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Il reato di corruzione per asservimento della funzione e il traffico di influenze illecite. Profili di responsabilità dei pubblici dipendenti e degli amministratori

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PASQUALE TRONCONE

Il delitto di corruzione e il traffico di influenze illecite. Profili normativi delle nuove fattispecie di reato

Introduzione. 1. - Art. 318 c.p. Corruzione (impropria) per l’esercizio della funzione. 2. - Art. 319 c.p. Corruzione (propria)per un atto contrario ai doveri di ufficio. 3. - Art. 319-quater c.p. Concussione per induzione. 4. - Art. 346-bis c.p. Traffico di influenze illecite. 5. - Art. 2635 c.c. La corruzione tra privati. 6. - Art. 322-ter c.p. Confisca. 7. - Il responsabile della prevenzione della corruzione.

Introduzione. L’intervento riformatore nella materia dei reati contro la pubblica amministrazione è stato sollecitato dalla Convenzione di Strasburgo del 1999 e vede come momento centrale dell’iniziativa legislativa l’esigenza di attuare un modello conformativo per ricondurre tutta l’opera di gestione amministrativa al principio di etica pubblica1.

La nuova mappa normativa, prima di ogni altra cosa, tiene conto del fatto che a partire dall’entrata in vigore del codice penale vigente del 1930 vi è stata una profonda e morfologica trasformazione della vicenda corruttiva. Un modello di compravendita di “cosa altrui” -collettiva e dunque della Pubblica Amministrazione- che da fatto episodico e circoscritto è divenuto un vero e proprio fenomeno, vasto, articolato, ampio, multiforme e plurisoggettivo2.

L’esperienza degli ultimi trent’anni in particolare presenta un quadro criminologico profondamente trasformato, dove la corruzione c.d. pulviscolare convive con la corruzione c.d. sistemica3. La prima segue lo schema tipo del codice penale del 1930 con modalità attuative di tipo negoziale e la presenza di due soli attori protagonisti4. La corruzione sistemica, che la nuova legge si propone di combattere, vede al centro un negozio plurilaterale e molti attori che recitano più parti e svolgono diverse funzioni5.

Non esiste più l’autore del reato che incarna un colletto bianco da una parte e un extraneus alla PA dall’altra e che si accordano per il rilascio di un atto amministrativo dietro pagamento di un indebito. Oggi si osserva un ampio e articolato sistema, dove l’atto amministrativo da rilasciare o la funzione distolta può essere considerato segmento di un più vasto progetto in cui diverse persone, con ruoli diversi, si propongono di spartirsi risorse che la PA destina a un 1Il presente lavoro è il testo rielaborato della relazione tenuta ad Ascoli Piceno il giorno 19 aprile 2013 nell’ambito del Convegno “La responsabilità della Pubblica Amministrazione” organizzato dal Comune di Ascoli Piceno con L’U.N.A.E.P.

MATTARELLA B.G., Le regole dell’onestà. Etica, politica, amministrazione, Il Mulino, Bologna, 2007. 2 CINGARI F., La corruzione pubblica: trasformazioni fenomenologiche ed esigenze di riforma, in Dir.pen.

contemp., n. 1, 2012, in www.penalecontemporaneo.it .

3 MANNOZZI G., Combattere la corruzione: tra criminologia e diritto penale, in Dir.pen. e proc., 2008. 4 ROMANO M., I delitti contro la pubblica amministrazione. I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica

amministrazione, Giuffrè, Milano, 2006.

5 MANNA A., Corruzione e finanziamento illegale ai partiti, in Riv.it.dir. e proc.pen., 1999, pag. 136. PALAZZO F., Politica e giustizia penale: verso una stagione di grandi riforme?, in Dir.pen. e proc., 2010.

