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Chirurgia e capacita' cognitive: impatto della chirurgia dei trapianti sul profilo neurocognitivo

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Academic year: 2021

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INDICE

RIASSUNTO pag 2 INTRODUZIONE pag 4 LA QUALITA’ DELLA VITA pag 9 LA NEUROPSICOLOGIA pag 11 IL TRAPIANTO DI FEGATO pag 20 SCOPO DELLA RICERCA pag 24 MATERIALE E METODO pag 24 RISULTATI pag 35 DISCUSSIONE pag 38 CONCLUSIONI pag 42 TABELLE pag 43

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RIASSUNTO

Il trapianto di fegato è il trattamento di scelta per le affezioni epatiche allo stadio terminale a varia eziologia. Con il miglioramento delle tecniche di innesto e delle terapie meccaniche e farmacologiche, la sopravvivenza di questi pazienti ha raggiunto importanti traguardi e parimenti è cresciuto l’interesse per la loro qualità della vita ed il loro funzionamento. Lo scopo di questa ricerca è valutare la qualità di vita e le capacità cognitive dei pazienti sottoposti a trapianto di fegato. Sono stati arruolati 168 soggetti: 77 pazienti trapiantati da oltre tre anni (3A) e 43 pazienti trapiantati da meno di un mese (1M), seguiti presso il Centro Trapianti di Fegato di Cisanello dell’AOUP Pisana. Il gruppo di controllo è costituito da 48 soggetti appartenenti alla popolazione generale (C). Il campione è stato studiato mediante somministrazione di test neurocognitivi e di scale in auto-valutazione relative alla sintomatologia depressiva (BDI), ansiosa (STAI-Y) e alla qualità della vita (SF-36). I pazienti trapiantati di ambedue i gruppi hanno riportato punteggi inferiori nei test cognitivi rispetto ai controlli; vi sono significative differenze alla BDI; per quanto riguarda la STAI-Y, tutti i pazienti esprimono maggiore ansia di stato, mentre i 3A hanno livelli di ansia di tratto maggiori rispetto ai C. Il gruppo 3A, verso i C, presenta all’SF-36 punteggi inferiori nei fattori che esplorano il funzionamento fisico, e lavorativo, mentre non appaiono differenze nei domini riferiti alla salute, sia generale che mentale. Inoltre è emerso che le

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donne trapiantate hanno peggiori punteggi alla BDI rispetto agli uomini e presentano punteggi inferiori nei domini che esplorano la vitalità e la salute mentale della SF36 e peggiori punteggi alla FV Cat. I dati della letteratura sono discordanti, sia per quanto riguarda la salute mentale, sia per la qualità della vita mentre invece concorda sul deterioramento cognitivo presente in gran parte di questo tipo di pazienti. Esiste un deterioramento cognitivo, piuttosto grave, di cui il soggetto trapiantato non sembra avere coscienza: riferisce infatti, di avere una salute fisica e mentale (item per la salute mentale) comparabile ai controlli, condizione che non viene confermata dagli altri item in cui appare, oltre ad un maggiore dolore, un livello inferiore di autonomia e di funzionamento lavorativo dal punto di vista della sfera sia fisica che emotiva. Il fattore depressione è collegato a scadente salute fisica ed è presente essenzialmente nelle donne. Lo studio preliminare ha l’obiettivo di valutare la necessità di un collegamento con i servizi psichiatrici nelle Unità di trapianto di fegato.

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INTRODUZIONE

Il trapianto di fegato (OLT) è divenuto il trattamento di scelta per l’epatopatia in fase terminale a varia eziologia, basti pensare all’alto tasso di mortalità negli stadi finali, stimato intorno all’80% a fronte delle crescenti possibilità di sopravvivenza post-trapianto grazie alle avanzate tecniche chirurgiche e alle efficaci terapie immunosoppressive (Bismuth H. e coll, 1987). Esso comporta un onere di rilievo per le risorse sanitarie, ma incide positivamente sull’economia individuale ovvero sulla qualità della vita che sembra migliorare rispetto alle fasi pre-trapianto senza tuttavia, raggiungere un livello equiparabile a quello della popolazione normale.

Considerando dunque la sinergia positiva tra gli esiti dell’intervento chirurgico e l’allungamento della sopravvivenza, si palesa la necessità di verificare il successo dell’OLT ed il suo impatto sul paziente in termini di funzionamento cognitivo e di qualità della vita.

Tarter e coll., (1991) hanno effettuato il primo lavoro longitudinale su 53 pazienti valutati prima e oltre 2 anni dopo l’OLT e confrontati con un gruppo di controllo. I risultati rivelano un miglioramento globale della qualità di vita dopo il trapianto rispetto alla fase precedente, ma solo il miglioramento della sfera fisica raggiungeva livelli simili a quelli della popolazione generale, mentre gli aspetti relativi alla sfera psico-sociale restavano a livelli inferiori. Questi dati sono stati successivamente confermati su una casistica

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più numerosa e con follow-up fino a 5 anni dal trapianto (Levy e coll., 1995). Il miglioramento progressivo della qualità di vita era evidente dopo il primo anno dall’intervento, anche in termini di capacità lavorativa, che si era dimostrata ridotta durante il primo anno dopo l’intervento rispetto al pre-trapianto

Lo studio prospettico di Moore K.A. e coll., (2000), ha valutato i pazienti dopo 1, 3 e 9 mesi dal trapianto ed ha evidenziato un miglioramento cognitivo e della qualità della vita rispetto al periodo precedente l’OLT, che inizia a manifestarsi al terzo mese dopo il trapianto per mantenersi poi stabile alla valutazione successiva. Nel corso della epatopatia grave l’encefalopatia provocherebbe insulti al lobo frontale che si esprimono attraverso una sintomatologia ansioso-depressiva e con deterioramento intellettivo. Tale condizione, aggravata dagli stress farmacologici e dalle frequenti ospedalizzazioni, porterebbe poi alla perdita del ruolo sociale e lavorativo.

De Bona e coll. (2000), relativamente alla qualità della vita e allo stato psicologico, indicano un miglioramento nei pazienti trapiantati rispetto a quelli affetti da cirrosi nell’immediato post-trapianto, seguito da un peggioramento a 13-24 mesi per la qualità della vita e a 7-12 mesi per la sintomatologia ansiosa, per poi migliorare entrambe dopo oltre 36 mesi dall’OLT.

Lewis e Howdle (2003) hanno riscontrato nei soggetti trapiantati di fegato da oltre 10 anni un punteggio ai test

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significativamente più basso, rispetto ai controlli, per la qualità della vita e per una vasta gamma di funzioni cognitive (memoria verbale, visiva e funzionamento visuo-spaziale). Ciò suggerisce un danno globale, che si mantiene fino ad oltre 10 anni, non imputabile tuttavia ad una problematica psichiatrica poiché i punteggi alle scale per l’ansia e per la depressione non presentano differenze rispetto ai controlli. Questo lavoro non riesce a chiarire se subito dopo il trapianto il profilo cognitivo e la qualità della vita dei pazienti raggiungano valori normali o regrediscano a causa di variabili sconosciute (terapia immunosoppressiva, comorbidità con altre patologie, ecc.).

Russel e coll (2008) hanno valutato la sintomatologia ansioso-depressiva con apposite scale e, la qualità della vita, con la SF-36. Dal loro studio risulta che il miglioramento della qualità della vita incrementa con il decrescere della sintomatologia ansioso-depressiva.

Belle e coll. (1997), hanno condotto uno studio prospettico su 346 pazienti da 6 anni prima ad un anno dopo OLT ed è emerso un miglioramento significativo della qualità di vita dopo il trapianto, con benessere percepito comparabile alla popolazione generale.

Altri lavori concludono che tra i fattori che possono influenzare la qualità della vita dopo l’intervento, non sono risultati determinanti né lo stato di compromissione clinica pre-OLT, né le complicanze mediche o il tipo di terapia immunosoppressiva in atto (Di Bona e coll., 1998; Brown e

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Suppers, 1998; Di Martini, 1997; Scholler e coll., 1997). Identificare e quantificare eventuali deficit neuropsicologici in questi pazienti, aiuterebbe a pianificare un percorso riabilitativo per i soggetti già interessati dal disturbo e a strutturare modifiche nella gestione della fase del pre-trapianto e della terapia intensiva, finalizzate alla prevenzione primaria e secondaria di queste alterazioni. Infatti, non si può andare incontro alle esigenze del paziente e comprendere i livelli della sua qualità di vita, a prescindere dalle variabili che lo interessano, come lo stato socio-familiare e lavorativo, terapie immunosoppressive, ripetizione del trapianto di fegato o l’essere portatore di un virus epatotropo come l’HCV che rimanendo nell’organismo può andare ad infettare anche il fegato nuovo. Fondamentale è considerare che la qualità della vita è strettamente correlata a quella fisica, entrambe decisamente compromesse prima del trapianto (Russel e coll., 2008).

