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Semestre europeo e riforme amministrative in Italia

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Fabrizio Di Mascio

Semestre europeo e riforme amministrative in Italia

(doi: 10.1483/98088)

Rivista Italiana di Politiche Pubbliche (ISSN 1722-1137)

Fascicolo 2, Agosto 2020

Ente di afferenza:

Universit`a di Torino (unito)

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Semestre europeo

e riforme amministrative in Italia

Fabrizio Di Mascio

European Semester and Administrative Reforms in Italy

This article examines the administrative reform proposals of the European Commis-sion by analyzing the Country Specific Recommendations – CSRs addressed to Italy within the framework of the European Semester. Over the years reform proposals have been treated differently within the CSRs, potentially weakening their

effective-ness and credibility. Furthermore, a review of the secondary literature on budget reforms in Italy shows that implementation has been assessed by the European Commission with reference to the mere adoption of laws, while overlooking context and process of reforms. In a nutshell, the article shows that the European Semester did not provide support to the Italian government that still lacks the capacity to maintain coherence between strategic ideas for administrative modernization and reform measures.

Keywords: European administrative space; Public management reform; Budget

re-form; Eurozone crisis; Economic policy coordination.

1. Introduzione

Le riforme amministrative sono una delle priorità ricorrenti nell’Annual Growth Survey, il documento di analisi annuale della crescita economica che apre in autunno il Semestre europeo, e nelle raccomandazioni specifiche (Country Specific Recommendations –

CSRs) che la Commissione rivolge a ogni paese in primavera. Ciò

ri-flette la consapevolezza diffusa che la qualità della pubblica ammini-strazione costituisca una condizione necessaria per dare effettiva at-tuazione all’acquis dell’Unione europea, per completare il mercato unico europeo e per raggiungere gli obiettivi della Strategia Europa 2020 relativi a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (Commissione Europea 2016). L’efficacia delle politiche europee di-pende anche dal grado di funzionamento delle pubbliche ammini-strazioni a livello domestico che, però, restano caratterizzate dalla permanenza di ampi divari tra gli stati membri. Eppure, le riforme

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amministrative sono diventate una questione di interesse comune nell’ambito dell’Unione europea con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona alla fine del 2009 dopo decenni in cui l’impegno alla qua-lità dell’azione amministrativa era stato considerato di competenza nazionale (Chiti e Natalini 2012).

Il riconoscimento della questione amministrativa europea non ha rappresentato un momento di discontinuità dopo Lisbona. Le misu-re di rafforzamento della capacità amministrativa hanno continuato a poggiare in larga misura sul meccanismo della condizionalità. Dopo aver guidato l’innesco dei processi di modernizzazione burocratica nel processo di allargamento ad Est, la condizionalità è stata utilizza-ta in forma espliciutilizza-ta e impliciutilizza-ta negli sutilizza-tati membri maggiormente esposti sul piano debitorio per operare tagli strutturali alla spesa pubblica in risposta alla crisi del debito sovrano (Kickert e Ongaro 2019). Inoltre, è stata accentuata la tendenza alla diversificazione e settorializzazione degli interventi in specifici ambiti delle riforme amministrative. In pochi casi, come quello della liberalizzazione dei servizi, il cambiamento amministrativo è stimolato anche dal recepi-mento di apposite direttive. In altri casi, come quello della digitaliz-zazione delle pubbliche amministrazioni e della riduzione degli oneri amministrativi, sono stati lanciati ambiziosi programmi pluriennali di azione. Nella larga maggioranza dei casi, infine, il livello europeo si è limitato a legittimare le innovazioni a livello domestico favorendo la circolazione delle buone pratiche tra gli esperti e i funzionari degli stati membri.

Le basi di una nuova politica europea per l’amministrazione pubblica sono state gettate nel 2014 quando il Semestre europeo è stato collegato al rafforzamento della capacità istituzionale attraverso la programmazione dei fondi strutturali e d’investimento europei – gli European Structural and Investment Funds (ESIF). La

program-mazione 2007-2013 aveva già incluso per la prima volta obiettivi de-dicati non solo alla gestione dei fondi europei ma anche alla qualità delle pubbliche amministrazioni. Nel programma ESIF 2014-2020 è

stata rafforzata la dotazione finanziaria riservata allo specifico obiet-tivo tematico dedicato a iniziative orizzontali per la capacità e la qua-lità delle pubbliche amministrazioni che dovevano essere esplicita-mente collegati alle CSRs (Van de Walle et al. 2016).

Le nuove basi, però, sono ancora gracili se si considera che all’interno della Commissione Europea continua a mancare un servi-zio dedicato alla questione amministrativa europea. A partire dal 2015, è emerso il coordinamento di un gruppo di servizi della Com-missione che ha pubblicato due edizioni di un toolbox dedicato

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all’assistenza tecnica degli operatori degli stati membri (Commissio-ne Europea 2017). Si tratta di un documento che raccoglie buo(Commissio-ne pratiche relative ai molteplici ambiti delle riforme amministrative nella prospettiva di aiutare gli operatori a utilizzare gli strumenti fi-nanziari europei (non solo ESIF ma anche Horizon2020, Connecting

Europe Facility, ecc.) nella progettazione e nell’attuazione di iniziati-ve che diano seguito alle CSRs.

