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Misure ottiche per l'analisi non distruttiva di matrici tridimensionali di alginato

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Academic year: 2021

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(1)

ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSIT `A DI BOLOGNA

CAMPUS DI CESENA

SCUOLA DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA

CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN INGEGNERIA BIOMEDICA

MISURE OTTICHE PER L’ANALISI NON DISTRUTTIVA DI MATRICI TRIDIMENSIONALI DI ALGINATO

Tesi in

Fondamenti di Ingegneria dei Tessuti Biologici LM

Relatore:

Prof. Emanuele D. Giordano

Correlatori:

Dott. Joseph Lovecchio Dott.ssa Marilisa Cortesi Dott. Enrico Ravagli

Presentata da: Valentina Betti

Sessione II

(2)
(3)

A mia nonna e mia mamma.

I pilastri della mia vita.

(4)
(5)

Indice

Abstract 5

1 L’UTILIZZO DI SCAFFOLDS NELL’INGEGNERIA DEI

TESSUTI 7

1.1 Introduzione . . . 7

1.2 Dal 2D al 3D: i vantaggi della terza dimensione . . . 8

1.3 Scaffolds in idrogel a base di alginato . . . 10

1.4 Approcci per la caratterizzazione di scaffolds . . . 15

1.4.1 Presto Blue . . . 16

1.4.2 Trypan Blue . . . 17

1.4.3 Misure di impedenza . . . 18

1.4.4 Misure spettrofotometriche . . . 19

1.4.5 FTIR . . . 24

1.5 Scopo: misure ottiche in ambiente biologico . . . 25

2 MATERIALI E METODI 29 2.1 Il lettore multi piastra Tecan . . . 29

2.2 Lo spettrofotometro portatile . . . 31 2.3 Acquisizione dati . . . 33 2.4 Elaborazione dati . . . 37 2.5 Correlazione . . . 40 2.6 Grafico di Bland-Altman . . . 40 3 RISULTATI E DISCUSSIONE 43 3.1 Risultati dello spettrofotometro professionale . . . 45

3.1.1 Andamento dell’assorbanza nel tempo . . . 45

3.2 Risultati dello spettrofotometro portatile . . . 48

3.2.1 Andamento dell’assorbanza nel tempo (L1) . . . 49

3.2.2 Andamento dell’assorbanza nel tempo (L2) . . . 51

3.2.3 Valutazione dei due orientamenti L1 e L2 . . . 53

(6)

3.4 Grafico di Bland-Altman . . . 57

Conclusioni e sviluppi futuri 61

Bibliografia 62

(7)

Abstract

L’ingegneria tissutale `e un settore multidisciplinare che applica i principi dell’ingegneria per realizzare dei sostituti biologici capaci di ripristinare una determinata funzione dell’organismo. Si avvale dell’utilizzo di alcuni disposi-tivi, come bioreattori, e di scaffolds, ovvero strutture tridimensionali capaci di sostenere e promuovere la formazione e la crescita cellulare.

I recenti progressi in questo campo e nella medicina rigenerativa hanno di-mostrato l’importanza di comprendere le complesse interazioni delle cellule con il microambiente circostante, al fine di sviluppare sistemi terapeutici di successo. Pertanto, sono necessarie tecniche di valutazione efficaci fin dalle fasi iniziali di ricerca e sviluppo, in modo da selezionare o progettare scaffolds con propriet`a adeguate. La valutazione dello stato e delle caratteristiche delle popolazioni cellulari all’interno di queste strutture, inoltre, risulta fondamen-tale per poter sfruttare al meglio le tecniche di coltura cellulare in 3D. Per questa ragione, una linea di ricerca attiva presso il laboratorio di Ingegne-ria Cellulare e Molecolare “Silvio Cavalcanti” DEI - UOS Cesena si propone di sviluppare metodi non invasivi al fine di caratterizzare le strutture tridi-mensionali e di studiare il comportamento di popolazioni cellulari cresciute al loro interno. Lo scopo principale di questa tesi `e stato lo studio dell’efficacia di un metodo alternativo per la quantificazione dell’assorbanza di scaffolds polimerici vuoti a diverse concentrazioni di calcio, utilizzando uno strumento di dimensioni ridotte che possa essere integrato in un bioreattore. Tali misure sono state confrontate con quelle di uno strumento professionale, ovvero il lettore multipiastra Tecan, in modo da analizzarne la precisione e la validit`a.

(8)

Dai risultati ottenuti, queste tecniche di indagine sembrano essere molto promettenti per la valutazione non distruttiva di scaffolds per colture cellu-lari 3D.

(9)

Capitolo 1

L’UTILIZZO DI SCAFFOLDS

NELL’INGEGNERIA DEI

TESSUTI

1.1

Introduzione

L’ingegneria tissutale `e una branca dell’ingegneria biomedica che utilizza cel-lule umane e supporti innovativi al fine di creare sostituti biologici biocom-patibili e funzionali in grado di ripristinare tessuti danneggiati con maggiore efficacia rispetto a strutture inerti. La progettazione di queste tecnologie, che pu`o essere eseguita sia su cellule in coltura in vitro sia sull’organismo vivente in vivo, avviene attraverso l’utilizzo di tre importanti componenti: cellule, bioreattori e scaffolds. Questi ultimi si possono definire come strutture arti-ficiali capaci di sostenere e promuovere la formazione e la crescita di tessuti nelle tre dimensioni. Gli scaffolds, infatti, sono ingegnerizzati per permettere una miglior adesione, crescita, differenziamento e diffusione cellulare oltre a fornire un supporto strutturale in grado di definire la forma finale dell’organo o del tessuto da rigenerare [1].

Un certo numero di materiali biodegradabili e bioriassorbibili sono stati stu-diati sperimentalmente e/o clinicamente. Idealmente, uno scaffold dovrebbe

(10)

avere le seguenti caratteristiche:

1. deve essere tridimensionale e altamente poroso con una rete di pori interconnessi per la crescita cellulare e il trasporto del flusso di nutrienti e rifiuti metabolici;

2. deve essere biocompatibile e bioriassorbibile con un tasso di degrada-zione e di riassorbimento controllabile per far corrispondere la crescita di cellule/tessuti in vitro e/o in vivo;

3. deve possedere un’adeguata chimica di superficie per l’attaccamento, la proliferazione e il differenziamento delle cellule;

4. deve avere le propriet`a meccaniche simili a quelle dei tessuti nel sito di impianto.

Un aspetto che necessita di approfondimento `e proprio quello della tridimen-sionalit`a: infatti, la struttura 3D dello scaffold favorisce la crescita cellulare in una dimensione in pi`u rispetto alla semina in 2D, adattandosi meglio nella successiva fase di impianto nel paziente.

1.2

Dal 2D al 3D: i vantaggi della terza

di-mensione

I modelli cellulari tradizionali in vitro si sviluppano su 2 dimensioni e quindi rappresentano in maniera semplificata il tessuto preso in analisi (Gillet et al., 2013). Questi sistemi, inoltre, presentano numerosi limiti nella riproduzio-ne del comportamento cellulare (es.: riproduzio-nella divisioriproduzio-ne, proliferazioriproduzio-ne, migra-zione, differenziamento) [2]. Tali limitazioni possono portare a valutazioni errate circa i comportamenti cellulari e sono quindi responsabili della bassa correlazione in vitro-to-in vivo [3]. Pertanto, sono stati sviluppati modelli tridimensionali (3D) in vitro al fine di ricreare un ambiente maggiormente rappresentativo del contesto fisiologico.

(11)

I nuovi modelli di coltura cellulare in 3D possono infatti riflettere pi`u ac-curatamente le complesse interazioni delle cellule con il microambiente cir-costante, non solo a livello biochimico e biomeccanico, ma anche a livello dell’espressione genica e proteica (Friedrich et al., 2009). Ad esempio, il la-voro di Mina Bissell, `e stato centrale nel fornire le prime prove sperimentali su come l’utilizzo di sistemi coltura cellulare 3D, e quindi la rappresenta-zione in-vitro del microambiente extracellulare, possa fare la differenza nella ricerca sul cancro [4], mettendo a disposizione dei ricercatori nuovi stimoli e strategie per trattare questa patologia. L’efficacia di questi metodi innovativi `e dimostrata dall’alto numero di modelli di coltura 3D in vitro, sviluppati a partire da cellule tumorali umane, attualmente disponibili [5].

L’utilizzo di questi nuovi metodi `e stato fondamentale anche per lo studio di alcuni aspetti delle cellule staminali; si `e potuto infatti dimostrare che il comportamento di queste, quando lavorano collettivamente, pu`o essere molto pi`u sofisticato di quanto ci si potrebbe aspettare [6]. Questi risultati dimo-strano la maggiore accuratezza e affidabilit`a dei sistemi di coltura 3D [7] [8], e quindi la loro potenziale utilit`a in applicazioni di medicina rigenerativa [9]. Negli ultimi decenni, scaffolds di idrogel - matrici reticolate che possiedo-no un elevato contenuto di acqua - hanpossiedo-no attratto sempre pi`u attenzione nel tentativo di imitare le condizioni in vivo. La struttura reticolare di catene po-limeriche con elevato contenuto di acqua produce una serie di caratteristiche desiderabili nel microambiente cellulare: supporto per la crescita cellulare; porosit`a per la migrazione cellulare; facile trasporto di ossigeno, nutrienti, rifiuti e fattori solubili [10] [11].

