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Modelli DSGE, DSDE e approcci dinamici alternativi per lo studio dei fenomeni macroeconomici

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di laurea Magistrale in

“Banca, Finanza Aziendale e Mercati Finanziari”

“Modelli DSGE, DSDE e approcci dinamici alternativi per lo

studio dei fenomeni macroeconomici”

Relatore

Prof. Pompeo Della Posta

Candidato

Francesca Tresconi

(2)

2 Sommario

Introduzione ... 6

Capitolo 1: I modelli DSGE ... 8

1.1) Caratteristiche del modello ... 9

1.2) Introduzione al modello DSGE: “Habit Formation” ... 11

1.3) Habit Formation ... 11

1.4) Il modello ... 13

1.4.1) Le famiglie ... 13

1.4.2) Le imprese ... 15

1.4.3) Equilibrio ... 16

1.5) Equazioni del modello e calibrazione ... 17

1.6) Dynare Code con shock TFP ... 19

1.7) Risultati shock TFP ... 22

1.8) Conclusioni ... 23

Capitolo 2: Critiche verso i modelli DSGE ... 25

2.1) Primi problemi relativi al modello e mancanza di un modello DSGE standard ... 26

2.2) Analisi politica ... 28

2.3) Modelli DSGE e analisi politica ... 29

2.4) Analisi critica dal punto di vista teorico, empirico e della politica economica ... 32

2.4.1) Problema Teorico ... 32

2.4.2) Problema Empirico ... 33

2.4.3) Problema legato all’economia politica... 36

Capitolo 3: Le Microfoundations ... 39

3.1) La teoria post-Keynesiana ... 39

3.2) Definizione di Microfoundation ... 41

3.3) Microfoundation e modelli DSGE ... 43

3.4) Che cosa non funziona nelle microfoundations ... 45

3.5) Ulteriori critiche alle assunzioni base dei modelli DSGE ... 47

3.6) Il comportamento degli agenti economici nei modelli DSGE standard ... 48

3.7) Conclusioni ... 50

Capitolo 4: Modelli alternativi al DSGE ... 52

4.1) Agent-Based Model ... 52

4.1.2) La struttura base dei Modelli AB ... 55

4.1.3) Analisi teorica ed empirica degli Agent-Based Model ... 56

4.2) ABMs: considerazioni sulla politica ... 58

(3)

3

4.3) Conclusioni relative a modelli ABM e DSGE ... 60

4.4.1) La tecnologia ... 63

4.4.2) I lavoratori ... 63

L’offerta di lavoro dei lavoratori... 64

4.4.3) I capitalisti ... 66

4.4.4) Le imprese ... 67

Determinazione del prezzo ... 67

Struttura finanziaria ... 70

4.4.5) Livello aggregato ... 70

4.4.6) Conclusioni sui modelli post-Keynesiani ... 71

4.5) Behavioral Model ... 72

4.5.1) Il modello ... 72

4.6) Differenze con i modelli DSGE ... 76

Calibrazione dei modelli Behavioral e Rational ... 76

Risposte all’impulso nel Behavioral Model e nel Rational Model ... 78

4.7) Conclusioni relative a modelli Behavioral e Rational ... 79

Capitolo 5: Confronto modelli DSGE e DSDE ... 82

5.1) Introduzione ... 82

5.2) Il consumo nei modelli DSDE ... 84

5.2.1) Le famiglie inattive ... 85

5.2.2) Le famiglie attive ... 86

5.2.3) Il consumo nei modelli post-Keynesiani... 87

5.3) Le imprese ... 88

5.3.3) Determinazione del prezzo ... 90

5.3.4) Domanda di lavoro... 91

5.3.5) Investimento... 91

5.4) Compensazione del mercato e le politiche nei modelli DSDE ... 93

5.5) Chiusura del modello ... 94

5.5.1) Chiusura Neoclassica ... 95

5.5.2) Chiusura Keynesiana ... 95

5.6) La calibrazione del modello ... 97

5.7) Dynare Code ... 100

1) Determinazione variabili esogene ed endogene nei modelli DSGE e DSDE ... 100

2) Determinazione dei parametri e loro calibrazione nei modelli DSGE e DSDE ... 101

3) Equazioni delle famiglie nei modelli DSGE e DSDE ... 101

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4

5) Politica, compensazione del mercato e processo delle variabili esogene nei modelli

DSGE e DSDE ... 102

6) Chiusura del mercato nei modelli DSGE e DSDE ... 102

7) Shocks e calcolo dei modelli DSGE e DSDE ... 103

5.8) Analisi della risposta ad uno shock nei modelli DSGE e DSDE ... 103

5.9) Conclusioni ... 108

Conclusioni ... 109

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6 Introduzione

L’elaborato svolto sviluppa in un primo momento le caratteristiche generali dei modelli DSGE (Dynamic Stochastic General Equilibrium), illustrando i motivi per cui vengono utilizzati, e qual è il metodo che serve per andare a generare dei risultati numerici, con l’utilizzo del software Matlab e del preprocessore Dynare.

Verranno poi esposte le critiche sui modelli DSGE, i motivi principali per i quali non hanno funzionato, e perché sono emersi questi problemi.

Nel proseguo della relazione saranno esposti dei modelli alternativi ai DSGE, che sono stati studiati, e ancora oggi sono in fase di elaborazione, e ognuno di essi si differenzia, per dei particolari, dai modelli DSGE canonici.

In particolare, si fa riferimento agli Agent-Based Models, che partono da un approccio Agent-Based Computational Economics, e cercano di rimuovere le troppe restrizioni poste alla base dei modelli DSGE; i Behavioral Models, contrapposti ai Rational Models che cercano di inserire il comportamento degli individui nel modello; infine, un modello post-Keynesiano, con una visione critica verso le microfoundations.

Nell’ultimo capitolo viene affrontato il paragone fra i modelli DSGE e i modelli DSDE (Dynamic Stochastic Disequilibrium), presentando graficamente il confronto fra i due modelli nel caso di uno shock sia nella politica fiscale, che in quella monetaria.

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8 Capitolo 1: I modelli DSGE

I modelli DSGE fanno parte della branca relativa alla teoria dell'equilibrio generale applicata, che viene utilizzata nella macroeconomia contemporanea.

I modelli dinamici stocastici di equilibrio generale (Dynamic Stochastic General Equilibrium, DSGE) descrivono l’andamento dei principali aggregati macroeconomici, come risultato di scelte ottimizzanti di famiglie e imprese, e queste dipendono anche dalle loro aspettative, più avanti vedremo come.

Combinando rigorosi fondamenti teorici delle equazioni comportamentali

(microfoundation), con la stima (o calibrazione) dei parametri strutturali, i modelli DSGE consentono di replicare l’andamento delle principali variabili macroeconomiche. Inoltre l’identificazione dei parametri strutturali – che descrivono le preferenze individuali, i vincoli tecnologici e quelli istituzionali – consente di utilizzare i modelli per analisi di politica economica senza incorrere nella Lucas critique.

I modelli DSGE, nati agli inizi degli anni ’80, hanno un approccio teorico di ispirazione neoclassica, e rappresentano una evoluzione del modello di equilibrio economico generale DGE, evoluzione che comprende il comportamento dinamico del sistema e gli shock casuali (stocastici).

Sostanzialmente possiamo dividere questi modelli seguendo due teorie diverse: una di stampo neoclassico e l’altra di stampo Keynesiano.

La versione neoclassica dei modelli DSGE è basata sulla teoria del Ciclo Economico Reale (Real Business Cycle), secondo la quale gli shock che colpiscono l’economia possono essere solo reali, ossia causati da modifiche nella quantità o nella produttività dei fattori della produzione (e non ad esempio monetari).

Un altro punto di vista è l’approccio cosiddetto Keynesiano. Tale approccio rappresenta ancor oggi la versione moderna della macroeconomia keynesiana, e pone le sue basi sulle rigidità di prezzi e salari e sul comportamento massimizzante dei soggetti, ottenendo in questo modo i due risultati keynesiani fondamentali di disoccupazione involontaria persistente, ed efficacia reale delle politiche economiche.

In entrambi gli approcci l’obiettivo principale era quello di andare a definire un modello che rappresenti la realtà, dal punto di vista macroeconomico, e gli effetti che certi disturbi o cambiamenti nella politica economica possono avere nel sistema.

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Affinché i modelli DSGE possano rappresentare al meglio la realtà, bisogna fare delle considerazioni:

a) Il risultato del modello dipende dalle decisioni che vengono prese dagli agenti economici, quali famiglie, imprese e governo.

b) È un modello di equilibrio generale, quindi va a considerare le relazioni che si creano fra le variabili economiche.

c) È un modello dinamico, soprattutto quando avviene uno shock il modello necessita di un certo lasso temporale per poter tornare al suo livello di equilibrio iniziale.

