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PROVA SCRITTA DI FISICA- ESAME DI STATO - LICEO SCIENTIFICO SPERIMENTALE ANNO 1980 – TEMA N° 3

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(1)

PROVA SCRITTA DI FISICA- ESAME DI STATO - LICEO SCIENTIFICO SPERIMENTALE

ANNO 1980 – TEMA N° 3

MANDRONE MARIO INNOCENZO

DIPARTIMENTO DI SCIENZE E TECNOLOGIE UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DEL SANNIO

BENEVENTO

(2)

• PROVA SCRITTA DI FISICA

• ESAME DI STATO - LICEO SCIENTIFICO SPERIMENTALE

• ANNO 1980 – TEMA N° 3

• In un tubo a raggi catodici un pennello di elettroni accelerato da una d.d.p. V_0 forma una immagine puntiforme sul fondo del tubo. La lunghezza delle piastre deflettrici è L , la loro distanza e d ; il fascio passa fra di esse a distanza d⁄2 da ciascuna. La distanza dell’estremo delle piastre dallo schermo è D e la d.d.p. fra le piastre è V.

• a) Si determini lo spostamento provocato sull’immagine puntiforme dalla d.d.p. V.

• b) Per quale valore di V lo spostamento sarà di 1 cm quando sia : V_0=100 volt,L=2 cm,D=20 cm,d=1 cm.

(3)

ANALISI DEL TESTO – CONSIDERAZIONI TEORICHE- INDICAZIONI SUL PROCEDIMENTO RISOLUTIVO

Il testo proposto richiede la conoscenza dei seguenti argomenti : 1.Campo elettrico fra le armature di un condensatore carico;

2.Moto di cariche elettriche in un campo elettrico uniforme.

3.Deflessione dovuta all’azione del campo elettrico agente sul fascio di elettroni.

(4)

Moto di cariche in un campo elettrico uniforme

Un condensatore si realizza generalmente mediante due superfici di materiale conduttore con interposto un mezzo dielettrico (isolante). Applicando una differenza di potenziale tra le armature si crea un campo elettrico nel dielettrico e, grazie al lavoro del generatore, un accumulo di carica sulle stesse (carica positiva sull' una e negativa sull'altra), tanto più grande quanto più è grande la capacità del condensatore. La capacità di un condensatore ad armature piane e parallele dipende dalla superficie delle armature S [m2], dalla loro distanza d [m] e dalla costante dielettrica del dielettrico interposto e [F/m]

secondo la seguente relazione:

(5)

S

d

(6)

Se tra le armature viene applicata una d.d.p. V, l’interno del condensatore è sede di un campo elettrico uniforme dato da 𝐸 = Τ𝑉 𝑑 ove d è la distanza tra le due armature. Nel caso in esame, un elettrone penetra con velocità v nel campo elettrico uniforme stabilito tra gli elettrodi ed all’uscita dal condensatore viene intercettato da uno schermo fluorescente S posto a distanza D dal condensatore stesso. Se indichiamo con L la lunghezza delle armature e con d la loro distanza , la deflessione totale subita dall’elettrone sullo schermo è data da :

𝑌 = 𝑒𝑉

𝑑𝑚𝑣

2

∗ ( 𝐿

2

2 + 𝐷𝐿)

(7)

Si osservi che il moto della carica è parabolico solo nello spazio compreso tra le armature del condensatore dove il campo elettrico è diverso da zero. Al di fuori della regione di spazio delimitata dalle piastre, la carica q non è più soggetta ad alcuna forza. Il moto risulta essere, di conseguenza, rettilineo uniforme nella direzione della velocità e, quindi, della retta tangente alla parabola nel punto in cui la carica stessa fuoriesce dal campo elettrico.

(8)

• SOLUZIONE

Consideriamo positiva l’armatura superiore e trascuriamo il peso dell’elettrone in quanto :

𝐹

𝑒𝑙

𝐹

𝑔𝑟

≅ 10 13

Pertanto, l’intensità della forza elettrica agente sull’elettrone è circa 1013 volte la forza gravitazionale. L’elettrone penetra nel campo elettrico esistente fra le armature del condensatore con velocità iniziale 𝑣0. Pertanto possiede un’energia cinetica data da :

1

2 𝑚 𝑣 0 2 .

Per il principio di conservazione dell’energia, tale energia cinetica viene integralmente convertita in energia potenziale elettrostatica data da:

𝑞 ∗ 𝑉.

(9)

Si ha pertanto :

1

2 𝑚 𝑣

02

= 𝑞 ∗ 𝑉

0

dove m e q sono rispettivamente la massa e la carica dell’elettrone.

La velocità iniziale 𝑣0 , pertanto, risulta :

𝑣

0

= 2𝑞𝑉

0

𝑚

(10)

Sostituendo i valori numerici forniti dal testo, si ottiene :

𝑣0 = 2𝑞𝑉0

𝑚 = 2 ∗ 1,6 ∗ 10−19 ∗ 102

9,1 ∗ 10−31 = 3,2 ∗ 10−17 ∗ 1031

9,1 = 0,352 ∗ 1014

≅ 6 ∗ 106 m s

(11)

a) Determinare lo spostamento provocato sull’immagine puntiforme dalla d.d.p. V A tale scopo, fissato un sistema cartesiano Oxy come in figura:

(12)

Osserviamo che sull’elettrone, nella regione di spazio ove ha sede il campo elettrico ovvero fra le armature del condensatore, agisce la forza elettrica Ԧ𝐹 = 𝑞 ∗ 𝐸, diretta perpendicolarmente alle piastre ed orientata nel verso positivo dell’ asse y. Di conseguenza, la carica acquista un’ accelerazione, diretta nello stesso verso della forza, data da

Ԧ

𝑎 = 𝐹 Ԧ

𝑚 = 𝑞

𝑚 𝐸

(13)

Il moto della carica elettrica nello spazio delimitato dalle piastre è identico al moto di un grave lanciato orizzontalmente nel campo gravitazionale terrestre.

