LA GOVERNANCE

1. Dalla governamentalità alla globalizzazione... 22

1.1. La globalizzazione e l'erosione della sovranità nazionale.. 25

1.2. Le Autorità amministrative indipendenti... 30

1.3. La soft law... ... 32

1.3.1. La lex mercatoria... 35

2. Definizione e tipologie di governance... 38

(3)

2.2. La public governance... 43

2.3. La regional governance... 48

2.4. La good governance... 50

2.5. La global governance... 52

3. Gli strumenti della public governance... 54

3.1. Agenda 21... 54

3.2. La programmazione negoziata... 57

3.3. I patti di collaborazione... 61

CAPITOLO III

GOVERNANCE OLTRE LO STATO-NAZIONE

1. La rule of law oltre lo Stato... 71

1.1. La rule of law europea... 73

1.2. La rule of law nell'ambito internazionale... 78

2. La governance europea: una governance multilivello... 80

3. La governance economica europea... 85

3.1. Dalla crisi economica del 2008 al Fiscal Compact... 88

3.1.1. Il Patto Europlus... 91

3.1.2. Il six pack ed il two pack... 93

3.1.3. Il Semestre europeo... 96

3.1.4. Il Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria e il Meccanismo europeo di stabilità... 98

3.2. La legge costituzionale n. 1 del 20 aprile 2012... 101

3.3. Europa 2020... 106

(4)

4.1. Il sistema Bretton Woods... 110

4.1.1. La Banca Mondiale... 111

4.1.2. Il Fondo Monetario Internazionale... 113

4.2. L'Organizzazione Mondiale del Commercio... 116

5. Dalla governance internazionale alla governance globale... 121

Conclusioni... 127

(5)

V

INTRODUZIONE

La governamentalità è una razionalità politica, un'arte di governo, oggetto di studio di Michel Foucault ed altri esperti: è un modo di pensare all'esercizio del potere di governo inteso sì come controllo e gestione della popolazione, ma anche come governo degli individui, come dominio su stessi e su gli altri. È un concetto che si è evoluto nel susseguirsi delle epoche, adattandosi ai vari periodi storici. In particolar modo, la governamentalità rilevante ai fini di questo elaborato è quella economica, che si è sviluppata a partire dal primo dopoguerra.

La governamentalità economica, infatti, ha risentito dell'influsso del liberalismo, prima, e del neoliberalismo, poi, ovvero di due fasi storiche in cui l'economia predomina sulla politica e la sovranità dello Stato inizia a dipendere dalla moneta. In questo contesto, la globalizzazione svolge il ruolo di protagonista, poiché con l'apertura dei mercati e l'avvio di processi di mondializzazione, si fanno largo le grandi corporations, società multinazionali la cui struttura organizzativa è detta corporate

(6)

VI

influenzato dal settore economico: si parla, infatti, di management, al pari delle imprese.

Sulla scia di queste importanti trasformazioni economiche, sociali e politiche, nascono nuove organizzazioni internazionali, a cui lo Stato cede parte della propria sovranità: a livello regionale, ad esempio, emergono le forme primordiali della futura Unione europea; mentre a livello internazionale troviamo soggetti come l'Organizzazione delle Nazioni Unite, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e l'Organizzazione Mondiale del Commercio.

Il termine governance indica così una nuova forma di governamentalità, che vede intrecciarsi le sovranità locali, statuali e quelle degli organismi internazionali nei più svariati settori, per risolvere collettivamente i problemi della società. La governance si avvale di una tipologia di diritto, contrapposta alla hard law, la cd.

soft law: infatti, questa è presente a livello internazionale, con la

nuova lex mercatoria, un insieme di norme consuetudinarie inerenti al diritto commerciale internazionale e che sono state riunite nella codificazione "Principi Unidroit". Allo stesso modo, la soft law è

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VII

applicata sia nell'ambito comunitario che in quello nazionale: proprio quest'ultimo verrà analizzato nel dettaglio, nel corso del secondo capitolo. In particolare, saranno descritti alcuni degli strumenti di governance più utilizzati nella pubblica amministrazione, come Agenda 21 e i patti di collaborazione, mezzi con i quali il singolo cittadino viene coinvolto direttamente nella gestione dei beni comuni, avvicinandolo così al governo locale, nazionale o europeo.

Nel terzo capitolo verrà approfondita la governance sovranazionale: prima ancora di affrontare questo tema, si è ritenuto utile specificare come la governance "oltre lo Stato", sia nell'ambito europeo che internazionale, si basi sul rispetto del principio della

rule of law, un termine prestato dagli ordinamenti anglosassoni. Il

presente elaborato prende dunque in esame la rule of law intesa come un ideale giuridico oltre lo Stato, fondamentale per la tutela dei diritti umani.

Nell'analizzare la governance economica europea, emerge come questa si sia evoluta a partire dall'Unione Economica e Monetaria, costituita in tre diverse fasi (l'istituzione dell'Unione

(8)

VIII

europea, la creazione della Banca centrale europea e infine l'adozione dell'Euro, come moneta unica). A livello comunitario, lo strumento di governance per eccellenza è il Patto di Stabilità e Crescita, utilizzato nell'ambito della regolamentazione delle politiche di bilancio nazionali. Inoltre, l'Europa, per far fronte alla crisi finanziaria del 2008, ha riformato la propria governance mediante l'emanazione di pacchetti di regolamenti; l'istituzione del Semestre europeo, ovvero un sistema calendarizzato di sorveglianza dei bilanci nazionali; l'adozione del Trattato sulla stabilità, coordinamento governance nell'unione economica e monetaria e la creazione del Meccanismo europeo di stabilità.

Ulteriori profili emergono poi anche dalla riforma costituzionale attuata con la legge n. 1 del 20 aprile 2012, che ha introdotto il principio del pareggio di bilancio, in ottemperanza alle normative europee, ed ha modificato gli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione. A conclusione della governance europea, si affronterà il tema di Europa 2020, un progetto di crescita economica, sociale e culturale, alla cui realizzazione si stanno impegnando gli Stati membri e che ha lo scopo di rendere l'Unione europea un'unica potenza mondiale.

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IX

Ampio spazio sarà poi dedicato alla nascita della governance internazionale, dando spazio alle organizzazioni del sistema Bretton Woods, quindi la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, e all'Organizzazione Mondiale del Commercio, essendo queste le istituzioni finanziarie più importanti nello scenario internazionale.

Infine, rilevante è anche l'evoluzione del passaggio dalla

governance internazionale alla teorizzazione di una governance

globale. Con quest'ultima espressione, oggetto di studio da parte di numerosi esperti, si intende una struttura multilivello di autorità, all'interno della quale ogni attore cede parte della propria sovranità, ai fini del problem-solving e del decision-making relativi a problematiche internazionali. In generale si fa riferimento alla

governance globale intendendo l'insieme di rules of law, accordi,

interazioni e coordinazioni tra gli attori, pubblici e privati, instauratesi su più livelli (locali, nazionali, internazionali, sovranazionali, globali).

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1

CAPITOLO I

LA GOVERNAMENTALITÀ E LA SUA

EVOLUZIONE

1. Nozione di governamentalità

Il concetto di governamentalità è stato introdotto dal filosofo francese Michel Foucault nel 1978, durante i suoi corsi al Collége

de France ed è un neologismo, a cui lo studioso ha attribuito tre

significati.