Un lavoro di Bush e Beverly (2004) ha evidenziato l’interferenza dei fattori psicosociali, timici e neuropsicologici, sui risultati del trapianto di fegato; inoltre ha concluso che il funzionamento neuropsicologico e la qualità di vita di questi pazienti possono migliorare, ma non normalizzarsi, soprattutto se il candidato al trapianto presenta una cirrosi alcolica grave, le cui problematiche psichiatriche e/o neurologiche inducono ad una scarsa compliance ai trattamenti e alle raccomandazioni mediche.

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Mechtcheriakov e coll. (2004), hanno tentato di interpretare il ruolo controverso dell’encefalopatia epatica minima (Hartmann Ij. e coll,2000; Groeneweg M. e coll,1998) sul rendimento cognitivo nella fase post-trapianto (a 21 mesi), comparato a quello della popolazione di controllo. Hanno utilizzato una batteria di test neuropsicologici misurando le capacità visuo-costruttive e visuo-motorie (VMCP), fluenza verbale (VF) e funzione-memoria. I loro dati hanno mostrato, nella fase pre-trapianto, un pronunciato deficit di attenzione, delle VMCP; un deficit meno evidente nelle funzioni di memoria e di VF. Dopo OLT, le prestazioni neurocognitive sono migliorate in una parte dei trapiantati ma altri hanno mantenuto bassi punteggi e questo non risulta correlabile alle variabili lunghezza e gravità di malattia, terapie immunosoppressive utilizzate, patologie in comorbidità, età ed istruzione.

Mechtcheriakov ipotizza che la differenza fra questi due gruppi di pazienti, sia imputabile ad una individuale sensibilità ai fattori neurotossici associati alla cirrosi che si riflette poi sul recupero o, sul peggioramento, dei deficit neuro-psichiatrici nella fase post-trapianto. Da qui la necessità di fare prevenzione durante la malattia somministrando trattamenti neuro-protettivi.

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LA QUALITÀ DELLA VITA

L’interesse per la qualità della vita si è particolarmente accentuato negli ultimi tre decenni con lo sviluppo di approcci metodologici ed aspetti applicativi in ambiti diversi. L’uso del termine risale agli anni Quaranta, con un utilizzo di tipo socio-economico nell’ambito di ricerche sul concetto di benessere identificato con la “soddisfazione di bisogni individuali” (De Leo D., 1999).

Una vasta letteratura riconosce l’importanza di questo parametro di valutazione (Leheman e coll., 1982). Nonostante siano ancora presenti difficoltà di definizione e di misurazione, i ricercatori sono concordi nel valutare il concetto di qualità della vita come confluenza di un’area puramente sociologica ed oggettiva di standard di vita verso il concetto di benessere soggettivo e di soddisfazione personale. Di fatto, il modo in cui il paziente considera il suo stato di salute ha acquisito oggi la dimensione di criterio valutativo dell’intervento medico.

La World Health Organization ha definito la qualità della vita come «una percezione individuale della propria posizione nella vita all’interno del contesto della cultura e dei valori in cui si vive, in relazione ai propri scopi, aspettative, standard ed interessi» (WHOQOL Group, 1995).

Oltre agli standard oggettivi di vita (quali l’abitazione, il lavoro, il reddito, ecc.), si valutano tre dimensioni integrate fra loro: la dimensione fisica (come il soggetto percepisce la propria condizione fisica), la dimensione psicologica (come il

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soggetto percepisce il proprio stato cognitivo ed affettivo) e la dimensione sociale (come il soggetto percepisce le proprie relazioni interpersonali e il proprio ruolo sociale).

Dunque, aspetti diversi e interdipendenti dell’esperienza umana sono letti in una valutazione unitaria che affermi la priorità e la centralità del paziente. Tutto ciò comporta delle implicazioni sia sul piano clinico che metodologico. Dal punto di vista clinico è importante garantire al paziente una corretta informazione (tipo di malattia, trattamento, prognosi) così da consentirgli di esprimersi e decidere riguardo la propria salute presente ed attesa. Dal punto di vista metodologico è importante che il paziente partecipi alla costruzione del modello teorico e degli strumenti di valutazione della qualità della vita e sia autonomo nel fornire giudizi e valori sulle dimensioni identificate. (Burra P., Naccarato R., Piccin, 2001).

Lo psichiatra ha dunque il compito di stabilire il legame fra il livello oggettivo (processi biologici e comportamenti osservabili) e quello soggettivo (esperienza personale) della vita di un paziente così da pianificare insieme ad esso, trattamenti più efficaci migliorando il rapporto costi/benefici dell’assistenza medica.

Gli studi sulla qualità della vita, associati alle variabili mediche classiche, sono risultati fondamentali per lo sviluppo di interventi preventivi, terapeutici o riabilitativi.

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LA NEUROPSICOLOGIA

La neuropsicologia è la disciplina che studia i correlati neurali delle funzioni nervose superiori con finalità conoscitive e diagnostiche. Con intento conoscitivo costruisce modelli dei processi cognitivi (in condizioni di normalità e di patologia) mentre a scopo diagnostico utilizza questi stessi modelli per interpretare i deficit presentati dai pazienti. Si avvale di test standardizzati e confrontati a gruppi di controllo.

L’indagine neuropsicologica è nata per cercare le relazioni dirette fra lesione organica cerebrale e riduzione del funzionamento cognitivo.

Con il susseguirsi degli studi si è capito che un danno psicopatologico può essere indipendente da una lesione cerebrale o può indicarla quando questa non è rilevabile con gli accertamenti neurodiagnostici (Trattato Italiano di

Psichiatria, 2002.). L’Attenzione

L’attenzione è una funzione cerebrale complessa che permette la focalizzazione volontaria o involontaria della conoscenza e delle attività del soggetto verso un determinato stimolo o contesto.

L’attenzione si definisce volontaria quando è il soggetto a focalizzarla su un determinato stimolo o compito; si definisce involontaria quando un determinato oggetto o stimolo colpisce l’attenzione del soggetto anche se egli non è

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concentrato su di esso.

L’attenzione può essere divisa in quattro distinte componenti: la vigilanza ossia la capacità di percepire uno stimolo, l’attenzione prolungata, cioè la capacità di concentrare l’attenzione per un periodo di tempo prolungato, l’attenzione selettiva o concentrazione, che si può definire come la capacità di concentrare l’attenzione su uno stimolo in particolare ignorando altri stimoli non pertinenti, e infine l’attenzione condivisa, ossia la capacità di suddividere le risorse dell’attenzione tra diversi messaggi simultanei.

I deficit dell’attenzione influenzano qualsiasi performance cognitiva, indipendentemente dalle abilità del soggetto.

I problemi di tracking mentale, cioè la difficoltà a manipolare un’informazione a livello mentale o di seguirne una complessa, si presentano nei soggetti che tendono a confondersi o si perdono completamente nel corso dell’esecuzione di prove complesse, come per esempio sottrazioni seriali, sebbene siano in grado di dimostrare su carta la loro competenza matematica.

La distraibilità è la funzione opposta all’attenzione ed è dovuta a un’incapacità del soggetto a concentrarsi. Tale difficoltà può esacerbare i problemi dell’attenzione e incrementare le probabilità di frustrazione e di affaticamento. La distraibilità può interferire con l’apprendimento e, in generale, con le prestazioni cognitive.

Il processo attentivo necessita di strutture cerebrali differenti ma interconnesse. Il talamo filtra gli stimoli che devono

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arrivare alla corteccia; la formazione reticolare è deputata alla vigilanza; aree mesencefaliche regolano la componente motivazionale del processo attentivo; il lobo frontale ed il cingolo sono necessari per il mantenimento dell’attenzione.

La Memoria

La memoria e l’apprendimento sono al centro di tutte le nostre funzioni cognitive. Gli studiosi oggi fanno tre fondamentali distinzioni a proposito della memoria. La prima distinzione separa la forma a breve termine preposta a conservare delle informazioni per un periodo di tempo piuttosto limitato, da quella a lungo termine relativa alle informazioni conservate per intervalli di tempo che variano da alcuni minuti a tutta una vita. La seconda distinzione riguarda i meccanismi che la memoria attua per conservare un’ informazione: la memoria implicita o non dichiarativa contiene informazioni memorizzate in maniera non cosciente, quella esplicita o dichiarativa implica la coscienza dei fatti accaduti e si divide in episodica (fatti collocati nei parametri spazio-temporali) e semantica (conoscenza di parole, simboli, regole). L’ultima distinzione riguarda i tre stadi della memoria: codifica, immagazzinamento e recupero. La codifica si riferisce alla trasformazione delle informazioni in un codice o rappresentazione che la memoria può elaborare; l’immagazzinamento è il mantenimento delle informazioni da codificare; il recupero è il processo per mezzo del quale le informazioni vengono recuperate dalla memoria. Questi tre

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stadi sono presenti sia nella memoria a breve termine che in quella a lungo termine.