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determinato settore. E a governare l’intero progetto è molto spesso la politica che o remunera in questo modo imprenditori propri sostenitori oppure esercita il potere amministrativo attraverso una precisa strategia di attribuzione delle risorse in cambio di finanziamenti occulti6. Può addirittura accadere che il funzionario delegato al rilascio dell’atto non sia il corrotto, ma sia corrotto un altro funzionario che può esercitare un notevole potere di influenza sul primo.

Anche il consenso politico potrebbe essere il prezzo della corruzione, secondo una visione evolutiva del concetto di vantaggio in una economia di mercato, senza la necessità che si ricorra a strumenti di remunerazione tradizionali come la dazione di danaro o di altre utilità.

Se il fatto corruttivo si inquadra nelle nuove coordinate identificative ne risultano mutati i riferimenti di valore della corruzione, al punto che il bene giuridico dell’imparzialità e del buon andamento è stato sostituito dal danno inteso in senso economico che si risolve nell’ampliamento a dismisura della spesa pubblica. A ben vedere ne consegue che l’art. 97 Cost. diventa oggi semplicemente una modalità di realizzazione del fatto lesivo più che il bene finale da tutelare in via diretta ed immediata7.

L’ampio fenomeno corruttivo ha peraltro portato nel recente passato la giurisprudenza a forzare i contorni di tipicità delle diverse ipotesi di incriminazione della corruzione, arricchendo -ad esempio- con un intervento additivo la fattispecie del delitto di corruzione propria con la non prevista circostanza dell’asservimento della funzione. In buona sostanza, non più l’atto amministrativo a qualificare il fatto illecito come momento centrale della consumazione del patto corruttivo, ma l’intero svolgimento delle mansioni istituzionali.

La nuova legge si muove nel solco di predisporre un ampio intervento non soltanto repressivo ma, secondo le esigenze di una tutela di tipo integrato, contro il fenomeno della corruzione.

Notevole peso viene assegnato dalla legge alle barriere organizzative interne alla PA, con la previsione di misure di prevenzione di natura amministrativa e disciplinare. In realtà le forme di controllo preventivo sono quelle più aderenti agli obiettivi della lotta alla corruzione e certamente più rapidi ed efficaci, lasciando al diritto penale il ruolo, da sempre auspicato ma mai concretizzato, di extrema ratio dell’intervento punitivo8.

La corruzione come fenomeno strutturale e sistemico origina dagli assetti organizzativi interni dell’amministrazione, dalle posizioni in cui sono radicati -per 6 Una puntuale ricostruzione del sistema si trova in VANNUCCI A., La corruzione nel sistema politico

italiano a dieci anni da “mani pulite”, in Il prezzo della tangente. La corruzione come sistema a dieci anni da “mani pulite”, a cura di Gabrio Forti, Vita e pensiero, Milano, 2003. DAVIGO P. - MANNOZZI G., La

corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Roma-Bari, 2008.

7 SEMINARA S., Gli interessi tutelati nei reati di corruzione, in Riv.it.dir. e proc.pen., 1993.

8 Per la complessità delle relazioni interdisciplinari si rinvia a FORTI G., Unicità o ripetibilità della

corruzione sistemica? Il ruolo della sanzione penale in una prevenzione “sostenibile” dei crimini politico-amministrativi, in Riv.trim.dir.pen.ec., 1997, pag. 1074.

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tempo ed esperienza- i funzionari e si autoalimenta in maniera direttamente proporzionale alla capacità del singolo PU di guadagnare centralità manageriale. Questa è la ragione per cui la formazione e l’aggiornamento del personale deve essere costante, al fine di stabilire incarichi temporanei e non rendite di posizione che favoriscono la condizione di abitualità di rapporto con i terzi. Il quadro patologico che la vasta giurisprudenza ha maturato negli anni presenta la figura di un funzionario che finisce per rappresentare se stesso o la corrente di potere interna cui appartiene e non più la PA.