Innanzitutto, è stato definito come «l'insieme di istituzioni e

procedure (...) che permettono di esercitare questa forma specifica

(...) di potere»1. Il suo obiettivo principale è la popolazione, mentre l'economia politica e i dispositivi di sicurezza sono, rispettivamente, la forma di sapere e gli strumenti tecnici fondamentali.

1

M. Foucault, Sécurité Territoire, Population. Cours au Collège de France, 1977-78, Paris, Gallimard-Seuil, 2004, trad. it. Sicurezza territorio popolazione, Milano, Feltrinelli, 2005, p. 88.

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2

In secondo luogo, Foucault ritiene che rappresenti la tendenza dell'Occidente a far prevalere il "governo sugli altri", la sovranità, rispetto al "governo di sé". Infine, la considera il risultato del processo di trasformazione dello Stato di giustizia medievale in Stato amministrativo nel XV e XVI secolo2.

La governamentalità è, quindi, una nuova razionalità politica che riguarda lo Stato ma non si esaurisce in esso, in quanto assume un ruolo morale, scientifico, organizzativo e, soprattutto, economico nel modo di essere degli uomini. È un modo di pensare al governo, in cui rilevano le cosiddette «mentalities of

government»3- come sono chiamate da Miller e Rose- ovvero le modalità con cui le arti di governo influenzano individui, gruppi, ma anche l'ambito sociale, economico e psicologico.

Il carattere ambivalente di questo termine emerge nella seconda parte della definizione, esprimendo sia il concetto di controllo della popolazione ("governo degli altri") sia il rispetto del

2

Ibidem.

3

P. Miller, N. Rose, Governing the Present, Cambridge, Polity Press, 2008, pp. 26-83; cfr. P. O'Malley, L. Weir, C. Shearing, Governmentality, Criticism, Politics, in Economy and Society, 26-4, 1997, pp. 501-517.

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3

singolo individuo ("governo di sé"): governare ed essere governati, soggettivazione e assoggettamento.

Questa doppia polarità foucaultiana costituisce il fulcro della governamentalità, anche se per un lungo periodo storico sembra prevalere solo il primo aspetto. La razionalità governamentale può essere applicata solamente all'individuo libero, l'unico che può detenere questo potere: pertanto, si evince come la libertà sia una condizione essenziale al fine di «costituire, definire, organizzare e

strumentalizzare»4 le condotte altrui.

La riconversione e l'evolversi dello Stato moderno in amministrativo, come delineato da Foucault, con l'emergere della rilevanza della popolazione, ha portato alla luce il problema della legittimazione del governo nel XVI secolo. In quel periodo storico, il venir meno della struttura feudale, con conseguente nascita dei grandi Stati territoriali, la Riforma e la Controriforma hanno influito sulla concezione dell'esercizio del potere.

4

A. Pandolfi (a cura di), Estetica dell'esistenza, etica, politica, in Archivio Foucault: interventi, colloqui, interviste, III, Milano, Feltrinelli, 1998, p. 293.

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4

Il sovrano può essere ritenuto un buon governante solo assumendo il comportamento del buon padre di famiglia e si avvale di strumenti per promuovere lo sviluppo e arricchire lo Stato.

Ecco che l'economia acquisisce un ruolo fondamentale, prendendo la famiglia come modello per la gestione degli uomini. Naturalmente, in un primo momento, economia e governo si sovrappongono: ma quando il governo dello Stato supera questa fase "familiare" per sfociare nella dimensione della popolazione, l'attività di governo si evolve sempre più in attività di tipo economico. Pertanto, se «nel XVI secolo la parola “economia”

designava una forma di governo, nel XVIII secolo designerà un livello di realtà, un campo di intervento per il governo in virtù di una serie di processi complessi»5.

Si tenderà cioè a superare il carattere "familiare" della gestione economica, preferendo il rapporto tra popolazione, territorio e le sue risorse.

5

(14)

5

2. La riflessione filosofica

Nel definire la governamentalità, Foucault compie un'indagine storica, e ripercorrendo le tappe principali della sua evoluzione ricostruisce la genealogia dello Stato moderno, da un punto di vista non istituzionale, al di fuori della forma di governo politico entro specifici confini territoriali.

La governamentalità ha avuto origine nel I secolo d.C. con il governo pastorale, prima tappa analizzata dal filosofo.

Questa idea di governo, infatti, si basa sulla condotta degli altri: «governare può voler dire dirigere qualcuno, nel senso

propriamente spirituale del governo delle anime, (...) imporre un regime a un malato, (...) può riguardare la condotta morale, (...) il dominio che si può esercitare su se stessi e sugli altri, (...) non si governa mai uno stato, né un territorio, né una struttura politica. Si governano persone, individui e collettività»6.

La seconda grande fase della storia governamentale è la ragion di stato, che costituisce un'anticipazione della

6

(15)

6

governamentalità del XIX secolo. Le teorie e le tecniche della ragion di stato costituiscono, tra il Cinquecento e il Seicento, un nuovo modo di pensare la politica moderna nell'ambito del "governo degli uomini".

Dalla ragion di stato, è necessario porre l'attenzione alla governamentalità liberale, sviluppatasi agli inizi del XX secolo: è infatti un periodo storico di forte espansione imperialistica e gravi conflitti tra vari Paesi. Si afferma inoltre il naturalismo, che si basa sul rispetto della naturalità dei processi economici e sociali.

È proprio nel secondo dopoguerra che la visione liberale si evolve in governamentalità neoliberale, agli inizi degli anni '80. In questa fase, il perno centrale della società intera diventa l'economia, mentre lo Stato perde la sua funzione sovrana, che viene svolta dalla moneta.

D'altra parte, il neoliberalismo nasce in un contesto di discontinuità con il liberalismo e coincide con la diffusione della globalizzazione e una forte crescita della competitività.

(16)

7

2.1.

Il governo pastorale

Come già anticipato, Foucault inizia la propria analisi dal governo pastorale, una fase durata per ben quindici secoli, dal Vangelo secondo Giovanni fino alla fine del XV secolo.

In questo periodo, nelle pratiche pastorali si trova l'idea di "governo degli uomini": la metafora del pastore e del suo gregge ben si presta alla spiegazione di questa forma di governo che, rivolgendosi agli uomini e alle loro condotte, va al di là dei confini del territorio. Per questo motivo è considerato il germe della governamentalità moderna. Nel potere pastorale, Foucault rileva quanto sia necessario costituire una società fondata su una rete di individui interdipendenti, sottoposti a tecniche di individualizzazione e soggettivazione, come l'obbligatorio esame di coscienza. Il gregge esiste solo se vi è il pastore, la cui attività si rivolge sia ai singoli individui sia alla collettività e consiste nel dare una direzione alle coscienze, anche attraverso l'istituzione della Chiesa e l'instaurazione di un rapporto tra governato e governante.

Il pastore/Salvatore rappresenta pertanto un'auctoritas che opera per il bene dei governati, ma non su un territorio fisso, poiché

(17)

8

deve condurre il gregge verso una meta, la salvezza eterna, fornendogli i mezzi necessari alla sua sussistenza7.

La governamentalità moderna ha ereditato gli elementi caratteristici del potere pastorale, ma il passaggio tra il secondo e la prima ha subìto una tappa intermedia: tra il XVI e il XVII secolo, la Riforma e la Controriforma delineano un periodo di progressivo allontanamento dalla concezione di potere pastorale e sovranità divina, verso una concezione di governo più umana.

