Ruggeri, Paola (2004) Tabular(ius) pertic(ae) Turr(itanae) et
Tarrh(e)ns(is). In: Epigrafia di confine, confine dell'epigrafia: atti del Colloquio AIEGL-Borghesi 2003, 10-12 ottobre 2003, Bertinoro,
Italia. Faenza, Fratelli Lega Editori. p. 65-77. (Epigrafia e antichità, 21). ISBN 88-7594-023-1.
http://eprints.uniss.it/6443/
EPIGRAFIA E ANTICHITA
Collana diretta da ANGELA DONATI
EPIGRAFIA DI CONFINE
CONFINE DELL'EPIGRAFIA
Atti
del Colloquio AIEGL - Borghesi
2003
a cura di
Maria Gabriella ANGELI BERTINELLI
e Angela DONATI
. FRATELLI LEGA EDITORI
© 2004 Fratelli Lega Editori, Faenza ISBN-88-7594-023-1
Stampato nel dicembre 2004 da Tipostampa Bolognese s.r.l. - Bologna
PAOLA RUGGERI
TABULAR(IUS) PERTIC(AE) TURR(ITANAE) ET TARRH(E)NS(IS)
Come è noto quasi tutte le iscrizioni tradite da manoscritti
spagnoli del Seicento sono state considerate falsae dal
Momm-sen (1) e pubblicate nel primo tomo di CIL, X (2): in totale si tratta di quasi 400 tituli, la cui autenticità va in parte rivalutata
a seguito
di
recenti scoperte o riscoperte, a fronte delle 531iscrizioni inserite nel secondo tomo come autentiche (3) . TI Mom- .
msen è arrivato a parlare di una officina sacra falsariorum
Carali-tanorum (4), dalla quale erano uscite le iscrizioni di "fabbrica fratesca" (5), che egli aveva minacciato
di
damnare già in occasio-ne di un incontro cagliaritano e poi a Sassari occasio-nell' ottobre 1877, inuna discussione con
il
Proweditore agli studi Salvatore Angelo deCastro, uno dei falsari delle Carte d'Arborea:· «quando egli, per
esempio, mi veniva dicendo che, in Sardegna, di c~nto iscrizioni,
cento son false e fratesche, poteva io credere ch'ei:non celiasse? E celiando io lo pregava a non usare una critica tanto severa per tema che col cattivo se ne potesse andar via anche il buono. Per le altre provincie d'Italia, ammise
il dieci per cento d'iscrizioni
vere; meno male!» (6) .(*) Questa nota è stata ampiamente discussa in occasione della presentazione a Bertinoro: ringrazio in particolare i proff. Wemer Eck ed Heikki Solin per le stimolanti osservazioni. Sono debitrice ad Attilio Mastino di molte informazioni relative al viaggio di Theodor Mommsen in Sardegna ed a Mons. Giancarlo Zichi delle risolutive ricerche nell' Archivio arcivescovile di Sassari.
(1) Vd. P. RUGGERI, D. SANNA, Mommsen e le iscrizioni latine della Sardegna: per una rivalutazione delle falsae con tema africano, "Sacer", ITI, 3 (1996), pp. 75-104; EAED., I:epigrafia paleocristiana della Sardegna: Theodor Mommsen e la condanna delle "falsae", in Atti Convegno «La
Sardegna paleocristiana tra Eusebio e Gregorio Magno», Cagliari 10-12 ottobre 1996, Cagliari 1999,
pp. 405 ss.
(2) CIL, X, 1098*-1481*.
(3) CIL, X, 7513-8033 e 8320-8328 e 8421. (4) CIL, X, 1098*.
(5) Vd. Pensieri, "La Stella di Sardegna", TII, 44, del 4 novembre 1877, p. 224. (6) S.A. DE-CASTRO, Il pro! Mommsen e le Carte d'Arborea, Sassari 1878, p. 16 ss.
