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La teoria dell'immunizzazione finanziaria: un esempio di applicazione nel turbolento scenario del 2011

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e management

Corso di Laurea Magistrale in Banca, Finanza Aziendale e Mercati

Finanziari

Tesi di Laurea:

La Teoria dell’immunizzazione finanziaria: un esempio di

applicazione nello scenario macroeconomico del 2011

Relatore Candidato

Prof. Emanuele Vannucci Davide Frasca

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INDICE

Introduzione………5

CAPITOLO I LA TEORIA DELL’IMMUNIZZAZIONE FINANZIARIA 1.1 Definizione e Cenni storici………7

1.2 Le Obbligazioni……… 11

1.3 Valutazione degli investimenti: il valore attuale netto e il tasso interno di rendimento……… 15

1.4 Il Rischio di Tasso di Interesse……… 23

1.5 Il Concetto di Duration………. 25

1.6 Il Concetto di volatilità………31

1.7 Duration e Convexity……… 36

CAPITOLO II IL TEOREMA DI FISHER-WEIL 2.1 Definizione del teorema………39

2.2 Spiegazione di uno Shift………. 41

2.3 Introduzione al teorema di Fisher-Weil……… 44

2.4 Dimostrazione del teorema di Fisher-Weil………45

2.5 Implicazioni del teorema……… 48

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CAPITOLO III

UNA APPLICAZIONE PRATICA DEL TEOREMA DI FISHER-WEIL

3.1 Costruzione del Passivo……… 52

3.2 Costruzione del Portafoglio Italia……… 54

3.3 Ipotesi di uno Shift Additivo……… 60

3.4 Valutazione Post-Shift………. 61

3.5 Costruzione del Portafoglio Germania……… 63

3.6 Ipotesi di uno Shift Additivo………. 69

3.7 Valutazione Post-Shift………71

CAPITOLO IV VALUTAZIONE DELLA TENUTA DELL’IMMUNIZZAZIONE FINANZIARIA NELLA REALTA’ 4.1 Variazione di Valore del passivo………74

4.2 Ribilanciamento del Portafoglio Italia………75

4.3 Valutazione del Ribilanciamento in data 1/08/2011………77

4.4 Ribilanciamento del Portafoglio Germania……… 79

4.5 Valutazione del Ribilanciamento in data 1/08/2011………80

CAPITOLO V ANALISI DELLO SCENARIO MACROECONOMICO 5.1 Commento dei Risultati Ottenuti………84

5.2 Analisi dello Scenario Italiano………86

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Note integrative………. 96 Bibliografia………. 98

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INTRODUZIONE

Il presente elaborato rappresenta il culmine di un percorso universitario avvincente, stimolante ed interessante durato 5 anni.

Nel corso dell’ultimo anno di Laurea Magistrale ho seguito il corso di “Metodi per la valutazione e gestione del rischio”, il quale ha da subito attirato la mia attenzione ed il mio interesse.

Coerentemente a ciò ho deciso di sviluppare un argomento che è stato trattato diffusamente durante il corso sopracitato: il rischio di tasso di interesse e la teoria dell’immunizzazione finanziaria.

Fisher e Weil, mediante il loro teorema, hanno voluto definire un modello di costruzione del portafoglio con l’obiettivo di indicare all’investitore una strategia utile per salvaguardare il proprio investimento da eventuali variazioni dei tassi di interesse che potrebbero alterare in modo sfavorevole il valore dell’attivo e del passivo.

Nei primi due capitoli sarà data una definizione generale sulla teoria

dell’immunizzazione finanziaria e saranno analizzati e definiti alcuni concetti chiave che rappresenteranno il leitmotiv del presente elaborato. Sto parlando di strumenti finanziari quali obbligazioni, concetti come la Duration (o durata media finanziaria), il VAN e il TIR di un progetto di investimento, la volatilità e la convexity.

Nei capitoli III e IV sarà effettuata una applicazione pratica della teoria

dell’immunizzazione finanziaria. Per farlo è stato utilizzato uno stesso ammontare di passivo, con due diverse strategia di copertura dal rischio di tasso di interesse, una con BTP e l’altra con BUND tedeschi. Successivamente sarà valutata la tenuta dell’immunizzazione finanziaria nella realtà sulla base dei prezzi e dei rendimenti effettivamente riscontrabili sul mercato.

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Nella parte finale del lavoro saranno commentati i risultati ottenuti e sarà effettuata una analisi dello scenario macroecnomico relativo al periodo scelto per

l’applicazione del teorema con una carrellata di highlights economico finanziari riguardanti il nostro paese.

Un sincero ringraziamento al Professor Emanuele Vannucci per le nozioni trasmesse nel suo corso e per la disponibilità e cordialità mostrate durante la stesura del seguente elaborato.

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CAPITOLO I

LA TEORIA DELL’IMMUNIZZAZIONE FINANZIARIA 1.1 DEFINIZIONE E CENNI STORICI

Con il termine immunizzazione finanziaria si intende una metodologia matematica finalizzata a neutralizzare gli effetti della variazione del tasso di valutazione su di un portafoglio attivo (crediti) o passivo (debiti). L'immunizzazione finanziaria è quindi una tecnica che è stata sviluppata per cercare di strutturare le attività e le passività in modo da ridurre o addirittura eliminare le possibili perdite causate da

cambiamenti nel livello dei tassi d'interesse. In sostanza la teoria fornisce un metodo di copertura dal rischio di tasso di interesse (interest rate risk).

Quindi, possiamo anche dire che, tramite un’opportuna scelta di portafoglio è possibile ridurre l’interest rate risk di un portafoglio. In particolare si parla di strategie di immunizzazione quando l’obiettivo del gestore di portafoglio consiste nel minimizzare la variazione complessiva del valore del portafoglio al variare dei rendimenti (si parla anche di strategie neutral hedge).

Nella prassi operativa molte istituzioni finanziarie hanno delle uscite collegate all’andamento dei rendimenti di mercato e allo stesso tempo detengono titoli, ad esempio obbligazioni, nel loro portafoglio, il cui rendimento fornisce le risorse finanziarie per le uscite. Queste istituzioni quindi sono interessate ad una

composizione del proprio portafoglio che le immunizzi da eventuali modifiche nei rendimenti, ossia che le immunizzi dall’interest rate risk.

Per interest rate risk si intende la perdita che, a seguito di un investimento, può essere subita a causa del missmatching delle poste dell’attivo e del passivo. La teoria dell’immunizzazione finanziaria si pone dunque l’obiettivo di istruire alla copertura dal rischio in ipotesi di fluttuazione del tasso d’interesse cercando di determinare posizioni finanziarie che varino in maniera opposta, tale che la perdita generata dall’una sia neutralizzata dal guadagno ottenuto dall’altra.

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L’ipotesi fondamentale che sottende i teoremi dell’immunizzazione finanziaria è che la struttura dei tassi evolva per shift additivi di tipo aleatorio.

L’intero metodo si muove però dall’incertezza delle fluttuazioni del tassi nel futuro. Di fronte all’incertezza si apre un divario: si parla di teoria dell’immunizzazione stocastica quando si prospettano tutte le possibili ipotesi sugli accadimenti secondo il calcolo delle probabilità, e si tratta di un metodo definito “adeguato e corretto”; si parla invece di teoria dell’immunizzazione deterministica approcciandosi al tema con un metodo definito “semplicistico e distorto” in cui si intende ragionare sulla base di un’unica ipotesi scelta come l’ipotesi più probabile tra tutte le altre. La genesi dell’applicazione del calcolo delle probabilità nella valutazione di portafogli finanziari si fa risalire a Luis Bachelier (1900) in uno studio sulla teoria della speculazione.

Il lavoro di Bachelier conduce al lavoro di numerosi matematici e economisti quali Wiener (1923), Kolmogorov (1931), Ito (1950), Black e Scholes e Merton (1973).

Norbert Wiener (Columbia, 26 novembre 1894 – Stoccolma, 18 marzo 1964) è stato un matematico e statistico statunitense. La sua fama è dovuta principalmente alle ricerche effettuate sul calcolo delle probabilità ma soprattutto per gli sviluppi dati alla teoria dell'informazione essendo riconosciuto come il padre della

cibernetica moderna. Un processo di Wiener è un processo stocastico gaussiano in tempo continuo con incrementi indipendenti ed è usato per modellizzare il moto browniano e diversi fenomeni casuali osservati nell'ambito della matematica applicata, della finanza e della fisica. Il processo di Wiener ricopre un ruolo importante anche in matematica pura, dove diede vita allo studio della

Martingala a tempo continuo, che risultò fondamentale per la descrizione e la modellizzazione di processi stocastici più complessi. Per questo tipo di processo ricopre un ruolo vitale nel calcolo stocastico, nei processi di diffusione e anche nella teoria del potenziale.

