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Di seguito verranno effettuati degli highlights economico finanziari utilizzando alcuni dati, come il PIL, il debito pubblico, il deficit, relativamente ai paesi PIGS, con

l’aggiunta di Italia e Germania, ovvero le due nazioni protagoniste dell’analisi svolta nei precedenti capitolo di questo lavoro.

Fonte: OECD Statistics

2007 2008 2009 2010 2011 Germania 65,9 69,3 76,4 87,0 87,3 Grecia 112,9 116,1 131,6 147,3 157,1 Irlanda 28,8 49,6 71,6 102,4 120,4 Italia 112,8 115,2 127,8 126,8 129,0 Spagna 42,1 47,4 62,3 66,1 73,6 Portogallo 75,4 80,6 93,1 103,1 110,8

Confrontando i rapporti tra debito e Pil nei paesi europei si evince come la situazione italiana risulti problematica avendo un debito molto elevato. Lo stato delle cose è il frutto di una politica ricorrente nella storia italiana: il deficit spending, consistente nel finanziare la crescita economica aumentando la spesa pubblica con un forte deficit e finanziandosi con l’indebitamento. L’indebitamento italiano risulta di gran lunga superiore a quello spagnolo ed è anche maggiore di quello

portoghese ed irlandese.

Lo scoppio della crisi finanziaria globale del 2008 provoca un progressivo innalzamento del rapporto debito pubblico / Pil sia a causa dei bassi tassi di

crescita del sistema economico e sia della crisi della liquidità. La conseguente crisi economica torna a far crescere il rapporto debito pubblico / Pil italiano che nel 2011 oltrepassa nuovamente il 120% a causa della difficoltà di collocare i titoli di stato e del rischio default dei conti pubblici dello Stato italiano. Nonostante l'instaurarsi di un governo di unità nazionale (governo Monti) e l'adozione delle politiche di

austerity richieste dall'UE, nel 2012 il rapporto debito/pubblico cresce ulteriormente fino al 127% a causa della recessione economica italiana.

Nella tabella seguente si rappresenta invece il rapporto tra deficit e Pil evidenziando un divario rilevante tra l’Italia e la Germania.

2007 2008 2009 2010 2011 Germania 0,3 0,1 -3,0 -3,3 -2,1 Grecia -6,7 -9,8 -15,6 -10,4 -7,5 Italia -1,5 -2,7 -5,3 -4,5 -3,9 Spagna 1,9 -4,2 -11,1 -9,2 -5,9 Portogallo -3,2 -3,6 -10,1 -9,2 -5,9

L’economia italiana ha inoltre mostrato la non sostenibilità di crescita economica come emerge dalle statistiche sul prodotto interno lordo dei paesi europei e come risulta dalla tabella seguente:

Nel grafico i dati si riferiscono al Real GDP, come percentuale della differenza rispetto all’anno precedente.

Il PIL è una misura statistica che rappresenta la ricchezza prodotta dal paese in un anno e le sue variazioni indicano se un paese sta crescendo o impoverendo.

A partire dal 2008 l'Italia non è stata più capace di crescere ed è iniziato un lungo periodo di impoverimento. Per essere precisi nel 2010 c'è stata una modesta crescita dell'1,2% del PIL, ma questo valore positivo va considerato come un rimbalzo statistico al crollo del 2009 (-5,2% del PIL) e non ha segnato una inversione di tendenza, come invece è accaduto in altri paesi.

In sostanza, a partire dal 2008 l'Italia ha alternato periodi di stagnazione a veri e propri periodi di recessione, con l'ulteriore aggravante che fino al 2008 la nostra economia non è stata al passo con quella degli altri paesi europei che,

mediamente, a partire dal 2001 sono cresciuti più dell’Italia.

La crescita è infatti un dato fondamentale per valutare lo stato di salute di un economia. A questa incapacità del nostro paese di dar vita ad una crescita

sostenibile nel medio lungo periodo vanno ad aggiungersi una serie di avvenimenti che hanno caratterizzato il nostro paese a partire da gennaio 2011 anche in materia di politica interna.