2.2.

La ragion di stato

La seconda fase della storia governamentale è, come detto, quella della ragion di stato8, che si è sviluppata tra la fine del XVII e la metà del XVIII. In questo periodo, si sente l'esigenza di creare una nuova forma di governo, non più sostenuta da riferimenti

7

Ivi, p. 266.

8

La prima definizione è stata elaborata da Giovanni Botero nel XVI secolo: «Ragione di stato si è notizia de’ mezzi atti a fondare, conservare e ampliare un dominio. Egli è vero che, sebbene assolutamente parlando, ella si stende per tre parti suddette, nondimeno pare che più strettamente abbracci la conservazione che l’altre, e dell’altre due più l’ampliazione che la fondazione.» G. Botero, La ragion di stato, Roma, Donzelli Editore, 1997, p. 7.

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9

teologici ma idonea alle nuove condizioni politiche e sociali dell'epoca.

È quindi una nuova razionalità politica che non consiste in una semplice transizione dal potere pastorale al potere del sovrano, ma nell'evoluzione in un sistema unitario, costituito da molteplici istituzioni facenti capo allo Stato.

La legge è considerata sì essenziale per il potere sovrano, ma allo stesso tempo è derogabile: pertanto, non essendo più superiore e inderogabile, acquisisce carattere strumentale al perseguimento delle finalità dello Stato.

Secondo Foucault, è di fondamentale importanza che il governo conosca gli elementi che compongono lo Stato, ovvero il territorio, la popolazione e le risorse economiche e umane: questa conoscenza prende il nome di statistica9.

Si deve evidenziare anche il contesto storico in cui si sviluppa la ragion di stato, in particolare le figure dei principi e dei monarchi assoluti che dominano le scene politiche dell'epoca.

9

«La statistica, dal punto di vista etimologico, è la conoscenza dello stato, la conoscenza delle forze e delle risorse che caratterizzano uno stato in un preciso momento». Cfr. M. Foucault, Sicurezza..., cit., p. 201.

(19)

10

La conoscenza della legge non è più sufficiente per governare, in quanto è limitata solo a specifiche situazioni, che potrebbero essere diverse da quelle realmente verificatesi: in tal senso, la statistica fornisce al sovrano l'attualità del suo Stato. Purtroppo, anche la conoscenza derivante dalla statistica risulta insufficiente, poiché non fornisce un sapere completo necessario alla governamentalità e, di conseguenza, a coloro che fanno politica.

Uno degli oggetti principali della statistica è la popolazione, la cui nozione si amplia rispetto a quella contenuta nella prima definizione di governamentalità.

La popolazione viene, infatti, concepita sia come destinataria dello scopo dello Stato, ovvero la condizione di benessere, sia come soggetto politico responsabile, garante per il raggiungimento di quella stessa condizione. Ma la popolazione deve essere gestita: ecco quindi che si rende necessaria l'introduzione della scienza di polizia10, altro elemento previsto dalla governamentalità del XVI secolo.

10

La scienza di polizia viene elaborata negli apparati statali francesi e tedeschi tra il XVII e il XVIII secolo.

(20)

11

La polizia è costituita dall'«insieme delle tecniche, degli

interventi e dei mezzi che assicurano che il vivere, il fare di più che semplicemente vivere, cioè il coesistere, il comunicare, saranno effettivamente utili alla costituzione e all'incremento delle forze dello Stato»11.

La polizia permette il controllo sulla popolazione e la sua gestione (ad esempio dal punto di vista demografico e sanitario), guidandola verso la felicità e il benessere e svolge un ruolo estremamente rilevante ai fini economici, costituendo cioè uno strumento esecutivo del governo.

Infatti, si occupa anche della circolazione degli uomini e delle merci e permetterà il realizzarsi della transizione «da un

regime dominato dalle strutture della sovranità a un regime dominato dalle tecniche di governo» 12 : facendo prevalere l'economia politica sulla statistica. Si lascerà così ampio spazio al liberalismo e al laissez-faire. 11 Ivi, cit., p. 241. 12 Ivi, cit., p. 86.

(21)

12

2.3.

Il liberalismo

Come già anticipato, a partire dal XVIII secolo la statistica viene progressivamente sostituita dall'economia politica: quest'ultima costituisce una nuova razionalità politica, che si basa sulle stesse pratiche politiche della ragion di stato, ma in modalità differenti. Nel senso che si concentra su calcoli e strategie che indicano i percorsi più economici che un governo può seguire per adempiere ai suoi doveri.

La governamentalità, in questa fase, viene così influenzata dal liberalismo, una corrente filosofica, giuridica e soprattutto economica.

Il liberalismo si contraddistingue dal rispetto della natura dei processi economici e sociali. Infatti, costituisce una sorta di naturalismo, poiché il governo si autoimpone dei limiti, producendo e controllando al tempo stesso la libertà13. Per queste ragioni, è considerato un periodo di crisi della politica, a seguito dell' indebolimento della governamentalità: il termine "liberale" indica proprio l'autonomia che ogni singolo individuo ha acquisito.

13

L. Bazzicalupo, Governabilità: pratiche e concetti, in Materiali per una storia della cultura giuridica, II, 2013, p. 406.

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13

Il sovrano non ha più poteri illimitati in territori specifici, anzi alcuni ambiti sono sottratti alla sua sovranità e sono divenuti autonomi: il settore economico, ad esempio, ha proprie leggi che lo Stato deve rispettare.

Con l'affermarsi dell'economia politica, il mercato assume un ruolo centrale, secondo il principio del laissez-faire, il principio cardine del liberalismo economico, per il quale lo Stato non deve intervenire, bensì lasciare spazio al singolo. Nel momento in cui l'individuo raggiunge il proprio benessere, questo si estende all'intera collettività.

In particolare, nelle sue riflessioni, Foucault ha evidenziato come il liberalismo abbia bisogno della libertà, ma questa necessiti di un forte controllo, a tutela sia della collettività sia dello Stato. Diversamente, Adam Smith, padre del liberalismo economico, riteneva che non dovessero esserci limiti alla libertà, alla "mano

invisibile"14.

Questa corrente non ha solamente bisogno della libertà, ma ne è anche consumatrice, in quanto crea un nuovo rapporto tra

14

È una espressone elaborata da A. Smith, per spiegare come la società e l'intera economia possano restare in equilibrio, senza interventi statali e senza l'intenzionalità nelle azioni dei singoli individui.

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14

governanti e governati basato su nuovi diritti e libertà irrinunciabili, senza i quali si governerebbe male e in modo assolutamente non funzionale al raggiungimento dello scopo del governo.

In tal senso, si deve però specificare che, quanto affermato, non costituisce la novità introdotta dalla dimensione liberale, bensì «the real innovation of the study of liberalism as a rationality of

government, (…) is that such rights and liberties are necessary to the operation of the autonomous processes (of the economy, population and society) which are external to political authority and necessary to his ends»15 .

È importante evidenziare come in questo periodo storico la città moderna sia un complesso di zone particolarmente eterogenee tra loro, dove i quartieri più poveri sono indice di massimo degrado.

Per questa ragione, essendo la governamentalità liberale una nuova modalità di governo degli individui, serve allo Stato per regolare e sorvegliare gli individui ed educarli «all'igiene e

all'operosità»16.

