• Non ci sono risultati.

Ocratossina A tossicita e residui negli alimenti

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Ocratossina A tossicita e residui negli alimenti"

Copied!
85
0
0

Testo completo

(1)

• U

UNIVERSITA’ DI PISA Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Ocratossina A

tossicità e residui negli alimenti

Candidato: Ombretta Iginetti Relatore: Dott. Valentina Meucci Correlatore: Prof. Luigi Intorre

ANNO ACCADEMICO 2016-2017

(2)

2

DEDICA

Ai miei genitori…….

(3)

3 RIASSUNTO ... 4 ABSTRACT ... 4 INTRODUZIONE ... 5 CAPITOLO 1 ... 8 1.1 Cosa sono le Micotossine ... 8 1.2 Le Ocratossine ... 12 1.3 Tossicocinetica delle OTA ... 16 CAPITOLO 2 ... 21 2.1 Effetti delle Ocratossine sugli animali e sull’uomo ... 21 2.2 Presenza di OTA in cibo e alimenti ... 25 CAPITOLO 3 ... 34 3.1 Tossicità da OTA ... 34 3.2 Nefrotossicità ... 40 3.3 Biomarker per OTA ... 41 3.4 OTA nel sangue umano ... 42 3.5 OTA nelle urine ... 43 3.6 OTA nel latte umano ... 43 3.7 OTA nei reni umani ... 45 CAPITOLO 4 ... 47 4.1 Regolamento su OTA in alimenti e mangimi. ... 47 CONCLUSIONI ... 57 BIBLIOGRAFIA ... 61

(4)

4

RIASSUNTO

Parole chiave: ocratossina, micotossine, mangimi, tossicità, alimenti.

L’Ocratosssina A (OTA) è una micotossina prodotta da miceti che si sviluppano su vari substrati in particolare vegetali sia in campo che durante le loro trasformazioni, e lungo tutta la filiera. L’OTA riveste particolare importanza nei confronti degli animali di interesse zootecnico; sebbene sia crescente l’attenzione anche sugli effetti di questa micotossina negli animali da affezione. L’OTA rappresenta un rischio anche per l’uomo sia attraverso il consumo di alimenti vegetali sia di alimenti di origine animale. Questi ultimi possono presentare sia una contaminazione diretta sia una contaminazione indiretta dovuta al fenomeno del carry-over ovvero il trasferimento dell’OTA dai mangimi ai tessuti degli animali a cui è stato somministrato il mangime contaminato. Le Autorità sanitarie e scientifiche per la sicurezza alimentare cercano di affrontare il problema con maggior attenzione data l’importanza che questa tematica sta assumendo in termini di sanità pubblica. Il problema micotossine dovrebbe coinvolgere diversi tipi competenza (agronomica, tossicologica, economica) al fine di monitorare la contaminazione e ridurre i rischi tossicologici ad esse correlati.

ABSTRACT

Keywords: ochratoxin, mycotoxin, feed, toxicity, food.

Ocratoxin A (OTA) is a mycotoxin produced by molds that develop on various substrates, in particular plant, both in the field and during their transformations. OTA is of particular importance for food producing animals; although attention is also drawn to the effects of this mycotoxin in companion animals. OTA is also a risk for human both through the consumption of vegetable foods and animal derived food. The latter may present both direct contamination and indirect contamination due to the carry-over phenomenon, or the transfer of the OTA from feed to the tissues of the animals to which the contaminated feed was administered. Health and Safety Authorities seek to address the issue with greater focus because of the importance this theme has to address in terms of public health. The mycotoxin problem should involve different types of expertise (agronomic, toxicological, economic) in order to monitor contamination and reduce the toxicological risks associated with them.

(5)

5

INTRODUZIONE

La presenza di residui di xenobiotici negli alimenti di origine animale e la loro potenziale tossicità verso uomini e animali è un argomento sempre più studiato. La sua importanza è dovuta all’impatto sulla sicurezza alimentare e conseguentemente sulla salute sia dell’uomo sia degli animali. Questo problema coinvolge sia la produzione di prodotti di origine vegetale, che prodotti di origine animale, in quanto spesso riguarda i mangimi, in cui sono presenti residui tossici, che oltre a ledere la salute degli animali, influiscono negativamente anche sulle produzioni zootecniche ad essa correlate ed in ultima analisi sulla salute del consumatore. L’opinione pubblica ha imparato a conoscere le micotossine e la loro pericolosità solo negli ultimi anni grazie alle maggiori informazioni su questi metaboliti ottenute in numerosi studi. Sappiamo che l’influenza delle micotossine sulla salubrità degli alimenti e quindi sulla salute umana nel corso dei secoli è stata importante, basti pensare al decremento della mortalità che si è verificato dalla seconda metà del 1700 in poi, grazie al fatto che si diffuse la coltivazione ed il consumo della patata nell’alimentazione (essa è infatti molto meno sensibile dei cereali ai funghi produttori di micotossine). La popolazione ha così accumulato meno tossine e questo ha portato ad avere meno problemi di salute. Già nell’ antico Egitto le morti di alcuni faraoni sembra fossero dovute ad alimenti contaminati da micotossine (Matossian, 1984).

Questa tesi illustra in modo particolare la presenza e tossicità dell’Ocratossina A (OTA) nei mangimi e nelle produzioni di origine animale. L’OTA fa parte delle micotossine, composti chimici ad alta

(6)

6

tossicità, che sono prodotti in determinate condizioni ambientali dal metabolismo di funghi filamentosi microscopici (muffe), che colonizzano le piante e/o le derrate alimentari. Oltre che alla presenza di muffe tossigene la formazione di micotossine è subordinata al verificarsi di condizioni di squilibrio nutrizionale che portano a vie metaboliche secondarie da cui deriva la produzione di metaboliti secondari. Con il termine “metabolita secondario” si intende il prodotto finale di una via metabolica che non riveste, almeno apparentemente, nessun significato biochimico nella crescita e nello sviluppo dei funghi (Miraglia e Brera, 1999). Le conseguenze della presenza di micotossine nelle derrate alimentari sono evidenti negli allevamenti zootecnici dove sono osservabili sia effetti sub-acuti che cronici sulla salute degli animali e possono avere un impatto non trascurabile sulla salute umana.

Dall’analisi della letteratura scientifica emerge che il rischio di contaminazione da OTA rimane elevato nei cereali, mentre sembra più limitato nei foraggi; sempre più frequente è il riscontro di co-contaminazioni (più micotossine nella stessa matrice), ma poco si sa ancora sugli effetti dell’interazione tra le varie micotossine. Una dieta contaminata da OTA si ripercuote negativamente sulle prestazioni produttive e riproduttive soprattutto delle specie monogastriche; la contaminazione da OTA sta sempre più interessando nuovi settori mangimistici, come quello dei pet-food e quello relativo all’acquacoltura. I metodi di prevenzione sia nella fase di pre-raccolto che nel post-raccolto non sono sufficienti a limitarne la presenza, ma allo stesso tempo non sono ancora state messe a punto tecniche di riduzione sicure; infine le analisi per quantificare le concentrazioni di OTA sono costose e la distribuzione puntiforme dei miceti rende difficoltoso il campionamento.

(7)

7

Considerate le problematiche di esposizione alle micotossine, l’Autorità per la sicurezza alimentare Europea (EFSA) valuta continuamente quelli che possono essere i rischi e propone le misure di regolamentazione per la sicurezza degli alimenti ad uso umano e dei mangimi.

Il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) dell’EFSA ha pubblicato nel 2006 un parere sulla tossicità dell’OTA e ha stabilito una dose settimanale tollerabile di 120 ng/kg di peso corporeo. Mediamente l’esposizione settimanale della popolazione è compresa tra 15 e 60 ng/kg di peso corporeo per cui ben al di sotto di tale valore limite indicato. Tuttavia si raccomanda di ridurre i livelli di OTA negli alimenti e di definire un programma di monitoraggio allo scopo di raccogliere dati specifici sull’esposizione per taluni gruppi vulnerabili (EFSA, 2006).

Sono state emanate a questo proposito negli anni una serie di norme a livello UE per fissare i limiti massimi di alcuni contaminanti tra cui OTA, non solo nei cereali ma in una gran varietà di prodotti alimentari, nonché anche nei mangimi zootecnici. Anche per quanto riguarda i metodi di campionamento e analisi per la ricerca di micotossine nei prodotti alimentari si è provveduto ad emanare norme. Ciò per armonizzare le esigenze dei diversi paesi membri dell’Unione Europea e dei Paesi Terzi dato che i mercati sono sempre più aperti, e tutelare così sia gli aspetti economici che quelli di salute pubblica.