Gli idrogel possono essere formati da un’ampia gamma di fonti naturali co-me il collagene, la fibrina, l’acido ialuronico, il chitosano o l’alginato, ovvero, materiali biocompatibili con propriet`a bioattive che promuovono la soprav-vivenza cellulare, la proliferazione, il differenziamento e la funzione cellulare di molti tipi di cellule [12] [13]. Nel seguente elaborato verranno discussi me-todi innovativi utili per la caratterizzazione di scaffolds 3D a base di alginato.

(12)

1.3

Scaffolds in idrogel a base di alginato

Gli idrogel costituiscono un gruppo di materiali polimerici, la cui struttu-ra idrofila li rende capaci di tstruttu-rattenere gstruttu-randi quantit`a di acqua nelle loro reti tridimensionali, senza perdere stabilit`a [14] [15]. Si possono considera-re ottimi materiali per costruiconsidera-re scaffolds in quanto strutturalmente simili alla matrice extracellulare di molti tessuti: hanno una bassa citotossicit`a, possono spesso essere lavorati in maniera relativamente semplice e hanno ottime propriet`a antimicrobiche [16] [17]. Generalmente presentano eleva-ta biocompatibilit`a e non immunogenicit`a e la loro struttura reticolata crea un ambiente favorevole all’incapsulamento delle cellule; inoltre possiedono un’alta permeabilit`a all’ossigeno e ai nutrienti essenziali [18] [19]. Uno dei materiali prevalentemente utilizzato come idrogel nelle applicazioni di inge-gneria tissutale `e l’alginato, di cui in seguito si approfondisce la struttura chimica.

L’alginato `e un copolimero lineare derivato dai polisaccaridi di acido (b)-D-mannuronico (M) e acido α-l-guluronico (G) (1-4) reticolati, ed `e derivato principalmente da alghe brune e batteri [20], [21]. All’interno del polimero di alginato, i monomeri M e G sono distribuiti sequenzialmente in blocchi sia ripetitivi che alternati, e la quantit`a e la distribuzione di ciascun monomero dipende dalla specie, dalla posizione e dall’et`a delle alghe da cui `e isolato l’alginato. La sua struttura `e illustrata in figura 1.1.

Figura 1.1: Struttura chimica di sodio ed alginato. acido α-l-guluronico (G), acido (b)-D-mannuronico (M).

(13)

I gel si formano quando cationi bivalenti come Ca2+, Ba2+ e Sr2+ interagi-scono cooperativamente con blocchi di monomeri G per formare ponti ionici tra diverse catene polimeriche. Possono anche essere formati da alginato di reticolazione covalente con idrazide adipica e PEG usando la chimica stan-dard di carbodiimmide [22], [23].

La densit`a di reticolazione e quindi le propriet`a meccaniche dei gel reticolati ionicamente possono essere facilmente manipolate variando il rapporto M a G: in generale l’elasticit`a, la porosit`a e la stabilit`a del gel aumentano incre-mentando il contenuto di G, la lunghezza dei blocchi G ed il peso molecolare. Un’altra propriet`a dei blocchi G consiste nella loro capacit`a di chelare gli ioni calcio e per questo motivo riescono a creare una rete di connessioni in-termolecolari e intramolecolari crociate, nelle quali lo ione calcio coordina i gruppi carichi negativamente appartenenti a due catene diverse di alginato. In questo modo si forma una maglia che imprigiona il solvente formando una sorta di gel molto compatto [24].

La porosit`a su scala nanometrica di una rete di gel di alginato `e regolabile nell’intervallo da 5 a 200 nm [25]: ci`o permette il passaggio delle sostanze nutritive e la rimozione dei prodotti di scarto ed, eventualmente, di prodotti sintetizzati (come ad esempio insulina, dopamina, endostatina e fattori di crescita [26]). Di conseguenza, la possibilit`a di controllare la dimensione dei pori assume un’importanza fondamentale: infatti, pori di piccole dimensio-ni migliorano l’attaccamento cellulare e lo scambio di segnali intracellulari, mentre i pori grandi garantiscono il giusto trasporto bidirezionale di ossigeno e nutrienti [27].

La reticolazione ionica tra cationi multivalenti e alginato non avviene sem-plicemente mescolando direttamente questi due componenti. Due tecniche principali sono state sviluppate per fornire un’introduzione controllata de-gli ioni gelificanti ade-gli alginati con una successiva formazione di un gel: la gelificazione esterna e la gelificazione interna.

1. La gelificazione esterna `e caratterizzata dal fatto che essa consente agli ioni gelificanti di diffondersi dall’esterno verso l’interno della struttura

(14)

di alginato. Questa metodologia viene comunemente utilizzata per la preparazione di perle di idrogel che saranno formate istantaneamen-te quando una soluzione di alginato viene gocciolata in una soluzione contenente ioni gelatinosi (solitamente CaCl2) [28].

2. La gelificazione interna `e caratterizzata da un rilascio controllato di ioni gelatinizzanti che si diffondono da una fonte inerte dissolta o sospesa all’interno della soluzione di alginato. Esempi di fonti di ioni gelati-nizzanti includono sali di carbonato (SrCO3 o CaCO3), calcio EDTA,

calcio citrato, calcio solfato (CaSO4), calcio alginato (Ca-alginato) e

calcio gluconato [29] [30] [31]. Il rilascio di ioni gelatinizzanti pu`o essere indotto da una variazione del pH, ad esempio incorporando il glucono-δ-lattone (GDL) a idrolisi lenta.

In questo lavoro di tesi, gli scaffolds sono stati realizzati con quest’ultima procedura, addizionando all’alginato carbonato di calcio CaCO3 e

glucono-δ-lattone (GDL). Gli ioni calcio, addizionati alla soluzione di alginato, inte-ragiscono con i gruppi COO− e OH− dell’acido guluronico fino a saturazione formando una struttura ripiegata su se stessa che ricorda la forma delle sca-tole di uova: viene perci`o detta struttura “egg box” (figura 1.2).

Questa configurazione spaziale si forma nella fase di cross-linking e causa un impacchettamento maggiore rispetto alle singole catene, con conseguente aumento della densit`a e inizio del processo di gelificazione.

L’aggiunta di GDL comporta inoltre la formazione di CO2, la quale forma

delle bolle che rimangono intrappolate nella struttura dello scaffold.

Il presente lavoro di tesi nasce a partire da un progetto di ricerca gi`a attivo presso il laboratorio di Ingegneria Cellulare e Molecolare ”Silvio Cavalcanti” DEI - UOS Cesena [32] e prevede la caratterizzazione di scaffolds di alginato attraverso misure spettrofotometriche.

(15)

Figura 1.2: Tipica struttura “egg box” dell’alginato.

Gli steps principali del protocollo di realizzazione degli idrogeli sono:

1. Prendere dei conetti da 2mL e realizzare dei forellini nella loro estremit`a inferiore con la punta di un saldatore.

2. Avvolgere nel parafilm il coperchio dei conetti e sterilizzarlo sotto raggi UV per un’ora.

3. Chiudere i coni ed utilizzare una siringa da insulina per dispensare l’alginato attraverso il foro.

4. Diluire il CaCO3 in base alle concentrazioni calcio desiderate:

20 mM: 135 mM di CaCO3

40 mM: 270 mM di CaCO3

80 mM: 540 mM di CaCO3

(16)

5. Agitare con un Vortex1 ciascun cono per 1 minuto, cos`ı da permettere la miscelazione dei materiali.

6. Aggiungere una quantit`a corretta di media e GDL. 7. Vortexare “touch and go” per 3 secondi.

8. Lasciare polimerizzare in incubatore per almeno 16 ore.

La quantit`a dei reagenti utilizzata per ognuna delle tre differenti concentra-zioni `e la seguente (figura 1.3):

Figura 1.3: Tabella dei reagenti.

Si ottengono dunque degli scaffolds come in figura 1.4.

Figura 1.4: Scaffolds in alginato con estremit`a superiore di forma conica.

1Gli agitatori vortex sono utilizzati per la miscelazione di sostanze. Sono progettati per eseguire un’azione di centrifuga vigorosa e uniforme.

(17)

Le tre condizioni presentano, oltre che differenti concentrazioni di calcio, diverso volume di coltura (RPMI 1640) e di GDL. Si utilizza un volume maggiore di GDL in quanto la sua concentrazione deve essere sempre doppia rispetto a quella del CaCO3 per consentire una gelazione pi`u stabile e

man-tenere un valore di pH di 7.4, mentre il volume di terreno di coltura `e stato modificato per mantenere costante il volume totale (575 µl).