Il 4 gennaio 2011 lo spread è a 173 punti. Il 30 dicembre arriverà a quota 528, con

2007 2008 2009 2010 2011 Germania 2,8 0,7 -4,7 3,5 3,4 Grecia 4,3 1,0 -2,0 -4,5 -2,9 Italia 1,4 -1,3 -5,2 1,2 1,1 Spagna 3,6 0,9 -3,7 -0,1 0,9 Portogallo 2,4 0,0 -2,5 1,3 -2,1

continua del differenziale tra i Btp e gli omologhi Bund tedeschi, termometro della fragilità non solo economica italiana. A fine maggio, con i risultati del voto

amministrativo, il Pdl e Berlusconi incassano una pesante batosta elettorale. Il Rubygate incalza il premier, e dall'opposizione si comincia ad auspicare un suo passo indietro.

A giugno il dibattito politico si concentra sulle scelte della manovra, mentre nella maggioranza si fanno sempre più forti le voci di coloro che attaccano Giulio

Tremonti e chiedono un cambio al ministero dell'Economia. In questa situazione già tesa, piomba a luglio l'esplosione della crisi del debito e il battesimo dei Piigs

Il mese di luglio si apre con lo spread a 225 punti.

Il 1° luglio, a mercati aperti viene diffuso il bollettino di Standard & Poor's sulla manovra. E' una sorta di bocciatura: "Restano sostanziali rischi per il piano di riduzione del debito, principalmente a causa della debole crescita" scrive l'agenzia di rating, in parte riprendendo i concetti espressi già a maggio, quando l'outlook dell'Italia era stato rivisto da "stabile" a "negativo". L'impatto sui titoli pubblici è immediato e lo spread si allarga. Inoltre le prospettive di crescita risultavano poco convincenti: tra lo 0,7% e l’1,4%.

Tutto ciò non ha fatto altro che aumentare il clima di incertezza sulla effettiva capacità del governo di attuare una riforma strutturale in grado di risollevare il paese dalla difficile situazione.

Il 7 luglio l'Italia è di nuovo sotto stress, aumenta la pressione sui nostri Btp e lo spread schizza oltre quota 226, il record dalla nascita dell'euro. Stessa sorte per i titoli di Stato spagnoli, portoghesi, greci e irlandesi, i nuovi deboli di Eurolandia. In Italia si moltiplicano i rumors sulla tenuta del governo e sulle possibili dimissioni del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, uniti ai timori sulla manovra e sulla presunta non solidità delle banche. E' in questo clima che Draghi matura l'idea di rilasciare una dichiarazione forte, che argini la frana: 15 righe che fanno il giro del mondo e che rassicurano sulla bontà della manovra e sulla credibilità delle misure per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014.

Quando, tra il 4 e il 5 agosto, lo spread arriva a sfiorare i 390 punti, al governo italiano arriva anche la lettera durissima della Bce, inviata dal presidente Jean Claude Trichet e dal successore in pectore, Draghi. Le richieste della Bce sono lette da tutti i commentatori come condizioni da rispettare per evitare la bancarotta

del paese: si 'chiede' tra l'altro al governo di anticipare al 2013 il pareggio di

bilancio e di raggiungere un deficit pubblico pari all'1% del Pil già nel 2012, con una manovra di tre punti (pari a una cinquantina di miliardi di euro) in un solo anno. Ai primi di settembre, riprende la sua corsa e diventa incontrollabile anche perché da Standard & Poor's arriva per l'Italia il temuto downgrade. La reazione dei mercati sui titoli italiani è durissima con i Credit default swap, termometro dei rischi di

fallimento di un paese, che balzano alle stelle, come analizzato in precedenza.

Il risultato di questa incertezza si è inevitabilmente riversato sul mercato

influenzando le valutazioni sul debito di stato e scaturendo in un innalzamento dei rendimenti.

