Seconda prova Esame di Stato al Liceo Scientifico
Luisa Prodi
Nei mesi scorsi si è dibattuto molto sulla seconda prova dell’Esame di Stato al Liceo Scientifico, per la prima volta configurata come prova integrata di matematica e fisi-ca.
E’ forse opportuno ricordare, a bocce ferme, il percorso travagliato e per molti aspetti incomprensibile di questa riforma varata frettolosamente in corso d’opera, per ap-prossimazioni successive, senza un chiaro progetto didattico né sulla matematica né sulla fisica.
Il tema d’esame proposto in giugno conferma le perplessità che già prima si agitava-no fra i docenti. Se dopo lo svolgimento della prova le associazioni professionali (UMI, Mathesis, AIF) inspiegabilmente non hanno espresso commenti ufficiali, fra i docenti si registra una diffusa insoddisfazione, manifestata su varie liste di discussio-ne e sui social discussio-network, soprattutto in relaziodiscussio-ne alla maggiore difficoltà della prova, non solo rispetto a quelle degli anni precedenti ma anche alle simulazioni proposte nel corso dell’anno (simulazioni – va detto – del tutto disomogenee fra loro, e quindi non utili ad una miglior comprensione della struttura della prova d’esame).
Era prevedibile che una prova su due materie risultasse più indigesta agli studenti ri-spetto alla prova monodisciplinare, anche perché il quadro di riferimento non era sta-to modulasta-to ad hoc, ma si costruiva per addizione dei singoli quadri di riferimensta-to della prova di matematica e della prova di fisica.
Alla constatazione dell’incongruenza delle richieste ministeriali si aggiunge anche la delusione per la qualità dei contenuti matematici proposti agli studenti: calcoletti e conticini nei problemi, quasi che nel matrimonio combinato fra matematica e fisica la matematica non possa avere più che un ruolo ancillare. Ma anche nei quesiti di mate-matica, autonomi rispetto alla fisica, il colore dominante è stato il grigio.
Di tutto quello che la matematica dovrebbe aver suscitato nella mente di uno studen-te in cinque anni è giusto sottoporre a valutazione solo ciò che è (o appare) utile e funzionale? Se questo pare essere l’orientamento ministeriale degli ultimi anni, molti docenti sono ancora convinti che la matematica abbia una sua ragion d’essere come espressione di pensiero razionale e di creatività, senza dover necessariamente giusti-ficare la sua esistenza nella individuazione della forma del bordo di una spira (o di un portascarpe da viaggio).
Quella che un tempo era la matematica per problemi si è gradualmente trasformata nella matematica della realtà: accezioni forse vicine dal punto di vista semantico, ma differenti in relazione alle scelte didattiche implicate, e che comunque meriterebbero una riflessione più ponderata da parte dei docenti e del Ministero.
Si può accettare un compito d’esame difficile se è anche “bello”, così come una perso-na può mettersi su un sentiero in salita e arrivare sfinita in vetta, per poi godere di un panorama superbo. La fatica del compito di quest’anno sembra essere servita di più a scansare buche o a scavalcare massi sulla strada: l’orizzonte è proprio mancato.