Al fine di valutare come la concentrazione di calcio cambia la struttura e le propriet`a meccaniche degli idrogel di alginato, si possono usare diverse tecniche di indagine che verranno adesso discusse.

1.4

Approcci per la caratterizzazione di

scaf-folds

La struttura e le dimensioni degli scaffolds sono fattori cruciali in quanto influiscono sulla funzionalit`a dei costrutti ingegnerizzati, sui tessuti e sull’e-ventuale applicazione in clinica. Pertanto, sono necessarie tecniche di valuta-zione efficaci fin dalle fasi iniziali di ricerca e sviluppo, in modo da selezionare o progettare scaffolds con propriet`a adeguate. La valutazione dello stato e delle caratteristiche delle popolazioni cellulari all’interno di queste strutture, inoltre, risulta fondamentale per poter sfruttare al meglio le tecniche di col-tura cellulare in 3D.

Un approccio di valutazione efficace dovrebbe essere rapido, accurato e non distruttivo, fornendo al contempo una panoramica completa delle caratteri-stiche di interesse. Se consideriamo la valutazione della vitalit`a cellulare, ad esempio, numerose tecniche sono attualmente disponibili: Presto Blue, Try-pan Blue e XTT. Altri approcci si basano su misure di impedenza e ottiche, come la microscopia elettronica a scansione (SEM), l’immunofluorescenza e la valutazione della densit`a ottica in popolazioni batteriche.

(18)

1.4.1

Presto Blue

Presto Blue `e un reagente a base di resazurina molto efficace per valutare la vitalit`a cellulare nel tempo, e in quanto non tossico, `e considerato un metodo non invasivo. Altri vantaggi di questo metodo sono la rapidit`a e la sensibi-lit`a [33].

La resazurina viene ridotta dall’attivit`a mitocondriale assumendo un colore fluorescente rosa la cui intensit`a dipende dal numero di cellule, ed il risulta-to viene dunque osservarisulta-to tramite misure di fluorescenza o assorbanza. In alcuni casi (culture statiche), tuttavia, questo metodo ha prodotto risultati contraddittori, che presentano discrepanze tra il numero di cellule e la con-versione metabolica della resazurina. Di conseguenza l’affidabilit`a del Presto Blue risulta dipendente dal tipo di cellula, dalla cultura e dall’impostazione di misurazione [34].

Per determinare se l’uso quantitativo di un assay basato su resazurina sia possibile, `e necessario conoscere l’influenza del metodo di coltura cellulare e l’impostazione della misurazione sul tasso di conversione della resazurina e sull’attivit`a metabolica delle cellule [35] [36], ma questi dati non sono sempre noti. Inoltre questa indagine d`a indicazioni sulla distribuzione globale delle cellule, ma non chiarisce dove la densit`a sia maggiore o minore in quanto la colorazione appare uniforme.

Nonostante sia un approccio non distruttivo, di uso comune soprattutto nel caso di colture cellulari bidimensionali, il Presto Blue non `e utilizzabile per gli scaffolds impiegati in questo lavoro di tesi, in quanto `e stato precedente-mente dimostrato che non permette di distinguere tra diverse concentrazioni cellulari [32]. Questa problematica `e principalmente legata a due aspetti: i tempi di diffusione del colorante risultano essere troppo lunghi, a causa della necessit`a dello stesso di entrare ed uscire dalla matrice di alginato; il reagente ha evidenziato un effetto distruttivo nei confronti della struttura tridimensionale.

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1.4.2

Trypan Blue

Un elemento fondamentale che permette di distinguere le cellule vive da quelle morte `e l’integrit`a della membrana cellulare [37]. Pertanto, i coloranti capa-ci di penetrare selettivamente nel capa-citoplasma delle cellule morte sono stati ampiamente usati come coloranti vitali. Il Trypan Blue (TB) `e un metodo molto comune per valutare la citotossicit`a nelle indagini sperimentali in cui le cellule morte assorbono il TB nel citoplasma a causa della perdita della se-lettivit`a della membrana, mentre le cellule vive rimangono non colorate [38]. Per utilizzare questa tecnica su scaffold 3D `e necessario:

• solubilizzare la matrice utilizzando un buffer a base di cloruro di sodio, citrato di sodio e acido etilendiamminotetraacetico (EDTA);

• mettere a contatto le cellule con il colorante e dispensarle nella camera di Burker (figura 1.5).

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Il numero relativo di cellule morte e vive viene ottenuto contando al micro-scopio ottico le cellule colorate (morte) e non (vive).

Questa tecnica valuta la vitalit`a in maniera indiretta, in base all’integrit`a della membrana cellulare, perci`o `e possibile che una cellula, la cui vitalit`a e stata compromessa, mantenga almeno temporaneamente la sua integrit`a di membrana o viceversa che una cellula riesca a mantenersi in via pur riscon-trando delle anomalie strutturali nella membrana. Di conseguenza questo metodo pu`o fornire risultati di bassa precisione, soprattutto se utilizzato per un numero elevato di campioni [39].

1.4.3

Misure di impedenza

La caratterizzazione elettrica degli scaffold in alginato e la misura della loro impedenza si basa sul concetto che gli ioni presenti all’interno della struttura, o nel terreno di coltura, possano fungere da portatori di carica e che la capa-cit`a conduttiva degli scaffold sia legata alla loro concentrazione. Valutando ad esempio l’impedenza a differenti frequenze con una particolare tecnica di misurazione (EIS, ovvero Electrochemical Impedance Spectroscopy), si rie-sce a caratterizzare anche materiali di una certa complessit`a ed a valutare la relazione tra la resistenza di uno scaffold e la dimensione dei suoi pori [40]. Ci`o dimostra dunque come la morfologia dello scaffold possa influenzarne le propriet`a elettriche.

I progressi compiuti anche nel metodo EIT (Electrical Impedence Tomo-graphy) hanno reso possibile la ricostruzione di una mappa volumetrica di conducibilit`a o resistenza del campione analizzato [41]. Questa nuova meto-dologia risulta di particolare interesse in quanto potrebbe rendere pi`u com-pleta l’informazione ricavata da sistemi di coltura 3D, e potrebbe consentire la localizzazione delle cellule e caratterizzarne la distribuzione nell’idrogel in modo non invasivo e real-time.

La variazione delle caratteristiche elettriche di scaffolds vuoti a diverso con-tenuto di calcio `e stata ampiamente trattata in un lavoro di tesi [42]

(21)

svol-to parallelamente al presente, che si focalizza invece sulla valutazione delle caratteristiche ottiche nelle stesse strutture di alginato.

1.4.4

Misure spettrofotometriche

Le misure spettrofotometriche si basano sull’interazione tra la materia e la luce visibile. La spettrofotometria richiede l’uso di spettrofotometri, stru-menti in grado di effettuare analisi qualitative e quantitative utilizzando una sorgente luminosa. Le onde elettromagnetiche, a seconda della frequenza e relativa lunghezza d’onda, vengono suddivise secondo il cosiddetto spettro elettromagnetico (figura 1.6).

Figura 1.6: Spettro elettromagnetico

L’occhio umano `e in grado di distinguere solo una parte di queste radiazioni (all’incirca da 400 nm a 750 nm), per cui questo ristretto campo viene defi-nito come “spettro del visibile”.

La luce proveniente dal sole contiene non solo frequenze del visibile ma anche altre, per esempio UV e raggi infrarossi [43]. Quando la luce colpisce un og-getto, questo assume un certo colore: ci`o `e dovuto al fatto che le componenti

(22)

di quell’oggetto, o i pigmenti che lo ricoprono, sono in grado di assorbire determinate frequenze, mentre altre vengono respinte (riflesse). Un oggetto rosso assorbir`a quindi le frequenze del blu/viola e rifletter`a quelle del giallo/-rosso, un oggetto nero `e in grado di assorbire tutte le radiazioni dello spettro visibile mentre uno bianco le riflette tutte.

Lo spettrofotometro utilizza proprio questa capacit`a della luce di essere assor-bita, a diverse frequenze, dalle sostanze chimiche o biologiche. Lo strumento `e costituito da diverse parti schematizzabili in figura 1.7:

Figura 1.7: Schema di uno spettrofotometro

I componenti essenziali sono:

1. Sorgente di luce policromatica (tungsteno per il visibile, deuterio per l’UV).

2. Filtro o monocromatore (per selezionare una banda di λ definita) 3. Cella o cuvetta contenente il campione.

4. Detector (ha il compito di trasformare il segnale luminoso in impulso elettrico).

Una sorgente di luce, generalmente nell’UV/visibile, genera la luce che viene filtrata da un monocromatore in grado di lasciar passare una singola lunghez-za d’onda. Nello strumento l’impostazione della lunghezlunghez-za d’onda di utilizzo viene effettuata generalmente in via digitale tramite un pannello elettronico

(23)

dello strumento. Questa radiazione passa attraverso l’alloggiamento dello strumento in cui viene posto il campione, all’interno di una provetta parti-colare chiamata cuvetta. Le cuvette possono essere prodotte con specifiche plastiche in grado di lasciar passare le radiazioni tra 300 e 1000 nm, oppure anche con materiali pi`u costosi quali il quarzo, che risulta trasparente alla radiazione anche nell’intervallo 200-300 nm.