All’assistenza tecnica è stato dedicato a partire dall’estate 2015 anche il servizio di supporto alle riforme strutturali (Structural Re-form Support Service – SRSS). Questo servizio è stato introdotto nella

prospettiva di rendere stabili le iniziative pionieristiche di assistenza tecnica delle task force speciali che hanno sostenuto l’attuazione dei programmi di aggiustamento economico in Grecia e Cipro. Esso si attiva in risposta alle domande specifiche di tutti gli stati membri, non richiede co-finanziamento, ed è riferito a molteplici ambiti, in-cluso quello delle riforme amministrative. Il collegamento con il Se-mestre europeo è stato assicurato perché gli stati membri hanno po-tuto richiedere l’assistenza del SRSS anche con riferimento

all’attuazione delle proposte di riforme suggerite dalla Commissione nelle CSRs. Ciò, però, è avvenuto nei limiti dei forti vincoli di budget

entro cui ha finora operato il servizio.

In questo nuovo scenario, la Commissione Juncker ha avvertito l’esigenza di rafforzare le proprie basi di conoscenza sul funziona-mento delle pubbliche amministrazioni negli stati membri. Nell’autunno 2015 è stato lanciato un programma per lo sviluppo della conoscenza della pubblica amministrazione e della costruzione di capacità istituzionale negli stati membri (European Public Admini-stration Country Knowledge – EUPACK). Il rapporto conclusivo di

questo programma di ricerca ha evidenziato il successo dell’uso degli strumenti finanziari europei per sostenere riforme amministrative solo in pochi ambiti come quello della digitalizzazione dei servizi pubblici. I risultati raggiunti, inoltre, dipendono in larga misura da fattori abilitanti endogeni (Heichlinger et al. 2018). In particolare, a livello europeo risalta la debolezza dei sistemi di monitoraggio per verificare l’effettività delle riforme poste in essere. Pur raccogliendo una messe copiosa di dati sulle caratteristiche dei diversi sistemi amministrativi degli stati membri, il progetto EUPACK si è limitato a

constatare l’assenza di indicatori per la comparazione sistematica del cambiamento amministrativo (Thijs et al. 2017).

Questo contributo intende colmare il vuoto di ricerca sulle CSRs

relative alle riforme amministrative. Una sola analisi comparata delle raccomandazioni in tema di riforme amministrative è disponibile

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nella letteratura grigia con riferimento al periodo 2011-2015 da cui si evince la peculiarità dell’Italia come bersaglio di ricorrenti racco-mandazioni relative alla modernizzazione del settore pubblico (Pena-Casas et al. 2015). La pubblica amministrazione è stata inoltre inclu-sa come specifica area di policy nelle analisi comparate sull’evoluzione dell’intero universo delle CSRs che hanno evidenziato

come la riforma amministrativa abbia mantenuto un elevato livello di salienza nel corso del tempo (Crespy e Vanheuverzwijn 2019; D’Erman et al. 2019). Mancano, invece, analisi sullo specifico conte-nuto delle proposte di riforma amministrativa contenute nelle CSRs e

sulla loro attuazione. Per colmare questa lacuna, è stata condotta una indagine di taglio esplorativo sul caso italiano ricorrendo all’analisi qualitativa delle proposte di riforma per trarre implicazioni prelimi-nari che attendono di essere sviluppate da future ricerche relative al rapporto tra influenza europea e riforme amministrative.

2. Disegno della ricerca

Nella letteratura che si occupa del rapporto tra integrazione euro-pea e cambiamento amministrativo sono rinvenibili due filoni con-solidati di ricerca. Il primo è dedicato all’indagine dello spazio amministrativo europeo come nuovo ordine in cui lo sviluppo di competenze amministrative indipendenti a livello europeo fa emergere una amministrazione multi-livello in cui si consolidano reti che connettono le agenzie europee a quelle nazionali (Trondal e Bauer 2017). Il secondo è dedicato allo studio dell’europeizza- zione delle amministrazioni: dopo una attenzione iniziale riservata ai sistemi nazionali di coordinamento delle politiche europee, que-sto filone si è occupato dei cambiamenti indotti dall’influenza eu-ropea nell’organizzazione e nella cultura delle burocrazie degli stati membri (Mastenbroek 2017). Recentemente, è emerso un nuovo ambito di indagine relativo all’influenza del livello europeo sul de-sign delle riforme che interessano il settore pubblico. Nello speci-fico, Ongaro e Kickert (2020) distinguono tre ambiti di riforme: quello più ristretto delle riforme del management pubblico; quello intermedio delle riforme amministrative; quello più ampio delle riforme del settore pubblico in cui rientrano anche gli interventi su settori di policy che incidono sull’articolazione del settore pubbli-co pubbli-come, ad esempio, le riforme del mercato del lavoro.