L’elettrone, pertanto, è soggetto ad un moto uniformemente accelerato, la cui legge oraria è :

Ԧ𝑠 = 𝑣 0 𝑡 + 1

2 𝑎 𝑡 Ԧ 2

(14)

Proiettando tale equazione vettoriale, rispettivamente sull’asse delle ascisse e su quello delle ordinate, si ottiene l’equazione parametrica della traiettoria :

𝑥 = 𝑣0𝑡 𝑦 = 1

2 𝑎 𝑡2

Il moto risultante è dato,quindi, dalla composizione di un moto rettilineo uniforme lungo l’asse x e di un moto uniformemente accelerato lungo l’asse y.

(15)

Poiché il modulo dell’accelerazione , in questo caso, vale :

𝑎 = 𝑞𝐸

si ottiene:

𝑚

𝑥 = 𝑣

0

𝑡 𝑦 = 1

2

𝑞𝐸

𝑚 𝑡

2

da cui, eliminando il parametro t (tempo) , si ottiene l’equazione cartesiana della traiettoria ( parabola).

(16)

Difatti:

𝑡 = 𝑥 𝑣0 Sostituendo nella 2)

𝑦 = 1 2

𝑞𝐸

𝑚 𝑡2 = 𝑦 = 1 2

𝑞𝐸 𝑚

𝑥 𝑣0

2

= 𝑞𝐸

2𝑚 𝑣02 𝑥2

(17)

Si osservi che il moto della carica è parabolico solo nello spazio compreso tra le armature del condensatore dove il campo elettrico è diverso da zero. Al di fuori della regione di spazio delimitata dalle piastre, la carica q non è più soggetta ad alcuna forza. Il moto risulta essere, di conseguenza, rettilineo uniforme nella direzione della velocità e, quindi, della retta tangente alla parabola nel punto in cui la carica stessa fuoriesce dal campo elettrico.

(18)

La deflessione AB (vedi fig. 1) subita dalla carica q all’uscita dal campo elettrico è data dall’ordinata del punto D, avente ascissa 𝑥𝐷 = 𝐿. L’ordinata del punto D sarà, pertanto :

𝑦𝐷 = 𝐴𝐵 = 𝑦(𝑥) 𝑥=𝐿 = 𝑞𝐸

2𝑚 𝑣02 𝐿2

All’esterno del condensatore la traiettoria è quella della retta tangente alla parabola nel punto D, il cui coefficiente angolare m è dato dalla derivata della funzione 𝑦(𝑥), calcolata per 𝑥 = 𝐿.

(19)

Poiché

𝑦(𝑥) = 𝑞𝐸

2𝑚 𝑣02 𝑥2 si ha:

𝑚 = 𝑡𝑔𝛼 = 𝑦 𝐿 = 𝑞𝐸𝐿 𝑚 𝑣02 Per cui :

𝑡𝑔𝛼 = 𝑞𝐸𝐿 𝑚 𝑣02

(20)

Pertanto, la successiva deflessione BC subita dalla carica q è:

𝐵𝐶 = 𝐵𝐷 ∗ 𝑡𝑔𝛼 = 𝐷 ∗ 𝑡𝑔𝛼 = 𝐷 ∗ 𝑞𝐸𝐿

𝑚 𝑣02 = 𝑞𝐸𝐿𝐷 𝑚 𝑣02 La deflessione totale Y sarà, pertanto:

𝑌 = 𝐴𝐵 + 𝐵𝐶 = 𝑞𝐸

2𝑚 𝑣02 𝐿2 + 𝑞𝐸𝐿

𝑚 𝑣02 𝐷 = 𝑞𝐸 𝑚 𝑣02

𝐿2

2 + 𝐿𝐷

(21)

Ma il modulo del vettore 𝐸 , campo elettrostatico fra le armature del condensatore, è dato da :

𝐸 = 𝑉 𝑑

si ottiene , in definitiva , che la deflessione totale subita dall’ elettrone è data da :

𝑌 = 𝑞 𝑉 𝑚 𝑑 𝑣02

𝐿2

2 + 𝐿𝐷

(22)

c) Determinare per quale valore di V la deflessione subita dal fascio elettronico risulta di 1 cm, nel caso in cui 𝑉0 = 100 𝑣𝑜𝑙𝑡, 𝐿 = 2 𝑐𝑚, 𝐷 = 20 𝑐𝑚, 𝑑 = 1𝑐𝑚

Dalla relazione precedente che fornisce la deflessione totale subita dal fascio elettronico :

𝑌 = 𝑞 𝑉 𝑚 𝑑 𝑣02

𝐿2

2 + 𝐿𝐷

è possibile ricavare V in funzione delle grandezze note.

(23)

Difatti, :

𝑌 = 𝑞 𝑉 𝑚 𝑑 𝑣02

𝐿2

2 + 𝐿𝐷 da cui segue:

𝑞𝑉 𝐿2

2 + 𝐿𝐷 = 𝑌𝑚 𝑑 𝑣02 ovvero:

𝑉 = 𝑌𝑚 𝑑 𝑣02 𝑞 ∗ 𝐿2

2 + 𝐿𝐷

= 2𝑌𝑚 𝑑 𝑣02 𝑞 ∗ ( 𝐿2 + 2𝐿𝐷)

(24)

Sostituendo i valori numerici dati dal testo, si ottiene:

𝑉 = 2𝑌𝑚 𝑑 𝑣02

𝑞 ∗ ( 𝐿2 + 2𝐿𝐷) = 2 ∗ 9,1 ∗ 10−31𝐾𝑔 ∗ 10−2𝑚 ∗ (6 ∗ 106 𝑚

𝑠 )2∗ 10−2𝑚 1,6 ∗ 10−19𝐶 ∗ ( 84 ∗ 10−4)𝑚2

ottenendo, pertanto:

𝑉 = 6,55 ∗ 102 ∗ 10−23 𝐾𝑔 ∗ 𝑚4 𝑠2

1,34 ∗ 102 ∗ 10−23)𝐶 ∗ 𝑚 =

= 4,87

𝐾𝑔∗𝑚4 𝑠2

𝐶∗𝑚 ≅ 4,9 𝑁∗𝑚

𝐶 = 4,9 𝐽

𝐶 = 4,9 𝑉𝑜𝑙𝑡

(25)

• ANNO 1993- TEMA N° 1

• Una particella 𝛼 , dotata di energia cinetica di 5 𝑀𝑒𝑉, si

muove in un piano perpendicolare alle linee di forza di un

campo magnetico di induzione 1,2 𝑇. Si determini il raggio

della traiettoria descritta dalla particella ( massa della

particella 𝑚 = 6,695 ∗ 10

−27

𝐾𝑔; 𝑒 = 1,6022 ∗ 10

−19

𝐶).