Nella memoria a breve termine la codifica è sensoriale: visiva o acustica; infatti quando cerchiamo di mantenere attiva una informazione la ripetiamo più volte. Tale meccanismo di ripetizione serve a prolungare la durata della traccia mnemonica, e mantenerla per ore. La ripetizione aumenta la probabilità che un dato item venga immagazzinato in maniera permanente (Baddeley AD., 1986).

La capacità di immagazzinamento (memoria immediata, Span) è molto limitata: può acquisire da cinque a nove informazioni che nella maggior parte dei casi saranno dimenticate velocemente. Si dimentica sia perché gli elementi nuovi vengono sostituiti da altri, sia perché deperiscono con il tempo. Il processo di recupero ha una lentezza direttamente proporzionale al numero delle informazioni.

La memoria a breve termine rappresenta un ruolo molto importante come memoria di lavoro. Si tratta di uno spazio per il lavoro mentale soprattutto per i calcoli: lo usiamo come fosse una specie di lavagna sulla quale la mente esegue i suoi calcoli e scrive i risultati parziali per usarli in seguito (Baddeley AD., 1986).

La codifica della memoria a lungo termine è basata sul significato degli elementi siano essi parole isolate o frasi. Tale significato può essere espresso anche secondo un codice acustico (ad esempio riconoscere la voce di chi parla all’altro capo del telefono), visivo, gustativo o olfattivo. Deficit della

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fase di recupero della memoria a lungo termine sono imputabili ad un mancato accesso alle informazioni e non alla loro perdita o a problemi di immagazzinamento. Tali disturbi si verificano frequentemente quando è presente un’interferenza da parte di altri elementi che sono associati con lo stesso stimolo di recupero.

L’immagazzinamento delle informazioni può difettare per una interruzione del processo deputato a consolidare i nuovi ricordi.

La memoria esplicita o dichiarativa si manifesta nel ricordo e nel riconoscimento; quella implicita o non dichiarativa, si evidenzia nel miglioramento di un lavoro, sia esso di tipo percettivo, motorio o cognitivo: in quest’ultimo caso non c’è nessun ricordo conscio delle esperienze che hanno portato a tale miglioramento.

La memoria esplicita è stata sudddivisa da Tulvin (Tulvin, Thomson, 1973) in episodica e semantica. La prima fa riferimento al sistema coinvolto nella rievocazione di particolari esperienze o episodi; è strettamente influenzata dal livello d’attenzione e di organizzazione e questi due processi sono importanti per la formazione e il recupero del ricordo. La seconda immagazzina l’informazione che ha avuto origine in molte esperienze separate e che non sono rievocabili singolarmente; è influenzata da processi educativi e a sua volta influenza la nostra conoscenza percettiva del mondo fisico intorno a noi, il linguaggio, la nostra conoscenza della società e tutte le informazioni specialistiche che acquisiamo

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nell’ambito dei rapporti individuali o professionali.

Senza la memoria episodica, il soggetto ha grosse difficoltà ad aggiungere nuove informazioni alla memoria semantica. In sintesi si può affermare che la memoria semantica consiste nell’accumulo d’informazioni provenienti da numerosi episodi, riflette la nostra capacità di valutare globalmente l’insieme degli episodi, enucleando e mettendo in risalto le caratteristiche che sono comuni a un gruppo di episodi diversi; la memoria episodica invece, rappresenta la capacità di estrarre e recuperare un singolo evento dall’insieme (Tulvin, 1985). La memoria implicita è in grado di accumulare informazioni, ma non di estrarre ed identificare episodi specifici. Nell’ambito della memoria implicita si possono distinguere quattro separati sistemi:

- Priming; i soggetti, grazie a questo processo, hanno la capacità di identificare una parola acquisita in condizioni di rumore o di riprodurre la parola quando viene proposta soltanto la sua radice o una parte di essa.

- Apprendimento procedurale (procedural learning); si tratta dell’acquisizione di abilità motorie importanti, quali per esempio guidare la macchina, o cognitive, come la capacità di problem solving.

-Condizionamento associativo (associative conditioning); il condizionamento associativo può essere chiarito tramite un esempio pratico, quello riportato da Claparéde (1911): egli, con uno spillo nascosto nella mano, strinse la mano ad una paziente affetta da amnesia di Korsakoff. Il giorno seguente la

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paziente si rifiutò di stringergli la mano senza però riuscire stabilire un collegamento con la causa della sua ansia.

-Condizionamento valutativo (evalutative conditioning); il condizionamento valutativo si riferisce all’influenza dell’esperienza pregressa sulla valutazione dell’importanza dello stimolo.

Le strutture maggiormente coinvolte nei processi della memoria sono: ippocampo per lo sviluppo di nuova traccia mnesica; nucleo mediale dorsale del talamo (memoria verbale) e corpi mammillari per la formazione dei ricordi; circuito cortico-sottocorticale di Papez; sostanza grigia sottocorticale, sostanza bianca e nuclei della base.

L’Apprendimento.

L’apprendimento può essere definito come una rappresentazione interna che segue l’esperienza. La memoria è la ritenzione ed il recupero di tale rappresentazione interna. Si possono distinguere quattro tipi di apprendimento:

- Abituazione, in cui l’organismo impara ad ignorare uno stimolo familiare ed influente;

- Condizionamento classico, in cui l’organismo riconosce che ad uno stimolo ne segue un altro;

- Condizionamento operante, in cui l’organismo collega una certa risposta ad una determinata conseguenza;

- Apprendimento complesso rispetto alla semplice formazione di associazioni.

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intenzionale, che consiste nella capacità di acquisire e ricordare nuove informazioni; in forma incidentale, che consiste nell’apprendimento non imposto.

I processi di apprendimento sono sostenuti dal sistema dopaminergico lungo la via mesolimbicocorticale che proietta su regioni limbiche come l’ippocampo dorsale e su aree della corteccia frontale e prefrontale.

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Linguaggio

Il reperimento nel lessico e l’utilizzazione nel discorso delle singole parole costituisce un aspetto basilare nel comportamento verbale normale.

E’ noto da tempo che la riduzione del vocabolario è un elemento frequente nei disturbi del linguaggio conseguenti a lesione cerebrale acquisita (afasie) o a un disturbo psichiatrico. Questa riduzione del linguaggio può manifestarsi sia nell’ambito dell’eloquio spontaneo sia nel contesto di prove che richiedano al paziente di dare nomi ad oggetti che gli vengono presentati.

Le strutture anatomiche interessate nell’espressione linguistica sono: area di Wernicke (giro temporale superiore) per la comprensione del linguaggio udito; area di Broca (giro precentrale) per la produzione motoria del linguaggio. Le due aree sono collegate fra loro attraverso il fascio arcuato.

Le Funzioni Esecutive

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individuo è in grado di assumere con successo un comportamento finalizzato alla risoluzione dei problemi cognitivi (programmare, modificare e verificare un’azione deputata ad un determinato scopo).

Quando le funzioni esecutive sono integre, un individuo riesce a sopportare perdite cognitive considerevoli, continuare ad essere autonomo e a pensare a sé in maniera costruttiva. Quando le funzioni esecutive sono alterate, invece, il soggetto non riesce a prendersi cura di sé, a lavorare in modo produttivo o a mantenere normali relazioni sociali; tutto ciò indipendentemente da quanto siano conservate le altre funzioni cognitive.

I deficit cognitivi coinvolgono di solito funzioni specifiche o specifiche aree funzionali; le alterazioni a carico delle funzioni esecutive invece, tendono a presentarsi in maniera globale, interferendo su tutti gli aspetti del comportamento. I disturbi esecutivi possono influenzare direttamente il funzionamento cognitivo compromettendo le strategie di approccio, pianificazione od esecuzione di compiti cognitivi (Baddeley, 1986).

Le funzioni esecutive sono controllate dalle aree associative della corteccia prefrontale connesse alle strutture striatali.

