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Flessibilità e mobilità: la fine dell'identità professionale?

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2006, VOL 2, N. 5 ISSN 2279-9001

EDITORIALE

Flessibilità e mobilità: la fine dell'identità

professionale?

Federico Batini, Direttore LLL

La capacità che un attore ha di stare sul mercato del lavoro viene letta come direttamente propor-zionale alla capacità relapropor-zionale che egli è in grado di mettere in opera nel processo di negoziazio-ne (all’interno del medesimo mercato), inserito in una rete locale e culturale. Infatti la costruzionegoziazio-ne di ogni identità professionale è fortemente collegata con le dinamiche relazionali tra offerenti e richiedenti di lavoro a livello locale. Non si danno infatti possibilità di costruzione dell’identità professionale se non attraverso dinamiche relazionali: nessuno è un professionista sino a quando non gli viene riconosciuta professionalità. All’interno delle dinamiche relazionali dei professioni-sti assumono particolare importanza, ovviamente, quelle relative ai rapporti con la committenza. L’ipotesi che sostiene questo discorso è che gli individui, quando vengono considerati come com-petenti (dalla comunità professionale di riferimento o comunque da un insieme di attori significa-tivi per il loro mercato di riferimento) e vengono sostenuti da un gruppo professionale consolida-to mettano in gioco strategie professionali orientate verso l’inserzione in un mercaconsolida-to competitivo, ma per ottenere riconoscimento sociale e offerte di impiego debbono spiegare anche una capacità di negoziazione. Sarebbe a dire che la loro capacità di stare sul mercato godendo delle stesse attri-buzioni di competenza, o incrementandole, ha una relazione diretta con le loro competenze tra-sversali oltre che con quelle professionali, tra queste quella particolare competenza relazionale che viene chiamata di negoziazione assume un ruolo fondante.

Le strategie professionali contribuiscono dunque alla creazione del mercato del lavoro, gli attori si trovano così iscritti in un mercato che loro stessi hanno contribuito a creare. La capacità di media-zione e di alleanza influenza, dal punto di vista dei singoli soggetti (o gruppi professionali), la relazione contrattuale alla base dell’occupabilità. Il professionista si trova però costretto così tra le organizzazioni che gli chiedono competenza ed adesione alle logiche d’impresa o ad altre logiche e la comunità professionale che gli chiede rispetto per la deontologia, le regole condivise (da quel-le tariffarie a quelquel-le di azione) ed iniziativa progettuaquel-le. In questo caso la negoziazione serve a regolare il compromesso che il professionista deve fare tra esigenze, a volte persino opposte, im-postegli dalla comunità professionale di appartenenza (pena l’estromissione) e quelle richiestegli dalla committenza (pena la perdita di appetibilità sul mercato).

La moltiplicazione della quantità di relazioni professionali (e delle relazioni tout-court) che i mez-zi tecnologici ed i processi di globalizzamez-zione oggi comportano (Neveu, 2001) chiede, in tal senso, uno sforzo continuo teso in quella direzione.

Oggi siamo nel tempo del cambiamento, questa parola usata ed abusata assieme ad altri termini quali flessibilità, velocità, globalizzazione e glocalizzazione (uscite dall’utilizzo ristretto di un gruppo di professionisti ed esperti per approdare al linguaggio comune), i media di ogni tipo ne abusano, le riflessioni, le soluzioni proposte, le analisi omnicomprensive, le interpretazioni si suc-cedono. La retorica attorno a questi termini si spreca e diviene difficile cercare una soluzione che dipani i fitti intrecci. A fronte di queste modificazioni che costituiscono, sempre più spesso, osta-coli alle vite individuali (il cambiamento, si ricordi, è possibile fonte anche di gioia ma è sempre un trauma, un evento comunque che necessita di un transito fuori dal “se stessi” di prima), diffi-coltà a determinare e mettere in campo livelli di decisionalità, di stabilità e di sicurezza capaci di

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consentire l’esercizio di una progettualità formativa, professionale, esistenziale.

Come può un soggetto dunque costruirsi un'identità professionale spinto e costretto in una peren-ne mobilità?

Come si può conciliare l'appartenenza ad una comunità professionale con la flessibilità ricorsiva?

che conseguenze hanno questi processi nelle vite delle persone?

Con questo numero abbiamo cercato di trovare alcune, parziali, risposte a questi dilemmi del no-stro tempo.

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