(26)

• CONSIDERAZIONI TEORICHE- ANALISI DELLA TRACCIA-INDICAZIONI PER LA SOLUZIONE

Le particelle 𝛼 sono radiazioni di tipo corpuscolare costituite da nuclei di elio, e quindi corpuscoli con doppia carica positiva e massa quattro volte maggiore di quella del protone, dotati di elevata energia in grado di ionizzare gli atomi della materia attraversata Le radiazioni in grado di ionizzare gli atomi della materia possono essere distinte in due grandi categorie: le radiazioni elettromagnetiche di alta frequenza ( radiazione ultravioletta, raggi X, raggi 𝛾 ) ed i corpuscoli subatomici di energia sufficientemente elevata( elettroni, protoni,neutroni,particelle 𝛼).

(27)

Le radiazioni ionizzanti sono emesse da varie sorgenti, alcune delle quali esistono in natura mentre altre sono artificiali, cioè create dall’uomo. Il Sole è una sorgente naturale di radiazioni ultraviolette le quali possono anche essere prodotte artificialmente da lampade speciali. Sorgenti naturali di radiazioni sono le rocce contenenti sostanze radioattive come l’uranio e il torio. Questi corpi emettono sia radiazioni elettromagnetiche, sotto forma di raggi 𝛾 , sia radiazioni di tipo corpuscolare, sotto forma di particelle 𝛼 e di particelle 𝛽: le prime sono nuclei di elio di elevata energia, le seconde sono costituite da elettroni anch’essi di elevata energia.

(28)

Il meccanismo che determina la ionizzazione è differente a seconda che la radiazione sia costituita da corpuscoli dotati di carica elettrica ( elettroni, particelle 𝛼 , protoni,ecc.) oppure da particelle prive di carica ( neutroni) o,infine, dai raggi 𝑋 𝑒 𝛾). Il confronto fra gli effetti prodotti da questi diversi tipi di radiazione si può più correttamente effettuare se si attribuisce ad una particella o ad un fotone la stessa quantità di energia. A tal fine si adopera come unità di misura “ l’elettronvolt” ( simbolo 𝑒𝑉), unità molto usata in fisica atomica e nucleare, pari all’energia acquisita da un elettrone, o da un corpuscolo avente la stessa carica, quando passi attraverso la differenza di potenziale di 1 𝑉.

(29)

Poiché la carica di un elettrone (carica elementare) è:

𝑒 = 1,60 ∗ 10−19𝐶 risulta:

1𝑒𝑉 = 1𝑒 ∗ 1𝑉 = 1,60 ∗ 10−19𝐶 ∗ 𝑉 = 1,60 ∗ 10−19𝐽

Molto usati sono alcuni multipli dell’elettronvolt, il chiloelettronvolt ( simbolo 𝐾𝑒𝑉) ed il megaelettronvolt( simbolo 𝑀𝑒𝑉). Si ha, pertanto:

1𝐾𝑒𝑉 = 103𝑒𝑉 1𝑀𝑒𝑉 = 106𝑒𝑉

(30)

Il potere ionizzante di una particella è misurato dalla “ densità ionica lineare “ detta anche “ ionizzazione specifica” cioè dal numero di ioni che si formano ,per unità di lunghezza , sul percorso della particella ionizzante nella materia. La

densità ionica lineare si esprime in numero di ioni al centimetro, ma può anche esprimersi in unità di energia ( per esempio “erg”) al centimetro. In questo

secondo caso si preferisce chiamarla “ perdita di energia lineare”( in inglese “ Linear Energy Transfer, abbreviata 𝐿𝐸𝑇).

(31)

A parità di energia cinetica e di carica elettrica le particelle dotate di massa elevata come i protoni producono una ionizzazione specifica molto più intensa di quella prodotta da corpuscoli di massa piccola come gli elettroni. Le particelle 𝛼, essendo nuclei di elio e quindi corpuscoli con doppia carica positiva e massa quattro volte maggiore di quella del protone, determinano, a parità di energia, una ionizzazione specifica ancora più grande di quella dei protoni.

(32)

Poiché il numero di ionizzazioni generate per unità di lunghezza è molto elevato per una particella 𝛼 e per un protone, questi corpuscoli vanno rapidamente perdendo la loro energia riducendosi in quiete dopo aver compiuto un percorso relativamente breve. Ad esempio, in un mezzo come l’acqua o un tessuto animale, le particelle 𝛼 da 1 𝑀𝑒𝑉 compiono in media un percorso di appena 10−4𝑐𝑚. Nello stesso mezzo elettroni di pari energia compiono in media un percorso assai più lungo ( circa 1 cm) dal momento che la ionizzazione specifica da essi prodotta è molto più bassa.

(33)

Nel caso in esame la particella 𝛼, muovendosi in un piano perpendicolare alle linee di forza del campo di induzione magnetica, è soggetta all’azione della forza di

Lorentz :

𝑓 = 𝑞 𝑣 𝛻 𝐵 il cui modulo è dato da:

𝑓 = 𝑞𝑣𝐵 𝑠𝑒𝑛𝛼

ove 𝛼 è l’angolo formato dal vettore velocità 𝑣 con il campo di induzione magnetica 𝐵 .

(34)

Siccome la forza magnetica è sempre perpendicolare al vettore velocità, il suo modulo non cambia, ma cambierà soltanto la direzione e il verso. Per lo stesso motivo, dato che la forza agisce sempre in direzione normale rispetto allo spostamento della particella, tale forza non può compiere lavoro su di essa. Un campo magnetico costante ( statico), quindi, non può far variare l’energia cinetica di una particella carica in moto.

