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Indagine sul mercato degli affitti in Italia : rapporti regionali. 2008

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ISTITUTO NAZIONALE DI ECONOMIA AGR ARIA

Indagine sul mercato degli affitti in Italia

Rapporto regionale 2008

a cura di

Andrea Povellato, Davide Bortolozzo, Giulio Mela

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Introduzione ... 1

L'indagine sul mercato fondiario ... 1

Una sintesi dell'andamento del mercato degli affitti nel 2008... 1

Appendice statistica... 3

Piemonte... 5

Valle d'Aosta ... 7

Lombardia ... 9

Trentino Alto Adige ... 12

Veneto ... 15

Friuli Venezia Giulia ... 19

Liguria ... 22 Emilia Romagna ... 24 Toscana... 26 Umbria... 28 Marche... 30 Lazio... 32 Abruzzo ... 35 Molise... 37 Campania... 40 Puglia... 42 Basilicata ... 44 Calabria ... 46 Sicilia... 48 Sardegna ... 51

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Introduzione

L'indagine sul mercato fondiario

L’INEA cura una indagine sul mercato fondiario e degli affitti i cui risultati vengono pubblicati in un apposito capitolo dell’Annuario dell’agricoltura italiana. Dal 1947, il capitolo dedicato al mercato fondiario costituisce una delle più importanti fonti statistiche, se non l’unica in ambito nazionale, in questa materia. Da una decina d'anni i risultati dell'indagine vengono ripresi annualmente in forma estesa dalle principali testate agricole italiane.

L'Indagine è curata a livello regionale dalle Sedi regionali dell'INEA. I referenti regionali dell’indagine analizzano l’evoluzione in atto nel mercato degli affitti nella regione di propria competenza1. Le fonti d’informazione possono risultare diverse da regione a regione a seconda della disponibilità dei dati. La base informativa più importante è costituita dalle interviste con “testimoni privilegiati”, che generalmente comprendono mediatori, liberi professionisti, tecnici delle organizzazioni professionali e di enti pubblici. I referenti regionali aggiornano ogni anno una relazione che prende in esame le caratteristiche regionali del mercato degli affitti sulla base delle risultanze delle interviste e delle elaborazioni dei dati ISTAT relativi alle forme di possesso delle aziende agricole. A partire dall'Indagine 2008 si è deciso di pubblicare le relazioni regionali nel presente Rapporto regionale.

Le analisi sull'andamento del mercato sono disponibili sul sito Internet dell'INEA alla pagina dedicata all'Indagine sul mercato fondiario (http://www.inea.it/prog/bdfond).

Una sintesi dell'andamento del mercato degli affitti nel 2008

Il mercato degli affitti ha mantenuto anche nel 2008 un andamento contrastante, con un'attività piuttosto intensa nelle regioni settentrionali dove la domanda ha superato spesso l'offerta, mentre al Centro e soprattutto al Sud la situazione è stata meno dinamica e i nuovi contratti sono in calo. Il forte aumento dei canoni, conseguente al rialzo dei prezzi agricoli registrato alla fine del 2007, ha inciso pesantemente sui bilanci economici delle imprese agricole nel corso del 2008. L'acutizzarsi della crisi economica internazionale e la conseguente mancanza di liquidità avrebbe indotto molti imprenditori settentrionali ad incrementare la superficie aziendale tramite l'affitto piuttosto che attraverso l'acquisto. Al contrario in molte zone del Centro e del Sud la crisi e il calo generalizzato dei prezzi agricoli nella seconda metà dell'anno hanno frenato la stipula di nuovi contratti e mantenuto stabili i canoni. Come negli anni passati, si assiste ad un mercato parallelo per i terreni dotati o meno di titoli, per i quali il canone tende ad inglobare l'entità del titolo stesso.

Si osserva un'accelerazione nel processo di regolarizzazione degli accordi verbali, che comunque rimangono abbastanza diffusi nelle aree interne e marginali di tutto il Paese. La conversione, sopratutto nelle regioni meridionali, si deve alla necessità di dover dimostrare il possesso dei terreni per poter accedere ai contributi comunitari e a quelli previsti dai Piani di sviluppo rurale, i quali influenzano anche la durata dei nuovi contratti.

La corsa alla produzione di fonti alternative di energia ha i suoi effetti anche sul mercato degli affitti: al Nord i terreni vengono richiesti per la coltivazione di biomasse, mentre al Centro e al Sud per l'installazione di impianti fotovoltaici ed eolici. Sebbene il fenomeno interessi aree ancora limitate, è probabile che gli elevati canoni in genere

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corrisposti per questo tipo di superfici possano ripercuotersi sul livello degli affitti dei terreni prettamente agricoli.

Secondo l'ultima Indagine sulla struttura delle aziende agricole, realizzata dall'ISTAT nel 2007, la superficie affittata in Italia assomma a 3,2 milioni di ettari, che diventano 3,6 milioni se si aggiungono i 384.009 ettari concessi in uso gratuito, molto diffuso tra membri dello stesso nucleo familiare (tab. 1). Rispetto al 2000 si evidenzia una crescita del 17% della superficie in affitto, che interessa circa il 28% della SAU. Questo incremento, tuttavia, non è bastato a raggiungere i valori medi europei che registrano un'incidenza percentuale superiore al 40% della SAU.

L'affitto è molto diffuso nelle regioni del Nord-ovest dove interessa oltre la metà della SAU (tranne che in Liguria). Valori inferiori si registrano nel Nord-est dove comunque la percentuale si mantiene ben al di sopra della media nazionale (30%). L'incidenza dell'affitto decresce sensibilmente spostandosi verso il Sud della Penisola. Se al Centro la percentuale rimane poco al di sotto della media nazionale (25%), nel Mezzogiorno (comprese le Isole) scende sotto il 20%. Le superfici in affitto sono aumentate, rispetto al 2000, soprattutto nel Nord-ovest (+23%) e nelle Isole (+21%).

L'affittanza è più diffusa tra le aziende di maggiori dimensioni, quelle cioè che necessitano di ampie superfici per impiegare nel modo più efficiente possibile la dotazione di macchine (tab. 2). È interessante notare che l'attenzione per l'affitto cresce progressivamente fino ad interessare quasi il 60% delle aziende con oltre 250 Ude (circa 300.000 euro di reddito lordo standard), anche se l'incidenza delle superfici affittate raggiunge il valore massimo tra le aziende medio-grandi (da 100.000 a 300.000 euro di Rls). L'utilizzo della leva dell'affitto per accrescere la dimensione aziendale è un fenomeno comune anche ad altri paesi dell'Unione europea, soprattutto in quelli caratterizzati da un settore agricolo particolarmente evoluto: in Francia, Germania e Belgio (paesi dove la superficie media aziendale è molto maggiore di quella italiana) i due terzi della terra coltivata sono oggetto di contratti d'affitto.

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Appendice statistica

Tabella 1 - Evoluzione della SAU in affitto a livello regionale (superficie in ettari) - 2007

Superficie in affitto 2007

di cui Var. % % su totale % sulla

in uso gratuito 2007/2000 SAU totale

Piemonte 561.654 45.466 38,6 15,7 54,0

Valle d'Aosta 49.167 2.379 4,3 1,4 72,4

Lombardia 525.566 20.191 13,1 14,7 52,8

Trentino Alto Adige 49.806 5.822 7,5 1,4 12,5

Veneto 258.320 13.315 22,2 7,2 31,5

Friuli Venezia Giulia 79.979 16.568 8,6 2,2 35,1

Liguria 7.642 1.685 -43,3 0,2 15,5 Emilia Romagna 396.792 19.221 13,0 11,1 37,7 Toscana 203.406 33.619 9,3 5,7 25,2 Umbria 94.361 1.808 21,5 2,6 27,8 Marche 171.859 5.150 31,4 4,8 34,6 Lazio 106.690 11.979 2,0 3,0 15,8 Abruzzo 83.547 9.092 22,5 2,3 19,2 Molise 44.985 8.420 -6,7 1,3 22,5 Campania 119.409 16.809 15,5 3,3 21,2 Puglia 144.301 36.356 -2,9 4,0 12,1 Basilicata 103.079 22.768 23,3 2,9 19,0 Calabria 56.844 8.014 -7,1 1,6 11,1 Sicilia 232.125 50.667 36,0 6,5 18,5 Sardegna 280.720 54.680 10,6 7,9 26,2 Italia 3.570.251 384.009 17,0 100,0 28,0

Fonte: ISTAT, Censimento dell'agricoltura 2000, Universo CE e Struttura e produzioni delle aziende agricole,

2007.