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che determina il passaggio ad uno stato di sistema dipende unicamente dallo stato di sistema immediatamente precedente (proprietà di Markov) e non dal come si è giunti a tale stato (in quest'ultima ipotesi si parla di processo non markoviano). Francis Sowerby Macaulay (1862 – 1937), matematico inglese, diede un

significativo contributo allo studio della matematica finanziaria. Nel 1916 pubblicò “The Algebraic Theory of Modular Systems” che ebbe una grande influenza nei successivi studi sulla geometria algebrica: a lui si deve la definizione di duration, chiamata anche Macaulay duration.

Nel periodo storico a ridosso della seconda guerra mondiale, un giapponese, Kiyoshi Itō, sviluppò le sue idee sull’analisi stocastica pubblicandole in molti importanti articoli. Itō è ampiamente noto come il fondatore della moderna teoria delle equazioni differenziali stocastiche, per la quale oggi si usa comunemente anche il nome di calcolo di Itō o calcolo stocastico. L'oggetto principale della sua analisi è l'integrale di Itō, o integrale stocastico; tra i risultati derivati è ricordato il Lemma di Itō, risultato che facilita la comprensione di eventi casuali. Tale teoria è ampiamente applicata, ad esempio, alla matematica finanziaria. “In strutture matematiche perfettamente costruite, i matematici trovano lo stesso tipo di bellezza che altri trovano in brani musicali incantevoli, o in architetture”. La possibilità di controllare il rischio connesso all’aleatorietà del valore di un portafoglio finanziario attraverso il “principio di compensazione” fu alla base del lavoro di Harry Markowitz, economista statunitense, vincitore, insieme a Merton Miller e William Sharpe, del premio Nobel per l'economia nel 1990.

Nel 1952 sviluppò la portfolio theory, basandola proprio sul concetto di

diversificazione e compensazione, già introdotto in un articolo dal de Finetti nel 1940; la teoria indica come misurare il rischio dei vari strumenti finanziari e come combinarli in un portafoglio per ottenere il rendimento massimo per un

determinato rischio. Si basa pertanto sulla compensazione dei rischi stessi: il rischio indotto dall’aleatorietà dei valori dei titoli azionari può essere controllato selezionando un numero “sufficientemente grande” di titoli con rendimenti poco correlati tra loro – “the lower correlation among security return, the greater the

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impact of diversification” .

I limiti della teoria di Markowitz si estrinsecano in presenza di un portafoglio composto da contratti interest rate sensitive, poiché il valore dei flussi che lo

compongono dipende dal tasso di interesse e dalle sue variazioni e pertanto i rischi connessi risultano altamente correlati.

Nel 1973 Black, Scholes e Merton occupano lo scenario con la “Option pricing theory” fornendo la soluzione al calcolo di contratti put e call su azioni. La formula di Black e Scholes, basata sull’andamento del moto browniano1 dei prezzi e in

un’ipotesi di assenza di arbitraggio, ha assunto e assume ancora oggi un ruolo determinante nelle realtà accademiche. Secondo questa formula il valore dell’opzione si ricava da un’equazione differenziale con derivate parziali.

Inizialmente si sosteneva che un titolo obbligazionario, a differenza di un’azione, fosse più semplice da valutare perché i flussi derivanti da quell’investimento erano già stabiliti per contratto (cedole e capitale). Gli aggiustamenti per il rischio si riferivano solo al rischio di default dell’emittente o al rischio di rimborso anticipato. Tradizionalmente quindi il pricing di un titolo obbligazionario proveniva da un calcolo matematico e non dalla variabilità dei tassi di interesse nel tempo. Con il passare degli anni però la variabilità dei prezzi e dei rendimenti dei titoli

determinata da mercati sempre più turbolenti e da uno scenario macro sempre più dinamico e mutevole trasformò le operazioni definite non rischiose in speculative. Per la prima volta si attribuisce ai titoli obbligazionari la valenza di titoli rischiosi. L’aleatorietà del valore del titolo può quindi essere attribuita alle variazioni, cioè shift, della struttura per scadenza dei tassi di interesse. Ecco che l’interest rate va a colpire l’intero paniere degli investimenti. Intendiamo da qui in avanti i contratti non azionari come contratti interest rate sensitive, si tratta cioè di contratti il cui valore dipende dalla scadenza dei tassi di interesse e che vengono gestiti con la logica di asset liability management2.

Un primo utilizzo del termine “immunizzazione” riferito appunto a portafoglio interest rate sensitive, viene fatto risalire a Frank Redington, attuario inglese conosciuto

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Il teorema dell’immunizzazione fu sviluppato inizialmente da Redington (1952) come strumento per mantenere il valore delle attività in linea con quelle delle passività. Negli anni ’70 i tassi di interesse subirono delle forti oscillazioni ed è per questo motivo che si diffuse largamente la teoria dell’immunizzazione. Oltre al caso considerato da Redington, gli esempi di utilizzo più frequenti riguardano fondi

pensione a prestazione definita, società di investimento, banche d’affari. Un’analisi dell’immunizzazione fu anche sviluppata da Ronald Alme Fisher, statistico e

matematico inglese (1890-1962) e André Weil, matematico francese (1906 – 1998) che introdussero nel loro teorema l’ipotesi di shift additivi. La strategia di

immunizzazione di Fisher e Weil è stata proposta per superare il criterio secondo cui attivo e passivo devono avere la stessa maturità (maturity matching). Del teorema di Fisher-Weil parleremo diffusamente nel secondo capitolo, prima ci concentreremo nel definire alcuni princìpi ed alcuni concetti cardine di matematica finanziaria che andranno a costituire il leitmotiv nella stesura dell’intero elaborato.

1.2 LE OBBLIGAZIONI

Le obbligazioni (bond) sono strumenti finanziari che trovano ampio spazio nei moderni mercati finanziari. In genere si considerano come attività finanziarie a minor rischio rispetto alle azioni perché prevedono generalmente un rimborso fisso alla scadenza predeterminato al momento dell’acquisto e alcune dei pagamenti periodici di importo prefissato (cedole o coupon). Il rischio sopportato da chi acquista un’obbligazione risiede quindi nella possibilità che l’emittente non possa far fronte ai suoi impegni e nell’eventuale necessità di dover vendere prima della scadenza l’obbligazione acquistata e sopportare per questo un’eventuale perdita in conto capitale, ad esempio perché il mercato secondario per tale tipo di

obbligazione risulta poco liquido (l’investitore sopporterà quindi il cosiddetto costo di illiquidità).

L’obbligazione costituisce dunque un titolo che rappresenta un debito per l’ente emittente e, per converso, garantisce al portatore i diritti previsti dal contratto

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(misura degli interessi, modalità di rimborso, scadenza dei pagamenti, eventuale conversione in azioni e altri diritti accessori).

La distinzione tra obbligazione ed azione è netta, almeno in prima approssimazione.

L’azione rappresenta un titolo di partecipazione al capitale sociale che conferisce al legittimo possessore lo status di socio e, quindi, il diritto di partecipare alla gestione dell’impresa, oltre che ai risultati positivi e negativi ottenuti dalla medesima. Sotto quest’ultimo aspetto, si tratta infatti di un titolo a reddito variabile, dal momento che la remunerazione è correlata sia alla capacità dell’impresa di raggiungere un

risultato economico positivo che alla volontà dell’assemblea ordinaria di distribuirlo totalmente, parzialmente oppure di non distribuirlo per niente affidandosi, ad

esempio, a più lungimiranti strategie di autofinanziamento.

L’obbligazione è invece un titolo a reddito fisso che attribuisce al creditore una remunerazione periodica fissa, variamente configurata al momento dell’emissione del prestito, e il rimborso del valore nominale del capitale prestato.

Dal punto di vista fiscale l’interesse guadagnato con le obbligazioni è reddito imponibile e il sottoscrittore deve pagare una porzione di interessi guadagnati (12,50%).

Alcune definizioni

Nel seguito definiamo alcuni concetti relativi ad un’obbligazione. In primis abbiamo la data di scadenza (maturity date), che indica la data in cui l’obbligazione verrà rimborsata. L’importo di tale rimborso prende il nome di valore facciale (face value) ed eventuali pagamenti prima della scadenza sono chiamate cedole (coupons). Un’altra importante caratteristica dell’obbligazione sono i diritti che ha il detentore dell’obbligazione nel caso di fallimento (default) dell’emittente. Generalmente tali diritti trovano una specificazione nel contratto ovvero nelle norme del codice civile. Vediamo adesso nello specifico alcune di queste caratteristiche.