(8)

8

CAPITOLO 1

1.1 Cosa sono le Micotossine

Le micotossine sono esotossine, considerate metaboliti secondari dei miceti: -possono diffondere nelle derrate alimentari -persistono dopo la morte/distruzione del fungo -non tutti i ceppi di una stessa specie tossigena sono in grado di produrre tossina -una stessa tossina può essere prodotta da miceti diversi -uno stesso micete può produrre tossine differenti -sono secrete in quantità molto piccole ma la loro tossicità è molto elevata Le micotossine in campo veterinario sono state scientificamente oggetto di studio solo dal 1850 quando si è dimostrata l’associazione tra l’ingestione di segale contaminata con sclerozi di Claviceps purpurea e la comparsa di casi di ergotismo.

Sono numerosi i generi fungini responsabili della produzione di tali sostanze, e appartengono generalmente alla categoria dei Deuteromiceti la quale raggruppa tutti gli anamorfi e tutti i miceti nei quali la riproduzione è di tipo agamico (Matta, 1996). Le specie più diffuse fanno parte dei generi: Aspergillus, Pennicillium e Fusarium, mentre altri generi hanno minor importanza (Claviceps, Alternaria, Cladosporium, e Rizopus). Si tratta di muffe che si sviluppano con formazioni pulverulente bianche, verdastre o nere sugli alimenti, in particolare sulle derrate alimentari,

(9)

9

come cereali e frutta secca, e sugli alimenti per il bestiame, come foraggi, insilati e farine di estrazione.

Al momento sono note più di 300 micotossine, e per circa 60 di esse è stata individuata una potenziale tossicità: per questo sono sottoposte all’attenzione dell’Autorità Sanitaria preposta alla tutela della salute pubblica; soprattutto le Aflatossine, le Ocratossine, le Fumosine, la Patulina, i Tricoteceni, e lo Zearalenone (Bottalico, 2002). Essendo prodotte da un ampio spettro di specie fungine, sono caratterizzate da strutture chimiche assai differenziate: con le Aflatossine che presentano una struttura eterociclica altamente ossigenata, le Ocratossine che presentano una struttura cumarinico derivata, e i Tricoteceni che possiedono una struttura molto simile tra loro, caratterizzata da quattro anelli condensati, con gruppi alcolici ed esterei ed un gruppo epossidico a cui si deve la loro tossicità.

I fattori principali coinvolti nella produzione delle micotossine si possono suddividere in estrinseci ed intrinseci. I primi riguardano le condizioni che favoriscono lo sviluppo di tali funghi, i secondi riguardano invece la capacità del ceppo fungino di produrre micotossine (Huwig et al., 2001). I fattori fisici come la temperatura e l’umidità influenzano la presenza di una o più specie fungine, determinando la conseguente contaminazione da parte di una o più micotossine, sia in campo che nella fase di stoccaggio (D’Mello et al., 1997). Infatti generalmente la temperatura e la disponibilità di acqua (Aw) rappresentano i fattori promotori di crescita per le specie fungine. La maggior parte dei funghi tossigeni è costituita da microrganismi aerobi che sono in grado di moltiplicarsi a valori di Aw tra 0,80 e 1 (Ominski et al., 1994). Il range di pH ottimale è compreso tra 5,0 e 7,0 ma la produzione di micotossine sembra maggiore con pH acidi

(10)

10

(O’Callaghan et al., 2006). Per quanto riguarda le caratteristiche intrinseche degli alimenti che favoriscono la contaminazione da micotossine, in generale si basano sulla loro costituzione ricca di carboidrati e lipidi. Tra i fattori biologici si considera il ciclo di riproduzione e di sviluppo che lega la specie fungina alla pianta, o meglio alla loro interazione (Miller, 1995). Anche i danni alle cariossidi e le lesioni sulle granelle costituiscono una via d’ingresso per i funghi; essi sono dovuti a trebbiatura di granella troppo secca, all’azione di grandine, oppure all’azione invasiva di insetti, uccelli e roditori (Aibinio et al., 1999). Si è calcolato che nel mondo il 25% dei raccolti è soggetto alla contaminazione da micotossine nelle varie fasi che vanno dalla produzione, alla lavorazione, al trasporto ed immagazzinamento. È importante ricordare che le tecniche di lavorazione degli alimenti e le procedure di cottura non riescono ad abbattere le tossine se presenti nella materia prima o nell’alimento (Monaci et al., 2005). Infatti molte tossine sono termostabili fino a 150° C e resistenti a trattamenti vari, quali l’essiccazione, (Ceruti et al., 1993), la cernita, la molitura, la radiazione, l’estrazione e la fermentazione, che pur diminuendone la presenza non sono in grado di distruggerle del tutto (Argentiere, 2002). Talvolta le micotossine riescono a sopravvivere nelle derrate alimentari nonostante la muffa abbia cessato il suo ciclo vitale o sia stata rimossa dalle tecniche di lavorazione usate. Questo ci dimostra che l’assenza del fungo micotossigeno non implica l’assenza di micotossine e viceversa (Ceruti et al., 1993).

Gli alimenti che risultano più suscettibili alla contaminazione da micotossine sono i cereali: mais, frumento, riso, orzo, segale; i semi oleaginosi come le arachidi, semi di girasole e semi di cotone; la frutta secca, i legumi, il caffè, il cacao e le spezie; sono presenti anche in

(11)

11

formaggi ed insaccati, sia durante la fase di lavorazione che in quella di conservazione. La contaminazione può essere anche indiretta quando le micotossine contaminano parti edibili di animali d’allevamento e/o nei prodotti derivati da queste, con il fenomeno noto come “carry-over” della contaminazione da mangimi. Le sostanze contaminanti possono essere costituite sia da micotossine inalterate presenti nei mangimi che da micotossine prodotte dal metabolismo animale. E solo in parte possono essere eliminate con procedimenti tecnologici come la pastorizzazione, la sterilizzazione, o la cottura domestica. Ricordando l’importanza delle condizioni ambientali nello sviluppo di funghi produttori di micotossine ovvero il tenore di Aw e la temperatura, poichè nella conservazione delle derrate alimentari la temperatura è abbassata a valori prossimi allo zero per eliminare i microrganismi termofili più resistenti e ridurne o bloccarne lo sviluppo (Zinnai, 2013), risultano particolarmente pericolosi i ceppi fungini tossigeni che riescono a svilupparsi nonostante questi valori di Aw e T.

(Pennicillium expansum, fungo produttore di micotossine tra cui OTA).

(12)

12

1.2 Le Ocratossine

Una delle tossine più pericolose prodotta da muffe tossigene è l’OTA, essa è una molecola relativamente stabile, può attraversare immodificata la catena alimentare e quindi la contaminazione si può estendere ad alimenti di origine animale quale carne, latte e alimenti fermentati (Visconti, 1997). Struttura chimica delle Ocratossine:

Le ocratossine costituiscono un gruppo di derivati dell’isocumarina strettamente correlati tra loro, legati al gruppo amminico dell’L-b-fenilalanina e classificati in base alla loro origine biosintetica come pentachetidi nell’ambito del gruppo dei polichetidi (Turner, 1971). Le ocratossine furono isolate per la prima volta dopo la somministrazione ad anatroccoli, ratti e topi di cereali contaminati da funghi (Theron et al., 1966). Le ocratossine esistono in diverse forme con tossicità variabile dovuta alla dissociazione del gruppo fenolico idrossile (Marquardt et al., 1992). Esse vengono classificate in ocratossine A, B, C, a, b, 4R/S-idrossiocratossina A, Formula di struttura dell’Ocratossina A: 7- (L- β fenilalanina carbonil)-carbossi 5-cloro-3,4-diidro-8-idrossi-3R-metilisocumarina

(13)

13

10-idrossiocratossina A, ocratossina A aperta (OP-OTA) (Van der Merwe et al., 1965; Steyn e Holzapfel, 1967; Steyn, 1971; Steyn, 1984; Xiao et al., 1995;Xiao et al., 1996).

L’OTA (il 7- carbossi-5-cloro-8-idrossi-3,4 diidro-3R-metil isocumarinamide della L-b-fenilalanina) è il primo composto scoperto (isolato da coltura di

Aspergillus ochraceus, da cui poi è derivato il nome) (Van der Merweet

al.,1965; Neshiem, 1969), il più importante, il più comune e quello dotato di maggiore tossicità. Le ocratossine B (OTB) e C (OTC) sono i derivati rispettivamente declorurato ed etilestere dell’ocratossina A (OTA). L’ OTB manca del gruppo cloridrico in posizione C-5 ed è dieci volte meno tossico dell’OTA; l’OTC invece possiede una struttura ed una tossicità simile a quella dell’OTA. Gli esteri dell’ocratossina A (oltre alla già citata OTC) possiedono una tossicità simile a quella dell’OTA, mentre la tossicità degli esteri dell’OTB è pressochè nulla (Ueno, 1987). L’OTα ed i derivati idrossilati dell’ocratossina A (4R/S-OH-OTA) invece, non risultano essere tossici; al contrario, la forma aperta dell’OTA sembra possedere una tossicità simile a quella dell’OTA (Xiao et al., 1996).