Il raggio luminoso, se di lunghezza d’onda opportuna, passando attraver-so il campione sar`a in parte assorbito, pertanto il raggio incidente e raggio trasmesso avranno intensit`a luminose differenti (ma stessa frequenza e lun-ghezza d’onda). Il raggio termina il suo percorso in un detector in grado di valutare l’intensit`a della radiazione che vi arriva. Lo strumento `e in grado di determinare un parametro, l’Assorbanza, definita come:

A = log(I0

I1) (1.1)

dove I1 e I0 corrispondono rispettivamente alle intensit`a di luce trasmessa ed a quella iniziale. L’assorbanza `e un numero senza unit`a di misura, che dunque avr`a valore 0 quando I1=I0, avr`a valore 2 quando la luce trasmessa `e un centesimo della luce incidente (log[100/1]) e cos`ı via. Generalmente, gli spettrofotometri pi`u comuni riescono a leggere nel campo di assorbanze tra 0 e 2, mentre per riuscire a determinare valori maggiori di assorbanza servono strumenti molto pi`u sensibili.

La legge principe della spettrofotometria `e la legge di Lambert-Beer, se-condo la quale assorbanza e concentrazione del campione in cuvetta sono linearmente dipendenti.

A = cl (1.2)

In questo caso c `e la concentrazione molare (M) della sostanza nella cuvetta, l il cammino ottico, cio`e la lunghezza della cuvetta in cm, e  il coefficiente di estinzione molare (espresso quindi in M-1cm-1), una costante caratteristica

per ogni sostanza (varia a seconda della lunghezza d’onda incidente e indica la capacit`a di quella sostanza di assorbire quella radiazione).

(24)

Parte della componente luminosa potrebbe essere bloccata o dispersa in ogni caso anche dalla cuvetta vuota o dal solvente utilizzato, pertanto lo strumen-to viene in genere tarastrumen-to a zero di assorbanza (quesstrumen-to operazione `e definita come “fare il bianco”) mediante un apposito pulsante lasciando all’interno dello strumento la cuvetta vuota o la cuvetta con il solo solvente.

Molti spettrofotometri sono impostabili su una lunghezza d’onda per volta ed effettuano letture singole di assorbanza a una specifica lunghezza d’onda. Esistono anche spettrofotometri “a doppio raggio” che presentano due allog-giamenti, uno per la cuvetta del campione e uno per la cuvetta del bianco che viene sottratto in automatico al campione. Ci sono poi spettrofotometri a serie di diodi in gradi di effettuare in pochi secondi una lettura di tutte le assorbanze del campione comprese in un range di lunghezze d’onda (in genere UV/visibile). Il risultato di questo secondo tipo di strumento `e lo spettro di assorbimento di una specifica sostanza, di cui la figura 1.8 `e un esempio.

(25)

Lo spettro di assorbanza pu`o anche essere ottenuto misurando sequenzial-mente questo parametro a lunghezze d’onda diverse. Molti strumenti con-sentono di effettuare queste misurazioni automaticamente, impostando range di lunghezze d’onda di interesse e risoluzione.

Alcuni strumenti non misurano direttamente l’assorbanza, bens`ı la trasmit-tanza. Per convertire quest’ultima in assorbanza, si utilizza la legge di Lambert-Beer:

A = 2 − log 10(T %) (1.3)

dove T% corrisponde alla percentuale di trasmittanza.

La relazione tra assorbanza e trasmittanza `e illustrata nel seguente diagram-ma:

Se tutta la luce attraversa una soluzione senza alcun assorbimento, l’assor-banza `e 0 e la percentuale di trasmittanza `e 100%; se invece tutta la luce viene assorbita, la percentuale di trasmittanza `e 0 e l’assorbanza `e infinita.

Sono disponibili molti generi di spettrofotometri. Tra le distinzioni pi`u im-portanti adottate per classificarli vi sono gli intervalli di lunghezze d’onda nei quali operano, le tecniche di misurazione che adottano, le modalit`a se-condo le quali acquisiscono uno spettro e le sorgenti dell’intensit`a luminosa variabile per la cui misura sono stati progettati. Altri aspetti importanti degli spettrofotometri includono la loro banda spettrale e il loro intervallo di linearit`a.

(26)

Oltre alla spettrofotometria, vi sono altre tecniche spettroscopiche di inda-gine che sono state utilizzate per valutare le propriet`a ottiche di moleco-le come il carbonato di calcio e di microrganismi quali i batteri. A scopo esemplificativo, se ne riportano alcune.

1.4.5

FTIR

La spettroscopia ad infrarossi in trasformata di Fourier `e un metodo di ana-lisi non distruttiva per l’identificazione dei materiali tramite l’anaana-lisi delle vibrazioni dei legami chimici. E’ basata sull’assorbimento da parte dei mate-riali della radiazione infrarossa, che viene focalizzata dallo spettrofotometro sul campione per misurare sia le lunghezze d’onda assorbite, le quali danno informazioni dei gruppi chimici presenti, sia l’intensit`a dell’assorbimento, che indica la concentrazione dei gruppi chimici presenti nel campione. Si produce poi uno spettro tramite trasformata di Fourier [44].

Un nuovo metodo, basato sul rapporto costante, `e stato proposto per cor-reggere le interferenze dovute al fatto che gli spettri sono caratterizzati da un alto numero di picchi di assorbanza, per cui alcuni non potrebbero essere utilizzati per l’analisi quantitativa [45]. Queste interferenze possono essere valutate ed eliminate con il metodo proposto, chiamato “metodo di correzio-ne delle assorbanze”, ed i picchi possono essere utilizzati correzio-nell’analisi.

Sia Aa,n (ν1) l’assorbanza dell’analita alla frequenza n1 nel campione

pre-parato n e Ap,n (ν1) l’assorbanza dell’interferente alla stessa frequenza nel

campione, tale da rappresentare un’interferenza spettrale. Supponendo che l’assorbanza totale del campione preparato An (ν1) uguale alla somma delle

singole assorbanze di ciascun composto, allora:

An (ν1) = Aa,n (ν 1) + Ap,n (ν 1) (1.4)

Tenendo presente che nello spettro infrarosso le bande di assorbimento dovute allo stesso composto mantengono una relazione costante, quando la concen-trazione di quel composto o lo spessore del campione varia, `e possibile predire

(27)

l’assorbanza a ν1 che `e dovuta all’interferente Ap,n (ν1). Questa assorbanza

pu`o essere correlata all’assorbanza di un’altra frequenza ausiliaria ν2 che solo l’interferente assorbe e non l’analita. In altre parole, conoscendo l’assorban-za dovuta esclusivamente all’interferente in un altra frequenl’assorban-za ν2, `e possibile prevedere l’assorbanza alla frequenza di interesse ν1, poich´e il rapporto tra i due rimane costante.

Vengono dunque misurate le assorbanze dei picchi scelti per l’analita (o gli analiti) e quelli standard. L’assorbanza `e misurata come l’altezza del picco rispetto a dei valori di riferimento, che devono essere scelti opportunamente.

`

E stato condotto uno studio per determinare il range di valori di riferimento pi`u appropriato per ciascun caso; per il carbonato di calcio, `e risultata essere la banda di numeri d’onda che va da 875cm-1 e 712 cm-1, corrispondente ad una lunghezza d’onda di circa 10 µm, dunque negli infrarossi.

Il vantaggio di questa tecnica `e che non richiede una complessa preparazione del campione, come ad esempio avviene volendo fare un’indagine XRF, n´e dissoluzione o disgregazione del campione come nella spettroscopia di emis-sione atomica, oltre ad avere un veloce tempo di analisi.

1.5

Scopo: misure ottiche in ambiente

biolo-gico

E’ possibile usare le misure ottiche anche in ambiente biologico, ad esempio nella ricerca di una soluzione efficace all’infezione batterica, uno dei proble-mi clinici pi`u gravi associati a significativi costi di mortalit`a e assistenza sanitaria [46]. Due materiali artificiali, ovvero l’ossido di grafene ed un na-nomateriale ibrido in ossido di zinco, sono stati studiati al fine di analizzarne l’efficacia.

Una valutazione quantitativa dell’attivit`a antibatterica `e stata eseguita mi-surando l’OD600, ovvero l’assorbanza ad una lunghezza d’onda di 600 nm,

(28)

dei batteri trattati con i nanomateriali artificiali. Nella figura 1.9 si mo-strano le curve di crescita di S. aureus (figura 1.9 (A)) ed E. coli (Fig. 1.9 (B)) trattati con i biomateriali. Tutte le concentrazioni dei due materiali applicati a ciascun batterio sono state registrate a intervalli di tempo e il controllo `e stato incluso per la valutazione dell’efficacia del materiale ibrido. Per confrontare l’efficienza rispetto ai singoli costituenti, l’ossido di grafene e il nanomateriale in ZnO sono stati inclusi nei diagrammi.