1.1) Caratteristiche del modello

Una delle caratteristiche base del modello è relativa alle decisioni che prendono gli agenti economici; ciò non significa che la macroeconomia segue le decisioni individuali degli attori presenti sul mercato, ma il quadro macroeconomico generale consiste nell’andare a rappresentare il comportamento di tutti i consumatori e di tutte le imprese che fanno parte dell’economia.

Per andare a spiegare i fenomeni che avvengono nella realtà, in economia vengono usati dei modelli formali e rigorosi, per mostrare meglio i diversi problemi osservati. Tutto ciò si riconduce a dei modelli macroeconomici formalizzati, all’interno dei quali si va a svolgere un’analisi economica.

I modelli seguono una loro struttura teorica, che si basa su delle assunzioni che vengono fatte a monte, e possono essere viste come una semplificazione della realtà; l’importante è che comunque possano dare una corretta spiegazione dei fatti economici accaduti. I modelli DSGE possono essere visti come una semplificazione della realtà, basati su delle assunzioni fatte ex-ante, ai quali si applicano i dati osservati.

La struttura base di un modello macroeconomico può essere definita con un sistema di equazioni:

𝑋𝑡 = 𝐸𝑡[𝐹(𝑋𝑡+1, 𝑍𝑡, 𝑢𝑡)] (1.1)

Dove:

• 𝑋𝑡 è il vettore delle variabili endogene; • 𝑍𝑡 è il vettore delle variabili esogene;

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10 • 𝐸𝑡 è l’aspettativa dell’operatore;

• 𝑢𝑡 è il vettore di distribuzioni casuali con la propria funzione di densità; • 𝐹(. ) è la funzione che chiamiamo teoria economica.

L’elemento fondamentale per la risoluzione di questo sistema di equazioni è dato dal fatto che: il valore delle variabili endogene, in un certo periodo di tempo dato, dipende dal loro valore futuro atteso.

L’utilizzo dei modelli teorici che vanno a descrivere ed a capire il comportamento di un’economia è importante per alcuni motivi:

a) Servono a capire le complesse relazioni che si creano fra le variabili economiche, che non si possono vedere con la sola osservazione dei dati disponibili.

b) Danno la possibilità di spiegare l’economia in modo più chiaro, e definire anche variabili non-osservabili.

c) Possono essere usati per generare delle simulazioni per l’analisi politica e praticare esperimenti.

d) I modelli teorici, infine, possono essere usati anche per fare delle previsioni su ciò che accadrà in futuro.

Nel nostro caso per fare un’analisi macroeconomica a livello generale andiamo ad utilizzare un modello macroeconomico, definito come un modello di crescita di equilibrio generale dinamico neoclassico, le cui basi furono già definite nel 1920 da parte di Ramsey.

Il modello risulta essere di facile comprensione: abbiamo un’economia composta da tre agenti economici (famiglie, imprese e stato). Le famiglie prendono le proprie decisioni riguardo il consumo e l’investimento (risparmio), ma anche su quanto tempo dedicare al lavoro e quanto al tempo libero. Le imprese, a loro volta, decidono quanto vogliono produrre. L’equilibrio all’interno del sistema si va a definire nel caso in cui le decisioni prese dai vari agenti economici risultano essere compatibili e fattibili.

Con questo impianto teorico, si può giungere ad un risultato, per quanto riguarda lo stato stazionario e per la dinamica delle variabili, calibrando o stimando il modello per una data economia.

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1.2) Introduzione al modello DSGE: “Habit Formation”

Passando dalla parte teorica alla parte pratica, vediamo un caso concreto di modello DSGE detto “Habit Formation”, che viene presentato all’interno del libro di J.Torres. In questo modello abbiamo due agenti economici che agiscono all’interno del sistema e prendono le proprie decisioni; per adesso consideriamo solo le famiglie e le imprese. L’obiettivo delle famiglie è quello di andare a massimizzare la loro funzione di utilità istantanea; quindi l’utilità delle famiglie al tempo t dipende solo dal livello del consumo al tempo t, e non dipende dal livello del consumo relativo ai periodi precedenti. L’assunzione implicita, in questo caso, è che la funzione di utilità è separabile additivamente. La presenza della formazione dell’abitudine al consumo fa sì che la funzione di utilità non sia istantanea e quindi le preferenze non sono separabili nel tempo. La formazione dell’abitudine deriva dal fatto che il comportamento degli agenti economici viene ripetuto regolarmente nel tempo, fino a diventare automatico. In particolare, possiamo vedere come la felicità del consumatore dipende, non solo dal consumo corrente, ma anche dai livelli di consumo nei periodi precedenti. Generalmente, un consumatore tende a mantenere gli stessi livelli di consumo nel tempo, poiché cerca di conservare uno stesso standard di vita. Nel caso in cui, in un certo periodo di tempo, avvenga uno shock negativo nel sistema, in particolare sul reddito corrente, il soggetto economico cercherà di mantenere lo stesso livello di consumo dei periodi passati andando a modificare i propri risparmi. Se invece, lo shock fosse permanente, il consumo deve essere diminuito in modo risolutivo, anche se questo aggiustamento non è istantaneo ma richiede un certo periodo di tempo.

Il motivo per cui viene introdotta la formazione delle abitudini all’interno dei modelli DSGE si basa sulle deviazioni osservate dall’ipotesi del ciclo del reddito di vita permanente, ovvero: eccessiva sensibilità del consumo al reddito corrente e eccesso di omogeneità nel consumo rispetto a variazioni del reddito non previste.

1.3) Habit Formation

Nei modelli DSGE base, si assume che l’utilità in un certo periodo dipenda solo da consumo relativo a quel periodo, senza essere influenzata dal consumo dei periodi precedenti, questa è la cosiddetta funzione di utilità istantanea, e questa assunzione implica che la funzione è additivamente separabile nel tempo.

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In questo caso introduciamo un nuovo elemento all’interno del modello canonico DSGE, ovvero la formazione delle abitudini, questo va ad apportare una modifica per quanto riguarda la funzione di utilità, ovvero non si può più considerare come additivamente separabile nel tempo, ciò implica che le decisioni che vengono prese dagli agenti sul livello di consumo sono influenzate anche dalle decisioni passate.

Con l’aggiunta di questa ipotesi, un aumento del consumo corrente diminuisce l’utilità marginale al consumo nel presente, aumenta l’utilità marginale al consumo futura. Il problema di massimizzazione del consumatore adesso è più difficile da risolvere, poiché i consumi attuali non influenzano solo l’utilità corrente, ma anche l’utilità futura. Nel nostro caso specifico, possiamo considerare il fatto che le abitudini al consumo siano viste come un costo di adeguamento del consumo, nel momento in cui si verificano degli shock negativi sul reddito. Questo costo di aggiustamento può essere misurato in termini di utilità o di felicità.

Le abitudini nel consumo sono state introdotte all’interno dei modelli DSGE per andare a spiegare meglio le dinamiche osservate nell’economia. Secondo l’evidenza empirica, la risposta del consumo ad uno shock positivo ha una forma di gobba all’interno di una rappresentazione grafica, ma la risposta più significativa si può vedere alcuni periodi dopo che si è verificato lo shock.

L’andamento a forma di gobba e il cambiamento istantaneo modellato al consumo, al momento dello shock possono essere ottenuti considerando l’esistenza della formazione delle abitudini.

Le abitudini nel consumo possono essere interne o esterne. Vediamo la differenza: - Abitudini esterne: in questo caso lo shock è basato sul consumo aggregato passato,

e non sul consumo passato dell’agente economico.

- Abitudini interne: qua, invece, lo stock delle abitudini dell’individuo è determinato in termini del proprio consumo passato.

La letteratura offre numerosi spunti per andare ad introdurre le abitudini al consumo all’interno di un modello. Vediamo quella più significativa: andare ad introdurre nella funzione di utilità della quasi-differenza del consumo come una funzione di differenza tra consumo corrente e una parte del consumo dei periodi precedenti. Così l’utilità dell’individuo in un dato periodo non dipende dal livello del consumo del periodo, ma dalla quasi differenza del consumo.

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Assumiamo adesso che il consumatore rappresentativo massimizza la sua funzione di utilità:

𝑈(𝐶𝑡− 𝑋𝑡, 𝑂𝑡) (1.2)

Dove: 𝐶𝑡 è il consumo, 𝑋𝑡 rappresenta le abitudini al consumo e 𝑂𝑡 il tempo libero. Le abitudini al consumo al tempo t possono essere considerate come una parte del consumo al tempo t-1:

𝑋𝑡= ∅𝐶𝑡−1 (1.3)

Dove ∅ è il coefficiente di persistenza nelle abitudini, e quindi rappresenta l’intensità delle abitudini ai consumatori e introduce la non separabilità delle preferenze nel tempo. L’utilizzo di questa forma funzionale implica che un aumento nel consumo corrente fa diminuire l’utilità marginale al consumo nel periodo corrente, ma aumenta l’utilità dopo quel periodo.