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Definito un periodo T in cui scade l’obbligazione ed indicato il periodo corrente con t, abbiamo che la vita dell’obbligazione o il tempo alla scadenza (time to maturity) dell’obbligazione è definito da τ = T − t. Il periodo T potrebbe essere finito, infinito o a scelta degli operatori. Esaminiamo adesso alcuni dei tipi più comuni di

obbligazioni:

• i callable bond sono obbligazioni in cui l’emittente (issuer) può terminare il contratto di obbligazione prima di T. In termini più tecnici si dice che tale

obbligazione è l’insieme di un’obbligazione standard più un’opzione call (call option) da parte dell’emittente.

• Le obbligazioni convertibili (convertible bonds) sono invece obbligazioni che danno il diritto a chi le ha sottoscritte di scegliere alla scadenza o il pagamento del valore facciale o lo scambio con un’altra attività, ad esempio con un dato numero di azioni. In tal caso l’obbligazione è l’insieme di un’obbligazione che prevede un pagamento in contanti pari al valore facciale o di un’acquisto di un certo numero di azioni ad un prezzo prefissato a discrezione del detentore dell’obbligazione.

• Le obbligazioni perpetue (perpetuities) sono obbligazioni in cui non esiste una data finale. Tali obbligazioni sono un caso particolare di annuity, ossia obbligazioni il cui valore facciale è zero ma che danno diritto a pagamenti periodici per un certo periodo di tempo o fino alla realizzazione di un dato evento (ad esempio finché il sottoscrittore è in vita o lo Stato non fallisce). Esistono poi obbligazioni perpetue che possono però essere rimborsate o, più facilmente, convertite in un altro titolo di debito, come avviene generalmente quando si attraversano periodo di tassi di interesse eccezionalmente bassi.

• I sinking funds sono poi obbligazioni che obbligano l’emittente a rimborsare le proprie obbligazioni in un certo periodo di tempo tramite l’acquisto di altre obbligazioni al prezzo corrente di mercato.

• Le obbligazioni indicizzate sono titoli obbligazionari in cui gli interessi periodici e/o il valore di rimborso dipendono dall'andamento di un parametro di riferimento. Le obbligazioni indicizzate sono titoli di debito a rendimento variabile. La variabilità

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può interessare la componente interessi, ossia le cedole periodiche, oppure il rimborso in conto capitale (oppure entrambe).

Mediante tale meccanismo le variazioni subite da uno o più parametri di riferimento si riflettono, totalmente o parzialmente, sull'ammontare dei flussi percepiti

dall'obbligazionista.

In funzione della natura del mercato di riferimento, il parametro di indicizzazione può essere:

• finanziario, nel caso in cui il bene osservato è una attività finanziaria quale, ad esempio, un titolo, un tasso, un indice, oppure un parametro di natura monetaria; • valutario, nel caso in cui la variabilità dipenda dall'andamento del rapporto di cambio tra due monete ovvero tra una moneta e un insieme di altre monete (paniere);

• reale, nel caso in cui si osservino mutamenti intervenuti nei prezzi riferiti al più generale settore dell'economia produttiva (indici generali) oppure ad uno o più mercati, singolarmente considerati, di beni, merci o servizi (indici specifici). Cedole

In generale è possibile avere obbligazioni che pagano cedole annuali, semestrali o, nessuna cedola. La cedola può essere predeterminata oppure variabile, per

esempio dipendente dal tasso di inflazione. Le obbligazioni zero-coupon sono quelle che non pagano alcuna cedola e prevedono il rimborso del valore facciale alla scadenza.

Fallimento

In caso di fallimento (default) dell’emittente il contratto di debito può prevedere varie opzioni. Ad esempio esistono tipi di obbligazioni che hanno dei privilegi

rispetto ad altre obbligazioni in caso di fallimento (senior debt) o che sono collegate a garanzie accessorie i cosiddetti collaterali (collateral), che permettono al

possessore dell’obbligazione di essere maggiormente tutelato. Esistono un certo numero di agenzie di rating (ad esempio Moody’s o Standard & Poor) che stimano le probabilità di fallimento dell’emittente di obbligazioni.

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Questo tipo di obbligazioni sono molto comuni nei mercati finanziari e molto

studiate dalla letteratura perché le loro caratteristiche possono essere espresse per mezzo di due soli valori, il valore facciale m e la data di rimborso T. In effetti, la variabile rilevante non è tanto la data del rimborso ma la time to maturity, ossia n = T − t, dove t indica il periodo corrente.

Definito il prezzo di mercato oggi con pm, allora il rendimento spot (spot yield) yn è definito come il rendimento medio che si riceve ogni periodo se tenessimo

l’obbligazione fino alla sua scadenza, ossia: m= 1/n

yn= pn −1.

1.3 VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI: IL VAN E IL TIR

La valutazione degli investimenti consiste nell'attività di pianificazione che viene effettuata per verificare l'impatto di un determinato progetto di investimento sul piano economico e finanziario. Si possono utilizzare due principali metodologie: il valore attuale netto e il tasso interno di rendimento.

Nei mercati finanziari i tassi sono un modo alternativo per esprimere i prezzi di mercato. Il rendimento non è di certo l’unico elemento di valutazione di un titolo, ma consente di sintetizzare gran parte delle informazioni oggettive su di esso

consentendo così il confronto tra valori mobiliari che presentano caratteristiche differenti.

Da un punto di vista definitorio il TIR, detto anche internal rate of return, è il Tasso di attualizzazione che rende nullo il valore attuale di un investimento ed è utilizzato per la valutazione di attività finanziarie e reali.

Il tasso di rendimento interno eguaglia il valore attuale dei flussi di cassa attesi in uscita al valore attuale dei flussi di cassa attesi in ingresso. Il calcolo del tasso di rendimento interno viene utilizzato per valutare la convenienza o meno di un

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investimento: si confronta il tasso di rendimento interno con un tasso di rendimento soglia, detto tasso di accettazione o cut-off rate. Conviene effettuare l'investimento se il tasso di rendimento interno è maggiore del tasso di accettazione.

In altre parole è quel tasso che fa coincidere il prezzo delle obbligazioni con la somma dei valori attuali dei flussi cedolari e del rimborso a scadenza.

Il rendimento di un titolo, nell’ipotesi di cessione o di rimborso a scadenza, non comprende la sola componente interesse ma include anche il guadagno o la

perdita in linea capitale e il reinvestimento dei frutti intermedi. Il rendimento globale è rappresentato da:

-rendimento cedolare (componente di reddito staccato, sempre positivo salvo il caso di titoli zero-coupon in cui è nullo);

-rendimento (positivo o negativo) legato allo scarto fra il prezzo di acquisto del titolo e il prezzo di cessione dello stesso mediante vendita o rimborso a scadenza (utile o perdita in c/capitale, componente di reddito incorporato);

-rendimento derivante dal reinvestimento delle cedole.

Il TIR ha il pregio di sintetizzare in un unico indicatore tutte le variabili che incidono sulla redditività dei titoli; tuttavia la verifica ex post dei frutti ottenuti può essere ben differente dal valore calcolato ex ante:

-il dato ipotizza che tutti i flussi staccati siano reinvestiti; l’ipotesi non è realistica (l’importo della cedola non è sempre reinvestibile, ad esempio perché inferiore al taglio minimo negoziabile);

-il calcolo presuppone una struttura dei tassi piatta e immodificabile; in tale ipotesi i tassi di reinvestimento delle cedole staccate in tempi diversi sono sempre identici e pari al rendimento effettivo calcolato ex-ante.

L’ipotesi crea un’immediata distorsione fra i titoli con lo stesso godimento cedolare, in quanto il mercato di fatto formula ipotesi di reinvestimento a tassi diversi in

funzione del rendimento del titolo.

In realtà la curva dei tassi non solo indica rendimenti diversi per scadenze diverse, ma fluttua nel corso del tempo, modificandosi per posizione e/o inclinazione.

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Limiti del TIR

Inapplicabilità in presenza di inversione di segno nei flussi di cassa di un progetto, poiché ci possono essere più valori che risolvono l’equazione. Questa situazione potrebbe verificarsi, per esempio, in operazioni di Private Equity dove è plausibile avere round di finanziamenti dilazionati nel tempo.

Necessità che i flussi intermedi vengano reinvestiti a un tasso pari al TIR, poiché questa è l’ipotesi fondamentale sottostante l’uguaglianza che si vuole risolvere. Se ciò non avviene, il valore del TIR perde significato e non indica più il tasso di

rendimento dell’intero progetto.

Impossibilità di comparare due investimenti alternativi con scala dimensionale diversa, poiché non paragona i valori attuali netti dei due investimenti espressione della ricchezza addizionale netta dell’iniziativa. Per cui potrebbe accadere che un progetto di piccole dimensioni con un TIR molto elevato abbia un VAN inferiore ad un progetto di grandi dimensioni con un TIR modesto.

Il TIR non gode della proprietà additiva a differenza del VAN per il quale valore attuale netto di un investimento C, che è pari alla somma tra due investimenti A e B, corrisponde alla somma dei valori attuali netti dei due investimenti.