Tabella 2 - Aziende e superficie agricola utilizzata in affitto per classe di dimensione economica (UDE) - 2007

Aziende (n.) Superficie (ha) In % su aziende totali In % su SAU totale Meno di 1 Ude 11.645 13.919 3,9 4,8 1 - 2 21.645 36.024 8,0 9,1 2 - 4 28.037 80.999 8,0 9,8 4 - 8 47.406 233.081 16,2 18,0 8 - 16 44.747 355.912 23,8 23,0 16 - 40 57.108 817.876 35,8 31,0 40 - 100 36.768 867.862 46,1 35,1 100 - 250 16.066 639.777 55,4 38,0 250 ed oltre 6.316 524.801 59,8 32,9 Totale 269.738 3.570.251 16,1 28,0

Fonte: ISTAT, Struttura e produzioni delle aziende agricole, 2007.

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Piemonte

Ilaria Borri

1. Quadro generale

Secondo l’indagine ISTAT sulla Struttura e produzioni delle aziende agricole nel 2007 il Piemonte risultava la prima regione per diffusione dell’affitto con una superficie di circa 562.000 ettari (16% del totale nazionale), comprensiva anche dei terreni concessi in uso gratuito (circa 45.500 ettari). L’incidenza rispetto alla SAU regionale era pari al 54%, un valore nettamente superiore alla media nazionale (28%). Rispetto al 2000 è stato inoltre registrato un incremento di circa il 39% della superficie in locazione.

Il mercato dell'affitto ha mostrato una generale prevalenza della domanda rispetto all'offerta. Gli affittuari hanno chiesto ai concedenti una riduzione dei canoni, mentre i proprietari hanno manifestato maggiore propensione alla vendita, viste le elevate quotazioni dei terreni. La conseguente diminuzione dell'offerta ha messo in difficoltà gli affittuari, perché spesso non dispongono di sufficienti risorse finanziarie per acquistare i terreni.

Il mercato è influenzato dalla riforma della PAC. È infatti diffusa la tendenza ad adeguare il canone dei contratti di nuova stipula al premio unico aziendale (PUA) o all'incremento di valore delle produzioni. Viceversa, sono in ribasso i canoni dei terreni privi di titoli e di quelli per i quali l'accesso alla riserva nazionale è problematico.

2. Tendenze a livello territoriale

La domanda è stata pressoché inesistente nelle aree montane e in quelle marginali pur a fronte di un'offerta assai elevata. L'unica eccezione è rappresentata dalle superfici pascolive d'alpe, per le quali esiste una certa richiesta da parte dei conduttori degli allevamenti bovini e ovini (i cosiddetti “malgari”) che monticano il bestiame durante la stagione estiva. A questo proposito, i testimoni privilegiati contattati nell’indagine segnalano il particolare fenomeno della “caccia agli alpeggi” a fini speculativi da parte di società immobiliari, aventi sede anche fuori regione. Tali società presentano offerte notevolmente superiori al prezzo stabilito come base d'asta pur di acquisire gli alpeggi di proprietà dei Comuni. I comuni montani piemontesi, infatti, sono soliti indire delle aste per la concessione in affitto dei pascoli d'alpe a ridosso del periodo di monticazione del bestiame (vale a dire nei mesi di maggio e giugno). Secondo le organizzazioni professionali agricole queste attività speculative sono rese possibili dalla normativa vigente, che non impone l’effettiva monticazione negli alpeggi. È infatti sufficiente che le aziende zootecniche dichiarino la disponibilità dei terreni.

Nelle aree collinari della regione (almeno per quanto riguarda le superfici a seminativo e a prato) la domanda è superiore all'offerta, soprattutto dove la direttiva nitrati, riguardante lo smaltimento delle deiezioni animali, è già in vigore.

La richiesta di vigneti nelle aree vocate delle province di Asti e di Cuneo è moderata, soprattutto per le produzioni di pregio e per gli impianti facilmente meccanizzabili. I canoni d'affitto dei vigneti sono in stallo a causa dell'andamento poco favorevole del mercato del vino, anche di pregio. Secondo alcuni testimoni la crisi economica ha aumentato il numero dei contratti d'affitto, poiché la minore liquidità a disposizione degli imprenditori impedisce loro di ricorrere al mercato delle compravendite.

Nell'astigiano il calcolo del canone come percentuale del valore della produzione (da un minimo del 12% a un massimo del 20%) comincia a diventare una prassi. Segnatamente, nel caso del Moscato (Canelli e comuni limitrofi) il canone è stabilito nella misura del 20% del

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prezzo delle uve (quelle certificate dal rilascio dell'apposito bollino, corrispondenti a una produzione di 100 q per ettaro) il cui prezzo viene fissato ogni anno dal Consorzio dei produttori di Moscato. Si tratta di una consuetudine che viene da tempo rispettata, a maggior ragione oggi che è obbligatorio registrare annualmente il contratto d'affitto.

Un'altra interessante notazione riguarda il problema dello smaltimento dei reflui zootecnici, in particolare di quelli derivanti dagli allevamenti suinicoli e avicoli, che influenza notevolmente il mercato degli affitti. La normativa vigente impone ai suinicoltori di disporre di un'adeguata superficie agraria, sia essa in proprietà o in affitto, per lo spandimento dei liquami prodotti dall'allevamento. Per questo motivo gli allevatori sono disposti a pagare canoni talmente elevati (pari anche al doppio delle tariffe normali) da falsare il mercato delle affittanze. Nel 2008, in diverse aree della pianura cuneese e torinese dove più elevata è la concentrazione di allevamenti intensivi bovini e suini, la necessità di rispettare la normativa sui nitrati è stata praticamente l'unica motivazione alla base di canoni elevati.

Nelle zone risicole (basso novarese e vercellese) c'è stata una netta prevalenza della domanda grazie alle favorevoli quotazioni di mercato raggiunte e mantenute dal risone. La forte richiesta di terreni ha favorito l’aumento dei canoni di affitto, anche se l'incertezza circa l'evoluzione futura della crisi finanziaria e della PAC ha portato a stipulare contratti di affitto di breve durata (2-3 anni) in modo che le parti possano ridefinire a breve le condizioni contrattuali.

3. Tipi di contratto

Nonostante gli accordi verbali siano ancora presenti nelle zone marginali, nella grande maggioranza dei casi i contratti vengono regolarmente registrati. La durata della maggioranza dei contratti è di tre anni, mentre sono pochi gli accordi annuali. Sono in aumento i contratti quinquennali per questioni legate all'accesso ai diritti della riserva nazionale.

4. Patti agrari e organizzazioni professionali

Le Organizzazioni professionali agricole forniscono assistenza agli agricoltori nella stipula dei contratti d'affitto. Il costo del servizio è contenuto, pur variando a livello provinciale e di Organizzazioni professionali. Si segnala l'esistenza di un accordo collettivo tra le organizzazioni professionali agricole solamente in provincia di Alessandria.

In provincia di Novara le organizzazioni professionali rispettano l'accordo verbale di non sottoscrivere contratti d'affitto qualora gli stessi non rispettino determinate condizioni, relative, ad esempio, al canone massimo (espresso in quintali di risone/ettaro) che può essere richiesto a seconda del tipo di azienda.

5. Aspettative future del mercato

I testimoni privilegiati prevedono un rialzo dei canoni, specialmente a causa dell'aumento dei prezzi del risone e dei vincoli imposti dalla direttiva nitrati, soprattutto nelle zone interessate dagli allevamenti intensivi. Nei casi in cui il canone non possa essere aumentato è probabile che i proprietari non rinnoveranno i contratti in essere e cercheranno di vendere i terreni.

Per il settore vitivinicolo non si prevedono grandi sconvolgimenti, anche se conseguentemente alla crisi finanziaria e alla relativa mancanza di liquidità, il ricorso all'affitto piuttosto che all'acquisto potrebbe diventare una pratica ancora più diffusa di quella attuale.

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Valle d'Aosta

Stefano Trione

1. Quadro generale

In Valle d’Aosta si osserva la più elevata incidenza della superficie in affitto rispetto alla SAU (72%). Secondo l’indagine sulla Struttura e produzioni delle aziende agricole dell’ISTAT nel 2007 questa forma di possesso ha interessato circa 49.200 ettari, che includono anche i terreni concessi in uso gratuito2. Rispetto al 2000 è stato registrato un modesto incremento della superficie concessa in affitto (+4%), spiegabile con la già elevata diffusione di questa forma di possesso dei terreni nelle aziende agricole valdostane.