Questo contributo offre una ricognizione a carattere esplorativo dell’influenza degli interventi della Commissione Europea

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sull’ambito delle riforme amministrative, muovendo dal riconosci-mento del carattere composito e variabile delle CSRs. Queste ultime

si articolano in sub-raccomandazioni, vale a dire proposte di riforme relative a molteplici ambiti, da cui consegue l’eterogeneità della clas-sificazione delle aree di policy nella letteratura (D’Erman et al. 2019). Di anno in anno, queste proposte vengono combinate in mo-do differente e non è infrequente che proposte relative alle riforme del management pubblico siano mescolate con proposte relative ad altri ambiti di policy (Di Mascio et al. 2020).

Le CSRs rivolte all’Italia nel periodo 2011-2019 sono state

analiz-zate allocando le proposte di riforma nelle classi individuate dal toolbox dedicato all’assistenza tecnica in materia di qualità dell’amministrazione: bilancio, management dei fondi europei, public procurement, digitalizzazione, semplificazione amministrativa per le imprese, liberalizzazione dei servizi, organizzazione, management della performance, personale, anticorruzione, giustizia civile (Com-missione Europea 2017). Si tratta di una classificazione più ampia di quella relativa alle riforme riferite all’ambito più ristretto del mana-gement pubblico che, come evidenziato dal noto studio di Pollitt e Bouckaert (2017), interessano cinque materie: personale, misurazio-ne della performance, organizzaziomisurazio-ne, open government, finanza.

L’analisi delle proposte incluse nelle raccomandazioni ha seguito l’approccio adottato dagli studi sull’attuazione delle raccomandazio-ni che tengono conto del carattere composito delle CSRs adottando le

singole sub-raccomandazioni come unità d’analisi (Efstathiou e Wolff 2018). Si tratta, peraltro, dello stesso approccio che viene adottato dalla Commissione Europea nella rilevazione dell’attuazione delle CSRs nei Country Reports che dal 2013 è riferita

esplicitamente anche al livello disaggregato delle proposte di rifor-ma. Seguendo l’esempio di D’Erman et al. (2019), l’allocazione delle proposte nelle classi riferite alle materie delle riforme amministrative è stata più affidabile grazie al sostanziale accordo delle codifiche condotte dall’autore e da un altro ricercatore che aveva familiarità con la classificazione delle aree di intervento. L’attuazione delle pro-poste di riforme, invece, è stata rilevata analizzando i Country Re-ports relativi all’Italia nelle edizioni 2012-2020 del Semestre europeo. In questo caso è stato sufficiente raccogliere i livelli di attuazione delle singole sub-raccomandazioni riportati nei documenti.

L’analisi qualitativa delle CSRs, i cui risultati sono presentati nel

paragrafo seguente, è stata seguita da un approfondimento basato su fonti secondarie in cui è stata presa in considerazione la politica di bilancio con riferimento alla quale la Commissione ha attestato i

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progressi più consistenti nell’attuazione delle proposte contenute nelle CSRs. L’analisi della politica di bilancio riportata nel quarto

pa-ragrafo serve a evidenziare la distanza che è corsa tra l’efficacia limi-tata delle riforme e la catena di atti normativi adottati in risposta alle

CSRs.

3. Le proposte di riforme amministrative nelle raccomandazioni specifiche dedicate all’Italia (2011-2019)

La tabella 1 riporta i risultati della mappatura delle proposte di ri-forme amministrative incluse nelle CSRs indirizzate all’Italia nel

pe-riodo 2011-2019. Per ogni anno la tabella riporta in colonna da sini-stra verso desini-stra: il numero delle CSRs indirizzate all’Italia; il numero delle CSRs dedicate alle riforme amministrative, vale a dire quelle

raccomandazioni in cui prevalgono le proposte di riforme ammini-strative; il numero delle CSRs riferite alle riforme amministrative, vale

a dire quelle raccomandazioni in cui sono presenti, tra le varie mate-rie di intervento, anche proposte di riforme amministrative; il nume-ro delle pnume-roposte di riforme amministrative, vale a dire quelle sub-raccomandazioni riferite alle aree di intervento riportate nel toolbox dedicato all’assistenza tecnica in materia di qualità dell’amministra- zione.

Come evidenziato dalla tabella, il 2014 rappresenta l’anno con la frequenza più elevata di proposte di riforme amministrative (11) nell’ambito di una offerta molto ampia di CSRs (8). Successivamente

al 2014, il numero di proposte è sceso in coerenza con il complessivo snellimento delle raccomandazioni già individuato dalla letteratura con riferimento anche agli altri ambiti di policy (Efstathiou e Wolff 2018). Con l’eccezione del primo anno, dal 2012 è sempre stata avanzata una raccomandazione che gravita attorno ai temi delle ri-forme amministrative. Questa raccomandazione, però, ha incluso tutte le proposte riferite alle riforme amministrative solo nel 2019. Negli altri anni, invece, le proposte di riforme amministrative sono state disperse in più raccomandazioni specifiche.