Ovvero: VAN(C) = VAN (A) + VAN (B) quando C=A+B.

E’ necessario sottolineare infine che il TIR non prende in considerazione il costo del capitale (WACC)3, poiché tutti i flussi positivi e negativi sono scontati al TIR stesso,

il WACC assume semplicemente il ruolo di termine di raffronto.

Quando il TIR è superiore al WACC allora il rendimento del progetto considerato eccede il relativo costo dei finanziamenti e si genera ricchezza incrementale. Quando il TIR risulta inferiore al WACC allora la realizzazione del progetto imporrebbe il sostenimento di costi di finanziamento che non potrebbero essere compensati dai flussi successivamente generati. Perciò in quest’ultimo caso l’investimento non si dovrebbe fare.

Tornando al calcolo del TIR, noto il prezzo, la durata, il valore nominale e la cedola è possibile calcolare il tasso di rendimento interno risolvendo l’equazione del VAN con i tale che il valore del VAN sia pari a zero.

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VAN= -CF0 + CF1/(1+i) + CF2/(1+i)^2 +…+ CFn/(1+i)^n=0

Dove:

1,2,..,n: scadenze temporali;

CF: flusso finanziario (positivo o negativo) al tempo 1,2,..,n.

Il tasso interno di rendimento è dunque un indicatore della redditività di un titolo che ci consente di analizzare, grazie alla sua sintesi, le variazioni intervenute sui

rendimenti dei titoli. Queste variazioni sono indotte da alcuni fattori principali:

• La maturity: intesa come il periodo in cui il sottoscrittore del titolo potrà godere dei flussi di cassa da esso generati;

• Il rischio di default dell’ente emittente, cioè il rischio che esso risulti in qualche modo inadempiente;

• Il tasso “risk free” che descrive l’andamento del mercato.

Se ci concentriamo sui titoli emessi dagli Stati, o da altre istituzioni per le quali si può assumere un rischio di default molto basso, se non nullo, siamo in grado di descrivere l’evoluzione dei tassi di interesse che esprimo il loro rendimento in funzione della sola maturity del titolo. Otteniamo, in questo modo, una curva che associa a ogni scadenza un rendimento atteso nel computo del quale è contenuta anche la parte “risk free”.

Questa curva viene detta struttura per scadenza dei tassi di interesse e può essere crescente, quando i tassi di interesse a lungo termine sono maggiori di quelli a breve termine; decrescente quando sono i tassi di interesse a breve termine ad essere superiori rispetto a quelli a lungo termine; piatta (o flat) quando i tassi dei diversi fronti temporali coincidono.

Esistono poi casi in cui la struttura per scadenza dei tassi di interesse si presenta come una serie di tratti con pendenza differente.

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Il rischio e la liquidità possono influenzare i tassi d’interesse. Insieme a questi fattori anche la scadenza delle obbligazioni riveste un ruolo cruciale per determinare l’andamento della curva dei rendimenti. La curva dei rendimenti descrive, come anticipato, la struttura per scadenza dei tassi d’interesse in riferimento ad una particolare tipologia di titoli quali i titoli di Stato. In base all’andamento dei tassi d’interesse determinati in funzione delle diverse scadenze la struttura può assumere varie inclinazioni: può essere piatta, crescente o decrescente.

Un’inclinazione positiva indica che i tassi di interesse a lungo termine hanno un valore superiore a quelli a breve termine; viceversa nel caso di inclinazione

negativa sono i tassi a breve termine ad essere superiori a quelli a lungo termine. Infine, nel caso di curva “piatta”, i tassi d’interesse a lungo termine e a breve termine risultano allineati.

Empiricamente risultano dei fattori “tipici” che caratterizzano le curve dei rendimenti:

-le curve sono tendenzialmente crescenti;

-i tassi di interesse su obbligazioni diverse tendono a muoversi insieme;

-nel caso che i tassi di interesse a breve termine siano bassi, con molta probabilità avremo curve di rendimento con un’inclinazione positiva; viceversa nel caso

opposto.

Le teorie più accreditate per spiegare la struttura per scadenza dei tassi di interesse sono: la teoria delle aspettative, la teoria della segmentazione del mercato e quella del premio per la liquidità.

La teoria delle aspettative si basa sulla concezione secondo cui il tasso d’interesse su un’obbligazione a lungo termine sarà uguale alla media dei tassi di interesse a breve termine che i risparmiatori si aspettano di ricevere durante la vita

dell’obbligazione. Le ipotesi sottostanti questa teoria sono l’indifferenza degli investitori per obbligazioni di una scadenza rispetto a un’altra; le obbligazioni risultano pertanto sostituti perfetti.

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In altre parole: se consideriamo un arco temporale costituito da 3 epoche (t, s e n, con t< s< n), secondo la teoria delle aspettative pure deve necessariamente valere:

[1+ i (t,n)]n-t = [1+i(t,s)]s-t * [1+i(s,n)]n-s.

La teoria delle aspettative spiega alcuni fattori che caratterizzano la curva dei rendimenti come ad esempio perché i tassi su titoli con scadenze differenti si muovono nella stessa direzione e perché, se i tassi di breve periodo sono bassi, è più facile che la curva sia inclinata positivamente ma, d’altra parte non riesce a fornire una spiegazione del tipico comportamento della curva dei rendimenti: l’inclinazione positiva.

La teoria della segmentazione del mercato considera i mercati delle obbligazioni con scadenze diverse come mercati completamente separati. All’interno del mercato della singola obbligazione il tasso d’interesse sarà determinato dalla domanda e dall’offerta di quella singola obbligazione indipendentemente dai rendimenti delle altre con scadenze differenti. Quest’argomentazione si basa sul presupposto secondo cui gli investitori hanno preferenze per le obbligazioni con una determinata scadenza, cosicché la classe di investitori che ha un orizzonte temporale breve preferirà avere nei propri portafogli obbligazioni a breve termine. In genere le obbligazioni a lungo termine hanno prezzi inferiori e tassi di rendimento maggiori, per cui la curva dei rendimenti ha, nella maggioranza dei casi, una inclinazione verso l’alto.

In altre parole: se consideriamo un arco temporale costituito da 3 epoche (t, s e n, con t< s< n), secondo la teoria delle aspettative pure deve necessariamente valere: [1+ i (t,n)]n-t = [1+i(t,s)]s-t * [1+i(s,n)]n-s.

Da questo assunto deriva anche un’importante implicazione per la politica

monetaria, ossia che le operazioni della Banca Centrale su obbligazioni a breve non riescono ad influenzare gli spot yield delle obbligazioni a lunga. Questa teoria

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un’inclinazione positiva della curva dei rendimenti. Tuttavia non riesce a spiegare né la sincronia degli spostamenti della curva, né perché a spot yield a breve molto elevati corrisponda di norma una curva dei rendimenti decrescente.

La teoria della preferenza per la liquidità e dell’ambiente preferito sostiene che nello spiegare gli spot yield di obbligazioni con diversa maturity bisogna tenere in

considerazione la preferenza di liquidità degli operatori e delle diverse condizioni di domanda ed offerta per le obbligazioni con maturity diverse. In particolare, la teoria della preferenza per la liquidità afferma che gli spot yield delle obbligazioni mano a mano che aumenta la loro maturity devono riflettere un premio di liquidità (liquidity premium) o un premio a termine (term premium) a seguito del maggior rischio del tasso di interesse.

In sostanza si sostiene che in equilibrio lo spot yield di un’obbligazione con maturity n debba incorporare un premio di liquidità o a termine (ln,t), che è crescente in n, come riflesso del maggior rischio di tasso di interesse sopportato dagli operatori all’aumentare di n.

La teoria del premio per la liquidità viene quindi rappresentata così:

Se gli spot yield seguono l’Equazione, allora dovremo osservare, come infatti accade, che gli spot yield delle obbligazioni, ceteris paribus, crescano all’allungarsi della maturity. Un punto debole della teoria della preferenza per la liquidità è che lascia indeterminati l’andamento dei premi della liquidità, se non la restrizione che siano crescenti rispetto alla maturity. Quindi la teoria può facilmente accomodarsi ai dati, ma è difficilmente

sottoporla a verifica di falsicabilità.

La teoria dell’ambiente preferito parte da premesse diverse ed in qualche modo rappresenta un completamento della teoria della preferenza per la liquidità. In generale essa assume che gli investitori abbiano preferenze diverse sulla maturity

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delle obbligazioni (un diverso ambiente preferito); in particolare chi acquista obbligazioni ha preferenze per maturity brevi, mentre chi le vende per maturity lunghe. In questa situazione allora per convincere gli investitori a detenere

obbligazioni a lunga il rendimento di queste deve essere superiore al rendimento delle obbligazioni a breve. E tale differenza deve crescere al crescere della maturity, come stabilito dall’Equazione. In questo ambito il premio di liquidità è quindi spiegato in termini di eterogeneità nelle preferenze degli investitori.