Prendendo spunto da tali premesse la nuova legge svincola la punibilità dal semplice patto corruttivo per ancorarla in maniera più efficace al sistema corruttivo, nella piena consapevolezza che il risultato da conseguire con la dazione illecita non è il provvedimento amministrativo ma una serie di attività, che potrebbero anche non essere trasfuse nell’atto finale, ma che sono servite a creare le condizioni procedimentali in cui i diversi agenti si sono mossi.

I propositi punitivi di natura penale derivano dall’aver rivolto ai propri fini l’organizzazione e gli scopi della PA, deviandola da quelle sue naturali, attraverso percorsi di contrattazione privilegiati per alcuni a danno di altri. L’oggetto comune e la finalità collettiva sono piegati, così come la stessa energia lavorativa dei dipendenti, a percorsi egoistici ed estranei che violano il principio di concorrenza.

Lo spirito innovativo della legge, in chiave di modello preventivo di intervento, è centrato sul c.d. “risk management” ossia la necessità che si instauri un meccanismo che favorisca la rotazione degli incarichi.

Il vero problema è di tipo etico, occorre ripristinare i fondamenti della

natura collettiva della PA come bene pubblico e comune e sollevarla dalla

condizione di un semplice soggetto privato resa tale dai caratteri propri dell’agire dell’imprenditoria privata.

1. - Art. 318 c.p. Corruzione (impropria) per l’esercizio della funzione. Con la riformulazione dell’art. 318 c.p. è venuta meno la distinzione tra corruzione impropria antecedente e susseguente9. Non esiste più, infatti, il riferimento all’atto amministrativo oggetto di mercimonio ma all’intera attività funzionale che il pubblico funzionario “cede”, “mette a disposizione” del soggetto privato, senza alcun limite di tempo. Ed è proprio in questo arco temporale indefinito che si consuma il delitto.

In ragione dei principi generali che governano la successione delle leggi penali nel tempo stabiliti all’art. 2 del codice penale si applicherà la norma abrogata ai fatti precedentemente commessi poiché più favorevole della nuova norma che troverà applicazione unicamente per i fatti consumati dal momento della sua entrata in vigore.

La sostituzione del requisito normativo della “retribuzione”, che rappresentata un elemento costitutivo del reato abrogato e che coincideva con il 9 RAMPIONI R., I delitti di corruzione, Cedam, Padova, 2008. BALBI G., I delitti di corruzione:

un'indagine strutturale e sistematica, Jovene, Napoli, 2003. SPENA A., Il turpe mercato: teoria e riforma

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denaro o con altra qualsiasi utilità, scardina il criterio di proporzione tra le prestazioni che precedentemente si imponeva. In questo modo sotto la vigenza della precedente norma dovevano essere escluse tutte le ipotesi di dazioni di modesto valore economico, mentre oggi anche i cc.dd. munuscula, vale a dire i piccoli doni occasionali, fanno scattare la rilevanza penale del fatto.

Sconfiggere un fenomeno ampio e radicato vuol dire comprenderne le ragioni del suo radicarsi e le motivazioni di coloro che questo sistema hanno istituito e mantengono in vita. In effetti la distorsione di un assetto organizzativo nasce dal fatto che esso non è più in grado di fornire le risposte e i risultati per cui è stato costituito. Non può essere sottaciuto, infatti, che il grado di soddisfazione del cittadino è attestato su livelli bassissimi, poiché la PA non provvede nei tempi e nei modi che essa stessa si è data, violando l’esigenza di celerità che l’attuale contesto sociale ed economico impone.

Questo dato di fatto induce, quindi, alla ricerca di percorsi alternativi a quelli istituzionali, anche illeciti, al fine di ottenere un provvedimento che la PA comunque è tenuta a rilasciare. La corruzione impropria (per atto conforme) ad esempio nasce anche dalla violazione del patto con l’utente che la PA non ha rispettato, provocando ricadute negative sul destinatario e sulla sua attività che si risolvono in depotenziamento dell’iniziativa imprenditoriale e in un danno di carattere economico.