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IL TRAPIANTO DI FEGATO

Il primo trapianto di fegato (OLT: orthotopic liver transplantation) venne eseguito nel 1963 da Thomas Starzl a Denver (Colorado); il primo che ebbe successo, sebbene a breve termine, fu nel 1967. Nella fase sperimentale per tutti gli anni '70, nonostante il progredire delle tecniche chirurgiche, soltanto il 25% circa dei pazienti sopravvivevano almeno un anno dopo trapianto di fegato. L'uso della ciclosporina migliorò decisamente i risultati e negli anni '80 il trapianto di fegato divenne un trattamento clinico standard sia per adulti sia per bambini per epatopatie terminali.

L’OLT viene oggi eseguito in centinaia di centri negli Stati Uniti, in Europa e nel resto del mondo. I tassi di sopravvivenza ad un anno sono saliti dal 30% all’80-85% a seconda delle condizioni preoperatorie dei pazienti. Le percentuali di sopravvivenza sono in continuo miglioramento sebbene l’OLT sia una operazione molto complessa (un intervento può durare anche 15 ore) e con numerose complicazioni.

Il 5%-15% dei trapiantati va incontro ad un nuovo trapianto di fegato con un tasso di successo che si aggira intorno al 60%. Il numero di organi disponibili è basso rispetto alle necessità, e anche per questo si sono sviluppate le tecniche di trapianto di fegato tra viventi. Quest’organo infatti si rigenera, ed è quindi possibile l'espianto parziale da un donatore vivente.

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che producono un malfunzionamento irreversibile del fegato, purché, naturalmente, il paziente non presenti altre patologie che precludano le possibilità di successo.

Le più comuni indicazioni all’OLT sono:

1) Le cirrosi epatiche da: infezioni virali da HCV, HBV, HDV, HAV, HEV (possono causare un’epatite fulminante, un quadro di cirrosi o di epatocarcinoma (HCC) come nel caso di HCV e HBV-HDV); epatiti autoimmuni; cirrosi alcolica; cirrosi biliare primitiva (CBP) e secondaria (CBS); colangite sclerosante primitiva; malattie metaboliche; cirrosi criptogenetica.

2) L’insufficienza epatica acuta da: HCV, HBV, HDV, HEV, intossicazione da paracetamolo o da Amanita Phalloides. La funzione epatica va a scompenso dopo circa 2 settimane-6 mesi dall’inizio dei sintomi.

3) La patologia tumorale (HCC) da: abuso alcolico, HCV, HBV, CBP, CBS, cirrosi criptogenetica, emocromatosi; colangiocarcinoma; metastasi; altri tumori.

4) Altre patologie: malattia policistica, S. di Budd-Chiari, malattie parassitarie.

Quasi tutti i trapianti sono eseguiti in modo ortotopico, ovvero il fegato originale viene rimosso e il nuovo fegato è trapiantato nella stessa posizione anatomica.

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La maggior parte degli OLT usa un fegato intero da un cadavere, specialmente nel caso di pazienti adulti. Altri sviluppi in campo chirurgico hanno portato alla tecnica split in cui un fegato viene diviso e trapiantato su due persone (due adulti o un adulto ed un bambino).

Come per tutti i trapianti, si utilizzano farmaci immunosoppressori antirigetto: corticosteroidi, tacrolimus e ciclosporina. La frequenza di rigetto nell’OLT è inferiore a quella che si verifica per gli altri organi trapiantati. In alcuni casi il farmaco antirigetto non è sufficiente ad arginare il problema ed allora l'unica possibilità di salvezza è rappresentata dall'esecuzione di un secondo trapianto.

Oggi, la sopravvivenza ad un anno è di circa l'80% e più della metà dei malati sottoposti all’OLT sopravvive per almeno 5 anni.

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PARTE SPERIMENTALE

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SCOPO DELLA RICERCA

Il presente contributo clinico si prefigge di indagare le capacità cognitive e la qualità della vita di pazienti sottoposti a trapianti di fegato. Allo studio hanno partecipato soggetti seguiti presso l’ U.O. di Trapiantologia Epatica dell’AOUP Pisana che hanno subito il trapianto da meno di un mese o da oltre tre anni.

MATERIALE E METODO

Criteri di inclusione/esclusione

Sono stati inclusi nello studio 168 pazienti trapiantati di fegato di cui 43 da meno di un mese (1M) e 77 da più di tre anni (3A), di età compresa tra i 18 e i 75 anni, assistiti presso l’ U.O. di Trapiantologia Epatica dell’AOUP Pisana.

I pazienti sono stati reclutati dal personale infermieristico specializzato della divisione chirurgica, durante le periodiche visite di controllo per il gruppo 3A, ed il periodo di degenza successivo a quello trascorso in terapia intensiva per il gruppo 1M.

Sono stati esclusi quei soggetti che non erano in grado di comprendere o firmare il consenso informato, oppure di parlare la lingua italiana.

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Metodo

Per tutti i partecipanti allo studio, previo consenso informato, è stata compilata una scheda per la raccolta dei dati anagrafici. I soggetti sono stati sottoposti ad una batteria di test costituita da una parte in auto-somministrazione per la valutazione dello stato di salute fisica e della sfera affettiva (SF-36, BDI, STAI-Y 1 e 2) e da una parte in etero-somministrazione per l’indagine del profilo neurocognitivo (MMSE, Digit Span, Rey Auditory Verbal Learning test, Trail Making test, Rey Osterrieth figura complessa, test di Fluenza Verbale).

I dati sono stati confrontati con un gruppo di controllo costituito da 48 soggetti prelevato da un campione di popolazione generale.

La somministrazione di tutti questi test richiede un tempo di circa 50-60 minuti per ciascun paziente in un’unica seduta. Questo parametro temporale è stato un limite riscontrato sia per coloro che hanno concluso la valutazione riferendo affaticamento, sia per quella parte di pazienti che ha interrotto la collaborazione adducendo motivazioni logistiche.

Analisi Statistica

I dati sono stati inseriti in modo anonimo su un database con Microsoft XP ed analizzati mediante SPSS 10.0. E’ stata fatta analisi della varianza e confronti multipli con test POST-HOC di Bonferroni sui punteggi equivalenti ottenuti alle

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scale cliniche ed ai test neuropsicologici nei tre gruppi, inoltre tale analisi è stata condotta sui punteggi equivalenti ottenuti nei tre gruppi suddivisi per genere.

Scale cliniche

Le scale utilizzate indagano le dimensioni sintomatologiche dell’umore, dell’ansia e della qualità della vita.

♦ BDI: Beck Depression Inventory (Beck A.T., Beck R.W., 1972)

È una scala di autovalutazione nella versione a 13 item. La quantificazione degli item è basata sulla scelta, da parte del paziente, di vissuti chiaramente esemplificati e ordinati secondo un livello di gravità crescente. Gli item spaziano, in modo equilibrato, su una gamma ristretta di sintomi che, per una precisa scelta, escludono ogni riferimento all’ansia. Lo spettro sintomatologico è quindi ristretto, ma al tempo stesso più specifico rispetto a tutte le altre scale di valutazione per la depressione. L’impostazione della scala risente chiaramente della posizione concettuale del suo Autore, noto per la sua interpretazione “cognitivista” della depressione. Il BDI può comunque essere considerato lo strumento standard per l’autovalutazione della depressione. La forma a 13 item viene calcolata su un punteggio che va da 0 a 39: 0-4 (depressione assente o minima), 5-7 (depressione lieve), 8-15 (depressione moderata), >16 (depressione grave).

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♦ STAI-Y: State-Trait Anxiety Inventory - forma y (Spielberger C.D, 1983)

La STAI-Y (evoluzione della forma X) è uno strumento di facile applicazione ed interpretazione, finalizzato alla rilevazione e misurazione dell’ansia, sia per finalità di tipo psicodiagnostico, sia per verificare l’efficacia e i benefici della psicoterapia.

È quindi utile come misura generica dello stress, non ponendo diretti riferimenti a situazioni di lavoro. Inoltre è applicata in psicologia clinica e sociale.

Il questionario è formato da 40 item, ai quali il soggetto deve rispondere in termini di intensità (da “quasi mai” a “quasi sempre”).

Gli item sono raggruppati in due scale focalizzate su come i soggetti si sentono generalmente (STAI-Y 2, ansia di tratto), o su quello che invece provano in momenti particolari (STAI-Y 1, ansia di stato).

Le due scale definiscono:

l’Ansia di stato, STAI-Y1, ove l’ansia è concepita come esperienza particolare, un sentimento di insicurezza, di impotenza di fronte ad un danno percepito che può condurre o alla preoccupazione oppure alla fuga e all’evitamento. Indaga l’ansia provata dal paziente al momento dell’esame, quindi in relazione con la situazione contingente.

l’Ansia di tratto, STAI-Y2 che consiste nella tendenza a percepire situazioni stressanti come pericolose e minacciose e a rispondere alle varie situazioni con diversa intensità.