Nella Figura abbiamo riportato un’illustrazione della teoria della preferenza della liquidità e dell’ambiente preferito nel caso in cui si prevedano rendimenti annuali costanti nel tempo.

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Rimane invariata la conclusione tratta precedentemente che una curva dei rendimenti decrescente trova la sua unica spiegazione in un’aspettativa di diminuzione degli spot yield futuri, mentre una curva dei rendimenti solo

moderatamente crescente può significare invarianza degli spot yield futuri e non, come la teoria delle aspettative suggeriva, una crescita delle stessi.

Infine è da osservare che le teorie fin qui esposte hanno fornito una cornice analitica sulla relazione fra gli spot yield a diverse scadenze, ma nulla è detto sul loro livello assoluto, ossia sappiamo come si devono muovere tra loro gli spot yield per rispettare il Principio di Arbitraggio, ma non sappiamo a che livello si

posizioneranno. Ad esempio nulla è detto del perché gli spot yield a breve possono risultare più elevati di quelli a lunga e viceversa.

1.4 IL RISCHIO DI TASSO D’INTERESSE

In linea del tutto generale il rischio di tasso di interesse può essere definito come l'esposizione a variazioni sfavorevoli dei tassi d'interesse che modificano il valore dei contratti finanziari posti in essere.

Volendo entrare in termini più specifici possiamo dire che lo studio del rischio di tasso di interesse ha origini molto antiche, e nonostante la determinazione nel definirlo ed eliminarlo ancora oggi occupa uno spazio rilevante nella disciplina

finanziaria. L’ultimo riferimento si trova nella circolare 285 del 2013 che rappresenta il momento italiano di rendimento di Basilea 3. Secondo questa normativa il rischio di tasso di interesse può essere collocato nel primo pilastro se si tratta di

obbligazioni, rientra invece nel pillar 2 se si fa riferimento a prestiti e depositi. Il Rischio di tasso di interesse sul Banking Book (identifica quella parte del bilancio bancario relativa all’intermediazione creditizia) parte dal presupposto che vi è un disallineamento nelle scadenze delle attività e delle passività e si manifesta

attraverso la variazione del tasso di interesse che comporta la rinegoziazione delle passività antecedente alla rinegoziazione della attività. A seconda di come si muove il tasso di mercato, si avrà un impatto positivo o negativo sugli interessi attivi e

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passivi e quindi sul margine di interesse. Uno studio più approfondito fa vedere come tutto questo interessi anche il valore di mercato del patrimonio netto perché, in virtù delle modifiche del tasso di interesse cambia l’attualizzazione dei valori delle attività e delle passività e quindi i loro valori di mercato.

Tornando ad un’ottica tipicamente rivolta all’attività di intermediazione finanziaria ,il tasso di interesse assume un ruolo centrale non solo per valutare il rischio a cui è esposto l’investitore nell’effettuare un determinato affare, ma anche per

determinare il prezzo da attribuire al titolo. Il prezzo del titolo, in questo caso parleremo di obbligazioni, può essere calcolato tramite la formula matematica di attualizzazione di un importo futuro. Uno dei princìpi fondamentali della finanza sostiene che “una somma oggi vale di più di una somma domani”, perché si considera l’aleatorietà della somma di domani, ma soprattutto la possibilità di investire la somma attuale ottenendo dei profitti.

Pe comprendere bene il concetto è possibile scomporre i flussi derivanti dal titolo individuando le componenti che incidono sul valore dell’obbligazione:

• il flusso cedolare che determina la remunerazione del titolo; • il flusso finale che rappresenta il rimborso a scadenza del titolo.

Sommando queste due parti è possibile ottenere il cosiddetto “prezzo tel-quel” di una obbligazione negoziata sul mercato. Le quotazioni sono invece espresse in termini di “corso secco”, si tratta di un Prezzo di negoziazione di un titolo che non tiene conto del valore dei diritti accessori (il rateo di interesse nel caso delle obbligazioni o i dividendi maturati nel caso delle azioni).

La più grande minaccia economica per le obbligazioni è rappresentata dall’aumento del tasso di interesse. Chiaramente questo cambia prospettiva se si decidesse di tenere il titolo fino alla scadenza in quanto il valore nominale viene interamente corrisposto a scadenza. Se si decidesse, invece, di acquistare i titoli in un’ottica più contingente, acquistandoli a prezzi bassi per rivenderli a prezzi maggiorati, allora i tassi di interesse assumono un’importanza diretta. I prezzi delle obbligazioni si

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muovono in modo inversamente proporzionale ai tassi di interesse: quando i tassi di interesse salgono i prezzi delle obbligazioni scendono e viceversa.

La relazione inversa tra tassi e prezzo dei bond è di tipo matematico, ma è

giustificabile anche in via intuitiva: supponiamo che all'atto della sottoscrizione di un titolo a reddito fisso, per esempio un Bot, i tassi sul mercato monetario siano al 2%. Che cosa accade se, dopo un mese, i tassi di interesse salgono al 2,5%? A naso è lecito attendersi che il valore dei titoli acquistati in precedenza diminuisca, visto che ora chi vuole sottoscrivere un Bot può spuntare un rendimento del 2,50% a fronte del 2% delle obbligazioni acquistate. L'unico modo per far sì che le obbligazioni più datate possano competere con le nuove è che il prezzo delle prime diminuisca, dato che la loro remunerazione nominale è costante nel tempo.

Questo rischio, detto di prezzo, insito in tutti i titoli a reddito fisso, diviene sempre più marcato man mano che si allunga la scadenza, proprio perché è più difficile prevedere l'andamento dei tassi e dell'inflazione in un arco di tempo più lungo. Ovviamente, per chi porta a scadenza i titoli il rischio non si tramuta in una vera e propria perdita in conto capitale, ma in un costo-opportunità, cioè in un guadagno non realizzato o meglio in un rendimento in quel momento inferiore a quello offerto da altri impieghi finanziari.

Per comprendere a livello matematico come varia il prezzo del titolo si fa riferimento al concetto di volatilità.

1.5 IL CONCETTO DI DURATION

La Duration (o durata media finanziaria) indica la durata media di un investimento. E’ un indicatore del rischio perché più lunga è la vita residua più alto è il rischio, e più alti sono gli interessi.

Frederik Robertson Macaulay introdusse il concetto di duration in un articolo del 1938 in cui analizzava i movimenti dei tassi di interesse e i prezzi delle azioni dal 1856 negli USA. L’economista statunitense affermava che per uno studio delle relazioni tra un tasso di interesse di lungo o breve termine, sembrerebbe

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desiderabile avere un’adeguata misura della “longness”. Viene usato il termine “duration” per rappresentare l’essenza del tempo in un contratto finanziario. È chiaro che il “numero di anni alla scadenza” è una inadeguata misura della duration: bisogna infatti ricordare che la “maturity” di un obbligazione è la data dell’ultimo e finale pagamento e che esso nulla ci dice sulla entità di ogni altro pagamento o sulla data in cui sono stati fatti. È chiaro che la duration è una realtà di cui la “maturity” è solo un fattore. Per confrontare due bond bisogna tenere conto del “coupon rates” e dei rispettivi “yelds”. Nell’esaminare il significato di duration sembrerebbe naturale assumere che la duration di ogni prestito che contiene più di un pagamento futuro, dovrebbe essere una sorta di media ponderata delle

“maturities” dei singoli prestiti che corrispondono ad ogni futuro pagamento. Due serie di pesi si presentano immediatamente: i valori attuali e futuri dei vari singoli prestiti. Ora se deve essere usato il valore attuale ponderato, la duration di un bond è una media delle duration dei singoli pagamenti separati nel quale il bond può essere diviso. Per calcolare questa media la duration di ogni singolo pagamento-prestito deve essere pesata in proporzione al peso del singolo pagamento-prestito; in altre parole, attraverso il rapporto del valore attuale del singolo futuro pagamento con la somma di tutti i valori attuali, che è il prezzo pagato per il bond.

Quindi considerando che:

i=tasso di interesse;

x=flussi;

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allora:

DUR(x,t,i)= ∑nj=0 xj (1+i)-tj (tj)

_______________ VAN0(i)

dove VAN0(i)=∑nj=0 xj (1+i)-tj ;

La differenza tra numeratore e denominatore è il prodotto con le epoche: al numeratore c’è la media delle epoche ed al denominatore il valore attuale dell’operazione finanziaria.

Se varia il tasso di interesse anche il valore attuale netto dell’operazione ne risente e può aumentare o diminuire. Se in un’operazione finanziaria ci sono flussi dello stesso segno:

• se i aumenta il valore attuale dell’operazione diminuisce perché si considerano maggiori fattori di sconto;

• se i diminuisce il valore attuale dell’operazione aumenta, per inverso.

