• Non ci sono risultati.

L'impulsivita' e disordini psichiatrici

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'impulsivita' e disordini psichiatrici"

Copied!
56
0
0

Testo completo

(1)

Corso di Laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche

IMPULSIVITÀ E DISORDINI PSICHIATRICI

Relatore: Canditato:

Prof.ssa Claudia Martini Scollo Carla

Anno Accademico 2007

UNIVERSITÀ DI PISA

Facoltà di Farmacia

Corso di Laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche

IMPULSIVITÀ E DISORDINI PSICHIATRICI

Relatore: Canditato:

Prof.ssa Claudia Martini Scollo Carla

Anno Accademico 2007-2008

Corso di Laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche

IMPULSIVITÀ E DISORDINI PSICHIATRICI

Relatore: Canditato:

Prof.ssa Claudia Martini Scollo Carla

(2)

i

INDICE

RIASSUNTO………. 3

1 INTRODUZIONE………... 6

1.1 DEFINIZIONE D’IMPULSIVITA’………... 7 1.2 Fattori eziologici ………... 7 1.2.1 Ipotesi genetica ………...……...7

1.2.2 Ipotesi e correlati biologici………...7

1.2.3 Ipotesi comportamentali………... 8

1.2.4 Ipotesi cognitiva………... 8

1.2.5 Ipotesi psicodinamica………... 8

1.2.6 Aspetti classificativi e diagnostici………... 9

1.3 MISURE SELF-REPORT E DI LABORATORIO DELL’IMPULSIVITA’... 12

1.4 CIRCUITO NEUROANATOMICO DELL’IMPULSIVITA’………... 17

2 LA MODULAZIONE DELL’IMPULSIVITA’ CON SOSTANZE NEUROATTIVE... 20

2.1 Stimolanti (cocaina,amfetamina)………... 21

2.2 Oppiacei(eroina,metadone)………... 23

2.3 Alcool………... 25

2.4 MDMA………... 26

3 L’IMPULSIVITA’ NEI DISORDINI PSICHIATRICI………... 27

3.1 ADHD………... 27

3.2 Gioco d’azzardo………...…... 29

4 POPOLAZIONE AD ALTO RISCHIO DI IMPULSIVITA’………... 33

4.1 L’impulsività durante l’adolescenza e in adolescenti con genitori SUD... 33

(3)

ii

5.1 Il coinvolgimento dei recettori dei cannabinoidi, della dopamina,

del glutammato, della noradrenalina, della serotonina nell’impulsività... 34

5.2 Studi di associazione genetica dell’impulsività con fattori di rischio per il SUD... 44

5.2.1 Polimorfismi a livello dei recettori della dopamina... 46

5.2.2 Polimorfismo a livello del trasportatore della serotonina (5-HTTLPR)... 47

5.2.3 Polimorfismo a livello delle monoaminossidasi A (MAO A) e a livello delle COMT... 48

5.2.4 Polimorfismi a livello dei recettori della serotonina (5-HT)... 49

5.3 Polimorfismi coinvolti nello sviluppo dell’ADHD... 49

6 CONCLUSIONI... 54

(4)

3

RIASSUNTO

IMPULSIVITA’ E DISORDINI PSICHIATRICI.

Introduzione

L’impulso è stato definito come “il prorompere, in genere in modo non programmato, di una spinta ad agire che possiede abitualmente le caratteristiche di precipitazione, irriflessività ed irruenza”(Frosch, 1977) oppure come un “atto compiuto in modo improvviso, senza precedente riflessione, non intenzionale, che di regola esprime una tendenza che non può essere inibita o lo è molto difficilmente, anche se in contrasto con tratti della personalità o del carattere” (Dalla Volta, 1974). Quando la mancanza di controllo determina comportamenti nocivi per la salute dell’individuo e dell’ambiente, l’impulsività diventa un tratto caratteristico di comportamenti quali la schizofrenia ( improvvisa spinta incontenibile che può passare all’azione), l’ossessività (ripetitività continua di una determinata azione), cerimoniali (azioni apparentemente irragionevoli).

Scopo della tesi

L’obiettivo di questo lavoro è stato lo studio della letteratura relativa all’impulsività patologica, sia da un punto di vista clinico che biologico, evidenziando tutte le problematiche a cui vanno incontro i soggetti affetti da questa patologia e tutti i meccanismi biologici che sono alla base dell’impulsività, con lo scopo di fornire informazioni utili per un futuro approccio sperimentale nell’ambito delle ricerche genetiche, neurobiologiche e farmacologiche.

Eziologia

L’eziologia del Disturbo del Controllo degli Impulsi non è stata chiarita, vari studi dimostrano una componente genetica ed alterazioni di principali sistemi neurotrasmettitoriali.

Valutazione

L’azione impulsiva nell’uomo è valutata con l’ausilio di questionari self-report, che includono Barratt Impulsivity Scale (BIS), Impulsivity-Venturesomeness-Empathy Scale (IVE), Tridimensional Personality Questionnaire (TPQ), Temperament and Character Inventory (TCI) and Sensation Seeking Scale (SSS). Questi questionari valutano il carattere, la personalità ed il modo in cui

(5)

4

l’individuo potrebbe comportarsi in determinate situazioni. Le valutazioni self-report hanno condotto allo sviluppo di test di laboratorio indirizzati allo studio dei controlli inibitori del comportamento (Iowa Gambling Task, Stop Signal Task, Stroop Task, Delay Discounting Task, Risky Gains Task e Matching Familiar Figures Task).

Aree celebrali

Le aree cerebrali maggiormente coinvolte nell’impulsività sono state mappate nei roditori. La loro mappatura ha permesso di scoprire il coinvolgimento della corteccia prefrontale e di altre regioni cerebrali, in particolare dell’area limbica e striatale, nell’azione impulsiva. Inoltre è stato scoperto un legame della corteccia prefrontale con le strutture primarie sottocorticali del nucleo accumbens, responsabile della modulazione del comportamento.

L’impulsività è spesso associata ad un tratto caratteriale quale l’impazienza. E’ infatti evidente la sovrapposizione tra i pathways neuronali che modulano sia l’impazienza che l’impulsività, sebbene sia stato osservato che aree diverse del cervello modulano forme diverse di impulsività.

Neurofarmacologia dell’impulsività

Studi di associazione genetica hanno identificato un numero di variazioni genetiche implicate nello sviluppo dell’impulsività. Sono evidenti dei polimorfismi a livello dei recettori della dopamina D2, D3, D4, D5 e a livello del trasportatore DAT; altri polimorfismi sono presenti a livello del gene che codifica per il recettore della serotonina (5-HT), a livello del suo trasportatore (5HTTLPR) e a livello degli enzimi preposti alla degradazione delle amine biogene (monoaminossidasi A e catecoloO-metiltransferasi).

L’impulsività e l’uso di sostanze d’abuso

L’impulsività è inoltre correlata all’uso di sostanze d’abuso. Vari studi hanno evidenziato che l’uso cronico di sostanze psicoattive può causare danni al cervello e predisporre l’individuo all’impulsività. L’impulsività può essere infatti usata come marker di vulnerabilità per le sostanze d’abuso.

(6)

5 Conclusioni

L’impulsività ha indubbiamente un origine complessa. Alla base ci sono fattori genetici, biologici, ambientali che si manifestano in disordini cognitivi e comportamentali. E’ stata osservata una correlazione tra l’impulsività e l’abuso di sostanze psicoattive. I meccanismi biologici e recettoriali coinvolti in questo disordine non sono ancora ben stabiliti, ma per un futuro approccio sperimentale sarebbe interessante approfondire lo studio di farmaci che hanno come bersaglio d’azione il recettore della serotonina 5-HT2A e il gene SLC6A3 che codifica per il trasportatore della dopamina.

(7)

6

CAPITOLO 1

1 INTRODUZIONE

1.1 DEFINIZIONE D’IMPULSIVITÀ

L’impulso è stato definito come “il prorompere, in genere in modo non programmato, di una spinta ad agire che possiede abitualmente le caratteristiche di precipitazione, irriflessività ed irruenza” (Frosch, 1977) oppure come un “atto compiuto in modo improvviso, senza precedente riflessione, non intenzionale, che di regola esprime una tendenza che non può essere inibita o lo è molto difficilmente, anche se in contrasto con tratti della personalità o del carattere” (Dalla Volta, 1974). In altre parole si tratta di una brusca, improvvisa spinta incontenibile che può passare all’azione come si evidenzia in molte patologie (schizofrenia), può manifestarsi in modo continuo (ossessività) e con azioni apparentemente irragionevoli (cerimoniali).