15

M. Dean, Governmentality: Power and Rule in Modern Society, London, Sage, 2010, p. 63.

16

S. Chignola, L’impossibile del sovrano. Governamentalità e liberalismo in Michel Foucault, in Governare la vita, S. Chignola (a cura di), Verona, Ombre corte, 2006, pp. 37 ss.

(24)

15

2.4.

Il neoliberalismo

La prospettiva liberale persiste nel primo dopoguerra, subendo delle trasformazioni. Innanzitutto, all'economia viene attribuita la produzione politica dello Stato17, nel senso che la legittimazione politica è in stretto rapporto con la libertà economica. In secondo luogo, si diffonde un forte rigetto dello statalismo, come si può notare in Germania con il nazionalsocialismo e negli Usa con l'elaborazione del New Deal.

La caratteristica principale del liberalismo non è più rappresentativa dei tempi: la separazione tra politica e economia richiede un mercato economico neutrale, che però non può più essere tale, anzi la politica sociale coincide con la crescita economica18. In tal senso, si può parlare di governamentalità economica, cioè una governamentalità che rende la società ridefinita dall'economia e che risente di una prima forma di concorrenza, sempre più diffusa sia tra individui sia tra istituzioni19.

17

L. Bazzicalupo, Governabilità: pratiche e concetti, cit., p. 407.

18

Ivi, p. 408.

19

B. Cruikshank, Revolution within: self-government and self-esteem, in A. Berry-T. Osborne-N.S. Rose (eds.), Foucault and Political Reason: Liberalism,

(25)

16

Ecco che nasce il germe del neoliberalismo, inizialmente soprattutto in territorio americano. Da un punto di vista economico, l'uomo è considerato capitale umano, poiché monetizza le proprie potenzialità e le scambia all'interno del mercato. Infatti, in questo periodo storico la moneta costituisce fonte di dipendenza e di sovranità. A dimostrazione di ciò, non è errato parlare della creazione di un nuovo rapporto tra governamentalità e finanziarizzazione dell'economia20.

3. La crisi della governamentalità neoliberale: verso la

governance

Il vero periodo neoliberale si apre negli anni '80, con la diffusione della globalizzazione, un fenomeno che richiede concorrenza, competitività, ottimizzazione, elevata efficienza e forte progettualità nella vita di ogni singolo individuo 21 . In particolare, la concorrenza, presupponendo una leggera

Neo-liberalism and Rationalities of Government, London, UCL Press, 1996, pp. 231-251.

20

L. Bazzicalupo, Governamentalità: pratiche e concetti, cit., p. 409.

21

G. S. Becker, The Economic Approach to Human Behavior, Chicago, Chicago University Press, 1976.

(26)

17

disuguaglianza, viene considerata un principio da salvaguardare attraverso interventi giuridici, oltre che politici.

In seguito al crollo del muro di Berlino, il neoliberalismo non è più inteso come mera teoria economica, ma come una vera e propria attività dei governi europei, che si attua «in una serie di

decisioni politico-istituzionali»22.

Il contesto storico è caratterizzato da processi di mondializzazione che hanno portato alla frantumazione dei mercati del lavoro e ad una forte espansione di macro-regioni di Stati-Nazione, in tutti i continenti23.

Il neoliberalismo assume sempre più rilevanza come forma governamentale, soprattutto negli ultimi decenni del secolo, ma non si può negare il fatto che abbia creato situazioni di crisi nei singoli Stati: crisi dei partiti, indebolimento delle funzioni elettorali e assenza di controlli nell'ambito della globalizzazione finanziaria, per esempio.

22

A. Ciervo, Con la scusa della crisi. Il neo-liberismo e le trasformazioni dello Stato costituzionale. Riflessioni a partire da due recenti volumi di Pierre Dardot e Christian Laval, in Costituzionalismo.it, n. 3, 2015, p. 29.

23

P. Rosanvallon, La politica nell'era della sfiducia, Troina, Città Aperta, 2009; Id., La contro-democrazia. La politica della diffidenza, in Ricerche di Storia Politica, III, 2006, pp. 289-301; H. Höffe, Demokratie im Zeitalter der Globalisierung, München, Verlag, 1999 (tr. it. La democrazia nell'era della globalizzazione, Bologna, Il Mulino, 2007).

(27)

18

La dimensione neoliberale elabora le proprie regole giuridiche e rende conformi le istituzioni esistenti alla sua logica. «Il Diritto, in breve, plasma “dall’interno” l’economia e, in questo

modo, “produce” il mercato come istituzione artificiale, perdendo però al contempo il proprio status di scienza autonoma»24.

Un altro aspetto fondamentale è la creazione di una rete di

authorities e agencies non statuali indipendenti, che offrono una

regolamentazione al di fuori dei governi centrali: sono le cosiddette Autorità Amministrative Indipendenti.

Gli organismi internazionali (come ONU, FMI, UE, BCE, ONG etc.) sono non-elettivi e non-rappresentativi e la loro finalità principale è quella di contribuire, su più livelli, «alla produzione di

un efficace rapporto di comando/obbedienza attraverso l'attivazione»25 di pratiche economiche e di regolamenti giuridico amministrativi.

Gli organismi internazionali costituiscono i primi dispositivi di governance e riflettono una tendenziale crisi della governamentalità democratica. Si fa così largo una «disgiunzione

24

A. Ciervo, Con la scusa della crisi..., cit., p. 34.

25

A. Arienzo, G. Borrelli, Emergenze Democratiche: Ragion di Stato, Governance, Gouvernementalité, Napoli, Giannini, 2012, p. 63.

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19

tra democrazia e rappresentanza»26, in quanto non si parla più di democrazia dei partiti, ma di una democrazia basata sulla volontà/interessi dei cittadini. Dal punto di vista normativo, gli organismi tecnici sovranazionali e nazionali elaborano standards per regolare il mercato e la concorrenza.

Il neoliberalismo non riguarda solo le modalità di governo di uno Stato, ma anche i comportamenti sociali: «All manner of social

undertakings – health, welfare, education, insurance – can be reconstrued in terms of their contribution to the development of human capital. Their internal organization can be reshaped in enterprise form»27.

Sia a livello nazionale che mondiale assume sempre più importanza il concetto di capitale umano, in quanto ogni attività umana può avere uno scopo utile: il singolo individuo è imprenditore di se stesso e ogni soggetto ha un valore che può accrescere attraverso specifiche forme di investimento.

In questo contesto, si affermano nuovi modelli di potere al controllo delle grandi corporations, ognuna delle quali richiede

26

Ivi, p. 65.

27

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20

«una capacità di governo organizzativo che sappia sintetizzare gli

input esterni, la pluralità degli ambienti (tecnologico, finanziario, dei consumatori, della concorrenza) e infine la pluralità dei contesti politici con cui la corporation viene in contatto»28.

La parola chiave della governamentalità economica è, infatti,

management29, termine che indica una gestione della politica simile a quella dell'impresa.

Dalla governamentalità neoliberale si sviluppano le politiche di governance, che costituiscono uno strumento di coordinamento tra nuove strategie di imprese transnazionali, mercato finanziario mondiale e funzioni statuali, ormai depotenziate30.

Dal punto di vista politico-istituzionale, il concetto di

governance deve essere distinto da quello di government, governo.