L’aumento della rischiosità del debito comporterà un aumento del suo costo e di conseguenza una maggiore difficoltà di rimborso. Il processo appena presentato è raffigurato dalla seguente equazione che consente di calcolare il disavanzo

primario di un paese che permette di stabilizzarne il rapporto tra debito pubblico e PIL:

Debt * (r - y) PD* = - ——————————

(1 + y)

dove

PD* = deficit primario target come % del PIL Debt = Debito pubblico come percentuale del PIL r = tasso di interesse reale sul debito

y = tasso di crescita reale

Questa equazione esprime un effetto ricorsivo in cui debito, deficit, tasso di crescita e tasso di interesse reale sul debito si influenzano vicendevolmente causando uno scenario a spirale e da cui è sempre più difficile risollevarsi. Il clima di incertezza che ha caratterizzato l’Italia è rappresentato in modo significativo nella variazioni dei rendimenti tra gennaio e agosto (Grafico BTP). In riferimento allo spread BTp- Bund dei titoli a 10 anni nel periodo di esame, il differenziale ha avuto il minimo ad

lontane ed ha avuto il picco massimo il 4 agosto quando la Bce annuncia l’acquisto di bond irlandesi e portoghesi, ma non italiani o spagnoli: lo spread sfiora quota 400 punti base.

Inoltre risultava imminente il declassamento del rating italiano da parte di Moody’s e e S&P’s e,data l’influenza delle aspettative sui rendimenti, i valori scontano già un fenomeno che ex ante risulta ancora (per quanto molto probabile) eventuale. Il 20 settembre l’Italia è stata declassata da A+ ad A. Il punto delicato della questione è il modo in cui i giudizi espressi dalle società di rating influenzano le valutazioni di mercato e di conseguenza i rendimenti dei titoli di stato italiani.

Questo meccanismo sicuramente ha contribuito a peggiorare la situazione italiana: considerando l’incremento notevole nel costo che l’Italia dovrà sostenere per

ripagare il debito, gli effetti benefici delle manovre che si sono susseguite negli anni successivi vengono in parte vanificati. Questo spiega le critiche mosse nei confronti delle “spietate” società di rating e il modo in cui i loro provvedimenti alimentano l’effetto vortice della crisi.

Questa analisi vuole motivare in parte l’andamento divergente dei rendimenti dei Btp e dei Bund tra gennaio ed agosto in riferimento a ciò che viene chiamato rischio paese.

Sebbene sia difficile dare una definizione pienamente condivisa si può definire il “rischio paese” come il rischio di insolvenza di operatori, pubblici e privati, legato all’area geografica di provenienza e indipendente dalla loro volontà. È anche il rischio legato alla provenienza di un determinato strumento finanziario e dipendente da variabili politiche, economiche e sociali.

Tale fattispecie rischiosa può essere suddivisa individuando sei elementi che si ripercuotono sul rendimento atteso di un investimento: sovrano, politico,

economico, di trasferimento, di cambio, di posizione.

Sovrano. Con il termine “rischio sovrano” ci si riferisce a quel particolare rischio che riguarda la capacità, o la volontà, del debitore sovrano di onorare i propri impegni di pagamento. Non si fa riferimento solamente alla disponibilità effettiva di risorse, ma anche alla reputazione e alla presenza di precedenti ristrutturazioni del debito del governo medesimo.

Politico. Con “rischio politico” ci si riferisce a tutta quella gamma di eventi non economici legati a fattori politici. In questo caso ci si riferisce a eventi di grande

impatto come i conflitti, ma anche al cambio di direzione delle politiche

economiche come nel caso di espropri e nazionalizzazioni legati a mutamenti istituzionali e atti unilaterali dei governi. Si tratta di rischi difficilmente prevedibili.

Economico. Il rischio economico si riferisce più nel dettaglio alle decisioni economiche dei vari Paesi che influiscono sui tassi di crescita, sul grado di apertura dell’economia e quindi sugli scambi.

