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Le lettere di Verdi conservate presso l’Archivio Storico della RAI. Un contributo allo studio di documenti editi e inediti

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STUDI VERDIANI 25 (2015)

Direttore responsabile - Sandro Cappelletto Redazione - Giuseppe Martini

Tipografia - Mattioli 1885 srl (Fidenza) Distribuzione - Casalini Libri

Via Benedetto da Majano 3, 50014 Fiesole (FI) Via Faentina 169/15, 50014, Caldine, Fiesole (FI) info@casalini.it; orders@casalini.it

Mattioli 1885 srl

Strada della Lodesana 649/sx, 43036 Fidenza (PR) tel. 0524 530383; fax 0524 82537

distribuzione@mattioli1885.com

© Copyright 2015

ISTITUTO NAZIONALE DI STUDI VERDIANI Strada M. Melloni, 1/B

I-43121 PARMA

(tel e fax 0521/285273 – http://www.studiverdiani.it – e-mail: direzione@studiverdiani.it) ISSN 0393-2532

Printed in Italy

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STUDI VERDIANI

25

ISTITUTO NAZIONALE DI STUDI VERDIANI PARMA, 2015

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ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

FRANCO ABBIATI, Giuseppe Verdi, Milano, Ricordi, 1959,

4 voll.

JULIAN BUDDEN, The Operas of Verdi, London, Cassell,

1973-1981, 3 voll. Trad. it.: Le opere di Verdi, Torino, EDT/ MUSICA, 1985-1988, 3 voll.

Carteggi verdiani, a cura di ALESSANDRO LUZIO, Roma, Reale

Accademia d’Italia, Roma, Accademia nazionale dei Lincei, 1936-1947, 4 voll.

I copialettere di Giuseppe Verdi, pubblicati e illustrati da Gaetano Cesari e Alessandro Luzio e con prefazione di Michele Scherillo, Milano, Commissione esecutiva per le onoranze a

Giuseppe Verdi nel primo centenario della nascita, 1913 ABBIATI

BUDDEN

Carteggi

Copialettere

Avvertenza

Nelle trascrizioni dei documenti, le parole sottolineate negli originali sono rese in corsivo.

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Le lettere di Verdi conservate presso

l’Archivio Storico della RAI.

Un contributo allo studio di documenti editi e inediti

Andrea Malvano

L’Archivio Storico della RAI è oggi ubicato presso l’Auditorium “A. Toscanini” di Torino. Il materiale è confluito in questa sede nel 1994, in seguito alla fondazione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale: la dirigenza aveva deciso di avvicinare alla nuova formazione tutta la musica prodotta o acquisita nel corso dei decenni dall’emittente radio-televisiva. Fu in quel momento che nacque un enorme archivio (circa 50.000 unità bibliografiche), destinato a diventare la memoria storica di un ente, ma anche di un intero Paese. Questa collezione compren-de per lo più repertorio sinfonico, corale e operistico di uso corrente, utile per venire incontro alle esigenze della formazione attiva presso l’Auditorium di Torino. C’è però una copiosa parte dell’archivio che riveste un elevato valore storico. La sezione più preziosa è senza dub-bio quella costituita dal Fondo Autografi e Rari: 152 documenti, tra lettere, partiture, incisioni, dagherrotipi, che costituiscono un corpus di fonti molto rilevanti sotto il profilo storico-filologico. Tra queste si annoverano l’ultima lettera scritta da Johann Sebastian Bach nel 1749, una lettera di Richard Wagner, il manoscritto autografo dei Fünf unga-rische Volkslieder di Franz Liszt, la partitura autografa della Conchita di Riccardo Zandonai, due rielaborazioni inedite di Ottorino Respighi da Bach e Vivaldi.

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100 MALVANO

A partire dal marzo del 2012 un gruppo di ricerca dell’Università di Torino (Dipartimento di Studi Umanistici), coordinato da chi scrive e finanziato dal MIUR nell’ambito di un progetto FIRB, si è installato all’interno dell’archivio RAI di Torino per svolgere un lavoro trienna-le di catalogazione, studio e valorizzazione del patrimonio in oggetto. Prima di quella data nessuno aveva avuto occasione di analizzare a fondo il materiale, che resta ancora oggi inaccessibile al pubblico. La dimostrazione viene dalla scarsa produzione bibliografica. Sulla colle-zione dei documenti manoscritti e rari esiste solo una pubblicacolle-zione, curata da Alberto Basso nel 1962, che descrive le 85 unità bibliografiche presenti allora nell’Auditorium RAI di Torino1; un lavoro che, come sostenuto dallo stesso Basso in sede di prefazione, costituisce solo un punto di partenza per ulteriori ricerche. Inoltre l’Archivio RAI nel corso degli anni si è arricchito di circa 60 altri documenti totalmente ignoti alla comunità scientifica. L’unico ulteriore contributo bibliogra-fico è reperibile nel primo volume di Le fonti musicali in Piemonte, a cura di Annarita Colturato: una scheda che consente di stimare il numero di manoscritti, partiture e testi per musica conservati in Audi-torium fino al 2006, mettendo in evidenza la necessità di catalogare a beneficio degli studiosi tale ingente patrimonio di documenti2. Esisto-no infine alcune riproduzioni anastatiche della collezione, pubblicate nel volume di Massimo Mila sulla giovinezza di Verdi3.

Il fondo Autografi e Rari dell’Auditorium RAI “A. Toscanini” comprende una rilevante collezione di lettere firmate da Giuseppe Ver-di. Si tratta in tutto di nove documenti che definiscono un arco tempo-rale piuttosto esteso, tra il 1845 e il 1896. Tre di queste lettere furono acquisite dalla RAI prima del 1962; sono difatti trascritte nel già citato volume di Alberto Basso4, che apparve proprio in quell’anno assegnan-do collocazioni precise a tutte le unità bibliografiche del fonassegnan-do (n. 62, n. 63, n. 64). Un secondo corpo di lettere (nn. 86-90) è stato acquisito tra il 1962 e il 1965: lo documenta un opuscolo distribuito al pubblico nell’arco di quelle tre stagioni sinfoniche 5. Questo supplemento

all’in-1 ALBERTO BASSO, Autografi di musicisti e stampati di interesse musicale, Italgrafica,

Torino 1962.

2 Le fonti musicali in Piemonte, a cura di Annarita Colturato, I, Lucca. LIM, 2006,

pp. 37-39.

3 MASSIMO MILA, La giovinezza di Verdi, Torino, Rai Eri, 1974. 4 BASSO, Autografi di musicisti, pp. 49-50.

5 Tale opuscolo, funge da supplemento al volume curato da Alberto Basso nel 1962.

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ventario, curato sempre da Alberto Basso ma rimasto pressoché igno-to alla comunità scientifica, dichiara l’acquisizione di cinque nuove lettere di Verdi, collocate con numerazione progressiva dall’86 al 90. L’unità bibliografica che chiude la collezione (n. 107) è invece pervenu-ta in sede nel 1967, assieme all’ultima partipervenu-ta di acquisti effettuapervenu-ta dalla RAI sul mercato dei documenti rari e autografi: anche in questo caso la ricostruzione del dato cronologico è stata possibile grazie a un fo-glietto allegato a un programma di sala stampato nel dicembre del 1967. Tali acquisizioni sono state promosse dall’allora Direttore del Centro di Produzione RAI di Torino, Giulio Razzi, appassionato di musica nonché parente di Giacomo Puccini, il quale reperì i documenti presso alcuni antiquari italiani: Libreria “L. Gonnelli” di Firenze, Libreria “G. Casella” di Napoli, Libreria Pregliasco di Torino.

Le acquisizioni comprese tra il n. 86 e il n. 107 non sono presenti nella monografia curata da Alberto Basso, ma sono in parte note alla comunità scientifica grazie a pubblicazioni e trascrizioni successive. Di questo gruppo fanno parte anche le lettere nn. 88, 90 e 107, che invece vengono pubblicate per la prima volta in questo contributo. La lettera n. 107 fino a oggi era del tutto sconosciuta alla comunità scientifica e assente dal database dell’Istituto nazionale di studi verdiani, mentre la lettera n. 88 e la lettera n. 90 erano schedate in una maniera lacunosa: senza trascrizione nel primo caso e senza digitalizzazione nel secondo. Tutto il corpus merita tuttavia di essere sottoposto a nuove indagini e trascrizioni, al fine di rendere fruibile in maniera integrale la colle-zione in possesso della RAI, nonché ad approfondire aspetti ancora parzialmente ignoti della carriera del compositore.

La selezione di documenti è stata recentemente oggetto di due esposizioni organizzate per le celebrazioni del bicentenario verdiano: presso l’Auditorium RAI di Torino nel novembre del 2013 e presso il Vittoriano di Roma, nell’ambito di una mostra realizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, tra il novembre del 2013 e il febbraio del 2014.