Il mercato delle affittanze dei fondi rustici in Valle d'Aosta è fortemente influenzato, al pari del mercato dei terreni, dalla commistione dell'attività agricola con le attività produttive non agricole che rende i canoni estremamente variabili anche per terreni aventi caratteristiche similari.

La grande diffusione degli accordi non scritti continua a creare numerosi problemi all'Amministrazione Regionale per quanto riguarda l'allocazione dei contributi comunitari, nazionali e regionali spettanti agli agricoltori valdostani. Gli aiuti vengono concessi a chi effettivamente coltiva i terreni (proprietario o affittuario) sempre che possa dimostrare di aver titolo a coltivarli in modo legalmente riconosciuto, cosa impossibile in caso di semplici accordi verbali. Non di rado, infatti, sono gli stessi proprietari a beneficiare dei contributi, i quali vanno ad aggiungersi al canone d'affitto percepito in via informale. Per tali motivi l'Amministrazione Regionale ha inteso sensibilizzare i proprietari e i conduttori di terreni agricoli allo scopo di favorire la stipula di contratti d'affitto regolari. L'attività di sensibilizzazione della Regione, insieme con la minaccia di sanzioni a quei proprietari che cercano di intascare i contributi pubblici senza coltivare in prima persona i terreni, sembrano essersi rivelati efficaci; tuttavia, gli accordi verbali sono ancora diffusi per le piccole e piccolissime particelle di terreno agricolo e per gli alpeggi.

2. Tendenze a livello territoriale

Nel 2008 è avvenuto un cospicuo incremento delle registrazioni dei contratti d'affitto allo scopo di evitare l'insorgere di “anomalie” nell'attribuzione dei premi ai sensi degli interventi legati al Programma di Sviluppo Rurale 2007-13 della Valle d'Aosta (in particolare, quelli connessi alle misure agro-ambientali e alle indennità compensative a favore delle zone montane). L'organismo pagatore nazionale (AGEA) e l'omologo regionale (AREA) non consentono l'effettiva erogazione dei premi in mancanza di documentazione attestante la legale disponibilità delle superfici a premio: per questo nei primi mesi del 2009 risultano essere stati oggetto di registrazione oltre il 60% dei contratti di affitto inerenti alle superfici inserite nel PSR nel 2008.

Nell'anno oggetto d'indagine la domanda di terreni in affitto è rimasta molto sostenuta e non è stato rilevato alcun segnale che tale situazione possa cambiare nel prossimo futuro. Il livello dei canoni è rimasto pressoché invariato per quanto attiene le superfici foraggere di fondovalle (prati permanenti), mentre è stato segnalato un leggero aumento per le superfici d'alpeggio (pascoli).

L'elevata domanda di superfici foraggere è dovuta alla crescente esigenza delle aziende

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agro-zootecniche di comprovare la conduzione delle superfici al fine di documentare il rispetto dei limiti di carico di bestiame fissati dalla normativa regionale.

3. Tipi di contratto

Sono ancora molto diffusi gli accordi verbali, i cui canoni non si discostano da quelli dei contratti d'affitto regolarmente registrati. Permangono specifici usi in relazione alle modalità di pagamento del canone (superfici foraggere e ricoveri): spesso il compenso viene corrisposto a forfait con un conguaglio in natura (Fontina, Toma di Gressoney o burro proporzionato al numero di capi di bestiame monticabile). Per questo motivo, risulta assai difficile ottenere indicazioni circa l'entità di un canone di affitto “medio” per le diverse qualità di coltura.

4. Aspettative future del mercato

Nel corso del 2009 i canoni d'affitto si manterranno elevati. Per le preziosissime superfici foraggere d'alpe (i cosiddetti “pascoli fertili” e “pascoli magri”) continuerà la consuetudine secondo la quale il proprietario chiede all'affittuario un canone almeno pari all'indennità compensativa che la Regione eroga per l'esercizio di attività agricole in zone montane.

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Lombardia

Maurizio Castelli

1. Quadro generale

In Lombardia l’affitto è ancora largamente presente, specie in alcune province ove sussistono proprietà storiche di Enti, fra i quali l’Ospedale Maggiore di Milano, il Comune di Milano, gli Spedali Civili di Brescia. In particolare l’indagine sulla Struttura e produzioni

delle aziende agricole dell’ISTAT ha evidenziato che nel 2007 la superficie in affitto

ammontava a circa 526.000 ettari, compresivi di 20.200 ettari concessi a titolo gratuito. La superficie in affitto presentava un’incidenza del 53% sulla SAU regionale e ha mostrato un significativo incremento rispetto alla situazione rilevata nel 2000 (+13%). Le aziende che possiedono terreni in affitto sono quasi la metà (48% del totale), mentre quelle che hanno utilizzato solo l’affitto come forma di possesso rappresentano 1/3 del totale delle imprese agricole lombarde con terreni in locazione.

Il 2008, iniziato con grandi incertezze, è stato un anno caratterizzato dall’entrata a regime della riforma della PAC e dalla piena applicazione della direttiva nitrati. Si sono anche mantenute le attese per le produzioni energetiche da fonti rinnovabili. I canoni sono in aumento, soprattutto nel caso dei rinnovi contrattuali. Gli incrementi sono dettati dalla maggior domanda di superfici agricole e dalla tendenza a includere i premi PAC nel canone.

Nel 2008 l'agricoltura regionale è stata caratterizzata da redditi modesti per gli operatori delle filiere tradizionali (latte vaccino e suini in particolare), che ha indotto gli imprenditori agricoli (soprattutto i giovani) a preferire l'affitto rispetto all'acquisto dei fondi, anche in considerazione delle elevate quotazioni dei terreni.

La domanda di superfici in affitto da parte degli allevatori attivi nelle province a zootecnia intensiva è in aumento, soprattutto nel bresciano. Le province meridionali lombarde rappresentano un quarto della produzione nazionale di latte e oltre il 25% di quella di suini per l'industria salumiera.

I contoterzisti hanno tenuto un atteggiamento più prudente rispetto al recente passato, anche se in alcune zone sono stati molto attivi (spesso su incarico di investitori extragricoli) nell'acquisizione di superfici da destinare a colture no food per la produzione di energia da biomasse, causando un anomalo incremento dei canoni (soprattutto nel lodigiano).

2. Tendenze a livello territoriale

In tutte le zone di pianura la richiesta di terreni in affitto è in aumento, così come l'entità dei canoni, con qualche riduzione per i canoni più elevati e dove i richiedenti siano terzisti.

Nella provincia di Bergamo, dove è forte la presenza di colture specializzate, i canoni minimi sono in forte aumento. La domanda di suolo è alimentata dagli allevatori – che devono rispettare la direttiva nitrati - e dalle aziende che, prevedendo di essere espropriate a causa delle opere infrastrutturali programmate, intendono compensare tramite l'affitto la futura minor disponibilità di superfici.

A Brescia è ancora la zootecnia intensiva a determinare la lievitazione dei canoni, mentre è modesta la ricerca di superfici da destinare alle coltivazioni no food. Tuttavia, l'offerta di terreni (sia in vendita che in affitto) è così limitata che spesso gli allevatori si affidano a soluzioni impiantistiche per lo smaltimento dei liquami. Alcune aziende zootecniche di pianura, inoltre, hanno manifestato un certo interesse anche nei confronti degli alpeggi.

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In provincia di Cremona i canoni sono ancora in modesto aumento a causa della domanda di superfici (soprattutto da parte dei terzisti) da destinare alle produzioni energetiche da biomassa vegetale, in larga parte costituita dal mais.

Nelle province di Como e Lecco l'affitto è praticato solo per singoli appezzamenti e non per aziende intere. I proprietari sono più interessati ai termini di scadenza dei contratti piuttosto che all'entità dei canoni. Fanno eccezione i suoli destinati al vivaismo, per i quali i canoni sono in aumento. Sostenuta anche la domanda per gli alpeggi, soprattutto da parte degli agricoltori di pianura.

A Mantova l'aumento dei canoni è determinato dalla forte domanda degli allevatori. Nei comprensori a ridosso del fiume Po è forte anche la richiesta per le produzioni no food (granturco, altri cereali e colture oleaginose). Tuttavia, si registra una contrazione dei canoni massimi grazie ai minori importi ai quali vengono rinnovati i contratti.