Questo indicatore conferma la frammentazione tematica delle raccomandazioni specifiche quali fasci di proposte di riforme che ogni anno vengono assemblate in modo differente. Ad esempio, la liberalizzazione dei servizi per alcuni anni è stata riportata in CSRs

dedicate alla concorrenza (2011, 2013, 2014, 2015, 2018, 2019), altre volte è stata riportata in CSRs dedicate alle riforme amministrative

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amministrative è stata sempre inclusa una proposta relativa alla giu-stizia civile, fatta eccezione per il 2019 quando questa proposta è sta-ta riporsta-tasta-ta in una CSR dedicata al settore della giustizia.

Quest’ultima classificazione, peraltro, appare molto più aderente all’agenda domestica delle riforme che tende a tenere ben differen-ziate la riforma settoriale della giustizia dalla modernizzazione delle pubbliche amministrazioni.

Nel complesso, la frammentazione delle proposte e la loro collo-cazione variabile nel corso del tempo all’interno delle CSRs tende a rendere poco coerente la raccomandazione dedicata alle riforme amministrative. Quest’ultima ogni anno tende ad abbinare le inizia-tive per la modernizzazione delle burocrazie con le azioni più dispa-rate che in ambito domestico sono presidiate da molteplici centri di competenza. A titolo di esempio, si riporta un estratto della racco-mandazione del 2014:

Il Consiglio raccomanda che l’Italia adotti provvedimenti nel periodo 2014-15 al fine di […] nell'ambito di un potenziamento degli sforzi intesi a far progredire l'efficienza della pubblica amministrazione, precisare le compe-tenze a tutti i livelli di governo; garantire una migliore gestione dei fondi dell'UE con un'azione risoluta di miglioramento della capacità di

ammini-strazione, della trasparenza, della valutazione e del controllo di qualità sia a livello nazionale che a livello regionale, specialmente nelle regioni meridio-nali; potenziare ulteriormente l'efficacia delle misure anticorruzione, in par-ticolare rivedendo l'istituto della prescrizione entro la fine del 2014 e raffor-zando i poteri dell'autorità nazionale anticorruzione; monitorare

tempesti-TAB. 1. Risultati della mappatura delle proposte di riforme amministrative contenute nelle CSRs indirizzate all’Italia (2011-2019).

Anno CSRs CSRs dedicate a RA CSRs riferi-te a RA Proposte RA 2011 6 0 3 4 2012 6 1 2 6 2013 6 1 3 6 2014 8 1 3 11 2015 6 1 4 9 2016 5 1 3 6 2017 5 1 3 5 2018 4 1 1 4 2019 5 1 2 5 Totale 51 9 24 56

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vamente gli effetti delle riforme adottate per aumentare l'efficienza della giustizia civile, con l'obiettivo di garantirne l'efficacia, e attuare interventi complementari, ove necessari.

Dall’estratto si evince come la frammentazione mini anche la coe-renza interna di alcune proposte come quelle relative all’anticorruzione. Queste ultime spesso includono all’interno di una unica indicazione di policy riferimenti tanto agli aspetti preventivi quanto a quelli repressivi, che nel sistema italiano sono attribuiti a soggetti molto differenti, come l’Autorità Anticorruzione e l’amministrazione della giustizia.

La frammentazione della nozione di riforma amministrativa emerge in modo ancora più evidente dall’analisi dei temi messi al centro delle proposte di riforma. Come evidenziato dalla tabella 2, i temi che riguardano più da vicino la riforma del management pub-blico non sono messi al centro delle raccomandazioni specifiche. A essere proposte con la frequenza più elevata sono la riforma della giustizia civile, la liberalizzazione dei servizi e la riforma della finanza pubblica.

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TAB. 2. Ambiti delle sub-raccomandazioni dedicate alle riforme amministrati-ve in Italia (2011-2019).

Oggetto della proposta N Anni Riduzione dei tempi della giustizia

civile 9 2011-2019

Liberalizzazione dei servizi 9 2011-2019 Riforma del bilancio e spending

review

7 2011-2017

Anticorruzione 7 2013-2019

Riforma del management pubblico 5 2014-2017, 2019 Management dei fondi europei 5 2011-2015 Semplificazione dei procedimenti 4 2012-2015 Servizi pubblici locali 4 2014, 2015, 2018, 2019

Privatizzazioni 4 2014-2017

Contratti pubblici 1 2014

Totale 56

Fonte: Elaborazione dell’autore su raccomandazioni specifiche dedicate all’Italia.