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102 MALVANO Inventario dei documenti verdiani conservati nell’Archivio Storico della RAI

Mittente Destinatario Luogo Data Contenuto Dimensioni Annotazioni

62 GiuseppeVerdi Maloberti, Giovanni S. Agata 24 giugno 1867

Nella lettera, listata a lutto per la morte del padre,

il compositore ringrazia l’amico per avergli inviato

un candelabro 2 c. ; 206 x 132 mm + 1 busta Sulla busta: «A Giovanni Maloberti Filarmonico, 23 S. Maria dei Pagani, Piacenza»

63 GiuseppeVerdi // Genova 11 gennaio 1894

Cartoncino con due battute da Falstaff:

«Quand’ero paggio del duca di

Norfolk»

1 c. ; 92 x 117 mm

64 GiuseppeVerdi // Genova 30 marzo 1899

Il compositore ringrazia per l’invio del libro

Quo Vadis che

intende leggere con interesse

1 c. ; 180 x 112 mm

65 // // // // di Giuseppe VerdiRitratto a stampa 36,3 x 25,4 cm

66 // // Milano //

Ritratto in fotografia di Giuseppe Verdi con

firma autografa 16,4 x 10,9 cm In calce: Pagliano e Ricordi Milano Piazza Carmine 4. Sul retro cartoncino: Giuseppe Verdi R. Stabilimento Ricordi Milano, Napoli, Roma, Firenze, Londra

86 GiuseppeVerdi Masi, Luigi Milano 5 novembre 1845

Verdi confessa all’amico Masi le pene, l’ansia e l’infelicità causate

dalla sua attività di musicista compositore 2 c.; 188 x 123 mm Busta indirizzata a Luigi Masi, presso il principe Bonaparte, Roma

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87 GiuseppeVerdi GiovanniRicordi Bologna 4 ottobre 1850 Il compositore fa riferimento a una polemica con il critico musicale François-Joseph Fétis, in merito a un articolo apparso sulla «Revue et Gazette Musicale de Paris» 2 c.; 251 x 190 mm

88 GiuseppeVerdi [Cesare Ragani] Parigi 22 ottobre 1854

Giuseppe Verdi allude ai suoi rapporti conflittuali con il Théâtre Italien di Parigi 2 c.; 205 x 132 mm

89 GiuseppeVerdi Marenghi, Paolo Torino 16 agosto 1867

Prima della partenza per Parigi,

dà disposizioni a Paolo Marenghi (fattore della tenuta

di Sant’Agata) per la cura della villa

2 c.; 202 x 1296 mm

+ 1 busta

90 GiuseppeVerdi Corticelli, Mauro [Milano]

[1 luglio 1879] (data scritta a posteriori a matita) 3 c. ; 208 x 133 mm + 1 busta 107 GiuseppeVerdi Cavaliere Spatz (Hôtel Milano - Milano) Genova novembre 28 1896 Verdi comunica che il lunedì 30 novembre, circa alle ore 15,30, si sarebbe recato a Milano per quattro giorni

in compagnia del domestico

2 c. ; 176 x 112 mm

+ 1 busta

Il mese del timbro postale sulla busta

non è leggibile Lettera indirizzata a Borgo San Donnino, per Busseto e S’Agata; presente, a matita, probabile numero d’inventario: 4599 Lettera indirizzata a Borgo San Donnino, per Busseto; presente, a matita, probabile numero d’inventario: 6227 Verdi avvisa

Corticelli del suo arrivo a Borgo San Donnino da lì a quattro giorni chiedendo di rendere accogliente la tenuta di Sant’Agata, in quel periodo in fase di ristrutturazione Verdi comunica che il

lunedì 30 novembre, circa alle ore 15,30,

si sarebbe recato a Milano per quattro giorni in compagnia

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104 MALVANO

La lettera sul Théâtre Italien

La lettera n. 88 della collezione custodita presso l’Archivio Sto-rico della RAI non è mai stata pubblicata. Benché fosse presente nel database dell’Istituto nazionale di studi verdiani, in questa sede viene trascritta per la prima volta in un contributo edito. Verdi scrive in fran-cese da Parigi a un destinatario ignoto (manca la busta in questo caso), genericamente definito «Monsieur»6, che ringrazia per un biglietto del Théâtre Italien.

Paris 22 Octo. 1854 Monsieur

Prenant hier une stalle au bureau de location, je n’ai fait ni plus ni moins de ce que j’ai fait l’année dernière toutes les fois que j’ai désiré assister à une representation du Théatre Italien. Si je me conduisais de même avec l’Opéra, ce serait absurde, et ridicule, étant lié avec ce théatre par un engagement. N’appartenant de toute manière au Théatre Italien, je trouve tout naturel, et raisonnable, d’y entrer aux mêmes conditions que tout le monde: seulement je regrette que le hasard qui vous l’a fait savoir, ait pu vous contrarier un seul moment!

C’est vrai: j’ais des griefs contre le Théatre Italien, et je suis bien aise que vous aussi les trouviez justes! C’est à cause de ces griefs que je n’ai jamais desiré, et je ne desire pas prendre part aux affaires musicales de ce théatre. Je l’ai dit l’autre jour à Madame Frezzolini, et je le repète aujourd’hui franchement à vous même. Cet etat de choses, et n’ayant pas l’honneur de vous connaitre personellement, m’ont tenu à l’écart, et m’ont empeché de vous laisser une carte de visite à mon arrivée à Paris. Si j’avais agi differemment, j’aurais peut-être eu l’air de vouloir m’intro-duire, intriguer, me mêler des affaires qui ne me regardaient pas: chose que je n’ai jamais fait de ma vie, et qui est trop opposée à la franchise et fierté de mon caractère.

Veuillez cependant croire, Monsieur, que je suis très reconnaissant des offres que vous avez eu la bonté de me faire, et si vous vouliez m’ho-norer d’une de vos visites, je suis presque toujours chez moi jusqu’à midi, et de 5 à 6 heures, heureux de vous recevoir.

Veuillez agréer, Monsieur, l’expression de mes sentiments distin-gués.

6 Con tutta probabilità, come osservava Basso nel supplemento al suo volume, si

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[Parigi] 22 Ott. 1854 Signore

Prendendo ieri una poltrona all’ufficio degli affitti, non ho fatto né più né meno di ciò che ho fatto l’anno scorso ogni volta che ho desiderato assistere a una rappresentazione del Théâtre Italien. Se mi comportassi nella stessa maniera con l’Opéra, sarebbe assurdo, e ridicolo, essendo legato a questo teatro da un incarico. Non appartenendo in nessun modo al Théâtre Italien, trovo naturale e ragionevole entrarci alle stesse condi-zioni di tutti: solo mi dispiace che il caso che ve lo ha fatto sapere abbia potuto contrariarvi un solo istante!

È vero: ho delle obiezioni da muovere al Théâtre Italien, e sono mol-to confortamol-to dal fatmol-to che anche voi le troviate giuste! È a causa di que-ste obiezioni che non ho mai desiderato, e non desidero prendere parte agli affari musicali di questo teatro. L’ho detto l’altro giorno alla signora Frezzolini, e lo ripeto oggi francamente anche a voi. Questo stato di cose, e non avendo l’onore di conoscervi personalmente, mi hanno tenuto a distanza, e mi hanno impedito di lasciarvi un biglietto da visita al mio arrivo a Parigi. Se avessi agito differentemente, avrei forse avuto l’aria di volermi introdurre, di intrigare, di immischiarmi in affari che non mi competono: cosa che non ho mai fatto in tutta la mia vita, e che è troppo opposta alla franchezza e fierezza del mio carattere. Vogliate dunque cre-dere, Signore, che io sono molto riconoscente nei confronti delle offerte che avete avuto la bontà di farmi, e se voi voleste onorarmi di una delle vostre visite, io sono quasi sempre da me fino a mezzogiorno, e dalle 5

alle 6, felice di ricevervi.

Vogliate gradire, Signore, l’espressione dei miei distinti sentimenti]

Stando a quanto riportato su «La Presse»7, Verdi assistette al-l’Otello di Rossini, nel quale cantava proprio l’Erminia Frezzolini ci-tata nella lettera. Era sci-tata lei la prima Giselda nei Lombardi alla prima crociata (11 febbraio 1843), nonché la protagonista di Giovanna d’Arco (15 febbraio 1845). Dopodiché aveva trionfato sulle scene di Pietro-burgo, Londra e Madrid, prima di entrare a far parte della compagnia del Théâtre Italien, con cui collaborò stabilmente tra il 1853 e il 1857. L’ente parigino però non era mai stato nelle grazie di Verdi, e il 7 no-vembre del 1853 Tito Ricordi aveva ricevuto dallo stesso compositore una secca diffida a concedere i diritti di rappresentazione per Rigoletto e Trovatore:

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106 MALVANO

Permettimi un piccolo consiglio. Il Teatro Italiano si apre: se deside-ri che Rigoletto ed il Trovatore non sieno ruinate tu farai il possibile per impedirne la rappresentazione. Tu mi dirai che Mario, Alboni, Frezzoli-ni, Gardoni sono nomi rispettabili. D’accordo: ma non vi è molta simpa-tia tra il loro canto e la mia musica. Le mie opere hanno bisogno di artisti più modesti di nome, ma che cantino con più amore, e passione.8

La Frezzolini, che in precedenza aveva goduto della stima di Ver-di, veniva messa nel mucchio dei cantanti in forze presso il Théâtre Italien: artisti di grande richiamo, ma forse poco inclini a mettersi al servizio della partitura. Senza dubbio c’erano ragioni musicali fondate che tenevano lontano Verdi da quel teatro; ma sotto c’era anche una ragione economica, strettamente legata alle edizioni utilizzate dai di-rettori del Théâtre Italien. Carlo Graziani, nel 1941, alludeva a una sorta di pirateria musicale praticata dall’ente per la rappresentazione delle sue opere: vale a dire la consuetudine di ricorrere non ai materiali originali, ma a edizioni non autorizzate, defraudando autori ed editori delle loro royalties9. Anik Devriès-Lesure, nel 1998, ha sistemato me-glio la dimensione legale della circostanza, ricordando la normativa del tempo in materia di copyright: vale a dire l’assenza di accordi specifici tra la Francia e il ducato di Parma (stato di cui era cittadino Verdi), nonché il pubblico dominio – secondo la legislazione francese – di tut-te le opere firmatut-te da un autore straniero che avessero già goduto di una rappresentazione al di fuori del territorio francese10.

