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Studio multidimensionale della matrice extracellulare epatica

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Academic year: 2021

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Introduzione

La perdita e il danneggiamento dei tessuti è causa di seri problemi di salute (Langer, 2000). In tutto il mondo sono spesi circa 350 miliardi di dollari americani ogni anno per la sostituzione degli organi con tecniche classiche, quali trapianti o dispositivi extracorporei (Lysaght, 2000). Queste tecniche sono ad oggi le più utilizzate, ma non sono prive di rischi: si possono avere rigetti degli organi trapiantati o infezioni nel caso in cui vengano usati materiali sintetici. Anche gli impianti artificiali hanno i loro limiti, come la breve durata, l’insufficiente integrazione con il tessuto nativo o reazioni allergeniche causate dall’abrasione del materiale (Pӧrtner, 2005). Si sono rese necessarie quindi nuove tecniche e pratiche mediche. A questo scopo è nata l’Ingegneria Tissutale.

L’obiettivo dell’Ingegneria Tessutale può essere definito come lo sviluppo di un sostituto cellulare che ripristini, mantenga o migliori la funzione del tessuto originario. Idealmente, questi sostituti dovrebbero presentare tutte le proprietà specifiche del tessuto bersaglio, con particolare attenzione all’attività biochimica, la microstruttura, l’integrità meccanica e la bistabilità (Langer, 1993). L’Ingegneria Tessutale combina quindi l’utilizzo di cellule native del paziente con supporti bioispirati ingegnerizzati prodotti con tecniche di fabbricazione classica.

Le tecniche basate sull’utilizzo delle cellule includono il trapianto diretto di cellule isolate (prelevate dal paziente o eterologhe), l’impianto di scaffold bioattivi per la stimolazione della crescita cellulare del tessuto originale e l’impianto di strutture tridimensionali ibride composte da scaffold e cellule coltivate in vitro. Per questo motivo si sono sviluppate nuove tecniche di coltura cellulare per favorire la proliferazione delle cellule in vitro e garantirne il mantenimento fenotipico nel tempo.

Al giorno d’oggi lo standard di coltivazione cellulare sono le colture bidimensionali statiche su monostrato: le cellule vengono fatte aderire e crescere sulla superficie funzionalizzata di fiasche o piastre Petri, e mantenute in ambiente statico altamente controllato all’interno di incubatori per coltura cellulare. È ormai riconosciuto che le questo tipo di coltura è poco rappresentativo della fisiologia umana e animale: le cellule infatti sono molto sensibili al microambiente in cui si trovano immerse, ricco di segnali dalle altre cellule e di stimoli meccanici attraverso il flusso, la perfusione e il movimento. Questi nelle colture 2D

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2 vengono a mancare, infatti le cellule sono fatte crescere in un monostrato che non forniscono gli stimoli legati alla topologia e all’architettura del tessuto, e la coltura statica non fornisce gli adeguati stimoli meccanici (Mazzei, 2010).

Per questo negli ultimi anni si è cercato di ideare sistemi in vitro più complessi: scaffold e colture tridimensionali hanno costituito un ottimo punto di partenza per realizzare costrutti più rappresentativi dell’architettura e organizzazione tessutale, mentre l’uso di bioreattori garantisce la presenza di stimoli dinamici, sotto forma di forze e flussi di materia. Un maggior grado di complessità di questi studi si può ottenere usando nello stesso sistema in vitro diversi tipi di cellule, così da ricostruire il microambiente multicellulare degli organi

in vivo: il modello più sofisticato di organo in vitro è utilizza più tipi cellulari organizzati in

un’architettura 3D in presenza di adeguati stimoli chimici e fisici, che vadano a simulare quelle che sono le condizioni fisiologiche.

Negli ultimi anni un grande numero di bioreattori è stato descritto e studiato, a partire da bioreattori commerciali per l’applicazione di flussi laminari (Fu, 2008), sistemi a membrana (Morelli, 2004), sistemi a piatto rotante (Martin, 2004), fino a dispositivi per l’applicazione di stimoli specifici al fine di simulare in vitro sistemi complessi come vasi sanguigni (Miyakawa, 2008), valvole cardiache (Dumont, 2002) e organi quali il fegato (Powers, 2002). In molti casi i bioreattori sono realizzati per richieste specifiche e necessitano quindi dell’uso di particolari metodi di semina o scaffold con strette specifiche dimensionali e strutturali (Mazzei, 2010).

Un interesse particolare è stato riservato al tessuto epatico: questo presenta infatti una certa capacità di rigenerazione quando danneggiato in vivo. Ciò ha spinto la ricerca verso l’ingegnerizzazione di questo tessuto per applicazioni nel campo della Medicina Rigenerativa, cioè lo studio delle tecniche di impianto di tessuto rigenerato in vitro.

Inoltre il tessuto epatico è coinvolto largamente nel metabolismo dei farmaci, soprattutto per la loro attivazione e smaltimento. Perché un test farmacologico in vitro sia consistente è necessario che il tessuto possieda le stesse proprietà e caratteristiche metaboliche del tessuto nativo. Il tessuto epatico umano ingegnerizzato, infatti cercando di simulare a pieno le caratteristiche del tessuto del paziente, consente di effettuare test farmacologici in vitro più attendibili, oltre a permettere di seguire l'andamento di una malattia durante la sua fase di sviluppo e di cura: è noto che una malattia si riconosce anche dall'errata topologia che assumono le cellule, quindi osservando come queste si dispongono sui costrutti possiamo capire se il tessuto presenta malattie o no.

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3 Un altro campo d’interesse per questi costrutti è lo studio dell’invecchiamento dei tessuti. Tutti i tessuti vitali iniziano a perdere alcune funzioni con l’aumentare dell’età. I cambiamenti dovuti all’invecchiamento si possono osservare in tutte le cellule del corpo, tessuti e organi, e questi cambiamenti influenzano il funzionamento del “sistema corpo”. L’utilizzo di questi bioreattori e costrutti sintetici potrebbe fornire uno spunto essenziale per lo studio dell’invecchiamento dei tessuti, permettendo di monitorare lo sviluppo delle cellule sottoponendole a stimoli controllati.

Questa lavoro di tesi è rivolto allo studio di bioreattori per la coltura di epatociti umani su spugne polimeriche tali da simulare le proprietà della matrice extracellulare epatica. Tali costrutti, seminati e coltivati nel bioreattore sviluppato in questo lavoro di tesi, avranno il ruolo di favorire la crescita e proliferazione di tessuto epatico umano. Il bioreattore, inspirandosi all’anatomo-fisiologia del tessuto epatico, sarà appositamente studiato e realizzato al fine di perfondere in modo uniforme il costrutto 3D al suo interno, garantendo alle cellule un ricircolo adeguato di terreno di coltura senza esporle al flusso diretto.

Per fare questo siamo partiti da lavori di tesi precedenti nei quali è stata definita la geometria ottimale che i costrutti e i bioreattori dovevano presentare al fine di favorire la crescita cellulare degli epatociti.

In questo lavoro di tesi ci siamo mossi in due direzioni: in una prima fase si è effettuata una caratterizzazione meccanica e fluidodinamica dei costrutti da immettere all’interno del bioreattore, sia di derivazione biologica che sintetici, così da poter confrontare le loro proprietà; nella seconda si è effettuato uno studio in-silicio tramite modellizzazione FEM della fluidodinamica e del trasporto di materia all’interno dei costrutti immersi nel bioreattore, seguita da test di valutazione colorimetrici.

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