Il sistema illecito si contrappone al sistema dell’eccessiva burocratizzazione che finisce per ledere il legittimo diritto dei cittadini utenti.

2. - Art. 319 c.p. Corruzione (propria) per un atto contrario ai doveri di ufficio . Colpisce subito una immediatamente asimmetria, poiché nella norma precedente l’elemento costitutivo del reato era la funzione amministrativa, in questa norma il riferimento è all’atto amministrativo. In questo modo muta l’oggetto materiale dello stesso delitto ossia il requisito strutturale del precetto che attribuisce rilevanza penale al fatto concreto.

Prima di ogni altra cosa va rilevato che il concetto di ”asservimento della funzione” era la declinazione che la giurisprudenza attribuiva ai contenuti della corruzione impropria, frutto di una vera e propria rielaborazione esegetica (per la verità di radice creativa) di quella figura di reato. In realtà, alla luce della modifica normativa, l’art. 319 c.p. riceve una sorta di interpretazione autentica vincolante e difforme dalla precedente, per cui l’asservimento della funzione si può individuare unicamente nella corruzione per atto conforme ai doveri di ufficio; mentre la corruzione propria è centrata unicamente sul compimento dell’atto.

Questa ipotesi di reato costituisce in realtà la forma più insidiosa di corruzione dove il PU si appropria di una funzione pubblica e la volge a proprio vantaggio economico, stabilendo una negoziazione illecita con il privato. Questo patto non solo viola le regole di comportamento nell’ambito della pubblica amministrazione ma genera anche significativi danni al circuito economico complessivo. Ed infatti, la scelta del contraente frutto di illeciti accordi scardina il principio di concorrenza e, oltre a favorire il concorrente che ha agito

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illecitamente, rischia di mettere fuori gioco proprio il concorrente che potrebbe offrire maggiori garanzie di qualità alla PA.

3. - Art. 319-quater c.p. Concussione per induzione. Si tratta di un’ipotesi di corruzione “spuria” che ha caratteri di contaminazione con il reato di concussione.

La norma in realtà è il frutto di una scelta legislativa radicale in materia di illeciti contro la PA, anche se non è una ipotesi di reato del tutto nuova. Il proposito che ha motivato il legislatore è stato quello di separare il caso della concussione per costrizione da quello della concussione per induzione, cedendo in verità a ragioni di semplificazione probatoria.

Tuttavia la nuova disposizione penale muta il tipo, il genere del delitto di concussione, in quanto introduce una fattispecie del tutto nuova e atipica di corruzione, strutturando per la prima volta un impianto di tipo negoziale nella condotta concussiva del PU contro il privato.

Occorre tener presente che la trama del complesso normativo dei delitti contro la PA stabilita nel codice del 1930 fondava il suo principio identificativo sulla struttura negoziale e sul criterio dell’iniziativa che finiva poi per caratterizzare la condotta illecita. La prassi ha invece dimostrato che le due parti giocano ruoli le cui dinamiche giungono al punto da rovesciare il rapporto e talvolta è la stessa “vittima” a sollecitare la condotta del PU. Si potrebbe definire: concussione per costrizione (concussione attiva) - concussione per induzione (concussione passiva). Di difficile distinzione è la concussione per induzione e la corruzione con iniziativa del PU. Da qui gli spinosi problemi legati alla rilevanza della figura del tentativo.

Il criterio discretivo tra le due nuove figure di reato potrebbe essere il disvalore, dove da un lato il metus della PA vince la resistenza; mentre dall’altro la negoziazione sulla convenienza dell’operazione vince le reciproche resistenze. Resta il fatto che la concussione è caratterizzata da un maggiore disvalore sociale: utilità indebita che impone una necessità della pena. Anche il concusso può essere chiamato a rispondere della propria condotta che non è del tutto conculcata dalla volontà del concussore. Ragionamenti orientati a fare in modo che il privato adempia o prometta l’indebito. Forma attenuata di costrizione a cui il privato avrebbe dovuto resistere, diventando questa la ragione per cui viene punito.