Erano queste dunque le «griefs» a cui accennava Verdi nella lettera sopra trascritta. La situazione degenerò quando la direzione del Théâtre Italien venne rilevata nel 1855 da Toribio Calzado, il quale cominciò a fare pressioni su Verdi per rappresentare un’opera della trilogia popo-lare. Si mise in mezzo anche l’agente teatrale Giovanni Battista Benelli, che minacciava di rendere pubblici i motivi di quella discordia11. E così nel 1855 si arrivò addirittura alle vie legali: Verdi intentò una causa contro Calzado, per ottenere un’ufficiale diffida a rappresentare La Traviata, Il Trovatore e Rigoletto presso il Théâtre Italien. Il tribunale di Parigi si espresse in data 16 ottobre 1856, e il giorno dopo su «La Presse» pubblicava interamente il verdetto della causa:

8 Giuseppe Verdi. Lettere, a cura di Eduardo Rescigno, Torino, Einaudi, 2012, p. 293. 9 Autobiografia delle lettere, a cura di Carlo Graziani [pseudonimo di Aldo

Ober-dorfer], Milano, Mondadori, 1941, p. 366, n. 1.

10 ANIK DEVRIÈS-LESURE, Les démêlés de Verdi avec le Théâtre-Italien sous la

direc-tion de Toribio Calzado (1855-1863), in «Studi Verdiani», 3, 1998, pp. 155-182.

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Attendu que Verdi est étranger et né dans le duché de Parme; que les opéras Il Trovatore, La Traviata et Rigoletto, dont est l’auteur Verdi, ont primitivament paru sur le théâtre de Milan; qu’aucun traité n’existe entre les gouvernements soit de Parme, soit d’Autriche avec la France à la protection des droits des auteurs d’oeuvres intellectuelles; qu’ainsi Verdi était sans droit d’empêcher Calzado, directeur du Théâtre Imperial Italien de Paris, d’annoncer et de représenter sur son théâtre ces trois opéras […] déclare Verdi et Blanchet mal fondé dans leur demande; les condamne solidairement à payer à Calzado la somme de 1000 fr. à titre de dommages-intérêts.12

[Assodato che Verdi è straniero e nato nel ducato di Parma; che le opere Il Trovatore, La Traviata e Rigoletto, di cui è autore Verdi, sono apparse per la prima volta al teatro di Milano; che non esiste alcun trat-tato tra i governi sia di Parma che d’Austria con la Francia a protezione dei diritti degli autori di opere intellettuali; che dunque Verdi era senza diritto di impedire a Calzado, direttore del Théâtre Imperial Italien di Parigi, d’annunciare e di rappresentare nel suo teatro queste tre opere […] dichiara Verdi e Blanchet mal fondati nella loro domanda; li condanna entrambi a pagare a Calzado la somma di 1000 fr. a titolo di danni-inte-ressi.]

Non solo Verdi non aveva alcun diritto di impedire a Calzado la rappresentazione delle sue opere, proprio in virtù della legislazione so-pra citata, ma addirittura si trovava condannato a pagare un’ammenda per aver danneggiato moralmente ed economicamente il Théâtre Ita-lien. Qualche giorno dopo la notizia giungeva alle sue orecchie, senza tuttavia lasciare grandi strascichi nella corrispondenza: «Ho perduto il processo con Calzado. A dirti il vero ci ho gusto perché è impossibile andare d’accordo con un selvaggio, un bruto come è Calzado: così me ne sono sbarazzato»13.

Prima di tutta questa vicenda legale, e prima che Calzado venisse nominato a capo dell’ente, Il Trovatore aveva comunque trovato uno spazio nel cartellone del Théâtre Italien. Verdi aveva dato il consenso a patto di poter seguire in prima persona l’allestimento; e fu così che l’opera andò in scena il 24 dicembre del 1854 con grande successo, no-nostante il cast fosse ricco di quelle stelle che Verdi poche settimane prima aveva definito inadatte alla sua musica. Stando alla recensione pubblicata su «Le Figaro»14 della settimana successiva, Erminia

Frez-12 «La Presse», 17 ottobre 1856. 13 Giuseppe Verdi. Lettere, p. 336. 14 «Le Figaro», 31 dicembre 1854, pp. 4-5.

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108 MALVANO

zolini era Leonora, Carlo Baucardé, interpretava Manrico nonostante una fastidiosa infezione delle tonsille, Francesco Fraziani era un giova-ne Conte di Luna, e Adelaide Borghi-Mamo ricopriva il ruolo di Azu-cena; quest’ultima parte, per alcune recite del febbraio successivo, fu addirittura cantata da Pauline Viardot. Bernard Jouvin su «Le Figaro» dedicava un’intera pagina al trionfo del Trovatore, dando qualche bac-chettata proprio al pubblico francese del Théâtre Italien, a suo avviso pieno di preconcetti nei confronti della musica italiana:

Il Trovatore paraît donc avoir converti, outre quelques hommes de goût

auxquels répugne la violence des effets matériels, - tout ce qui, en France, a contracté l’habitude de se poser contre l’inconnu en point d’intérroga-tion aggressif ou hargneux - les impuissants; - les esprits chagrins en gran-de nombre qui cherchent dans la musique d’autrefois les sensations gran-de leur vingtième année; - les egoïstes qui n’aiment pas qu’on trouble le plaisir qu’ils se sont arrangé de longue main dans l’oeuvre d’un maître et de son école. […] Il Trovatore renferme, non pas des choses écrites dans tel ou tel système, mais il contien de la belle et bonne musique, de la musique de tous les temps, inspirée, mélodieuse, expressive, tour à tour charmante ou dramatique. Ceci posé, qu’importe que Verdi abuse du rythme ternaire et des unissons? - Ros-sini abusait bien du triolet! Est-ce que cela, par hasard l’a empêché de faire tenir la passion de Shakespeare dans les grupetti d’Otello? - Il y a toujours, dans l’individualité d’un grand artiste, un côté saillant mais vulgaire: c’est l’anse du vase qui contient des trésors d’invention et par laquelle le saisit et l’élève la vogue du temps.15

[Il trovatore sembrava dunque aver convertito, oltre ad alcuni uomini di gusto a cui ripugna la violenza degli effetti materiali – proprio ciò che in Francia ha contratto l’abitudine di porsi contro l’ignoto con atteggiamento polemico o aggressivo – gli impotenti; – gli spiriti afflitti in gran numero che cercano nella musica di un tempo le sensazioni del loro ventesimo anno; - gli egoisti che non amano che si turbi il piacere che essi si sono provocati da tanto tempo con l’opera di un maestro e della sua scuola. […] Il Trova -tore esprime non tanto cose scritte in tale o tale sistema, ma contiene bella

e buona musica, musica di tutti i tempi, ispirata, melodiosa, espressiva, di tanto in tanto fascinosa o drammatica. Posto questo, che importa che Verdi abusi del ritmo ternario e degli unisoni? – Rossini abusava ben della terzina! Per caso questo gli ha impedito di esprimere la passione di Shakespeare nei

gruppetti di Otello? – C’è sempre, nell’individualità di un grande artista, un

lato eccessivo ma volgare : è l’ansa del vaso che contiene tesori di invenzione e grazie alla quale la moda del tempo lo afferra e lo eleva.]

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Forse le osservazioni di Jouvin non erano del tutto indifferenti alle recenti uscite di Fétis sulla «Revue et Gazette Musicale de Paris»16. Erano proprio gli anni in cui quelle idee circolavano per le vie di Parigi, e tra quegli «hommes de goût auxquels répugne la violence des effets matériels» sembra proprio di vedere la faccia del critico belga: il primo detrattore della musica che metteva l’effetto drammatico davanti all’eleganza del-la scrittura. Non a caso, a distanza di poche righe, compare proprio un riferimento a quegli unisoni drammatici che Fétis aveva deplorato nella musica di Verdi nella Biographie Universelle des Musiciens17.