Se si considera il valore di un’operazione finanziaria alla scadenza t* tale che DUR(x,t,i)=t* (se t* è il valore della duration dell’operazione finanziaria calcolato al tasso i) allora:

VANt*(x,t,i) è il minimo valore per valori del tasso di interesse in un intorno “i”. Questo è uno dei concetti principe dell’immunizzazione finanziaria. Graficamente si nota che all’aumentare del tasso di interesse i diminuisce il valore.

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L’immunizzazione finanziaria e il Teorema di Fisher e Weil (di cui ci occuperemo nel secondo capitolo dell’elaborato) attestano che se calcoliamo il VAN al tasso i,

nell’intorno del tasso i, il valore della funzione non sarà mai inferiore rispetto al valore corrispondente al tasso i.

Se c’è una variazione del tasso rispetto alla durata media finanziaria il nuovo valore dell’operazione finanziaria è maggiore rispetto a quello originario. In altre parole: • VAN t* (i+ε)> VAN t*(i);

• VAN t* (i-ε)>VAN t*(i);

Di conseguenza, se si ha un esborso futuro previsto all’epoca t* pari a D=VAN t*(i), dove D è il debito, si ha l’immunità dal rischio di tasso di interesse. Si avranno flussi con scadenza precedente a t* e qualche flusso con scadenza successiva. Se si conosce l’esborso D è possibile calcolare il VAN(i) del flusso D e ottenere il capitale da detenere all’epoca 0:

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Se il tasso i tra l’epoca 0 e t* rimane costante, il flusso posseduto all’epoca 0 sarà sufficiente a pagare il debito D. L’assunzione de tasso di interesse costante è molto forte, poco verosimile ed è disconosciuta dai mercati reali dove si trovano tassi di interesse diversi rispetto a scadenze diverse.

Ricapitolando:

• Se i effettivo > i allora si può rimborsare D all’epoca t*;

• Se i effettivo < i non si può rimborsare D poiché il montante sarà inferiore a D, si dovrà procedere diversamente per immunizzare il flusso negativo in questione e non subire perdite.

Bisogna essere in grado di creare un investimento che abbia queste caratteristiche: 1. Duration pari a t*;

2. VAN t*= D.

Considerando queste caratteristiche il teorema dell’immunizzazione finanziaria sostiene che qualsiasi sia la variazione del tasso si è coperti dal rischio.

È espressivo immaginare la duration come baricentro della distribuzione

normalizzata dei valori attuali delle poste dei flussi di cassa sull’asse dei tempi. Facendo riferimento alla sua immagine fisica risulta intuitivo esprimere la proprietà per cui la duration è sempre minore o uguale alla vita a scadenza e maggiore o uguale dell’istante t1, in cui viene corrisposta la prima posta (il baricentro non può essere esterno al segmento su cui sono distribuiti i pesi); coincide con la maturity nel caso il flusso sia costituito da un’unica posta (il baricentro è coincidente col punto di allocazione della massa, nel caso di distribuzione concentrata in un punto;

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nel caso in cui gli importi intermedi siano di valore trascurabile rispetto all’ultimo, la durata media finanziaria è prossima alla maturity).

l grafico mostra la relazione tra il numero degli anni del contratto finanziario e la duration per diversi tassi di interesse. Come si evince dalle curve rappresentate la duration aumenta col numero di anni alla scadenza ma decresce all’aumentare del tasso di rendimento con cui è calcolata.

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1.6 CONCETTO DI VOLATILITA’

Macaulay volle definire una misura scalare che indicasse la lunghezza (in termini di tempo) di una obbligazione. Per esempio e contro esempio, egli propose e scartò varie misure prima di descrivere la duration. Egli mostrò che questa misura

si comportava nel modo che egli voleva e derivò diverse proprietà.

Hicks pubblicò “Value and Capital” nel 1939, un anno dopo la pubblicazione del libro di Macaulay. Hicks definì e usò “an elasticity [of a capital value] with respect to a discount ratio” che è l’equivalente della duration di Macaulay. Egli chiamò questa misura “average period”; Hicks usò questa misura per rendere concreta l’intuitiva nozione secondo cui, quando il tasso di interesse scende, i produttori sostituiranno la moneta (o il capitale che possono comprare) con altri mezzi di produzione e il periodo medio di produzione crescerà.

Lawrence Fisher nel 1966, al fine di calcolare il rendimento di un investimento, mostrò come dV/di = - D/V, dove V è il valore attuale di una serie di pagamenti, i il tasso di interesse utilizzato in regime di capitalizzazione composta nel continuo. Fisher sviluppò il suo procedimento ipotizzando di trovare il tasso di rendimento degli investimenti di un fondo pensione. Dato il valore attuale delle attività del fondo:

dove:

i = il tasso interno di rendimento composto nel continuo P = l’ammontare dei pagamenti del fondo

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T = la data in cui il tasso di rendimento deve essere calcolato

Una volta trovato i, si può facilmente ricavare r (tasso di rendimento annuale in capitalizzazione composta): r=ei -1

Data la Duration:

dove D = duration

Fisher afferma che la duration può essere utile per mostrare come cambia il valore di un’obbligazione se in regime di capitalizzazione continua i tassi di interesse variano. Fisher afferma come possa essere dimostrato che:

Generalizzando i risultati di Hicks e Fisher per un vettore di importi: x= x1, x2, x3, ...xn

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Il valore in t=0 del flusso è

a seconda se consideriamo la capitalizzazione composta annualmente o quella continua. Il prezzo del titolo sarà quindi funzione del flusso di importi x (nel caso di un obbligazione ed in particolare un titolo di stato sono i flussi cedolari) e del tasso utilizzato. Per studiare l’effetto che ha una variazione del tasso di interesse sul prezzo del titolo e di conseguenza sul reddito dell’investitore sfruttiamo la derivata della funzione prezzo rispetto a variazioni del tasso di rendimento.

che esprime la sensibilità del prezzo a variazioni infinitesime di tasso. Dividendo la funzione per W(∂) si ottiene invece l’elasticità rispetto al tasso:

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Risulta infatti che l’elasticità coincide con la duration; il fatto che il valore sia negativo sta a testimoniare la relazione negativa tra le variazioni di tasso e le variazioni di prezzo. Da ciò risulta chiaramente che l’elasticità aumenterà

proporzionalmente al crescere della duration. Per questo titoli con duration alta risultano fortemente sensibili a lievi variazioni dei tassi. Sfruttando lo sviluppo della serie di Taylor, si mostra come la duration possa essere utilizzata per una stima della variazione subita dal prezzo del titolo in seguito ad uno shift del tasso di interesse: ipotizzando uno shift di ∂, con ∂2 = ∂+ ∆∂ risulterà:

ed elaborando dalla precedente formula risulta:

che mostra come la variazione percentuale del prezzo sia proporzionale alla duration del titolo e alla variazione del tasso.

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Come sottolineato in precedenza nell’ambito dell’utilizzo della duration si fa

riferimento al tasso interno di rendimento corrispondente al titolo; misura quindi le variazioni del prezzo in corrispondenza di variazioni del proprio tasso di rendimento e non già alle variazioni della struttura dei tassi in generale. Passando dal continuo al discreto, sfruttando sempre la derivata, risulta che la volatilità tende a coincidere con la modified duration ottenuta dividendo la duration per (1+i).

Derivando come in precedenza otteniamo:

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che risulterà pari alla volatilità. Da quest’ultima calcoliamo, sfruttando sempre la serie di Taylor4, la variazione del valore attuale, cioè il prezzo in corrispondenza

dello shift del tasso:

da cui:

In particolare la duration nell’accezione presentata da Hicks e Fisher ha un valore teorico importante nella valutazione del rischio di tasso di interesse, inteso come variazione del prezzo di un titolo in seguito ad una variazione dei tassi di interesse. Essa infatti può essere intesa come volatilità.

1.7 DURATION E CONVEXITY

Il concetto di “convexity” è ampiamente legato a quello di duration. La convessità è una misura della volatilità delle obbligazioni e si riferisce alla variazione della

duration di u titolo a reddito fisso al variare del suo rendimento. Se, ad esempio, la duration di un’obbligazione aumenta al diminuire del rendimento la sua convessità risulta essere positiva. In altre parole così come cambia il rendimento cambia

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di un’obbligazione alle variazioni del rendimento. La durata è un modo imperfetto di misurare il cambiamento del prezzo di un’obbligazione, perché implica che il

cambiamento sia di natura lineare, mentre in realtà esso ha una forma convessa. La convessità è positiva s era durata aumenta mentre i rendimenti calano.