Figura 1.9: Misurazioni della densit`a ottica dei batteri a una lunghezza d’onda di 600 nm per (A) S. aureusand (B) E. coli.

Dalla figura 1.9 (A) e (B), si osserva come la densit`a ottica dei nanomateriali costituenti abbia mostrato la stessa bassa tossicit`a sia verso i batteri Gram-positivi che quelli Gram-negativi 2. Per la stessa concentrazione e stesso tempo di ossido di grafene e nanomateriale in ossido di zinco, quest’ultimo materiale ibrido mostra un attivit`a antibatterica superiore per E. coli rispetto a S. aureola. I bordi nitidi dell’ossido di grafene sono pi`u distruttivi per il sot-tile strato di peptidoglicano della parete cellulare dei batteri Gram-negativi

2La colorazione di Gram `e l’esame di laboratorio responsabile della classificazione dei batteri in Gram-positivi e Gram-negativi (anche indicati come Gram+ e Gram-). Fu messa a punto nel 1884 dal medico danese Hans Joachim Christian Gram, e mette in evidenza alcune propriet`a fondamentali della parete cellulare dei microrganismi.

(29)

rispetto ai batteri Gram-positivi come lo S. aureus. Grazie a questo studio,si `e dimostrato che i due materiali sono efficaci nel sopprimere la crescita bat-terica e che sia per i batteri S. aureus che E. coli, la concentrazione ottimale per l’inibizione dei batteri `e 8 µg mL-1.

Altri studi condotti hanno dimostrato che delle matrici di idrogel con in-clusioni regolari di nanoparticelle di lattice di polistirene sono in grado di modificare il grado di rigonfiamento e le loro propriet`a ottiche a seconda del-le dimensioni e concentrazione deldel-le fasi disperse [47]. Analizzando in par-ticolare la trasmittanza di alcuni campioni con differente concentrazione di particelle sospese, si nota come gli scaffolds possiedono una diversa trasmis-sione luminosa a diverse lunghezze d’onda e numero di nanoparticelle (figura 1.10). I campioni di idrogel contenenti fase dispersa diffondono infatti l’emis-sione elettromagnetica dello spettro visibile a seconda della lunghezza d’onda di emissione e della quantit`a di fase dispersa secondo l’equazione di Rayleigh.

Figura 1.10: Trasmittanza di campioni di idrogel e nanoparticelle con raggio medio di 50nm in relazione alla lunghezza d’onda. La concentrazione di particelle corrisponde (in percentuale) a 0.11 (1);0.15 (2);0.21 (3);0.26 (4) and 0.29 (5)

(30)

Questa propriet`a pu`o essere utilizzata per costruire analisi diagnostiche, ad esempio per determinare lo zucchero nei sistemi biologici e biotecnologici uti-lizzando idrogel sensibili al glucosio. Inoltre fornisce un esempio di utilizzo dell’assorbanza per la valutazione di materiali solidi, come i gel.

Come descritto nelle sezioni precedenti, le misure ottiche sono largamente usate per la caratterizzazione dei materiali sia inorganici che organici. Tut-tavia, molti approcci si limitano ad analizzare i campioni in due dimensioni ed alcuni, pur studiando i materiali nelle loro tre dimensioni, sono stati mu-tuati da indagini 2D e perci`o presentano notevoli limitazioni.

Una linea di ricerca attiva presso il laboratorio di Ingegneria Cellulare e Molecolare “Silvio Cavalcanti” DEI - UOS Cesena, si propone di sviluppa-re metodi non invasivi al fine di caratterizzasviluppa-re le struttusviluppa-re tridimensionali e le colture che proliferano al loro interno. Queste tecniche sembrano essere molto promettenti per la valutazione non distruttiva di scaffolds per colture cellulari 3D.

Nel seguente lavoro di tesi, in particolare, si `e fatto uso di nuove tecniche non invasive al fine di caratterizzare scaffolds vuoti a diverso contenuto di calcio, a partire dalle loro propriet`a ottiche. Le misurazioni sono state svol-te tramisvol-te due strumenti: un lettore multi piastra Tecan considerato come gold standard, e uno spettrofotometro portatile, realizzato dal Dr. Enrico Ravagli e dal Prof. Stefano Severi, con l’obiettivo futuro di poterlo instal-lare all’interno di un bioreattore per il monitoraggio real-time delle colture cellulari.

(31)

Capitolo 2

MATERIALI E METODI

2.1

Il lettore multi piastra Tecan

La serie di lettori di micropiastre Tecan Infinite M200 2.1 permette il rileva-mento della fluorescenza, della luminescenza o dell’assorbanza nei campioni studiati. E’ dotato di software di controllo (i-control TM), che consente

al-l’utente di configurare facilmente i protocolli per adattarli all’applicazione richiesta [48].

Figura 2.1: Tecan Infinite 200 Pro (https : //www.news − medical.net/Inf inite − 200 − P RO − M icroplate − Reader − f rom − T ecan)

(32)

I componenti principali di questo strumento, riportati in figura 2.2 sono:

1. lampada flash 2. condensatore 3. ruota del filtro

4. monocromatore di eccitazione 5. fascio di fibre ottiche

6. monitor della lampada

(33)

Un fascio di fibre guida la luce dal monocromatore di eccitazione alla lente della micropiastra di assorbanza (MTP), che focalizza la luce nei pozzetti. La dimensione del fascio luminoso che viene indirizzato `e di 0.7 mm di diametro. Il modulo di misurazione dell’assorbanza MTP si trova sotto il piattino di supporto; questa componente viene utilizzata per misurare la luce trasmessa attraverso il campione. Prima di effettuare qualsiasi misura sulla micropia-stra, viene eseguita una misurazione di riferimento con il piattino fuori dal fascio di luce.

In questo studio il Tecan `e stato utilizzato come strumento gold standard, ovvero come riferimento per le misure di assorbanza. I valori ottenuto con questo strumento, considerando un range di lunghezze d’onda di stimolazione tra 400 e 1000 nm, sono stati confrontati con i risultati dello spettrofotometro portatile.

2.2

Lo spettrofotometro portatile

Come descritto nel capitolo precedente, lo scopo principale di questa tesi `e la valutazione dell’efficacia di un metodo alternativo per la quantificazione del-l’assorbanza di scaffold polimerici, utilizzando uno strumento di dimensioni ridotte, che possa essere integrato in un bioreattore.

Questo strumento, realizzato dall’ Ing. Ravagli e disponibile presso il la-boratorio di Ingegneria Cellulare e Molecolare “S. Cavalcanti”, utilizza uno spettrometro della serie MS (C11708MA) che integra tecnologie dei micro-sistemi (MEMS) e sensori di immagine. Questi ultimi sono stati realizzati con la tecnologia CMOS e integrano un ricevitore di luce a fessura, mentre il sistema ottico interno `e composto da una lente convessa sulla quale `e im-pressa una griglia tramite la tecnica del nanoimprint (figura 2.3). Questo dispositivo ha una risoluzione spaziale di 20 nm e dimensioni decisamente ridotte (27.6 x 16.8 x 13 mm) e, pur combinato con la scheda di acquisizio-ne e una struttura idoacquisizio-nea al supporto dei campioni, risulta essere altamente

(34)

portatile e facilmente integrabile altri strumenti e sistemi per colture cellulari complesse [49].

Figura 2.3: Sistema ottico dello spettrofotometro portatile.

Il sistema di alloggiamento dei campioni `e stato realizzato ad hoc in stampa 3D, utilizzando il fotopolimero biocompatibile PolyJet (MED610), un ma-teriale rigido per la prototipazione medicale rapida che presenta un’elevata stabilit`a dimensionale ed `e trasparente [32]. Una sua versione preliminare, in materiale non trasparente, ´e riportata in figura 2.4.

(35)

Lo spettrofotometro, soprannominato “Casper”, misura la trasmittanza in un intervallo di lunghezze d’onda tra i 589 nm ed i 1093 nm. Per confrontare le misure acquisite con questo strumento e quelle acquisite con lo spettrofoto-metro professionale, si deve perci`o convertire la trasmittanza in assorbanza, utilizzando la legge di Lambert-Beer trattata nel capitolo precedente.

2.3

Acquisizione dati

I due strumenti appena descritti sono stati utilizzati per misurare l’assor-banza di scaffolds vuoti, ovvero senza cellule, a diverso contenuto di calcio: 20 mM, 40 mM e 80 mM. Questo range permette di ottenere scaffolds con diverse caratteristiche microscopiche e macroscopiche e quindi di valutare ac-curatamente le performances del sistema di misura proposto. Gli scaffolds, inoltre, sono stati valutati a 0, 4, 7 e 11 giorni dalla polimerizzazione, in modo da studiare come la misura di assorbanza varia in funzione del tempo trascorso nelle normali condizioni di coltura, ovvero scaffolds mantenuti in ambiente liquido (terreno di coltura RPMI-1640) e ad una temperatura di 37oC.