Nella provincia di Milano i canoni sono in aumento del 10% per i contratti fino a un massimo di sei anni, qui considerati contratti “precari”. È prassi diffusa l'attribuzione ai fittavoli delle spese di manutenzione straordinaria, cosa che rende ancor più onerosi i canoni.

A Lodi i canoni lievitano grazie alla forte richiesta da parte degli allevatori e alle iniziative legate alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Anche qui, analogamente a quanto accade nel milanese, l'aumento dei canoni si accompagna alle scelte degli Enti, grandi proprietari terrieri, di accollare le spese di manutenzione straordinaria dei fabbricati rurali ai fittavoli.

A Pavia i canoni si sono mantenuti sui livelli dello scorso anno. Concorrono alla domanda la competizione dettata dagli impianti per la produzione di energia da biomasse e il rispetto della direttiva nitrati da parte delle aziende zootecniche. I testimoni hanno riportato leggere flessioni dei canoni per vigneti dell'Oltrepo.

La provincia di Sondrio si è contraddistinta per la riduzione dei canoni dei frutteti, poco redditizi. Di contro è attivo, con canoni in forte aumento, il mercato degli affitti degli alpeggi. Questi, di proprietà comunale, sono oggetto d'interesse da parte degli allevatori di pianura, disposti a pagare anche canoni onerosi, la cui domanda entra in competizione con quella degli allevatori locali.

In provincia di Varese l'affitto è poco diffuso e, in genere, risulta orientato all'aumento delle superfici aziendali da parte di aziende concentrate esclusivamente nella produzione alimentare e non nell'esercizio della multifunzionalità.

3. Tipi di contratto

In pianura i nuovi contratti sono quasi tutti in deroga, mentre nelle aree montane e marginali persiste un mercato dove prevalgono gli accordi verbali (con pagamento del canone in natura). Nelle aree di montagna, per piccoli appezzamenti, non c'è mai contenzioso e l'accordo è vissuto dai contraenti come la scelta ottimale, meno onerosa per entrambe le parti.

I contratti sono annuali per le colture specializzate (orticole, floricole, vivai). Nel caso degli accordi con i contoterzisti, il canone, qualora sia previsto, è in genere superiore a quello stipulato negli accordi in deroga, anche se in leggera flessione rispetto al 2007. I canoni sono in media più alti per le superfici da destinare allo spandimento dei liquami zootecnici.

4. Patti agrari e organizzazioni professionali

Le organizzazioni professionali agricole sono, in linea di principio, tutte favorevoli alla stipula di accordi collettivi, perché questa rappresenta l'unica via realisticamente percorribile per contrastare la tendenza a utilizzare il contoterzismo come forma impropria di affittanza e per regolamentare rapporti altrimenti esposti alle pressioni degli investitori extragricoli.

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Anche la proprietà fondiaria manifesta in genere una buona disponibilità a raggiungere accordi con la controparte. Tuttavia, in molte province, i cattivi rapporti tra le varie organizzazioni professionali non hanno finora permesso la stipula di accordi collettivi. Inoltre, laddove gli accordi sono presenti, vengono regolarmente disattesi.

5. Aspettative future del mercato

Per il futuro si prevede una rivalutazione generalizzata dei canoni specie per quelli delle proprietà fondiarie degli Enti pubblici. Nelle zone di pianura gli aumenti dovrebbero riguardare principalmente gli ordinamenti specializzati e redditizi (colture florovivaistiche, orticole e viticole). Per le altre tipologie di coltura, gli intervistati ritengono poco probabili ulteriori aumenti viste le difficoltà di reddito che caratterizzano larga parte delle imprese agricole impegnate nelle produzioni agroalimentari locali.

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Trentino Alto Adige

Luigi Gambarin

1. Quadro generale

La diffusione dell’affitto in Trentino Alto Adige risulta ancora limitata: i dati rilevati dall’ISTAT con l’indagine sulla Struttura e produzioni delle aziende agricole mostrano, per il 2007, una superficie in affitto di poco inferiore ai 50.000 ettari3. L’incidenza rispetto alla SAU è tra le più contenute a livello nazionale e non supera il 13% nonostante rispetto al 2000 sia stato registrato un incremento del 7% della superficie concessa in affitto. Le aziende che utilizzano questa forma di possesso della terra sono il 13% del totale. Circa il 70% della superficie in affitto è localizzata nella Provincia di Autonoma di Bolzano.

In Trentino la domanda di superficie in affitto è stata, come negli anni passati, elevata per tutte le tipologie colturali. La maggior parte della domanda è costituita da operatori del settore zootecnico in cerca di terreni che consentano loro di rispettare le nuove e più restrittive norme sullo smaltimento dei liquami. In Alto Adige la domanda è invece molto bassa e legata più che altro all'arrotondamento delle superfici aziendali. Il numero dei contratti è in calo e la tendenza, soprattutto da parte delle grandi aziende, è quella di sostituire l'affitto con forme più agili di contratto.

In Trentino, gli affitti in scadenza o i nuovi contratti vengono stipulati con notevoli aumenti del canone (almeno del 10-15%) in funzione delle tipologie colturali e della localizzazione degli appezzamenti, nonostante le organizzazioni professionali cerchino di porre dei limiti alla loro crescita.

La durata dei contratti è mediamente di 5-6 anni (in diminuzione) tranne che per vigneti, frutteti (9 anni) e prati (10-15 anni). Alla risoluzione del contratto si assiste sia all'acquisto dell'azienda da parte dell'affittuario, sia alla disdetta con ricorso del proprietario al contoterzismo.

Nelle zone dove i comuni indicono aste per l'aggiudicazione dei terreni sono nati contenziosi sull'equità dei canoni. La contestazione degli agricoltori riguarda il passaggio da un canone equo a uno libero, che spesso viene giudicato troppo elevato.

In molte zone della Regione - soprattutto in Trentino - l'affitto è visto come uno strumento per aumentare le dimensioni aziendali e quindi la capacità reddituale sfruttando le economie di scala. Negli ultimi anni i frutticoltori trentini hanno preferito acquistare i terreni invece che affittarli a causa della diffusa fitopatia che colpisce le mele: in caso di contagio e, quindi, di mancati redditi, il canone rappresenterebbe un peso aggiuntivo. Anche sul fronte dell'offerta si colgono delle novità: i proprietari trentini sono divenuti meno diffidenti nei confronti di questa forma di possesso dei terreni, mentre quelli altoatesini riservano ancora una certa sfiducia nei confronti della legge 203/82.

2. Tendenze a livello territoriale

In Trentino la diffusione dell'affitto varia in funzione delle diverse zone agricole. La Valle dell'Adige (tra le più avanzate dal punto di vista agricolo), la Valle di Sole, la Val di Non, Primiero e la bassa Val Sugana presentano una percentuale inferiore alla media provinciale, mentre Vallagarina, alta Val Sugana e Fassa presentano un livello d'affitto superiore. Nella maggioranza dei casi i contratti vengono stipulati sulla base dell'art. 45 della

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legge 203/82. La domanda di prati da parte delle grandi aziende zootecniche è elevata a causa dell'introduzione del limite di 3 UBA/ettaro per l'indennità compensativa e di 2,5 UBA/ha per le misure agroambientali. Per queste aziende l'incremento della maglia poderale è fondamentale, poiché i loro redditi dipendono soprattutto dai premi comunitari e, quindi, dalla superficie in loro possesso. Le malghe attive con più di un pascolo a disposizione sono circa 300. Se il loro utilizzo è ad uso zootecnico il canone d'affitto medio si aggira tra i 40–50 euro per capo bovino.

La domanda ha prevalso per tutte le colture e i canoni sono risultati in rialzo. Le quotazioni per i frutteti di fondovalle oscillano tra 1.845 e 2.060 euro/ha (+3%), mentre per i vigneti la media oscilla tra i 3.800 e i 5.000 euro/ha4 (+15%). Nelle zone collinari i canoni dei vigneti sono inferiori e vanno dai 3.220 ai 3.800 euro/ha (+2%). Nel corso del 2008 sono aumentati i canoni per prati e seminativi, che vengono affittati a cifre comprese tra 425 e 500 euro/ha (+5%).