Innanzi tutto è importante distinguere l’impulso dalla coazione. I comportamenti coatti o compulsivi sono infatti contraddistinti da una tendenza continuativa, incoercibile a compiere azioni apparentemente irragionevoli, tendenza che manca nei disturbi dell’impulso. Esiste negli impulsivi un netto divario tra rappresentazione dell’impulso ed effettiva esecuzione (il soggetto ossessivo può ad esempio pensare di uccidere una persona ma sicuramente non lo farà). Mentre nella persona ossessiva l’impulso appare egodistonico, ovvero incompatibile con i principi etico-morali del soggetto, nel soggetto impulsivo esso viene avvertito come egosintonico, con la conseguenza di poter essere più facilmente tradotto in azione anche quando pericoloso.

L’impulso è innescato da uno stimolo (ambientale o somatopsichico), deriva da un bisogno originato dal perturbarsi dell’equilibrio omeostatico e ha come conseguenza l’azione (stimolo-risposta).

Ippocrate (450-355 a.C.) aveva già parlato di personalità collerica, Esquirol (prima metà dell’Ottocento), nel Des maladies mentales, aveva descritto l’impulsività come tratto costitutivo delle cosiddette monomanie, quali la cleptomania (impulso a rubare oggetti), la piromania (impulso ad appiccare il fuoco alle cose), la dromomania (impulso irresistibile a camminare e viaggiare). In definitiva l’impulsività è considerata una disfunzione associata ad un’azione che può essere violenta o criminale, può indurre al suicidio o può portare allo svolgimento di azioni inappropriate. Nell’impulsività è evidente che il meccanismo di controllo inibitorio è soppresso a seguito di un danno al cervello o di una disfunzione dovuta alla malattia. Come vedremo bene in seguito c’è una

(8)

7

certa correlazione tra l’impulsività e l’uso di sostanze psicoattive. L’impulsività può insorgere attraverso due meccanismi di cui uno non esclude l’altro, impulsività come conseguenza dell’uso di sostanze psicoattive oppure l’impulsività come causa dell’uso di sostanze psicoattive.

Da vari test come IGT (Iowana gamblin task) è emerso che i soggetti con elevata impulsività hanno dei problemi nei processi decisionali. Soggetti con elevata impulsività mostrano una debolezza nell’imparare a discriminare i comportamenti puniti da quelli premiati, al fine di prendere decisione appropriate.

Quindi si può dedurre che l’elevata impulsività è associata con un deficit del

processo decisionale (Pancheri e Cassano, anno 2002).

1.2 FATTORI EZIOLOGICI

Ipotesi genetica

Secondo tale ipotesi, sostenuta da studi eseguiti sui gemelli, sembra che l’impulsività possa avere una componente ereditaria (Pancheri e Cassano, anno 2002).

Ipotesi e correlati biologici

In portatori di lesioni cerebrali frontali è stata riscontrata una difficoltà nel controllo degli impulsi durante l’esecuzione di test psicologici. Una disfunzione celebrale minima precederebbe la comparsa, in taluni casi, del disturbo degli impulsi.

Nei soggetti impulsivi è stata riscontrata una prevalenza emisferica destra e un’alterazione del metabolismo della serotonina (5-HT). Il ruolo di questo neurotrasmettitore è stato invocato nel determinismo sia delle manifestazioni aggressive che di quelle impulsive; in entrambe sarebbe presente una riduzione dell’attività serotoninergica. Ciò troverebbe conferma nella minor quota di acido 5-idrossindolacetico (catabolita terminale della serotonina) individuata nel liquido cerebro-spinale di soggetti con manifestazioni di violenza. La diminuita attività della 5-HT dà luogo a disinibizione e di conseguenza, ai comportamenti anomali sopra citati. Poiché la serotonina favorisce anche l’incremento dei livelli ematici di prolattina e cortisolo (CRH-ACTH), non si può escludere l’eventuale coinvolgimento di tali fattori ormonali nella genesi delle alterazioni comportamentali in questione. Nelle situazioni di impulsività sarebbe d’altra parte minore la capacità della fenfluramina (agonista diretto della serotonina) di ridurre i livelli plasmatici di prolattina.

(9)

8

L’espressione di comportamenti impulsivi è regolata anche dai sistemi dopaminergici e noradrenergici, dalla monoaminossidasi A (MAO-A), dal glutammato e dai cannabinoidi (Pancheri e Cassano, anno 2002).

Ipotesi comportamentali

L’apprendimento di risposte rinforzate può riguardare anche comportamenti patologici e partecipare alla genesi dei disturbi del carattere. In alcuni disturbi l’agire impulsivo può avere un ruolo importante nel ridurre lo stato di disagio-tensione; ciò contribuisce a rinforzare il comportamento impulsivo che viene per tanto mantenuto. Inoltre i soggetti impulsivi, in risposta alla frustrazione e alla punizione, rispondono con l’azione, senza riflettere. Tale modalità reattiva interferisce con l’apprendimento, compromette la capacità di evitamento e conduce ad un comportamento compulsivo (Pancheri e Cassano, anno 2002).

Ipotesi cognitiva

Nei bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) è possibile osservare un difetto nell’ eseguire compiti complessi che richiedono discriminazione percettiva, inibizione della risposta impulsiva e mantenimento di una serie di incombenze.

Sono bambini che hanno uno scarsissimo orientamento al compito, quando sono in classe sembrano “sognare ad occhi aperti” e spesso passano da un’attività all’altra senza averne completata alcuna.

Esisterebbe cioè un’incapacità a mantenere l’attenzione e a inibire una risposta impulsiva in situazioni sociali che richiedono uno sforzo focalizzato, riflessivo, organizzato ed auto-diretto (Pancheri e Cassano, anno 2002).

Ipotesi psicodinamiche

Tali ipotesi risultano dal lavoro teorico-clinico di vari autori.

Secondo la teoria psicoanalitica freudiana lo sviluppo dell’Io e quello libidico si realizzano e completano quando il soggetto diviene capace, oltre che di indipendenza di giudizio e di intervento sulla realtà, di controllare gli impulsi. Attraverso le varie fasi dello sviluppo si compie l’evoluzione dell’individuo, da bambino incapace di procrastinare il soddisfacimento del bisogno, diventa adulto, in grado di sopprimere temporaneamente il soddisfacimento o di spostare la meta dell’istinto su un altro oggetto. La concomitanza di pulsioni contrapposte genera

conflitti e se questi non vengono risolti si verifica un eccessivo intervento dei

meccanismi di difesa, che scateneranno la nevrosi.

In passato le nevrosi impulsive venivano considerate a metà strada tra normalità e patologia, ponendo l’attenzione verso:

(10)

9

Il difetto del super-IO, nato nell’età infantile, causato dall’alternarsi di momenti di piacere con altri di punizione e disillusione a opera di genitori disturbati (Reich);

La debolezza dell’IO, manifestato nel respingere gli impulsi inconsci e tentare di consentire la realizzazione attraverso il comportamento

impulsivo sintomatico (Alexander);

L’inibizione dell’evoluzione del linguaggio a favore dell’uso del corpo e dell’azione come mezzo espressivo (Greenacre);

Il livello di fissazione (orale o cutaneo), fattori costituzionali ed esperienze traumatiche precoci (Fenichel).

Attualmente la patologia che sta alla base dei disturbi impulsivi è stata ritenuta affine a quella dei cosidetti stati limite, nei quali l’IO non riesce a sovrastare l’ansia. Inoltre esiste una notevole quota di aggressività libera che tende al passaggio all’azione e con carente fusione tra pulsioni libidiche e aggressive; i meccanismi di difesa prevalenti sono l’introiezione e la proiezione.

E’ importante sapere che l’introiezione è la proiezione sono dei meccanismi di difesa dell’IO; per introiezione si intende incorporare sentimenti,atteggiamenti e pensieri altrui, mentre nella proiezione si tende a proiettare le cause delle proprie delusioni in altre persone.

Nel nevrotico impulsivo è più evidente il contatto con il principio di realtà, nell’impulsivo psicopatico prevale la coazione a ripetere (Pancheri e Cassano, anno 2002).