Entrambi riguardano condotte con delle finalità, ma il termine governo implica la presenza di un'autorità affiancata dalle forze di polizia, per far rispettare le politiche imposte. Diversamente, la

governance è una nuova forma di governamentalità, che richiede la

28

L. Bazzicalupo, Economia e dispositivi governamentali, in Filosofia politica, I, 2006, p. 52.

29

Ivi, p. 51-52.

30

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21

creazione di un sistema di regolazione e controllo a cui fanno capo nuove istituzioni sovranazionali, governative e non31.

La governance è il superamento del governo: il potere pubblico non è più attribuito solamente allo Stato, ma a più soggetti. Lo Stato non viene represso, ma cede parte della propria sovranità: si parla, infatti, di deterritorializzazione statale. Pertanto, la governance si pone come l'unica alternativa in continuità con la governamentalità storica, anzi ne diviene la sua declinazione naturale, frutto dell'epoca attuale e in risposta alla crisi statale.

31

J. N. Rosenau, Governance, Order and Change in World Politics, in J. N. Rosenau, E. O. Czempiel (eds.), Governance without Government, Cambridge, Cambridge UP, 1992, p. 4.

(31)

22

CAPITOLO II

LA GOVERNANCE

1. Dalla governamentalità alla globalizzazione

Nel corso dell'ultimo trentennio, la prospettiva governamentale ha risentito del diffondersi di un nuovo fenomeno: la globalizzazione.

Il termine globalizzazione si è diffuso intorno agli anni '90, simbolicamente nel 1989 con la caduta del muro di Berlino, con l'apertura dei mercati a livello mondiale e l'instaurazione di stabili relazioni internazionali. Indica, quindi, profondi cambiamenti in ambito economico, politico, sociale, culturale, militare e ambientale1 e in ognuno di questi campi assume caratteristiche differenti. Ad esempio, per l'economista coincide con l'emergere di

1

R. O. Keohane, J. S. Nye Jr., Globalizzazione e Governance, in A. Palumbo, S. Vaccaro (a cura di), Governance. Teorie, principi, modelli, pratiche nell’era globale, Milano, Mimesis, 2007, p. 147.

(32)

23

un mercato globale, mentre per il politologo consiste piuttosto nella graduale erosione della sovranità dello Stato2.

La globalizzazione è un dunque fenomeno che può essere analizzato da molti punti di vista: pertanto, darne una definizione unitaria non è possibile, perché è un processo che riguarda ogni aspetto della vita umana.

È comparsa inizialmente in ambito economico, quando da una parte le imprese hanno cominciato ad estendere il proprio mercato al di fuori dei confini nazionali e, dall'altra, le economie dei singoli Stati si sono aperte agli investitori stranieri. Questa trasformazione è avvenuta su impulso di organizzazioni internazionali, quali la Banca Mondiale, Organizzazione Mondiale per il Commercio e il Fondo Monetario Internazionale.

È importante sottolineare che "globalizzazione" non coincide con "americanizzazione", o meglio la globalizzazione non è esclusivamente americana3, anche se gli Stati Uniti sono e sono stati

2

M. Khan, Teaching Globalization, in The Globalist, Agosto 28, 2003.

3

R. O. Keohane, J. S. Nye Jr., Globalizzazione e Governance, in A. Palumbo, S. Vaccaro (a cura di), Governance. Teorie, principi..., cit., p. 152.

(33)

24

terreno fertile per molte innovazioni tecnologiche, rivoluzioni economiche, sociali e politiche.

Inoltre, benché molte attività con rilevanza globale abbiano sede statunitense, come a Wall Street e nella Silicon Valley la globalizzazione non può essere considerata solo concentrata negli Stati Uniti: ad esempio, il Giappone ha stretto legami con i Paesi latinoamericani, mentre alcune banche europee hanno concesso prestiti ai mercati asiatici emergenti4.

Si sono sviluppati nuovi mezzi di comunicazione, che non solo hanno permesso di ridurre le distanze, ma hanno reso più veloce ed immediato lo scambio di informazioni tra gli individui.

Il punto di svolta è, però, rappresentato simbolicamente dal 1989, anno in cui hanno inizio stabili rapporti commerciali, culturali e economici a livello internazionale. La globalizzazione ha diffuso una nuova mentalità, aperta a culture diverse: non si pensa più esclusivamente alla dimensione locale, bensì a quella mondiale.

Con il termine "globalizzazione" possono essere indicati, quindi, «i processi guidati dalla diffusione su scala mondiale del

4

(34)

25

commercio e della produzione, dei mercati dei beni e della finanza, di mode, media, e programmi di notizie e reti di comunicazione, di flussi di traffico e movimenti migratori, dei rischi della grande tecnologia, dei danni ambientali e di epidemie, della delinquenza organizzata e del terrorismo»5. Pertanto, questo fenomeno facilita anche i flussi migratori: metropoli, come New York e Londra, diventano le destinazioni di milioni di persone.

1.1.

La globalizzazione e l'erosione della sovranità

nazionale

In questo contesto, lo Stato si trova a dover far fronte ad una crisi della propria sovranità6. Non si fa più riferimento al concetto di "governo", ma di "governance" per indicare le funzioni di coordinamento e direzione che lo Stato esercita in un contesto

5

J. Habermas, Der gespaltene Westen, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 2004; trad. it. L'Occidente diviso, Roma-Bari, Laterza, 2005, p. 176.

6

È un concetto che «si sostanzia primariamente nel potere assoluto di dare, annullare, modificare e interpretare le leggi» come sostenuto in A. Bosio, S. Dellavalle, Crisi e ridefinizione della sovranità nel contesto plurilivellare, in Costituzionalismo.it, 2016, n. 3, p. 132.

(35)

26

decisamente più ampio. Da un lato, si espandono sempre di più le società transnazionali, formando una sorta di "dimensione parallela" a quella statuale7. Infatti, le grandi imprese si sottraggono in parte al potere dei governi nazionali e ancora oggi manca una disciplina che ne regoli le attività. Dall'altro, vengono costituite nuove istituzioni sia a livello europeo che globale.

La globalizzazione ha messo «in crisi la base stessa

dell'ordinamento costituzionale»8: in particolare, ne hanno risentito il popolo, il governo e il territorio. Ad esempio, a livello europeo, nel 1995 è entrata in vigore la Convenzione di Schengen, che prevede un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne9, attraverso l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, ma anche con l'apertura delle frontiere interne tra i vari Paesi membri.

7

S. Strange, The retreat of the State: The Diffusion of Power in the World Economy, Cambridge, Cambridge University Press, 1996, pp. 91 ss.

8

R. Bin, Ordine giuridico e ordine politico nel diritto costituzionale globale, Relazione svolta al convegno Ordine giuridico e ordine politico: esperienze, lessico e prospettive, Trento 24 e 25 novembre 2006.

9

G. Licastro, Verso un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne?, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, vol. 52, n. 4, 2013, pp. 705-709.

(36)

27

Per quanto riguarda il popolo, a fronte dei continui flussi migratori perde sempre più rilevanza il concetto di cittadinanza. Gli stranieri diventano così residenti dello Stato ospite e, nei loro confronti, devono comunque essere garantiti i diritti previsti per i cittadini10.