Altri composti quali la melleina e la 4-idrossimelleina, che sono strutturalmente correlati alla quota diidroisocumarinaca dell’OTA, sono stati isolati dall’A.ochraceus e da altri ceppie sono ritenuti possibili precursori dell’OTA. L’OTA, e molto più raramente l’OTB, sono i soli composti ritrovati come contaminanti naturali in organismi vegetali. In generale sono anche i più stabili sopravvivendo alla maggior parte dei processi industriali alimentari (Scott, 1996). Possono essere conservati in etanolo a temperatura di refrigerazione per oltre un anno senza decremento di attività (Chu e Butz, 1970); tuttavia quando presenti in

(14)

14

soluzione, devono essere protetti dalla luce, in quanto soggetti a decomposizione (Neely e West, 1972).

Le specie di funghi principali nella produzione di OTA e OTB, e i rispettivi esteri metilici ed etilici, sono l’Aspergillus ed il Pennicillium. Le più importanti sono A.ochraceus e P.verrucosum, tuttavia esistono numerose altre specie produttrici di ocratossine, che sono molto diverse tra loro sia per la quantità di spore prodotte, che per la tossicità di queste. Altre specie di Aspergillus capaci di produrre ocratossine sono le seguenti:

A.glaucus, A.awamari, A.carbonarius, A.lacticoffeatus, A.sclerotioniger, A.malleus, A.sulphureus, A.alliaceus, A.ostianus, A.petrakii, ecc. Tra le

specie produttrici di OTA la specie A.niger fa sorgere nuove preoccupazioni poiché è utilizzata nella fermentazione dei cibi e nella produzione di enzimi (Bayman et al., 2006). La specie A.ochraceus dopo essere stata studiata è stata suddivisa in diverse sottospecie: A.cretensis,

A.flocculosus, A.pseudoelegans, A.roseoglobulosus, A.westerdijkiae

(Frisvad et al., 2004). Per quanto riguarda le specie del genere Pennicillium sono conosciute anche il P.chrysogenum, e P.nordicum .

(15)

15 FUNGHI MICOTOSSINE PRODOTTE Genere Penicillium P.patulum P.expansum Patulina P. verrucosum Citrinina, Ocratossina A Genere Fusarium F. moniliforme F. proliferatum Fumonisine F. graminearum F. culmorum F. poae F. sporotrichioides Tricoteceni, Zearalenone Genere Aspergillus A. flavus Aflatossine B1, B2 A. parasiticus Aflatossine B1, B2, G1, G2 A. versicolor A. nidulans Sterigmatocistina A. ochraceus Ocratossina A, acido penicillico, Citrinina A. clavatus Patulina Genere Claviceps C. purpurea Alcaloidi

(16)

16

L’OTA è una delle più importanti e deleterie micotossine; essa è stata isolata e caraterizzata chimicamente nel 1965. Fù scoperta in Sud Africa come metabolita tossico prodotto da Aspergillus ochraceus nella farina di mais inoculata con questo. E’ una sostanza cristallina, incolore alla luce naturale ma sotto i raggi UV assume una caratteristica fluorescenza blu. Essa ha un punto di fusione di circa 90°C e contiene approssimativamente una mole di benzene; dopo disseccamento per un ora a 60°C il punto di fusione oscilla in un range di 168-173°C. E’ poco solubile in acqua, altamente solubile in solventi polari, e in bicarbonato di sodio acquoso. In seguito ad idrolisi acida, essa produce fenilalanina ed un acido lattone otticamente attivo, l’ ocratossina α (che rappresenta il metabolita inattivo dell’OTA). Anche i batteri del rumine sono in grado di svolgere tale processo chimico. Il gruppo carbonilico della fenilalanina non è legato e così l’OTA si comporta come un acido debole (pKa=7,1) (Petzinger e Ziegler, 2000).

1.3 Tossicocinetica delle OTA

I 4 processi tossicocinetici fondamentali: assorbimento, distribuzione, biotrasformazione e processo di escrezione, e nel caso di animali di interesse zootecnico anche le modalità di passaggio dei metaboliti in carne, uova e latte (carry-over), sono responsabili degli effetti di OTA. Dopo l’ingestione orale, l’OTA viene rapidamente assorbita a livello gastro-intestinale; questo è dovuto alle caratteristiche dell’OTA (il suo gruppo fenolico e quello carbossilico sono responsabili della sua lieve acidità e della debole attività idrofilica) per cui la sua forma non ionizzata

(17)

17

attraversa la membrana lipidica per diffusione nell’assorbimento gastro intestinale (Galtier, 1974).

Negli studi sugli animali la portata dell’assorbimento varia tra il 40% nei polli e il 60% nei suini. (Galtier et al., 1981). Nei ruminanti la microflora ruminale idrolizza l’OTA ad ocratossina α, un metabolita meno tossico per cui i loro organi sono colpiti in modo molto limitato (Yannikouris et al., 2002).

Dopo l’assorbimento, l’OTA raggiunge la circolazione sistemica dove si lega all’albumina sierica e ad altre macromolecole (Galtier et al., 1981; Hult e Fuchs, 1986). La frazione non legata è pari a 0,02 % nell’uomo indicando un grado di legame proteico del 99,98% (Hagelberg et al., 1989). Grazie al legame con le proteine sieriche raggiunge gli organi bersaglio soprattutto i reni, e in misura minore il fegato; sono stati riscontrati in concentrazioni ridotte residui di OTA anche in muscolo e grasso. E’ stato dimostrato anche il suo passaggio nel latte di ratti, conigli e donne, mentre in quello dei ruminanti la presenza di OTA è ridotta in seguito alla sua degradazione ruminale (Jonker et al., 1999).

In molte specie tra cui le scimmie e gli esseri umani, la via principale di escrezione è l’eliminazione renale, mentre nei roditori sembra prevalere l’escrezione biliare.

L’escrezione biliare e il ricircolo entero-epatico di OTA glucuronidi possono avere la variabilità di interdipendenza e di interspecie. Da un punto di vista tossicocinetico l’OTA è definita “tossina rimanente” poiché ha una lunga emivita ematica seppur con differenze interspecifiche. Da studi cinetici l’emivita nel ratto e nel suino sono risultate essere rispettivamente di 5 o 6 giorni (Dietrich et al., 2005).

(18)

18

Nell’uomo l’emivita dell’OTA nel sangue è pari a 840 ore (35 giorni) dopo l’ingestione orale; è la più lunga emivita rilevata fra tutte le specie esaminate (Schlatter et al., 1996), dovuto al fatto che in esso avviene il ricircolo entero-epatico e dal riassorbimento urine dopo la filtrazione renale ed anche al forte legame con le proteine plasmatiche.

La biotrasformazione delle micotossine è un processo fondamentale per il destino che avranno nel corpo animale (Neal, 1998). Le biotrasformazioni sono considerate come i processi enzimatici (di idrolisi, riduzione, coniugazione) che mirano alla formazione di metaboliti più idrosolubili e atossici, quali ad esempio l’ocratossina α. Queste fasi si realizzano maggiormente a livello epatico, del rumine e a livello gastro-intestinale per azione della microflora che esercita un’intensa attività catalitica (Galtier, 1991).

E’ stato osservato che l’idrolisi dell’OTA ad OTAα avviene tramite l’azione dell’enzima pancreatico carbossipeptidasi A.

La già citata detossificazione dell’OTA a livello ruminale ad opera della microflora batterica qui presente non avviene nei giovani ruminanti, per l’incompleto sviluppo dei prestomaci, per cui essi sono molto più sensibili all’azione tossica di tale micotossina, come i monogastrici (Krogh, 1992). Il meccanismo biochimico che determina la tossicità renale dell’OTA è l’effetto più studiato e complesso.

Risulta che questa tossina possiede la capacità di inibire il trasporto dei fosfati e la respirazione a livello mitocondriale attraverso l’inibizione competitiva di un carrier proteico. Ci sono ipotesi di un coinvolgimento di trasportatori (proteine) che si legano a OTA. Quali siano quelli specifici per OTA rimane una questione di dibattito. Alcuni studiosi hanno riferito che il trasporto avviene esclusivamente tramite il percorso di trasporto del para

(19)

19

amminoippurato, mentre altri postulano che l’assorbimento avvenga attraverso la diffusione passiva e/o processi non vincolanti e mediati dal vettore.

L’OTA è anche un substrato per i trasportatori della famiglia ATP dipendente del trasportatore che espelle i composti fuori dalle cellule (Schrickx et al., 2005).