66 PAOLA RUGGERI
C'è allora da chiedersi per quale ragione il Mommsen abbia classificato come probabilmente genuina l'iscrizione conservata da un manoscritto di un Anonymus Hispanus, pubblicata nel secondo tomo del
CIL,
X al numero 7951: gli studiosi hanno sempre pensato che l'unica spiegazione ammissibile fosse rappre-sentata dalla possibilità che il Mommsen in persona abbia potuto prender visione diretta del manoscritto del 1698 in occasione del suo soggiorno sassarese del 24-26 ottobre 1877, quando avrebbe potuto consultare il tabularium capituli Sassaritani. L'episodio, nella recente ricostruzione di Attilio Mastino, è in realtà da ridi-mensionare (7). È ora possibile-dimostrare che il Mommsen non vide il manoscritto originale, ma si limitò semplicemente a regi-strare la edizione di Giovanni Spano per. il primo volume del "Bullettino Archeologico Sardo" del 1855, evidentemente con-vinto dell'autenticità del ritrovamento (8). Gli unici manoscritti consultati a Sassari dal Mommsen furono quelli della biblioteca universitaria: il 24 ottobre, scrivono i giornali dell' epoca, «non ancora riposato dal viaggio» il Mommsen visitò la biblioteca uni-versitaria «ove chiese ed esaminò il catalogo dei manoscritti e si fermò studiandoli per ben tre ore», evidentemente interessato alle scoperte seicentesche a Porto Torres e «dalla quale si fece trasmet-tere alcuni libri all' albergo Italia, dove avea preso alloggio», in Piazzetta d'Ittiri sul Corso. Tornò poi in biblioteca in serata «per leggervi le iscrizioni, nelle quali riscontrò più d'un errore sull' edi-zione già pubblicata» (9). L'indomani il 25 «fe' una gita a Porto-torres, dove lesse altre iscrizioni e visitò l'antica basilica dei mar-tiri, e la;' cappella edificata nel creduto luogo del martirio» (lO); il26 «si rinchiuse nella nostra Università per copiare alcune iscrizio-ni e per esaminare alcuiscrizio-ni manoscritti», certamente nella sala pro-fessori dell'Università dove dall'inizio dell'Ottocento si era andata
(7) A. MASTINO, con la collaborazione di R. MARA e di E. PIITAU, Il viaggio di Theodor Mommsen e dei suoi collaboratori in Sardegna per il Corpus Inscriptionum Latinarum, "Atti Acca-demia Nazionale dei Lincei", in c.d.s.
(8) G. SPANO, Iscrizioni latine, BAS, I (1855), p. 93 s. n. 21. Vd. anche ID., Co"ezione, ibid. p. 160; C. CAVEDONI, Annotazioni ai primi due anni del Bullettino Archeol. Sardo, BAS, III (1857), p. 102.
(9) Cronaca di città, "La Stella di Sardegna", 111,43,28 ottobre 1877, p. 204: «si rinchiuse
nella nostra università per copiare alcune iscrizioni e per esaminare alcuni manoscritti». V d. anche E. COSTA, Sassari, a cura di E. Cadoni, Sassari 1992, p. 616 s.; G. MUIITAS, Salvator Angelo De Castro, Oristano 1987, p. 76.
(10) L. AMEDEO, Teodoro Mommsen, "La Stella di Sardegna", ilI, 44, 4 novembre 1877, pp. 218 ss.
TABUIAR(IUS) PERTIC(AE) TURR(ITANAE) ET TARRH(E)NS(IS) 67
accumulando una collezione archeologica dalla quale sarebbe
nato il Regio Museo di antichità istitutito da Umberto I con Regio
decreto del 26 maggio 1878 (11), ed inaugurato da Ettore Pais
il
20 novembre 1880 nel contiguo palazzo di via Porta Nuova (12). Da Sassari raggiunse a mezza mattinata in vettura la stazione di Ploaghe, e poi a cavallo in comune di Codrongianus «gli piacque
vedere ed esaminare il
nuraghe nieddu
ed un altro nuraghesemi-distrutto, poco dall' altro discosto». Tornato a Sassari, dopo due
ore a cavallo, a cena fu ospite di Enrico Costa e dei redattori del
settimanale "La Stella di Sardegna" in un pranzo ufficiale (13), dove tra l'altro disse una frase riportata dalla stampa nella rubrica "Pensieri"; «In Sardegna avete una fabbrica di Santi. Talvolta si sono prese iniziali di nomi come lettere sopra casse di commercio, in certe iscrizioni di fabbrica fratesca». TI redattore commentava
in nota che il Mommsen alludeva ai 35 martiri (numero arabo) di
un epitafio pubblicato nel 1617 dall'Esquivel (14). Infine, il
gior-no successivo, seguì il viaggio tra Sassari e Porto Torres «dentro il
carrozzone della ferrata» che lo doveva portare alla nave "Lom-bardia" in partenza per Livorno e quindi per Roma.
Si deve ricordare che la pubblicazione della nostra iscrizione da parte dello Spano precede la polemica per la scoperta delle Carte d'Arborea, dichiarate un falso della metà dell'Ottocento proprio dal Mommsen e da una commissione nominata dal'
Acca-demia di Berlino con un
Bericht
pubblicato solo nel gennaio1870 (15).
(11) Vd. Regio decreto che istituisce un Museo di Antichità nella Regia Università di Sassari,
n. 4413, 26 maggio 1878. Per il precedente Gabinetto Archeologico (documentato dal 1835), vd. R PINTUS, Ancora sulla storia dell'Università di Sassari, "Sacer", 2 (1995), pp. 27 ss. Vd. ora anche G. FOIS, Storia dell'Università di Sassari, 1859-1943, Roma 2000, p. 75.