Le politiche anticorruzione sono anch’esse riportate con frequen-za elevata ma le proposte tendono a riguardare gli aspetti repressivi senza alcun riferimento all’ambito di open government individuato da Pollitt e Bouckaert (2017) nel loro studio comparato sulle riforme amministrative. Ciò riflette il disinteresse più ampio manifestato ri-guardo alla digitalizzazione che non viene messa al centro dell’agenda delle riforme. Nello specifico, la digitalizzazione non viene citata come dimensione della politica anticorruzione e solo nel 2019 essa viene riconosciuta come fattore che contribuisce a rendere più efficienti le pubbliche amministrazioni. Mancano anche riferi-menti ad altri ambiti tipici della riforma del management pubblico come quelli relativi all’organizzazione e alla gestione della performan-ce.

Nel complesso, l’attenzione è caduta principalmente su quelle ri-forme amministrative che, da un lato, tengono sotto controllo la fi-nanza pubblica e, dall’altro lato, supportano l’attività d’impresa. Le proposte di riforme relative alla modernizzazione amministrative fanno esclusivo riferimento all’obiettivo dell’efficienza mentre la qualità e l’uniformità dei servizi pubblici non vengono menzionati. Ciò si coglie anche all’interno di proposte relative a uno specifico tema di riforma come quello della semplificazione amministra- tiva dove l’attenzione è stata posta esclusivamente sulla riduzione dei

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co-sti per le imprese associati ai procedimenti, trascurando la valutazio-ne dell’impatto ex ante ed ex post degli effetti delle norme.

Nell’ambito di un paradigma che resta stabile nel corso del tem-po, emerge un ricambio dei temi delle riforme amministrative. Alcu-ni temi sono stati proposti con particolare frequenza dalla Commis-sione Barroso (spending review, semplificazione amministrativa, ma-nagement dei fondi europei), altri temi sono stati al centro dell’attenzione della Commissione Juncker (privatizzazioni, riforma dei servizi pubblici locali, riforma del management pubblico). Alcuni temi (riforma della giustizia, liberalizzazione dei servizi, anticorru-zione) hanno interessato le proposte di entrambe le Commissioni ma ciò probabilmente consegue al basso livello di recepimento delle raccomandazioni nel corso degli anni.

Analogamente a quanto rilevato dalla letteratura con riferimento ad altri ambiti di intervento, i valori aggregati riportati nella tabella 3 riflettono un basso livello di attuazione delle proposte di riforme amministrative contenute nelle CSRs1. Le quattro proposte la cui

at-tuazione è stata sostanziale sono riferite all’introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione nel 2012, all’introduzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio nel 2014, al completamento della riforma del bilancio nel 2016 e alla riforma della prescrizione dei reati come misura anticorruzione nel 2017. La liberalizzazione dei servizi e la riforma della giustizia rappresentano alcuni degli ambiti in cui i Country Reports hanno invece attestato progressi nulli o poco signi-ficativi nell’attuazione delle raccomandazioni specifiche. Le privatiz-zazioni, gli esercizi di spending review, la riforma dei servizi pubblici locali e il management dei fondi europei rappresentano gli altri am-biti che si distinguono per il deficit di attuazione.

1 Nelle prime due versioni dei Country Reports (2012 e 2013) gli uffici della Commissione hanno adottato una classificazione dei livelli di attuazione diffe-rente da quella impiegata dal 2014 in poi. Quest’ultima classificazione è stata adottata anche nella presente ricerca codificando come «progresso limitato» le otto proposte riportate come «parzialmente attuate» nei Country Reports 2012 e 2013.

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TAB. 3. Livello di attuazione delle proposte di riforme amministrative contenu-te nelle CSRs indirizzate all’Italia (2011-2019).

Livello di attuazione Numero proposte Valore percentuale

Progresso sostanziale 4 7

Progresso parziale 15 27

Progresso limitato 28 50

Nessun progresso 9 16

56 100

Fonte: Elaborazione dell’autore di dati riportati nei Country Reports sull’Italia (2012-2020).

In conclusione, occorre evidenziare altri due aspetti tipici delle sub-raccomandazioni relative alle riforme amministrative. Il primo aspetto riguarda il carattere vago delle proposte che risulta partico-larmente evidente con riferimento all’ambito del public management. Le proposte del 2014 e del 2019, ad esempio, si limitano a suggerire di «migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione». Nelle proposte relative alla modernizzazione amministrativa nel triennio 2015-2017 emerge un altro aspetto che ricorre anche con riferimento agli altri temi delle riforme amministrative: la raccomandazione al governo italiano si limita a suggerire di adottare gli atti normativi ne-cessari a dare attuazione formale ai provvedimenti di legge. Non sorprende che il 2015 sia l’unico anno in cui la Commissione abbia rilevato l’attuazione almeno parziale di oltre la metà delle proposte (5 su 9), alla luce della fitta produzione di atti normativi collegati alle proposte di riforme da parte del governo Renzi.