Trasferimento. Il rischio di trasferimento è quello connesso alle decisioni delle autorità di adottare restrizioni sui movimenti di capitali, sul rimpatrio di dividendi e dei profitti. Rimanda anche al rischio sovrano: quando uno stato infatti si trova a corto di riserve valutarie può decidere unilateralmente di adottare restrizioni riguardanti i pagamenti verso l’estero.

Rischio di cambio. È quello legato a fluttuazioni inaspettate dei tassi di cambio e al passaggio da un regime a un altro (ad esempio, in seguito all’abbandono di un cambio fisso). È influenzato in parte dagli stessi fattori che pesano sul rischio di trasferimento.

Rischio di posizione. Di particolare attualità questo rischio è quello concernente il contagio dovuto alla vicinanza a economie vicine o considerate simili (per

esempio i Pigs) per le loro tipicità o vulnerabilità.

In generale questo rischio associato ai diversi debiti sovrani spiega

il differenziale di rendimento tra i titoli italiani e tedeschi e l’incremento di questo differenziale nelle valutazioni di gennaio ed agosto. Il rischio è associato alla capacità o meno di un paese di far fronte agli impegni di pagamento impliciti nel titolo: quota di interesse e rimborso di capitale. La rischiosità del debitore è

definita dal rating, un giudizio sintetico emesso da agenzie specializzate sul merito creditizio di un determinato soggetto e quindi relativo alla capacità di quest’ultimo di onorare i suoi impegni di pagamento.

Quindi in generale si ha una corrispondenza tra rating e costo

del debito. Alle imprese, alle istituzioni, agli stati e agli enti locali, per il loro ruolo di emittenti (debitori), viene assegnato questo giudizio di affidabilità, detto rating.

Empiricamente si mostra una correlazione positiva della curva dei rendimenti dei Bund e dei tassi swap ed una correlazione negativa tra quest’ultima e quella dei titoli italiani. Particolare rilevanza nella nostra analisi è la variazione dei tassi tra l’istante in cui abbiamo ipotizzato di effettuare l’investimento e l’istante di

smobilizzo. Confrontando quello che è successo nel mercato dei Btp tra gennaio ed agosto con l’ipotesi fatta nel secondo capitolo di uno shift additivo dell’ordine

dell’1% vediamo che la realtà è ben diversa dalla teoria.

L’ipotesi di Fisher e Weil di uno shift additivo identico per il passivo e per l’attivo risulta non conforme a quanto è accaduto nella realtà; ciò è dovuto al fatto che il tasso dell’investimento è distinto dal tasso del finanziamento. La chiave per

spiegare il motivo del fallimento di questo esperimento sta in come si sono mossi i tassi di rendimento dei Btp, Bund e Swap nel periodo della nostra analisi.

Nel grafico, in blu è evidenziato la variazione del rendimento dei Btp, in verde quella dei Bund e in rosso la variazione dei tassi swap.

Appare piuttosto evidente come si sia verificato un andamento fortemente divergente delle variazioni della curva dei rendimenti dei btp nei confronti delle

variazioni delle altre due curve. L’entità del differenziale dei titoli italiani tra gennaio e agosto è molto significativo e testimonia l’alta volatilità ed un profilo di rischio di tasso di interesse molto elevato. Una copertura dal rischio di tasso attraverso il matching delle scadenze risulterà precaria sia perché viene riposta troppa fiducia nell’uso della duration sia perché si trascurano fattori chiave come il rischio paese.

CONCLUSIONI

Le analisi svolte hanno evidenziato i limiti della teoria dell’immunizzazione finanziaria elaborata da Fisher e Weil.

Nel corso del capitolo III, ipotizzando uno shift additivo con traslazione rigida delle curve dei rendimenti del passivo e dell’attivo, i portafogli; costituiti rispettivamente da titoli italiani e tedeschi, hanno fatto registrare risultati soddisfacenti, con un valore netto di poco al di sopra dello 0; il tutto risulta dunque essere in linea con l’intento della teoria dell’immunizzazione finanziaria realizzata dai due sopracitati autori.