(12) Vd. il biglietto di invito per l'inaugurazione inviato in data 16 novembre 1880 da Ettore Pais «incaricato della Direzione», con l'annuncio di un discorso introduttivo di Filippo Vivanet, facente funzioni di Regio Commissario dei Musei e Scavi di antichità nell'Isola, cfr. A. ANTONA, V. CANALIS, Passato e presente: storia del museo, in AA.VV., Il museo Sanna in Sassari,
Sassari 1986, p. 13. Per l'edificio, vd. M. PORCU GAIAS, Il palazzo dell'Università di Sassari e l'espansione edilizia novecentesca, in AA.vv., Per una storia dell'Università di Sassari, a cura di G. Fois e A. Mattone, "Annali di storia delle università italiane", 6 (2002), p. 159 ss.
(13) Solenne ricordanza, in "La stella di Sardegna", III, 47, 4 novembre 1877, p. 22l. (14) "La Stella di Sardegna ", III, n. 44, del 4 novembre 1877, p. 224. La pubblicazione originaria è in F. D'EsQUIVEL, Relaçion de la invençion de los cuerpos santos que en los anos 1614, 1615 Y 1616 fueron hallados en varias iglesias de la ciudad de Caller y su arzobispado, Napoli 1617. (15) A. MASTINO, P. RUGGERI, I falsi epigrafici romani delle Carte d'Arborea, in Le Carte d'Arborea. Falsi e falsari nelta Sardegna del XIX secolo, Atti del Convegno "Le Carte d'Arborea" (Oristano, 22-23 marzo 1996), a cura di L. Marrocu, Cagliari 1997, pp. 219 ss.
68 PAOLA RUGGERI
Tutto ciò rende ancor più significativa l'inclusione della no-stra iscrizione tra le autentiche del
CIL,
X: il lungo testo, era inciso secondo il Mommsen su un sarcofago di età imperiale rinvenutonel 1698 ante portam occidentalem ecclesiae S. Gavin~ dunque
probabilmente nell'atrio Metropoli, dal quale provengono le u1ti-me recenti scoperte di iscrizioni paleocristiane, in attesa di un' ade-guata edizione.
Lo Spano nel 1855 aveva tradotto in italiano il testo del manoscritto spagnolo, con non poche inesattezze ed omissioni, ed in particolare aveva riportato una trascrizione dell'iscrizione, che non risulta sia mai stata verificata, per quanto il sarcofago potreb-be essere uno di quelli ancora oggi conservati nella basilica roma-nica di San Gavino.
21. D. 1\1. STATIAE. MAGNAE. P. F. VERONENSI • CONIVGI KARISSIMAE . ET • INCOMPARABILI SANCTISSIMAE . FEMINAE
VIXIT. ANN • XXVIII. l\IENS • III • DIEB • Hl FEC • . • MARCIANVS • A VG . LJB • TABVLAR .•• PERTIC . M • TVRR •••
ET TARRIIOS •• ,
B. M.
Fig. 1. SPANO, "BAS", 1855, I, p. 93 n. 21.
D es M es STATIAE • MAGNAE' • P • F VERONENSI • CONIVGI KARISSIMAE • ET • INCOMPARABILI 5 SANCTISSIMAE' FEMINAE 10
VI:XIT • ANN • XXVIII· MENS • III • DIEB • 111 FEC ••• MARCIANVS • AVG • L1B. T A BV LA R. •• P E R T I C • M • TV R R •••
ET TARRHOS ••• BesMes
TABULAR(IUS) PERTIC(AE) TURR(ITANAE) ET TARRH(E)NS(IS) 69
Dopo una ricerca più che ventennale, grazie all'impegno di Mons. Giancarlo Zichi, è stato possibile finalmente rintracciare il testo epigrafico citato dallo Spano all'interno del poco noto e farraginoso manoscritto in tre tomi conservato presso 1'Archivio Arcivescovile di Sassari e datato al 1699: si tratta della Vida y Milagro de San Gavino, San Proto y San Januario, patrones turrita-nos en que se da una breve notieia de los santos que han florecido en el reyno de Sardefia. Dedicada a la Santa Iglesia del mismo Reyno, pubblicata da un autore che non è anonimo come sostenu-to dal Mommsen «<.Anonymus Hispanus») , ma che è il padre Simon Sotgio de la Compania de Jesus (morto dopo il 1704) al quale il Tola nel Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna riserva un giudizio critico, ricordando che «1'autore fa sfoggio di erudizione sacra e profana» e si colloca come 1'epigono di quella fase della storia della Sardegna in cui «spento al tutto non era nell'isola lo spirito del municipalismo, che tanto e sì spesso offese la verità». Più specificamente il Tola osserva che il Soggio (cioè il Sotgio) «laddove parla della nobiltà dell' antica città di Torres come colonia romana, della predicazione del van-gelo in Sardegna e dei martiri e vescovi turritani i più antichi, siegue costantemente le pedate dell'istorico Francesco Vico, e cade negli stessi errori e anacronismi giustamente imputati a questo scrittore» (16).