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Rimanda ad una caratteristica relativamente durevole della personalità di un individuo, da intendersi come una predisposizione a reagire in modo ansioso di fronte ad eventi stressanti.

♦ SF-36: Short Form 36 Health Survey Questionnaire (Ware JE, Sherbourne CD, 1992).

L'SF-36 (IQOLA SF-36 Italian version 1.6) è un questionario sullo stato di salute del paziente. Si caratterizza per la brevità (mediamente il soggetto impiega non più di 10 minuti per la sua compilazione) e per la precisione (lo strumento è valido e riproducibile). E' stato sviluppato a partire dagli anni 80 negli Stati Uniti d'America come questionario generico, multi-dimensionale articolato attraverso 36 domande che permettono di assemblare 8 differenti scale. Le 36 domande si riferiscono concettualmente a 8 domini di salute: attività fisica (10 domande), limitazioni di ruolo dovute alla salute fisica (4 domande) e limitazioni di ruolo dovute allo stato emotivo (3 domande), dolore fisico (2 domande), percezione dello stato di salute generale (5 domande), vitalità (4 domande), attività sociali (2 domande), salute mentale (5 domande) e una singola domanda sul cambiamento nello stato di salute. Il questionario SF-36 può essere auto-compilato, o può essere oggetto di una intervista sia telefonica sia faccia-a-faccia. Tutte le domande dell'SF-36, tranne una, si riferiscono ad un periodo di quattro settimane precedenti la compilazione del

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questionario. La validità delle 8 scale dell'SF-36 è stata largamente studiata in gruppi noti di pazienti. Gli studi di validazione hanno inoltre dimostrato che l'SF-36 ha capacità discriminanti nei confronti di popolazioni con problemi psichiatrici o problemi fisici e di discriminare tra gruppi di popolazioni con condizioni mediche severe da gruppi di popolazioni moderatamente malate o sane.

Test neuropsicologici

I test neuropsicologici permettono di studiare diversi domini a seconda dei processi cognitivi che vengono esaminati. Questi test hanno caratteristiche molto diverse tra loro, sia per quanto riguarda i tempi necessari per l’esecuzione, sia per le difficoltà che incontrano ipazienti trapiantati.

Sebbene l’esecuzione di uno studio neuropsicologico possa richiedere molte ore, un’analisi piuttosto esauriente di un paziente trapiantato può essere condotta in 50-60 minuti circa.

Tale analisi comprende la valutazione delle seguenti dimensioni: funzioni cognitive globali, memoria di lavoro, memoria visiva, apprendimento di serie e richiamo differito, funzioni esecutive e attenzione, fluenza verbale e capacità di classificazione.

La scelta di questi test è basata sulla necessità di porre degli standard normativi per l’interpretazione delle informazioni ottenute mediante la valutazione.

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♦ Mini Mental State Examination ( Folstein et al., 1975) : MMSE.

È uno dei test psicometrici più noti ed usati per indagare il dominio cognitivo globale; è costituito da 11 item che indagano l’orientamento temporale e spaziale, la memoria a breve termine (immediata: memoria di fissazione o registrazione; l’attenzione e il calcolo; la memoria di richiamo); il linguaggio (denominazione, richiamo, comprensione orale, comprensione scritta e generazione di frase scritta, esecuzione di comandi); la prassia visuo-costruttiva.

Ciascuna delle seguenti aree viene valutata brevemente e con pochi elementi.

Il punteggio massimo è pari a 30, punteggi inferiori a 24 indicano la presenza di disturbi cognitivi. Lo strumento permette di quantificare le capacità cognitive del soggetto e di individuare eventuali disturbi funzionali. È di facile e rapido impiego e si è dimostrato sensibile ed affidabile sia in ambito diagnostico che negli studi longitudinali.

♦ Digit Span ( Wechsler, 1987).

Questo test valuta l’attenzione e la memoria di lavoro a breve termine verbale. Il test espone il soggetto a quantità d’informazioni progressivamente maggiori, in tal modo l’esaminatore è in grado di valutare quanto lo stimolo sia stato effettivamente percepito. Questo test in genere viene impiegato sia nelle batterie per la valutazione

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dell’intelligenza, sia in quelle per la valutazione della memoria.

Esso consiste in sette paia di sequenze casuali di cifre, che l’esaminatore legge a voce alta dicendo un numero al secondo. Il test inizia con una frequenza di tre cifre, se il soggetto non commette errori il test prosegue, l’esaminatore terminerà il test quando il soggetto avrà sbagliato due sequenze dello stesso numero di cifre oppure quando il soggetto arriverà alle ultime due sequenze di nove cifre.

La prova si compone di due parti: Digit Span Diretto (il paziente ripete le serie di numeri nello stesso ordine in cui le ha udite) ed Inverso (la ripetizione dei numeri è in ordine contrario a come gli sono state verbalizzate).

Il punteggio è dato dal numero di cifre che compongono le ultime due sequenze alle quali il soggetto ha risposto correttamente. Sei o più cifre correttamente ripetute costituiscono la norma, uno span di tre cifre è deficitario.

♦ Rey-Osterrieth Complex Figure Test (Rey, 1959)

Questo test indaga le funzioni visuo-costruttive e la memoria visiva. Il test consiste nella riproduzione di una figura a losanga contenente molti elementi geometrici che il paziente deve copiare e, successivamente provare a riprodurla a memoria.

Dopo un intervallo di venti minuti in cui il soggetto non dovrà essere impegnato in altri compiti che richiedono l’analisi visuo-spaziale, l’esaminatore richiede una

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riproduzione (Riproduzione Differita). La figura è scomponibile in diciotto elementi, che verranno valutati indipendentemente. Verrà assegnato un punteggio a seconda che gli elementi siano corretti e ben posti (due punti), corretti ma mal posti (un punto), deformati ma ben posti (un punto), deformati e mal posti (mezzo punto).

♦ Rey Auditory Verbal Learning Test (Rey,1964, 1959), RAVLT.

Questo test valuta la capacità di apprendimento di serie e di memoria differita (memoria a lungo termine). E’ particolarmente indicato per eseguire valutazioni ripetute poiché nel test è assente l’organizzazione in categorie concettuali, riducendo così la possibilità di familiarizzazione con esso.

L’esaminatore legge una lista di 15 parole al paziente, e gli chiede di ripetere il maggior numero di parole possibili che ricorda; l’operazione si ripete per altre quattro volte con le medesime modalità. A questo punto il soggetto viene distratto con altri compiti (prove di tipo visuo- percettive) per circa quindici minuti, dopo i quali gli verrà chiesto di ricordare il maggior numero di parole.

La somma delle parole correttamente ricordate dopo le prime cinque letture costituisce la Rievocazione immediata (RI) (range: 0-75). Il numero delle parole rievocate dopo quindici minuti costituisce la Rievocazione Differita (RD) (range: 0-15). Ai fini della normalità il cut-off è: 28.53 per RVLTDI e

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4.69 per RVLTD.

♦ Fluenza Verbale per categorie Fonemiche (Novelli e coll., 1986)

Questo è un test che indaga il dominio delle capacità verbali e nello specifico l’ associazione controllata di parole in cui si chiede al soggetto di dire in un minuto tutte le parole che gli vengono in mente con una determinata lettera dell’alfabeto. Le lettere che vengono usate sono la F, P e L. Non sono validi i nomi propri di persona e di città, è considerata corretta qualsiasi altro tipo di parola (verbi, aggettivi, nomi comuni ecc). Se il soggetto non dice niente, l’esaminatore cercherà di esortarlo, e se il soggetto si interrompe l’esaminatore dovrà lasciare trascorrere il tempo che rimane. Il tempo a disposizione per svolgere ciascun sub test è di un minuto.

Il punteggio è dato dal totale delle parole dette dal paziente. Una scarsa performance a questo test può indicare una lesione organica frontale, soprattutto al lobo frontale sinistro

♦ Fluenza verbale per categorie Semantiche (Novelli e coll.,1986)

Questo test, come il precedente, indaga il dominio delle capacità verbali. L’esaminatore chiede al soggetto di produrre quante più parole possibili appartenenti ad una data categoria semantica. In questo test vengono usate le tre seguenti tarature: marche d’auto, animali e frutti. Il tempo a

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disposizione è di un minuto, il punteggio è dato dalla somma delle parole dette. Le modalità di somministrazione del test sono le stesse della fluenza per categorie fonetiche.

♦ Trail Making Test (Retain,1958)

Questo test ha lo scopo di valutare le funzioni attentive, di coordinazione visuo-motoria e la velocità di esecuzione; è particolarmente sensibile alla presenza di lesioni cerebrali. È costituito da due parti: A e B che devono essere compilate nel minor tempo possibile e senza mai staccare la penna dal foglio. Nella parte A il soggetto deve unire in progressione numerica dei cerchi contenenti numeri. Nella seconda parte troviamo sempre dei cerchi ma questa volta sono presenti numeri e lettere dell’alfabeto: il soggetto deve unire i cerchi alternando numeri e lettere in modo progressivo (1-a, 2-b, 3-c…).