Aspetti classificativi e diagnostici dell’impulsività

Secondo il DSM-IV (American Psychiatric Association) le principali classificazioni dei Disturbi del Controllo degli Impulsi si basano su:

l’esistenza di diversi tratti di carattere, da quello pulsionale, contraddistinto “dall’agire più o meno disinibito”, a quello psicopatico

impulsivo più grave, con spiccate note di aggressività, fino a quello nevrotico impulsivo con comportamento simile a quello nevrotico

ossessivo grave (Michaels);

• le modalità diverse attraverso le quali l’impulso si manifesta: azioni

esplosive (improvvise nell’insorgenza e che scompaiono in tempi molto

brevi) e a corto circuito (nelle quali colui che agisce, pur avendone il tempo, non opera una scelta) (Kretschmer);

• l’incapacità di resistere ad un impulso, ad un desiderio impellente o alla tentazione di compiere un’azione pericolosa di per sé o per gli altri;

• un comune senso di tensione o di eccitazione crescente prima di commettere l’atto;

(11)

10

• gratificazione o sollievo al momento in cui viene commesso l’atto;

• un’ esperienza frequente di piacere, dopo l’azione vi può essere rimorso o auto-riprovazione (Pancheri e Cassano, anno 2002).

(12)

11

Nella figura 1 appare evidente come il comportamento impulsivo sia presente in vari disordini psichiatrici. Quindi riuscire a curare l’impulsività significherebbe curare vari disordini psichiatrici (Pancheri e Cassano, anno 2002).

La disponibilità di modelli preclinici ha permesso di misurare e diagnosticare le varie forme di impulsività nei roditori. Il modello animale di roditore che misura l’inibizione dell’azione è il 5choice serial reaction time task (5CSRTT).

Questo esperimento è stato sviluppato originariamente per misurare l’attenzione visiva e spaziale. In questo esperimento i roditori devono dare una risposta individuando in tempi brevi (5 secondi) i lampi di luce in una delle 5 aperture per ricevere come premio del cibo.

Il numero di risposte “premature”, cioè precedenti lo stimolo visivo, rappresenta una misura dell’impulsività.

Figura 2: 5 choice serial reaction time task

Esistono vari test che misurano l’impazienza. I ratti di solito in questi test si trovano di fronte a due opzioni: possono scegliere una piccola e immediata quantità di cibo o una grande ma ritardata quantità di cibo. Gli individui impulsivi tenderanno a scegliere una piccola ma immediata quantità di cibo.

Molti lavori sul comportamento impulsivo sono stati fatti usando il 5CSRTT. Questi studi sono stati importanti per valutare le basi dell’impulsività a livello

(13)

12

neuronale e farmacologico, ma si deve tener conto che l’impulsività coinvolge molti parametri. Per questo motivo l’azione impulsiva è valutata, come vedremo in seguito, anche con l’ausilio di altri esperimenti (Pattij et al., 2008).

1.3 MISURE SELF-REPORT E DI LABORATORIO DELL’IMPULSIVITÀ

L’azione impulsiva nell’uomo è valutata con l’ausilio di questionari self-report che includono: Barratt Impulsivity Scale (BIS), Impulsivity-Venturesomeness-Empathy Scale (IVE), Tridimensional Personality Questionnaire (TPQ), Temperament and Character Inventory (TCI) and Sensation Seeking Scale (SSS). Questi questionari valutano il carattere, la personalità ed il modo in cui l’individuo potrebbe comportarsi in determinate situazioni. Le valutazioni self-report hanno condotto allo sviluppo di test di laboratorio indirizzati allo studio dei controlli inibitori del comportamento.

Questi test di laboratorio sono: Iowa Gambling Task (IGT), Stop Signal Task(SST), Stroop Task (ST), Delay Discounting Task (DDT), Risky Gains Task (RGT) e Matching Familiar Figures Task (MFFT).

Figura 3: Iowa Glambling Task

Iowa Glambling task (figura 3).

In questo test il soggetto è sottoposto a 100 prove successive in cui può scegliere delle carte in 4 mazzi (A, B, C, D). Lo scopo del test è quello di guadagnare più soldi possibili. I mazzi A e B offrono una grande vincita, di circa $ 100, ma è possibile che si presenti anche una grossa perdita, mentre i mazzi C e D offrono una piccola vincita, circa $ 50 e non è possibile che si presenti una grande perdita. Quindi i mazzi C e D risultano i mazzi più vantaggiosi. I soggetti con punteggio più alto sono quelli che hanno scelto le carte dai mazzi meno rischiosi; in questo

(14)

13

test è evidente che i soggetti impulsivi sceglieranno le carte dai mazzi più rischiosi.

Figura 4: Stop Signal Task

Stop Signal Task (figura 4).

In questo test viene valutata la resistenza all’interferenza e la capacità specifica di reprimere una reazione inadeguata rispetto a stimoli non rilevanti per il compito. Questi test sono realizzati con compiti o esercizi computerizzati di Change Task, dove vengono presentate al soggetto una serie di possibili risposte di Go (circa il 75%) e Stop (in genere circa il 25%). Nelle prove di Go il soggetto deve dare una risposta in direzione della freccia premendo un pulsante del computer. Mentre nelle prove di Stop un segnale acustico, presentato a diversi intervalli di tempo prima dello stimolo visivo, deve indurre il soggetto a interrompere l’azione di pressione del pulsante. L’inibizione della risposta in seguito al segnale acustico è indice dello stop signal reaction time, cioè la durata del tempo in cui una persona riesce a trattenere il comportamento abituale (in questo caso la risposta). Questo test è spesso usato per misurare il controllo inibitorio nella diagnosi dell’ADHD e della schizofrenia.

(15)

14

Figura 5: Stroop Task

Stroop Task (figura 5).

In questo test i soggetti sono sottoposti a due tipi di prove: incongruent trial e

congruent trial. Nell’ incongruent trial ai soggetti è richiesto di leggere il colore

dell’inchiostro che non coincide con la parola (es.GIALLO). Nel congruent trial, ai soggetti è richiesto di leggere il colore dell’inchiostro che però in questo caso coincide con la parola (es.BLU). In questo test si verifica un’interferenza tra il tempo di reazione nell’incongruent e congruent trial.

Tale interferenza è spiegata con l’automazione di lettura, in quanto la mente determina automaticamente la SEMANTICA (senso della parola), questo processo ha priorità rispetto all’identificazione del colore della parola che rappresenta un processo non automatico. Questo test è utilizzato anche in psicologia per studiare la funzione frontale e per vari studi sul cervello.

(16)

15

Figura 6: Delay Discounting Task

Delay Discountig Task (figura 6).

In questo test ai soggetti è richiesto di scegliere tra due opzioni: possono scegliere una piccolo e immediato premio o un premio grande ma ritardato. Ripetendo più volte il test e poi calcolando la percentuale degli sconti, risulta evidente che la persona impulsiva sceglierà il premio immediato anche se risulta meno vantaggioso.

Figura 7: Risky Gains Task

Risky Gains Task (figura 7).

In questo test ai soggetti vengono proposti 3 potenziali guadagni in sequenza: 20, 40, 80. E’ più probabile che un soggetto riesca a ottenere 20 punti da una domanda che vale 20 punti, invece di ottenere 40 o 80 punti da domande che

(17)

16

valgono 40 o 80 punti. Quindi le domande che valgono 40 o 80 punti sono più rischiose in quanto il soggetto può vincere o perdere 40 o 80 punti. E’ evidente che il soggetto impulsivo tenderà a scegliere le domande in cui si può ottenere un maggior punteggio, anche se sono le più rischiose e quindi le meno vantaggiose.

Figura 8: Matching Familiar Figures Task

Matching Familiar Figures Task (figura 8).

In questo test ai soggetti viene presentata un’immagine con sei immagini varianti simili; solo una di queste immagini è identica ad un’altra. Il soggetto che viene sottoposto a questo test deve individuare l’immagine identica alla carta presentata. E’ evidente che il soggetto impulsivo risponderà rapidamente senza pensare, quindi la sua risposta non sarà accurata (Antonio Verdejo-Garcia et al., 2007).

(18)

17 1.4 IL CIRCUITO NEUROANATOMICO DEL’IMPULSIVITA’

Figura 9: Regioni coinvolte nell’impulsività.