Questi trasportatori sono assunti per svolgere un ruolo nell’escrezione di OTA-glucuronidi da cellule epatiche e renali. Il fatto che l’OTA sia un substrato per vari trasportatori di efflusso sembra anche spiegare la tipica escrezione con il latte, come nelle femmine in lattazione (Jonker et al., 2005; Skaug et al., 2001).

Infine l’escrezione e l’accumulo renale, e quindi la tossicità, possono essere influenzate da altre malattie renali che compromettono le funzioni renali.

Vari studi hanno dimostrato che i livelli ematici di OTA sono più elevati nei pazienti con insufficienza renale cronica trattati con dialisi. (Fuchs e Peraica, 2005)

Si può aggiungere che in tutte le specie l’ocratossina e i suoi metaboliti vengono escreti fondamentalmente per via fecale ed urinaria. Il differente grado di escrezione di ciascuna via dipende dalla quantità di micotossina, e dalla sua modalità di somministrazione (Kuiper-Goodman et al., 1989). Inoltre, come già accennato l’escrezione è influenzata dalla stabilità del legame con le proteine plasmatiche e dall’intensità della circolazione entero-epatica (Hagelberg et al., 1989). Il tasso di escrezione è influenzato anche dal sesso, dall’età, e dal peso degli animali (Vettorazzi et al., 2009).

(20)

20 OCRATOSSINE L’azione tossica dell’ OTA si esplica su diversi processi enzimatici: • Metabolismo della fenilalanina • Produzione di radicali attivi dell’ossigeno (ROS) e perossidazione lipidica con modificazioni della permeabilita’ di membrana e conseguente necrosi cellulare • Alterazione dell’attivita’ mitocondriale, con alterzione nella produzione di ATP Dopo assorbimento gastrico, l’OTA si lega fortemente all’albumina e cio’ ne impedisce il metabolismo e l’escrezione ACUTA à ingestione di 2-4 mg/giorno di ocratossine determina decremento ponderale e ipofunzionalita’ renale, fino ad OCRATOSSICOSI una grave insufficienza conseguente alla progressiva nefrosclerosi CRONICAà nefropatia progressiva, tumori dell’apparato urinario, probabile immunosoppressione, interferenze nutrizionali (blocco della crescita)

(21)

21

CAPITOLO 2

2.1 Effetti delle Ocratossine sugli animali e sull’uomo La presenza di micotossine nei mangimi può avere ripercussioni sia sulla salute che sul benessere degli animali in produzione appartenenti a diverse specie e categorie, sia sulla salute dei consumatori per quanto riguarda il consumo di alimenti di origine animale, nonché degli operatori addetti alla manipolazione dei mangimi.

Premesso che, se i dosaggi assunti sono sufficientemente alti, qualsiasi specie animale può subire gli effetti negativi dell’esposizione a micotossine, è altresì importante considerare che i livelli bassi di contaminazione, presenti frequentemente nei mangimi, possono essere molto dannosi per determinate specie ed esserlo poco o niente per altre (Bailoni, 2011).

Generalmente il termine micotossicosi si riferisce a sindromi che conseguono all’ingestione, al contatto cutaneo o all’inalazione di micotossine (Zain, 2011; Bryden, 2012). Le manifestazioni acute sono rare negli animali d’allevamento; più frequenti sono gli effetti cronici che si manifestano con sintomi subdoli come riduzione dell’ingestione di cibo o rifiuto dello stesso, diminuzione delle performance produttive, conseguente anche alla riduzione dell’assorbimento intestinale e del metabolismo, e riproduttive (Baker, 1999; Gremmels, 2005; Fink-Gremmels et al., 2007).

Esistono differenze fra gli effetti delle micotossine nei ruminanti e nei monogastrici. In generale i ruminanti sono meno sensibili alle tossicosi

(22)

22

grazie al ruolo dell’ambiente ruminale del loro apparato digerente, che le detossifica; infatti alcuni ceppi batterici della microflora ruminale, utilizzano le micotossine per il loro metabolismo come fonte energetica, altri le trasformano in metaboliti meno tossici (α micotossine). Nei giovani ruminanti dove le funzioni dell’apparato ruminale, non essendo ancora ben sviluppato, non sono ancora del tutto attive, ciò non avviene (Ozpinar et al., 1999).

Gli effetti che le micotossine esercitano sui bovini variano da immunodepressione, rifiuto del cibo e diarrea, a disordini riproduttivi (effetti estrogeno- simili, aumento della vulva, prolasso vaginale o rettale) e danno epatico. Le micotossine provocano perdite delle performance produttive (del 5-10%) anche quando il fungo non è visibile, e possono provocare anche aborti e patologie respiratorie. Chetosi e dislocazione dell’abomaso possono incrementare significativamente con il consumo di micotossine. Gli effetti possono essere amplificati da stress: bovine da latte ad alta produzione o bovini all’ingrasso sono, infatti, più suscettibili. La specie invece più suscettibile è quella suina, che è praticamente sensibile in media o alta percentuale a tutte le micotossine. I suinetti sono fortemente suscettibili agli effetti delle aflatossine con conseguente danno a carico dei linfociti e dei macrofagi, il che indica una perdita dell’immunocompetenza. I suinetti svezzati, invece, sono molto sensibili ai tricoteceni (DON), e manifestazioni comuni sono rifiuto del cibo, diminuzione dell’incremento ponderale e maggior vulnerabilità alle infezioni. L’OTA è responsabile di danni a carico dei reni con perdita della funzionalità e necrosi dei linfonodi.

(23)

23

Anche il coniglio e il pollo sono spesso sensibili (nel pollame è particolarmente importante il problema micotossine dato l’elevato utilizzo nella loro dieta di mais e cruscami) (Huff et al., 1974).

Nel pollame le micotossicosi determinano, infatti, non solo perdite dovute alla riduzione delle performance degli animali, ma anche maggior suscettibilità alle infezioni e aumento della mortalità per l’effetto immunosoppressivo di molte micotossine. Nelle galline ovaiole si può osservare un calo dell’ovodeposizione e diminuzione del peso delle uova; mentre i broilers manifestano un rallentamento degli incrementi ponderali giornalieri e nello specifico, alti livelli di DON nel mangime, causano lesioni della mucosa orale, diminuzione dell’utilizzo di proteine della dieta e immunodepressione.

Per quanto riguarda il pesce allevato il discorso è opposto poiché la loro alimentazione è povera di cereali, nonostante esista oggi una tendenza a aumentare la quota vegetale nelle diete dei pesci in allevamento a discapito delle proteine di origine animale.

Anche nei cani (Beagle) sono state sperimentalmente somministrate OTA e si sono notati danni agli organi (Szczech et al., 1973). L’aumento dell’utilizzo di cereali nella realizzazione di mangimi destinati agli animali d’affezione, in particolare cane e gatto, si traduce in un maggiore rischio per queste specie di sviluppare micotossicosi. Gli studi a riguardo sono limitati, nonostante sia il gatto che il cane risultino essere sensibili all’effetto delle micotossine, le quali possono causare problemi legati all’apparato digerente (DON), al sistema immunitario, ai reni (OTA), e al fegato (aflatossine) come nelle altre specie animali. Per questo motivo le industrie mangimistiche che producono pet-food stanno cominciando ad inserire nei loro programmi di autocontrollo anche le analisi delle materie

(24)

24

prime che rilevino la presenza di micotossine al di sopra dei valori consentiti o raccomandati.

Negli equidi non sono ancora state effettuate indagini specifiche. (EFSA, 2004).

L’uomo infine è una specie abbastanza sensibile, soprattutto per l’accumulo nel tempo con la dieta.

Le sindromi tossiche causate dalle micotossine sono indicate come micotossicosi o più correttamente si dovrebbe parlare di sospette micotossicosi, dato che non sempre è possibile evidenziare un rapporto di causa-effetto inequivocabile.

In generale in relazione alle concentrazioni di micotossine presenti negli alimenti si possono manifestare nelle varie specie animali:

1) micotossicosi cliniche, acute piuttosto rare e relativamente facili da diagnosticare perché caratterizzate da sintomi riferibili alla compromissione di apparati e organi bersaglio delle specifiche micotossine in causa;

2) micotossicosi subcliniche, relativamente frequenti e difficili da diagnosticare in quanto caratterizzate soltanto da calo quantitativo e qualitativo delle produzioni ed eventualmente da patologie secondarie favorite dagli effetti immunodepressivi che alcune di esse esercitano (De Liguoro, 2012).

Alcuni effetti come quelli cancerogeni, non trovano riscontro nella realtà pratica di allevamento, per il breve ciclo di vita degli animali, ma hanno effetti molto importanti per la sicurezza delle derrate prodotte. L’esposizione dell’uomo alle micotossine sembra essere legata soprattutto all’ingestione di prodotti vegetali e solo in piccolissima parte al consumo di prodotti di origine animale (EFSA, 2004).