La descrizione del ritrovamento nel 1698 di un sarcofago e di una lapide inscritta a Porto Torres compare nel primo tomo ed è particolarmente vivace: il Sotgio ricorda la scoperta di alcune sepolture delante de la puerta santa orientai y delante de la oceiden-tal, all'interno di un' abside. Più precisamente, 1'anno precedente alcuni muratori (albaniles), scavando una fossa per raccogliere le acque bianche della chiesa scoprirono una arca de marmol curio-samente labrado y dentro hallaron un cuerpo entero y allado otros huesos y cerca de la misma arca una lora de marmol con esta inscripcion.
(16) P. TOLA, Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna. Storia della vita
pubblica e privata di tutti i Sardi che si distinsero per opere, azioni, talenti, virtù e delitti, III, pp. 210 ss. Su Francisco De Vico (Sassari c. 1580-Madrid 1644) e la sua Historia generaI de la Isla
y Reyno de Sardeiia dividida en siete partes, dirigida a la catolicissima magestad del Rey N.S.D. Felipe Quarto el Grande compuesta por Don Francisco De Vico del Consejo de su Magestad, y su Regente en el Supremo de Aragon, Barcelona 1639, vd. TOLA, Dizionario biografico cit., III, pp. 291 55. Sul Sotgio, vd. anche R TUlITAS, Storia della Chiesa in Sardegna, Roma 2000, p. 447 n.459.
70 PAOLA RUGGERI
TI testo dell'iscrizione viene così riprodotto:
~ R~.D<;~:'·:·' .:, : . - . . , ~ °.° l . .,.L 9 a /ì .6) y : . ; . ,~01"'<M <&>--r\"\MV . .Ju<.; N' t'ì' '~J ~~~\' :vh , i '.
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~rrldllft'~ Jo»ipP-ei.u~/)e.
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Fig. 3. Ms. del Padre Simon Sotgio, Vida y Milagros: frontespizio.
TABULAR(IUS) PERTIC(AE) TURR(ITANAE) ET TARRH(E)NS(IS) 71
L'epigrafe dunque non era incisa sulla fronte del sarcofago; segue la cronaca relativa all'intervento del curato della chiesa e
dell' arcivescovo Don
J
uan Morillo Velarde di Siruela (Toledo) (17) ,relativamente alle ossa rinvenute entro il sarcofago.
Il Padre Simon Sotgio precisa di aver avuto lui stesso tra le mani la lapide inscritta, che era di forma quadrata e che misurava un palmo e mezzo, dunque circa 26 più 13 cm, pari a 39 cm. Essa era stata conservata presso la chiesa di San Gavino, dove oggi non è più rintracciabile.
Il pio gesuita interpretava alcune caratteristiche del titolo epigrafico pagano come evidente prova della santità e del martirio della defunta Statia Magna: in particolare le parole sanctissima femina} i cuori (in realtà le hederae distinguentes) con quelle che venivano intese come frecce; infine la sigla finale BM, bene meren-ti, veniva anch' essa fraintesa ed interpretata come beata martyr: los senales claros de su san"tidad y martyrio como son la palabra Sanctissima femina y los coraçones con flechas que en ellos estan gravados y las letras
Jl.
y M que con dichas notas signi/ican su santidad y martyrio.N on c'è fin qui nulla di nuovo rispetto alla scoperta dei corpi santi dell'inizio del Seicento spagnolo che aveva animato la conte-sa tra i vescovi di Cagliari e di Sasconte-sari per il primato della chieconte-sa in Sardegna. TI tema è stato fin troppo studiato per poter essere qui ripreso in dettaglio: basti dire che il dossier comprende auten-tici falsi, ma anche reali ritrovamenti con fraintendimenti ed
inter-pretazioni erronee (18) .
Abbiamo detto che per la nostra iscrizione il Mommsen, severissimo nel giudicare 1'autenticità della documentazione epi-grafica sarda, ha fatto un' eccezione non credo per rispetto ai suoi amici sassaresi, ma perché la considerava effettivamente genuina: per inciso si osservi che però altri tituli fortasse genuini sono stati
lasciati dallo studioso tedesco tra le falsae vel alienae (19).