Le misure sono state acquisite prima con lo spettrofotometro portatile e successivamente con quello professionale, in quanto le prime non richiedono la distruzione degli scaffolds (i campioni vanno invece sezionati per entrare all’interno della piastra di lettura del Tecan). Gli esperimenti si sono svol-ti in diverse giornate, acquisendo in media dalle 2 alle 6 misure per ogni concentrazione.

La misura con lo strumento portatile, effettuata con il software fornito dalla casa produttrice (HSMEvaluation), consiste nel posizionare lo scaffold nel-l’alloggiamento e coprirlo in modo da evitare l’interferenza della luce esterna prima di avviare l’acquisizione (“Start Measure Mode”).

(36)

In figura 2.5 si riporta un esempio di spettro di trasmittanza ottenibile con il sistema portatile, utilizzando un tempo di esposizione1 di 5 ms e un measurement count (numero di misure per lunghezza d’onda) pari a 10.

Figura 2.5: Spettro di uno scaffold al giorno 4 (20 mM).

Le misure vengono eseguite per entrambi i lati dello scaffold, visto che, in alcuni casi, il calcio precipita in fase di polimerizzazione e crea degli accumu-li sul “fondo”. Di conseguenza la misura da entrambi i lati della struttura permette di valutare come queste imperfezioni in fase di produzione influen-zino la misura. Nel seguito con L1 verranno indicate le misure nelle quali il “fondo” era rivolto verso la fonte di luce, mentre L2 identificher`a le misure ottenute con il “fondo” pi`u vicino al ricevitore.

Per l’acquisizione dei dati attraverso lo spettrofotometro professionale, i cam-pioni devono essere sezionati in modo tale da entrare nella piastra di lettura.

1Il tempo di esposizione, noto anche come velocit`a dell’otturatore, `e il tempo in cui l’otturatore rimane aperto, permettendo alla luce di attraversare il sistema ottico [50]

(37)

In un primo momento gli scaffolds venivano sezionati con un bisturi cercan-do di riprodurre la geometria e le dimensioni del pozzetto; successivamente `e stato sviluppato un nuovo metodo pi`u consistente, che prevedeva il posizio-namento dello scaffold sul pozzetto e l’inclusione all’interno di quest’ultimo aspirando l’aria sottostante lo scaffold con una siringa. Questo procedimento evita la variabilit`a dovuta alla precisione dell’operatore, in quanto l’integrit`a e la forma di alcuni scaffolds risultava pi`u compromessa rispetto ad altri. Risulta inoltre essere una metodica pi`u veloce e ripetibile.

Dopo aver selezionato i pozzetti di interesse, si procede anche con questo strumento all’acquisizione dati; questi vengono poi salvati su tabelle Excel. Il numero totale di misure rilevate con i due spettrofotometri viene riportato di seguito nelle tabelle 2.1, 2.2, 2.3, divise per ogni concentrazione.

giorno 0 giorno 4 giorno 7 giorno 11

14/05 0 2 0 0 17/05 3 0 3 0 21/05 0 3 0 0 24/05 3 0 3 0 28/05 0 3 0 3 31/05 0 0 3 0 04/06 0 3 0 3 07/06 5 0 3 0 11/06 0 3 0 3 14/06 0 0 0 0 TOTALE 11 14 12 9

(38)

giorno 0 giorno 4 giorno 7 giorno 11 14/05 0 2 0 0 17/05 3 0 2 0 21/05 0 3 0 0 24/05 3 0 3 0 28/05 0 3 0 3 31/05 0 0 3 0 04/06 0 2 0 3 07/06 6 0 2 0 11/06 0 3 0 3 14/06 0 0 1 0 TOTALE 12 13 11 9

Tabella 2.2: Numero di misure effettuate su scaffolds a 40mM di calcio

giorno 0 giorno 4 giorno 7 giorno 11

14/05 0 2 0 0 17/05 3 0 2 0 21/05 0 3 0 0 24/05 3 0 3 0 28/05 0 3 0 3 31/05 0 0 1 0 04/06 0 2 0 3 07/06 6 0 3 0 11/06 0 4 0 3 14/06 0 0 2 0 TOTALE 12 14 11 9

(39)

2.4

Elaborazione dati

Alla fine di ogni acquisizione, si `e proceduto all’elaborazione dei dati attra-verso uno Script di Matlab in modo da avere una valutazione preventiva degli spettri di assorbanza.

Si `e graficato dunque l’andamento di assorbanza e di trasmittanza ponendo sulle ascisse le lunghezze d’onda ed in ordinata la media delle misure alla stessa concentrazione di calcio. Inoltre si `e scelto di utilizzare la funzione errorbar, la quale grafica media e deviazione standard o errore standard per ogni lunghezza d’onda presa in esame, cos`ı da quantificare la variabilit`a delle misure.

ERRORE STANDARD L’errore standard (SE) di una statistica (di so-lito una stima di un parametro) `e la deviazione standard della sua distribu-zione campionaria. Se il parametro o la statistica `e la media, come in questo caso, viene chiamato l’errore standard della media (SEM). Questo parame-tro valuta la variabilit`a del dato stimato, che in questo caso corrisponde alla media di tutti i campioni relativi alla stessa condizione. Si calcola dividendo la deviazione standard σ della popolazione per la radice quadrata del numero di n esperimenti effettuati, in questo caso 3:

SEM =√σ

n (2.1)

Al fine di ottenere una migliore rappresentazione, i dati sono stati inoltre normalizzati dividendo per il valore di lunghezza d’onda a 560 nm, che corri-sponde alla lunghezza d’onda del terreno di coltura contenuto in ogni scaffold. Esempi di rappresentazioni cos`ı ottenute sono illustrati in figura 2.6 e 2.7, e riguardano l’assorbanza e la trasmittanza media di una popolazione di cam-pioni.

(40)
(41)

Figura 2.7: Errorbar di campioni al giorno 4, L2 (misure con sistema portatile).

Ci si `e avvalso dell’utilizzo di Matlab anche successivamente, sia per valutare l’andamento dell’assorbanza nel tempo, sia per studiare la correlazione tra i due strumenti.

(42)

2.5

Correlazione

Per valutare l’affidabilit`a con cui un valore di assorbanza rilevato dallo stru-mento portatile corrisponde ad uno rilevato dal gold standard, si `e utilizzata la correlazione di Pearson o coefficiente di correlazione lineare, un indice che esprime un’eventuale relazione di linearit`a tra due variabili statistiche. Date due variabili statistiche X e Y, esso si calcola come:

ρX,Y =

cov(X, Y ) σX ∗ σY

(2.2) dove cov(X, Y ) `e la covarianza tra X e Y e σX , σY sono le due deviazioni

standard.

Il coefficiente assume sempre valori compresi tra -1 e 1: in particolare, se `e positivo le variabili X e Y si dicono direttamente correlate in modo tanto maggiore quanto ρX,Y `e pi`u vicino a 1, se `e negativo le variabili X e Y si

di-cono inversamente correlate. Se invece l’indice `e uguale a zero, i due metodi di misura non sono correlati.

Si `e utilizzato uno script in ambiente Matlab per isolare le lunghezze d’on-da comuni ad entrambi gli strumenti sulle quali si `e poi valutato questo parametro.

2.6

Grafico di Bland-Altman

Il metodo di Bland-Altman `e una tecnica statistica che consente sia di valu-tare la dimensione dell’accordo/disaccordo fra due metodi di misurazione, sia di individuare la presenza di eventuali differenze sistematiche, valori anomali (outlier) e particolari strutture di disaccordo (pattern) [51]. Bland e Altman proposero l’uso di un metodo grafico per rappresentare su un diagramma cartesiano la relazione tra i valori delle differenze di due misurazioni della stessa natura (asse delle ordinate) e la loro media (asse delle ascisse). Assieme al grafico a dispersione risultante (scatterplot) vengono tracciate anche la linea relativa alla media delle differenze delle due misurazioni (bias)

(43)

e le linee corrispondenti ai limiti di concordanza del bias (bias ± 2σ, dove σ rappresenta la deviazione standard). Il bias (errore medio sistematico) rap-presenta la media delle differenze fra i risultati ottenuti con la prima metodica rispetto a quelli ottenuti con la seconda nella misurazione del fenomeno in esame e costituisce il baricentro dei punti sperimentali graficamente rappre-sentati; l’assunzione di una distribuzione normale delle differenze fra le due misurazioni, dovuta in genere all’effetto esercitato dal caso, consente di af-fermare che il 95% delle differenze sia compreso nell’intervallo: bias ± 2σ. I punti che ricadono all’interno dei limiti di concordanza indicano che le due metodiche forniscono risultati congruenti, mentre i punti fuori dai limiti rap-presentano i casi di effettiva discordanza.