Abbreviazioni: ACC, corteccia cingolata anteriore; BLA amigdala basolaterale; HAB abenula; HPC ippocampo; IL corteccia infralimbica; MS striato mediale; NAC regione centrale del nucleo accumbens; NAS regione periferica del nucleo accumbens; OFC corteccia orbitofrontale; PL corteccia prelimbica; STN nucleo subtalamico. (Pattij et al., 2008)

(19)

18

La figura 9 mostra le regioni del cervello coinvolte nell’azione impulsiva (impulsive action) e nell’impazienza (delay aversion). Diversi studi che coinvolgono vari modelli preclinici dell’impulsività hanno dimostrato che c’è una sovrapposizione nelle aree del cervello che modulano l’azione impulsiva e l’impazienza. Il circuito neuroanatomico coinvolto nell’impulsività è stato ben mappato nei roditori. Tutto ciò ha permesso di scoprire il coinvolgimento della corteccia prefrontale e delle regioni cerebrali, in particolare dell’area limbica e striata, nell’azione impulsiva. Inoltre è stato scoperto un legame della corteccia prefrontale con le strutture primarie sottocorticali del nucleo accumbens, coinvolto nella modulazione del comportamento.

In questa immagine sono presenti diverse aree cerebrali lesionate colorate in blu e rosso.Queste lesioni mostrano:

nelle aree blu a comune la mancanza di coinvolgimento di queste regioni sia sull’impazienza che sull’impulsività.

nelle aree rosse a comune l’incremento tanto dell’azione impulsiva quanto dell’impazienza;

Si deduce che l’impulsività ed impazienza possano essere modulate da pathways neuronali indipendenti.

Le aree scure indicano i ventricoli presenti nel cervello, mentre le aree grigie indicano tratti di fibre nel cervello. In questa immagine è evidente come diverse aree del cervello dissociate tra loro siano coinvolte nella modulazione dell’impulsività e dell’impazienza. Per esempio, la corteccia infralimbica (regione corticale nella corteccia prefrontale mediale, importante nell’inibizione delle strutture subcorticali e nelle risposte emotive come la paura) appare primariamente coinvolta nell’impulsività, mentre le regioni limbiche come l’amigdala basolaterale e l’ippocampo modulano i processi dell’impazienza, sebbene il loro coinvolgimento nell’azione impulsiva non sia stato ancora stabilito. Il danneggiamento della corteccia orbitofrontale, invece, produce o modifica l’impazienza ma non l’azione impulsiva.

L’impulsività è spesso associata ad un tratto caratteriale quale l’impazienza. E’ infatti evidente la sovrapposizione tra i pathways neuronali che modulano sia l’impazienza che l’impulsività, sebbene si sia osservato che aree diverse del cervello modulano forme diverse di impulsività.

(20)

19

SCOPO DELLA TESI

L’obiettivo di questo lavoro è stato lo studio della letteratura relativa all’impulsività patologica, sia da un punto di vista clinico che biologico, evidenziando tutte le problematiche a cui vanno incontro i soggetti affetti da questa patologia e tutti i meccanismi biologici che sono alla base dell’impulsività, con lo scopo di fornire informazioni utili per un futuro approccio sperimentale nell’ambito delle ricerche genetiche, neurobiologiche e farmacologiche.

(21)

20

CAPITOLO 2

2

LA

MODULAZIONE

DELL’IMPULSIVITA’

CON

SOSTANZE NEUROATTIVE.

L’impulsività è chiaramente correlata all’uso di sostanze d’abuso. Vari studi hanno evidenziato che l’uso cronico di sostanze psicoattive può causare danni al cervello e predisporre l’individuo all’impulsività.

I primi contatti con la sostanza stupefacente possono essere determinati dal carattere del soggetto; le assunzioni successive sono tuttavia provocate dall’instaurarsi della dipendenza. Il soggetto continua dunque ad assumerla in maniera continuativa, nonostante sia consapevole dei danni che essa provoca su salute, condizione economica e relazioni sociali. Tutto ciò è causato da un deficit del controllo inibitorio.

Dalle ricerche effettuate in gruppi affetti da SUD (substance-use disorder) è evidente un deficit nei vari test neurocognitivi e un’elevata impulsività nei questionari self-report. Molti studi hanno evidenziato che un uso cronico della droga causa dei problemi di self-control; tutto questo è mediato da un cambiamento di struttura della corteccia prefrontale. Questo cambiamento si verifica attraverso una via neurotossica (morte cellulare). Analizzando studi post-mortem effettuati in gruppi SUD è evidente una riduzione del volume delle regioni del cervello e della densità della materia bianca e grigia.

Una serie di studi ha evidenziato la relazione della tossicodipendenza con una riduzione della densità nel nucleo striato del recettore della dopamina D2.

In soggetti sani, individui drug-naive , il potenziale legame con il recettore D2 da parte di psicostimolanti come il metilfenidato è correlato ad una risposta soggettiva . Mentre individui con bassa densità di D2 rispondono al metilfenidato con un effetto edonico, gli individui con alta densità del recettore D2 manifestano una risposta ansiosa. Quindi individui sani che mostrano una risposta edonica al metitfenidato hanno una trasmissione dopaminergica molto simile alla popolazione SUD (Antonio Verdejo-Garcia et al.,2007).

Da alcuni studi eseguiti su animali è stata evidenziata l’impulsività come marker di vulnerabilità per le sostanze d’abuso. In questi studi i roditori sono stati divisi in gruppi a loro volta divisi in sottogruppi con alta impulsività e con bassa

impulsività in base al comportamento dei roditori. I sottogruppi con alta impulsività a differenza di quelli con bassa impulsività mostrano nello striato un

basso livello di legame del recettore della dopamina D2, rispecchiando gli effetti visti sui pazienti SUD. Inoltre sottogruppi con alta impulsività mostrano una

(22)

rapida acquisizione della droga e consumano più cocaina rispetto ai sottogruppi non impulsivi.

I ratti più giovani con

impulsività mostrano una

risposta nel nucleo accumbens

perché l’adolescenza è considerata un periodo in cui della droga. (Antonio Verdejo

2.1 STIMOLANTI (COCAINA E AMFETAMINA)

Gruppi SUD che fanno uso di psicostimolanti come la cocaina e l’amfetamina hanno evidenziato un elevato punteggio nelle misure self

Figura 10: Struttura della Cocaina La cocaina (figura 10)

famiglia delle eritroxilacee e

nell’Eritroxylum Novogranatense, due arbusti a crescita spontanea del Sud America.

L’azione gratificante della cocaina si esplica attraverso l’attivazione dei neuroni dopaminergici del sistema mesolimbico. Tali

proiettano le terminazioni nervose nelle aree del sistema limbico. Le sostanze d’abuso tendono ad interferire con

sul nucleo accumbens, una delle aree limbiche sulle qual neuroni dopaminergici di origine mesolimbica

trasportatori che ricaptano la dopamina nello spazio sinaptico, potenzia la trasmissione dopaminergi

L’abuso di tale sostanza provoca una ricerca ossessivo Poiché nel nucleo ventro

centri motori (memoria m

che conferisce un rinforzo positivo recettore della dopamina D

vasodilatazione dei vasi periferici a livello renale,

rapida acquisizione della droga e consumano più cocaina rispetto ai sottogruppi con alta impulsività rispetto ai sottogruppi adulti con mostrano una predisposizione all’uso della cocaina ed una maggiore

nucleo accumbens. Gli autori ipotizzano che questo

adolescenza è considerata un periodo in cui incrementa il rischio dell’uso (Antonio Verdejo-Garcia et al., 2007).

2.1 STIMOLANTI (COCAINA E AMFETAMINA)

Gruppi SUD che fanno uso di psicostimolanti come la cocaina e l’amfetamina hanno evidenziato un elevato punteggio nelle misure self-report .