TI testo può ora essere ricostruito esattamente, con poche ma significative differenze rispetto all' edizione dello Spano ripresa
senza modifiche dal Mommsen in
CIL,
X, 7951:(17) Vd. TURTAS, Storia della Chiesa cit., p. 35 n. 52.
(18) Vd. D. MUREDDU, D. SALVI, G. STEFANI, Sancti innumerabiles} Scavi nella Cagliari del Seicento: testimonianze e verifiche} Oristano 1988.
72 PAOLA RUGGERI
(hedera) D (h edera) M (hedera)
STATIAE MAGNAE P (hedera) B.
VERONENSI CONIUGI KARISSIMAE ET INCOMPARABILI
SANCTISSIMAÈ FEMINAE.
VIXIT NN XXVIII MENS III DIEB. III
FEC. MARCIANUS AUG. LIB. TABULAR PERTIC. TURR. ET TARRHNS
(hedera)
B.
(h edera)M.
Trascriverei di conseguenza:
D(is) M(anibus). / Statiae Magnae P(ubli) [j(iliae] / Vero-nensi coniugi / karissimae et incomparabili / sanctissimae leminae} / vixit [a]nn(is) XXVIIL mens(ibus) III dieb(us) III. / Fec(it) Marcianus Aug(usti) lib(ertus) / tabular(ius) pertic(ae) Turr(itanae) et Tarrh(e)ns(is) / B(ene) m(erenti). Dunque l'adprecatio D(is) M(anibus) era decorata da tre ede-re; segue una dedica in dativo Statiae Magnae P(ubli) [j(iliae)L
anche se sulla pietra il Sotgio aveva letto credo erroneamente una
B e non una F; dopo l'etnico Veronensi, seguono gli attributi: coniugi karissimae (si noti
il
nesso del dittongo) et incomparabili, san ctissima e leminae con ancora due nessi che indicano l'attenzio-ne con la qualeil testo
è stato trascritto dal padre gesuita. E ancora: vixit [a]nn(is) (con la A iniziale probabilmente in nesso) XXVIII} mens(ibus) III} dieb(us) III.Infine, la parte per noi più interessante: lec(it) Marcianus Aug(usti) lib(ertus) tabular(ius) pertic(arum) Turr(itanae) et Tarrh( e)ns(is)} b( ene) m( erenti)} ancora con due edere.
Cambia notevolmente l'impaginazione del testo su 9 e non
su lO linee, al quale lo Spano ed il Mommsen avevano aggiunto
almeno quattro lacune; si noti la parola TARRHNS, con la H
spo-stata dopo le due R (20) e con una N, che rende obbligatorio
(20) Per la forma del toponimo Tha"os-Ta"hos- Ta"hz: vd. R. ZUCCA, Testimonianze lette-rarie ed epigrafiche su Tharros, "Nuovo Bullettino Archeologico Sardo", I (1984), p. 170 s.
L'etnico è già noto nella forma [Tar]rhenses in G. SOTGIU, Nuove iscrizioni inedite sarde, "Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia e Magistero dell'Università di Cagliari", 32 (1969), p. 44 s. n. 52 = ELSard, p. 640 n. add. B57.
TABUIAR(IUS) PERTIC(AE) TURR(ITANAE) ET TARRH(E)NS(IS) 73
pensare all'aggettivo Tarrh(e)ns(is) e di conseguenza per la
pa-rola precedente Turr(itanae), portando al plurale la parola
per-tic(ae).
E soprattutto fondamentale per noi la constatazione che tra
la parola perticO e la parola Turr(itanae) abbreviata non c'era
quella M che gli studiosi hanno interpretato in genere come
m(unicipii), con allusione allo statuto municipale di Tarrhos e di Turris Libisonis, città quest'ultima che invece conosciamo come
colonia già nella formula provinciae della Naturalis Historia di
Plinio il vecchio (21). Tanto che già il Mommsen aveva osservato:
Municipium si v. 8 significatut; peccavit qui scripsit} aggiungendo:
si genuinus est titulus} tabularius hic in tabulario principis formas oppidorum Sardorum Turris et Tarrhos curavit.
n
Mommsen attribuiva le competenze di Marcianus} libertoimperiale, ad un tabularium principis, magari all' archivio di Roma
sul Palatino, citato ad esempio nella Tavola di Esterzili (22); in alternativa Wener Eck pensa che il Mommsen si riferisse meglio al
tabularium principis di Karales, la capitale della provincia Sardinia,
evidentemente allora in un periodo di amministrazione imperiale
e non senatoria; se è così, in questo tabularium principis
provincia-le, nel senso di archivio dell' amministrazione imperiaprovincia-le, potevano essere conservate le formae, le carte catastali delle città sarde di
Turris e Tarrhos. Del resto sappiamo che il tabularium provinciale
era retto in età severiana da un tabul(arius) provinciae Sardiniae, se
conosciamo un Lucretius liberto di due Augusti, probabilmente
durante il regno congiunto di Settimio Severo e di Caracalla tra il 198 ed il 209 (23).