(25)

25

Le ricerche condotte fino ad oggi hanno dimostrato per molte micotossine (aflatossine, ocratossine, fumonisine) un sicuro effetto cancerogeno (Boorman, 1989). In taluni casi, anche in assenza di azione cancerogena diretta, il potere immunodepressore di queste molecole, potrebbe favorire l’emergenza di tumori spontanei che sarebbero altrimenti contrastati o eliminati dai normali meccanismi di difesa dell’organismo (Creppy, 2002).

Un aspetto spesso sottovalutato del problema micotossine è quello del rischio connesso all’esposizione per via inalatoria. L’inalazione di questo materiale particolato può trasportare le micotossine fino agli alveoli polmonari. Una volta negli alveoli alcune micotossine interferiscono con le difese immunitarie (es. tricoteceni), mentre altre interferiscono con la rimozione, da parte dei macrofagi, di particelle estranee (Boorman et al., 1984). Questi effetti sono potenzialmente in grado di aprire la strada ad infezioni. Allo stato attuale questo porta, soprattutto nel settore dell’agricoltura, al manifestarsi di patologie, tra cui neoplasie, polmoniti intestiziali, sindrome da polveri organiche tossiche.

2.2 Presenza di OTA in cibo e alimenti

Nel 1969 Shotwel e collaboratori, pubblicarono la prima informazione circa il contenuto di OTA nel grano a livelli di 110 -150 ng /g. Nel 1970 Scott e collaboratori pubblicarono dati sulla presenza di OTA in cereali, fagioli, e arachidi. La concentrazione di OTA in grano, avena, orzo e segale (62% di campioni positivi) risultò in un range da 30 a 27000 ng/g. La presenza di OTA nei reni di suino fu per la prima volta menzionata da Hald e Krogh nel 1972 e da Hunt e collaboratori nel 1979. Da allora più di 90 tipi

(26)

26

di alimenti sia di origine animale che vegetale, incluso il latte, sono risultati contribuire all’accumulo di OTA con l’esposizione dalla dieta.

L’OTA si ritrova in cereali, olive, fagioli, birra, vino, caffè, derivati del cioccolato, uva passa, fichi, liquerizia, legumi, semi di zucca, e thè. In genere la concentrazione media è risultata essere in un range tra 0,1 e 100ng/g. Nel pepe nero, pepe di cayenna, cardamomo, coriandolo, chili, curcuma e pepe rosso, i range vanno da 1 a 100ng/g. In orzo, avena, segale, mais, riso, miglio, sorgo, soia, fave, piselli, erba medica, noce di cocco, fieno, insilati, il range va da 1 a 100ng/g di OTA (Ostry, 2005; RASFF Portal, 2016). Tab. 3 Valori espressi: in % di campioni positivi e valori medi nei campioni positivi (Streit et al., 2012).

Nei cibi di origine animale, nei prodotti derivati dal sangue suino (soprattutto prodotti regionali), frattaglie, carne di maiale, pollo e sue

(27)

27

frattaglie, prosciutto salato, i livelli di OTA hanno range 0,1 e 1 ng/g. Le stesse quantità si trovano in fegato e reni di suino, fegato di pollo e visceri usati come ingredienti di cibi destinati all’alimentazione di cani e gatti (EFSA, 2004; Ostry, 2015; European Union, 2016).

Per quanto riguarda in particolare i prodotti di origine animale si ritiene che il rischio di assunzione di micotossine tramite la dieta sia inferiore rispetto a quello tramite i prodotti di origine vegetale.

L’EFSA ritiene trascurabile il rischio derivato da assunzione di prodotti derivati da animali la cui alimentazione sia stata preparata con mangimi contaminati da OTA (EFSA, 2006). Nell’esposizione dell’uomo ad OTA, il contributo dei prodotti di origine animale è stimato essere circa il3% del totale, raggiungendo talvolta il 10% in regioni dove si consumano prodotti carnei tradizionali (sanguinaccio, mallegato). In alcune zone d’Europa (del Nord in particolare) circa il 20% dell’esposizione è determinato dal consumo dei suddetti alimenti di origine animale (Visconti, 1997).

Nel tentativo di conoscere il contenuto di OTA nelle carni, visceri e loro derivati carnei, molte ricerche si sono incentrate sullo studio della specie suina che risulta essere quella più sensibile a contaminazione da OTA. Si è

(28)

28 visto che i suini accumulano l’OTA oltre che nel sangue e nelle frattaglie anche nel grasso e nei muscoli (Curtui et al., 2001). La presenza di OTA nelle carni suine rappresenta un problema per l’intera filiera, cioè si riscontra dalle carni fresche a quelle lavorate. Si è visto che si tratta in genere di contaminazioni dovute principalmente a muffe ocratossigene che si sono sviluppate sui prodotti durante la stagionatura. Infatti la presenza di OTA nei prodotti carnei può derivare da due tipi di contaminazione: indiretta o diretta. Nel primo caso, si tratta di una conseguenza dovuta all’alimentazione con prodotti contaminati cui sono stati sottoposti gli animali (carry-over), nel secondo caso (es. nei prodotti stagionati), è dovuta alla presenza negli impianti di stagionatura di alcuni ceppi di Aspergillus e Pennicillium, produttori di tale ocratossina (Battilani et al., 2007).

Sappiamo che nella lavorazione di alcuni tipi di insaccati vengono volontariamente sfruttate e controllate le crescite di alcuni funghi per il raggiungimento di particolari e ricercate qualità organolettiche. Dovrebbero essere testati i ceppi fungini per escludere la loro potenziale tossigenicità (Lopez-Diaz et al., 2001). Così come la loro presenza si può avere nell’aria dei locali di stagionatura, dove prodotti come i prosciutti a lunga stagionatura soggiornano a lungo, e risultano più sottoposti a tale contaminazione (Battiliani et al., 2007). Anche l’aggiunta di spezie nella preparazione può essere fonte di contaminazione di questi alimenti (Fazekas et al., 2005). In uno studio effettuato da Chiavaro e collaboratori (2002) su prosciutti italiani, i livelli di contaminazione sono risultati inferiori a quelli fissati in 1 µg/kg, e con maggiore frequenza nei tessuti esterni rispetto a quelli interni. Anche Iacumina e collaboratori, analizzando salumi provenienti dal nord Italia, hanno riscontrato che la

(29)

29

presenza di OTA non era indicativa di un rischio sanitario per l'uomo, poiché presente solo sulla superficie del prodotto e non all'interno. Allo stesso modo, Pietri e collaboratori (2006), Sorensen e collaboratori (2010), Rodriguez e collaboratori (2012), hanno rilevato la presenza di OTA sulla superficie di prosciutti iberici in fase di essiccazione. Si è accennato come in prodotti regionali carnei di suino sia maggiore la possibilità di trovare concentrazioni più alte di ocratossine; questo è dovuto al fatto che la specie suina è più sensibile all’accumulo di OTA, la quale ha una lunghezza di emivita maggiore nel suo sangue.

Alcuni rilievi fatti sul siero di suino hanno evidenziato valori di contaminazione fino a 200ng/l, sebbene i valori medi siano in realtà legati alla regione di provenienza del sangue campionato. Inoltre influiscono, nei dati rilevati per la presenza di OTA nel sangue suino, anche la provenienza geografica e l’umidità della granella al momento del raccolto, il tipo di ibrido del cereale, la lunghezza del periodo di stoccaggio e il sistema di essiccamento dei prodotti della dieta cui è sottoposto il suino (Duarte et

(30)

30 al., 2012). Anche la stagionalità, quindi il clima e le condizioni ambientali, influiscono sulla crescita dei ceppi fungini tossigeni sui raccolti. Per quanto riguarda le specie avicole i valori sierici riscontrati sono sempre più bassi di quelli del suino (Schiavone et al., 2008).

Un altro prodotto alimentare di derivazione animale sottoposto a contaminazione da OTA, molto importante nella dieta umana (oltre che animale), è il latte. La sua contaminazione (contaminazione indiretta o secretoria) è conseguente al fenomeno del carry-over a causa dei mangimi usati nell’alimentazione animale o all’inalazione di particelle contaminate (es.polveri o spore fungine), anche se oggi meno probabile grazie al miglioramento delle tecniche agricole e aziendali (Gonzales-Osnaya et al., 2008 ; Prandini et al., 2009).