A ben riflettere su vicende storiche non molto remote nella giurisprudenza di “tangentopoli”, l’induzione indiretta o implicita potrebbe far rivivere o addirittura dare materiale consistenza all’ipotesi di “concussione ambientale” o di tipo consuetudinario10.

4. - Art. 346-bis c.p. Traffico di influenze illecite. La previsione in oggetto è del tutto nuova e originale rispetto al tessuto culturale del codice vigente e costituisce la riprova che il patto corruttivo non si atteggia più a una vicenda di tipo negoziale, ma si sostanzia in una situazione illecita che origina da un contesto operativo molto più vasto ed indeterminabile.

10 FORTI G., L’insostenibile pesantezza della «tangente ambientale»: inattualità della disciplina e disagi

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La struttura contrattuale tradizionalmente fondata su due parti si frammenta in una serie di condotte convergenti, diverse nella loro operatività ma orientate verso un duplice obiettivo: la produzione di atti della PA; l’arricchimento personale dell’operatore. Tuttavia la topografia codicistica spinge il legislatore a inserire questa nuova ipotesi di incriminazione tra i reati di millantato credito, tralasciando di garantire una linea di coerenza per affinità di condotta11.

L’esperienza su cui è maturata la riforma, frutto di un’indagine sulle nuove forme di illeciti contro la PA, ha messo in luce che si è passati dalla forma semplice del negozio illecito di compravendita alla complessa operazione a più soggetti, autori di condotte indipendenti e convergenti come un vero e proprio sistema.

Il punto di qualificazione dell’illecito resta l’atto d’ufficio, quindi è escluso sempre in termini teorici il concorso materiale di reati con la corruzione propria.

La mediazione invece può essere gratuita o onerosa. Se è onerosa il confine con la corruzione impropria è estremamente labile. Di contro non può certamente configurarsi il delitto di corruzione per asservimento (esclusa dalla clausola di sussidiarietà relativa al singolo atto), mentre è possibile ipotizzarla per la corruzione impropria. Questa soluzione sembrerebbe il realtà irragionevole, considerato che il traffico di influenze illecite doveva servire come reato ostacolo per punire in via esclusiva chi svolge attività di mediazione con i funzionari della PA. In questo modo invece si profila il rischio di un carico sanzionatorio ulteriore, superiore anche a quello che dovrebbe gravare sullo stesso PU.

Vi è peraltro una complessità ulteriore, data dall’intersezione normativa con il delitto di istigazione alla corruzione, nuova possibile ipotesi concorrente. Anche in questo caso deve essere sottolineato che i due reati rispondono alla tutela di beni giuridici diversi.

5. - Art. 2635 c.c. La corruzione tra privati. Anche in questo caso l’esperienza delle indagini giudiziarie hanno posto in evidenza che la corruzione del pubblico ufficiale molto frequentemente trova degli antecedenti causali negli illeciti consumati nell’ambito di persone giuridiche private. Il campo di applicazione di questa norma in realtà è molto vasto, poichè abbraccia sia le società private che le società privatizzate con partecipazione pubblica12.

Anche in questo caso si tratta di una scelta di politica criminale che intende colpire il fenomeno corruttivo sistematico in tutti gli ambiti in cui si generano sollecitazioni o accordi preliminari che perseguono l’obiettivo finale di incidere in maniera illecita sull’azione amministrativa.

11 PEDRAZZI C., Millantato credito, traffic d’influence, influence peddling, in Riv.it.dir. e proc.pen., 1963.

RICCIO S., Millantato credito, in Noviss.dig.it., vol. X, Utet, Torino, 1964, pag. 695. TAGLIARINI F.,

Millantato credito, in Enc.dir., vol. XXVI, Giuffrè, Milano, 1976, pag. 308. SEMERARO P., I delitti di

millantato credito e traffico di influenza, Giuffrè, Milano, 2000.