(35)

Affinché ciò accada è necessario ricorrere a campi magnetici variabili nel tempo che possono indurre variazioni di velocità e, quindi, far cambiare l’energia cinetica delle particelle. Classicamente l’energia cinetica di una particella di massa 𝑚0 e velocità 𝑣 può essere definita come il lavoro compiuto da una forza esterna per

condurre la particella dalla quiete alla velocità 𝑣, ovvero per la fisica Newtoniana, l’energia cinetica della particella è data dal semiprodotto della massa (ritenuta

costante) per il quadrato della velocità : 𝑇 = 1

2 𝑚0𝑣2

(36)

Estendendo questa definizione alla meccanica relativistica, tenendo conto del fatto che, anche la massa varia al variare della velocità, dal valore 𝑚0 al valore 𝑚 = 𝑚(𝑣), che rappresenta il valore della massa corrispondente alla velocità 𝑣, si dimostra che, indicando con 𝑇 l’energia cinetica relativistica, sussiste la relazione:

𝑇 = 𝑚𝑐2 − 𝑚0𝑐2

in cui le due grandezze 𝐸 = 𝑚𝑐2 ed 𝐸0 = 𝑚0𝑐2sono rispettivamente l’energia totale della particella e la sua energia a riposo.

(37)

Dalla relazione precedentemente esplicitata segue che l’energia cinetica è data dalla differenza fra l’energia totale e l’energia a riposo oppure, in termini

equivalenti, l’energia totale di una particella è la somma dell’energia a riposo e dell’energia cinetica. Tenendo conto della variazione della massa con la velocità:

𝑚 𝑣 = 𝑚0𝑣 1 − 𝑣2

𝑐2

(38)

la relazione

𝑇 = 𝑚𝑐2 − 𝑚0𝑐2 può anche scriversi nella forma:

𝑇 = 𝑚0𝑐2 1

1 − 𝑣2 𝑐2

− 1

relazione che rappresenta l’energia cinetica relativistica di una particella avente massa a riposo 𝑚0 in moto con velocità 𝑣 rispetto a un sistema di riferimento

inerziale.

(39)

LEGGI UTILIZZATE:

𝑓 = 𝑞 𝑣 𝛻 𝐵 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝐿𝑜𝑟𝑒𝑛𝑡𝑧 𝑇 = 1

2 𝑚0𝑣2 𝑒𝑛𝑒𝑟𝑔𝑖𝑎 𝑐𝑖𝑛𝑒𝑡𝑖𝑐𝑎 𝑐𝑙𝑎𝑠𝑠𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑖𝑐𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑇 = 𝑚0𝑐2 1

1 − 𝑣2 𝑐2

− 1 𝑒𝑛𝑒𝑟𝑔𝑖𝑎 𝑐𝑖𝑛𝑒𝑡𝑖𝑐𝑎 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑖𝑐𝑒𝑙𝑙𝑎

𝑚 𝑣 = 𝑚0𝑣 1 − 𝑣2

𝑐2

𝑚𝑎𝑠𝑠𝑎 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎

(40)

SOLUZIONE

La prima domanda da porsi per risolvere il quesito è la seguente: l’energia cinetica posseduta dalla particella impone il formalismo relativistico o possiamo analizzare il problema dal punto di vista classico ?

Dal punto di vista classico l’energia cinetica della particella è data da : 𝑇 = 1

2 𝑚𝑣2 Da cui:

𝑣2 = 2 𝑇 𝑚

(41)

𝑣 = 2 𝑇

𝑚 = 2 ∗ 5 ∗ 106 𝑒𝑉

6,695 ∗ 10−27𝐾𝑔 = 2 ∗ 5 ∗ 106 ∗ 1.6 ∗ 10−19𝐽 6,695 ∗ 10−27𝐾𝑔 =

= 16 ∗ 10−13 𝐽

6,695 ∗ 10−27𝐾𝑔 = 2,3898 ∗ 1014 𝑚

𝑠 = 1,547 ∗ 107 𝑚

𝑠 ≅ 0,16 ∗ 108 𝑚 𝑠 La velocità della particella è data da :

𝑣 ≅ 16.000 𝐾𝑚 ℎ

(42)

Tale velocità è molto piccola rispetto alla velocità della luce nel vuoto, il che giustifica l’approccio non relativistico. Difatti, se confrontiamo le due velocità, ovvero calcoliamo il rapporto tra la velocità della particella e la velocità della luce nel vuoto, si ottiene:

𝑣

𝑐 = 0,16 ∗ 108 𝑚 𝑠 3 ∗ 108 𝑚

𝑠

= 0,16

3 = 0,05 𝑣

𝑐 % = 0,05 ∗ 100 = 5%

Il che equivale a dire che la particella 𝛼 , dotata di energia cinetica pari a 5 𝑀𝑒𝑉, possiede una velocità 𝑣 che è appena il 5% delle velocità della luce nel vuoto; il che giustifica, appunto, l’ approccio classico per risolvere il problema.

(43)

Poiché la particella si muove in un piano perpendicolare alle linee di forza del campo di induzione magnetica, sulla particella carica agisce la forza di Lorentz il cui modulo vale:

𝑓 = 𝑞𝑣𝐵

La particella, pertanto, si muove di moto circolare uniforme il cui valore dell’

accelerazione (centripeta) è data da :

𝑎𝑐 = 𝑣2 𝑟 con 𝑟 = raggio della traiettoria

(44)

Per il secondo principio della dinamica, si avrà, pertanto:

𝑞𝑣𝐵 = 𝑚 𝑣2 𝑟 Il raggio della traiettoria sarà :

𝑟 = 𝑚𝑣

𝑞𝐵 = 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒 Sostituendo i valori numerici forniti dal testo :

𝑟 = 6,695 ∗ 10−27 ∗ 1,54 ∗ 107

2 ∗ 1,6 ∗ 10−19 ∗ 1,2 = 10,36 ∗ 10−20

3,84 ∗ 10−19 𝑚 ≅ 2,70 ∗ 10−1 𝑚 = 0,27 𝑚

(45)

Nel caso relativistico, l’energia cinetica è data da:

𝑇 = 𝑚0𝑐2 1

1 − 𝑣2 𝑐2

− 1

Ricavando da tale relazione la velocità della particella 𝛼 , si ottiene un valore 𝑣 dato da :

𝑣 = 1,545 ∗ 107 𝑚 𝑠

(46)

Confrontando i due valori della velocità : 𝑣 = 1,547 ∗ 107 𝑚

𝑠 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑖𝑝𝑜𝑡𝑒𝑠𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 𝑣 = 1,545 ∗ 107 𝑚

𝑠 𝑛𝑒𝑙 𝑐𝑎𝑠𝑜 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

notiamo che i due valori sostanzialmente coincidono. Il che conferma che l’ipotesi assunta risulta plausibile. Si può pertanto calcolare il raggio della traiettoria descritta dalla particella 𝛼 che si muove in un campo di induzione magnetica uniforme con velocità perpendicolare al campo, senza ricorrere al formalismo relativistico.