Nonostante il successo del Trovatore, Verdi e il Théâtre Italien erano ai ferri corti già a metà dell’anno successivo. La ragione ufficiale risiedeva senza dubbio nei problemi di copyright sopra citati; e a questo proposito non ci resta che rimandare alla documentazione portata alla luce da Anik Devriès-Lesure18. Ma sotto c’era anche qualcos’altro, che si può riscostrui-re solo risalendo alla stampa parigina del tempo. Sempriscostrui-re Jouvin, su «Le Figaro» del 7 ottobre 1855, scavava un po’ nel torbido, svelando qualche re-troscena forse ignoto agli studiosi. L’articolo cominciava con un riferimen-to al braccio di ferro tra Verdi e l’ente musicale, accennando alla noriferimen-torietà della questione, che era materia comune per tutti gli addetti ai lavori. Ma la diffida nei confronti di Calzado non veniva riferita agli ormai noti vincoli per una corretta distribuzione dei diritti d’autore; era invece spiegata con una lotta di poltrone, di cui non parla Anik Devriès Lesure, nella quale sarebbe stato coinvolto direttamente lo stesso Verdi:

À la retraite de M. Ragani, quelques personnes avaient songé à faire re-vivre, pour l’auteur du Trovatore, la position officielle de surintendent de la musique italienne occupée, sous la Restauration, par Rossini. Verdi, en l’ac-ceptant, subordonnait la question d’argent à l’intérêt de la bonne exécution de ses oeuvres […] Mais il fallait réaliser sur-le-champ une somme de 240,000 fr. pour désintéresser M. Ragani et consorts, et tandis que la combinaison-Verdi se mettait en campagne, rien qu’en ouvrant son coffre-fort, M. Calzado distançait ses concurrents de deux cent quarante billets de banque, - sans compter les millions dont il garantissait les éventualités de son entreprise.19

[Al pensionamento del sig. Ragani, alcune persone avevano sognato di far rivivere, per l’autore del Trovatore, la posizione ufficiale di sovrintendente della

16 Cfr. quanto si dice nelle pagine successive a proposito della lettera a Giovanni

Ri-cordi.

17 Biographie Universelle des Musiciens et Bibliographie générale de la musique, a

cura di François-Joseph Fétis, Paris, Librairie de Firmin Didot Frères, 1867, pp. 321-325.

18 DEVRIÈS-LESURE, Les démêlés de Verdi 19 «Le Figaro» , 7 ottobre 1855, p. 6.

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110 MALVANO

musica italiana occupata, sotto la Restaurazione, da Rossini. Verdi, accettandola, metteva in subordine la questione del denaro all’interesse per la buona esecuzione delle sue opere […] Ma occorreva realizzare sul campo una somma di 240.000 fr. per disinteressare il sig. Ragani e soci, e mentre la combinazione-Verdi entrava in competizione, aprendo niente meno che la sua cassaforte, il sig. Calzado di-stanziava la concorrenza di duecentoquaranta biglietti di banca, - senza contare i milioni con cui garantiva i rischi della sua impresa.]

Dunque, stando al resoconto di Jouvin, una questione di soldi aveva tenuto lontano Verdi da un ruolo direttivo presso il Théâtre Italien, rispol-verando un incarico già ricoperto da Rossini. In realtà, come è stato re-centemente evidenziato dall’approfondita analisi di Ruben Vernazza, l’in-carico prese forma per qualche mese, grazie all’intermediazione di Leone Sezzi20. Poi Calzado si mise di mezzo, rilevando l’impresa a suon di quat-trini, e dando una forte spallata proprio all’autore di quel Trovatore che pochi mesi prima aveva riconciliato il pubblico parigino con la produzione operistica italiana. Ma la qualità delle esecuzioni non era in testa ai pen-sieri della nuova sovrintendenza, stando all’opinione espressa dal critico del «Figaro»; e la valutazione era strettamente legata alla conoscenza delle persone scelte da Calzado per aiutarlo nella direzione artistica del teatro:

Malheureusement, et voilà le noeud de la difficulté, M. Calzado n’est ici que le père aux écus du trio Bottesini – Salvi – Fiorentini. M. Bottesini,

sans contredit le premier contrebassiste de l’Europa, dirige l’orchestre et compose des opéras qu’il voudra faire jouer: quelques soins qu’il apporte à la bonne exécution de la Traviata et de Rigoletto, il réservera toutes ses ten-dresses pour ses propres enfants. - On ne saurait exiger de Mme Fiorentini, chanteuse de seconde ordre, qui ne serait point déplacée au troisième, qu’elle se sacrifiait dans une position exceptionnelle, en cédant à d’autres tous les beaux rôles qu’elle pourrait garder. – Quant à M. Salvi, qui était, il y a treize ans, un tenorino sans voix, mais un chanteur de goût, de savoir et de style, on ne peut pas supposer qu’il ait en très grande affection un répertoire dans lequel il ne lui fut jamais donnée de réussir.21

[Purtroppo, ed ecco il nodo della difficoltà, il sig. Calzado qui non è che il pantalone del trio Bottesini – Salvi – Fiorentini. Il sig. Bottesini, senza dubbio il primo contrabbassista d’Europa, dirige l’orchestra e compone ope-re che vorrà far suonaope-re: qualunque sia la cura che egli dedicherà alla buona esecuzione della Traviata e del Rigoletto, egli riserverà tutte le sue tenerezze per i suoi figli. – Non si saprebbe esigere dalla sig.ra Fiorentini, cantante

20 RUBEN VERNAZZA, Verdi «directeur de la musique» del Théâtre Italien (1855): il

fallimento di un progetto ambizioso, in «Studi Verdiani», XXIV (2014), pp. 43-77.

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di secondo ordine, che non sarebbe affatto fuori luogo al terzo, che essa si sacrifichi in una posizione eccezionale, cedendo ad altri tutti i bei ruoli che essa potrebbe garantirsi. – Quanto al sig. Salvi, che era, tredici anni fa, un

tenorino senza voce, ma un cantante di gusto, di sapere e di stile, non si può

supporre che egli tenga con grande affetto a un repertorio nel quale non gli fu mai concesso di riuscire.]

Non sappiamo quale giudizio Verdi nutrisse della Fiorentini e di Lorenzo Salvi, ma su Bottesini (nella veste di maestro concertatore) si sarebbe espresso senza mezzi termini anni dopo (nel 1871) in una lettera all’impresario Giovanni Battista Lampugnani sulla prima di Aida: «Ri-cevo oggi una lettera del Bey, in cui mi dice d’aver scritturato Bottesini per Direttore d’orchestra. Non è buona scelta, e per me particolarmente, pessima!»22. L’insieme delle circostanze fece dimenticare presto a Verdi il successo del Trovatore (programmato ancora sotto la direzione di Cesare Ragani), e lo spinse a tentare un embargo nei confronti del Théâtre Ita-lien: il problema delle royalties, dunque, fu con buona probabilità solo un pretesto per attaccare ufficialmente un ente nel quale il compositore aveva smesso di riporre ogni fiducia.

Calzado, stando alla ricostruzione di Anik Devriès-Lesure, avreb-be impiegato quasi dieci anni per rivelare ai parigini la sua vera identi-tà. Arrivato da Cuba nel 1855, senza sapere una parola di francese né di italiano, si era fatto subito notare per il suo capitale: quella cauzione di 400.000 franchi (al posto dei 60.000 obbligatori) con cui aveva sbaraglia-to la concorrenza di chi aspirava a prendere le redini del Théâtre Italien, Verdi compreso. Nessuno, tanto meno dai ministeri, si era preoccupato di verificare l’origine di quell’ingente ricchezza; e solo in seguito si sarebbe scoperto che Calzado aveva il debole per il gioco, e per un mazzo truccato che lo avrebbe tradito il 4 febbraio del 1863, quando scattò un arresto, poi trasformatosi in una condanna piuttosto dura: tredici anni di reclusione, 3000 franchi d’ammenda, 41000 da restituire ai legittimi proprietari, non-ché ovviamente la destituzione dalla carica di direttore del Théâtre Italien. Verdi senza dubbio era stato il primo a intuire la vera natura di Calzado; ma forse ne aveva sottovalutato le capacità di Calzado alla testa dell’ente lirico. Gli otto anni affidati alla sua gestione furono difatti provvidenziali per un teatro che aveva gravi problemi di budget nel 1855, e tutto sommato – come dimostrano documenti e recensioni del tempo - favorirono anche la conoscenza del repertorio verdiano senza venire meno alla qualità delle esecuzioni23.

22 Giuseppe Verdi. Lettere, p. 617.

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112 MALVANO

La lettera al Cavalier Spatz

Inedita è la lettera n. 107, indirizzata al cav. Giuseppe (Joseph) Spatz in data 28 novembre 1896. Anche in questo caso è stato il gruppo di ricerca dell’Università di Torino a trasmettere la digitalizzazione del documento all’Istituto nazionale di studi Verdiani, per l’implementazione del databa-se sull’epistolario. Il documento era del tutto ignoto agli studiosi, e con-sente di approfondire il rapporto di Verdi con una figura importante della Milano tra Otto e Novecento. La RAI acquistò il documento nel 1967 dalla Libreria Pregliasco, pagando 30.000 Lire 24.

Genova, 28 nov. 1896 G. Sg. Spatz,

Dopodomani Lunedì alle 3 ½ circa sarò a Milano per tre o quattro gior-ni. Sarò solo col domestico.