Il latte può venire contaminato anche nella fase post-secretoria (contaminazione diretta), cioè la presenza di OTA si ritrova nei suoi derivati come i formaggi (maggiormente in quelli in cui i ceppi fungini vengono usati per la fermentazione come starter microbici). Nei ruminanti va evidenziato che la presenza di OTA è minore grazie alla detossificazione parziale effettuata dalla microflora ruminale che idrolizzandola ad ocratossina α, la rende meno tossica. A meno che, non si verifichino casi di ingestione di elevate quantità di tossina, o improvvisi cambiamenti di dieta, o aggiunte in essa di alte percentuali di concentrati proteici, che possono deprimere quindi la capacità ruminale di detossificazione (Skaug, 1999). Il problema di accumulo di OTA da assunzione di latte potrebbe essere importante riguardo alla sua assunzione nei bambini che ne consumano in abbondanza, (essa potrebbe superare in tali soggetti la concentrazione giornaliera di 5ng/Kg peso corporeo/giorno, valore guida, anche se la Comunità Europea non ha ancora stabilito dei limiti per l’OTA

(31)

31

nel latte e derivati). Una ricerca fatta in Italia nel 2010 su latte artificiale per bambini ha evidenziato nei campioni presi in esame una positività oltre il 70%, con livelli medi di 106 ug/l nei latti di proseguimento e 69 ug/l nei latti di primo periodo (Meucci et al., 2010).

Le uova sono un alimento non significativo per quanto riguarda la contaminazione da OTA che possono trasmettere nella dieta (Denli et al., 2008; Tangni et al., 2009).

Infine consideriamo anche la presenza di OTA negli alimenti destinati agli animali da compagnia. Il continuo aumento dell'uso di una grande quantità di ingredienti vegetali e sottoprodotti (cereali, per esempio) nelle formulazioni di prodotti secchi destinati all’alimentazione degli animali da compagnia ha enormemente favorito il rischio di intossicazione da micotossine in queste specie animali (Leung et al., 2006), dal momento che i vari processi di produzione dei pet-food non sono in grado di inattivare completamente questi metaboliti fungini. Nonostante ciò, però, la conoscenza circa gli effetti tossicologici di micotossine in cani e gatti è ancora limitata, anche se alcuni studi hanno dimostrato gravi danni alla salute in queste specie animali, con forme di intossicazione sia acute che croniche, a seconda del livello di contaminazione e la durata di esposizione.

I cani sembrano particolarmente sensibili, come già visto, agli effetti tossici dell’OTA, la quale sembra essere responsabile di gravi effetti nefrotossici e immunosoppressivi (Szczech, 1973; Songsermsakul, 2007). L’OTA è un contaminante non solo negli alimenti vegetali, ma anche in matrici di origine animale, reni e fegato, in particolare, che sono spesso utilizzati in quantità elevata dall’ industria del cibo per animali, in

(32)

32

particolare per la formulazione di prodotti umidi (Mantrella et al., 2006; Pfohl-Leszkowicz e Manderville, 2007).

Species Sample Country

(year) Mean Range Pig Ham Inner part Outer part Italy (2010) 0,24 0,98 ND-4,66 ND-12,51 Pig Paired samples per animal Kidney Liver Serbia (2006-2007) 1,26 0,63 ND-52,5 ND-14,5 Pig Dry-cured ham, paired Inner samples Outler samples Italy 0,9 3,88 ND-1,52 ND-7,28 Pig Kidneys Urinary bladder Liver Spleen Italy 25,6 10,5 4,4 0,4 23,9-27,5 9,8-11,5 3,2-5,3 0,3-0,5 Pig Paired samples per animal Kidney Muscle Southern Italy 0,29 0,024 0,01-0,9 -

Pig Salami Southern Italy - ND-0,4 Pig Muscle Portugal 0,01 ND-0,12 Turkey Muscle O,02 ND-0,04 Pig Kidney Muscle Italy - ND-3,05 Pig Paired samples per animal Kidney Muscle Denmark (1999) 0,5 0,12 ND-1,5 ND-2,9 Pig Ham Middle of ripening (5 months) End of maturation (12 months) Italy ND-2,2 ND-2,3

(33)

33 Pig Matching samples per animal Kideney Liver Muscle Romania (1998) 0,54 0,16 0,15 ND-3,18 ND-0,51 ND-0,53 Pig Liver derived patés Spain - ND-1,77 Pig Kidney France

(1997) (1998) - - ND-1,4 ND-6,1 Pig Kidney France

(1997) - ND-0,48 Pig Muscle (conventional) Muscle (organic) Denmark (1993-1994) 0,11 0,05 ND-1,3 ND-0,12 Duck Muscle Liver 0,02 0,06 ND-0,09 ND-0,15 Goose Muscle Liver 0,09 0,02 ND-0,10 ND-0,05 Turkey Muscle Liver 0,02 0,04 ND-0,11 ND-0,28 Chicken Muscle 0,03 ND-0,18

Tab. 7 Contaminazione da ocratossina (μg/kg) in tessuti animali (da Duarte et al., 2012)

(34)

34

CAPITOLO 3

3.1 Tossicità da OTA Il problema dei residui tossici nei prodotti alimentari ha assunto notevole rilievo in tema di sicurezza alimentare, in particolare il monitoraggio di contaminanti di derivazione naturale quali le micotossine è diventata un controllo di routine per l’industria agro alimentare. L’interesse veterinario per le micotossine non è limitato agli effetti sul bestiame, ma riguarda gli eventuali riflessi negativi sulla salubrità di prodotti di origine animale ai quali questi contaminanti possono trasferirsi. Perciò il veterinario d’azienda e il veterinario che controlla i prodotti di origine animale sono chiamati ad un’alta responsabilità.

Solitamente negli studi vengono analizzati gli effetti avversi di una singola micotossina, tuttavia, in natura le micotossicosi possono essere causate dalla concomitanza di più tossine nella stessa derrata alimentare (Ringot et al., 2006; Ruiz et al., 2011; Grenier et al., 2013).

A questo riguardo l’OTA è particolarmente temibile per i riflessi della sua tossicità sulla salute umana. Vari studi epidemiologici, oltre a mettere in relazione la sua presenza in prodotti alimentari e le malattie del tratto urinario, hanno evidenziato anche una correlazione con l’incidenza nell’uomo di tumori della pelvi e degli ureteri. La particolare sensibilità dei metodi di analisi disponibili per rilevare la presenza di OTA spiega perché i monitoraggi finora effettuati in Europa, Italia compresa, hanno fatto rilevare altissime percentuali di positività nel sangue umano all’esposizione alimentare tramite prodotti di origine vegetale e animale.

(35)

35

Infine un aspetto spesso sottovalutato del problema micotossine è quello del rischio connesso a contaminazione per via inalatoria. Poichè le micotossine sono poco volatili il rischio è limitato all’inalazione di materiale di origine fungina o derivante da substrati contaminati; l’inalazione di questo materiale può raggiungere gli alveoli polmonari. Ciò si è verificato maggiormente nei settori agricoli o della manifattura, dove si è ritenuto causa di manifestazioni patologiche tra cui alcuni tumori in operai del settore agricolo, sindrome da polveri organiche tossiche e polmonite interstiziale.

Ricerche hanno dimostrato che l’OTA è nefrotossica, epatotossica, embriotossica, teratogenica, neurotossica, immunotossica, genotossica, e cancerogena in molte specie con differenze di specie e sesso. La tossicità dell'OTA è legata alle variazioni delle sue concentrazioni all'interno di un organismo nel tempo (tossicocinetica), e alle sue interazioni dinamiche con i bersagli biologici e i loro effetti (tossicodinamica) (Ringot et al., 2006). Negli ultimi decenni sono stati eseguiti numerosi esperimenti in diverse specie animali per comprendere al meglio il meccanismo di tossicità acuta, sub-cronica e cronica, ed inoltre quella di cancerogenicità dell’OTA.

La Dose Letale 50 (DL50) varia soprattutto tra le diverse specie ma è condizionata anche dal sesso, dall’età e dalla taglia dell’animale; il suino risulta, però, essere la specie più sensibile con una DL50 pari a 1 mg/kg per os e le femmine risultano più sensibili dei maschi. L’ IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato l’OTA come possibile causa di cancro nell’uomo (gruppo 2b) nel 1993 basandosi su studi di carcinogenicità in molti animali (IARC, 1993).

(36)

36

L’OTA agisce come nefrotossina e carcinogeno a livello uroteliale con danno da stress ossidativo e meccanismo genotossico diretto. L’esposizione cronica a basse dosi può essere più dannosa di quella acuta ad alte dosi (Pfohl-Leszkowicz, 2007; 2009). L’esposizione all’OTA induce una soppressione della risposta immunitaria umorale e cellulo-mediata (Stoev et al., 2000). L’attività immunotossica dell’OTA mostra principalmente quadri di linfocitopenia caratterizzati da una diminuzione dell’attività delle cellule Natural Killer (NK) nei ratti (Álvarez et al., 2004), della risposta proliferativa dei linfociti T nei suini (Harvey, 1992) e della capacità batteriolitica dei macrofagi nei ratti (Álvarez et al., 2004). Vi possono essere, inoltre, il decremento dei livelli plasmatici di immunoglobuline, la deplezione degli organi linfoidi centrali e ridotta chemiotassi.