1.4) Il modello

Il modello presentato di seguito è simile ai modelli standard DSGE, eccetto per la considerazione della persistenza delle abitudini del consumatore. La differenza sta nel fatto di aver abbandonato l’assunzione delle preferenze separabili nel tempo, per passare ad una funzione di utilità che non è separabile nel tempo, e dipende dalla quasi-differenza nel consumo. Quindi rispetto al modello canonico avremo delle differenze solo per quanto riguarda la funzione di utilità delle famiglie.

1.4.1) Le famiglie

All’interno di un’economia possiamo definire la famiglia rappresentativa, le cui preferenze vengono determinate dalla seguente funzione di utilità:

𝑈(𝐶𝑡− 𝐻𝑡, 𝑂𝑡) (1.4)

Dove: 𝐶𝑡 è il consumo, 𝐻𝑡 riflette le abitudini al consumo e 𝑂𝑡 è il tempo libero.

Assumendo che le abitudini al consumo sono proporzionali al livello di consumo del periodo precedente, possiamo determinare la seguente funzione:

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𝐻𝑡 = ∅𝐶𝑡−1 (1.5)

Dove ∅>0 è il coefficiente di persistenza nelle abitudini.

L’interpretazione economica di ciò, è che l’utilità corrente deriva dal consumo relativo corrente al consumo del periodo precedente.

Le preferenze seguono la funzione:

𝑈(𝐶𝑡− 𝐻𝑡, 𝑂𝑡) = 𝛾 log(𝐶𝑡− ∅𝐶𝑡−1) + (1 − 𝛾) log(1 − 𝐿𝑡) (1.6)

Dove 𝐿𝑡 è il tempo di lavoro, e il tempo totale discrezionale sono normalizzati a 1, ovvero 𝐿𝑡+ 𝑂𝑡= 1, dove 𝛾 ∈ (0,1) e rappresenta l’elasticità di sostituzione tra consumo e tempo libero.

Il problema che si trova ad affrontare adesso il consumatore è quello di andare a massimizzare la propria funzione di utilità:

max (𝐶𝑡,𝐾𝑡,𝐿𝑡) ℒ = 𝐸0∑ 𝛽𝑡 ∞ 𝑡=0 [𝛾 log(𝐶𝑡− 𝐶𝑡−1) + (1 − 𝛾)log (1 − 𝐿𝑡)] (1.7)

Soggetta al vincolo di bilancio:

𝐶𝑡+ 𝑆𝑡= 𝑊𝑡𝐿𝑡+ 𝑅𝑡𝐾𝑡 (1.8)

Dove: 𝑆𝑡 è il risparmio, 𝑊𝑡 è il salario, 𝑅𝑡 è il tasso del capitale o costo di utilizzo del capitale e 𝐾𝑡 è lo stock di capitale fisico. La crescita dello stock di capitale fisico è data da:

𝐾𝑡+1= (1 − 𝛿)𝐾𝑡+ 𝐼𝑡 (1.9)

Dove 𝐼𝑡 è l’investimento lordo, e 𝛿 è il tasso di deprezzamento del capitale. Si assume inoltre 𝑆𝑡 = 𝐼𝑡 e si sostituisce l’investimento all’interno del vincolo di bilancio.

Il problema lagrangiano da risolvere da parte delle famiglie è quello di scegliere 𝐶𝑡, 𝐼𝑡 𝑒 𝐿𝑡 in modo tale da massimizzare la propria funzione di utilità:

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15 max (𝐶𝑡,𝐾𝑡,𝐿𝑡) ℒ = 𝐸0∑ 𝛽𝑡 ∞ 𝑡=0 {𝛾 log(𝐶𝑡− ∅𝐶𝑡−1) + (1 − 𝛾) log(1 − 𝐿𝑡) − 𝜆𝑡[𝐶𝑡+ 𝐾𝑡+1− 𝑊𝑡𝐿𝑡− (𝑅𝑡+ 1 − 𝛿)𝐾𝑡]} (1.10)

Le condizioni del primo ordine sono poi date dalle seguenti equazioni:

- 𝜕ℒ 𝜕𝐶: 𝛽 𝑡[𝛾 1 𝐶𝑡−∅𝐶𝑡−1− 𝜆𝑡] − 𝛽 𝑡+1[𝛾∅ 1 𝐶𝑡+1−∅𝐶𝑡] = 0 (1.11) - 𝜕ℒ 𝜕𝐿: − (1 − 𝛾) 1 1−𝐿𝑡+ 𝜆𝑡𝑊𝑡 = 0 (1.12) - 𝜕ℒ 𝜕𝐾: 𝛽 𝑡𝜆 𝑡[𝑅𝑡+ 1 − 𝛿] − 𝜆𝑡−1𝛽𝑡−1= 0 (1.13) Dove 𝛽𝑡𝜆

𝑡 è il moltiplicatore di Lagrange associato al vincolo di bilancio al tempo t. Inoltre bisogna considerare che anche il consumo al tempo t rientra nella funzione di utilità al tempo t+1.

Andando a risolvere le equazioni relative alle condizioni del primo ordine, otteniamo la condizione di equilibrio intertemporale, data da:

[ 1 𝐶𝑡−1− ∅𝐶𝑡−2− 𝛽∅ 1 𝐶𝑡− ∅𝐶𝑡−1] [𝐶 1 𝑡− ∅𝐶𝑡−1− 𝛽∅ 1 𝐶𝑡+1− ∅𝐶𝑡] = 𝛽[𝑅𝑡+1+ 1 − 𝛿] (1.14)

L’equazione vista sopra rappresenta il percorso ottimale nel tempo, ovvero l’equazione che eguaglia il tasso marginale di consumo al tasso di rendimento dell’investimento. Se ∅ = 0 allora l’espressione si riduce al caso standard.

Se ∅ > 0 la decisione riguardo l’investimento non dipende solo dal consumo di un periodo rispetto ad un altro, ma dal consumo in quattro momenti diversi nel tempo, considerando, però, il fatto che l’agente vuole mantenere il proprio livello di consumo il più stabile possibile nel tempo.

1.4.2) Le imprese

Il problema delle imprese è quello di trovare i valori ottimali per l’utilizzo del lavoro e del capitale. La produzione di output finale Y richiede l’utilizzo del lavoro L e K. Le

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imprese prendo a prestito capitale e impiegano il lavoro per massimizzare i profitti al tempo t, prendendo il fattore prezzi come dato. La tecnologia è data dalla funzione di produzione Cobb-Douglas:

𝑌 = 𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿1−𝛼𝑡 (1.15)

Dove 𝐴𝑡 è una misura della totalità dei fattori produttivi e 0< 𝛼 <1. Il problema di massimizzazione statico per le imprese è dato da:

max (𝐾𝑡,𝐿𝑡)

𝛱𝑡= 𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿1−𝛼𝑡 − 𝑅𝑡𝐾𝑡− 𝑊𝑡𝐿𝑡 (1.16)

Le condizioni del primo ordine per la massimizzazione dei profitti da parte delle imprese sono: - 𝜕𝛱𝑡 𝜕𝐾𝑡: 𝑅𝑡− 𝛼𝐴𝑡𝐾𝑡 𝛼−1𝐿 𝑡 1−𝛼 = 0 (1.17) - 𝜕𝛱𝑡 𝜕𝐿𝑡: 𝑊𝑡− (1 − 𝛼)𝐴𝑡𝐾𝑡 𝛼𝐿 𝑡 −𝛼 = 0 (1.18)

Dalle condizioni del primo ordine possiamo trovare:

𝑅𝑡 = 𝛼𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼−1𝐿 𝑡

1−𝛼 (1.19)

𝑊𝑡 = (1 − 𝑎)𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿−𝛼𝑡 (1.20)

1.4.3) Equilibrio

Una volta che le imprese e le famiglie hanno determinato la loro decisione ottimale, possiamo andare a definire l’equilibrio all’interno del modello. Le famiglie decidono il loro livello di consumo, 𝐶𝑡, quanto vogliono investire 𝐼𝑡 (o risparmiare), e quante ore impiegare nel lavoro, 𝐿𝑡, per andare a massimizzare la loro funzione di utilità di vita. Dall’altra parte le imprese producono una certa quantità di prodotti finali, 𝑌𝑡, in funzione del capitale, 𝐾𝑡, e del lavoro, 𝐿𝑡, che assumono dati, così come i loro prezzi. Una definizione formale di equilibrio in questo caso:

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Definizione: Un equilibrio competitivo per questa economia è una sequenza di consumo,

tempo libero, e investimenti privati {𝐶𝑡, 1 − 𝐿𝑡, 𝐼𝑡}𝑡=0 per quanto riguarda i consumatori, una sequenza di capitale e manodopera per le imprese {𝐾𝑡, 𝐿𝑡}𝑡=0∞ , così, data una sequenza di prezzi, {𝑊𝑡, 𝑅𝑡}𝑡=0∞ :