4. Le implicazioni del Semestre europeo per la politica di bilancio

A partire dalla riforma generale della cornice contabile (legge n. 468/1978) sono stati numerosi gli interventi volti a razionalizzare la forma e la procedura del processo di bilancio (Cavalieri, Russo e Verzichelli 2018). Queste riforme hanno mirato a superare la storica irresponsabilità della politica fiscale nella prospettiva di modellare gli aggregati del bilancio sulle politiche pubbliche, far indicare al Parlamento le priorità strategiche, garantire maggiore flessibilità or-ganizzativa alle amministrazioni nonché assicurare l’effettiva traspa-renza dei risultati conseguiti. Queste riforme hanno però scontato un

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deficit di attuazione anche dopo l’ingresso nell’Eurozona quando l’unico effetto disciplinante sulla finanza pubblica è stato esercitato dai mercati finanziari in un contesto in cui la frammentazione del si-stema di partito ha impedito che venissero risolti i conflitti distribu-tivi (Marzinotto 2015). Ciò ha favorito l’emersione di un repertorio parallelo di strumenti trasversali volti al mero contenimento della spesa per far fronte ai vincoli europei (De Ioanna e Goretti 2008).

La tensione tra «tagli lineari» e riforme volte alla riqualificazione della spesa è stata ulteriormente accentuata dalla crisi del debito so-vrano. Quest’ultima ha reso più intense le pressioni per il consoli-damento fiscale focalizzando l’attenzione dei governi sulla risposta all’emergenza finanziaria attraverso il ricorso a tagli lineari raccolti in manovre correttive approvate con la tecnica, ormai istituzionalizzata, della fiducia posta su «maxi-emendamenti» dall’eccessivo contenuto normativo, spesso micro-settoriale (Di Mascio, Natalini e Stolfi 2013).

Ciò ha comportato ritardi nell’adozione degli atti delegati dell’ampia riforma del bilancio prevista dalla legge n. 196/2009. Nel-le more che questa riforma venisse attuata, si sono succedute anche strutture tecniche dedicate alla spending review che hanno stentato a consolidarsi nel circuito istituzionale, finendo per produrre analisi il cui impatto in buona misura è stato solo simbolico: anche i tagli mi-rati, infatti, sono stati adottati in conformità a informazioni di natura meramente finanziaria senza alcuna traduzione in interventi di natu-ra gestionale e organizzativa (Goretti e Rizzuto 2013).

Il percorso di attuazione della riforma del bilancio è stato sostan-zialmente ultimato nel 2016 quando è stato adottato un complesso di norme svolgenti funzioni integrative della legge n. 196/2009 e attua-tive della legge costituzionale n. 1/2012 che ha introdotto il principio del pareggio di bilancio nella Costituzione. L’adozione di queste norme è stata preceduta dalle modifiche apportate dalla legge n. 39/2011 per adeguare le procedure nazionali al nuovo schema di go-vernance introdotto dal Semestre europeo. In questo caso, però, si era trattato di un intervento limitato all’anticipo dell’avvio del ciclo di programmazione nella prima parte dell’anno e all’introduzione di obblighi informativi nei confronti di Parlamento ed enti territoriali in merito agli impegni assunti dal Governo nelle sedi europee.

Le norme del 2016 hanno invece completato il percorso teso a ri-trovare l’unitarietà della legge di bilancio come strumento che, oltre alle poste contabili, contiene disposizioni che integrano o modifica-no la legislazione di entrata o di spesa, incorporando in tal modo i contenuti della vecchia legge di stabilità. Queste riforme hanno

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av-viato il superamento delle vecchie logiche autorizzatorie tipiche della concezione formale della legge di bilancio come statica proiezione contabile della legislazione in vigore: l’orizzonte annuale è stato su-perato da criteri di equilibrio fissati con rinvio alle tecniche europee di definizione dell’obiettivo di medio-termine (OMT) che sono entrati

nel processo di definizione e deliberazione della legge di bilancio; l’asse della strumentazione contabile si è spostato dalla competenza alla cassa; è stata rafforzata la connessione tra le amministrazioni centrali e gli altri centri di spesa.

A fronte di questi cambiamenti incrementali degni di nota, i pmi anni di attuazione delle riforme hanno evidenziato molteplici ri-tardi e carenze per cui la concezione sostanziale del bilancio, che in-centra la decisione politica sull’insieme delle entrate e spese pubbli-che, è ben lungi dall’essere pienamente dispiegata. Al deficit di at-tuazione ha contribuito l’instabilità dei governi che mal si concilia con il calendario europeo di bilancio. Basti pensare che i Documenti di Economia e Finanza sono stati presentati nella primavera del 2018 e del 2019 da governi che non hanno guidato l’approvazione della manovra di bilancio in autunno.