In realtà esiste evidentemente una terza possibilità, che si tratti cioè di un funzionario di uno dei due archivi cittadini cita-ti, Turris Libisonis e Tarrhos oppure di entrambi, in
contempora-(21) PLIN, Nat. hist., III, 7,85.
(22) V d. A. MASTINO, Tabularium principis e tabularia provinciali nel processo contro i Galillenses della Barbaria sarda, in La. Tavola di Esterzili. Il conflitto tra pastori e contadini nella
Barbaria sarda, Sassari 1993, pp. 99 ss.; cfr. anche a proposito del tabularium principis CL. MOATTI, Archives et partage de la terre dans le monde romain (II siècle avant-I siècle après ].-c.), École française de Rome, 1993, in particolare pp. 64 5S.
(23) CIL, X, 7584 = ILS, 1359; SACHERS, in RE, IV, A, 2, 1932, c. 1968, s.v. tabularium;
G. SOTGIU, La Sardegna e il patrimonio imperiale dell'alto impero, "Epigraphica", XIX (1957), p. 45 s. n. 8; EAD., Riscoperta di un'iscrizione: CIL, X, 7588 (contributo alla conoscenza della
familia Caesaris in Sardegna), in «~e).{aç ..papev, Miscellanea in onore di E. Manni», Roma 1979, pp. 2038 s. e n. 58. Per la cronologia, vd. P.Re. WEAVER, Dated inscriptions 01 imperial Ireedmen and slaves, in "Epigraphi5che studien", XI, Koln 1976, p. 225 n. 23.
74 PAOLA RUGGERI
nea O in successione di tempo (24). TI nostro
Marcianus
eracertamente un liberto imperiale
(il
Cavedoni pensava ad unliber-to di Marciana Augusta, la sorella di Traiano) (25) e potrebbe
essere identificato con uno schiavo imperiale noto in un
signa-culum
proveniente probabilmente dalla colonia Turris Libiso-nis (26); nessuna possibilità di identificazione esiste colMarcianus
vissuto 61 anni, di un epitafio collocato a Turris Libisonis dal figlio (27) .
Particolarmente adatto appare
il
terminepertica
per indicareil territorio di una colonia sottoposto a centuriazione dagli
agri-mensori e definito nel catasto cittadino (28). Si noti che i
fonda-tori delle
coloniae
utilizzarono talora nella monetazione colonialel'emblema della pertica (ossia lo strumento di misura) a
simboleg-giare la deduzione coloniale (29).
La verifica sul manoscritto del Sotgio, accanto ad una serie di
rettifiche minori, ci porta ad escludere la presenza di un
qualun-que riferimento alla condizione municipale per Turris, che
il
Mommsen, seguito da quasi tutti gli studiosi a partire da Piero Meloni avevano ritenuto un semplice errore, che non poteva
mettere in discussione l'autenticità del testo (30). Meloni però su
"Epigraphica" del 1949 osservava che la citazione congiunta delle due città della Sardegna doveva implicare una qualche
conse-(24) Non vale la pena citare le altre ipotesi formulate sulle funzioni di Marcianus: per tutti vd. G. SPANO, Correzione, BAS, I (1855), p. 160, a proposito della professione di «negoziante di
pertiche» attribuita a Marcianus: riferendo l'opinione di un amico archeologo romano, lo Spano precisava: «Marciano era scrivano ed agrimensore delle terre di Torres e di Tharros, che misurava a pertiche, le quali comprendevano 24 tavole ciascùna, ed ogni tavola constava di 12 piedi». Altra cosa sarebbe il negotiator perticarius, come «impresario della misura delle terre». Ad un funziona-rio che si occupava delle proprietà imperali in Sardegna (e più precisamente addetto all'ammini-strazione di latifundia imperiali in Sardegna; dislocati in area turritana e tarrense) pensava invece
E. PAIS, Storia della Sardegna e della Corsica. durante il periodo romano (Roma 1923), riediz. a cura
di A. Mastino, II, Nuoro 1999, p. 94 n. 187.
(25) CAVEDONI, Annotazioni, cit., p. 102 intendeva Marcianus Aug(ustae) libertus.
(26) CIL, X, 8059,256, vd. SOTGIU, La Sardegna e il patrimonio imperiale cit., p. 46 n., 9 e p. 47 n. 19; vd. anche il commento in n.sard. I, 266.
(27) ILSard, I, 266.
(28) Si veda la ricca documentazione raccolta da B. BRUGI, Le dottrine giuridiche degli agrimensori romani comparate a quelle del Digesto, Verona-Padova 1897, p. 238. In particolax:e vd.
