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Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza Vol. I - N. 1 - Gennaio-Aprile 2007 1

Recensione

di Roberta Biolcati1

1 Psicologa e specialista in psicoterapia, è ricercatore universitario in Psicologia Clinica, all’Alma Mater

Studiorum-Università degli Studi di Bologna.

Bisi R. (a cura di), Tossicodipendenze Comunità

e trattamento. Strumenti di analisi, Clueb, Bologna, 2006.

Chi si occupa di tossicodipendenza tende ad essere accecato dall’idea che la potenza della sostanza (tra l’altro innegabile dal punto di vista psico-fisiologico) mieta vittime e renda schiavi del perverso circuito tossicomanico. A lungo si è

dibattuto sul concetto di dipendenza

considerandola vizio / malattia / colpa / peccato / devianza / passività / masochismo e pulsione di morte.

L’ideologia che permea il volume concorda con il fatto che si realizzi con la tossicodipendenza una situazione assai ambigua, come sostiene Augusto Balloni, se non addirittura paradossale: è il consumatore che “sceglie” il suo comportamento. Il tossicodipendente ad un certo punto si è dovuto interrogare sull’apparente non senso della propria esistenza, ha incontrato una falla nell’ordine della significazione e l’incontro “fortunato” con la sostanza vi si è installato come plausibile quanto efficace risposta.

Un pianista alcolizzato (dal famosissimo film "Profondo Rosso" di Dario Argento) accusato di essere masochista e di volersi uccidere risponde all’amico: “Macché masochista…è che io quando bevo sono felice!”. La droga è quindi una soluzione che in quel momento la persona si da' per contrastare angoscia e conflitti; indubbiamente

una soluzione pessima e controproducente ma comunque l’unica disponibile in quel momento e la sola in grado di assolvere ad alcune funzioni mentali e di rispondere ad un qualche fondamentale bisogno.

L’impegno del libro sulle tossicodipendenze è quello di conoscere “dal di dentro” la condotta tossicomanica, attraverso la proposta di interessanti strumenti di indagine ed intervento utilizzati con gli ospiti di un contesto elettivo di trattamento quale quello comunitario.

Susanna Vezzadini mette in evidenza il valore

delle comunità terapeutica per il

tossicodipendente riflettendo sul fatto che, nonostante il panorama di proposte comunitarie sia difforme, vi siano dispute sulla sua utilità ed abbia una storia difficile di valorizzazione o svalutazione, in ogni modo metta al centro della cura il disagio relazionale; se ammettiamo per un momento che il tossicodipendente sia un non-malato ma un mal-educato che da' a se stesso risposte mal-indirizzate, in altre parole che sia un malato di relazione, allora la comunità si rivela innegabilmente utile.

La rassegna normativa sulla tossicodipendenza, dalla prima legge italiana in materia di stupefacenti (L.396/23) del ventennio fascista, verso il ben noto Testo unico (309/90) fino alla recentissima legge Fini-Giovanardi (49/2006),

evidenzia la peculiare condizione del

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visto oscillare sempre in bilico tra sofferenza individuale e disordine sociale. Droga come male in sé che degrada il consumatore e veicolo di pratiche criminali collegate ad essa in variegati modi. I dati epidemiologici attuali e l’aggravarsi delle pene fanno pensare alle sostanze, in accordo con Andrea Piselli, come al Problema per eccellenza, dai numeri preoccupanti.

Dopo queste riflessioni introduttive, il nucleo centrale del volume ci permette di entrare nell’assetto comunitario e di conoscere e ri-conoscere i suoi ospiti; l’utilizzo di strumenti così difformi, quali l’utilizzatissimo MMPI e l’analisi grafica (forse meno nota), senza letture interpretative pre-confezionate ma con un atteggiamento scientifico e direi fenomenologico, porta il lettore ad essere ricercatore oggettivo che tenta, senza essere troppo guidato o fuorviato, di trovare possibili correlazioni tra espressioni tanto diverse della medesima persona che soffre.

La comunità residenziale “La Sorgente” nel territorio bolognese, di cui si parla nel volume, accoglie tossicodipendenti e giovani in difficoltà. Nasce dall’opera di Padre Marella e conta all’oggi più di 25 anni di attività.

Attraverso gli obiettivi che si propone di raggiungere mette il valore della relazione al centro e con un progetto educativo ben strutturato aiuta il giovane ad affinare quella capacità di relazione così deficitaria nel soggetto dipendente, migliorando così la sua capacità di gestione

esistenziale. Attraverso Moreno Astorri

rinveniamo le varie tappe del percorso

comunitario con le attività che propone promuovendo il contatto del giovane con la

propria, spesso coartata, emozionalità.

L’organizzazione è chiara ed evidente l’impegno

volontaristico, presupposti indispensabili nel cammino di ricerca identitaria dei giovani devianti.

Gli ospiti della comunità sono stati intervistati nella convinzione dell’utilità della narrazione e del resoconto biografico per la formazione identitaria e dell’importanza del racconto umano

per meglio comprendere il fenomeno

tossicodipendenza. Dalla ricerca sperimentale proposta emerge l’importanza del rigore metodologico e degli strumenti allo scopo di pervenire ad una descrizione sintetica e condivisibile della complessità del mondo tossicodipendente (per quanto trattasi di un micro-mondo e di un campione ristretto e non casuale). Emergono profili di personalità estremamente interessanti. Consapevoli della non impeccabile elaborazione del disegno sperimentale, gli autori presentano dati descrittivi importanti, raccolti attraverso singolare associazione di strumenti (MMPI ed esame grafologico).

Senso di vuoto e solitudine epocale, scarsità di mezzi psicologici per fronteggiare angosce e frustrazioni, facilità ed accessibilità alle droghe, queste ed altre le possibili letture interpretative del fenomeno droga, che acquista nuove connotazioni ed una dimensione di drammaticità.

Rivelatori dei processi psichici divengono i segni grafologici della produzione spontanea e naturale; nel capitolo conclusivo, dopo riflessioni e tentativi di comprensione del fenomeno “dal di dentro”, si ritorna al dolore come possibile chiave di accesso per favorire istanze di cambiamento. L’ascolto della sofferenza, lavorando per trovare i giusti strumenti per la diagnosi e per meglio orientare l’intervento, diviene il mezzo per occuparsi della

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persona rendendola protagonista della propria ri-definizione.

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