(44)
(45)

Capitolo 3

RISULTATI E DISCUSSIONE

Il presente lavoro di tesi ha come obiettivo principale la caratterizzazione di scaffolds in alginato attraverso misure ottiche, al fine di rilevare le dif-ferenti concentrazioni di calcio presenti al loro interno. Tali misure sono state effettuate con uno strumento portatile (realizzato a basso costo) e uno professionale da banco; una comparazione dei due strumenti `e stata inoltre effettuata per la validazione dello strumento portatile.

Al fine di ricavare un set di dati sperimentali consistenti, sono stati realiz-zati scaffolds a diversa concentrazione di calcio. La tabella 3.1 riportata di seguito riassume il numero di campioni processati, rispetto alle giornate/-concentrazioni considerate. 20 mM 40mM 80mM GIORNO 0 8 9 9 GIORNO 4 9 8 9 GIORNO 7 9 9 9 GIORNO 11 9 9 9

Tabella 3.1: Dati utilizzati per le successive valutazioni

Come anticipato nella sezione 2.1 sono state considerate due differenti me-todologie per l’inclusione degli scaffolds nella piastra da leggere al Tecan.

(46)

Questi danno origine a spettri di assorbimento con caratteristiche molto di-verse (figura 3.1). I risultati del primo metodo, che prevede di sezionare lo scaffold, sono riportati nel pannello di sopra e sono caratterizzati da una deviazione standard molto maggiore rispetto a quelli del secondo approccio (pannello inferiore), che utilizza una siringa per includere il campione nella piastra.

Questo risultato sottolinea quanto sia importante cercare di preservare l’in-tegrit`a strutturale degli scaffolds per ottenere misure pi`u coerenti e precise. Per questo motivo tutti i campioni acquisiti con il metodo a sezionatura sono stati esclusi dall’analisi descritta nei prossimi paragrafi.

Figura 3.1: Confronto tra due metodi di inclusione degli scaffold nelle piastre da 96 pozzetti. Metodo a sezionatura (sopra) e ad aspirazione (sotto).

(47)

3.1

Risultati dello spettrofotometro

profes-sionale

3.1.1

Andamento dell’assorbanza nel tempo

Inizialmente la variazione di assorbanza nel tempo, per le diverse concen-trazione di calcio testate, `e stata valutata tramite il lettore multi piastra Tecan.

Figura 3.2: Andamenti dell’assorbanza delle tre concentrazioni di calcio nelle quattro giornate (misurati col Tecan).

(48)

Questa analisi permette di caratterizzare l’effetto delle normali condizioni di coltura cellulare (ambiente liquido, temperatura di 37oC e 5 % CO2)

sull’in-tegrit`a strutturale degli scaffolds e sulle loro propriet`a ottiche. I risultati di questa analisi sono riportati in Figura 3.2 e descritti in dettaglio nel seguito.

GIORNO 0 Analizzando il grafico in figura 3.2, risulta chiaro come il contenuto di carbonato di calcio degli scaffolds sia discriminabile attraverso le misure di assorbanza, nonostante l’alta similarit`a tra le condizioni. Al crescere della concentrazione di CaCO3, infatti, l’assorbanza aumenta in

tutto l’intervallo di lunghezze d’onda considerato.

Si pu`o dunque affermare che la concentrazione di carbonato di calcio nella struttura risulti proporzionale alla luce assorbita dal campione. Il giorno successivo alla polimerizzazione, tuttavia non `e il momento ideale per questa valutazione, vista la pi`u alta similarit`a tra le condizioni, rispetto alle altre giornate.

GIORNO 4 Dopo quattro giorni dalla polimerizzazione, il range dinamico degli spettri di assorbanza risulta maggiore. Valutando ad esempio l’assor-banza nel range di lunghezze d’onda 600-900 nm, si pu`o constatare come i campioni con concentrazione di carbonato di calcio 20 mM abbiano un assorbanza minore, rispetto alla prima misura, con un abbassamento me-dio del 6%. Questo comportamento si verifica anche per gli scaffolds a 40 e 80 mM, seppure con un’ampiezza minore (abbassamento medio del 3.5 e 1.5 %, rispettivamente). Questo fenomeno, probabilmente dovuto ad un’in-fluenza della concentrazione di CaCO3 sulle dinamiche di assestamento degli

scaffolds contribuisce a rendere le tre condizioni facilmente distinguibili.

GIORNO 7 La diminuzione di assorbanza valutata al giorno 4 continua anche ad una settimana dalla polimerizzazione, sia per i campioni a 20 mM di calcio che per quelli a 40 mM (abbassamento medio rispetto al giorno 0 di

(49)

15.5 e 7.5 % rispettivamente). I campioni contenenti 80 mM di calcio, invece risultano avere un’assorbanza paragonabile a quella registrata al giorno 4.

GIORNO 11 Nelle misurazioni del giorno 11, si confermano gli andamenti delle giornate precedentemente analizzate: l’assorbanza per gli scaffolds a 20 mM diminuisce ancora, cos`ı come in modo pi`u lieve quella degli scaffolds a 40 mM. Lo spettro relativo ai campioni a 80 mM risulta quasi inalterato rispetto al giorno 7.

Da questa analisi pare che i campioni con una pi`u alta concentrazione di calcio si comportino in modo diverso dagli altri. Questo potrebbe essere spiegato considerando che campioni con una concentrazione di CaCO3 superiore a 50

mM presentano delle disomogeneit`a, dovute alla precipitazione del carbonato di calcio. Ci`o causa la formazione di due fasi distinte: una gelatinosa e dal colore pi`u trasparente e tendente al rosa; l’altra pi`u concentrata e di colore tendente al bianco (figura 3.3, immagine a destra).

Figura 3.3: Esempio di scaffolds a concentrazione 20, 40, 80 mM di CaCO3.

Questa disomogeneit´a, presente solo negli scaffolds a concentrazione di calcio pi´u alta (figura 3.3) si traduce, nel tempo, in una perdita di integrit`a strut-turale che influenza la misura di assorbanza.

La diminuzione di assorbanza nel tempo, invece, potrebbe essere legata al processo di gelazione interna discusso nel 1.3, che sfrutta una reazione chi-mica in grado di scindere il carbonato di calcio in ioni calcio e anidride

(50)

carbonica. La formazione di quest’ultima si traduce nella crezione di bolle di CO2 in quantit´a proporzionale alla concentrazione di carbonato di calcio che

rimangono intrappolate nella matrice di alginato (Figura 3.4). Queste sacche di gas vengono poi gradualmente sostituite dal terreno di coltura andando a modificare l’assorbanza media del campione.

Figura 3.4: Esempio di scaffold con bolle visibili al suo interno.

3.2

Risultati dello spettrofotometro portatile

Le indagini effettuate con il lettore multi piastra Tecan, volte ad indagare le propriet`a ottiche delle matrici di alginato, sono state svolte anche con lo spettrofotometro portatile “Casper”, il cui funzionamento `e stato spiegato nella sezione 2.2. Uno degli obiettivi di questo lavoro di tesi `e stato infatti studiare la relazione che lega le misure ottenute con questi due strumenti. Anche per i dati ricavati con questo dispositivo si `e calcolato media ed er-rore standard dei campioni acquisiti alla stessa concentrazione. Inoltre, si `e provveduto a trasformare la trasmittanza in assorbanza al fine di rendere lo spettro di Casper confrontabile con quello del Tecan.

Avendo acquisito le misure di assorbanza per entrambi gli orientamenti de-gli scaffolds, si riportano i rispettivi grafici valutandone in seguito anche le differenze.

(51)

3.2.1

Andamento dell’assorbanza nel tempo (L1)

Confrontando gli spettri ottenuti con i due strumenti (figure 3.2, 3.5, 3.6, 3.7, 3.8), si nota come gli spettri di assorbanza abbiano una forma diversa.

Figura 3.5: Andamenti dell’assorbanza delle tre concentrazioni di calcio al giorno 0 (sopra) e 4 (sotto), lato L1.

(52)

Figura 3.6: Andamenti dell’assorbanza delle tre concentrazioni di calcio al giorno 7 (sopra) e 11 (sotto), lato L1.

(53)

3.2.2

Andamento dell’assorbanza nel tempo (L2)

Figura 3.7: Andamenti dell’assorbanza delle tre concentrazioni di calcio al giorno 0 (sopra) e 4 (sotto), lato L2.

(54)

Figura 3.8: Andamenti dell’assorbanza delle tre concentrazioni di calcio al giorno 7 (sopra) e 11 (sotto), lato L2.

(55)

Questa divergenza `e dovuta al fatto che la sorgente di luce dello strumen-to portatile `e costituita da 5 led - ognuno avente una lunghezza d’onda di eccitazione differente - i quali emettono luce contemporaneamente; la sovrap-posizione delle stimolazioni genera uno spettro di intensit`a non uniforme. Lo strumento professionale, invece, `e in grado di emettere ogni lunghezza d’on-da di stimolazione singolarmente portando ad una stimolazione uniforme su tutto il range considerato.