1. Il problema di massimizzazione per il consumatore è soddisfatto.

2. Dati i prezzi per il capitale e il lavoro, valgono le condizioni del primo ordine per l’impresa.

3. Il vincolo di fattibilità dell’economia è soddisfatto.

Combinando le condizioni del primo ordine per le famiglie e le imprese, otteniamo la condizione di equilibrio che eguaglia il tasso marginale di sostituzione tra consumo e tempo libero al costo opportunità di un’unità aggiuntiva di tempo libero. In altre parole, la condizione che uguaglia alla disutilità di lavorare un'ora aggiuntiva, con l'utilità marginale deriva dal reddito ottenuto da tale ora lavorativa aggiuntiva data da:

(1 − 𝛾) 1 1 − 𝐿𝑡 = [𝛾 1 𝐶𝑡− ∅𝐶𝑡−1− 𝛽𝛾∅ 1 𝐶𝑡+1− ∅𝐶𝑡](1 − 𝛼)𝐴𝑡𝐾𝑡 𝛼𝐿 𝑡 −𝛼 (1.21)

Mentre la condizione di equilibrio dell’investimento intertemporale sarebbe:

[𝐶 1 𝑡−1− ∅𝐶𝑡−2− 𝛽∅ 1 𝐶𝑡− ∅𝐶𝑡−1] [𝐶 1 𝑡− ∅𝐶𝑡−1− 𝛽∅ 1 𝐶𝑡+1− ∅𝐶𝑡] = 𝛽[𝛼𝐴𝑡+1𝐾𝑡+1𝛼−1𝐿1−𝛼𝑡+1 + 1 − 𝛿] (1.22)

Quindi, la persistenza dell'abitudine influenza sia la condizione di equilibrio per l'offerta di lavoro sia la scelta intertemporale di consumo-risparmio per la condizione di equilibrio. Inoltre, l’economia deve soddisfare il vincolo di fattibilità:

𝐶𝑡+ 𝐼𝑡 = 𝑌𝑡 (1.23)

1.5) Equazioni del modello e calibrazione

L’equilibrio competitivo all’interno del modello è dato da una serie di 8 equazioni,

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(𝑌𝑡, 𝐶𝑡, 𝐼𝑡, 𝐾𝑡, 𝐿𝑡, 𝑅𝑡, 𝑊𝑡), più il fattore della produttività totale TFP, 𝐴𝑡, che si presume segua un processo autoregressivo del primo ordine. La serie di equazioni del modello:

(1 − 𝛾) 1 1 − 𝐿𝑡 = [𝛾 1 𝐶𝑡− ∅𝐶𝑡−1 − 𝛽𝛾∅ 1 𝐶𝑡+1− ∅𝐶𝑡 ]𝑊𝑡 (1.24) [𝐶 1 𝑡−1− ∅𝐶𝑡−2− 𝛽∅ 1 𝐶𝑡− ∅𝐶𝑡−1] [𝐶 1 𝑡− ∅𝐶𝑡−1− 𝛽∅ 1 𝐶𝑡+1− ∅𝐶𝑡] = 𝛽[𝑅𝑡+1+ 1 − 𝛿] (1.14) 𝑌𝑡= 𝐶𝑡+ 𝐼𝑡 (1.23) 𝑌𝑡 = 𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿1−𝛼𝑡 (1.15) 𝐾𝑡+1= (1 − 𝛿)𝐾𝑡+ 𝐼𝑡 (1.9) 𝑊𝑡 = (1 − 𝛼)𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿−𝛼𝑡 (1.20) 𝑅𝑡 = 𝛼𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼−1𝐿𝛼−1𝑡 (1.19) ln 𝐴𝑡 = (1 − 𝜌𝐴 )𝑙𝑛𝐴̅ + 𝜌𝐴𝑙𝑛𝐴𝑡−1+ 𝜀𝑡 (1.25)

La serie dei parametri che devono essere calibrati: 𝛺 = {𝛼, 𝛽, 𝛾, 𝛿, ∅, 𝜌𝐴, 𝜎𝐴} I parametri sopra elencati rappresentano:

• 𝛼, è il parametro tecnologico che definisce la produttività del capitale, 𝛼 ∈ (0; 1) • 𝛽, rappresenta come gli agenti valutano l’utilità futura in relazione all’utilità

presente, ed è dato da: 𝛽 = 1

𝑅̅+1−𝛿

• 𝛿, è il tasso di deprezzamento fisico del capitale

• 𝛾, rappresenta le preferenze degli individui riguardo le decisioni di consumo-tempo libero, 𝛾 ∈ (0,1)

• ∅, è l’intensità delle abitudini al consumo

• 𝜌𝐴, è il parametro autoregressivo per il processo del TFP

• 𝜎𝐴, è la deviazione standard del termine di errore associato al processo stocastico che segue la produttività totale dei fattori

Affinché il modello sia completo è necessario andare ad assegnare dei valori ai parametri attraverso il processo di calibrazione.

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19 Calibrazione dei parametri:

Parametro Definizione Valore

α Parametro tecnologico 0.350

β Fattore di sconto 0.970

𝛾 Parametro delle preferenze 0.400

∅ Persistenza delle abitudini 0.800

𝛿 Tasso di deprezzamento 0.060

𝜌𝐴 Parametro di autoregressione TFP 0.950

𝜎𝐴 Deviazione standard TFP 0.010

Tabella 1.1 Tabella con parametri, relativa definizione e valore calibrato per gli stessi.

I valori allo stato iniziale per le variabili endogene del modello economico:

Variabile Valore Rapporto con 𝑌̅

𝑌̅ 0.7994 1.000 𝐶̅ 0.6148 0.769 𝐼̅ 0.1846 0.231 𝐾̅ 3.0773 3.849 𝐿̅ 0.3869 - 𝑅̅ 0.0909 - 𝑊̅ 1.3431 - 𝐴̅ 1.000 -

Tabella 1.2 Tabella con i valori delle variabili endogene e il loro rapporto con gli output.

1.6) Dynare Code con shock TFP

I modelli DSGE richiedono l’utilizzo di metodi di soluzione numerica. Ciò significa che una volta definito il modello, affinché sia operativo dal punto di vista quantitativo, abbiamo bisogno di un ulteriore supporto informatico. Infatti, riportare il modello DSGE su un computer è il passo successivo. Mentre in passato fare ciò risultava molto difficile, oggi possiamo trovare un gran numero di software disponibili pubblicamente a cui applicare il modello, in diversi linguaggi informatici; noi vedremo quello relativo all’utilizzo di Matlab (un programma simile e alternativo potrebbe essere Octave).

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Insieme a Matlab, deve essere utilizzata una delle piattaforme generali per definire i modelli DSGE, tra cui Dynare, gEcon e IRIS. In questo caso associamo Matlab e Dynare. Dynare è un preprocessore che usa un linguaggio semplice, che permette la conversione di un modello DSGE in un programma, che può essere realizzato in vari linguaggi di programmazione per risolvere, stimare e simulare il modello.

Una volta fornito l'insieme di variabili endogene, l'insieme di variabili esogene, i parametri e le equazioni del modello, questa piattaforma può utilizzare i dati per stimare i parametri del modello DSGE, utilizzando sia il metodo massima verosimiglianza, che le tecniche Bayesiane.

Le variabili, così come le equazioni e i parametri vengono definiti su un file.mod, seguendo un codice definito detto “Dynare Code”, che deve essere salvato sul software prescelto, nel nostro caso Matlab, e a questo punto, dando un semplice input su Matlab, Dyanre fa sì che si sviluppi il modello, ovvero che risolva, stima, e simuli il modello DSGE predefinito.

Il file.mod può essere scritto in qualsiasi editor, sia interno che esterno a Matlab.

Vediamo il caso pratico di un file.mod relativo alle “Habit Formation”, andando a vedere le sezioni che lo compongono, per poi arrivare ad ottenere dei risultati pratici:

1. Determinazione delle variabili, sia endogene che esogene:

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21 3. Equazioni del modello:

4. Valori inziali delle variabili e stato stazionario da cui parte il modello:

5. Shock della totalità dei fattori produttivi nel sistema definito:

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1.7) Risultati shock TFP

Lo shock della totalità dei fattori produttivi (TFP), che abbiamo inserito nel nostro modello, per vedere che effetti comporta a livello di variabili economiche, si può assumere come un processo autoregressivo del primo ordine così definito:

𝑙𝑛𝐴𝑡= (1 − 𝜌𝐴)𝑙𝑛𝐴̅ + 𝜌𝐴ln 𝐴𝑡−1+ 𝜀𝑡𝐴 (1.25)

Con 𝜀𝑡𝐴~𝑁(0, 𝜎𝐴2)

Nel nostro caso vedremo gli effetti di uno shock sulla produttività aggregata nel modello economico con persistenza delle abitudini.