Non dica niente a nessuno per stare quieto per qualche ora. Saluti,

Suo G. Verdi

Spatz era il proprietario dell’Hotel de Milan (oggi Grand Hotel et de Milan) in via Manzoni 29, l’albergo in cui soggiornava Verdi fin dal 1872 circa25. Il cavaliere aveva un debole per il compositore, e gli riservava sem-pre la suite più bella. Mascagni, che nel corso del Novecento ebbe la fortuna di alloggiare proprio nell’appartamento occupato per tanti anni da Verdi, lo ricordava così: «un uomo sempre biondo, sempre giovane, tanto giova-ne, che sembrava il figlio di suo genero che l’aveva fatto già nonno»26. Quel genero era Umberto Giordano, che si era sposato l’8 novembre del 1896 proprio con Olga Spatz, la figlia dell’albergatore milanese 27. Il 1 dicembre dello stesso anno, proprio pochi giorni dopo aver scritto la lettera sopra riportata, Verdi riceveva i due sposini nella sua casa di Genova; e questa era la descrizione che Giordano dava al padre dell’anziano maestro:

24 L’informazione è contenuta in un catalogo conservato da Alberto Basso nella sua

biblioteca personale.

25 Carteggio Verdi-Morosini 1841-1901, a cura di Pietro Montorfani, apparati critici

di Giuseppe Martini e Pietro Montorfani, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2013, p. 129, n. 1.

26 PIETRO MASCAGNI, Verdi (ricordi personali), in «La Lettura», Milano, XXX, 1

gen-naio 1931, p. 5.

27 Il 5 novembre Verdi aveva scritto a Olga Spatz una lettera in cui ringraziava per

l’invito al matrimonio, ma si scusava per essere costretto al rifiuto a causa dell’età (la lettera è conservata presso la Collezione del comm. Mario Giordano, ed è schedata nel database dell’Istituto nazionale di studi verdiani)

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Caro papà, l’altro giorno, con Olga, stando a Genova, abbiamo vo-luto tentare di poter essere ricevuti in casa di Verdi: infatti, portate le no-stre carte da visita, abbiamo fatto domandare dal portiere a che ora potesse riceverci. Questi ritornò e disse: – Subito! Niente di quanto immaginavo trovai. Il Palazzo è il famoso Palazzo Doria, con un cortile meraviglioso, ma sotto un portico vi sono parecchie porticine con delle scale di pietra (neppure di marmo!) e in queste diverse abitazioni vi sono placche di ottone di parecchie associazioni. […] Dopo poco si aprì una porta e venne Verdi, sempre giovane e fresco. Ci fece tanti complimenti e poi si sedette a parlare. Domandò di Nervi e del clima. Poco dopo venne la moglie, una vecchietta rosea con la parrucca castagna, bassa, piena, che cammina appena reggen-dosi sulle gambe. Egli è affettuosissimo con la moglie, le va incontro, l’aiuta a sedere e le sta vicino. Dopo che si discorreva del bel caldino che vi era in quel salotto, lei volle farci sentire anche il calore della sua stanza. Dal salot-to attraversammo la stanza da letsalot-to di Verdi. Qual santuario! Mi sembrava di entrare in una Chiesa. Anche qui nulla di speciale. Vi era un pianoforte a coda, sul leggìo carte manoscritte che rivelano che egli lavora. Molti libri in diverse piccole librerie senza cristalli, una grande scrivania e il suo letto. La stanza della moglie è una bella stanza da letto per signora. In questa stanza parecchie fotografie di Verdi nelle diverse età, quella di Manzoni, oltre a quella della Principessa Elena. Ecco tutto quello che vidi! […] Vedi la modestia dei grandi? Inutile dirti che furono amabilissimi tutt’e due. Non si parlò mai di musica. Egli venne ad accompagnarci fino alla porta: e poi dicono che è ruvido! Menzogna: lo sarà con i seccatori che vogliono farsi reclame col suo nome.28

Senza dubbio quell’accoglienza così rapida e cordiale doveva qual-cosa all’intima amicizia maturata tra Verdi e il cavaliere Spatz nel corso degli anni. Tra i due non c’era solo il formale rapporto che lega un ospite, seppur illustre, al suo albergatore: c’era una fiducia reciproca, che a Mi-lano trasformava Spatz in una sorta di confidente. Era lui a fare da inter-mediario tra i giovani compositori e il venerato maestro, operando una sorta di prima scrematura tra chi aspirasse a una visita privata. La lettera conservata nell’Archivio RAI lo dimostra: poche parole con cui Verdi sa-peva di essere inteso da un amico, che a Milano doveva aiutarlo a filtrare il mondo esterno. Lo scrittore Marco Ramperti, in un articolo apparso su «La Stampa» del 30 gennaio 1941, ricostruiva in questa maniera i soggior-ni di Verdi all’Hotel de Milan, a cui aveva assistito da ragazzino:

28 DANIELE CELLAMARE, Umberto Giordano. La vita e le opere, Milano, Garzanti,

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L’ottimo Spatz era il primo ad esserne avvinto. Benché egli ospitasse al-lora, nel suo albergo, una clientela tutta eccellentissima, né ci fosse rajah con seguito o re in incognito che mancasse passando da Milano di frequentarlo, egli non aveva sguardi, non aveva palpiti che per Verdi, di cui pronunziava il nome fremendo, impallidendo, come narra l’antico del buon Anfitrione al-lorché seppe del nume seduto alla sua tavola. A Verdi, come a Giove, vedeva delle folgori in pugno. E tutto gli avrebbe dato, vita compresa, pur di saperlo soddisfatto, ben servito e ben nutrito in quelle due stanze che il possente vecchio aveva affittato al primo piano, e a cui gli occhi del locatore salivano senza posa, con un’ansietà di tutela commossa e commovente. M’è opportu-na l’occasione, al proposito, per dire quanto fosse falsa o nefanda l’insinua-zione di qualche gazzettiere del tempo, che lo Spatz speculasse sul suo ospite insigne. Essendogli io stato vicinissimo, posso al contrario testimoniare, sull’onor mio, il suo disinteresse assoluto. Era del resto quel norimberghese, e qualcuno potrà attestarlo con me, una delle anime più limpide e amorose e generose che la Milano ottocentesca ricordi. […] Credo che il Verdi – buo-nissimo, come tutti sanno, sotto le scabrose apparenze – l’avesse prediletto anche per tanta carità. Ricordo, ad ogni modo, la faccia del Maestro incollata ai vetri del salone dove l’albergatore aveva convitato, pel Capodanno, cento

martinitt; e ricordo, splendidi nella memoria, due lucciconi mal trattenuti

negli occhi burbanzosi. Due passi dietro lui, nell’ombra, lo Spatz piangeva a dirotte lagrime nella bionda barba di re germano 29.

Dopodiché l’articolo passa a descrivere proprio il lavoro di mediazio-ne svolto da Spatz mediazio-nei confronti di Verdi, quasi una specie di segretariato destinato a selezionare giovani particolarmente meritevoli:

La verità è che tutti i giovani musicisti di allora, cominciando da Ma-scagni e da Giordano, erano rudemente ma benignamente accolti dal Vec-chio, ogni qual volta essi incaricassero lo Spatz d’ottenere loro un incontro, per un saluto o per un consiglio, nel vestibolo dell’albergo, all’ombra del-l’Ebe alabastrina o della morina procellosa. Umberto Giordano, che dello Spatz doveva di lì a poco sposare la figliola, oggi ancora va ripetendomi la sua gratitudine entusiastica per quei colloqui indimenticabili. Più raramente comparivano nello stesso vestibolo il Boito, il Franchetti, il Puccini.30 Fu proprio in quell’appartamento, curato in ogni minimo dettaglio dal cavalier Spatz, che Verdi si spense il 27 gennaio 1901. Il primo collasso si era verificato qualche giorno prima, il 21 gennaio; e da quel momento il titolare dell’Hotel de Milan aveva deciso di chiudere la struttura, per dedi-carsi esclusivamente al suo ospite prediletto. In quei giorni la sua hall si era

29 MARCO RAMPERTI, Verdi nel suo albergo, in «La Stampa», 30 gennaio 1941, p. 3. 30 Ibid, p. 3.

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trasformata in una specie di ufficio stampa, che diramava continuamen-te bollettini sulla salucontinuamen-te del maestro e smistava l’enorme corrispondenza proveniente da tutta Italia (il re e la regina avevano chiesto di ricevere un telegramma ogni ora). E fu proprio Spatz a dare per primo ai giornalisti la notizia del decesso, in piena notte: uscì dalla stanza singhiozzante, con le braccia aperte in segno di disperazione; e quel gesto fu sufficiente a tutti per capire quanto fosse accaduto 31:

Il comm. Spatz, uscito dalla stanza del morto, sceso sul pianerottolo inferiore dello scalone, colle lagrime agli occhi, e senza poter pronunciare una parola sola, aprendo le braccia fece capire che tutto era finito. Erano le 2.55; e questa è appunto l’ora che venne telegrafata a molti giornali.32 Ma basta sfogliare alcuni dei paginoni usciti sui giornali di quei giorni per notare quanto Spatz si fosse ritagliato un ruolo di primo piano tra gli intimi di Giuseppe Verdi. Sui quotidiani del 27 gennaio l’annuncio della morte è sempre preceduto da una serrata cronaca, ora per ora, dell’agonia; e in quelle notizie, che finivano in pagina ritardando continuamente la chiusura dei giornali, il nome di Spatz è sempre presente. Sul «Corriere della Sera» la sua apprensione veniva descritta in questi termini:

Il comm. Giuseppe Spatz, che da lunedì non era andato più a letto, e dormì appena qualche mezz’ora sopra una sedia, verso mezzanotte, assicu-rato che il pericolo non era imminente, andò a riposare, e così fecero dandosi il turno, anche i pochi intimi che furono sempre in questi giorni intorno al letto del loro idolo venerato.33

Sempre sul «Corriere della Sera», tra i resoconti della commemora-zione alla Camera dei Deputati, al Vaticano e di Carducci, faceva capolino un trafiletto dedicato al rapporto instaurato da Verdi con l’Hotel de Mi-lan (a partire dal 1867, secondo l’estensore): seguiva addirittura la pubbli-cazione di alcune lettere inedite 34, tra le quali tuttavia non compare quella conservata presso l’Archivio Rai.