Nonostante lo strumento Casper sia meno complesso rispetto al gold stan-dard, la sua precisione risulta sufficiente ed adeguata per caratterizzare le matrici di alginato. E’ infatti possibile osservare come l’andamento degli spettri di assorbimento dei campioni presi in esame sia coerente con quello dello strumento professionale: gli scaffolds a pi`u alta concentrazione assorbo-no una maggior quantit`a di radiazioni visibili e infrarosse rispetto a scaffolds a concentrazione minore. Si pu`o dunque affermare che le considerazioni inerenti lo spettrofotometro professionale valgono anche per lo strumento portatile.

3.2.3

Valutazione dei due orientamenti L1 e L2

Le misure eseguite per i due lati dello scaffold sono risultate essere differenti: in particolare, gli spettri di L2 presentano un errore standard decisamente minore. Ci`o significa che i valori di assorbanza dei campioni alla stessa con-centrazione risultano essere pi`u simili nel lato dove il fondo `e pi`u vicino al ricevitore rispetto al lato dove il fondo `e rivolto verso la fonte di luce. La spiegazione di questa diversit`a `e dovuta al fenomeno di dispersione (scatte-ring in inglese), ovvero il processo per cui le radiazioni incidenti sulla superfi-cie del campione vengono deflesse a causa della collisione con altre particelle. Lo scattering si distingue dalla riflessione e dalla rifrazione in quanto le de-flessioni si presentano in modo disordinato e per lo pi`u casuale.

Questo fenomeno avviene con maggior probabilit`a sul lato L1; la fonte di luce viene subito in contatto con una superficie le cui caratteristiche aumentano la possibilit`a di un cambio di traiettoria delle onde incidenti. Ci`o va a

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com-promettere la precisione dei risultati ottenuti dalle misurazioni.

Per questa ragione, le misure effettuate ponendo la parte superiore dello scaf-fold pi`u prossima alla sorgente di luce sono da preferire. Questa affermazione risulta comprovata anche dalle indagini sulla correlazione riportate in seguito.

3.3

Correlazione

Successivamente `e stata eseguita un’analisi di correlazione tra i due strumenti per determinare la concordanza tra le loro misure. Il coefficiente di Pearson `e stato calcolato per ogni lunghezza d’onda comune ai due strumenti e l’analisi di questi risultati ha permesso di determinare il segnale di stimolo ottimale per valutare la concentrazione di CaCO3 in scaffolds di alginato. I due lati

degli scaffolds sono risultati associati a risultati diversi, 830 nm (R2=0.97)

per L1 e 710 nm (R2=0.98) per L2. Di conseguenza risulta chiaro come i

valori di assorbanza misurati dai due strumenti siano altamente correlati e come fare acquisizioni secondo la configurazione L2 porti a risultati migliori. Nei grafici in figura 3.9, sono rappresentati dodici punti riferiti ai valori di assorbanza alla lunghezza d’onda per la quale vi `e massima correlazione de-gli scaffolds a 20, 40 e 80 mM nelle quattro giornate. Attraverso la funzione errorbarxy, `e possibile valutare l’errore standard sulle misure effettuate con lo strumento professionale (in nero) e su quelle con il sistema portatile (in rosa).

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Figura 3.9: Correlazione tra il gold standard ed i due lati dello strumento Casper.

(58)

Si pu`o notare che esiste una relazione lineare tra le due misurazioni, la cui retta interpolante viene descritta dall’equazione:

AssorbanzaSIST EM AP ORT AT ILE = a ∗ AssorbanzaGOLDST AN DARD+ b (3.1)

Nel caso di L1, si ha che a=0.2877 e b=0.6824 (figura 3.10).

Figura 3.10: Relazione lineare strumento professionale - strumento portatile (L1)

(59)

Nel caso di L2, si ha invece che a=0.2552 e b=0.706 (figura 3.11).

Figura 3.11: Relazione lineare strumento professionale - strumento portatile (L2)

I risultati ottenuti dimostrano l’equivalenza dei due strumenti e quindi la possibilit`a di quantificare in maniera non distruttiva la concentrazione di calcio in scaffold di alginato.

3.4

Grafico di Bland-Altman

I risultati del confronto tra i due strumenti riportati nella sezione preceden-te sono ulpreceden-teriormenpreceden-te confermati dal grafico di Bland-Altman, che riporta la relazione tra la differenza tra le due misure e la loro media. Come mo-strato in Figure 3.12 e 3.13 tutti i punti sperimentali si collocano all’interno dell’intervallo di confidenza (linee tratteggiate) e il bias (linea continua) `e nullo.

(60)

Figura 3.12: Grafico di Bland-Altman strumento professionale - strumento portatile (L1).

Figura 3.13: Grafico di Bland-Altman strumento professionale - strumento portatile (L2).

(61)

Questi grafici evidenziano una dipendenza dell’errore dalla concentrazione di calcio che sembra indicare una tendenza di Casper a sovrastimare l’as-sorbanza dei campioni a 20 mM e a sottostimare quelli a 80 mM. Questa caratteristica, comune sia a L1 che a L2 tenderebbe ad identificare 40 mM di CaCO3 come la condizione ideale per un futuro utilizzo di Casper per la

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Conclusioni e sviluppi futuri

Il presente lavoro di tesi si inserisce in una linea di ricerca attiva presso il la-boratorio di Ingegneria Cellulare e Molecolare ”Silvio Cavalcanti” DEI - UOS Cesena, che si propone di sviluppare strumenti e metodologie per la misura non invasiva delle propriet`a di scaffolds tridimensionali e delle cellule al loro interno. Per questo studio, in particolare, sono stati considerati i metodi di misura ottici, che sono largamente utilizzati per la caratterizzazione dei materiali sia inorganici che organici. Tuttavia, molti approcci correntemente utilizzati si limitano ad analizzare i campioni in due dimensioni ed altri, pur studiando i materiali nelle loro tre dimensioni, sono stati mutuati da indagini 2D e perci`o presentano notevoli limitazioni.

Di conseguenza gli scopi principali di questo lavoro sono stati lo sviluppo di un metodo di misura ottico nativo per il 3D in grado di quantificare il contenuto di calcio di scaffold di alginato privi di cellule e la validazione di uno spettrofotometro portatile in grado di effettuare questa misura. Questo sistema ha dimensioni contenute ma performances comparabili a quelle di uno strumento da banco, considerato come gold standard, su tutto il range di concentrazioni di calcio considerate.

Questo risultato apre numerose prospettive future, sia per quanto riguarda lo sviluppo di nuove metodiche di indagine non invasive, sia per l’ingegneria dei tessuti in generale. Infatti il metodo sviluppato in questa tesi verr`a ulteriormente caratterizzato e utilizzato su scaffolds contenenti popolazioni cellulari, per valutarne la densit`a in maniera non-distruttiva.

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Le dimensioni ridotte di questo strumento, inoltre, ne permetteranno l’inte-grazione in un bioreattore, un dispositivo in grado di mantenere efficacemente condizioni di coltura controllate (es. sterilit`a, temperatura, concentrazione nutrienti) e che permette di monitorare in maniera semplice e veloce i pi`u importanti parametri di crescita e differenziamento. Questo sviluppo fornir`a uno strumento importante ai ricercatori che avranno modo di monitorare la crescita delle loro colture 3D in real-time e in maniera non distruttiva. Questi vantaggi si combineranno con quelli delle colture tridimensionali e con il loro progressivo sviluppo. I sistemi analizzati, infatti, mostrano interessanti potenzialit`a e possono essere sfruttati per diverse applicazioni. Ad esempio, alcuni studi hanno dimostrato la loro efficacia nello screening di farmaci antitumorali data la loro pi`u accurata riproduzione della progressione dei tumori umani [52]. Altri studi hanno invece evidenziato la loro utilit`a nel campo della rigenerazione tissutale. In questo ambito, infatti, l’utilizzo di strutture 3D che mimino pi`u fedelmente le caratteristiche fisiologiche dei tessuti potrebbe fornire un’importante strumento, sia in ambito di ricerca che in clinica, visto che l’utilizzo di cellule autologhe ridurrebbe la risposta infiammatoria post-impianto.

Per concludere, la validazione di tecniche di indagine capaci di effettuare misure non distruttive nelle tre dimensioni, come quella presentata nel pre-sente elaborato di tesi, costituir`a un importante passo in avanti nell’ambito dell’ingegneria tissutale, in quanto fornir`a un contributo fondamentale nel-l’affermazione dei sistemi di coltura cellulare 3D. Questo risultato porter`a no-tevoli miglioramenti nell’ambito della sperimentazione in vitro migliorandone la precisione e l’affidabilit`a.

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Figura

Figura 1.2: Tipica struttura “egg box” dell’alginato.
Figura 1.4: Scaffolds in alginato con estremit` a superiore di forma conica.
Figura 1.5: Cellule vive e morte differenziabili tramite Trypan Blue.
Figura 1.6: Spettro elettromagnetico
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Riferimenti

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