In Alto Adige domanda e offerta sono in equilibrio, anche perché le richieste di terra non hanno beneficiato della spinta provocata altrove dalla normativa nitrati. In questa zona, infatti, il liquame in quantità eccedente alla normale concimazione viene conferito alle numerose centrali di biogas presenti nel territorio che lo convertono in metano e poi in energia. In generale i proprietari preferiscono evitare gli affitti di lunga durata e quindi cercano spesso di rinegoziare i contratti per tempi meno lunghi oppure di riscattarli per orientarsi verso la conduzione diretta o la vendita. La domanda viene sospinta soprattutto dalla volontà di sfruttare al meglio la dotazione di macchine già presenti in azienda.

Sono presenti sia contratti stipulati in base all'art. 45 della legge 203/82, che contratti verbali, diffusi per tutti i tipi di colture. Gli operatori usufruiscono della consulenza da parte delle organizzazioni sindacali per la stipula. I canoni per frutteti e vigneti irrigui e in ottimo stato possono arrivare anche a 2.500 euro/ha con punte fino a 4.000 euro/ha. Per i seminativi vengono richiesti dai 600 ai 750 euro/ha (-20% rispetto al 2007) in funzione della posizione. È necessario precisare come sia molto difficile trovare terreni in affitto di ampiezza superiore all'ettaro: la maggior parte dei contratti interessa, infatti, superfici inferiori ai 3.000 mq.

3. Tipi di contratto

Rispetto agli anni precedenti è aumentata la diffusione dei patti in deroga che oramai sono la forma preponderante di contratto. Tuttavia, le due province presentano delle differenze: gli ultimi dati ISTAT evidenziano un'incidenza dell'uso gratuito (che spesso cela altre tipologie contrattuali) del 5,6% a Bolzano e del 48% a Trento.

La sentenza d'illegittimità costituzionale riguardante gli articoli 9 e 62 della legge 203/82, non ha provocato conseguenze di rilievo data la prassi consolidata di ricorrere all'articolo 45. Tuttavia, in provincia di Trento il “vuoto legislativo” si è tradotto in canoni troppo elevati e poco rispondenti ai parametri economici legati all'azienda. A questo proposito sono nati dei contenziosi tra gli affittuari dei terreni di proprietà comunale e i comuni stessi: dopo l'asta per l'aggiudicazione del terreno e la firma del contratto d'affitto, il vincitore sollevava il problema del canone eccessivamente alto e muoveva causa al comune.

In Alto Adige è di nuovo aumentata la domanda di terreni con lo scopo di adeguare la superficie aziendale alla dotazione di capitale agrario. In provincia di Trento le richieste di terra in affitto sono maggiori di quelle per l'acquisto di terra. Questo non solo per rispondere alla necessità di avere aziende più dinamiche e competitive ma anche perché spesso l'affittuario si impegna a effettuare miglioramenti nell'azienda, come il cambiamento delle

4 In provincia di Trento vige anche l'obbligo allo spianto dei meleti con età superiore ai 25 anni poiché

particolarmente colpiti dal fitoplasma Apple Proliferation (AP) e fonte di contagio per le altre piante. Per questa operazione la Provincia ha stanziato un premio di circa 4.000 euro/ha.

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varietà allevate. Tali accordi prevedono l'azzeramento del canone per i primi 4-5 anni, l'applicazione dell'equo canone per i successivi 4-5 anni e, infine, un canone libero da stabilire per la rimanente durata dell'affitto. Negli ultimi anni si è assistito anche a uno sviluppo del mercato degli affitti per i prati, soprattutto grazie all'interesse da parte delle aziende zootecniche.

In Alto Adige gli accordi verbali e quelli di comodato d'uso sono più frequenti per il taglio dei prati e l'utilizzo dei pascoli. L'art. 45 della legge 203/82 è maggiormente utilizzato per colture a più alto reddito (frutteti e vigneti).

4. Patti agrari e organizzazioni professionali

Le organizzazioni di categoria sono favorevoli ai patti in deroga, ma mentre in Trentino si è arrivati alla sigla, quasi unanime, di un accordo interprofessionale, in Alto Adige tutti i contratti sono stipulati in deroga secondo un modello tipo redatto dall'organizzazione professionale degli agricoltori di lingua tedesca. L'accordo collettivo trentino in materia di contratti agrari, siglato il 03/04/1995, è in gran parte basato sulla legge 203/82 e si sviluppa in 13 articoli. La durata del contratto è “commisurata all'orientamento produttivo del fondo, alle strutture aziendali e alle effettive condizioni dell'azienda”. In sostanza la durata può andare da un minimo di 5 a un massimo di 15 anni. Recentemente è emersa l'esigenza di rivedere e rinnovare l'accordo vista la forte discrepanza con la realtà. Si segnala che, delle sette Organizzazioni professionali presenti in Provincia di Trento, solo l'U.P.A. non ha aderito all'accordo.

5. Aspettative future del mercato

In provincia di Trento la domanda di terreni in affitto è alta, anche se le motivazioni degli operatori dipendono dal tipo di attività svolte. Per le colture arboree ad alto reddito (viti e frutteti) l'aumento di superficie è in genere un effetto del buon andamento del mercato dei prodotti agricoli ed è finalizzato al contenimento dei costi di produzione. I seminativi e i prati sono oggetto di richiesta da parte delle aziende zootecniche per rispettare i vincoli agro-ambientali e per riscuotere l'indennità compensativa, fondamentale per una settore ormai al collasso. A questo proposito il nuovo PSR 2007-2013 destina molte risorse alla zootecnia, riconoscendo al settore un ruolo centrale nella manutenzione e conservazione del territorio. L'evoluzione del mercato e la sempre maggiore concorrenza estera fa emergere la necessità di strutture agricole più ampie e più efficienti in grado di contenere i costi di produzione.

Nonostante la crescente popolarità dell'affitto, i forti aumenti dei canoni avvenuti nel 2007 e nel 2008 hanno generato preoccupazione tra gli operatori, che temono un più difficoltoso accesso alla terra, inopportuno in un momento di crisi economica generale.

In Alto Adige gli operatori continuano, come negli anni scorsi, a puntare sulla qualità del prodotto e a migliorare e razionalizzare l'organizzazione commerciale. Nel 2009 si prevede un calo del numero dei contratti e dell'entità dei canoni a causa dell'andamento commerciale per le colture arboree e delle produzioni per le erbacee.

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Veneto

Luigi Gambarin

1. Quadro generale

La relativamente scarsa diffusione dell'affitto in Veneto rappresenta un retaggio del passato, quando non esistevano i contratti in deroga e la libera trattativa tra le parti. Nel 2007 la superficie in affitto si è attestata su 258.300 ettari, secondo quanto rilevato dall’indagine sulla Struttura e produzioni delle aziende agricole dell’ISTAT5. Rispetto al 2000 è stato osservato un significativo incremento della diffusione di questa forma di possesso dei terreni (+22%), tanto che l’incidenza della superficie in affitto rispetto alla SAU totale è salita al 31%. Tale incidenza risulta peraltro ancora inferiore rispetto a quella di gran parte delle regioni settentrionali. L’istituto dell’affitto è presente in quasi 27.000 aziende agricole regionali (19% del totale) e quelle che possiedono solo terreni in affitto sono 8.400.

Il rapporto tra domanda e offerta non è omogeneo a livello regionale. Nelle zone più spiccatamente zootecniche delle province di Verona, Vicenza, Venezia e Rovigo prevale la domanda a causa della necessità degli allevatori di ottemperare alla normativa “nitrati”. I rinnovi contrattuali in genere avvengono a canone invariato, mentre per i nuovi contratti la zona o necessità particolari sono fondamentali nella determinazione del livello del canone. Globalmente, il 2008 si è caratterizzato per una diffusa stabilità dei canoni per tutte le tipologie colturali.

A seguito della riforma della PAC il mercato dei prodotti è diventato il punto di riferimento per gli agricoltori che, al diminuire degli aiuti, devono aumentare la superficie a loro disposizione tramite l'acquisto o l'affitto di nuovi terreni con l’obiettivo di mantenere un reddito adeguato.