L’esaminatore inviterà il paziente a correggere gli errori, il punteggio è dato in relazione al tempo impiegato dal paziente ad eseguire il test.

Bassi punteggi indicano disfunzioni delle funzioni attentive, della coordinazione visuo-motoria, velocità di risposta, rallentamento o scarso coordinamento motorio o una scarsa motivazione. Ai fini della normalità il cut-off è: ≤ 94 sec per TMTA e ≤ 283 sec per TMTB.

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RISULTATI

La somministrazione di tutta la batteria di scale e test richiede un tempo di circa 50-60 minuti per ciascun paziente in un’unica seduta. Questo parametro temporale è un limite riscontrato sia per coloro che hanno concluso la valutazione riferendo affaticamento, sia per quella parte di pazienti che ha interrotto la collaborazione adducendo motivazioni logistiche. Molti pazienti trapiantati da oltre tre anni hanno lamentato la lunghezza della valutazione, per cui 21 di loro (pari al 28% del gruppo 3A che ha completato i test) ha rifiutato o abbandonato in corso d’opera. Al contrario tutti i pazienti operati da meno di un mese, ancora ricoverati, hanno accettato di partecipare.

Il campione è così composto: n. 77 pazienti trapiantati da più di tre anni (gruppo 3A); n. 43 pazienti trapiantati da meno di un mese (gruppo 1M); n. 48 soggetti del gruppo di controllo (gruppo C).

Le variabili istruzione, abitazione e stato civile sono equidistribuite nei tre gruppi, mentre l’attività lavorativa (Chi-Square=38.59; p=.001) e il sesso (Chi-Square=13.2; p=.001) non lo sono (Tab 1).

Il totale dei pazienti ha una media del 9,5% per pregressa anamnesi psichiatrica (10/77 e 6/43) prevalentemente per abuso di alcool o sostanze stupefacenti.

Tra le patologie responsabili del trapianto (Tab 2), maggiormente rappresentata è quella virale (29,8%); seguono l’HCC (19%), l’autoimmune (8,3%) la esotossica (7,7%), e le

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altre (1,8%). I virus responsabili sono HCV, HBV e HDV i quali a loro volta possono aver dato quadri di epatite fulminante, o aver esitato in cirrosi o epatocarcinoma (HCC). Tra le altre patologie ricordiamo la scomparsa delle vie biliari, la malattia policistica epatica, l’idatidosi epatica, la colangite sclerosante. Tra le cirrosi sono rappresentate quella alcolica, la metabolica, la criptogenetica e la CBP.

Le complicanze più frequenti accorse in UTI sono state: la ventilazione meccanica assistita, l’insufficienza renale, disfunzione del Graft per edema e retrapianto successivo, neurotossicità da immunosoppressori, rigetto acuto ed edema polmonare.

Lo studio ha compreso tre campi di indagine: sintomatologia depressivo-ansiosa, qualità della vita e capacità neurocognitive.

E’ stata condotta una analisi della varianza modello fattoriale (TWO-WAY ANOVA) per studiare gli effetti del genere, il tempo dal trapianto e l’eventuale interazione genere*tempo dal trapianto sui punteggi equivalenti ottenuti alle scale cliniche ed ai test neuropsicologici. Per quanto riguarda MMSE, STAIY 1, STAIY 2, SF36 (esclusi i domini Vitalità e Salute Mentale) e tutti i test neuropsicologici usati (escluso la FVCat) non sono state rilevate interazioni significative genere* tempo.

Le tabelle 3, 4, 5 mostrano i test neuropsicologici e le scale cliniche che hanno fornito differenze significative fra i tre diversi gruppi (TEST POST-HOC DI Bonferroni).

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Con la STAI-Y abbiamo indagato le dimensioni ansia di stato (STAI-Y1) e di tratto (STAI-Y2). L’ansia di stato è significativamente più alta nei gruppi di pazienti rispetto i C ( p=.001); quella di tratto è maggiore nei pazienti 3 A rispetto ai C ( p=<001).

La scala per la qualità della vita, SF36, presenta bassi livelli nei pazienti ancora degenti in ospedale ed operati da meno di un mese, rispetto ai trapiantati da più tempo. Nella comparazione dei punteggi tra pazienti e controlli , risulta non esserci significatività nei domini della S gene, Vitalità, S mentale. Alta significatività è presente invece nei domini relativi a lavoro: Lav Fis (p=<.001), Rsfis (p=<.001), Dolore Fisico (p=<.001), RSEmot (p=<.001).

Per quanto riguarda i test neuropsicologici si è evidenziata una differenza significativa tra i trapiantati ed il gruppo C nei test : DSD (p=.031), DSI (p=.012), FFREY (p=.043), FVL (p=.011), MMSE (p=<.001), TMTB (p=.034), RAVLT imm (p=<.001).

I test neuropsicologici indicano una importante compromissione della capacità mnesica (memoria visiva e memoria di lavoro), attentiva, e visuo-spaziale tra i gruppi di trapiantati ed i controlli.

Per quanto riguarda la BDI, la FVCat, ed i domini Salute Mentale e Vitalità della SF36 si sono rilevate differenze significative sul tempo dal trapianto solo nel genere femminile; infatti l’analisi della varianza, modello fattoriale, ha evidenziato un’interazione significativa genere*tempo per

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quanto riguarda Sment (F/2,261=3,11; p=.047), Vitalità (F/2,261 =5,62; p=.004), BDI (F/2,261=3,61; p=.029), FVCat (F/2,261=3,16; p=.045). (Tab 6,7,8)

DISCUSSIONE

La maggior durata della sopravvivenza raggiunta dalle persone con malattie epatiche terminali, ottenuta con il miglioramento delle tecniche chirurgiche e farmacologiche per il trapianto di fegato, ha messo in luce deficit nelle capacità cognitive e nella qualità di vita di questi soggetti. La letteratura non riporta giudizi unanimi sulla loro diffusione e gravità per cui ci è sembrato utile organizzare questo studio osservazionale e valutare il campione che afferisce agli ambulatori del l’ U.O. di Trapiantologia Epatica dell’AOUP Pisana.

I soggetti trapiantati sono stati suddivisi in due gruppi: ad un mese (43 soggetti) e a più di tre anni (77 soggetti) dal trapianto e sono stati confrontati con un gruppo di controllo costituito da 48 persone della popolazione sana.

Abbiamo individuato una sostanziale inefficienza cognitiva (memoria verbale, memoria visiva e visuo-spaziale e capacità attentiva) la quale si accompagna ad un percepito basso rendimento nell’attività lavorativa legata a deficit fisici ed emotivi. Le prestazioni globali sembrano limitate dai livelli di ansia. Questo dato è facilmente comprensibile per il gruppo 1M, ma necessita di un approfondimento per il

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gruppo 3A cui sono presenti sia ansia di tratto che di stato; ciò potrebbe essere secondario alla preoccupazione costante per possibili eventi negativi, quali ad esempio una reinfezione virale, un possibile rigetto, problematiche individuabili ai controlli periodici.

Sulle prestazioni globali del soggetto, specie negli appartenenti al sesso femminile, sembrano incidere sintomi della sfera depressiva. La BDI ed i domini dell’SF-36 che descrivono gli aspetti timici dell'individuo infatti sono diversi considerando il genere. Malgrado l’anamnesi life-time positiva per disturbo da abuso di sostanze stupefacenti o alcool, non sono emersi differenze statisticamente significative con il gruppo di controllo.

I pazienti lamentano spontaneamente difficoltà mnemoniche ed in effetti questo dato è rilevabile ai test neuropsicologici quali Digit span, test di Fluenza verbale, figura di Rey e 15 parole di Rey nella fase immediata.

I risultati raggiunti condividono quelli di una parte degli studi presenti in letteratura e si contrappongono ad altri. Queste discordanze generalizzate suggeriscono che possano esserci variabili non indagate o difficilmente indagabili quali il periodo precedente l’OLT e gli insulti neurotossici legati all’epatopatia e ai trattamenti farmacologici, i frequenti ricoveri, le complicanze legate al trapianto, il trauma della degenza in terapia intensiva e le terapie immunosoppressive in grado, probabilmente, di interferire con le funzioni cognitive dei pazienti. Anche queste spiegazioni ricalcano le

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stesse contraddizioni. Si può supporre una variabilità strettamente individuale (come alcuni autori ipotizzano in merito alla suscettibilità soggettiva alla encefalopatia epatica minima) che potrebbe spiegare il discordante andamento dell’assetto neurocognitivo e psicoaffettivo nelle varie ricerche.