Nel caso emblematico della manovra di bilancio 2019, l’asincronia tra ritmi rigidi del Semestre europeo e ritmi flessibili del-la democrazia pardel-lamentare italiana è stata acuita dal negoziato con Bruxelles che, protraendosi a lungo, ha implicato la ridefinizione dei saldi-obiettivo a metà dicembre 2018 (Lupo 2020). Ciò ha fatto con-fluire in questa manovra tutte le forzature procedurali tipiche della discussione parlamentare del bilancio, a partire dalla tecnica di defi-nire il testo finale a lavori parlamentari già iniziati tramite maxi-emendamento del Governo su cui viene posta la fiducia (Bergonzini 2019; Degni 2019).

Nelle intenzioni dei riformatori la nuova fisionomia della legge di bi-lancio avrebbe dovuto assicurare miglioramenti significativi tanto nella prospettiva top-down, con una più efficace identificazione delle priorità attraverso accordi tra le amministrazioni e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, quanto nella logica bottom-up, relativamente all’integrazione della spending review nel ciclo di bilancio per migliorare l’efficienza nell’utilizzazione delle risorse. Nel caso italiano, però, le basi informative non producono con largo anticipo gli elementi del quadro programmatico, impedendo così di articolare progressivamente la spesa come previsto dall’approccio top down (Degni e De Ioanna 2017). Inol-tre, la nuova struttura di classificazione delle spese in missioni e pro-grammi non riesce ancora a essere organizzata in termini di performance budgeting che supporti la revisione della spesa (Goretti 2019).

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Nel complesso, sono stati aggiunti numerosi documenti e adem-pimenti nell’ambito di una sequenza decisionale affollata di scadenze serrate senza però cambiare il processo decisionale in cui prevalgono ancora le variazioni parziali e al margine delle voci di spesa minori senza il supporto di alcuna analisi economica dei risultati delle poli-tiche pubbliche (Degni e De Ioanna 2015). L’innovazione del qua-dro procedurale non è stata affiancata dal lavoro di revisione e sem-plificazione del complesso di leggi sottostanti all’attuale bilancio (ol-tre ventimila) che mantiene elevata la frammentazione delle politiche pubbliche. Inoltre, è mancata la connessione tra la politica di bilan-cio e le altre politiche di riforma amministrativa dirette a responsabi-lizzare le amministrazioni nella gestione della spesa per migliorare l’efficienza nell’utilizzazione delle risorse. Si tratta, in particolare, della riforma del ciclo di gestione della performance e della riforma della dirigenza pubblica la cui attuazione è rimasta sostanzialmente al palo dopo lo scoppio della crisi del debito sovrano (Di Mascio, Natalini e Stolfi 2013).

In assenza di questi interventi, è stata di fatto svuotata la sostanza del Semestre europeo che sollecita gli stati membri a tracciare la rot-ta che intendono perseguire nella composizione tra sostenibilità delle finanze e crescita economica. La struttura che affianca il programma nazionale di riforme (PNR) al programma di stabilità, infatti, intende

garantire agli interventi strutturali un profilo economico-finanziario. Nel caso italiano, però, nel PNR sono fissati solo livelli qualitativi di

attuazione delle politiche perché mancano indicatori da allineare alla griglia di missioni e programmi riportati nel programma di stabilità. I PNR finiscono per essere così documenti di centinaia di pagine in cui sono elencati decine di provvedimenti normativi di cui la Com-missione nei suoi Country Reports si limita a valutare l’eventuale adozione senza tenere conto della loro interazione e del loro impatto (Di Mascio et al. 2020).

5. Conclusioni

L’analisi delle proposte di riforme amministrative indirizzate all’Italia nelle CSRs relative al periodo 2011-2019 ha confermato tre

limiti tipici della governance europea delle riforme strutturali. Il primo riguarda l’incapacità del livello europeo di definire un indiriz-zo univoco con riferimento all’evoluzione da una agenda di riforme centrata sull’austerità a una orientata all’investimento pubblico (Cre-spy e Vanheuverzwijn 2019): l’analisi longitudinale ha evidenziato

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come sia rimasta rilevante nel corso del tempo la concezione della riforma amministrativa come funzione del rispetto dei parametri di finanza pubblica per cui molte delle proposte di riforma hanno con-tinuato a fare riferimento essenzialmente al contenimento della spesa e alla crescita economica assicurata dalla liberazione delle imprese dai lacci della burocrazia. Il secondo limite riguarda la frammenta-zione delle CSRs che aggregano le sub-raccomandazioni sulla base di

una geometria variabile di anno in anno. Ciò non assicura la coeren-za tra articolazione dei temi di riforma e articolazione dei centri di competenza all’interno degli stati membri per cui è non è affatto im-probabile che siano chiamati ad attuare la stessa CSR uffici che tradi-zionalmente presidiano ambiti differenti (D’Erman et al. 2019). Il terzo limite riguarda l’enfasi posta dagli uffici della Commissione sui contenuti delle riforme trascurando gli aspetti relativi al contesto e al processo di riforma (Ongaro e Kickert 2020). Con riferimento al ca-so italiano, ciò ha determinato un ampio divario tra attuazione dei contenuti delle riforme per mezzo di catene di atti normativi ed ef-fettivo cambiamento amministrativo.