Il file.mod, descritto nel paragrafo precedente, è il primo passo da fare per ottenere dei risultati relativamente al modello considerato. Il passaggio successivo, dopo aver salvato il file.mod su Matlab, sarà quello di andare a vedere e interpretare i risultati, combinando Matlab e Dynare. Vediamo cosa succede con uno shock della totalità dei fattori produttivi (TFP), all’interno del modello.

Gli effetti più rilevanti si possono percepire dai grafici delle variabili relative al Consumo, all’Investimento e ai Prodotti Finali.

Per quanto riguarda il consumo, osserviamo che l’effetto dell’impatto dello shock sia ridotto, dal momento che il consumo ora mostra una maggiore resistenza al cambiamento, poiché abbiamo considerato la persistenza delle abitudini da parte del consumatore.

In un secondo momento vediamo una risposta di consumo ben equilibrata a forma di gobba: questo può spiegare l'eccessiva fluidità del consumo osservata a shock imprevisti nel reddito

Contrariamente a questa reazione di fluidità del consumo, vediamo una forte sensibilità allo shock da parte dell’investimento, poiché l’aggiustamento allo shock viene fatto attraverso il risparmio.

Figura 1.1 Effetti di uno shock del TFP nei consumi

Figura 1.2 Effetti di uno shock del TFP negli investimenti.

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Questo diverso comportamento influisce anche sulla dinamica delle altre variabili. La risposta da parte degli output riflette l’importanza che viene data alla persistenza delle abitudini nel modello DSGE. Vediamo che il livello di produzione aumenta all'impatto, continua ad aumentare nei periodi successivi, fino a un massimo, una volta raggiunto quello inizia a decrescere.

Vediamo la risposta allo shock anche nelle altre variabili del modello:

Figura 1.4 Effetti di uno shock del TFP nel capitale, nel lavoro, nel salario e nel tasso di interesse.

Analizzando inizialmente la risposta del capitale allo shock, vediamo che in un primo momento sembra avere una crescita, ma una volta raggiunto un certo livello massimo inizia a diminuire, seguendo l’andamento dell’investimento.

Per quanto riguarda l’effetto che si osserva sul salario, abbiamo un lieve aumento nei primi periodi, però sempre inferiore a quello del capitale, per poi andare a decrescere. Invece per il lavoro e per il tasso di interesse vediamo un andamento simile, ovvero di immediata decrescita nei primi tempi, e successivamente, ma in modo molto lento, sembrano avere entrambi una ripresa.

Quello che si può vedere nell’ultimo grafico, relativo ad A, è lo shock che si verifica nel sistema economico, per quanto riguarda la totalità dei fattori produttivi.

1.8) Conclusioni

Figura 1.3 Effetti di uno shock del TFP negli output.

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In questo capitolo abbiamo introdotto le abitudini all’interno del modello DSGE canonico. Ciò fa sì che la funzione di utilità non sia più separabile additivamente nel tempo, ma implica che la felicità nel periodo non è più dettata esclusivamente dai consumi che avvengono nello stesso periodo, ma anche dallo stock di abitudini che si sono formate nei periodi precedenti. Le abitudini nei consumi possono spiegare la risposta debole dei consumi di fronte ad un cambiamento (non anticipato) nel reddito. Il fatto di considerare le abitudini implica una sorta di costo di aggiustamento quando si modificano i consumi, misurato in termini di perdita di utilità. La conseguenza è che, di fronte ad un aumento del reddito, l’aggiustamento viene effettuato attraverso i risparmi, quindi si va ad evidenziare una diminuzione degli investimenti. In letteratura la persistenza delle abitudini è diventata un aspetto chiave all’interno dei modelli DSGE poiché è in grado di spiegare certi fatti osservabili empiricamente che il modello standard non era in grado di cogliere.

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25 Capitolo 2: Critiche verso i modelli DSGE

Lo sviluppo di modelli che volevano introdurre al proprio interno anche i comportamenti degli agenti economici risale circa al 1970, con la rivoluzione delle aspettative razionali, questi primi modelli macroeconomici sostenevano che le aspettative degli agenti dovessero essere coerenti con la struttura sottostante del modello.

La teoria del Real Business Cycle (RBC, Teoria del Ciclo Economico) aveva introdotto l’idea che i modelli dovessero essere microfondati e basati sulla massimizzazione dell’utilità dinamica.

Mentre però i modelli basati sul RBC non avevano posto per la rigidità dei prezzi, la New Keynesian School aveva introdotto modelli con al suo interno delle rigidità simili ai modelli microfondati.

Lo sviluppo sempre maggiore dei modelli DSGE negli anni 2000 è dovuto principalmente a due motivi:

1. Mentre, la teoria macroeconomica sostiene che gli agenti possano comprendere tutta la struttura del modello nel quale vanno ad operare, altre scienze vanno ad individuare i limiti cognitivi degli individui; infatti, gli agenti colgono solo parte di ciò che avviene nel mondo in cui vivono, ed è per questo che usano semplici regole, euristiche, indirizzando il loro comportamento e le loro previsioni sul futuro. Tutto ciò ha fatto nascere dei dubbi sul fatto che la teoria macroeconomica microfondata sia ben fondata scientificamente.

2. Altri rami dell’economia hanno visto la necessità di inserire le limitazioni che gli agenti hanno nella comprensione del mondo. Questa seconda motivazione ha portato alla nascita di modelli che partono dalle aspettative razionali.

C’è sempre stato un gran dibattito per quanto riguarda le diverse scuole di pensiero macroeconomico, e nel 2008, è emerso un nuovo consenso: i New Neoclassical Synthesis NNS, che hanno appoggiato i modelli DSGE.

L’importanza dei modelli DSGE non è stata relativa solo al mondo accademico, essi infatti, servono per andare a rappresentare dei fatti reali, tanto da essere usati anche dalle banche centrali e dalle autorità responsabili della politica economica. Anche se, nel corso del tempo, sono venute fuori alcune lacune mostrate da questi modelli, poiché non sono stati in grado di andare a prevedere dei fatti macroeconomici di importanza rilavante

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realmente accaduti. Questi modelli macroeconomici non sono pronti per andare a captare la possibile presenza o vicinanza di una turbolenza.

Il problema di tutto ciò è che l’approccio relativo ai modelli DSGE è focalizzato su una sua logica interna precisa che spesso si sovrappone con la realtà, ma così non è.

Il problema principale per il quale è difficile andare ad individuare le possibili crisi, o shock futuri, riguarda le assunzioni che vengono fatte alla base del modello, che risultano essere spesso troppo restrittive e inadeguate, soprattutto in relazione alla realtà economica, e in particolare alle dinamiche macroeconomiche.

Ci sono stati ulteriori sviluppi, nel corso del tempo, fino ad un certo punto, dove gli economisti dovrebbero considerare l’economia come un complesso sistema evolutivo, quindi andare a cogliere i vari aspetti, senza apporre ulteriori restrizioni alla base di essi. Un metodo che cerca di rappresentare al meglio la razionalità limitata, le dinamiche endogene al di fuori dell’equilibrio, e le interazioni fra i vari agenti economici è il cosiddetto Agent-Based Computational Economics (o ACE). È un metodo, che sarà presentato da punto di vista teorico nel proseguo dell’elaborato, che pone come base delle sue assunzioni i comportamenti degli agenti, e le loro interazioni.

2.1) Primi problemi relativi al modello e mancanza di un modello DSGE standard

I modelli DSGE hanno avuto un ruolo molto importante nelle discussioni macroeconomiche moderne, il problema di fondo di questi modelli, come sostiene Stiglitz, nel suo elaborato, è relativo al fatto che questi modelli falliscono proprio nell’andare a servire le funzioni che un modello macroeconomico dovrebbe svolgere. Il ruolo principale di un modello macroeconomico dovrebbe essere quello di approfondire che cosa succede durante le crisi che si sono verificate, e cercare di capire cosa si potrebbe fare in risposta ad esse. La soluzione migliore sarebbe quella in cui questi modelli riuscissero a predire la crisi.

La crisi del 2008 ha avuto grandi ripercussioni sia sul PIL che sulla disoccupazione, visto che ha portato ad un suo aumento.

I modelli DSGE hanno fallito poiché non sono riusciti a spiegare la profonda recessione che si è verificata nel sistema, e come mai l’economia non è riuscita a tornare ai livelli del massimo impiego, come ci si aspetterebbe quando si parla di un modello di equilibrio, come i DSGE. Questi modelli, dovrebbero tornare, nel tempo, ad un certo equilibrio che

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c’era prima del turbamento. Questo non è un piccolo problema, ma è una mancanza molto importante se si pensa al tipo di analisi che si vuole svolgere.