2. Tendenze a livello territoriale

In provincia di Verona prevale la domanda nella pianura del capoluogo e in quella di Legnago, soprattutto da parte degli allevatori che devono smaltire i liquami. Nella Pianura Veronese per un terreno con titoli vengono chiesti 600 euro/ha che si riducono della metà se il terreno è sprovvisto di titoli. Nella pianura di Legnago i canoni dei nuovi contratti sono in aumento del 20-30%, mentre nelle colline Progno Alpone (centro-est) i canoni dei contratti di nuova stipula risentono della congiuntura negativa e perdono il 10%. La durata media contrattuale per le colture erbacee è di 5-6 anni, ma in alcune zone (Sommacampagna, Valeggio e Nogarole) la tendenza è quella di ridurla a 2-3 anni per non lasciare eventuali vincoli agli eredi. Per quanto riguarda le colture arboree nella zona centro-occidentale della provincia i pescheti vengono affittati a 900-1.000 euro/ha e i vigneti nelle zone più pregiate delle colline Progno-Alpone (Soave e Illasi) a 1.300-1.700 euro/ha, fino ad arrivare ai 3.000 euro/ha nella zona del Valpolicella.

A Vicenza i canoni sono rimasti sostanzialmente invariati con l’eccezione dei prati per i quali è stato registrato un calo del 10%, con flessioni più marcate nelle zone vocate alla zootecnia (-15/-20%). Nell'Altopiano di Asiago l'affitto per le malghe con pascolo è legato ai capi presenti e alla media del prezzo del latte pagato dalle cooperative. Nel 2008 il canone è aumentato del 13% a causa delle variazioni sia del prezzo (+8,8%) che della quantità di latte prodotta (+3,5%). Per una malga vengono pagati circa 5.400 euro/anno per una durata di 6

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anni. I canoni dei vigneti variano da 790 a 1.300 euro/ha.

A Belluno la domanda è orientata all'ampliamento della superficie aziendale. La normativa nitrati non ha provocato aumenti dei canoni perché il carico bovino è già dimensionato alla superficie a disposizione. Gli accordi verbali interessano il 90% del totale della SAU, sono di durata decennale e i canoni vanno dalla semplice manutenzione (sfalcio) a 50 euro/ha (o l'equivalente in natura).

In provincia di Treviso la domanda è sostenuta dagli zootecnici, sia per la distribuzione del liquame che per la produzione di insilato come alimento per bovini e suini. I canoni per i seminativi sono aumentati e oscillano tra i 200 e i 250 euro/ha se provvisti di titolo e tra i 150 e i 180 euro se ne sono privi. Nella pianura di Treviso la normativa nitrati non crea più pressione sui canoni che si sono stabilizzati tra i 550-650 euro/ha dei seminativi e i 600-1.200 euro/ha delle orticole. I canoni dei vigneti di pianura e dei DOC di Valdobbiadene sono stabili (2.500-3.000 euro/ha). Per quanto riguarda i prati e i pascoli, dal 2003 è attivo un consorzio di allevatori (circa 25) che occupano i pascoli di proprietà di Veneto Agricoltura che li ha affittati per un periodo di 30 anni. In questo modo si è trovato un sistema per calmierare la rincorsa alla malga con relativo aumento dei canoni.

A Venezia prevale la domanda nella pianura del Brenta con un incremento del numero dei contratti del 3-5%. A Chioggia i valori sono stabili, anche se i seminativi hanno canoni superiori rispetto alla media della provincia (600-700 euro/ha) nonostante un calo del 10%.

A Padova prevale la domanda, anche se nella zona sud-occidentale i bassi prezzi dei prodotti agricoli hanno influito negativamente sui canoni dei nuovi contratti (-10/15%). I seminativi vengono affittati a 520 euro/ha, gli orti a 2.500 euro/ha e i vigneti tra 1.600 e 2.300 euro/ha.

A Rovigo prevale la domanda. I canoni dei seminativi sono in aumento, sostenuti dalle richieste degli operatori zootecnici. È elevata la domanda di terra per la realizzazione di impianti per la produzione di energia alimentati da materia prima agricola di produzione locale. Si formano delle società miste tra la ditta che costruisce l'impianto e l'azienda agricola interessata. L'azienda agricola fornisce parte del capitale e garantisce la materia prima sufficiente per il funzionamento dell'impianto. Si stima che per ogni megawatt di potenza occorrano circa 300 ettari di superficie. Per fare fronte agli impegni gli agricoltori e i contoterzisti sono disposti a prendere in affitto la terra anche a 1.000 euro/ha.

3. Tipi di contratto

I contratti sono stipulati ovunque in base all'art. 45 della legge 203/82. Da più parti si chiede, tuttavia, una revisione della legge o una nuova normativa, che tenga conto delle mutate esigenze del mondo agricolo. A questo proposito diventa importante la sentenza della Corte Costituzionale che abroga i due articoli della legge 203/82 riguardanti l'equo canone, ritenendo inopportuno mantenere un sistema centrato su calcoli basati sulla rivalutazione dei redditi dominicali fissati nel 1939.

Nel settore delle proteoleaginose sono i contoterzisti a prendere in affitto terra dai proprietari medio/grandi per trarre vantaggio dalla fiscalità agraria.

Le organizzazioni professionali di categoria invitano i loro assistiti a stipulare contratti in deroga, con una durata media di 3-5 anni. Nel padovano i contratti di lunga durata stipulati in base all'art. 45, riguardano prevalentemente i giovani per l'ottenimento dei contributi regionali. Sempre nel padovano, gli accordi verbali, che sfuggono a ogni controllo, hanno in genere durata annuale.

Nel bellunese il 90% della superficie affittata è vincolata da accordi verbali, più per consuetudine che per interessi economici. Nelle zone più disagiate è addirittura il proprietario che paga per il taglio dei prati. Nel vicentino la durata dei rinnovi è di circa 5-6 anni in pratica

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fino alla conclusione del nuovo PSR. A Rovigo la durata si sta allungando dai 3 anni iniziali ai 5-6 attuali. In provincia di Venezia i contratti verbali hanno una durata da 1 a 2 anni quando sono relativi a contoterzisti o aziende zootecniche in cerca di ampliamenti della superficie.

Per i vigneti invece la durata è superiore ai 10 anni in tutte le province. A Verona si arriva ai 12 anni se il reimpianto è a spese del conduttore, mentre se il vigneto è in piena produzione la scadenza avviene 5-6 anni dopo la stipula. Nelle zone vocate del trevigiano la durata media è di 5-10 anni con il vigneto in atto. Qualora l'impianto venga realizzato dall'affittuario la durata sale a 15-20 anni. Per le orticole e i vivai di frutteti i contratti sono di 2-3 anni poiché, per motivi fitosanitari, il terreno ritorna a seminativo.

Nel veneziano vengono offerte piccole superfici per un periodo di 1-4 anni a operatori professionali, in particolare allevatori di vacche da latte.

4. Patti agrari e organizzazioni professionali

Tutti i contratti di affitto conclusi sono in deroga. Tale tipologia trova il favore di tutti gli operatori, comprese le organizzazioni di categoria. Per quanto riguarda, invece, l'accordo collettivo solo Verona, Rovigo, Vicenza e Treviso hanno una base di accordo scritto o in via di definizione; tutte le altre province ne sono prive.

A Verona è in vigore un accordo tra Coltivatori diretti e Unione agricoltori, mentre è in via di definizione un accordo più ampio fra tutte le principali organizzazioni. A Rovigo l'accordo è in via di perfezionamento, mentre a Vicenza esiste un accordo provinciale firmato dall'Unione provinciale Agricoltori, dalla Federazione provinciale Coltivatori Diretti e dalla Confederazione Italiana Coltivatori. Tale accordo, stilato in 11 articoli, ricalca a grandi linee la legge 203/82. A Treviso il 24/2/97 è stato firmato l'accordo collettivo provinciale da tutte le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative. Questo accordo affronta i punti chiave del rapporto d'affitto (durata e canone) cercando di comprendere le diverse realtà contrattuali. La durata minima è di 3 anni per terreni con superficie inferiore a 1,5 ha; 5 anni per terreni con superficie maggiore di 1,5 ha; 7 anni per terreni con fabbricati utilizzabili come abitazione o come stalla; 9 anni per aziende intere con strutture che permettano l'esercizio di impresa agricola. Alla scadenza i contratti si intendono risolti senza necessità di comunicare la disdetta. Il canone viene commisurato a un parametro attinente ai nuovi valori catastali a seconda della coltura e della regione agraria. Se il cambiamento della disciplina di applicazione della riforma della PAC introducesse elementi di squilibrio tra le attuali regole, le organizzazioni si impegnano a stabilire meccanismi di modifica della struttura o del livello del canone. Infine per quanto riguarda i miglioramenti fondiari la disciplina è molto simile a quella della legge 203/82. Così come formulato, questo accordo non viene più attuato in favore di accordi personali, tuttavia rappresenta un punto di riferimento per l'accordo definitivo.