(47)

• ANNO 1992- TEMA N° 2

Un fascetto collimato di elettroni monoenergetici penetra nel vuoto in un campo magnetico 𝐵 = 2 ∗ 10

−3

𝑇 perpendicolarmente alle linee di forza.

La regione in cui agisce il campo si estende per una

lunghezza 𝑙 = 20 𝑐𝑚. All’uscita del dispositivo il fascetto

risulta deviato di un angolo 𝛼 = 60° rispetto alla

direzione iniziale. Si calcoli la velocità degli elettroni

(carica dell’elettrone 𝑒 = 1,6 ∗ 10

−19

𝐶; massa

dell’elettrone 𝑚 = 9,1 ∗ 10

−31

𝐾𝑔)

(48)

• CONSIDERAZIONI TEORICHE- ANALISI DELLA TRACCIA- INDICAZIONI PER LA SOLUZIONE

• Moto di una carica elettrica in un campo magnetico

• Su una carica 𝑞 in moto con velocità 𝑣 rispetto a un campo magnetico agisce la forza 𝑓 :

𝑓 = 𝑞 𝑣 𝛻 𝐵

• Nota come forza di Lorentz, in onore del fisico olandese Hendrick Antoon Lorentz (1953-1928) che, con le sue ricerche sull’elettromagnetismo,

agevolò l’introduzione della relatività ristretta da parte di Einstein.

(49)

• Tale forza è ortogonale alla velocità alla velocità della particella 𝑣 e al campo 𝐵 e il suo modulo è dato da:

𝑓 = 𝑞𝑣𝐵 𝑠𝑒𝑛𝛼

ove 𝛼 è l’angolo formato dal vettore velocità 𝑣 con il campo di induzione

magnetica 𝐵 . Inoltre, essendo perpendicolare alla velocità, la forza di Lorentz non compie lavoro; di conseguenza l’energia cinetica non varia durante il moto, cioè la velocità si mantiene costante in modulo.

(50)

• Il campo magnetico ha come effetto solo quello di incurvare la traiettoria delle particelle cariche ma non di comunicare loro energia. Per questo motivo la

forza magnetica si chiama anche forza deflettente.Tale forza è nulla non solo se la velocità è nulla, cioè se la carica è ferma, ma più in generale se la velocità della particella è parallela al campo magnetico 𝐵 , essendo in tal caso

• 𝑠𝑒𝑛𝛼 = 0.

(51)

• Si ha così che un campo magnetico non esercita alcuna forza né su una carica elettrica in quiete, né su una carica elettrica che si muove parallelamente al campo magnetico. Se invece la velocità della carica è perpendicolare al campo magnetico è 𝛼 = 90°, quindi 𝑠𝑒𝑛𝛼 = 1, per cui la forza assume il valore

massimo:

𝑓 = 𝑞𝑣𝐵

(52)

Una carica elettrica che viene immessa in un campo magnetico uniforme 𝐵 perpendicolarmente alla direzione del campo , si muove di moto circolare uniforme nel piano perpendicolare alla direzione del campo magnetico nel punto in cui la carica penetra nel campo d’induzione. Se la velocità con cui si muove la carica viene immessa nel campo magnetico con una componente 𝑣2 nella direzione del vettore 𝐵 , si ottiene un moto elicoidale.

(53)

• La particella, infatti, mentre ruota in un piano perpendicolare a 𝐵 per effetto della componente della velocità 𝑣 secondo la normale a 𝐵 , trasla nella direzione del campo magnetico per effetto della componente 𝑣2. Il moto di traslazione è rettilineo uniforme in quanto 𝐵 non modifica la componente 𝑣2.

(54)

• Il moto della particella è, perciò, la composizione di un moto circolare uniforme in un piano perpendicolare al campo magnetico con un moto rettilineo uniforme nella direzione di 𝐵 , cioè un moto elicoidale, la cui traiettoria è un’elica cilindrica. Il passo dell’elica, costante, è pari allo spostamento subito dalla particella nella direzione del campo in un periodo di rotazione

(55)

La forza di Lorentz è all’origine di uno dei più belli e spettacolari fenomeni naturali: l’aurora boreale. Tale fenomeno si osserva alle elevate latitudini, durante le lunghe notti polari e consiste nell’improvvisa apparizione in cielo di ampie figure luminose di varie forme e colori.

(56)

• LEGGI UTILIZZATE

𝑓 = 𝑞 𝑣 𝛻 𝐵 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝐿𝑜𝑟𝑒𝑛𝑡𝑧 𝑟 = 𝑚𝑣

𝑒𝐵 𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑢𝑟𝑣𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑡𝑟𝑎𝑖𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜𝑛𝑖 Ԧ

𝑝 = 𝑚 Ԧ𝑣 𝑣𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑡𝑜 𝑣 = 2 𝑙 𝑒 𝐵

3 𝑚 𝑣𝑒𝑙𝑜𝑐𝑖𝑡à 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜𝑛𝑖 𝑖𝑛 𝑚𝑜𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑙 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑜 𝑑𝑖 𝑖𝑛𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑚𝑎𝑔𝑛𝑒𝑡𝑖𝑐𝑎 𝐵 𝑚 𝑣 = 𝑚0𝑣

1 − 𝑣2 𝑐2

𝑚𝑎𝑠𝑠𝑎 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎

(57)

• SOLUZIONE

Il fascio collimato di elettroni monoenergetici penetra nel vuoto in un campo magnetico uniforme 𝐵 perpendicolarmente alle linee di forza del campo. Sugli elettroni in moto con velocità Ԧ𝑣 agisce, pertanto la forza di Lorentz:

𝑓 = 𝑒 𝑣 𝛻 𝐵 il cui modulo è dato da:

𝑓 = 𝑒𝑣𝐵 𝑠𝑒𝑛𝛼

con 𝛼= angolo formato dal vettore velocità 𝑣 con il vettore “ induzione magnetica” 𝐵 .