Un altro problema, di non poca rilevanza, è il fatto che questi modelli non sono a medio-lungo periodo, ma fanno riferimento a periodi relativamente brevi, soprattutto se si vuole considerare fattori come l’accumulazione del capitale e lo sviluppo dell’innovazione.

Quello che dovremmo trovare è un cosiddetto “benchmark model”, definito così da Stiglitz, il più semplice e facile possibile, all’interno del quale non si vadano ad apporre troppe restrizioni o assunzioni alla base, che poi possano portare il modello a delle conclusioni sbagliate o comunque fuorvianti.

Servirebbe, quindi, un modello base, che possa essere usato anche dagli studenti, senza indurli in errore e che possa essere costruito nel modo più semplice possibile, affinché lo possano modellare sulla base delle proprie esigenze.

Blanchard sosteneva che:” I modelli dovrebbero catturare quelle che noi riteniamo essere

le caratteristiche essenziali macroeconomiche del comportamento delle famiglie e delle imprese, e non catturare tutte le dinamiche rilevanti”1.

Una distinzione importante dovrebbe essere fatta tra i modelli DSGE ritenuti “benchmark” e la vastità dei modelli espansi, che introducono una serie di numerose complessità, più shocks contemporaneamente, non solo quello relativo alla tecnologia, e più frizioni oltre alla rigidità del prezzo e del salario nominale.

L’ampliamento di questi modelli è dovuto al fatto che si voleva andare ad eliminare le debolezze del modello, andando ad inserire più elementi al suo interno. Ci sono stati vari tentativi per incorporare alcune figure, o altre che sembravano importanti, e che precedentemente erano state lasciate fuori dal modello.

Il risultato di questi inserimenti è stato quello della perdita di eleganza, che i modelli presentavano in precedenza, e un indebolimento dovuto alla solidità della microfoundation.

Il quadro risultante che spesso offrono potrebbe risultare, quindi, anche di difficile interpretazione.

1 L’affermazione di Blanchard, relativamente a questi modelli, si trova nell’articolo di Stiglitz, Joseph E.,

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La presenza di un numero elevato di parametri, fa sì che la macroeconomia diventi un semplice esercizio che va a definire un grafico, con un insieme arbitrariamente scelto di momenti generati dal modello in contrasto con la realtà. In questo caso viene proposta la critica di Korinek, sviluppata su 4 punti:

1. Concentrarsi su un’analisi delle fluttuazioni di tipo stazionario, nella frequenza del ciclo economico, comporta la perdita di alcuni fenomeni macroeconomici che non sono stazionari.

2. La scelta dei momenti da valutare e dei dati da comparare è troppo arbitraria, non segue una base scientifica particolare che asseconda la scelta di alcuni momenti rispetto ad altri. In alcuni instanti, il criterio tradizionale di scelta dei momenti potrebbe risultare persino pericoloso.

3. Per una certa serie di momenti dati, non c’è una definizione precisa per dire che questi dati si possano adattare bene al modello o no; bisogna vedere se i momenti generati dal modello corrispondono in modo soddisfacente con la realtà, e questo è discrezionalità del soggetto che va a simulare il modello. Quindi il rigore scientifico di questo metodo è discutibile.

4. I modelli DSGE spesso impongono un gran numero di restrizioni che sono in contrasto con l’evidenza microeconomica.

2.2) Analisi politica

Uno dei motivi per cui si va a ricercare un modello “benchmark” di riferimento è quello che riguarda la politica.

Se si considerano dei modelli di previsione di breve periodo, che nascono anche all’interno del quadro dei modelli DSGE, si aggiungono poi una serie di variabili per andare ad aumentare l’accuratezza della previsione. I modelli costruiti per analizzare le piccole fluttuazioni, potrebbero, invece, essere utilizzati come piccole guide.

Il punto è che c’è un’ampia gamma di politiche, con effetti macroeconomici significativi, che i governi considerano, e servirebbe andare a costruire dei modelli su misura, partendo dal modello base, per vedere gli effetti nel sistema. Alcune politiche possono influire sull’esposizioni di un paese ad uno shocks; altri potrebbero avere l’effetto di stabilizzare automaticamente la forza di un paese. Avere quindi un modello semplice che possa analizzare questi effetti è cruciale.

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Oggi l’economia sta attraversando una trasformazione strutturale. Il risultato potrebbe essere che, con gli attuali livelli e le forme di spesa pubblica, di tassazione e di spesa privata, l'economia potrebbe non essere pienamente occupata. E l’aggiustamento ad un pieno equilibrio occupazionale potrebbe essere lento. Ma persino con prezzi e salari fissi, seguendo la teoria Keynesiana, esistono una serie di interventi, per quanto riguarda la politica fiscale, che potrebbero riportare l’economia al piano impiego nel breve periodo, o almeno cercare di riportarlo velocemente al pieno impiego: ci sono una serie di percorsi che differiscono nel breve periodo, nei loro livello di investimenti pubblici e crescita. La stagnazione secolare associata alla disoccupazione persistente non è una malattia che si verifica in un paese: è una conseguenza delle politiche che possono essere modificate.

2.3) Modelli DSGE e analisi politica

Vediamo adesso come viene fuori l’analisi politica nei modelli DSGE, che è basato sul Ciclo Reale Economico (RBC), integrato con la concorrenza monopolistica, le imperfezioni nominali e il ruolo della politica monetaria.

La base dei modelli DSGE è il modello di crescita standard stocastico neoclassico con la variabile dell’offerta di lavoro: l’economia è popolata da una famiglia rappresentativa, con vita infinita, e da un’impresa rappresentativa, la cui tecnologia di produzione omogenea è colpita da shock esogeni. Tutti gli agenti hanno le loro aspettative razionali. La visione New Keynesian del modello è determinata dal denaro, dalla concorrenza monopolistica e dai prezzi fissi. Il denaro ha in genere solo la funzione di unità di conto, e le rigidità nominali, incarnate in prezzi fissi, consentono alla politica monetaria di influenzare le variabili reali nel breve periodo. La base del modello RBC, fa sì che si possa determinare il livello naturale di output e tasso di interesse, e l’equilibrio delle due variabili è dato sotto la condizione di prezzi perfettamente flessibili.

Per quanto riguarda la politica monetaria, il livello di output e di tasso di interesse naturale costituiscono un benchmark. La concorrenza imperfetta, e altre possibili rigidità reali, potrebbero determinare il fatto che il livello naturale di output non è socialmente efficace.

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La versione base del modello DSGE è rappresentata da tre equazioni: l’equazione IS2 aumentata delle aspettative, la curva New Keynesian di Phillips3 (NKP) e le regole di politica monetaria.

L’equazione della curva IS, aumentata delle aspettative, è costituita dalla componente di domanda aggregata del modello neoclassico, e deriva dalla condizione di compensazione del mercato dei beni e dall'equazione di Eulero di una famiglia rappresentativa (sotto la condizione di un mercato dei capitali perfetto):

𝑦̃ = 𝐸𝑡 𝑡𝑦̃𝑡+1− 𝜎(𝑖𝑡− 𝐸𝑡𝜋𝑡+1− 𝑟𝑡𝑛) (2.1)

Dove:

• 𝑦̃ è il differenziale di output;

• 𝜎 è l’elasticità di sostituzione intertemporale del consumo; • 𝜋 è l’inflazione;

• i è il tasso di interesse nominale; • 𝑟𝑛 è il tasso di interesse natarle;

• 𝐸𝑡 sono le aspettative razionali dell’operatore.

La curva NPK si ottiene combinando l’approssimazione log-lineare di una scelta ottimale dei prezzi, l’indice dei prezzi e l’equilibrio nel mercato del lavoro:

𝜋𝑡 = 𝑘𝑦̃𝑡+ 𝛽𝐸𝑡𝜋𝑡+1+ 𝑢𝑡 (2.2)

Dove:

• 𝛽 è il fattore di sconto soggettivo della famiglia rappresentativa;

• 𝑘 dipende sia dall’elasticità del costo marginale rispetto all’output, e dalla sensibilità all’adeguamento del prezzo alle fluttuazioni del costo marginale; • u è considerato il costo dello shock, infatti va ad evidenziare che il livello di output

potrebbe non coincidere con quello socialmente efficiente, per la presenza di imperfezioni reali come la concorrenza monopolistica, rigidità nel mercato del lavoro, etc.

2 La curva IS generale identifica le combinazioni di equilibrio del reddito e del tasso di interesse, nel

modello IS-LM. In un grafico generale, questa è inclinata negativamente.