M. BONELLO LAI, Nuove proposte di lettura di alcune iscrizioni latine della Sardegna, "Annali della Facoltà di Lettere e Filospfia dell'Università di Cagliari", III = XL(1980-81), p. 187 nn. 7-8.
(29) Vd. AL. SORLIN DORIGNY, in DAREMBERG-SAGLIO, Dictionnaire, IV, 1 [1907], p. 419, s.v. pertica. Pertica assumeva anche, nei gromatici, il significato di/orma, il piano dettaglia-to del territorium coloniale minuziosamente suddiviso. Vd. J. TOUTAIN, in DAREMBERG-SAGLIO,
DictioJùzaire, V, 1919, S.v. territorium, p. 125.
(30) P. MELONI, I:amministrazione della Sardegna da Augusto all'invasione vandalica, Roma 1958, p. 342 n. 3; In., in DizEp, IV, 1942 ss. p. 947.
TABUIAR(IUS) PERTIC(AE) TURR(ITANAE) ET TARRH(E)NS(IS) 75
guenza: «Forse la menzione di un solo tabularius per le due perticae potrebbe farci pensare che fra i due centri non ve ne era altro di notevole importanza e che quindi i territori assegnati ad essi furono confinanti; lungo la costa il punto divisorio potrebbe collocarsi all'incirca nei pressi dell' od. Alghero; a nord i territori
ed i popoli assegnati a Turris, a sud quelli a Tharros» (31).
L'ipo-tesi è da abbandonare intanto perché i territori di Turris e di Tharros non erano certamente contigui, per la presenza almeno di Bosa (forse municipium c.R.) e di Cornus (forse colonia c.R.), entrambi collocati da Meloni in area tarrense, anche se in realtà il confine del giudicato medioevale turritano arrivava a comprende-re
il territorio di Cornus e raggiungeva
il Rio sa Canna (a breve
distanza dal Rio Pischinappiu) al confine di Cuglieri (32).
Ancora nel 1970 il Boulvert riprendeva la vecchia ipotesi di
Celestino Cavedoni (33) e proponeva di intendere «tabularius
pertic(ae) m(unicipiorum) Turris et Tarrhos» (34), che faceva
co-munque difficoltà perché Plinio il vecchio conosceva Turris
Libi-sonis come l'unica colonia della Sardegna (colonia autem una quae vocatur ad Turrem Libisonis) (35); la colonia nell' Anonimo
Raven-(31) P. MELONI, Turns libisonis romana alla luce delle iscriziom: "Epigraphica", XI (1949),
p. 94 e p. 97.
(32) V d. A. MASTINO, La romanità della società giudicale in Sardegna: il Condaghe di San Pietro di Silki, in Atti del Convegno Nazionale "La civiltà giudicale in Sardegna nei secoli XI-XIII. Fonti e documenti scritti", a cura dell'Associazione "Condaghe S. Pietro in Silki", Sassari-Usini, Marzo 2001, Sassari 2002, p. 38. Al Rio Santa Caterina pensava G.c. MOR, In tema di origini: vescovadi e giudicati in Sardegna, in Studi storici e giuridici in onore di A. Era, I, Padova 1963, pp. 257 ss.
(33) CAVEDONI, Annotazioni cit., p. 102: l'incarico di Marcianus sarebbe stato quello di
tabular[ius] pertic[aru]m Tu"[is Libyss(onis)] et Tha"os, oppure pertic[ae] m[unicip(ii)].
(34) G. BOULVERf, Esclaves et affranchis imperiaux sous le Haut-Empire romane. Role politique et administrati/, Napoli 1970, p. 116 n. 142,3.
(35) Una rilevante rettifica del testo di Plinio, con l'aggiunta di un riferimento alla colonia Iulia Augusta di Uselis è ora proposta da L. POLVERINI, Una lettera di Borghesi a Niebuhr (e l'iscrizione CIL X 7845), in Imperium Romanum. Studien zu Geschichte und Rezeption, Festschrift fur Karl Christ zum 75. Geburtsag, P. Kneissl, V. Losemann edd., Stuttgart 1998, p. 580, che propone: colonia Autem U<selita>na <et> quae vocatur ad Tu"em Libt"sonis. In genere gli studiosi preferiscono ipotizzare l'esistenza di un più antico municipium Iulium Augustum Uselis che nella seconda metà del I secolo d.C. sarebbe stato promosso al rango di colonia (onoraria piuttosto che dedotta), vd. E. USAI, R ZUCCA, Colonia Iulia Augusta Uselis, "Studi Sardi", XXVI, 1981-85 (a. 1986), p. 313 ss., con una rapida sintesi della questione e la bibliografia essenziale. A parere di Attilio Mastino (Rustica plebs id est pagi in provincia Sardinia: il santuario rurale dei Pagani Uneritani in Marmilla, in "Poikilma. Studi in onore di M. R. Cataudella in occasione del 60° compleanno", Firenze 2001, p. 788 n. 24) per quanto riguarda Uselis <de soluzioni fin qui indicate ed i tre passaggi ipotizzati, dal municipio cesariano al municipio augusteo ed infine alla colonia (flavia ?) sembrano francamente eccessivamente contorti; non è mai stata spiegata del resto l'assenza dell'ultimo ipotetico cognomentum (Flavia? Ulpia ? Aelia ? ecc.) nella tabula patronatus
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nate compare con l'attributo lulia, che ci porta ad una deduzione
in epoca cesariana o triumvirale (36).