Le implicazioni della disattenzione per gli aspetti relativi a conte-sto e processo sono evidenziate dall’evoluzione della politica di bi-lancio in Italia. Le nuove procedure finanziarie fissate dal Semestre europeo mal si sono integrate nel contesto politico italiano in cui l’endemica turbolenza del sistema di partito è stata peraltro accen-tuata dalla crescente incoerenza degli obiettivi di finanza pubblica definiti in Italia e quelli concordati in sede europea. Ciò ha assicura-to al Governo il controllo sui saldi e sui tempi del bilancio riducendo ulteriormente il significato del passaggio in Parlamento senza, peral-tro, far venir meno il carattere micro-settoriale delle norme. L’attenzione ai contenuti delle proposte di riforma ha portato la Commissione a ritenere soddisfacente la mera introduzione di pro-cedure di bilancio che finiscono per fungere da vesti rinnovate della vecchia correzione dei trend inerziali della spesa. Si tratta di un esito analogo a quello riscontrato in altri paesi dove sono state varate le riforme suggerite dal livello europeo ma in cui la crisi fiscale ha fatto prevalere il controllo esercitato dal Ministero dell’economia attraver-so vecchi strumenti rispetto al cambiamento dei processi di bilancio (Raudla et al. 2020).

Nel complesso, questo contributo evidenzia la path dependence dell’influenza europea sulle riforme amministrative. Il Semestre eu-ropeo ha rappresentato un esercizio che non è stato orientato da nuove idee guida sul cambiamento amministrativo; non è stato so-stenuto da nuovi strumenti di monitoraggio e costruzione di capacità

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amministrativa; ha continuato a essere affetto da settorializzazione, per cui si interviene in modo penetrante solo in pochi ambiti come quello del bilancio. In questo scenario caratterizzato da continuità, le

CSRs sono state usate dalla Commissione come un nuovo contenitore

in cui raccogliere vecchie raccomandazioni indirizzate ormai da anni agli stati membri da parte delle singole direzioni generali.

È stato già evidenziato dalla letteratura come la Commissione ab-bia rafforzato la propria capacità di monitoraggio con più ampiezza e profondità relativamente al controllo della disciplina fiscale rispetto alle riforme strutturali (Bauer e Becker 2014). La Commissione ha riorganizzato uffici, procedure e competenze ma la sua capacità resta adeguata per assicurare solo l’enforcement di regole fiscali, la cui in-terpretazione viene contrattata con i governi di anno in anno. L’attuazione delle proposte di riforme amministrative richiede inve-ce il passaggio dall’enforinve-cement al management (Tallberg 2002), vale a dire l’accompagnamento dello sviluppo di capacità amministrativa negli stati membri. Alla Commissione, però, mancano le risorse ne-cessarie per gestire processi di cambiamento che incidano sul quadro domestico relativo non solo alla governance fiscale ma anche alla ri-forma amministrativa, intesa come fascio di iniziative strettamente intrecciate che operano su molteplici dimensioni (autonomia della dirigenza pubblica, valutazione della performance, strumenti conta-bili). L’attuazione di queste iniziative integrate ha bisogno di un nu-cleo di competenze economiche e gestionali, della sperimentazione delle pratiche e della loro circolazione, dell’integrazione delle basi informative ai diversi livelli di governo per colmare il gap di indica-tori sulla qualità dell’amministrazione in prospettiva comparata.

In conclusione, il Semestre europeo ha contribuito al declino della salienza del tema della riforma amministrativa in Italia e alla sua fram-mentazione in iniziative incrementali (Vecchi 2019). Nell’ambito della persistente concezione della riforma amministrativa come fattore di ri-sanamento finanziario coerente con i parametri europei, la ridotta en-fasi posta dalle CSRs sulle riforme del management pubblico, fatta

ec-cezione per la finanza pubblica e pochi altri limitati ambiti, ha fatto venir meno il ruolo del livello europeo come «vincolo esterno» sfrutta-to dalla comunità degli esperti italiani per promuovere il cambiamensfrutta-to amministrativo alla fine del XX secolo. Non appare sorprendente che

proposte di riforma generiche, assemblate in modo diverso ogni anno per dare mera attuazione formale a un paradigma procedurale vincoli-stico che traduce le regole quantitative della governance economica eu-ropea, non abbiano generato a livello politico una riserva di legittimità tale da sostenere il cambiamento amministrativo (De Ioanna 2016).

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FABRIZIO DI MASCIO è professore associato in Scienza Politica. INDIRIZZO: Università di Torino – Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio – Viale Mattioli, 39 – 10125 Torino.

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