A queste motivazioni possibili, si aggiungono le componenti psicologiche, quali l’attesa di trovare un organo compatibile, l’accettazione di avere dentro di sé un organo estraneo, di riconquistare una posizione autonoma e abbandonare quanto più velocemente possibile il ruolo di malato.

La stesura di questa tesi al di fuori dei risultati, mi ha fornito uno spunto di riflessione personale. La Psichiatria non può essere limitata allo studio e alla cura delle malattie mentali, ma deve mettere fra i suoi scopi primari anche la prevenzione ed il supporto psicologico ai pazienti affetti da gravissime malattie fisiche la cui prognosi può variare dall’exitus al recupero completo o quasi. In ambedue i casi, la persona è sottoposta a gravi stress fisici e psichici capaci di generare paura, ansia, rifiuto delle cure, pessimismo, perdita di interesse per il mondo esterno, oppure al contrario, eccessivo ottimismo e superficialità. Questi interventi difficilmente possono essere svolti da una generica attività di consultazione, ma necessitano della costante presenza di personale specializzato e della formazione del personale paramedico, il vero protagonista dell'assistenza alla persona.

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La proficua collaborazione fra il nostro gruppo di lavoro, l’equipe chirurgica e paramedica, nonché i colloqui aggiuntivi effettuati di volta in volta anche con i familiari dei pazienti che si sono sottoposti ai test, costituiscono un valido incentivo per un lavoro volto in questa direzione.

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CONCLUSIONI

Lo scopo della ricerca era quello di valutare il funzionamento globale dei soggetti sottoposti al trapianto di fegato. Lo studio è stato condotto su persone ospedalizzate (trapiantate da meno di un mese) e seguite ambulatorialmente (trapiantate da oltre tre anni); inoltre è stato arruolato anche un campione di controllo della popolazione generale. Abbiamo riscontrato sintomatologia depressiva ma anche sintomatologia ansiosa, la quale appare caratteristica di questi pazienti. Ciò è facilmente comprensibile nel gruppo dei pazienti ricoverati, ma rimane difficile spiegare perché i soggetti trapiantati da più di tre anni presentano livelli di ansia di tratto e di stato maggiori rispetto a quelli dei controlli.

La qualità della vita, misurata con scala di autovalutazione, non ha messo in evidenza differenze con i controlli per quanto riguarda i domini che esplorano il benessere generale; appaiono differenze nei domini che esplorano la dimensione fisica e il rendimento lavorativo, ovvie con il gruppo dei soggetti ricoverati, da interpretare in quelli ambulatoriali. Questa sofferenza riscontrata nei pazienti operati da più tempo, viene confermata anche alle risposte ai test neurocognitivi che mostrano compromissione della capacità attentiva, delle funzioni visuo-costruttive e della memoria verbale e visiva. Da approfondire anche gli aspetti riguardanti le differenze di genere fra gruppi ottenute alla scala clinica BDI, nei domini Vitalità e Salute mentale della SF 36, e nel test neurocognitivo FVCat.

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I dati della letteratura sono discordanti e questo ci fa presumere che i risultati siano influenzati dalle variabili cliniche quali il tipo di epatopatia, l’encefalopatia epatica minima, le complicanze post operatorie, le terapie farmacologiche, i ricoveri ripetuti, la degenza in terapia intensiva. Di non minore importanza sembrano essere le componenti psicologiche (personalità e sensibilità del paziente, supporto dei contesti medico e familiare, perdita del rango sociale), ma anche l’assistenza prestata, la preparazione e l’operato dei medici e degli infermieri che hanno in cura questi pazienti.

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TABELLE

Tabella 1. Dati demografico-anamnestici del campione (N=168) suddiviso in: trapiantati da oltre 3 anni (>3A) con N=77, da meno di un mese (<1M) con N=43 e controlli (C) con N=48.

>3A N=77 <1M N=43 C N=48

Media ± DS Media ± DS Media ± DS

Età (anni) 59.94 ± 9.133 52.95 ± 8.61 54.21 ± 11. % % % Sesso (M/F) 79.2/20.8 76.7/23.3 50.0/50.0 Stato civile Libero 5.2 16.3 4.2 Coniugato 80.5 72.1 83.3 Separato/Divorziato 14.3 11.6 8.3 Livello di istruzione Università completata 1.3 9.3 18.8 Media superiore completata 48.1 23.3 37.5 Media inferiore completata 33.8 46.5 25.0 Scuola elementare 16.9 16.3 12.5 Condizione abitativa

Solo 10.4 7.0 10.4 Con amici, conoscenti o parenti 11.7 14.0 4.2 Famiglia coniugale 77.9 76.7 85.4 Attività lavorativa Pensionato 52.9 16.3 20.8 Studenti/casalinghe/disoccupati 11.7 9.3 2.1 Operaio 5.2 16.3 25.0 Commerciante/artigiano 6.5 11.6 12.5 Impiegato/insegnante 14.3 20.9 22.9 Libero professionista/imprenditore 10.4 16.3 12.5 Storia psichiatrica (presenza/assenza) 13.0 14.0 0

E’ stata verificata l’equidistribuzione delle caratteristiche socio-demografiche nei tre gruppi delle variabili non paramentriche (sesso, attività lavorativa, istruzione, abitazione e stato civile. Attraverso analisi del Chi-Square è stato evidenziato che le variabili istruzione, abitazione e stato civile sono equidistribuite nei tre gruppi, l’attività

lavorativa è meno frequente nei pazienti trapiantati da più di 3 anni (Chi-Square =38.59; p= .0001) inoltre la differente distribuzione del sesso è verso il gruppo di controllo (Chi-Square =13.24, p=.001) .

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Tabella 2. Frequenza delle patologie responsabile dell’OLT >3A <1M Virale (n) % 30 39.0 20 46.5 HCC (n) % 22 28.6 10 23.3 Autoimmune(n) % 9 11.7 5 11.6 Esotossica(n) % 7 9.1 6 14.0 Altro (n) % 4 5.2 Missing (n) % 5 6.5 2 4.7

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Tabella 3. Confronti tra i punteggi (Media±DS) ottenuti alle scale cliniche controllati

per età e scolarità. ANOVA one-way.Test POST-HOC di Bonferroni (confronti multipli).

>3A N=77 <1M N=43 C N=48 F P BONFERRONI (P) MMSE 28.02±2.73 28.49±1.96 29.70±0.789.22<.001 C vs A; p=<.001 C vs M; p=.024 BDI 3,61±4.44 2.76±2.09 1.94±1.593.82 .024 A vs C; p= .020 STAIY1 34.89±10.74 32.62±8.32 28.67±3.84 7.59 .001 A vs C; p=<.001 STAIY2 37.04±10.74 32.69±6.09 30.85±5.14 8.76 <.001 A vs C, p=<.001 A vs M ; p=.023

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Tabella 4. Confronto tra i punteggi (Media±DS) ottenuti alle sottoscale della SF36

ANOVA one-way.Test POST-HOC di Bonferroni (confronti multipli)

>3 A N=77 <1 M N=43 C N=48 F P BONFERRONI (P) SF36Att. Fis. 78.00±24.87 51.86±29.17 94.48±11.21 38.85 <.001 A vs M; p=<.001 C vs M; p=<.001 C vs A; p=<.001 Lav. Fis 61.04±40.45 34.30±40.83 98.44±6.11 40.12 <.001 A vs M p=<.001 C vs M,p=<.001 C vs A; p=<.001 Dolore. Fis. 21.76±26.24 35.88±29.75 4.39±9.36 20.04 <.001 A vs C; p=<.001 M vs A; p=.007 M vs C, p=<.001 Sal.Gen 34.78±21.01 33.37±15.34 31.67±12.08 .472 Ns Ns Vitalità 37.14±20.87 38.02±24.08 32.60±17.01 .963 Ns Ns Att. Soc. 19.53±25.57 35.94±26.19 10.41±15.32 13.95 <.001 M vs A; p=.001 M vs C; p=<.001 Lav. Emot 71.64±38.68 51.16±43.25 95.13±16.83 17.72 <.001 A vs M; p=.008 C vs M;p=<.001 C vs A; p= .001 S. Ment. 28.26±22.05 25.12±20.97 22.00±11.58 1.57 Ns Ns