(58)

Poiché 𝑣 e 𝐵 sono perpendicolari, 𝛼 = 90° e, quindi, 𝑠𝑒𝑛𝛼 = 1. Pertanto la forza agente sugli elettroni, in questo caso, è:

𝑓 = 𝑒𝑣𝐵

La carica elettrica acquista quindi un’ accelerazione normale alla velocità, cioè centripeta, legata alla forza dal secondo principio della dinamica. Indicando con 𝑚 la massa degli

elettroni e con 𝑣 la loro velocità,possiamo scrivere:

𝑓 = 𝑒𝑣𝐵 = 𝑚𝑣2 𝑟 con 𝑟= raggio di curvatura della traiettoria.

(59)

• Da c ui:

𝑒𝑣𝐵 = 𝑚𝑣2 𝑟 Dividendo per 𝑣:

𝑒𝐵 = 𝑚𝑣 𝑟 𝑒𝐵𝑟 = 𝑚𝑣 e, quindi:

𝑟 = 𝑚𝑣

𝑒𝐵 = 𝑐𝑜𝑠𝑡

(60)

Il raggio di curvatura 𝑟 della traiettoria è costante in quanto le grandezze a secondo membro dell’ultima relazione non variano (nell’ipotesi non relativistica cioè supponendo 𝑚 = 𝑚 𝑣 = 𝑐𝑜𝑠𝑡ante). Non variando il raggio della traiettoria, gli elettroni si muoveranno di moto circolare uniforme nel piano perpendicolare alla direzione del campo magnetico nel punto in cui la carica penetra nel campo.

(61)

N.B. Nell’ipotesi in cui le particelle si muovono con velocità confrontabili con la velocità della luce nel vuoto, come avviene nelle macchine acceleratrici,bisogna tener conto che la massa non è più costante ma varia con la velocità secondo la relazione:

𝑚 𝑣 = 𝑚0 1 − 𝑣2

𝑐2

(62)

Poiché all’uscita dal dispositivo il fascetto di elettroni monoenergetici risulta deviato di un angolo 𝛼 = 60° rispetto alla direzione iniziale, si ha:

𝑙 = 𝑟 𝑠𝑒𝑛𝑎 = 𝑟 𝑠𝑒𝑛 60° = 3 2 𝑟 da cui:

2𝑙 = 3 𝑟 e, quindi:

𝑟 = 2𝑙 3

(63)

Per determinare la velocità degli elettroni,consideriamo la quantità di moto Ԧ𝑝 definita come il prodotto della massa per la velocità Ԧ𝑣:

Ԧ

𝑝 = 𝑚 Ԧ𝑣

Considerando i moduli delle grandezze fisiche in esame, si ottiene:

𝑑𝑝

𝑑𝑡 : 𝑝 = 𝑑𝑣 𝑑𝑡 : 𝑣

(64)

Da cui:

𝑝 ∗ 𝑑𝑣

𝑑𝑡 = 𝑣 ∗ 𝑑𝑝 𝑑𝑡 Pertanto :

𝑑𝑝

𝑑𝑡 = 𝑝

𝑣 ∗ 𝑑𝑣 𝑑𝑡

(65)

Poiché :

𝑑𝑣

𝑑𝑡 = 𝑎𝑐 = 𝑣2 𝑟 sostituendo la precedente relazione in:

𝑑𝑝

𝑑𝑡 = 𝑝

𝑣 ∗ 𝑑𝑣 si ha: 𝑑𝑡

𝑑𝑝

𝑑𝑡 = 𝑝

𝑣 ∗ 𝑣2

𝑟 = 𝑝 𝑣 𝑟

(66)

Ovvero :

𝑑𝑝

𝑑𝑡 = 𝑝 𝑣

Ma il raggio di curvatura della traiettoria è dato da𝑟

𝑟 = 2𝑙 3 Per cui, sostituendo, si ottiene:

𝑑𝑝

𝑑𝑡 = 𝑝 𝑣

𝑟 = 𝑃 𝑣 2𝑙

3

= 3 𝑝 𝑣 2 𝑙

(67)

Inoltre:

𝑓 = 𝑒𝑣𝐵 = 𝑑𝑝

𝑑𝑡 = 3 𝑝 𝑣 2 𝑙 Quindi:

𝑒𝑣𝐵 = 3 𝑝 𝑣 2 𝑙

(68)

Dividendo primo e secondo membro per 𝑣:

𝑒𝐵 = 3 𝑝 Da cui segue: 2 𝑙

2 𝑙 𝑒 𝐵 = 3 𝑝 Quindi la quantità di moto è data da :

𝑝 = 2 𝑙 𝑒 𝐵 3

(69)

Poiché il modulo della quantità di moto è dato da: 𝑝 = 𝑚𝑣, si ottiene:

𝑚𝑣 = 2 𝑙 𝑒 𝐵 3 In definitiva, la velocità degli elettroni è:

𝑣 = 2 𝑙 𝑒 𝐵 3 𝑚

(70)

Sostituendo i valori numerici suggeriti dal testo:

𝑣 = 2 ∗ 20 ∗ 10−2𝑚 ∗ 1,6 ∗ 10−19 𝐶 ∗ 2 ∗ 10−3𝑇 3 ∗ 9,1 ∗ 10−31 𝐾𝑔

= 2 ∗ 20 ∗ 1,6 ∗ 2

3 ∗ 9,1 ∗ 10−2 ∗ 10−19 10−3

∗ 10−31

𝑚 𝑠 𝑣 = 128

15,76

10−24 10−31

𝑚

𝑠 = 8,12 ∗ 10−24 ∗ 1031 𝑚

𝑠 = 8,12 ∗ 107 𝑚

𝑠 = 0,81 ∗ 108 𝑚 𝑠

(71)

Il valore numerico ottenuto per la velocità degli elettroni 𝑣 = 0,81 ∗ 108 𝑚

𝑠 ,

approssima il valore della velocità della luce 𝑐 = 3 ∗ 108 𝑚

𝑠 nel vuoto.

Per confrontare i due valori , calcoliamo il loro rapporto:

𝛾 = 𝑣

𝑐 = 0,81 ∗ 108 𝑚 𝑠 3 ∗ 108 𝑚

𝑠

= 0,81

3 = 0,27

(72)

Questa osservazione può suggerire che l’approccio classico non sia del tutto corretto. Affrontiamo , quindi, il problema dal punto di vista relativistico.