Riassumendo:

• Quando i prezzi calano i rendimenti salgono;

• Quando i prezzi salgono i rendimento diminuiscono.

Per un’investitore che ha appena acquistato un titolo, il rischio è che varino i tassi dei titoli simili di nuova emissione. Il rischio si presenta perché il prezzo dei titoli varia al variare dei rendimenti, e quindi i titoli di nuova emissione potrebbero avere un prezzo più basso se i tassi si rialzano, e viceversa.

Confrontando titoli con uguale duration e rendimento, si preferiscono quelli che presentano una maggiore convessità, in quanto ciò implica, a parità di altre

condizioni, un maggiore incremento dei prezzi in caso di riduzione del rendimento di mercato e un minore decremento dei prezzi all’aumentare del rendimento di mercato.

Le obbligazioni potrebbero quindi avere anche convessità negativa, il che indica che la durata aumenta con l’aumento dei rendimenti, così da incidere a sfavore dell’investitore.

Per studiare il concetto di convexity si fa riferimento al rapporto tra la derivata seconda e la funzione stessa, indicando come il titolo obbligazionario reagisce alle variazioni del tasso di interesse. Con essa si stabilisce il grado di curvatura della funzione prezzo.

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Poiché la convexity viene calcolata come derivata seconda della fusione del valore attuale, è possibile calcolare le variazioni che intervengono sulla derivata prima (la duration della funzione valore attuale) in conseguenza del movimento dei tassi di interesse.

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CAPITOLO 2

IL TEOREMA DI FISHER-WEIL

2.1 DEFINIZIONE DEL TEOREMA

Il teorema di Fisher e Weil rientra nella categoria delle teorie dell’immunizzazione finanziaria a carattere semi - deterministico. Se è vero infatti che il semplice concetto di immunizzazione evidenzia di per sé la necessità di far fronte ad una aleatorietà dei risultati attesi, è pur vero che queste teorie assumono, come base, l’esistenza di un mondo deterministico, caratterizzato cioè da condizioni di

certezza.

Questa certezza si traduce, nel nostro caso, nella disponibilità di flussi di cassa deterministici, per cui importi ed epoche di esigibilità sono considerati noti, nonché nell’ipotesi di traslazioni di tipo rigido che intervengono sulla struttura per scadenza dei tassi di interesse.

L’approccio classico al tema dell’immunizzazione può essere riferito alla risoluzione delle problematiche riguardanti l’equilibrio finanziario di un portafoglio di

investimento. Tale equilibrio è verificato, in un determinato istante di valutazione, se il valore attuale delle poste attive è in grado di coprire il valore attuale delle poste passive. In questo caso l’investitore che detiene il portafoglio può essere dichiarato solvibile.

Il problema quindi si riduce allo studio dei flussi di cassa attivi e passivi generati dal portafoglio. Come abbiamo spiegato precedentemente, la valutazione di questi flussi deve tener conto dell’evoluzione della struttura per scadenza dei tassi di interesse. Eventuali perturbazioni della curva dei rendimenti incidono sul valore dei flussi e, di conseguenza, sull’equilibrio del portafoglio.

Le teorie classiche sull’immunizzazione finanziaria possono essere viste come dei metodi studiati al fine di rendere il più simile possibile la distribuzione delle poste di

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attivo e passivo sull’arco temporale, avvicinandosi in tal modo a quella che in gergo viene definita condizione di “perfect matching” tra flussi attivi e passivi.

Questo ragionamento si basa su una semplice constatazione: se i flussi di cassa sono perfettamente allineati risentiranno in egual modo delle perturbazioni indotte dalla variazione della struttura per scadenza dei tassi di interesse. Quindi, se il loro spread fosse stato originariamente positivo, esso si manterrebbe tale in ogni istante su tutto il fronte di valutazione.

Per formalizzare l’analisi dell’equilibrio finanziario di un portafoglio composto da operazioni di investimento (attivo) e di debito (passivo), considerare dalla parte dell’attivo una serie di flussi di cassa non negativi x, con importi x1, x2, ..., xn, e dalla parte del passivo da una serie di flussi di cassa negativi y, con importi y1, y2, ..., yn.

Siano entrambe le serie di flussi definite lungo lo scadenzario t = {t1, t2, ..., tn} e sia t l’istante di valutazione del portafoglio, con t ≤ t1 ≤ t2 ≤ ... ≤ tn. Indichiamo infine con δ (t, s) l’intensità istantanea di interesse che descrive la struttura per scadenza dei rendimenti all’epoca t.

Le teorie classiche sull’immunizzazione finanziaria possono essere lette come teorie che cercano di verificare l’equilibrio di questo portafoglio a seguito

dell’intervento di uno shift additivo sulla struttura per scadenza dei tassi di interesse in un momento t+ successivo a t.

Quindi per immunizzazione finanziaria classica si intende fare riferimento alla teoria deterministica in presenza di shift additivi della curva dei tassi. I flussi finanziari sono in equilibrio se nell’istante t:

W(t,x) = W(t,y).

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Se quest’ultima espressione è verificata allora l’investitore risulterà solvibile anche in t+ e il valore netto del portafoglio sarà positivo.

2.2 SPIEGAZIONE DI UNO SHIFT

Come è stato più volte ribadito il rischio dipende soprattutto dalla perturbazione/ variazione/evoluzione del mercato dei tassi, quindi è necessario formulare delle ipotesi matematiche che permettano di capire come variano i tassi al presentarsi di specifici eventi. Con il termine shift si intende lo spostamento della curva dei

rendimenti, che permette di studiare come e quando i rendimenti slittano.

In particolare quando si parla di shift additivo si intende una variazione costante dell’intensità istantanea di interesse indipendente dalla maturity del portafoglio:

δ(t+,s) = δ(t,s) + Z(t,t+).

Dove Z(t,t+) è una variabile aleatoria che rappresenta l’ampiezza dello shift ed è

indipendente da s.

È proprio grazie a questa indipendenza di Z da s che la curva non subisce variazioni alla sua forma e si mantiene parallela alla struttura originale. Graficamente:

Con Y=shift additivo.

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Nell’impostazione classica quindi si ipotizza che la struttura a termine vari a seguito di traslazioni rigide della curva dei rendimenti. Il grafico della funzione δ(t,s) al variare del tempo t subisce degli spostamenti paralleli verso l’alto e quindi positivi o verso il basso e quindi negativi.

Il modello di immunizzazione finanziaria con l’ipotesi di shift additivo è stato sviluppato dapprima da Redington, per poi essere ripreso da Fisher e Weil nel 1971.

Redington, aveva caratterizzato il suo modello considerando una struttura dei rendimenti nota nell’istante decisionale t. La struttura dei rendimenti era ipotizzata essere rappresentata da una intensità istantanea di interesse costante sull’intero periodo di attività dell’investitore, che potesse evolvere soltanto per una traslazione di ampiezza aleatoria, con effetto immediatamente successivo a t. Da ciò si evince una forte semplificazione della realtà: il modello della struttura dei rendimenti è deterministico per quanto riguarda la forma della funzione dell’intensità di interesse, il tipo e l’istante di perturbazione. L’incertezza peserà quindi solamente

sull’ampiezza e sul segno dello shift additivo.

Fisher e Weil riprendono il modello dello shift additivo con una struttura dei rendimenti nota in t, ma non costante.

Fisher e Weil affermano che nella teoria del portafoglio, l’orizzonte temporale o holding period deve essere specificato sin dall’inizio.

Bisogna considerare che un’obbligazione è caratterizzata da diverse dimensioni: la qualità, la maturity, le call properties e il tasso interno di rendimento. Nel

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“movement of the yields and prices of bonds of the highest grade reflect primarily changes in long term interest rate”.

L’investimento è naturalmente influenzato dagli effetti del rischio di default, ma Fisher e Weil affermano esplicitamente di non tenerne conto. Inoltre nella

formulazione dei succitati autori l’investitore è indifferente nei confronti del tasso cedolare perché intende reinvestire i flussi ricevuti. Per questo l’intento di Fisher e Weil è decretare quali siano le maturity dei titoli in cui investire.

Gli autori affermano che la strategia più ovvia sarebbe quella di acquistare titoli che nel momento dell’acquisto abbiano una maturity uguale a quella del passivo. Fisher e Weil definiscono la strategia migliore per ottenere un rendimento prefissato: un portafoglio d’investimento è immunizzato per un holding period se il suo valore alla fine dell’holding period, senza riguardo nei confronti dell’andamento dei tassi di interesse durante il periodo di riferimento, sarà sicuramente maggiore o uguale al valore che avrebbe avuto se i tassi di interesse fossero rimasti costanti durante il periodo di riferimento.