12 VICICONTE G., La vexata questio della responsabilità penale dei soggetti che operano nell’ambito delle

società a partecipazione statale, in Dir.pen. e proc., 1997. MANES V., Servizi pubblici e diritto penale.

L’impatto delle liberalizzazioni sullo statuto penale della pubblica amministrazione, Giappichelli, Torino,

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Questa disposizione è inserita nel codice civile nella sezione relativa ai reati commessi nell’ambito di società commerciali e si caratterizza per una duplice funzione incriminatrice: a) impedire l’attività di alterazione della regolarità del mercato attraverso la conclusione di illeciti accordi tra imprenditori ai danni di altri imprenditori; svolgere una tipica funzione di “ostacolo” anticipando di fatto che accordi illeciti tra privati possano rappresentare i presupposti di accordi illeciti con pubblici funzionari.

6. - Art. 322-ter c.p. Confisca. Originariamente misura di sicurezza, secondo l’originaria disciplina dell’art. 240 c.p., dove il presupposto era la pericolosità sociale del soggetto e, se si trattava di beni o cose, erano questi a presentare profili di pericolosità sociale per l’uso illecito che poteva esserne fatto.

Questa forma di confisca, in realtà, completa il presidio sanzionatorio della categoria dei reati e, pertanto, finisce per integrare la punizione, perdendo quel carattere originario di misura di sicurezza patrimoniale. Si tratta, infatti, della confisca “per equivalente” che prescinde dai caratteri di prezzo e profitto del reato, poiché l’oggetto da sequestrare e poi confiscare non è un bene individuabile ma semplicemente il controvalore del prezzo del mercimonio. Il provvedimento ablativo in questo caso colpisce il valore della prestazione illecita che rappresenta la condotta del reato.

Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione a Sezioni Unite il 25 ottobre 2007 e ne ha riconosciuto la natura giuridica di vera e propria pena, nel senso che la confisca assolve una funzione meramente sanzionatoria in termini di prevenzione generale della pena. Una tale natura giuridica, peraltro, viene puntualmente confermata da una sentenza della Corte Costituzionale, la n. 97 del I aprile 2009, che in materia ha affermato il rispetto del principio di irretroattività, perchè si tratta di una pena ed è governata dalle regole della successione delle leggi penali nel tempo dell’art. 2 c.p.

7. - Il responsabile della prevenzione della corruzione. La nuova legge n. 190/2012 si compone di soli 2 articoli. L’art. 1 è composto da ben 83 commi e regola i criteri di organizzazione interni alla PA per prevenire la corruzione dei suoi agenti.

Il comma 7 dell’art. 1 stabilisce che l’organo di indirizzo politico nomina il responsabile della prevenzione della corruzione che nei Comuni italiani medio piccoli è individuato nel segretario comunale. La legge riconduce a questa figura due distinte ipotesi di responsabilità: disciplinare ed erariale.

Per tenere indenne il funzionario delegato da ipotesi di responsabilità potrebbe essere utile immaginare un modello operativo di barriera anticorruzione sulla base di quanto previsto dalla legge n. 231/200113. Infatti, potrebbe essere elaborato e adottato il “modello organizzativo interno” a questi fini.

Il Comune di Ascoli Piceno, seguendo il dettato normativo, ha individuato nel Segretario comunale il funzionario preposto. Questo, secondo il nostro avviso, 13 MARZUOLI C., Fenomeni corruttivi e pubblica amministrazione: più discipline, un unico obiettivo, in

Dir.pen. e proc., 2011, pag. 1045. PAVARELLO E., La responsabilità delle persone giuridiche di diritto

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dovrà essere chiamato a predisporre una sorta di modello organizzativo interno come regolamento di prevenzione anticorruzione, provvedendo anche ad istituire cicli di studio per la formazione e l’aggiornamento del personale.

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