Infine più di recente Piero Meloni, riferendo la nostra iscri-zione alla fine del II o all'inizio del III secolo, ritiene che Marcia-nus debba essere inteso come «un funzionario addetto alla tenuta
dei libri contabili delle pertiche delle colonie» e non già come pare più probabile
di
un agrimensore addetto alla registrazione dei singoli lotti di terra assegnati ai coloni; in ogni caso «sarebbe possibile dedurre, per quella data, dall' esistenza della sua pertica, la condizione di colonia per Tharros - già documentata per Turris Libisonis - attraverso una fase di muncipio di cittadini roma-ni» (37).Deve essere abbandonato anche il brillante tentativo
di
Mar-cella Bonello che, cercando di conciliare tutti i dati, integrava la ipotetica lacuna con tabular[ius] pertic[aru]m Turr[is] et Tarrhos,osservando che «l'editore legge PERTIC. M:, nello spazio, non determinabile, tra le lettere C. di PERTIC. ed M potrebbero trovare posto le lettere ARV, quelle mancanti per completare il vocabolo PERTIC[aru]M» (38). La spiegazione è ingegnosa, ma le lacune non esistono e la lettera M
fu
aggiunta dallo Spano e non compare nel manoscritto del Sotgio.Rimane viceversa valida l'osservazione che il vocabolo pertica
si riferiva nel linguaggio degli agrimensori
al
territorio di una colonia. Ne deriva di èdriseguenza la condizione di colonia anche per Tharros, per la quale sembra attestata l'esistenza di llviri, inuna epigrafe che ricorderebbe
il
kalendarium cittadino (39);infi-ne conosciamo un servus publicus (40). La condizione di colonia
per Tharros è ora comunemente accolta come ipotesi (41).
escluso «un errore del testo di Plinio, che d'altra parte poteva utilizzare fonti precedenti agli ultimi anni dell' età di Augusto, quando in Sardegna si costruiva la strada a Karalibus Tu"em
proprio nell'area campidanese, a Sud di Fordongianus». (36) AN. RAV., V, 216.
(37) P. MELONI, La Sardegna romana, Sassari 1991, p. 290, con l'adozione della proposta formulata dal Cavedoni e poi da Raimondo Zucca e Marcella Bonello.
(38) BONELLO LAI, Nuove proposte di lettura cit., pp. 186 ss. = AEp, 1982, 433. Vd. già CAVEDONI, Annotazioni cit., p. 102, come segnalato da G. SOTGIU, in ANRW, ELSard., p. 665 C 103. Vd. anche ZUCCA, Testimonianze letterarie ed epigrafiche su Tha"os, cit., pp. 164 s. nr. 1.
(39) ZUCCA, Testimonianze letterarie ed epigrafiche su Tha"os, cit., p. 168, n. 5 = ELSard,
p. 640 add. B57.
(40) e/L, x, 7903, vd. ZUCCA, Testimonianze letterarie ed epigrafiche su Tha"os, cit., p. 1761 SS.
(41) Vd. A. MASTINO, Analfabetismo e resistenza: geografia epigrafica della Sardegna, in
(fI:epigra/ia del villaggio", a cura di A. CALBI, A. DONATI, G. POMA (Epigrafia e Antichità, 12), Faenza 1993, p. 461.
TABULAR(IUS) PERTIC(AE) TURR(ITANAE) ET TARRH(E)NS(IS) 77
Come si vede le conseguenze delle nostre rettifiche sono solo di dettaglio: ma nulla impedisce ormai di intendere che Marcia-nus, illiberto imperiale marito di Statia Magna
P.f
Veronensis,morta a 28 anni d'età, probabilmente nel corso del II secolo d.C., fosse il tabular(ius) pertic(ae) Turr(itanae) et Tarrh(e)ns(sis): la morte di sua moglie a Turris Libisonis sembra indicare che le funzioni venivano svolte localmente presso una delle due colonie (o in entrambe, ma in successione