Si configura però un problema relativo alla legittimazione dei processi decisionali: nello Stato costituzionale di diritto il consenso si forma ex ante dal basso verso l'alto, in quanto i cittadini eleggono i propri rappresentanti. Mentre, nell'ambito della governance il consenso si disperde tra i numerosi organismi, è informale e soprattutto si forma a posteriori. Si parla, infatti, di deficit democratico: la legittimazione classica ex ante risulta insufficiente. Il consenso si configura come una connessione tra gli

stakeholders11, le loro attività decisionali e i destinatari delle decisioni.

La sovranità nazionale risulta così limitata, ma ciò non equivale alla crisi del diritto, anzi: il diritto dello Stato viene

10

S. Cassese, Territori e potere. Un nuovo ruolo per gli Stati?, Bologna, Il Mulino, 2016, pp. 81-82.

11

Letteralmente significa "portatori di interesse". È un termine che indica soggetti o organizzazioni che hanno interesse in un progetto economico o nell'attività di un'azienda.

(37)

28

semplicemente affiancato dal diritto europeo, dalle norme dell'ONU, dalla lex mercatoria12, da norme elaborate da altri organismi internazionali (soft law) e cosi via. In molti settori lo Stato non è più sufficiente, in quanto si creano problemi di rilevanza sovranazionale. Per questo motivo, si può parlare di "condivisione" della sovranità tra il singolo Stato e le numerose organizzazioni internazionali13.

Tramite standards e regole tecniche, si è creato un nuovo sistema frammentato e fondato su regimi regolatori globali, che disciplinano quasi tutte le attività dell'uomo (dalla finanza alla salute, dal commercio al lavoro, dallo sport all'energia nucleare).

La funzione di questi regimi è quella di risolvere problemi che vanno al di là del potere del singolo Stato: è, quindi, necessaria una disciplina ultrastatale.

In questa prospettiva, l'Unione europea costituisce una novità, poiché, come già detto, elimina le frontiere interne, permettendo la libera circolazione di merci, cittadini e di norme.

12

Con tale espressione si intende l'insieme di norme e regole consuetudinarie, elaborate spontaneamente, nell'ambito del commercio internazionale.

13

(38)

29

L'Europa prevede diritti e doveri per i cittadini degli Stati membri e impone loro regole e sanzioni; ma, oltre a creare diritto e regole, l'Unione europea ha anche costituito un proprio specifico apparato giurisdizionale, la Corte di giustizia dell'Unione europea.

Quindi, l'ordinamento europeo riduce la sovranità nazionale dei propri Stati membri, prevedendo regole direttamente applicabili nei loro confronti. Ma nemmeno l'Unione europea, in quanto ordinamento, è esente dall'erosione della propria sovranità, che in questo caso avviene per intervento del mercato internazionale14. Infatti, ritornando al discorso sulla globalizzazione, questa è considerata «il trionfo del mercato e il mercato (...) è concorrente

della politica, produce regole di comportamento che contestano quelle poste dal legislatore politico» 15 . Pertanto, il mercato influenza la politica, imponendole regole e limitando la sovranità dello Stato.

14

R. Bin, La sovranità nazionale e la sua erosione, 2013, in Andrea Pugiotto (a cura di), Per una consapevole cultura costituzionale. Lezioni magistrali, Napoli, Jovene, 2013, pp. 369 - 381.

15

(39)

30

1.2.

Le autorità amministrative indipendenti

Come si è già avuto modo di porre in rilievo, a partire dagli anni '90 del XX secolo vengono adottate politiche di privatizzazione e liberalizzazione, nonché di superamento del modello pubblico di intervento in economia. In tale contesto, viene riformato l'assetto amministrativo dell'ordinamento italiano.

Si diffondono, così, le autorità amministrative indipendenti, ovvero amministrazioni pubbliche che operano nel settore socio-economico e tutelano interessi pubblici costituzionali.

Come si evince dal nome, si tratta di enti pubblici indipendenti dal circuito politico-rappresentativo: infatti, i componenti vengono nominati dal Parlamento o dal Governo.

Sempre per garantire la loro indipendenza, sono previste rigide condizioni di incompatibilità con particolari attività o cariche, pubbliche o private. Inoltre, svolgono molte funzioni: normativa, che esercitano in piena autonomia; autorizzatoria; di vigilanza; ispettiva e sanzionatoria.

(40)

31

Queste autorità amministrative possono operare in settori specifici o avere competenze generali. In questo lavoro, non è possibile analizzarle tutte nel dettaglio, pertanto ci si limiterà a un breve accenno alle più importanti.

Nell'ambito finanziario, operano la Banca d'Italia, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) e l'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS).

A tutela del mercato e dei consumatori sono state istituite l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o Antitrust), l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) e l'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico (AEEGSI). Un'altra autorità, che offre tutela ai consumatori, è inoltre la Commissione per la vigilanza sui fondi pensione (COVIP). Inoltre, anche il Garante per la protezione dei dati personali (Garante della privacy) e la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali (CGSSE) tutelano diritti costituzionalmente rilevanti.

(41)

32

1.3.

La soft law

La soft law non ha una definizione unitaria, ma in generale si può affermare che indica un insieme di regole, prodotte da istituzioni non costituzionali di governo.

È, quindi, un'espressione in cui rientrano atti frutto dell'autoregolamentazione, ma anche principi e regole privi di efficacia diretta vincolante. Per questo motivo, al termine law è stato posto l'aggettivo "soft", proprio in virtù del suo carattere non vincolante.

Pertanto, la soft law si pone in contrapposizione alla hard

law, ovvero al diritto elaborato dagli organi costituzionali nazionali.

È un concetto strettamente collegato a quello di governance, infatti, entrambi alludono al superamento del ruolo delle istituzioni politiche: la soft law dal punto di vista del diritto e la governance da quello procedurale16. Inoltre, entrambe si diffondono sulla scia della globalizzazione, in particolare la soft law intorno agli anni '70.

16

R. Bin, Soft law, no law, in A. Somma (a cura di), Soft law e hard law nelle società postmoderne, Torino, Giappichelli, 2009, p. 31.

(42)

33

A fronte della globalizzazione e della continua evoluzione dei mercati, nascono nuovi organismi istituzionali e nuovi soggetti economici privati, con la conseguente necessità di colmare le lacune normative emergenti.

La soft law si diffonde sia in ambito europeo che internazionale. In particolare, a livello comunitario vi rientrano, ad esempio, le raccomandazioni, volte a indirizzare i comportamenti dei destinatari, e talvolta le direttive.

In ambito internazionale invece, le varie organizzazioni (come l'ONU) possono emanare atti a rilevanza interna ed esterna. I primi sono atti di autoregolamentazione, che riguardano quindi l'ordinamento interno dell'istituzione; i secondi, quelli a rilevanza esterna, regolano i rapporti con altri soggetti giuridici e possono essere vincolanti o non.

Gli atti di soft law sono, quindi, tipici del diritto internazionale, ma hanno ampia rilevanza anche a livello statale. È già stato analizzato come lo Stato abbia progressivamente perso parte della propria sovranità. In tal senso, il legislatore statale si è

(43)

34

visto affiancare da nuovi attori nello scenario istituzionale, nell'esercizio della sua funzione normativa.

Nell'ordinamento giuridico italiano, la soft law viene prodotta ad esempio dalle autorità amministrative indipendenti, che, come già anticipato, sono indipendenti dal potere del governo.