Figura 10: Struttura della Cocaina

(figura 10) è presente come alcaloide nelle piante appartenenti alla famiglia delle eritroxilacee e in maggior quantità, nell’Eritroxylum Coca e nell’Eritroxylum Novogranatense, due arbusti a crescita spontanea del Sud L’azione gratificante della cocaina si esplica attraverso l’attivazione dei neuroni dopaminergici del sistema mesolimbico. Tali neuroni originano nel mesencefalo e proiettano le terminazioni nervose nelle aree del sistema limbico. Le sostanze ’abuso tendono ad interferire con questi neuroni. In particolare la cocaina agisce nucleo accumbens, una delle aree limbiche sulle quali terminano gli assoni dei neuroni dopaminergici di origine mesolimbica. La cocaina, oltre a bloccare i trasportatori che ricaptano la dopamina nello spazio sinaptico, potenzia la trasmissione dopaminergica e blocca la ricaptazione di noradrenalina e serotonina. L’abuso di tale sostanza provoca una ricerca ossessivo-compulsiva

ché nel nucleo ventro-mediale del mesencefalo si dipartono proiezioni d centri motori (memoria motoria associativa), la cocaina è considerata una sostanza

rinforzo positivo. La dopamina si lega a due tipi di recettori, il

recettore della dopamina D1 e il recettore della dopamina D2. Il primo provoca una vasodilatazione dei vasi periferici a livello renale, mesenterico,

21

rapida acquisizione della droga e consumano più cocaina rispetto ai sottogruppi i sottogruppi adulti con alta predisposizione all’uso della cocaina ed una maggiore questo possa spiegare incrementa il rischio dell’uso

Gruppi SUD che fanno uso di psicostimolanti come la cocaina e l’amfetamina

è presente come alcaloide nelle piante appartenenti alla in maggior quantità, nell’Eritroxylum Coca e nell’Eritroxylum Novogranatense, due arbusti a crescita spontanea del Sud L’azione gratificante della cocaina si esplica attraverso l’attivazione dei neuroni neuroni originano nel mesencefalo e proiettano le terminazioni nervose nelle aree del sistema limbico. Le sostanze articolare la cocaina agisce i terminano gli assoni dei oltre a bloccare i trasportatori che ricaptano la dopamina nello spazio sinaptico, potenzia la noradrenalina e serotonina. compulsiva

cefalo si dipartono proiezioni dei è considerata una sostanza La dopamina si lega a due tipi di recettori, il . Il primo provoca una mesenterico, coronarico e

(23)

22

cerebrale, un aumento dell’AMPciclico e un effetto disforico. Il secondo media la liberazione di prolattina dall’ipofisi provocando vomito, una riduzione dell’AMPciclico e un effetto euforico.

Nei primi dieci minuti successivi all’assunzione di cocaina si ha un’azione euforica per il rilascio di dopamina e stimolazione dei recettori D2, alla quale seguiranno ansia e disforia per stimolazione dei recettori D1. Lo stato ansioso e depresso tende a permanere per ore, a questo punto compare l’effetto craving per la sostanza, la necessità ossessiva-compulsiva di riassumere la droga.

Figura 11: Struttura dell’amfetamina

Le amfetamine (figura 11) agiscono aumentando il rilascio dei neurotrasmettitori catecolaminergici. Le amfetamine sono inoltre deboli inibitori delle monoaminossidasi, azione che potrebbe incrementare l’attività catecolaminergica. La cocaina per alcuni aspetti può essere considerata un’amfetamina maggiorata, poiché nella cocaina sono amplificati gli effetti dell’amfetamina; inoltre la cocaina induce dipendenza più facilmente rispetto all’amfetamine.

Su persone che fanno uso di cocaina e amfetamina sono stati eseguiti i seguenti test: Stop Signal Test(SST), Stroop Test(ST) e Delay Discounting Test(DDT). Nello SST e nel ST i soggetti hanno commesso un’alta percentuale di errori, mentre nel DDT i soggetti hanno dimostrato un’eccessiva percentuale di sconto. L’eccessiva percentuale di sconto in soggetti che fanno uso di cocaina dimostrata nel DDT, è simile a un gruppo di persone che non hanno fatto uso di cocaina per 30 giorni. Inoltre la somministrazione acuta di cocaina e amfetamina in volontari sani può facilitare la risposta inibitoria; questi effetti sono dose dipendenti. Nel DDT è stato dimostrato che basse dosi di amfetamina riducono l’impulsività in volontari sani, è importante notare che ci sono differenze individuali cioè risposte soggettive all’uso di stimolanti.

Per i soggetti con elevata impulsività sono aumentate le casistiche di rapporti sessuali non protetti , suicidi e uso di più sostanze d’abuso (Antonio Verdejo-Garcia et al., 2007).

(24)

23 2.2 OPPIACEI (EROINA E METADONE)

Il punteggio totalizzato nei questionari self-report dai soggetti che usano eroina è risultato elevato, rispetto a quello rilevato dalla misura della personalità. Ciò suggerisce un decremento dell’abilità nel pianificare il futuro.

Figura 12: Struttura della Morfina ed Eroina

L’eroina (diacetilmorfina) (figura 12) è una sostanza semisintetica ottenuta dall'alcaloide morfina per reazione con l'anidride acetica. La dipendenza da eroina è identica a quella da morfina, ma si instaura più in fretta e con quantitativi di sostanza più bassi. Anche le dosi letali sono più basse, per cui il rischio di overdose è maggiore. L’oppio è ottenuto per incisione della capsula del Papaver

Somniferum alcuni giorni dopo la caduta dei petali. Il lattice bianco che si addensa

lungo le incisioni diventa scuro e si indurisce. Questo lattice gommoso e scuro, l’oppio, può essere raschiato via e raccolto in una massa omogenea contenete circa venti alcaloidi, tra cui la morfina (il principale alcaloide), la codeina, la tebaina e la papaverina. Gli effetti sono del tutto analoghi a quelli della morfina; attraversata la barriera ematoencefalica l'eroina perde i gruppi acetili ritrasformandosi in morfina, la quale si lega ai recettori oppioidi delle cellule cerebrali, specialmente nel talamo e nel sistema limbico. Sono state identificate tre classi di recettori per gli oppiodi in diverse regioni del sistema nervoso centrale e periferico e in altri tessuti. Le tre classi maggiori di recettori sono µ, ∂, k. L’analgesia sovraspinale, le proprietà euforizzanti, la depressione respiratoria e la dipendenza fisica prodotta dagli oppioidi sono dovuti all’interazione con i recettori µ, mentre per i recettori k e ∂ non è chiaro quanto essi contribuiscono agli effetti analgesici.

(25)

24

A livello molecolare i recettori per gli oppioidi sono collegati alle proteine G, del tipo Gi, quindi la loro attivazione provoca una inibizione dell’adenilatociclasi e condizionano l’ingresso di ioni, la distribuzione del calcio intracellulare e la fosforilazione delle proteine. Gli oppioidi provocano una riduzione dell’afflusso di Ca2+ nei terminali nervosi presinaptici, riducendo quindi il rilascio di neurotrasmettitori; una iperpolarizzazione e inibizione dei neuroni postsinaptici, aprendo i canali del K+. Tutto questo provoca l'inibizione della trasmissione nocicettiva periferica al sistema nervoso centrale e influenza l'emotività e il comportamento. In assenza di morfina tali recettori sono bersaglio naturale degli oppioidi endogeni, in particolare endorfine e encefaline, due classi di sostanze sintetizzate dall'organismo per attenuare il dolore. L'effetto è una potentissima azione analgesica unita alla depressione del centro cerebrale preposto al controllo della respirazione. Persone che fanno uso di oppiacei non mostrano un danneggiamento generale della funzione neuropsicologica. Attraverso misure dell’impulsività cognitiva coloro che usano oppiacei mostrano una riduzione dei riflessi ed un’alta percentuale di errori SST ed una diminuzione della performance nei test che misurano il processo decisionale come l’IGT. In alcuni test fatti su un gruppo di eroinomani Russi si è visto che l’aumento del rischio di prendere eroina va di pari passo con il deficit delle funzioni esecutive e della memoria. Il profilo di coloro che usano eroina è quantitativamente simile al profilo di coloro che fanno uso di alcool. Soggetti che fanno uso di eroina sono stati sottoposti al DDT e hanno evidenziato un eccessiva percentuale di sconto.

Figura 13: Struttura del Metadone

Il metadone (figura 13) ha un profilo farmacodinamico molto simile a quello della morfina, ma la sua azione è molto più prolungata. La sua potenza analgesica

(26)

25

e la sua efficacia, per somministrazione acuta, sono sovrapponibili a quelle della morfina. Il metadone è attivo se somministrato per via orale. La tolleranza e la dipendenza fisica si sviluppano più lentamente che con la morfina. La sintomatologia della sindrome di astinenza da metadone è più lieve anche se più prolungata di quella della morfina. Queste proprietà rendono il metadone un farmaco utile nella disintossicazione e nella terapia di mantenimento dell’eroinomane recidivo. L’uso del metadone sembra diminuire la tossicodipendenza diminuendo la risposta inibitoria nei vari test. (Antonio Verdejo-Garcia et al., 2007).