3 La curva di Phillips è una relazione inversa tra tasso di inflazione e tasso di disoccupazione, la NKP è

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Infine presentiamo l’equazione che segue le regole di politica monetaria, viene fuori seguendo un criterio di welfare: partendo da un'approssimazione della serie di Taylor del secondo ordine dell'utilità della famiglia rappresentativa, si può derivare una funzione di perdita del benessere per la banca centrale, che è quadratica nell'inflazione e in deviazioni della produzione dal suo livello socialmente efficiente:

𝑖𝑡𝑇 = 𝑟

𝑡𝑛+ ∅𝑡𝜋𝑡+ ∅𝑦𝑦̃𝑡 (2.3)

Dove:

• 𝑖𝑇 è il tasso di interesse target della banca centrale; • ∅𝑦 > 0;

• ∅𝜋 > 1.

Per migliorare la stima, spesso nei modelli DSGE vengono assunti più di uno shocks. L’assunzione di agenti che guardano al futuro, impedisce ai modelli DSGE di eguagliare le prove econometriche sui co-movimenti di variabili nominali e reali; una serie di attriti come il prezzo predeterminato e la decisione di spesa, l'indicizzazione di prezzi e salari all'inflazione passata, salari fissi, abitudine nella formazione delle preferenze per il consumo, costo dell'adeguamento nell'investimento, utilizzo variabile del capitale, etc. Da un punto di vista econometrico, i modelli DSGE sono rappresentati come un modello di auto-regressione vettoriale. La stima del modello econometrico viene fuori con i metodi di verosimiglianza, sia con un approccio con informazioni limitate, sia con un approccio con informazioni complete.

✓ Approccio informazione limitata: in questo caso, la prestazione empirica del modello viene misurata confrontando le funzioni di risposta all’impulso generate dal modello con quelle empiriche.

✓ Approccio informazione completa: inizialmente questa visione per stimare i modelli DSGE era stata scartata, perché i metodi di massima verosimiglianza non forniscono stime plausibili. Ma con l’introduzione delle tecniche Bayesiane, questo approccio ha ripreso importanza, e viene comunemente utilizzato.

Si può valutare la prestazione empirica del modello stimato DSGE, confrontando la sua probabilità marginale con quella dei modelli VAR standard, e con le covarianze incrociate generate dal modello rispetto a quelle empiriche.

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Una volta recuperati i parametri del modello tramite la stima o la calibrazione, e identificati gli shocks strutturali, possiamo passare all’esercizio dell’analisi politica. Quindi una volta definita la funzione di perdita del benessere, si può valutare la performance del sottogruppo di semplici regole di politica, che garantiscono l'esistenza di un determinato equilibrio o la parametrizzazione più appropriata, all'interno della classe delle regole ottimali di politica monetaria. Questo può essere fatto attraverso la simulazione, andando a inserire diversi shocks strutturali all’interno del modello DSGE e calcolando la variazione dell’inflazione, e il differenziale di gap, e le relative perdite di benessere delle diverse norme di politica monetaria e parametrizzazioni utilizzate. Partendo dal presupposto che il modello DSGE sia il vero processo di generazione dei dati delle serie temporali disponibili, si sta valutando come l'economia descritta dal modello, reagirebbe agli stessi shock strutturali osservati in passato, se la politica monetaria seguita dalla banca centrale fosse diversa.

Aggiungendo il settore pubblico al modello DSGE canonico, si possono vedere anche gli effetti di una politica fiscale.

Inoltre, si possono calcolare le funzioni di risposta all'impulso per analizzare l'impatto sul PIL, con shocks nella spesa pubblica e nelle tasse.

2.4) Analisi critica dal punto di vista teorico, empirico e della politica economica

Possiamo andare a determinare tre tipi di problemi che possono andare a danneggiare l’utilità dei modelli DSGE all’interno dell’analisi politica. Questi problemi sono: teorico, empirico, e legato all’economia politica. Andiamo ad analizzarli uno per uno.

2.4.1) Problema Teorico

I modelli DSGE sono dei modelli prima di tutto GE, ovvero di equilibrio generale, radicati nella tradizione di Arrow-Debreu4 con alcune caratteristiche non-Walrasiane (come i prezzi fissi), contraddistinti però dagli stessi problemi dei modelli GE.

4 I modelli Arrow-Debreu sono dei modelli generali di economia competitiva, e vengono utilizzati per

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Prima di tutto alcuni teoremi provano che, l'unicità e la stabilità dell'equilibrio generale non possono essere ottenute, anche se si pongono ipotesi rigorose e irrealistiche sugli agenti economici.

Gli economisti neoclassici hanno utilizzato lo stratagemma dei representative agent (RA) per ottenere un equilibrio stabile e unico. L’assunzione dei RA porta con sé almeno quattro ragioni per cui non dovrebbe essere usata:

1. La razionalità dei singoli individui non implica quella aggregata

2. La reazione di un soggetto appartenente ai RA ad uno shock o alla variazione di un parametro potrebbe non coincidere con le reazioni dei RA viste a livello aggregato

3. Date due situazioni, parte dei RA potrebbero sceglierne una, e i restanti RA l’altra 4. L’assunzione dei RA introduce delle difficoltà ulteriori a livello empirico, infatti, ogni volta che si mette alla prova una proposizione basata su un modello RA, si sta anche testando congiuntamente l'ipotesi stessa.

In generale, l’assunzione dei RA implica che c’è una corrispondenza biunivoca tra i livelli micro e macro; in particolare, le dinamiche macroeconomiche sono compresse in quelle microeconomiche.

Un ulteriore problema che rientra in questa categoria riguarda l’esistenza e la determinatezza del sistema di condizioni di equilibrio di aspettativa razionale dei modelli DSGE.

Sostanzialmente, l'esistenza di un determinato equilibrio locale non esclude la possibilità di equilibri multipli a livello globale, questo è un problema che potrebbe far entrare i modelli DSGE all’interno di un sentiero esplosivo, impedendo così il calcolo delle funzioni di risposta all'impulso, e l'adozione del modello per l'esercizio dell'analisi politica.

2.4.2) Problema Empirico

Una seconda categoria di problemi relativi a questi modelli è la validazione empirica. La stima e il test, dei modelli DSGE, vengono solitamente eseguiti assumendo che rappresentino il vero processo di generazione dei dati osservati. Questo implica che gli esperimenti di inferenza e politica, che ne derivano, sono validi solo se il modello DSGE imita il processo di generazione dei dati sconosciuti.

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Il modello DSGE può essere rappresentato anche come VAR della forma:

𝐴0(∅)𝑥𝑡 = 𝐻1(∅)𝑥𝑡−1+ 𝐻2(∅)𝐸𝑡 (2.4)

Prima di passare all’analisi empirici dei modelli, vediamo due potenziali fonti di problemi potenziali:

1. Il numero delle variabili endogene previste dal modello DSGE è generalmente maggiore rispetto al numero degli shocks strutturali; questo può essere risolto aggiungendo errori di misurazione o aumentando il numero degli shocks strutturali.

2. 𝐻1 𝑒 𝐻2, sono matrici di rango ridotto, questo problema può essere oltrepassato integrando le variabili al di fuori della VAR, fintanto che 𝐻1 𝑒 𝐻2 diventano invertibili. Questa trasformazione però non è priva di conseguenze: se il componente non è invertibile il modello DSGE non avrà una rappresentazione VAR; se esistesse questa rappresentazione VAR del modello, potrebbe richiedere un numero infinito di ritardi.

I problemi empirici possono essere ricondotti a tre categorie: identificazione, stima e valutazione.

Identificazione

Dato l'elevato numero di non-linearità presenti nei parametri strutturali, i modelli DSGE sono difficili da identificare. Ecco i problemi relativi all’identificazione:

- Diversi modelli DSGE con differenti implicazioni economiche e politiche potrebbero essere equivalenti a livello di osservazione

- Alcuni modelli di DSGE possono essere colpiti da una parziale identificazione dei loro parametri

- Alcuni modelli DSGE possono essere esposti a deboli problemi di identificazione, che non potrebbero nemmeno essere risolti aumentando la dimensione del campione

I problemi di identificazione portano a stime distorte e sfavorevoli di alcuni parametri strutturali e non consentono di valutare correttamente il significato dei parametri stimati applicando teorie asintotiche standard.

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Stima

I problemi di identificazione, sopra discussi, influenzano in parte la stima dei modelli DSGE. Questi modelli sono molto difficili da stimare con il metodo della massima verosimiglianza (ML), perché lo stimatore ML fornisce risultati distorti e incoerenti, se il sistema non è in grado di fornire una rappresentazione soddisfacente dei dati. Ciò spiega perché le stime effettuate con questo metodo portano a dei risultati che non possono essere interpretati in ambito economico.

Una strategia utilizzata con i modelli DSGE, che segue l’approccio dell’informazione limitata, è quella di andare a calibrare i parametri più difficili da identificare, e stimare gli altri. Solitamente, questa strategia funziona solo nel caso in cui questi parametri sono impostati sui loro valori reali.