L’immunosoppressione provocata dall’OTA può essere spiegata con l’inibizione della sintesi proteica con conseguente ritardo della divisione cellulare a livello del sistema immunitario (Harvey et al., 1992).

Gli studi condotti sulla genotossicità dell’OTA e sul meccanismo d’azione non mostrano risultati univoci e certi, in particolar modo per quanto riguarda l’effetto causato dalla formazione di addotti con il DNA. Essendo il suino la specie più sensibile agli effetti tossici dell’OTA, sono stati effettuati su di esso la maggior parte degli studi in vivo relativi agli effetti della tossina in questione. La sua DL50, come si è visto, è pari a 1 mg/Kg (Harwig et al., 1983) e si ritiene che l’assunzione di ocratossine attraverso il cibo sia la più importante causa della “Nefropatia Porcina”. Negli animali adulti l’intossicazione decorre in forma prevalentemente subacuta o cronica con riduzione dell’appetito, perdita di peso e limitati fenomeni di polidipsia e poliuria, mentre solo raramente la funzionalità renale è

(37)

37

compromessa a tal punto da comportare l’insorgenza di una sindrome uremica.

Generalmente, i sintomi clinici caratteristici della nefropatia micotossica porcina sono: polidipsia, poliuria, calo della produzione, depressione, apatia e, occasionalmente, morte. A volte non si osservano questi sintomi e la patologia si scopre solo al momento della macellazione, poiché macroscopicamente i reni appaiono pallidi, rigonfi e di dimensioni aumentate (Miliçeviç et al., 2008). Oltre ad avere un effetto marcatamente nefrotossico, l’OTA può determinare nei maiali, a cui sono state somministrate alte dosi per via orale (5-10 mg/kg, livelli raramente riscontrati in natura), effetti a livello del fegato, intestino, milza e tessuto linfatico (Szczech et al., 1973). Alcuni ricercatori hanno anche evidenziato, nei cinghiali, una spiccata alterazione dell'attività riproduttiva ed effetti teratogeni; infatti sembra che l’OTA sia capace di attraversare la barriera placentare ed indurre, nei suinetti, alterazioni dello sviluppo fetale (Marquardt e Frohlich, 1992).

Per quanto riguarda gli effetti negativi provocati al sistema riproduttivo è stato dimostrato che l’OTA produce effetti negativi sulla produzione dello sperma e sulla qualità del seme dei verri a cui viene somministrata una dose giornaliera di 0,02 mg/kg per animale, anche se non sono stati osservati effetti istologici sulle celle di Leydig e sulle strutture epididimali (Birò et al., 2003).

Le specie avicole, insieme ai suini, sono gli animali più sensibili agli effetti tossici dell’OTA e la DL50 stimata è pari a 3,3 mg/kg. Tra i volatili, il più sensibile all’OTA è l’anatroccolo, mentre meno sensibili sono il pollo, il tacchino e la quaglia. In tali specie predominano, in corso di ocratossicosi, i sintomi da interessamento del comparto emopoietico (con diminuzione

(38)

38

del MCV e della concentrazione di emoglobina serica, abbassamento della percentuale di saturazione del ferro e della transferrina, anemia, inibizione dell’emopoiesi), deplezione degli elementi linfoidi della milza e della borsa di Fabrizio (Huff et al., 1979; Stoev et al., 2000) seguiti da uno sfavorevole indice di conversione degli alimenti, minore incremento ponderale, ritardato raggiungimento della maturità sessuale, riduzione della deposizione e della schiudibilità delle uova ed aumentata mortalità (Kumar et al., 2004). Nelle galline ovaiole, alimentate con mangime contaminato da quantitativi di OTA pari a 1,3-2,6 e 5,2 mg/kg, la quantità di uova prodotte decresce proporzionalmente alla dose assunta (Bauer et al., 1988).

Le attività tossiche che l’OTA manifesta nei polli sono, quindi, prevalentemente di tipo nefrotossico e immunotossico (Gentles et al., 1999). In ogni caso i più importanti problemi economici riscontrati negli allevamenti avicoli, quando i pulcini vengono alimentati con diete contaminate da OTA, sono legati ad una riduzione del consumo di mangime e conseguentemente del tasso di crescita, scarsa efficienza dell’alimentazione (Raju e Devegowda, 2000; Elaroussi et al., 2008) e aumento della mortalità (Elaroussi et al., 2006).

Il cane sembra essere una specie particolarmente vulnerabile all’OTA (Duarte et al., 2010). Per esempio, una dose giornaliera di 0,2 mg di OTA/kg di peso corporeo per 2 settimane, o una dose singola di 7,8 mg/kg p.c. di OTA, si è dimostrata fatale per giovani cani beagle (Szczech, 1973). I sintomi clinici dell'avvelenamento da OTA includono anoressia, perdita di peso, vomito, tenesmo, diarrea emorragica, aumento della temperatura corporea, tonsillite, disidratazione e prostrazione. Questi risultati sono stati confermati da un altro studio in cui i cani mostravano sintomi clinici

(39)

39

simili, a dosi di OTA comprese tra 0,2 e 3 mg/kg di peso corporeo (Kitchen, 1977). Infine il ritrovamento di OTA in tutti i campioni esaminati suggerisce che la contaminazione da OTA è più diffusa di quanto si possa immaginare negli alimenti consumati dagli animali da compagnia, dal momento che questa micotossina è un contaminante che si ritrova non solo negli alimenti di origine vegetale, ma anche in matrici di origine animale, come risultato dell'accumulo di questi composti in muscoli, organi e frattaglie (reni e fegato, in particolare), che sono spesso utilizzati in quantità elevate dalle industrie mangimistiche per la formulazione di pet food.

Attualmente poco si sa, però, sul metabolismo di OTA nei cani e ciò dovrebbe spingere ad effettuare ulteriori studi sugli animali da compagnia.

(40)

40

3.2 Nefrotossicità

Come già accennato, OTA è stata rilevata essere causa di nefropatia in suini e pollame; è implicata in malattie renali dell’uomo come la nefropatia Balcanica endemica (BEN), patologia renale che si verifica endemicamente in regioni della Penisola Balcanica (Pfohl-Lezkowicz et al., 2002; Fuchs et al., 2005), e la nefropatia cronica interstiziale verificatasi in Tunisia (Maaroufi et al., 2005), e nei paesi del Nord Africa (Wafa et al., 1998). La similitudine delle alterazioni riscontrate nella nefropatia suina e nella BEN umana porta a ritenere che esista un agente causale comune, dopo vari studi identificato nell’OTA.

Le lesioni al rene sono state osservate nei tubuli prossimali. Le cellule epiteliali sono danneggiate con perdita di integrità della membrana, e la dimensione e la densità dell’orletto a spazzola sono ridotti. La cromatina si condensa e la membrana nucleare scompare. Le immagini istologiche mostrano un allargamento della membrana tubulare e la presenza di fibre collagene (World Health Organisation, 1965).

La BEN all’inizio è caratterizzata da una modificazione delle cellule epiteliali senza alcun cambiamento di taglia dell’organo. Dopo esposizione cronica, i reni sono ridotti e la più importante espressione è la fibrosi interstiziale. Allo stadio finale il danneggiamento delle funzioni renali porta a enzimuria (Plestina et al., 1991), poliuria, accompagnata da lingua rossa, sete, e gusto amaro. Non si osserva né edema, né ipertensione. Altri sintomi riscontrati sono mal di testa, dolore lombare, astenia, e anemia (deficienza di ferro). Anche i parametri biochimici cambiano: glicosuria, proteinuria (0,15-0,5 g/24h), alcalinizzazione dell’urina, aumento di

(41)

41

creatinina nel sangue, e un incremento di IgM e IgE (Stefanovic et al., 1991; Plestina, 1992).

Nel 1976 e 1983 la IARC valutò per la prima volta il rischio cancerogeno da OTA per l’uomo. In quel periodo nessun rapporto su casi di cancro o studi epidemiologici erano a disposizione (IARC, 1976; 1983). Nel 1987 la IARC classificò l’OTA nel Gruppo 3 (non classificabile come cancerogeno). Nel 1993 a causa di numerose evidenze di carcinogenicità da OTA rilevate in studi in animali da esperimento e non solo, è stata classificata nel Gruppo 2B (possibile cancerogeno umano). A oggi nuove informazioni riguardo a ciò (formazione di danni al DNA da OTA), il suo ruolo nello stress ossidativo, e l’identificazione di fattori epigenetici che evolvono in carcinogenesi da OTA, potrebbe confermare questo e portare ad una nuova classificazione delle OTA, perciò non sembra improbabile che passi al Gruppo 2A (probabile cancerogeno per l’uomo) o per l’opinione dei ricercatori anche nel Gruppo 1 (cancerogeno per l’uomo) (IARC, 2016).

3.3 Biomarker per OTA

Un biomarker di esposizione è una misura biologica correlata con la quantità di xenobiotico a cui viene esposto un organismo (Turner et al., 2012).