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Tabella 5. Confronto tra i punteggi (Media±DS) ottenuti ai test neuropsicologici corretti per età e scolarità. (ANOVA one way). ( TEST POST-HOC DI BONFERRONI). (confronti multipli). >3A N=77 <1 M N=43 C N=48 F P BONFERRONI (P) DSD 1.64±1.35 1.21±1.33 1.98±1.45 3.53 .031 C vs M; p=.026 DSI 0.66±1.15 0.58±1.11 1.23±1.24 4.50 .012 C vs A; p= .028C vs M; p=.028 FFREY 3.01±1.26 2.72±1.37 3.40±1.12 3.22 .043 C vs M; p=.039 FVC 3.38±0.96 3.07±1.35 3.77±0.66 5.57 .005 C vs M; p=.003 FVL 3.30±1.01 3.23±1.13 3.77±0.66 4.63 .011 C vs M; p= 0.25C vs A; p= 0.25 TMTA 3.56±0.91 3.30±0.98 3.74±0.87 2.60 ns ns TMTB 3.84±0.61 3.49±0.91 3.74±0.64 3.45 .034 A vs M; p=.03 TB-TA 3.79±0.69 3.49±0.93 3.74±0.67 2.27 ns ns RAVLT imm 2.57±1.36 3.35±1.13 3.44±1.09 9.39 <.001 C vs A; p=.001 M vs A; p= .003 RAVLT diff 2.95±1.34 3.42±1.02 3.33±0.97 2.80 .063 ns

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Tab 6. Confronto tra i punteggi (Media±DS) ottenuti alle scale cliniche ed ai test neuropsicologici nei maschi dei tre gruppi. (ANOVA one way). TEST POST-HOC DI BONFERRONI. (confronti multipli).

N=61 >3A <1 M N=33 N=24 C F P BONFERRONI(P) MMSE 28.06±2.46 28.16±2.03 29.53±0.99 4.39 .014 C vs A; p=0.14 BDI 2.85±3.29 2.61±1.87 1.71±1.57 1.59 ns ns STAIY1 33.09±8.18 32.42±8.25 27.96±3.83 4.08 .019 A vs C; p=.018 STAIY2 35.69±9.38 32.33±5.44 30.04±5.44 5.08 .008 A vs C; p=.010 SF36Att. Fis. 81.64±21.36 52.73±29.97 96.88±3.84 30.76 <.001 A vs M;p=<.001 C vs A; p=.015 C vs M;p=<.001 Lav. Fis 63.93±39.92 31.06±41.94 97.92±7.05 23.57 <.001 A vs M;p=<.001 C vs A;p=.015 C vs M;p=<.001 Dolore. Fis. 18.74±23.85 37.00±31.36 3.23±7.66 14.01 <.001 A vs C;p=.026 M vs A;p=.002 M vs C;p=<.001 Sal.Gen 33.85±20.88 34.24±14.25 30.63±11.82 0.35 Ns ns Vitalità 33.03±18.48 40.45±25.29 30.63±18.55 1.92 Ns ns

Att. Soc. 15.19±20.27 36.61±27.23 7.29±11.00 16.14 <.001 M M vs C;p=<.001 vs A;p=<.001

Lav. Emot 77.32±34.38 53.52±44.83 97.22±9.43 11.46 <.001 A vs M;p=.006 C vs M;p=<.001 S. Ment. 24.79±19.12 26.18±22.20 18.83±11.76 1.17 ns ns DSD 1.74±1.34 1.30±1.35 2.54±1.31 5.99 .003 C C vs M;p=.002 vs A;p=.043 DSI 0.69±1.17 0.64±1.16 1.58±1.44 5.27 .006 C C vs M;p=.015 vs A;p=.010 FFREY 3.02±1.25 2.90±1.24 3.33±1.09 0.89 ns ns FVC 3.54±0.78 3.12±1.26 3.67±0.81 2.87 .06 ns FVL 3.23±1.05 3.30±1.05 3.63±0.87 1.33 ns ns TMTA 3.67±0.72 3.42±0.86 3.78±0.85 1.62 ns ns TMTB 3.87±0.46 3.52±0.87 3.74±0.68 3.12 .046 A vs M;p=.042 TB-TA 3.83±0.58 3.52±0.90 3.74±0.68 2.14 ns ns RAVLT imm 2.46±1.37 3.30±1.21 3.46±1.41 7.47 .001 C vs A;p=.005 M vs A;p=.009 RAVLT diff 2.85±1.37 3.33±1.10 3.17±1.20 1.65 Ns ns

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Tabella 7. Confronto tra i punteggi (Media±DS) ottenuti alle scale cliniche ed ai test neuropsicologici nelle femmine dei tre gruppi. (ANOVA one way). TEST POST-HOC DI BONFERRONI. (confronti multipli).

N=16 >3A <1 M N=10 N=24 C F P BONFERRONI(P) MMSE 27.85±3.67 29.59±1.29 29.87±0.44 4.35 .018 C vs A; p=.018 BDI 6.50±6.76 3.33±2.82 2.17±1.60 5.19 .009 A vs C; p=.018 STAIY1 41.44±15.77 33.33±9.08 29.38±3.79 6.82 .003 A vs C; p=.002 STAIY2 41.69±13.87 34.00±8.30 31.67±4.79 5.706 .006 A vs C; p=.005 SF36Att. Fis. 64.13±32.38 49.00±27.66 92.08±15.17 13.16 <.001 C vs A; p= .003 C vs M; p= <.001 Lav. Fis 50.00±41.83 45.00±36.89 98.96±5.10 19.51 <.001 C vs A; p=<.001 C vs M;p=<.001 Dolore. Fis. 33.30±32.17 32.19±24.79 5.55±10.85 9.22 <.001 A vs C;p=.001 M vs C;p=.009 Sal.Gen 38.31±21.83 30.50±19.06 32.71±12.50 .771 ns Ns Vitalità 52.81±21.36 30.00±18.40 34.58±15.45 6.59 .003 A A vs C; p= .009 vs M;p=.009 Att. Soc. 36.06±36.06 33.75±23.60 13.54±18.39 4.27 .02 A vs C;p=.032 Lav. Emot 49.99±47.14 43.35±38.67 93.05±21.94 10.65 <.001 C vs A;p=.001 C vs M;p=.001 S. Ment. 41.50±27.66 21.60±16.78 25.17±10.71 4.76 .013 A A vs C; p=.030 vs M;p=.035 DSD 1.25±1.39 0.9±1.28 1.42±1.38 .505 ns Ns DSI 0.56±1.09 0.4±0.96 0.88±0.9 1.00 ns Ns FFREY 3.0±1.35 2.11±1.69 3.46±1.17 3.34 .045 C vs A;p=.040 FVC 2.75±1.29 2.9±1.66 3.88±0.44 6.18 .004 C vs A;p=.007 FVL 3.56±0.8 3.0±1.49 3.92±0.28 4.44 .017 C vs M; p=.014 TMTA 3.13±1.36 2.90±1.28 3.71±0.9 2.25 ns Ns TMTB 3.75±1.00 3.4±1.07 3.75±0.6 .67 ns Ns TB-TA 3.63±1.02 3.40±1.07 3.75±0.67 .55 ns Ns RAVLT imm 3.00±1.26 3.50±0.8 3.42±1.06 .90 ns Ns RAVLT diff 3.31±1.19 3.70±0.67 3.50±0.65 .62 ns Ns

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Tabella 8. Interazione tempo*sesso e differenze significative alle scale cliniche ed ai test neuropsicologici nel genere femminile.(ONE-WAY ANOVA). TEST POST HOC di Bonferroni.(Confronti multipli). >3A N=16 (A) <1M N=10 (M) C N=24 (C) F P BONFERRONI (P) Vitalità 52.81±21.36 30.00±18.40 34.58±15.45 6.59 .003 A vs M; p=.009 A vs C; p=.009 S.ment 41.50±27.66 21.60±16.78. 25.17±10.71 4.76 .013 A vs M; p=.035 A vs C; p=.030 BDI 6.50±6,76 3.3±2.82 2.17±1.6 5.19 .009 A vs C; p=.007 FVCat 2.75±1.29 2.90±1.66 3.88±.448 6.18 .004 C vs A; p=.007

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Complex Figure Test).

Figura

Tabella 1.  Dati demografico-anamnestici del campione (N=168) suddiviso  in: trapiantati da oltre 3 anni (&gt;3A) con N=77, da meno di un mese (&lt;1M)  con N=43 e controlli (C) con N=48
Tabella 3 . Confronti tra i punteggi (Media±DS) ottenuti alle scale cliniche controllati  per età e scolarità
Tabella 4 . Confronto tra i punteggi (Media±DS) ottenuti alle sottoscale della SF36  ANOVA one-way.Test POST-HOC di Bonferroni (confronti multipli)
Tabella 5.  Confronto tra i punteggi  (Media±DS) ottenuti ai test neuropsicologici  corretti per età e scolarità
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