In altri termini un portafoglio di titoli obbligazionari si dice immunizzato da uno shift additivo, su un certo orizzonte temporale, se il reddito prodotto a fine periodo (reddito da reinvestimento più valore di smobilizzo), nel caso abbia avuto effetto lo shift, è comunque non minore del reddito che si sarebbe prodotto in assenza di shift.

In entrambi i casi, ovvero, sia nella formulazione di Redington che in quella fornita da Fisher e Weil si parla di un’ipotesi irrealistica delle variazioni della curva dei rendimenti; è chiaro che le informazioni provenienti dal mercato modificano tale curva in maniera diversa a seconda della maturity. Tale ipotesi va quindi

considerata come uno strumento per analizzare le variabili e capire quali sono le più importanti, per poi volgersi alla risoluzione di problemi più complessi.

Il Teorema del minimo rischio di Fong e Vasicek introduce invece l’ipotesi di “shift qualsiasi”, si parla cioè di variazioni della curva dei rendimenti strettamente legate alla maturity. Secondo questo teorema, che rientra nell’impostazione

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semideterministica, l’obiettivo è minimizzare la dispersione dei titoli del portafoglio per minimizzare il rischio di tasso di interesse.

2.3 INTRODUZIONE AL TEOREMA DI FISHER E WEIL

Come spiegato nel paragrafo precedente un portafoglio può dirsi immunizzato se il rendimento ex ante è non minore al rendimento ex post. La strategia di

immunizzazione finanziaria di Fisher e Weil appariva come il superamento della strategia definita “Naive portfolio”, una strategia considerata non ottimale per la teoria dell’immunizzazione finanziaria. Essa consiste nel creare dei portafogli di investimento altamente diversificati senza tenere conto della varianza dei

rendimenti.

La possibilità di creare un portafoglio di titoli d’investimento che abbia un reddito immune dall’effetto di shift è equivalente al problema di costruire un portafoglio attivo a copertura di un’unica uscita. Il teorema di Fisher e Weil (1971) può essere così riformulato:

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Sia δ(t,s) l’intensità instantanea di interesse osservata nel tempo t di una struttura a termine, considerando un importo esigibile L > 0 al tempo H > 0, sia x un flusso di importi non negativi con scadenze t1, t2, t3,…, tn, il cui valore al tempo t è uguale al valore al tempo t di L: W(t,x) = W(t,L).

Nell’ipotesi di shift additivo il valore post-shift del flusso x sia non inferiore del valore post-shift di L:

W(t*,x) >= W(t*,L).

Tutto questo si verifica se e solo se la durata media finanziaria di x, calcolata al tempo t, è uguale alla maturity di L:

D(t,x) = H-t.

2.4 DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA DI FISHER E WEIL

La dimostrazione di questo Teorema parte da un assunto: il valore del flusso x, post shift, deve essere non inferiore al valore post shift di L, allora il rapporto tra queste due grandezze deve essere in ogni momento maggiore o uguale a 1:

Dove Q(t, x,L) rappresenta il rapporto tra i valori attuali x e L. Quest’uguaglianza rappresenta il vincolo di bilancio su cui si basa l’intero teorema. Bisogna dimostrare che se nell’istante t* la struttura dei rendimenti subisce uno shift additivo di

ampiezza aleatoria Y, allora la condizione D(t,x) = H-t è necessaria e sufficiente affinché il rapporto Q(t*) sia maggiore o uguale a 1.

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È possibile esprimere il valore attuale calcolato secondo il regime di capitalizzazione continua:

Se al tempo t*<=s ipotizziamo la presenza di uno shift additivo di ampiezza aleatoria Y, la struttura dei rendimenti si modifica:

δ(t*,s) = δ(t,s) + Y


Quindi il valore di Q sarà una funzione di Y:

Anche nel caso in cui lo shift sia nullo, Y=0, il rapporto si mantiene sempre uguale a 1 (utilizzando la semplice regola matematica secondo cui qualsiasi numero elevato alla 0 da come risultato 1).

Bisogna poi calcolare la derivata prima e seconda di Q(t*) rispetto a Y:

La derivate seconda rispetto a Y sarà sempre maggiore di 0, e questo implica che la concavità della curva sarà rivolta verso l’alto. Sappiamo inoltre che per Y=0 la

(47)

e W(t,L) è sempre maggiore o uguale a 1 bisogna assicurarsi che la derivata prima della funzione Q(Y) sia nulla per Y=0:

Quest’ultima espressione corrisponde a quanto dichiarato prima: D(t,x)= H-t. La derivata prima della funzione Q considerando il caso Y=0 può anche essere scritta:

Considerando il vincolo di bilancio W(t,x) = W(t,L), allora:

Questa equazione si può anche esprimere:

Per ipotesi il valore attuale del capitale esigibile , cioè Lv (t,H), è uguale al valore attuale dei flussi x, allora l’espressione D(t,x)=H-t coincide con la duration di tali flussi. Di conseguenza, come volevasi dimostrare il quoziente tra i valori attuali è maggiore uguale a 1, se e solo se vale la relazione tra duration dell’attivo e maturity del passivo.

(48)

2.5 IMPLICAZIONI DEL TEOREMA DI FISHER E WEIL

Il Teorema di Fisher e Weil assume una rilevata notorietà non soltanto perché è in grado di spiegare come definire l’immunizzazione finanziaria, ma anche perché è espressione di una tecnica per la costruzione di un portafoglio di titoli

obbligazionari. Attraverso questo Teorema è possibile determinare dei flussi positivi a copertura di flussi negativi a cui ci si è esposti. In questo modo il portafoglio

risulta essere immune da rischi di perdite, anche in presenza di shift additivi che fanno variare la curva dei rendimenti.

Si ipotizzi di dover coprire un importo negativo L in data H, con H>t. Bisogna trovare nel mercato dei titoli che garantiscano una serie di flussi non negativi al tempo t. I titoli possono essere rappresentati con una matrice dove le m colonne rappresentano i flussi e le n righe le scadenze. La matrice risulterà composta quindi dai generici elementi αik che rappresentano l’ammontare dell’i-esimo flusso di cassa

esigibile all’epoca k con: i = 1, 2, 3, ..., m


k = 1, 2, 3, ..., n


Il generico flusso sarà:

Dove αi rappresenta la quota dell’i-esimo titolo detenuto nel portafoglio. Il valore attuale dei flussi di cassa sarà:

Secondo Fisher e Weil il portafoglio sarà immunizzato se si rispetteranno:

• Il vincolo di bilancio: impone l’uguaglianza tra valore attuale dei flussi e valore attuale del capitale esigibile L;

(49)

• La duration: la durata media finanziaria dei flussi è uguale alla maturity di L. Dal punto di vista matematico bisogna risolvere un sistema a due equazioni lineari a n incognite, alla ricerca dell’importo da impiegare nell’investimento di un

determinato titolo o più titoli, al fine di soddisfare le condizioni di Fisher e Weil.

2.6 IL TEMPO OTTIMO DI SMOBILIZZO

Il Teorema di Fisher e Weil ha anche un’ulteriore applicazione: può essere utilizzato come ricerca del tempo ottimo di smobilizzo, ovvero l’istante H in cui il reddito

prodotto da x sia non inferiore al valore R(H,x) che si avrebbe nel caso di struttura stabile. In altre parole, il valore in un generico istante H di un portafoglio di

investimento che garantisce un flusso di importi x (x1, x2, ..., xn) non negativi nelle scadenze t (t1, t2, ..., tn) può essere scritto come la somma del reddito da

reinvestimento, funzione diretta del tasso di interesse, e del valore di realizzo, che è invece funzione inversa del tasso di interesse:

Se nell’intervallo di tempo da t a H la struttura per scadenza dei tassi non subisce shift additivi, allora il reddito prodotto dal portafoglio al tempo H può essere così calcolato:

Tutto questo assume una grande rilevanza, perché è possibile comprendere come, in assenza di shift, il reddito prodotto da x in H coincide con il valore attuale di x calcolato al tempo t e successivamente capitalizzato fino ad H.

(50)

Se invece lo shift si manifesta il valore del reddito dipenderà dalla variazione dei tassi di interesse nel periodo che va da t a H. Il Teorema di Fisher e Weil può essere utilizzato per mostrare come la duration dei flussi x in portafoglio corrisponde all’epoca ottima di smobilizzo, e cioè l’epoca in cui è possibile

disinvestendo, ottenere il rendimento associato al titolo in condizioni di assenza di uno shift additivo. Il reddito prodotto dal flusso x in funzione di uno shift additivo di ampiezza Y può essere così formulato:

Moltiplicando e dividendo per

si ottiene:

Adesso tramite la derivata prima e seconda è possibile studiare l’andamento della curva che descrive il rendimento.

Poiché la derivata seconda rispetto ad Y risulterà sempre positiva, per poter

affermare che la duration è l’epoca ottima di smobilizzo si dimostra che la derivata prima della funzione è nulla per Y = 0.

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