Nell’approccio relativistico la correzione interviene nella relazione che fornisce la quantità di moto 𝑝 degli elettroni :

𝑝 = 2 𝑙 𝑒 𝐵 3

(73)

• Poiché la quantità di moto relativistica è data da : 𝑝 = 𝑚 𝑣 ∗ 𝑣

si ottiene:

𝑚 𝑣 ∗ 𝑣 = 2 𝑙 𝑒 𝐵 3 Da cui:

𝑚0𝑣 1 − 𝑣2

𝑐2

= 2 𝑙 𝑒 𝐵 3

avendo indicato con 𝑚0 la massa a riposo dell’elettrone.

(74)

Ricavando la velocità 𝑣, si ottiene:

𝑣 ≅ 0,78 ∗ 108 𝑚 𝑠

L’errore percentuale che si commette se si adotta l’approccio classico per la

determinazione della velocità degli elettroni si può determinare dalla relazione:

∆ 𝑣

𝑣 % = 𝑣𝑐𝑙 − 𝑣𝑟𝑒𝑙

𝑣𝑐𝑙 ∗ 100 = 0,81 ∗ 108 𝑚

𝑠 − 0,78 ∗ 108 𝑚

𝑠 0,81 ∗ 108 𝑚

𝑠

∗ 100 = 0,03

0,81 ∗ 100 = 3,7

(75)

• TEMA DI FISICA – ANNO 1982-TEMA N° 3

• Un condensatore piano ha le armature orizzontali alla distanza 𝑑 e la differenza di potenziale fra le armature è 𝑉.

• Si descriva il moto di una particella carica posta fra le armature, con velocità iniziale nulla o perpendicolare al piano delle armature, e quindi verticale. Si consideri il caso in cui fra le armature si è fatto il vuoto.

• Successivamente si consideri il caso in cui il moto avviene nell’aria e la particella sia una gocciolina d’olio, carica positivamente con 𝑄 cariche elementari posta nel punto a distanza uguale dalle armature e con velocità iniziale 𝑣0 verso l’alto.

(76)

• Siano:

1. viscosità dell’aria: 𝜂 = 1,8 ∗ 10−5 𝐾𝑔 ∗ 𝑚−1 ∗ 2. densità dell’aria: 𝜌 = 1,3 𝐾𝑔 ∗ 𝑚−3

3. raggio R della gocciolina d’olio: 10−4 𝑐𝑚 4. densità dell’ olio: 𝛿 = 8 ∗ 102 𝐾𝑔 ∗ 𝑚−3 5. carica elementare: 𝑞 = 1,6 ∗ 10−19𝐶 6. accelerazione di gravità: 9,8 𝑚 ∗ 𝑠−2

7. Si ricorda che la formula di Stokes dà per attrito una forza che ha modulo uguale a 6 𝜋 𝜂 𝑅 𝑣

(77)

3) Si esamini in particolare il caso : 𝑄 = 10; 𝑣0 = 4 𝑐𝑚 ∗ 𝑠−1; 𝐸 = 5 ∗ 104 𝑉

𝑐𝑚, essendo 𝐸 il campo esistente fra le armature.

4) Si illustri la portata dell’esperimento di Millikan per la determinazione della carica dell’elettrone.

(78)

ANALISI DELLA TRACCIA,INDICAZIONI TEORICHE, CONSIDERAZIONI SUL PROCEDIMENT0 RISOLUTIVO

Il testo propone l’analisi del moto di una particella carica iniettata nel campo elettrico creato fra le armature di un condensatore piano. Rispetto ai problemi proposti negli anni precedenti questa proposta appare piuttosto complessa, non solo per il fatto che la soluzione richiede l’integrazione di una equazione differenziale del primo ordine, ma anche perché il testo invita a descrivere le caratteristiche dinamiche del moto della particella carica fra le armature del condensatore sia nel vuoto sia quando tale moto avviene in ambiente viscoso ( vedi formula di Stokes).

(79)

Sulla particella carica agiscono nel vuoto due forze: la forza peso e la forza dovuta al campo elettrico ( costante) stabilito fra le armature del condensatore . La particella si muoverà, quindi, con accelerazione costante, cioè il moto della particella sarà uniformemente accelerato. Inoltre essa è soggetta all’azione di una forza verticale e, non essendo presenti all’inizio componenti orizzontali della velocità, il suo moto ha luogo lungo l’asse verticale.

(80)

Trattandosi di un moto uniformemente accelerato, la legge oraria del moto è:

𝑦 𝑡 = 1

2 𝑎𝑡2 + 𝑣𝑜𝑡 + 𝑦0 Poiché nel caso in esame, si ha :

𝑎 = 𝑔 + 𝑎𝑒𝑙 = 𝑔 + 𝑞 𝑉 𝑚 𝑑 la legge oraria del moto risulta,nel caso generale:

𝑦 𝑡 = 1

2 𝑎𝑡2 + 𝑣𝑜𝑡 + 𝑦0 = 1

2 𝑔 + 𝑞 𝑉

𝑚 𝑑 𝑡2 + 𝑣𝑜𝑡 + 𝑦0

(81)

Nel caso in cui, invece, il moto avviene nell’aria e la particella sia una gocciolina d’olio, carica positivamente con 𝑄 cariche elementari, posta a distanza uguale dalle armature e con velocità iniziale 𝑣0 diretta verso l’alto

sulla gocciolina d’olio, carica positivamente, agiscono le seguenti forze:

La forza peso della gocciolina

𝑝 = 𝑚 𝑔 ;

La forza dovuta al campo elettrico presente fra le armature del condensatore:

𝐹

𝑒

= 𝑞 𝐸 ;

• La forza di attrito ( o resistenza del mezzo)

𝐹

𝑎

= 6𝜋 𝜂 𝑅 𝑣

(82)

Pertanto, per il secondo principio della dinamica, la risultante delle forze agenti sulla gocciolina deve essere uguale al prodotto della massa della gocciolina stessa per la conseguente accelerazione, ovvero :

𝑅 = ෍

𝑖=1 3

𝐹𝑖 = 𝑚 𝑎

𝐹𝑒 + 𝐹𝑎 + 𝑝 = 𝑚𝑎

(83)