Nel capitolo IV tuttavia la tenuta dell’immunizzazione finanziaria è stata

ulteriormente messa alla prova: il valore del passivo e dei portafogli costituiti in precedenza infatti sono stati analizzati tenendo conto delle informazioni sui prezzi e sulle curve dei rendimenti effettivamente osservabili e riscontrabili sul mercato nel 2011.

Questa ulteriore prova non ha portato a risultati soddisfacenti, con un valore netto dei portafogli negativo in entrambi i casi, specialmente per quanto riguarda il Portafoglio Italia.

I risultati ottenuti hanno messo in luce quanto la teoria possa essere messa a dura prova, fino ad essere invalidata, dalla realtà, e quindi dalle “imperfezioni” che riguardano i mercati finanziari, nonché da tutto ciò che ha riguardato il turbolento scenario macroeconomico in quell’anno, così come ulteriori fattori di politica interna che hanno coinvolto il nostro paese.

Nel presente lavoro inoltre non sono stati presi in considerazione i costi di

transazione, i costi di tassazione e l’inflazione, tutti i fattori che avrebbero messo ancor di più in risalto la mancata tenuta dell’immunizzazione finanziaria.

NOTE INTEGRATIVE

1 Moto Browniano: Il termine "moto browniano" deriva dal botanico scozzese Robert

Brown, che lo osservò nel 1827 mentre stava studiando al microscopio le particelle di polline della Pulchella Clarkia in acqua; egli osservò che i granuli di polline erano in continuo movimento e in ogni istante tale moto avveniva lungo direzioni casuali. Dopo avere appurato che il movimento non era dovuto a correnti o evaporazione dell'acqua, Brown pensò che queste particelle fossero "vive", analogamente agli spermatozoi. Testò quindi la sua teoria eseguendo lo stesso esperimento con una pianta morta, con minuscoli frammenti di legno fossile e con frammenti di vetro, osservando tuttavia lo stesso

fenomeno. Ciò significava che il movimento delle particelle non era da attribuire ad alcuna "forza vitale", ma Brown non seppe fornire nessun altra spiegazione a tale fenomeno.Nel 1905 Albert Einstein pubblicò un articolo dal titolo " Über die von der molekularkinetischen Theorie der Bewegung von Wärme geforderte in ruhenden suspendierten Flüssigkeiten Teilchent ", dove fornì una spiegazione del fenomeno del moto browniano, attribuendo la causa del moto agli urti delle molecole d'acqua con i piccoli granuli di polline; Einstein diede inoltre una descrizione quantitativa del fenomeno.

2 Asset and liability management: L’asset and liability management (ALM) è il processo di

gestione di attività e passività. La crescita dell’operatività in strumenti derivati e le

disposizioni sempre più rigide delle autorità di vigilanza hanno inciso molto sulle tecniche di gestione dei rischi.

Inadeguati atteggiamenti della gestione dei profili di rischio hanno un potenziale altamente negativo e pregiudicano in modo serio la sana gestione.

L’asset and liabilities management è un modello che consente di misurare per tutta

l’operatività finanziaria il livello di rischio di tasso e di esplicitare il potenziale di perdita o di profitti derivante da oscillazioni di tassi di mercato.

3 WACC: dall’acronimo weighted average cost of capital, in italiano conosciuto come il

impresa, la remunerazione richiesta sia da coloro che hanno apportato capitale di rischio, sia dai creditori finanziari.

4 Serie di Taylor: In analisi matematica, la serie di Taylor di una funzione in un punto è la

rappresentazione della funzione come serie di termini calcolati a partire dalle derivate della funzione stessa nel punto.

La serie di Taylor di una funzione f(x) definita in un intervallo aperto (x0 - r, x0 + r) a valori

reali o complessi e infinite volte derivabile è la serie di potenze

che può essere scritta più compattamente come:

Qui n! denota il fattoriale di n ed f(n)(x0) denota la n-esima derivata della funzione valutata

BIBLIOGRAFIA

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Meccheri. Dipartimento di Economia e Management. Università di Pisa. Siti internet di riferimento:

www.borsaitaliana.it www.ilsole24ore.it

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