Infine, quello che sembra risolvere il problema della stima è il metodo Bayesiano: si aggiunge una funzione a quella della verosimiglianza, per andare ad ottenere un risultato migliore. Sfortunatamente, le funzioni di probabilità, prodotte dalla maggior parte dei modelli DSGE, sono piuttosto piatte. Allora, in questo caso, la calibrazione informale è una strategia più onesta e coerente internamente, per impostare un modello per esperimenti di analisi politica.

Valutazione

I modelli DSGE sono nati per andare a riprodurre, in modo stilizzato, la maggior parte dei fatti empirici. Si può, infatti, controllare:

i. Le variabili con tendenza ad un trend deterministico

ii. Se le variabili si integrano e i vettori di co-integrazione risultanti sono quelli previsti dal modello

iii. La consistenza delle risposte dinamiche

iv. La consistenza della matrice di covarianza degli errori di forma ridotta con quella trovata nei dati

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Recenti evidenze empiriche hanno dimostrato che, i sistemi economici non-lineari, possono condurre a differenti impatti delle politiche macroeconomiche secondo lo stato dell’economia. Nei modelli DSGE, gli effetti della politica monetaria e fiscale sono invarianti nel tempo, anche se l’economia si trova in un periodo di recessione.

La distribuzione della serie storiche macroeconomiche è ben approssimata dalla densità, e tipicamente per i modelli DSGE si assume che gli shocks seguano una distribuzione gaussiana. La distribuzione generata dai modelli DSGE ha delle code molto più strette, rispetto a quelle osservate per i dati reali.

Generalmente, si dà troppa attenzione all’identificazione della struttura del modello, senza testare la potenziale errata specificazione del modello statistico sottostante. Nel caso in cui la specificazione sia errata, l’esercizio di analisi politica perde di significatività.

Coloro che vanno a definire i modelli DSGE, tipicamente selezionano prima la serie di criteri empirici che i loro modelli dovrebbero andare a soddisfare, così da essere sicuri che poi saranno soddisfatte.

Solitamente vanno a confrontare i propri modelli con la ricchezza delle caratteristiche fondamentali della crescita sul ciclo economico capitalista, che i modelli DSGE non sono strutturalmente in grado di replicare.

2.4.3) Problema legato all’economia politica

Le assunzioni dei modelli DSGE non possono essere difese a lungo invocando argomenti come modelli parsimoniosi o corrispondenza dei dati. La serie di assunzioni dei modelli DSGE devono essere viste sulla base di come vanno ad influenzare le conclusioni politiche.

I modelli DSGE presumono dei RA (representative agent) dotati di aspettative razionali (rational expectations o RE), e che prendono decisioni razionali per andare a risolvere i problemi di programmazione dinamica. Ciò implica che:

1. Gli agenti conoscono perfettamente il modello dell’economia

2. Gli agenti sono abili a capire e risolvere tutti i problemi che gli si pongono davanti senza fare nessun errore

3. Gli agenti sanno che anche gli altri agenti si comporteranno secondo quando visto nei due punti precedenti

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Le aspettative razionali vengono inserite all’interno dei modelli DSGE per far sì che non vi sia incertezza al suo interno.

Le aspettative razionali fanno parte del sistema economico, la razionalità individuale però non è una condizione sufficiente per far sì che il modello converga al punto di equilibrio fissato con le RE.

Non è comunque possibile che tutti gli agenti siano in possesso delle informazioni richieste, affinché l’economia giunga all’equilibrio. Inoltre gli agenti potrebbero usare un modello sbagliato, e i dati a disposizione potrebbero non essere sufficienti per rifiutarlo.

Gli agenti razionali dovrebbero seguire l'euristica, poiché vanno sempre oltre le regole basate sulle aspettative razionali.

Ammesso che poi gli agenti seguano quanto suggerito dall’evidenza psicologica e sociologica, si possono costruire ulteriori modelli per andare a osservare meglio i fenomeni macroeconomici, inclusa anche la crisi.

L’assunzione di RA impedisce ai modelli DSGE di affrontare questioni distributive, che sono una delle più grandi cause della Grande Recessione e sono fondamentali per lo studio degli effetti delle politiche. In questo contesto, le questioni redistributive e politiche diverse hanno dei diversi impatti sull’economia, a seconda del gruppo per il quale sono designate.

I modelli DSGE inoltre non sono capaci di andare a spiegare la disoccupazione involontaria. Infatti, anche se sono stati sviluppati per studiare gli effetti sul welfare delle politiche macroeconomiche, la disoccupazione non è presente o deriva dalle frizioni del mercato del lavoro o dalla rigidità dei salari. In questo modelli, l’interazione tra imprese e lavoratori/consumatori impedisce di studiare l’emergere di fallimenti, che potrebbero portare ad un livello insufficiente della domanda aggregata o ad una disoccupazione involontaria.

Con il paradigma DSGE-neoclassico c’è una sorta di contraddizione interna:

• Da una parte abbiamo delle forti assunzioni: aspettative razionali, informazione perfetta e un completo mercato finanziario, che vengono introdotte a monte, per andare a fornire un trattamento matematico dei problemi rigoroso e formale, e per consentire raccomandazioni dal punto di vista politico.

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• Dall’altra parte, invece, molte imperfezioni (come prezzi definiti e consumatori che seguono la regola del pollice) sono state introdotte successivamente senza nessuna giustificazione teorica solo per allineare i modelli DSGE ai dati.

Questo processo potrebbe risultare dannoso: l’elevato livello di arbitrarietà dei modelli DSGE, nella specificazione degli shocks strutturali potrebbe lasciarli esposti alla critica di Lucas5, impedendo loro di essere utilizzati per l’analisi politica. Adottando delle assunzioni meno stringenti può contribuire a risolvere alcuni puzzle empirici senza l’introduzione di una serie di imperfezioni.

Un altro possibile problema è relativo a come si sviluppano i cicli economici nel quadro del modello. La teoria del ciclo economico inserita nei modelli DSGE è esogena, ovvero: l’economia resta nello stato stazionario finché non viene colpita da shocks stocastici endogeni. Come conseguenza, i modelli DSGE non spiegano il ciclo economico, ma preferiscono generarli come una sorta di meccanismo automatico. Questo, inoltre, potrebbe spiegare perché in tempi normali i modelli non sono capaci di abbinare molti fatti stilizzati del ciclo economico, o devono assumere shocks realmente correlati per produrre fluttuazioni simili a quelle osservate nella realtà.

Uno dei vantaggi dell’approccio dei modelli DSGE è la possibilità di derivare ottime regole politiche. Coloro che vanno a definire le regole politiche, adottano le regole politiche ottimali che sono soggette a costi certi ma a benefici incerti.

5 La critica di Lucas, riguarda la politica economica, in particolare le relazioni che si creano fra i parametri

che sembrano essere stabili, ma mutano in funzione dei cambi della politica economica, non posso considerare quindi dei dati strutturali nello studio dei fenomeni macroeconomici.

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39 Capitolo 3: Le Microfoundations

La critica relativa alle microfoundations può essere considerata come una fra le più importanti. In questo capitolo vediamo un’analisi relativamente e questa critica, facendo riferimento soprattutto agli elaborati di Stiglitz, Schoder, e De Grauwe che prendono la loro posizione rispetto a questa assunzione.

3.1) La teoria post-Keynesiana

L’ipotesi comportamentale alla base dei modelli è ancorata in osservazioni stilizzate empiriche come la funzione del consumo Keynesiana o quella dell’investimento Kaleckiana. La posizione presa da coloro che fanno parte dei post-Keynesiani è quella di fornire delle ipotesi razionali per le relazioni comportamentali postulate, il cosiddetto approccio razionale alla microfoundation.

C’è stato un lungo dibattito relativamente al comportamento razionale post-Keynesiano e, i riferimenti standard per la microfoundation della teoria post-Keynesiana.

Molti post-Keynesiani considerano la loro assunzione comportamentale ancorata a microfoundation coerenti che, in contrasto con l'economia ortodossa, non fanno affidamento sull'ottimizzazione intertemporale o sulle aspettative razionali.

Se le relazioni comportamentali non sono giustificate formalmente, vengono a mancare delle assunzioni fondamentali e si incorre nel rischio di risultare incoerenti.

Vedremo che le ragioni fornite nella letteratura post-Keynesiana sono mutualmente incoerenti o si basano su forti ipotesi. Invece di fornire motivazioni razionali per le loro relazioni comportamentali, il post-keynesiano dovrebbe prendere in considerazione la modellizzazione della microstruttura sottostante il loro modello macroeconomico. La critica, nel nostro caso, non riguarda il modello specifico usato, ma l'approccio convenzionale che serve per giustificare le relazioni comportamentali in generale.

Vediamo le mancanze dell’approccio razionale alla microfoundation:

1. Le motivazioni fornite in modo indipendente per diverse regole comportamentali, con lo stesso modello, corrono il rischio di risultare incoerenti

2. Vengono rilevate delle incongruenze comportamentali tra le regole postulate a livello macroeconomico, e le razionalità di livello microeconomico che vengono

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