La funzione di soft law, nel diritto interno, viene svolta attraverso atti di moral suasion, ovvero atti persuasivi, sia dalle autorità indipendenti che da altri soggetti, come le organizzazioni professionali. Inoltre, le autorità indipendenti sono legittimate "dal basso"17, nel senso che la loro regolazione e istituzione dipendono dalle esigenze di un particolare settore di mercato.

Le norme emanate da queste autorità, infatti, «derivano molto

spesso da "regole" imposte dagli stessi mercati internazionali alla cui regolazione dovrebbero viceversa essere rivolte»18.

Ecco che inizia a crearsi un'integrazione tra la regolazione statale e quella di mercato, basata su accordi: «l'osmosi tra pubblico

e privato è dunque un tratto caratteristico, anzi programmatico, di

17

F. Merusi, M. Passaro, Le autorità indipendenti, Bologna, Il Mulino, 2003, p. 98.

18

(44)

35

queste regolazioni che provengono “dal basso”, sia che si operi nella dimensione nazionale che nei mercati internazionali»19.

Con il diffondersi della globalizzazione, si sono affermate due tipologie di soft law per regolare i rapporti tra soggetti transnazionali: la lex mercatoria e i Principi Unidroit.

1.3.1.

La lex mercatoria

La lex mercatoria è un insieme di norme consuetudinarie, nato, spontaneamente, per colmare il vuoto normativo creato dalle leggi nazionali, ormai insufficienti per regolare i rapporti tra soggetti transnazionali. In tal senso, è particolarmente significativo il fatto che ricorra sia ai principi di Civil law che a quelli di

Common law.

La lex mercatoria si pone pertanto come un sistema normativo autonomo, un contenitore di forme contrattuali e accordi: in questo modo il contratto, con la sua efficacia transnazionale, si sostituisce alla legge. Dunque, è evidente come l'esclusivo potere

19

(45)

36

normativo dello Stato non abbia retto «all'urto della globalizzazione

dei mercati, alla invasione delle imprese transnazionali»20. Il termine "lex mercatoria" è un retaggio del passato e le sue origini sono fatte risalire al Basso Medioevo: infatti, l'antica lex mercatoria era un diritto imposto dalla classe mercantile e dalla giurisprudenza dei suoi tribunali21, con efficacia universale, al punto da sovrastare il diritto romano.

Nell'epoca contemporanea, diritto ed economia sembrano agire in "parallelo" così, la società civile crea spontaneamente nuove regole relative al commercio internazionale, appunto la lex

mercatoria, che si collocano al di fuori del sistema gerarchico delle

fonti normative nazionali. Parimenti, nascono nuovi modelli contrattuali, dettati dalle nuove necessità di soggetti economici, come il contratto di leasing.

L'Istituto Internazionale per l'Unificazione del diritto privato (UNIDROIT) ha riunito le norme della lex mercatoria moderna in un'unica raccolta, chiamata "Principi Unidroit", pubblicata nel

20

F. Galgano, La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 39.

21

(46)

37

199422. Questa raccolta rappresenta il primo tentativo di elaborare una codificazione comune, oltre che un punto di riferimento per i singoli Stati. Anche i privati possono attingere dai Principi

Unidroit, per redigere i contratti commerciali internazionali, purché

non violino la legge.

Molti Stati hanno ormai riconosciuto ai privati la possibilità di scegliere in autonomia quale legge applicare al proprio contratto internazionale. Questo principio è stato disciplinato anche nell'Unione Europea, in cui gli Stati hanno sottoscritto la

Convenzione di Roma, nel 1980: l'obiettivo del documento è così

quello di evitare il "forum shopping"23. La Convenzione sancisce che le parti sono libere di scegliere la legge più opportuna24 ma, in caso di impossibilità di scelta, deve essere applicata quella dello Stato interessato maggiormente dal contratto25.

22

I Principi Unidroit sono stati sottoposti a revisione nel 2004, poi nel 2010 e infine nel 2016.

23

Con questo termine, si indica il fenomeno per cui le parti contraenti scelgono liberamente il foro di competenza per la controversia.

24

Ai sensi dell'art. 3, comma 1, della Convenzione.

25

L'art. 4 della Convenzione prevede l'espressione «collegamento più stretto» e specifica che questo si manifesta quando la parte contrattuale principale ha la residenza abituale o la sede in uno Stato.

(47)

38

La lex mercatoria assume così rilevanza proprio quando le parti contraenti non trovano alcun accordo su quale legge applicare, ricorrendo alle consuetudini del commercio internazionale.

2. Definizione e tipologie di governance

L'espressione "governance" è oggi molto diffusa: riguarda, infatti, varie tipologie di pratiche (giuridica, amministrativa, economica e cosi via) e si basa su una rete di soggetti, sia pubblici che privati o addirittura di natura mista.

Il problema principale relativo alla governance è il suo significato: è infatti una parola senza un senso specifico e «rischia

di essere un concetto paradossale»26. È un termine oggetto di numerose interpretazioni e con così tante sfaccettature che non è possibile darne una definizione precisa.

L'applicazione della governance ha subito molti cambiamenti con il passare degli anni ed è, tuttora, in continua evoluzione, poiché si adatta costantemente a nuove prospettive e nuovi settori.

26

A. Andronico, Governance, in B. Montanari (a cura di), I luoghi della filosofia del diritto. Un manuale, Torino, Giappichelli, 2012, p. 315.

(48)

39

Allo stesso tempo, dal punto di vista etimologico, è un concetto antico, le cui origini sono piuttosto incerte.

Si ritiene che il termine derivi dalla parola "gouvernance", usata nella Francia del XIII secolo per indicare sia la modalità di governo politico-amministrativa, sia la modalità giuridica di autogoverno27. In realtà, secondo altre fonti deriverebbe dal greco "kubernàn", ossia condurre, pilotare una nave.

Nel 1300, in Inghilterra, la governance esprime «l’atto di

governare, indicante sia il governo come comando del principe,sia il sistema di norme, consuetudini, statuti e libertates che rappresentavano la trama dei diritti e dei poteri costituenti l’organizzazione politica e civile inglese»28

.

Il termine rimane in disuso fino al XX secolo, quando la

governance viene applicata all'impresa, prendendo il nome di corporate governance.

Successivamente, in base alle diverse forme di utilizzo, possiamo distinguerne altre accezioni: la public governance, la

27

A. Iacovino, Teorizzare la Governance. Governabilità ai tempi del globale, Roma, Aracne, 2005, p. 30.

28

(49)

40

governance regionale, la good governance, e infine la global governance.

Naturalmente, in questo lavoro ci si soffermerà sulle tipologie di governance rilevanti in ambito giuridico, politico ed economico, a livello nazionale, internazionale e globale.

Governance è un termine inglese, che non trova una

traduzione convincente in italiano. In alcuni casi, è stata tradotta con "governanza", in altri con "sistema di governo"29.

Tuttavia nella lingua inglese "governance" e "government" hanno due significati differenti: con "government" si indica l'istituzione del governo, mentre con "governance" si intende l'attività del governare, le sue modalità ed il suo esito.

In tal senso, la governance è ben definita da James Rosenau come «a more encompassing phenomenon than government. It

embraces governmental institutions, but it also subsumes informal, non-governmental mechanisms whereby those persons and organizations within its purview move ahead, satisfy their needs,

29

È stata tradotta con "sistema di governo" nel "Libro Bianco sulla Governance europea" redatto dalla Commissione europea nel 2001.