5. Aspettative future

Sebbene le attese degli operatori differiscano a livello territoriale è possibile delineare alcune aspettative generali. Gli effetti della normativa ambientale sui carichi di nitrati hanno pesato meno sull'affitto di terra rispetto al passato, sia perché molti operatori avevano già provveduto all'adeguamento delle superfici nel 2007 sia per l'intervento della Regione che ha ampliato i parametri nel caso degli avicoli. Nel 2008 si sono avuti importanti aggiustamenti alla PAC che avranno sicuramente delle ricadute importanti anche sul mercato degli affitti.

Le aspettative degli operatori per il 2009 sono di una stabilità dei canoni dei seminativi o di un loro calo per le diffuse difficoltà degli agricoltori medio/piccoli nel raggiungere redditi

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che permettano loro una sufficiente disponibilità economica. Per quanto riguarda la viticoltura la priorità degli addetti sarà quella di puntare sulla qualità del prodotto tramite la creazione di consorzi. A questo proposito nel 2009 entrerà in vigore la seconda parte della riforma dell'OCM vino che ha lo scopo di ridurre la produzione e riequilibrare il mercato.

Il Ministero ha fissato al 15 maggio di ogni anno la data di disponibilità dei terreni ai fini della domanda per i pagamenti diretti. Ciò rende più semplice, ai fini della PAC, la stipula dei contratti di affitto, le concessioni in uso dei terreni e i passaggi di proprietà. Resta inteso che eventuali mancanze del rispetto della condizionalità, verranno imputate al soggetto che ha inserito il terreno nella domanda unica, anche se non più in possesso del medesimo.

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Friuli Venezia Giulia

Luigi Gambarin

1. Quadro generale

In Friuli Venezia Giulia l’affitto interessa circa 80.000 ettari, una superficie pari al 35% della SAU regionale. Tali dati, riferiti all’indagine 2007 dell’ISTAT sulla Struttura e

produzioni delle aziende agricole sono comprensivi anche delle superfici concesse in uso

gratuito. Si tratta di circa 16.600 ettari: per il 20% dei terreni in affitto non viene, quindi, teoricamente corrisposto alcun canone. Nel periodo 2000-2007 la crescita della superficie in affitto è risultata di poco inferiore al 9%.

Dall'introduzione della riforma Fischler gli agricoltori hanno ormai compreso che per mantenere un reddito adeguato ed essere più competitivi sul mercato devono aumentare la superficie aziendale. Questo fatto ha avuto come conseguenza un aumento della richiesta dei terreni in affitto.

Nel 2008 la domanda ha prevalso nelle province di Gorizia e Trieste, mentre a Udine la situazione è molto eterogenea e cambia in funzione della localizzazione dei terreni e delle dimensioni delle aziende agricole. Infatti nella zona centro-orientale della provincia e nel confine meridionale con Pordenone è l'offerta a prevalere, mentre la domanda è più vivace nelle regioni agrarie meridionali confinanti con Venezia, dove ci sono aziende di medio-grandi dimensioni. Nelle zone settentrionali, di collina e montagna, ha prevalso la domanda soprattutto verso le malghe e i prati a esse legati.

L'offerta è sostenuta dalle piccole aziende, messe in forte difficoltà dalla riduzione degli aiuti comunitari, dal calo dei prezzi agricoli e dal contestuale aumento dei costi dei fattori di produzione. A Pordenone sembra esserci un equilibrio, anche se molti operatori segnalano un aumento della disponibilità ad affittare da parte dei piccoli proprietari nelle zone centro-occidentali della provincia. Questa offerta sembra motivata da contingenze generali (diminuzione dei redditi aziendali soprattutto per le piccole aziende) e dalle difficoltà di applicazione della riforma della PAC per le aziende più piccole. Gli aggiustamenti approvati nel maggio 2008 riguardano la revisione dei regolamenti sugli aiuti diretti, sull'OCM unica e sul sostegno allo sviluppo rurale e richiedono da parte degli operatori un nuovo approccio al mercato. Si passa, infatti, da una logica di contenimento della produzione a una di mercato che considera le esigenze dei consumatori e dell'ambiente.

Il sostegno previsto dal PSR alle zone montane con le misure agroambientali e le indennità compensative per le zone svantaggiate influisce nella determinazione della base d'asta per l'affitto delle malghe. Dall'agosto del 2008 sono entrati in vigore alcuni capitoli della nuova OCM vino, settore importante per l'economia della regione. In particolare è già attivo il programma nazionale di sostegno che contiene una serie di misure quali la promozione del prodotto e la ristrutturazione e riconversione dei vigneti. Dall'agosto 2009 entreranno in vigore i rimanenti capitoli.

2. Tendenze a livello territoriale

La provincia di Udine presenta situazioni differenti nelle tre fasce altimetriche. In Carnia la domanda continua a prevalere, soprattutto grazie agli incentivi previsti per i pascoli dalle misure agroambientali del PSR. In queste zone la durata dei contratti d'affitto per le malghe di proprietà dei comuni varia tra i 5 e i 10 anni, con canoni che si aggirano tra 8mila e 10mila euro/ha (+25%) in funzione della durata e della domanda. Nelle zone a vigneto DOC

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dei colli orientali la domanda è legata alle aziende professionali, mentre l'offerta è sostenuta dai piccoli produttori in difficoltà economiche. I canoni variano tra gli 800 e i 2.800 euro/ha. In pianura e nel medio Friuli (zona tra pianura e collina), caratterizzate in massima parte da aziende di piccole dimensioni con indirizzo produttivo misto, ha prevalso la domanda. Nella zona di Udine i vigneti vengono affittati per 500-1.500 euro/ha. Nella pianura litoranea i canoni per i seminativi variano a seconda della possibilità di irrigare le colture.

Nel pordenonese l’equilibrio tra le due componenti del mercato la stabilità è riscontrabile in montagna, nelle colline centrali e nella pianura parallela al Tagliamento, mentre nella pianura a ovest prevale l'offerta. Il livello dei canoni è ovunque stabile, con qualche leggera flessione, nei valori massimi, per le colture arboree (-6%). I canoni per i seminativi asciutti oscillano intorno ai 250-400 euro/ha, mentre per quelli irrigui tra i 300 e i 500 euro. I vigneti DOC nella zona destra Tagliamento vengono affittati nelle zone vocate tra gli 800 e i 1.600 euro/ha, mentre quelli non DOC tra i 650 e i 1.300 euro/ha, il tutto in linea con i canoni dello scorso anno. Nella zona di Rauscedo la richiesta per i vivai di barbatelle è tale che gli agricoltori affittano terreni anche fuori comune spingendosi più a sud verso S. Vito al Tagliamento (canoni intorno a 2.000 euro/ha). I canoni per frutteti e vigneti alla destra del Tagliamento sono in calo del 6%.

Nel goriziano la domanda prevale sull'offerta. Il vigneto DOC ha canoni di 500-1.000 euro/ha, mentre nelle zone più rinomate del Collio (S. Floriano, Savogna, Dolegna e Capriva) vengono raggiunti valori ben più alti, tra 1.500 e 3.000 euro/ha con punte di 3.500 euro/ha. I seminativi invece hanno prezzi di 250-500 euro/ha.

Si segnala, infine, nel triestino la prevalenza della domanda di terra sostenuta dalla necessità di ampliare la superficie aziendale. La scarsa superficie disponibile è affittata per canoni di 500-1.500 euro/ha per i vigneti, 30-150 euro/ha per i prati e 450-1.500 euro/ha per gli orti.

3. Tipi di contratto

In tutta la regione sono siglati contratti in deroga in base all'art. 45 della legge 203/82. Esistono ancora accordi verbali in provincia di Udine, i cui canoni sembrano ormai adeguarsi ai valori dei contratti in deroga.

Il 47% della superficie in affitto viene concessa sotto forme contrattuali come il comodato d'uso. Questo fenomeno, spesso praticato per i prati nelle zone più difficili e marginali della montagna, sembra essersi diffuso anche per piccole superfici che i proprietari, per diverse ragioni, non possono o non vogliono coltivare direttamente.

4. Patti agrari e organizzazioni professionali

In provincia di Udine non c'è nessun tipo di accordo collettivo ma esistono organismi interni alle stesse organizzazioni professionali che fungono da “controparte” al momento della stipula di contratti. A Gorizia e Trieste non è presente nessun accordo. A Pordenone l'accordo tra le organizzazioni professionali è in vigore dal gennaio 1997.