Come ricorda Mascagni, la suite dell’albergo sarebbe stata intitolata a Verdi («quello che all’Hotel Milan si chiamava l’appartamento Verdi» 35), nonostante il compositore si fosse dichiarato contrario all’operazione

31 MARY JANE PHILLPS-MATZ, Verdi. A Biography, Oxford-New York, Oxford

Uni-versity Press, 1993, p. 761.

32 Intorno alla salma del maestro, in «Corriere della Sera», 28-29 gennaio 1901. 33 Giuseppe Verdi lotta colla morte, in «Corriere della Sera», 27-28 gennaio 1901. 34 Giuseppe Verdi all’Hotel Milan, in «Corriere della Sera», 29-30 gennaio 1901. 35 MASCAGNI, Verdi, p. 4.

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(«Non credo stia bene porre il mio nome sull’appartamento. Mi pare che i personaggi che lo abiteranno in avvenire, non debbano essere contenti di vedere il loro alloggio colla soprascritta di un nome»)36. Ma evidente-mente il desiderio di omaggiare un grande italiano che lo aveva onorato della sua amicizia per tanti anni, spinse Spatz a sorvolare su quella chiara volontà espressa nel 1887.

La lettera a Mauro Corticelli

Quello di Mauro Corticelli è un nome che ricorre piuttosto frequen-temente nella corrispondenza verdiana: la sua vicenda è ben nota agli stu-diosi, e non richiede pertanto particolari approfondimenti37. È indirizzata a lui la lettera n. 90 della raccolta, la cui data è incerta: un’indicazione inserita a matita da una mano diversa (Verdi si limitò a indicare il giorno, domenica), la stessa che sulla busta ha indicato un numero di inventario (2627). Evidentemente la RAI acquisì il documento da un antiquario, che aveva ipotizzato questo preciso riferimento cronologico, a partire dai tim-bri postali stampati sulla busta: Milano (1 luglio 1879), Piacenza (1 luglio 1879), Borgo S. Donnino (2 luglio 1879); vale a dire esattamente il percor-so che potrebbe aver fatto la lettera in quei giorni.

Mauro Corticelli, dopo aver riscosso una discreta fortuna come agen-te agen-teatrale, grazie a Peppina Strepponi entrò in contatto con Giuseppe Verdi, divenendo, a partire dal 1867, suo intendente tuttofare. Tra i suoi incarichi vi era anche quello di sovrintendere al mantenimento di Villa S. Agata: attività che portò avanti con fatica, anche a causa della nota ina-dempienza del personale in servizio presso la tenuta. La lettera presente nell’Archivio RAI venne scritta proprio nei mesi più critici del rapporto

36 Copialettere, p. 515.

37 Agente e impresario, in qualità di amministratore della Compagnia Drammatica

Italiana di Adelaide Ristori intrattenne una fitta corrispondenza con Giuseppina Strepponi a partire dal 1859. Nel 1867 passò al servizio di Verdi come intendente tuttofare; ma nel 1879 cominciò a deludere il compositore a causa del suo atteggiamento nei confronti di Ricordi e della sua scarsa attitudine a mantenere la disciplina tra il personale di Sant’Agata. Nel novembre dello stesso anno Verdi si accorse che Corticelli si era impossessato in maniera disonesta di alcune Carte di Rendita Italiana (per un valore di circa 100 lire) appartenenti a Tognina Beltrami, anziana cuoca di casa Verdi. La somma fu recuperata, ma Corticelli venne licenziato, trovandosi improvvisamente costretto a condurre a Milano un’esistenza economicamente precaria, a cui cercò di porre fine nel 1880 gettandosi nel Naviglio. Questo evento, sventato da alcuni passanti, scosse in profondità il maestro, che decise di offrire all’ex dipendente un vitalizio di cento lire al mese. Dopo il 1885 si perdono le sue tracce, motivo per cui la data della sua morte è stimata approssimativamente intorno al 1886.

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tra Corticelli e Verdi, e ci colpisce ancora una volta per l’attenzione de-stinata dal compositore ad ogni minimo dettaglio. Il documento era già indicizzato nel database dell’Istituto nazionale di studi verdiani, ma viene pubblicato e trascritto per la prima volta in questo contributo.

Domenica [1 luglio 1879] C. Corticelli,

Senza ulteriori avvisi mandami a Borgo la vettura grande Giovedì che noi tre arriveremo colla solita corsa. Così voi altri avete due giorni di più per mettere abbastanza in ordine le nostre due stanze, il salotto, e la stanza da pranzo.

Spero, come ti scrissi subito, che avrai fatto dare il Goldrone al zoccolo della casa al mezzo giorno che così si disperderà di molto l’odore. Spero che l’inverniciatore avrà completamente [sic] tutte le porte del cabinetto Peppina ed avrà dato il colore ai filetti tanto al bleu, come l’altro in oro.

Spero altresì che Guerino non dimenticherà di far trovare a posto le chiavi, i ferri, e le manette di bronzo alla grande invetriata del salotto, e così all’arrivo di Peppina desidero che trovi un certo effetto e non abbia a dire “Tanto tempo, tante faccende, tanto denaro per questo!!”. Insomma veglia e disponi tu nella tua saggezza onde tutto sia pulito nelle parti che son finite. Apri le finestre poco prima del nostro arrivo, così ci si vedrà bene. Apri an-che la porta della scaletta etc. etc.. e poi fa’ an-che vi sia un buon pranzettino coi nostri asparagi il giorno del nostro arrivo. Intendiamoci non troppa roba da restar asfissiati!!!!..

Dirai a Pietro che il Giardino deve essere pulito, e non due ore dopo il nostro arrivo, come succede sempre, ma due ore prima!.. Non distolga Vireletto, e Majone dal lavoro che ho ordinato io, ma prenda qualcheduno in giornata se ne ha bisogno.

Oh se i pittori dopo che avranno aggiustate le carte nella sala da pranzo cosa che dovrebbe essere già fatta, dessero il colore alla facciata della casa (soltanto verso il mattino) sarebbe cosa che mi farebbe molto piacere.

Spero che i muratori avranno finito, senza aver dimenticato il cammino della stanza, dove io dormivo.

Siamo già intesi che ora gli operaj devono lasciar libero il nostro quar-tiere.

I falegnami lavoreranno esclusivamente nella Serra. I verniciatori dei mobili nella camera dei conti. Hai capito? Dunque a giovedì!

Ti ringrazio del telegramma ma ne avevo già ricevuti altri quattro… Veglia dunque e addio…

G. Verdi

Col carretto arriverà anche una cassa di vino che consegnerai facilmen-te e la farai metfacilmen-tere subito in cantina, aprendola subito ma senza ritirare le bottiglie

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118 MALVANO

Come al solito Verdi dava disposizioni molto minuziose su come la villa dovesse presentarsi al suo arrivo, senza trascurare nessun particolare (menù del pranzo compreso). Il tono era quello comunemente usato nella veste di fattore della sua amata tenuta, e il documento figurerebbe bene nel-la selezione fatta da Francesco Cafasi; ma il volume riporta tre lettere dello stesso mese, senza tuttavia citare quella presente nell’archivio della Rai38. La lettera a Luigi Masi