2.3 ALCOOL

Il sistema nervoso centrale è influenzato marcatamente dall’assunzione acuta di alcool. L’alcool può indurre sedazione e riduzione dell’ansia, dislalia, atassia, alterazioni nelle capacità di giudizio e disinibizione del comportamento (intossicazione o ubriachezza). Individui che continuano a bere alcool nonostante le avverse conseguenze mediche o sociali, soffrono di alcolismo, un complesso disordine che sembra avere determinanti genetiche o ambientali. I costi sanitari dell’abuso di alcool sono sbalorditivi; si calcola che circa il 30% di tutti i soggetti ospedalizzati presentano problemi causati dall’alcool. Inoltre, ogni anno negli USA nascono migliaia di bambini con difetti morfologici e funzionali causati dall’esposizione prenatale all’alcool. Nonostante l’investimento di molte risorse e la grande ricerca di base, l’alcolismo rimane una comune malattia cronica difficile da trattare. L’alcool è associato ad una elevata impulsività; recenti studi hanno dimostrato che soggetti alcool-dipendenti hanno un elevato punteggio nei questionari self-report. Inoltre è evidente da parte di questi soggetti la tendenza all’azione impulsiva in risposta ad eventi o circostanze negative.

Anche studi neuropsicologici hanno evidenziato questa correlazione tra l’alcool e l’impulsività. Soggetti alcolisti hanno mostrato un incremento nella percentuale degli errori nello SST e un’alta percentuale di sconto nel DDT. La relazione tra l’uso di alcool e l’impulsività è esacerbata in pazienti con tratti di personalità anomali (pazienti non socievoli) e che fanno uso di droga. L’elevata impulsività con l’uso di alcool è stata correlata con un incremento del comportamento sessuale rischioso e con un alto rischio di suicidio. In pazienti ad alto rischio di impulsività l’uso dell’alcool associato alla deplezione di serotonina possono provocare un deficit del controllo inibitorio. La deplezione selettiva di triptofano aumenta la percentuale di errori nello SST, in particolare in individui che fanno uso di alcool. Inoltre alcuni studi hanno dimostrato che la deplezione del triptofano aumenta la risposta inibitoria in individui con una storia familiare di alcool. Questa ricerca potrebbe essere approfondita attraverso studi che coinvolgono il sistema noradrenergico, implicato nella tossicodipendenza e nel

(27)

controllo inibitorio. Vari studi hanno evidenziato che la somministrazione acuta di alcool aumenta la risposta prematura.

2.4 MDMA (ECSTASY)

La MDMA (3,4-metilenediossimetamfetamina) come Ecstasy (talvolta chiamata anche

dagli spiccati effetti stupefacenti, anche se non propriamente allucinogeni. Essa differisce dalla MDA

tratta di un composto semisintetico ottenuto dal presenti nel sassofrasso

in diverse altre spezie vegetali. Esistono altri precursori naturali dell'MDMA, come il piperonale. Il

si presenta come una polvere cristallina bianca dall'odore floreal

MDMA

Figura 14: Struttura del MDMA e PIPERONALE

Si tratta di una sostanza a prevalente azione agonista sui siti serotonergici. Similmente a quanto accade nell'azione degli

ricaptazione della serotonina

nell'azione di altre droghe ad azione psichedelica (come l' ne stimola la produzione nel

per le amfetamine nei confronti della affinità per i siti muscarinici, 5

Osservando degli studi condotti su animali è stato visto che MDMA può indurre una selettiva neurotossicità a livello dei neuroni della serotonina

self-report è emerso un aumento dell’impulsività con l’uso di Ecstasy. Il deficit neurocognitivo è evidente

conseguenze dell’uso dell’Ecstasy sono visibili an

controllo inibitorio. Vari studi hanno evidenziato che la somministrazione acuta di nta la risposta prematura. (Antonio Verdejo-Garcia et al., 2007).

2.4 MDMA (ECSTASY)

metilenediossimetamfetamina) (figura 14), più comunemente nota (talvolta chiamata anche MD, XTC, E, Adam), è una

dagli spiccati effetti stupefacenti, anche se non propriamente allucinogeni. Essa MDA soltanto per la mancanza del metile sul gruppo amminico. tratta di un composto semisintetico ottenuto dal safrolo, uno degli olii essenziali

sassofrasso, nella noce moscata, nella vaniglia, nella radice di

in diverse altre spezie vegetali. Esistono altri precursori naturali dell'MDMA, . Il piperonale è un'aldeide aromatica, a temperatura ambiente si presenta come una polvere cristallina bianca dall'odore floreale caratteristico.

MDMA PIPERONALE Figura 14: Struttura del MDMA e PIPERONALE

Si tratta di una sostanza a prevalente azione agonista sui siti serotonergici. Similmente a quanto accade nell'azione degli antidepressivi SSRI,

serotonina (5-idrossitriptamina), neurotrasmettitore

nell'azione di altre droghe ad azione psichedelica (come l'LSD e la

ne stimola la produzione nel citoplasma neuronale, similmente a quanto accade nei confronti della dopamina. Mostra inoltre una spiccata affinità per i siti muscarinici, 5-HT2, adrenergici e istaminergici.

i studi condotti su animali è stato visto che MDMA può indurre una selettiva neurotossicità a livello dei neuroni della serotonina. Dai questionari

report è emerso un aumento dell’impulsività con l’uso di Ecstasy.

cognitivo è evidente nel test del processo decisionale come IGT; l’uso dell’Ecstasy sono visibili anche nel ST e nel SST. Inoltre

26

controllo inibitorio. Vari studi hanno evidenziato che la somministrazione acuta di Garcia et al., 2007).

, più comunemente nota è una metanfetamina dagli spiccati effetti stupefacenti, anche se non propriamente allucinogeni. Essa soltanto per la mancanza del metile sul gruppo amminico. Si , uno degli olii essenziali , nella radice di acoro e in diverse altre spezie vegetali. Esistono altri precursori naturali dell'MDMA, , a temperatura ambiente

e caratteristico.

PIPERONALE

Si tratta di una sostanza a prevalente azione agonista sui siti serotonergici.

SSRI, essa inibisce la trasmettitore coinvolto

e la psilocibina) e similmente a quanto accade Mostra inoltre una spiccata i studi condotti su animali è stato visto che MDMA può indurre . Dai questionari report è emerso un aumento dell’impulsività con l’uso di Ecstasy.

ale come IGT; le che nel ST e nel SST. Inoltre

(28)

27

dall’ST è evidente un effetto dose dipendente e un forte uso di MDMA evidenzia un più basso controllo dell’inibizione. Alcuni studi mettono in evidenza che piccole dosi di ecstasy possono modulare l’impulsività e indurre cambiamenti a lungo termine nelle regioni del cervello coinvolte nel controllo inibitorio.

In conclusione, da questi studi è visibile, attraverso i questionari self-report e i test neurocognitivi, un consistente aumento dell’ azione impulsiva quando si usano sostanze d’abuso. (Antonio Verdejo-Garcia et al., 2007).

(29)

28

CAPITOLO 3

3. L’IMPULSIVITA’ NEI DISORDINI PSICHIATRICI

3.1 ADHD

L’ADHD, acronimo per l’inglese Attention Deficit Hyperactivity Disorder (Deficit dell’Attenzione e Disturbo di Iperattività), secondo il DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994) è caratterizzato da due gruppi di sintomi definibili come inattenzione e impulsività/iperattività. Gli aspetti solitamente considerati tipici del comportamento e della personalità dei bambini che presentano questo disturbo sono: disattenzione, impulsività ed iperattività.

Per disattenzione si intende la difficoltà a prestare e mantenere l’attenzione, la tendenza a commettere frequenti errori dovuti a distrazione e la difficoltà a portare a termine le attività scolastiche o ludiche che richiedono pianificazione e organizzazione. Questi bambini tendono piuttosto a passare da una attività e l’altra, ad essere molto ansiosi di fronte a compiti che richiedono applicazione protratta e ad evitarli o interromperli.

Per impulsività si intende la difficoltà a inibire risposte o comportamenti inappropriati e/o affrettati; uno scarso controllo e regolazione di quell’insieme di attività che comportino una tolleranza della frustrazione; può essere presente difficoltà ad inibire risposte prepotenti, l’incapacità di ascoltare fino in fondo spiegazioni o istruzioni utili, di aspettare il proprio turno per un gioco o di tener conto delle conseguenze di azioni potenzialmente pericolose.

Per iperattività si intende l’eccessivo o inappropriato livello di attività motoria o verbale. Si tratta di bambini che non riescono a stare seduti, che sono sempre in movimento, parlano troppo ed in maniera caotica o incomprensibile, rumoreggiano, disturbano. Appaiono più attivi, instancabili ed irrequieti dei bambini normali. Questi tratti sono talvolta associati a lievi deficit cognitivi, disturbi del linguaggio, difficoltà delle funzioni adattative, disturbi dello sviluppo motorio, disturbi emotivi,

(30)

29

difficoltà di apprendimento e di adattamento nel contesto scolastico, disturbi del sonno.