L’OTA nel latte (campionamento non invasivo), nel siero (campionamento invasivo), nelle urine (campionamento non invasivo), e nei reni umani (campionamento post mortem o dopo nefrectomia), sono qualificati come biomarker di esposizione a OTA (Duarte, 2011).

Una revisione dei dati di letteratura scientifica riguardo l’esposizione all’OTA ha mostrato livelli di esposizione pari a 0,15-18,0 ng/ml nel

(42)

42

sangue, 0,002-13,1 ng/ml nel latte materno e 0,013-0,2 ng/ml nelle urine (Soto et al., 2015).

Le EDI (exposure daily intake) calcolate per OTA nel sangue hanno mostrato un range tra 0,15-26 ng/kg bw /day e sono risultate più alte rispetto a quelle ottenute per le urine (0,017-0,4 ng/kg bw/day). Tutti questi valori sono stati messi in correlazione con i range di EDI per OTA estrapolati dai prodotti alimentari che risultano pari a 0,0001-25,2 ng/kg bw/day (Soto et al., 2015). 3.4 OTA nel sangue umano Negli ultimi decenni l’OTA è stata rilevata nei campioni di sangue umano su scala mondiale. Scott (2005) ha definito l’OTA nel siero di sangue come biomarker univoco di esposizione a OTA per la sua alta affinità di legame per le siero albumine o per altre piccole proteine, e che quindi risulta più elevata nel siero e presente in questo tipo di campione più a lungo (Scott, 2005). Generalmente la determinazione di OTA nei campioni di sangue resta il metodo base per monitorare l’esposizione dell’uomo a OTA, che è sempre presente nel siero / plasma di sangue e indica la continua esposizione alla tossina proveniente principalmente dall’assunzione di alimenti. I vantaggi derivanti dal monitoraggio di OTA nel sangue di persone sane consiste principalmente nel riscontrare livelli relativamente elevati di OTA rispetto alla determinazione di quelli nelle urine. Il rilevamento di OTA nel sangue integrerà l’esposizione in periodi più lunghi, mentre l’analisi dei biomarcatori nelle urine sembra meglio riflettere le variazioni quotidiane dell’esposizione di adulti e bambini (Ali N., 2014).

(43)

43

3.5 OTA nelle urine

L’urina è la via di maggior escrezione sia per OTA che per OTa (5-cloro-8idrossi-3 metil-1-oxo-diidroisocromo-7 acido carbossilico) nell’uomo (Ringot, 2006).

L’escrezione di OTA attraverso l’urina umana è risultata essere bassa e indipendente dalla dose ingerita.

L’assorbimento di OTA è stato descritto come dipendente dalla concentrazione libera di OTA, che è seriamente limitata dal legame di OTA all’albumina del siero.

Così il rapporto tra OTA nelle urine e l’assunzione di OTA rimane un problema complesso come nel caso di OTA nel sangue.

Per un risultato più accurato possibile si raccomanda che l’urina venga raccolta per più di 24 ore in modo da rappresentare l’escrezione durante il giorno (Warth, 2013).

Inoltre va ricordato che l’escrezione urinaria riflette principalmente la recente assunzione di micotossina, mentre le misurazioni nel plasma/siero sono più suscettibili di riflettere l’esposizione a lungo termine. 3.6 OTA nel latte umano Un’altra via di escrezione di OTA è il latte materno, per cui anche i lattanti sono esposti a OTA (Munoz, 2014) (Gareis, 1988). Tuttavia, la quantità di OTA nel latte risulta molto inferiore a quella di OTA nel sangue (di 10 volte) (Breitholtz-Emanuelson, 1993). In Italia l’OTA è stata rilevata nel latte di donne sane con varie diete quotidiane, in diverse

(44)

44

regioni. Il rapporto tra la contaminazione da OTA nel latte umano e la sua presenza nella dieta è stato esaminato, e ha confermato che l’OTA che si riscontra nel latte è associato alle abitudini alimentari materne. Le associazioni più forti sono state osservate con prodotti alimentari di origine vegetale, in misura minore con i prodotti alimentari di origine animale (Skaug, 2001). In alcuni paesi come l’Egitto, Turchia e Sierra Leone la concentrazione di OTA nel latte è risultata essere 100 volte più alta in confronto all’Europa.

(45)

45 3.7 OTA nei reni umani La presenza di OTA nei tessuti umani sembra essere diretta e sicura prova dell’esposizione dell’uomo ad essa, sebbene la misurazione di ciò in vivo è ovviamente limitata (Malir, 2012). Prendendo in considerazione la nefrotossicità di OTA, in particolare, non ci sono molti studi disponibili che hanno tentato di determinarla nei reni umani. Molte ricerche sono state portate avanti sul contenuto di OTA nei reni umani per es. in Germania, nella Repubblica Ceca in 30 casi di reni (40 % positivi/campioni rilevabili) (Ostry, 2005), e in Polonia in 19 casi di reni (78,9% positivi / campioni rilevabili) (Rosner, 2000).

Non è stata rilevata solo la presenza di OTA, ma di suoi derivati come OTHQ, OTHQ-GSH,4 OH OTA, e OTB.

E’ interessante notare che sono stati rilevati addotti di DNA con OTA nei reni. In Croazia (16 campioni) diversi campioni di reni umani ottenuti da pazienti affetti da tumore renale (o della vescica urinaria), in Bulgaria (8 campioni), in Serbia (10 campioni), in Francia (18 campioni) sono stati analizzati finora. In Croazia, il profilo di DNA di un contadino risulta essere simile al profilo di quello di maiali e polli della sua fattoria.

(46)

46 Figure 6. Summary of biochemical effects of OTA. Explanations: OTA: Ochratoxin A; OTHQ: Hydroxylquinone ochratoxin; OTB: Dechlorinated ochratoxin; LIPOX: Lipoperoxidation; Nox: Nitrogen oxide; ROS: Reactive oxygen species.

(47)

47

CAPITOLO 4

4.1 Regolamento su OTA in alimenti e mangimi. L’OTA come altre micotossine è soggetta a regolamentazione giuridica sia a livello nazionale che internazionale. La tossicità dell’OTA divenne più o meno evidente a partire dalla fine degli anni ’70. Un vero e proprio dibattito sul fatto che l’alimentazione nei mangimi e negli alimenti venisse regolamentata a livello nazionale o internazionale non sembra precedere il 1990.

Nel 2003 quando un’analisi mondiale sulla regolamentazione legale delle micotossine è stata condotta dalla FAO, il numero di paesi con limiti legali su OTA in alimenti e mangimi risultò essere 37 (rispetto a più di 76 paesi con limiti legali per le aflatossine). Questo può essere basato su due principali argomenti: in primo luogo, sin dal 2003 la ricerca ha fornito nuovi dati sugli effetti dannosi dell’OTA sulla salute umana e animale. In secondo luogo, a causa della globalizzazione dei mercati e dei mangimi, la discussione su come affrontare i rischi per la salute legati all’OTA (e ad altre micotossine) si è intensificata su un livello internazionale ed ha avuto ripercussioni sul piano nazionale.

Per il momento i limiti massimi vincolanti per l’OTA sembrano esistere solo nell’Unione Europea (EU).

A livello globale il dibattito sulla fattibilità di stabilire i limiti massimi di OTA è avvenuto presso la Commissione del CODEX Alimentarius (CAC), l’organo intergovernativo congiunto all’istituto FAO e OMS (WHO) per i piani alimentari standard.

Riferimenti

Documenti correlati

CAPITOLO 3: STRUTTURE – linee guida per la progettazione di un rifugio per gatti. 3.1

Thus, the effect of length of membership in models 1 and 2 is probably explained by the fact that early entry into the Union gave a country’s citizens a high identification with

Valentino (1984) sul tema dell’adeguamento dei salari all’inflazione siglato con il governo Craxi dalla CISL ma non dalla CGIL: la rottura tra le confederazioni venne di fatto

Alcuni testi, ad esempio, iniziano su una carta e terminano in calce alla precedente, sfruttando un piccolo spazio lasciato bianco, mentre altri sono frammentati in più parti

Co-organised with Fudan University’s Fudan Institute of Belt and Road & Global Governance, the HLPD brought together academics, researchers, policy-makers, former

Come si è scritto, vi sono contenute tante piccole, ma opportune, concessioni economiche e normative: 15 milioni per il welfare dello studente (art. 2), il potenziamento

Frequenza respiratoria (categoria) all’arrivo del personale di emergenza sulla scena Ordinale RTS 4 = 10–29 (normale) RTS 3 = >29 (veloce) RTS 2 = 6–9 (lento) RTS 1

In chapter 3, I investigated how age differences between spouses vary across the world and how the shares of hypergamous, homogamous and hypogamous marriages are associated with