5. Aspettative future

L'evento più significativo del 2008 è stata l'altalena dei prezzi della granella del mais e dei mezzi di produzione (fertilizzanti) che ha ridotto il reddito degli agricoltori e messo in discussione la programmazione tecnica ed economica per il futuro. Per le grandi aziende, che hanno saputo sfruttare le economie di scala, è stato lo spunto per aumentare la dotazione di terra e sfruttare così la contingenza.

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Il comparto agricolo friulano è in difficoltà a causa di una serie di emergenze: la direttiva nitrati continua a creare problemi alle aziende zootecniche, la burocrazia non subisce alcuna semplificazione, il PSR non è in linea con le aspettative delle imprese professionali e la crisi economica-finanziaria globale crea carenza di liquidità agli operatori, soprattutto a quelli più deboli.

L'entrata a regime della PAC potrebbe favorire gli agricoltori in grado di prevedere le richieste future del mercato e quindi di organizzarsi in una logica di economie di scala, ottenibili solo dalle aziende di dimensioni opportune.

Gli operatori ipotizzano maggiori disponibilità di superficie per le grandi/medie aziende che potranno, secondo le esigenze, acquisirle tramite l'acquisto o l'affitto.

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Liguria

Alberto Sturla

1. Quadro generale

In termini assoluti la Liguria presenta la minore superficie in affitto rispetto alle altre regioni italiane: secondo quanto rilevato dall’ISTAT, con l’indagine sulla Struttura e

produzioni delle aziende agricole, nel 2007 erano presenti 7.600 ettari in affitto, comprensivi

di 1.700 ettari concessi a titolo gratuito. Rispetto al 2000 è stata inoltre osservata una consistente contrazione di questa tipologia di possesso della terra (-43%). L’incidenza rispetto alla SAU regionale è pertanto scesa al 15%. Questa situazione è riscontrabile anche osservando il numero di aziende con terreni in affitto che non supera le 530 unità, pari ad appena il 2,5% delle aziende liguri.

Nel 2008 la domanda ha prevalso sull'offerta, soprattutto per quanto riguarda le qualità colturali più pregiate come gli orti e i seminativi irrigui per l'ortofloricoltura protetta. Va comunque specificato che le richieste per queste tipologie colturali hanno interessato esclusivamente la piana di Albenga, dove peraltro la forte concorrenza esercitata dalle destinazioni d'uso non agricole ha quasi annullato l'offerta di terreni in affitto.

2. Tendenze a livello territoriale

Al pari di quanto osservato a proposito del mercato dei fondi rustici, anche la domanda di terreni in affitto è maggiore nelle aree litoranee, dove le coltivazioni protette floricole e orticole sono in grado di garantire redditi particolarmente elevati. Nel corso del 2008 si è avuto un generalizzato aumento della domanda di terreni coltivati a olivo, che è risultata particolarmente vivace nelle zone della collina litoranea in provincia della Spezia.

A prendere in affitto i terreni agricoli sono soprattutto i giovani imprenditori (i contratti sottoscritti nell'ambito della famiglia contadina per motivi di ricambio generazionale sono molto comuni) il cui insediamento aziendale viene favorito attraverso incentivi erogati sulla base di provvedimenti comunitari.

Il mercato degli affitti ha ricevuto un nuovo impulso anche in seguito alle aspettative create dal nuovo PSR (2007–2013). Nell'entroterra della provincia della Spezia, infatti, è aumentata la domanda di prati da parte di imprenditori interessati a iniziare attività di tipo agrituristico. Sempre alla Spezia, molti agricoltori sono ricorsi all'affitto per raggiungere le superfici necessarie ad accedere ai pagamenti unici.

3. Tipi di contratto

La maggior parte dei contratti sono in deroga all'articolo 45 della legge 203/82. Sono molto comuni gli affitti figurativi e i contratti di comodato (gratuito) tra padri e figli, affinché questi ultimi possano ottenere i contributi spettanti ai giovani agricoltori. Nelle zone dell'entroterra imperiese e dello spezzino si assiste a una regolarizzazione di queste forme contrattuali al fine di poter accedere all'attribuzione dei titoli PAC.

4. Patti agrari e organizzazioni professionali

Nelle quattro province liguri non sono presenti accordi collettivi tra le organizzazioni professionali agricole, che sono però chiamate dalla legge alla sottoscrizione dell'efficacia dei

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contratti.

5. Aspettative future del mercato

I testimoni sono concordi nell'affermare che non debbano prevedersi sostanziali variazioni per quanto riguarda il mercato degli affitti nel corso del 2009. I canoni si manterranno sui valori – mediamente piuttosto elevati - del 2008 per le qualità di coltura maggiormente richieste (orto irriguo e orto irriguo destinato a coltura floreale), seppure limitatamente alle aree pianeggianti in prossimità della costa.

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Emilia Romagna

Francesco Marseglia

1. Quadro Generale

L’Emilia Romagna è la terza regione italiana per diffusione dell’affitto dopo Piemonte e Lombardia. I dati dell’indagine sulla Struttura e produzione delle aziende agricole del 2007 mostrano che circa il 23% delle imprese agricole emiliano-romagnole possiede terreni in affitto, con una crescita di poco superiore al 2% rispetto al 2000. Questa forma di possesso interessa il 38% della SAU, che corrisponde a una superficie complessiva di quasi 400.000 ettari6. Rispetto al 2000 la crescita della superficie in affitto è stata del 13%.

L'elevato costo dei terreni, la ridotta mobilità fondiaria e l'incertezza sul futuro del settore agricolo sia a livello economico che di politiche di intervento, hanno fatto assumere all'affitto il ruolo di strumento più efficace per l'adeguamento delle dimensioni aziendali. Nel 2008 il mercato degli affitti ha proseguito il trend positivo iniziato l'anno precedente sulla scorta dell'aumento dei prezzi dei principali prodotti agricoli, in particolare dei cereali. La prospettiva di una maggiore redditività ha suscitato l'interesse degli imprenditori agricoli ed extragricoli verso la ricerca di terreni in affitto. La domanda ha superato l'offerta in tutte le province ma, visto il poco favorevole momento economico che ha caratterizzato la seconda metà dell'anno, i canoni sono rimasti stabili.

Il canone medio dei seminativi si colloca stabilmente sopra i 400 euro/ha in pianura, mentre è maggiore (ma in leggero calo) per le superfici a pomodoro (1.000 euro/ha nel ferrarese). I canoni sono in aumento per le colture industriali e orticole, che in alcuni casi superano la soglia dei 1.000 euro/ha. Sostanzialmente stazionari invece i canoni dei vigneti che, per quelli adatti alla raccolta meccanizzata, possono raggiungere i 1.000 euro/ha.

Risulta sempre sostenuta la domanda di terreni da parte di imprenditori agricoli proprietari di titoli che non possono essere utilizzati per mancanza di una sufficiente superficie agricola da associare; di conseguenza tali operatori sono costretti a orientarsi verso l'affitto di nuove superfici, al fine di poter beneficiare dei sostegni economici legati alla politica comunitaria. Le tipologie di terreno più richieste sono quelle destinate alle colture orticole e i seminativi. In alcune zone del ravennate è forte la domanda per terreni da adibire alla coltivazione dell'actinidia. A livello regionale si riscontra anche un aumento delle richieste per terreni destinati alla produzione di biomasse.

2. Tendenze a livello territoriale

Nella maggior parte delle province la domanda ha prevalso rispetto all'offerta. La richiesta di terreni in affitto è particolarmente alta nella parte occidentale della regione, dove è più diffusa l'attività zootecnica (direttiva nitrati).

In provincia di Parma il momento congiunturale negativo e il perdurare della crisi del Parmigiano Reggiano hanno rallentato il mercato. A Bologna la domanda ha superato l'offerta solo nelle zone di pianura, mentre in collina il mercato è in equilibrio, nonostante l'elevato costo dei terreni (in particolare i vigneti). La domanda continua ad essere elevata nelle zone pianeggianti di Ferrara e Ravenna, nonostante il calo del prezzo dei cereali, e nelle zone collinari di Piacenza e Ravenna, in cui la richiesta di terreni ha ripreso vigore a seguito della riapertura dei finanziamenti legati alle misure agroambientali del nuovo PSR.

6

Figura

Tabella 2 - Aziende e superficie agricola utilizzata in affitto per classe di dimensione economica (UDE) - 2007

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