Secondo il DSM-IV possono essere distinti tre tipi di disturbo: uno prevalentemente inattentivo, uno prevalentemente iperattivo/impulsivo e uno combinato. Quest’ultimo corrisponde al disturbo ipercinetico nella classificazione diagnostica delle malattie, della salute mentale e dei disturbi dello sviluppo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Nei gruppi di persone SUD c’è un’alta percentuale di adolescenti e di adulti nei quali, durante la loro infanzia è stata diagnosticata l’ ADHD e altri problemi legati al comportamento. Quindi bambini con questi problemi comportamentali possono essere considerati ad alto rischio per lo sviluppo di tossicodipendenza in futuro. L’ADHD è associata all’impulsività e a un deficit neurocognitivo, come è evidente in vari tests tra cui l’ SST. Questi deficit sono stati associati con strutture e funzioni abnormali nella corteccia prefrontale, in particolare a destra della corteccia frontale. Inoltre questi deficit sono dovuti anche ad un’alterazione della neurotrasmissione dopaminergica. L’ADHD è trattata con farmaci psicostimolanti che incrementano la funzione dopaminergica e noradrenergica ed è associata con polimorfismi genetici coinvolti nella regolazione della trasmissione dopaminergica, includendo il gene DAT.

Studi empirici non evidenziano un legame tra l’ADHD e lo sviluppo del SUD, tuttavia molti bambini affetti da ADHD, sviluppano da adulti il SUD. A sostegno di ciò sono stati presi in considerazione degli adolescenti che fanno uso di droga; alcuni durante la loro infanzia hanno avuto ADHD altri no. Quindi da questi studi emerge che l’ADHD non implica necessariamente SUD ma aumenta comunque la probabilità che in futuro il soggetto possa far uso di droga (Antonio Verdejo-Garcia et al., 2007).

3.2 GIOCO D’AZZARDO

Il gioco d’azzardo (intendendo per azzardo una situazione di rischio), già presente nelle diverse società e culture in epoca primitiva, sopravvive oggi nonostante le diverse proibizioni (etiche, religiose e legali), in forma regolamentata e legalizzata. Quando questo comportamento viene praticato in modo compulsivo è evidente un vero e proprio disturbo psicologico. Si tratta di una patologia abbastanza comune soprattutto nella popolazione maschile, spesso con caratteristiche di familiarità nel 25% dei casi. Questo comportamento esordisce di solito durante l’adolescenza, il gioco e le scommesse in denaro diventano un elemento cardine dell’esistenza e sono praticati senza interruzione.

(31)

30

Dal punto di vista neurofisiologico sono state riportate delle anomalie nelle elettroencefalografie di giocatori d’azzardo patologici. Inoltre nel liquido cerebro-spinale è stato trovato un livello più basso del normale di 3-metossi-4-idrossifeniglicole (MHPG) un prodotto del catabolismo delle catecolamine; mentre nelle urine è stata ritrovata una maggiore eliminazione di noradrenalina. Tutto ciò evidenzia delle alterazioni del sistema noradrenergico.

Gravi stress o crisi esistenziali (difficoltà coniugali, morte del padre, ecc.) sembrano favorire l’insorgere del comportamento patologico. Fattori predisponenti comprendono la separazione dei genitori, il contatto del gioco d’azzardo in epoca adolescenziale, la scarsa disciplina famigliare.

Freud, riprendendo la vicenda di Dostoevskij, aveva ipotizzato che nel soggetto nevrotico la determinante infantile del gioco d’azzardo fosse la compulsione a masturbarsi. Il senso di colpa e l’angoscia castratoria legati alle fantasie edipiche, quindi al parricidio, vengono spostati nella situazione di gioco dove l’autopunizione masochistica e le perdite patite servono a mitigare i sentimenti di colpa. Il gioco d’azzardo sarebbe in grado di gratificare indirettamente tendenze orali, anali, masturbatorie, omosessuali inconsce, edipiche masochiste e per tenere a bada una sottostante depressione (Greenson).

La convinzione di vincere nel giocatore d’azzardo potrebbe essere considerata una manifestazione della sua residua onnipotenza e megalomania infantili. Il giocare rappresenta anche una ribellione contro le regole famigliari e sociali che vorrebbero imporgli di abbandonare il principio del piacere per quello della realtà (Bergler).

Nel gioco viene riassunto in maniera punitiva il rifiuto della relazione affettiva originaria con i genitori. Il giocatore nevrotico chiede compulsivamente alla dea fortuna, surrogato dei genitori, una risposta d’amore e di approvazione. Poiché la risposta che riceve non può essere rassicurante per sempre, egli continua a giocare fino a quando perde, perché solo perdendo trova sollievo. Si tratta di individui che vanno alla ricerca di emozioni forti che percepiscono meno rischiose e ansiogene di quanto siano le situazioni abituali che li coinvolgono.

I criteri di classificazione proposti dal DSM–IV per il Gioco d’Azzardo Patologico sono i seguenti:

• il soggetto è eccessivamente assorbito dal gioco d’azzardo;

• ha bisogno di giocare d’azzardo con quantità crescenti di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata;

• ha ripetutamente tentato senza successo di controllare, ridurre e interrompere tale comportamento;

• è irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo;

(32)

31

• gioca d’azzardo per sfuggire ai problemi o per alleviare un umore disforico (ad esempio sentimenti di impotenza, ansia, depressione);

• dopo aver perso al gioco, spesso trova un altro giorno per giocare ancora

• mente ai membri della famiglia, al terapeuta o ad altri per occultare l’entità del proprio coinvolgimento;

• commette azioni illegali come falsificazione, frode, furto o appropriazione indebita per finanziare il gioco d’azzardo;

• mette a repentaglio una relazione significativa, il lavoro oppure opportunità scolastiche o di carriera per il gioco d’azzardo;

• fa affidamento su altri per reperire il denaro e per alleviare una situazione finanziaria disperata causata dal gioco d’azzardo.

Per la cura è consigliata una psicoterapia individuale e di coppia e delle terapie farmacologie. E’ importante sapere che le terapie farmacologiche danno meno risultati rispetto alla psicoterapia.

Approcci recenti considerano il problema del gioco d’azzardo come una forma di comportamento che crea dipendenza ed ha in comune con il SUD l’eziologia e la vulnerabilità.

La differenza con il SUD è che non c’è somministrazione di sostanze esogene, che possono causare danni a livello cerebrale. La cosa che accomuna i giocatori d’azzardo è il rischio dei partecipanti a una prospettiva incerta nel ricevere il premio monetario. I soldi rappresentano un rinforzo che può guidare il comportamento.

Il gioco d’azzardo è considerato come un disordine del controllo impulsivo nel DSM-IV e sono presenti in esso diversi sintomi centrali che caratterizzano anche il SUD. Una dimostrazione empirica evidenzia che giocatori d’azzardo mostrano anche una sindrome da privazione come accade nella tossicodipendenza, un’altra cosa che accomuna il gioco d’azzardo alla tossicodipendenza sono i meccanismi neurobiologici e genetici. Nel gioco d’azzardo come nel SUD è evidente una riduzione della dopamina e dei polimorfismi a livello della dopamina, alcuni dati evidenziano la presenza del 12-20% della vulnerabilità genetica sia nei giocatori d’azzardo che negli alcolisti.

I giocatori d’azzardo sono stati sottoposti ai questionari self-report dell’impulsività ed è emerso un punteggio elevato. E’ stato dimostrato attraverso vari studi che la misura dell’impulsività durante l’adolescenza predice dei problemi nel comportamento che potranno portare allo sviluppo del gioco d’azzardo. Sono stati condotti degli studi su giocatori d’azzardo con e senza SUD o ADHD durante l’infanzia; i pazienti che presentano comorbidità mostrano un punteggio più elevato rispetto ai pazienti senza comorbidità. Questi studi evidenziano il legame tra l’impulsività e la vulnerabilità presente sia nei giocatori d’azzardo sia nel SUD.

(33)

32

Attraverso le misure neurocognitive ci focalizzeremo sugli studi che coinvolgono le misure dell’inibizione del controllo ed il processo decisionale.

L’ SST e l’ST condotti in giocatori d’azzardo hanno evidenziato un deficit della performance, questi test sono stati effettuati in entrambi i gruppi alcolisti e i giocatori d’azzardo e il deficit notato è dovuto all’impulsività.