La lettera inviata a Luigi Masi (n. 86) al tempo dell’Alzira (5 novembre 1845) era già nota, in virtù di una trascrizione parziale e di una riproduzio-ne in stampa anastatica. Si trova infatti riproduzio-nel volume dedicato da Massimo Mila alla giovinezza di Verdi39, e colpisce proprio per il suo allineamento all’immaginario romantico e letterario degli “anni di galera”: quello di un compositore costretto a «scribacchiare note, dalle quali Iddio scampi le orecchie di ogni buon cristiano». Un po’ di teatralità c’era sicuramente nelle parole di Verdi, che a Masi parlava di una carriera detestata, ma nello stesso giorno descriveva con entusiasmo al librettista Jacopo Ferretti il la-voro sulla partitura dell’Attila40. Il destinatario delle lettera non compare spesso nella corrispondenza: era però un noto patriota umbro, che, dopo aver completato una formazione scientifica in ambito medico, dedicò gran parte della sua vita a sostenere il partito nazionalista: in particolare dalle colonne di vari periodici culturali («L’artigianello», «Il popolare», «Il Vi-minale» e «Il contemporaneo»). Nel 1845 Masi si trovava a Roma, in casa di Carlo Luigi Bonaparte principe di Canino (1803-1857), dove era sta-to assunsta-to come precetsta-tore dei figli, prima di essere nominasta-to segretario della famiglia41. Il nobile protettore, nipote di Napoleone I, aveva sempre seguito con interesse la questione risorgimentale, e nel 1848 avrebbe par-tecipato attivamente ai lavori della Società Nazionale per la Confedera-zione Italiana ideata da Vincenzo Gioberti: a Roma, durante i moti del 1949, avrebbe addirittura contribuito, con la carica ufficiale di segretario, alla formazione dell’Assemblea Costituente della Repubblica Romana. Il documento conservato presso l’Archivio Storico della RAI è dunque utile per ricostruire i contatti maturati da Verdi, già nel 1845, con i militanti del movimento nazionalista; non è da escludere pertanto che la lettera

per-38 FRANCESCO CAFASI, Verdi fattore di Sant’Agata, Parma, Edizioni Zara, 1994. 39 MILA, La giovinezza di Verdi, p. 235, p. 240.

40 Ibid., p. 236.

41 Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana

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duta, a cui si accenna in chiusura («Consegna, ti prego, l’acclusa lettera al buon [illeggibile]»), sia rivolta a un altro attivista della medesima cerchia.

M. caro Masi,

Milano, 5 Novem. 1845 Grazie delle notizie dell’Alzira, ma più ti ringrazio della memoria che conservi del tuo povero amico imprigionato continuamente a scarabocchia-re note, dalle quali Iddio scampi le orscarabocchia-recchie [sic] d’ogni buon cristiano... Maledettissime note!.. Come stò di fisico e d’anima?.. Di fisico stò bene, ma

l’anima è nera, sempre nera, e sarà sempre così finchè non avrò finita questa carriera che abborro…e dopo?..

È inutile illudersi!...Sarà sempre nera così!

La felicità non esiste per me!...Ti ricordi dei lunghi discorsi che teneva-mo nel mio salotto a Napoli?...Che filosofia?...Però quante verità!..Oh avessi la testa e le spalle d’un facchino!.. Mangerei bene: digerirei bene: e dormirei tranquillamente: i miei sonni!.. Non andare in collera, mio caro Masi, ma voglia mi sempre bene e scrivimi sovente di te che te ne sarei sempre grato

L’aff. tuo G. Verdi

P.S. Consegna, ti prego, l’acclusa lettera al buon[illeggibile]

La lettera a Giovanni Ricordi su Fétis

Sempre nel volume sopra citato di Massimo Mila compare la riprodu-zione anastatica della lettera n. 87 scritta a Giovanni Ricordi il 4 ottobre del 185042; e il testo di tale documento è stato trascritto per l’edizione cu-rata da Eduardo Rescigno nel 2012 43. Si fa riferimento alle critiche mos-se da François-Jomos-seph Fétis sulla «Revue et Gazette Musicale de Paris»44 alla produzione operistica italiana, e in particolare al repertorio verdiano: preso nel mirino per mancanza di idee nonché per una deprecabile incli-nazione a far urlare i cantanti. Giovanni Ricordi in quell’occasione si era accollato il compito di fare da paladino della musica italiana, pubblicando sulla «Gazzetta Musicale di Milano» una lunga risposta – in sette puntate – alle affermazioni di Fétis. Gli articoli apparvero tra il 10 novembre e il 29 dicembre del 1850, con l’intenzione di mettere in evidenza l’atteggiamento

42 MILA, La giovinezza di Verdi, pp. 384-385. 43 Giuseppe Verdi. Lettere, pp. 225-226.

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pregiudiziale del critico, troppo interessato a stabilire una gerarchia netta tra i compositori francesi e quelli attivi al di sotto delle Alpi. Giovanni Ricordi avrebbe voluto rafforzare il valore dei suoi interventi45, incasto-nando nella testata anche un intervento dello stesso Verdi; ma il composi-tore – come si evince dalla lettera – scelse di evitare una presa di posizione pubblica, limitandosi a confutare in via confidenziale gli attacchi di Fétis. Bologna, venerdì 4 ottobre 1850 Caro Ricordi

Ho letto tutte le tue lettere, gli articoli che m’hai mandato, ho pondera-to sulle tue ragioni, ma io non risponderei nulla all’articolo Fetis. Del respondera-to se tu vuoi rispondere fallo in tuo nome ché io non ci voglio entrare per nulla. La citazione della mia lettera, benché abbia un senso differente dalla mia, è espresso [sic] in modo che non mi offende. L’azione è sconveniente, gesuiti-ca, infame verso di te, ma io non risponderei con un articolo – Nell’articolo d’Escudier benché vi sia troppa collera vi sono però delle verità che tu non capirai tutte perché non sei forse a giorno bene di tutti i raggiri di quella co-terie che s’aggira perpetuamente attorno all’Opéra. Il Vacarmini scambiato col nome di Rossini si cita ancora a Parigi quando si vuol mettere in ridicolo le critiche passionate. Tu sai cosa vuol dire Vacarme in francese.

Se vuoi infine ti dica la mia opinione sul merito reale dell’articolo Fe-tis ti dirò che si poteva fare ben meglio. Si poteva provare di più, dire un po’ meno bugie, e non contradirsi tanto – Egli m’accusa di mancanza totale d’originalità e d’idee, e più avanti dice che ha visto nel tuo archivio centinaja di spartiti morti appena nati per mancanza di idee. Se questi spartiti man-canti d’idee sono caduti, come stà che i miei ugualmente manman-canti d’idee girano dappertutto. Le grida!! un po’ di pudore Sigr Fetis. Poi è falso che io trovo l’effetto soltanto nelle grida. Non so se il Duetto ed il Sonnambulismo del Macbet siano belli ma so che producono un effetto non comune perché non è mai stato comune in nessun tempo ripetere i pezzi e tre e quattro volte. Ebbene! Dove si grida? E l’ave maria? ed il Duetto tra padre e figlia della Miller? …et…et…Il confronto delle pagine fra me, Bellini Donizetti e Ros-sini non è che un gioco di parole falso e puerile. E in quanto poi al gridare d’Italia, ed al cantare di Parigi è cosa da far ridere i sassi. Ed il Sg.r Fetis si chiama un critico? … Con troppa mala fede sostiene che i teatri sono deserti (sebbene jeri sera qui c’era una prova ben contraria) ma le città pure son de-serte: perché non dire in coscienza la causa? …Ma buona notte al Sgr Fetis!!

45 Gli articoli vennero firmati in maniera generica “La redazione”. Stando alle

ricer-che di Marcello Conati, citate da Massimo Mila (Fétis e Verdi, ovvero gli infortuni della

critica, in Atti del III Congresso Internazionale di Studi Verdiani, Parma, Istituto di Studi

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Non sarei contento della Cruvelli a Venezia: s’ella è pazza noi non an-dremo intesi sicuramente e sarà a svantaggio dell’opera: del resto io non ne so nulla…Come non so nulla della Gazzaniga a Trieste: è ella veramente ammalata?. Quando devo io essere a Trieste? Speravo di poterti mandare entro questa settima[na] il resto di Stiffelio, ma queste maledette prove non m’hanno lasciato un’ora di libertà. Ieri sera il Macbet: esito mediocre. Nel ballo è piaciuto molto la scena finale. In complesso lo spettacolo di sosteneva abbastanza bene. Addio Addio…Scrivimi subito perché al 11 non sarò più a Bologna. Addio Ad

La parte iniziale allude alla lettera citata da Fétis nel suo articolo; il critico dice di averla sentita leggere in occasione dell’opera in corso di preparazione per la prima di Trieste (Stiffelio): «Faut-il donc, dit-il, que nous soyons toujours condamnés à entendre l’éternelle cavatine? Faut-il que le ténor chante désormais son air de sortie à cheval? Faut-il que la prima donna ait absolument sa scène de folie et meure avant la fin de la pièce? Ne pouvons-nous finir un air sans la cabalette?»46 Fétis commenta questa citazione così: «Eh, mon cher Verdi, il ne faut rien de tout-cela, car il ne faut pas de formule là où onveut avoir l’art véritable»47. Risposta che in realtà non fa che confermare i dubbi, già evidentemente maturati da Verdi nel 1850, in merito alla gabbia delle “solite forme”. Per questo motivo il compositore non si dichiara infastidito dalla citazione: in fondo la lettera rappresenta bene una poetica in corso di definizione proprio in quegli anni.