(50)

41

and fulfill their wants» 30 . Quindi, come sostiene Rosenau, "governance" non è sinonimo di "governo", poiché con esso si intendono le attività sostenute da autorità formali, mentre la "governance" si riferisce ad attività con finalità comuni e che non necessariamente derivano da responsabilità legali31.

Il governo inteso come potere pubblico dello Stato è solo dunque uno strumento delle pratiche di governance, come ben si evince dalla significativa definizione elaborata dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nel 2001: «Government is no longer an appropriate definition of the way in

which populations and territories are organized and administered. In a world where the participation of business and civil society is increasingly the norm, the term 'governance' better defines the process by which we collectively solve our problems and meet our society's needs, while the government is rather the instrument we use»32.

30

J. N. Rosenau, E. O. Czempiel, Governance without Government: Order and Change in World Politics, cit., p. 4.

31

Ibidem.

32

(51)

42

2.1.

La corporate governance

Nel 1937 l'economista americano Ronald Coase attribuisce all'impresa una struttura di governo, poiché ritiene che la funzione non possa limitarsi alla sola produzione. Secondo Coase, è necessario rafforzare la cooperazione interna dell'impresa per aumentare il rendimento e l'efficacia delle politiche aziendali33.

Solamente a partire dagli anni '70 si inizia a parlare di

corporate governance, per indicare le regole, i sistemi e i processi

aziendali che sono alla base di una società.

A seguito della deregolamentazione dei mercati, della globalizzazione finanziaria e della sfiducia degli investitori, si rende necessaria una maggiore trasparenza tra dirigenti e azionisti di una società34.

Infatti, la corporate governance, o governo di impresa, si configura come «un complesso insieme di meccanismi e procedure

finalizzato ad armonizzare ed ottimizzare gli interessi degli

33

R. Coase, The nature of the firm, in Economica, vol. 4, 1937, pp. 386-405.

34

(52)

43

investitori e a garantire al contempo la governabilità dell’impresa»35

.

È dalla corporate governance che si evince il carattere fondamentale della governance: regola i networks che si instaurano tra i vari soggetti per scopi economici.

2.2.

La public governance

La corporate governance ha così permesso di migliorare i rapporti sociali interni e quelli tra la società e i propri investitori e di conseguenza le prestazioni economiche dell'impresa stessa.

A fronte del suo successo, il modello societario viene esportato nell'ambito politico-amministrativo e applicato ai governi locali delle città.

A partire dagli anni '70, si avvia così una ristrutturazione dell'organizzazione burocratica, attraverso la privatizzazione dei servizi pubblici, il depotenziamento dei poteri delle autorità locali e la deregolazione di molte attività statali.

35

A. Arienzo, Dalla corporate governance alla categoria politica di governance, in A. Arienzo, G. Borrelli, Governance. Controdiscorsi I, Napoli, Dante & Descartes, 2004, pp. 127-134.

(53)

44

Sia negli Stati Uniti, sotto la presidenza di Ronald Reagan, sia nel Regno Unito, sotto il governo di Margaret Thatcher, sono state attuate queste politiche per ridurre i costi della pubblica amministrazione e cercare di eliminare il clientelismo nelle organizzazioni pubbliche.

In particolare, le riforme inglesi aprono un periodo storico caratterizzato da ingenti tagli alla spesa pubblica e progressivo allontanamento dal sistema amministrativo accentrato (local

government), per ottenere una gestione delle risorse più efficiente e

poter attuare le politiche neoliberali.

Questo processo di riorganizzazione viene chiamato New

Public Management, poiché si basa su criteri imprenditoriali ed

economici. Inoltre, costituisce una diretta conseguenza della crisi dello Stato sociale, il cui scopo era il raggiungimento del benessere generale.

Il Welfare State, infatti, si basa su una logica interventista nella vita economica, sociale e civile del Paese, che ha portato inevitabilmente all'aumento delle dimensioni dell'amministrazione pubblica.

(54)

45

La crisi dello Stato sociale è indice del fallimento sia della struttura verticistica dell'amministrazione che della forma di Stato: è un sistema che non ha saputo mantenere il consenso dei cittadini36 e che ha portato ad una necessaria «riconfigurazione orizzontale e

cooperativa con la società dei privati per fornire i servizi pubblici»37.

Il New public management applica le strutture e i principi dell'impresa privata alla pubblica amministrazione: vengono, infatti, previsti la responsabilità dei soggetti pubblici nella gestione delle risorse pubbliche economiche e sono programmati gli obiettivi da raggiungere.

Le nuove politiche di decentramento amministrativo rivolgono particolare attenzione al rapporto che si instaura tra i funzionari pubblici e i vertici della pubblica amministrazione: il rapporto non è gerarchico, bensì di partnership38.

Il New Public Management si evolve in public governance a partire dagli anni '90, grazie al processo di integrazione europea e

36

C. Pollitt, G. Bouckaert, La riforma del management pubblico, Milano, Egea-Università Bocconi Editore, 2002, p. 233 e ss.

37

G. Messina, Diritto liquido? La governance come nuovo paradigma della politica e del diritto, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 70.

38

(55)

46

alla globalizzazione che, come già anticipato, ha portato all'apertura dei mercati, al progresso tecnologico e allo sviluppo di nuovi bisogni della società.

Anche il ruolo dello Stato si trasforma: da imprenditore nell'ambito dei servizi pubblici a regolatore delle attività dei soggetti economici e sociali.

L'organizzazione amministrativa viene strutturata tramite un sistema reticolare (network), tipico della governance, tra le varie istituzioni pubbliche e soggetti privati, che ottengono così un ruolo quasi paritario con l'amministrazione. In questo ruolo, per «reagire

alla crisi del consenso sociale»39, dovuta all'attuazione di politiche liberali negli anni '80, viene avviata una semplificazione dei rapporti tra enti pubblici e cittadini. I cittadini vengono così considerati come clienti della pubblica amministrazione.

In Italia, il New public management si diffonde, invece, negli anni '90 con l'emanazione della legge n. 142/199040, che ha riformato gli ordinamenti delle autonomie locali, anche revisionando le forme di governo dei servizi pubblici locali. A

39

Ivi, p. 76.

40

Recante “Ordinamento delle autonomie locali”, emanata 8 giugno 1990, abrogata con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”.

(56)

47

seguito di questa legge, vengono effettuate molte riforme di liberalizzazione e privatizzazione di servizi pubblici economici41.

Il punto di svolta di questa riorganizzazione pubblica è dato dalla riforma del Titolo V della Costituzione, con la legge costituzionale n. 3 del 2001. È stato così riformulato l'articolo 117 Cost.: in particolare, in applicazione del principio di sussidiarietà verticale, è stata modificata la distribuzione delle competenze tra Stato e regioni. Un intervento che si pone in continuità con la cd. Riforma Bassanini che, tra il 1997 e il 1998, con ben quattro leggi, ha sviluppato il federalismo amministrativo, avviato un processo di semplificazione e velocizzazione amministrativa ed introdotto il sistema di autocertificazione.

Per quanto riguarda la successiva public governance, in Italia questa è caratterizzata dalla cooperazione tra le amministrazioni pubbliche e gli attori socio-economici.

Infine, dai primi anni del ventunesimo secolo, interviene anche l'Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE), impegnandosi a promuovere politiche pubbliche

41

F. Rotondo, Principi di public governance nei sistemi integrati di offerta turistica, Torino, Giappichelli, 2011, p.7.

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