Mentre l’incremento della percentuale degli errori nel ST è presente in pazienti con e senza comorbidità psichiatriche. Comparando i pazienti giocatori d’azzardo con i controlli sani è evidente una maggior percentuale di sconti nei gruppi malati rispetti ai controlli sani. Inoltre è stata esaminata la performance dei giocatori d’azzardo con l’IGT ed è evidente che i pazienti scelgono le carte più rischiose rispetto a quelle sicure.

I giocatori d’azzardo sono stati sottoposti al “card-playing task” è un test dell’evitamento passivo dove il soggetto deve decidere attraverso varie prove se continuare il gioco o se fermarsi. All’inizio la percentuale del premio è alta e diminuisce nelle successive 10 prove; il soggetto deve saper scegliere il momento ottimale per fermarsi.

I giocatori d’azzardo hanno una tendenza minore a lasciare il gioco nel momento ottimale, infatti attraverso il card-playing task si riesce a discriminare coloro che “inseguono” il denaro da coloro che lasciano il gioco nonostante il profitto. Tutti questi studi dimostrano attraverso questionari self-report e test neurocognitivi, che includono test sul controllo inibitorio e test sul processo decisionale, che il gioco d’azzardo è associato con un aumento dell’impulsività. Tuttavia c’è una limitata convergenza tra i questionari self-report e le misure neurocognitive dell’impulsività e molti lavori dimostrano che i giocatori d’azzardo sono più predisposti allo sviluppo di altri disordini psichiatrici.

Nonostante nel gioco d’azzardo non vi sia somministrazione di sostanze esogene il sistema neuronale coinvolto nel processo del rinforzo e nella scelta può subire dei cambiamenti neuroadattativi. Diverse esperienze psicologiche possono influire sulle funzioni cerebrali e anche sulle strutture del cervello, ad esempio durante un periodo di depressione si ha un incremento del livello del cortisolo che a livello dell’ippocampo provoca una progressiva perdita di cellule e una riduzione del volume del ippocampo. Attraverso vari studi è stato scoperto un aumento dei livelli di cortisolo anche durante il gioco d’azzardo. Quindi questi cambiamenti delle funzioni e delle strutture cerebrali influiscono sulla performance neurocognitiva.

(34)

33

CAPITOLO 4

4 POPOLAZIONE AD ALTO RISCHIO DI SVILUPPO

DELL’IMPULSIVITA’.

4.1 L’impulsività durante l’adolescenza e in adolescenti con genitori SUD.

Gli adolescenti sono individui ad alto rischio di sviluppo dell’impulsività, inoltre l’adolescenza è un periodo critico per lo sviluppo del SUD.

Alcuni studi condotti su adulti SUD dimostrano che i primi contatti con la droga siano iniziati prima dei diciotto anni. Da vari studi risulta che il 90% dei giovani beve alcool mentre il 20-25% di giovani fa uso di droga. La tossicodipendenza aumenta le probabilità di sviluppo del SUD; il rischio che l’uso di alcool causi SUD risulta maggiore nei giovani di 14-18 anni rispetto agli adulti di 22-26 anni. Il rischio che la cannabis causi disordine, invece è sette volte maggiore nei giovani di età superiore ai 15-16 anni rispetto alla popolazione adulta.

L’adolescente presenta un comportamento vulnerabile a causa della relativa immaturità del sistema di controllo pre-frontale che presiede all’inibizione del controllo e della relativa maturità del sistema striato, responsabile invece del processo di motivazione e premio. Quindi nel periodo adolescenziale prevale il sistema del premio rispetto al self-control. Questa ipotesi è stata dimostrata grazie ai numerosi studi che hanno riportato una maggiore maturità dello striato ventrale (sistema preposto al processo di motivazione e del premio) rispetto all’amigdala (sistema responsabile dell’evitamento) e alla corteccia prefrontale (sistema responsabile del controllo inibitorio). Studi di performance neurocognitiva in gruppi di adolescenti di età compresa fra i 9 e i 18 anni evidenziano un deficit del processo decisionale nel IGT e un’alta percentuale di sconto nel DDT. Questi studi dimostrano che il periodo dell’adolescenza è accompagnato da un deficit della capacità inibitoria. Nella maggior parte dei casi il SUD viene trasmesso da genitori che fanno uso di alcool e sostanze stupefacenti; a sostegno di ciò alcuni studi evidenziano che i ragazzi tra i 10 e i 12 anni, figli di genitori alcolisti sono più impulsivi rispetto ad altri ragazzi. Adulti con una storia familiare di alcolismo mostrano una performance ridotta sui test di riflessione e dell’impulsività, mentre figli di genitori alcolisti presentano una minore abilità nell’inibire la risposta oculomotrice. Adolescenti con una storia familiare di alcolismo mostrano un minor volume dell’amigdala e dell’ippocampo; queste regioni sono connesse con la corteccia prefrontale. Anche in soggetti che fanno uso di cocaina l’amigdala ha un volume ridotto. L’impulsività è stata studiata con MRI (imaging a risonanza magnetica) durante l’attività cerebrale di bambini, di età fra i 12 e i 14 anni con e senza una storia familiare di alcolismo, sottoposti allo ST. I gruppi ad alto rischio di sviluppo dell’impulsività mostrano una riduzione dell’attività a sinistra della corteccia prefrontale e in altre parti della corteccia prefrontale.

(35)

34

CAPITOLO 5

5 NEUROFARMACOLOGIA DELL’IMPULSIVITA’

5.1 Il coinvolgimento dei recettori dei cannabinoidi, della dopamina, del glutamato,della noradrenalina della serotonina nel impulsività.

Figura 15: Recettori coinvolti nei meccanismi dell’impulsività.

Abbreviazioni: DSL striato dorsolaterale, mPFC corteccia prefrontale mediale, NA noradrenalina, NAC nucleo accumbens

(36)

35 Serotonina

La serotonina (5-idrossitriptamina, 5-HT) (figura 16) è un neurotrasmettitore monoaminico sintetizzato nei neuroni serotoninergici del sistema nervoso centrale e dalle cellule enterocromaffini dell'apparato gastrointestinale. Possiede formula chimica C10H12N2O, peso molecolare 176,22

Figura 16: Sintesi della Serotonina

La biosintesi della 5-HT endogena segue una via simile a quella della noradrenalina, con la differenza che l'aminoacido precursore è il triptofano, invece della tirosina. Il triptofano viene convertito in 5-idrossitriptofano grazie all'azione della triptofano-idrossilasi. Il 5-idrossitriptofano così prodotto viene decarbossilato a 5-HT, a opera dell'aminoacido decarbossilasi. Le piastrine accumulano la 5-HT durante il loro passaggio nella circolazione intestinale, dove la concentrazione è relativamente alta. La 5-HT viene spesso immagazzinata nei neuroni e nelle cellule enterocromaffini come co-trasmettitore insieme con vari ormoni di natura peptidica, come la somatostatina, la sostanza P, e il polipeptide vasoattivo intestinale.

La degradazione della 5-HT avviene principalmente attraverso una deaminazione

ossidativa, catalizzata dalle monoaminossidasi, seguita dall'ossidazione ad acido

5-idrossiindolacetico (5-HIAA).

Triptofano-idrossilasi

Figura

Figura 1: Albero decisionale per l’impulsività (DMS IV)
Figura 2: 5 choice serial reaction time task
Figura 3: Iowa Glambling Task
Figura 4: Stop Signal Task
+7

Riferimenti

Documenti correlati

Se la chiamata non e` preceduta dalla dichiarazione dell’intestazione della funzione o dalla sua definizione il compilatore e` obbligato a formulare delle ipotesi sul tipo

- la stipula del contratto del Lotto 1 della procedura aperta per l’affidamento dei servizi assicurativi dell’Istituto suddivisa in tre lotti con la società Unipolsai

Caricare in memoria il file eseguibile nella zona di memoria fisica libera e trasformare ogni riferimento assoluto logico del linker in riferimento assoluto di memoria

Servizi generali e  istituzionali – Sistema 

Prevedere uno stanziamento in rapporto al gettito 2010 pari a: 25 per mille nel 2012, 25 per mille nel 2013, 25 per mille.

Dialogo e Supporto ai Mediatori Culturali: i Professori della Scuola (Tutor REACH/CLP). Avvio (2009) e consolidamento dei rapporti con

- L’alunno, stimolato dall’insegnante, va alla ricerca/scoperta dei significati del linguaggio relativo al mondo dei cartoons, videogames, telecomunicazioni (linguaggio

- Comprendere semplici testi, accompagnati da supporti visivi, cogliendone il significato globale. Metodo funzionale comunicativo che prevede la creazione di volta in volta di