Nella seconda metà dell’Ottocento Verdi manifestò sempre un iro-nico disinteresse nei confronti del fondatore della «Revue Musicale»: con Giuseppina Strepponi si divertiva a definirlo «Fetide»48, e non perdeva l’occasione di sghignazzare con gli amici quando leggeva le sue «dotte inezie»49. La sua scarsa opinione del musicologo belga venne confermata al tempo della stesura di Aida. Verdi era difatti alla ricerca di un antico flauto egiziano, da poter studiare per ottenere qualche effetto arcaico in orchestra; decise di dare credito a un’informazione contenuta nell’Histoire générale de la Musique, curata appunto da Fétis, che descriveva uno stru-mento conservato presso il Museo egizio di Firenze; ma, con sua grande

46 «Revue et Gazette Musicale de Paris», 13 settembre 1850, p. 310 (trad. it: «È ancora

necessario che il tenore canti la sua aria di sortita a cavallo? È necessario che la prima donna abbia assolutamente la sua scena di follia e che muoia prima della fine della rappresentazio-ne? Non possiamo finire un’aria senza la cabaletta?»).

47 Ivi (trad. it: «Eh, mio caro Verdi, non è necessario niente di tutto ciò, poiché non

servono formule laddove si fa dell’arte vera»).

48 Carteggi, IV, p. 275. 49 Ivi., p. 24.

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122 MALVANO

sorpresa, vi trovò un volgarissimo zufolo da pecorai (stando alle sue pa-role), che non gli sembrava affatto riferibile all’epoca dei faraoni. Verdi comunque non avrebbe mai dedicato troppa attenzione alle intemperanze del critico, e molti anni dopo, l’8 febbraio del 1878, si sarebbe limitato a scrivere queste poche caustiche righe sul suo conto:

In questi scritti si copia quello che sullo stesso argomento hanno detto gli altri prima di loro; e quello che non sanno inventano. Così faceva il Grrr-ran Fétis altissimo personaggio per tutti i musicisti, ma in realtà mediocre teorico, pessimo storico e compositore d’un’innocenza adamitica. Io detesto questo gran ciarlatano, non perché abbia detto tanto male di me, ma perché mi ha fatto correre un giorno al museo Egiziano di Firenze […] per esamina-re un flauto antico su cui pesamina-retende nella sua Storia Musicale d’aver trovato il sistema della musica antica Egiziana. […] Figlio d’un cane! Quel flauto non è che uno zufolo di quattro buchi come hanno i nostri pecorai. Così si fa l’istoria! E gli imbecilli credono!50

Il tono di questa lettera forse è influenzato dall’uscita nel 1867 del-l’ottavo volume della Biographie Universelle des Musiciens, nel quale Fétis firma la voce Verdi. Il contributo ripercorre, inciampando spesso in gravi errori geografici e cronologici51, le principali tappe della carriera verdiana (fino alla Forza del destino), lodando la forza drammatica della produzio-ne, ma sottolineandone anche un deprecabile gusto per gli eccessi. Fétis si concede inoltre una riflessione sulla fisionomia di Verdi in relazione alle sue qualità artistiche.

Il est évident que jamais physionomie de compositeur ne fut moins ré-vélatrice de talent. Cette extérieur glacé, cette impassibilité des traits et de l’attitude, ces lèvres minces, cet ensemble d’acier, peuvent bien indiquer l’in-telligence; un diplomate pourrait être caché là-dessous; mais personne n’y pourrait découvrir ces mouvements passionés de l’âme qui, seuls, président à la création des belles oeuvres du plus émouvant des arts.52

[È evidente che mai fisionomia di compositore fu meno rivelatrice di talento. Questa esteriorità glaciale, quella impassibilità dei tratti e dell’atti-tudine, queste labbra sottili, questo insieme d’acciaio, possono ben indicare l’intelligenza: un diplomatico potrebbe essere nascosto lì sotto; ma nessuno potrebbe scoprire questi movimenti appassionati dell’anima, che, soli, pre-siedono alla creazione di belle opere della più commovente tra le arti.]

50 Verdi intimo, a cura di Annibale Alberti, Milano, Mondadori, 1938, p. 209. 51 L’errore più evidente è relativo alla nascita di Verdi, che viene collocata il 9 ottobre

del 1814 a Busseto, invece che il 10 ottobre del 1813 a Le Roncole.

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Massimo Mila nel 1974 immaginava che la trilogia popolare sarebbe stata la migliore risposta possibile all’articolo pubblicato sulla «Revue et Gazette Musicale de Paris». Ma in realtà Fétis non si lasciò convincere nemmeno dalla rivoluzione di Rigoletto, Trovatore e Traviata, e nel 1867 continuava a pensare che Verdi fosse diventato grande in Italia solo grazie a un sostanziale vuoto di concorrenza.

Les circonstances lui ont été favorables, car, dans l’éspace de vingt-cinq ans, il n’a pas rencontré dans sa patrie un artiste de mérite avec qui il eut quel-que lutte à soutenir. […] Verdi a triomphé sans combattre […]. Il avait jugé son époque et son pays (car c’est un penseur), et il comprit que le temps des conditions du beau dans l’art était passé. Celui des émotions nerveuses était venu: ce fut à elles qu’il s’adressa. L’examen attentif de ses partitions ne per-met pas de doute à cet égard. Tout y est combiné pour l’effet, et presque tou-jours par l’effet exagéré, violent, exubérant: l’unisson des voix, le staccato de l’orchestre; la fréquence des mutations des mouvements, les rythmes pressés et persistants, le voix vibrantes et jetés dans leurs régions les plus élevées, les contrastes de coloris incessants, tout dans cette musique s’adresse aux sens. Rarement on y trouve quelque aliment pour l’élévation de la pensée; plus rarement encore pour le sentiment et la véritable expression. Verdi n’a été in-venteur ni par l’idée, ni par la forme: son originalité consiste dans l’excès des moyens, lequel arrive au but qu’il se propose et souvent enlève l’auditoire.53

[Le circostanze gli sono state favorevoli, poiché, nell’arco di venticinque anni, egli non ha incontrato nella sua patria un artista di merito con cui avere qualche competizione da sostenere. […] Verdi ha trionfato senza combattere […] Egli aveva giudicato la sua epoca e il suo paese (poiché è un pensatore), e egli comprese che il tempo delle condizioni del bello nell’arte era passato. Era giunto quello delle emozioni nervose: fu a esse che egli si indirizzò. L’esame attento del-le partiture non offre dubbi a questa visione. Tutto vi è combinato per l’effetto, e quasi sempre per un effetto esagerato, violento, esuberante: l’unisono delle voci, lo staccato dell’orchestra; la frequenza dei cambiamenti dei movimenti, i ritmi forsennati e ostinati, le voci vibranti e spinte nelle fasce più acute della tessitura, i contrasti di colori continui, tutto in questa musica si rivolge ai sensi. Raramen-te vi si trova qualche nutrimento per l’elevazione del pensiero; più raramenRaramen-te ancora per il sentimento e la vera espressione. Verdi non è stato inventore né di idee né di forme: la sua originalità consiste nell’eccesso dei mezzi, il quale arriva all’obbiettivo che egli si propone e sovente rapisce l’ascoltatore.]

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124 MALVANO

Le lettere pubblicate da Alberto Basso

La lettera n. 62 è datata 24 giugno 1867 ed è listata a lutto per la re-cente morte del padre di Verdi (avvenuta a Vidalengo il 14 gennaio dello stesso anno). Il destinatario è Giovanni Maloberti, musicista e filarmo-nico di Piacenza, che aveva la passione dell’antiquariato e spesso aiutava il compositore ad acquistare preziosi oggetti d’arredamento da esporre a Genova e nella villa di S. Agata54. Verdi nella lettera ringrazia difatti l’amico per l’invio di un gradito candelabro. La prima trascrizione del documento fu realizzata da Alberto Basso nel 196255 .

S. Agata 24 giugno 1867 Car.mo Maloberti

Ti ringrazio del candelabro che ti è piaciuto mandarmi e la Peppina te ne ringrazia con me. Vedo che hai mandato lo scrignetto a Genova, e stà bene. Alla mia venuta in Piacenza sarà pagato l’importo colla spesa di spedi-zione. Vedrò i cumò, ma tu sai che non me ne abbisogna che uno solo.

Intanto di dico addio ed a rivederci presto.

tuo aff. G. Verdi

La seconda lettera (n. 64) trascritta da Basso nel 1962 risale al 30 marzo 189956, ed è indirizzata a un ignoto destinatario. Vi si legge un rapido ringraziamento per l’invio di una copia di Quo Vadis, il romanzo di Henryk Sienkiewicz. Il testo non è però citato nella corrispondenza successiva; è pertanto impossibile ricostruire quale opinione si fosse fatto l’anziano maestro di quel libro destinato a grande fortuna.

Genova, 30 marzo 1894 Egr. Sig.re

Ho ricevuto soltanto oggi il libro Quo Vadis ch’ella si degnò inviarmi. Sento parlarne con grande elogio, e lo leggerò con grandissimo interesse.

La ringrazio vivamente e con rispetto mi dico

Dev.

54 La corrispondenza tra i due fu piuttosto fitta proprio tra il 1867 e il 1868; gli anni in

cui la tenuta di S. Agata si stava arricchendo di pezzi rari di grande pregio.

55 BASSO, Autografi, p. 48. 56 Ivi, p. 50.

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Finito di stampare nel dicembre 2015 da Mattioli 1885 srl - Fidenza

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