• Introducendo un sistema di riferimento cartesiano con l’asse delle ordinate (asse y) orientato positivamente verso l’alto e considerando le componenti cartesiane dei vettori coinvolti nell’analisi del moto, si ottiene:

𝑞𝐸 + 𝑚𝑔 − 𝐾𝑣 = 𝑚𝑎 = 𝑚 𝑑𝑣 𝑑𝑡

sostituendo nella equazione del moto : 𝑝 + 𝐹𝑒 − 𝐹𝑎 = 𝑚𝑎, si ottiene:

𝑞 ∗ 𝑉

𝑑 + 𝑚𝑔 − 𝐾𝑣 = 𝑚 𝑑𝑣 𝑑𝑡

(84)

Si ottiene, quindi, una equazione differenziale del primo ordine, non omogenea rispetto a 𝑣 = 𝑣(𝑡), da integrare. A tal fine, dividendo per la massa m della particella, l’equazione può essere scritta nella forma:

𝑑𝑣

𝑑𝑡 = 𝑞𝐸

𝑚 + 𝑔 − 𝐾 𝑚 𝑣 𝑑𝑣

𝑑𝑡 = − 𝐾

𝑚 𝑣 𝑡 − 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚 𝐾 𝑔

(85)

Indicando con 𝑓 𝑡 = 𝑣 𝑡 + 𝐴, e ponendo:

𝐴 = − 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚 𝐾 𝑔

L ’equazione differenziale precedentemente dedotta, ovvero : 𝑑𝑣

𝑑𝑡 = − 𝐾

𝑚 𝑣 𝑡 − 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚 𝐾 𝑔

(86)

ha per soluzione :

𝑣 𝑡 = 𝑣0 − 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚

𝐾 𝑔 ∗ 𝑒𝑚𝑡𝐾 + 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚 𝐾 𝑔

(87)

LEGGI PRESE IN ESAME

𝑦 𝑡 = 1

2 𝑔 + 𝑞 𝑉

𝑚 𝑑 𝑡2

𝑅 = ෍

𝑖=1 3

𝐹𝑖 = 𝑚 𝑎

𝐹𝑎 = 6𝜋 𝜂 𝑅 𝑣

(88)

SOLUZIONE

Descrivere il moto di una particella carica posta fra le

armature del condensatore con velocità iniziale nulla o

perpendicolare al piano delle armature e quindi verticale.

(89)

Primo caso: velocità iniziale nulla

Sulla particella carica agiscono nel vuoto due forze: la forza peso e la forza dovuta al campo elettrico ( costante) stabilito fra le armature del condensatore . La particella si muoverà, quindi, con accelerazione costante, cioè il moto della particella sarà uniformemente accelerato.

(90)

Inoltre essa è soggetta all’azione di una forza verticale e, non essendo presenti all’inizio componenti orizzontali della velocità, il suo moto ha luogo lungo l’asse verticale. Trattandosi di un moto uniformemente accelerato, la legge oraria del moto è:

𝑦 𝑡 = 1

2 𝑎𝑡2 + 𝑣𝑜𝑡 + 𝑦0

(91)

Dove, in questo caso, l’accelerazione 𝑎 è la somma della accelerazione di gravità 𝑔 e dell’accelerazione dovuta al campo elettrico generato fra le armature del

condensatore 𝑎𝑒𝑙:

𝑎 = 𝑔 + 𝑎𝑒𝑙

Al fine di determinare l’accelerazione della particella dovuta al campo elettrostatico 𝐸 presente fra learmature del condensatore, ricordiamo che il modulo della forza

elettrica è data da:

𝐹𝑒 = 𝑞𝐸

(92)

• Per il secondo principio della dinamica, tale forza è anche uguale al prodotto della massa della particella per l’accelerazione, ovvero:

𝐹𝑒 = 𝑚𝑎𝑒𝑙 Pertanto:

𝑞𝐸 = 𝑚𝑎𝑒𝑙 da cui:

𝑎𝑒𝑙 = 𝑞𝐸 𝑚

(93)

Poiché, nel caso del condensatore piano, il campo elettrico fra le armature del condensatore è dato da:

𝐸 = 𝑉 𝑑

tale accelerazione può essere espressa nel seguente modo:

𝑎𝑒𝑙 = 𝑞𝐸

𝑚 = 𝑞

𝑚 ∗ 𝑉

𝑑 = 𝑞 𝑉 𝑚 𝑑 Quindi:

𝑎 = 𝑔 + 𝑎𝑒𝑙 = 𝑔 + 𝑞 𝑉 𝑚 𝑑

(94)

La legge oraria del moto risulta, pertanto, nel caso generale:

𝑦 𝑡 = 1

2 𝑎𝑡2 + 𝑣𝑜𝑡 + 𝑦0 = 1

2 𝑔 + 𝑞 𝑉

𝑚 𝑑 𝑡2 + 𝑣𝑜𝑡 + 𝑦0 dove 𝑣𝑜𝑒 𝑦0 sono i valori iniziali della velocità e della posizione.

(95)

Nel caso in esame, poiché: 𝑣𝑜 = 0 𝑒 𝑦0 = 0, avremo:

𝑦 𝑡 = 1

2 𝑔 + 𝑞 𝑉

𝑚 𝑑 𝑡2

(96)

Considerato il verso dell’accelerazione di gravità 𝑔 e del campo elettrico 𝐸 , l’

accelerazione 𝑎 potrebbe essere nulla se la carica fosse negativa e di modulo deducibile dalla condizione: 𝑎 = 0, ovvero da :

𝑔 + 𝑞 𝑉

𝑚 𝑑 = 0 𝑚𝑔𝑑 + 𝑞 𝑉 = 0

𝑞 𝑉 = −𝑚𝑔𝑑 𝑞 = − 𝑚𝑔𝑑

𝑉

(97)

2. Caso in cui il moto avviene nell’aria e la particella sia una gocciolina d’olio, carica positivamente con 𝑄 cariche elementari, posta a distanza uguale dalle armature e con velocità iniziale 𝑣0 diretta verso l’alto.

(98)

In questo caso, sulla gocciolina d’olio, carica positivamente, agiscono le seguenti forze:

1. La forza peso della gocciolina

𝑝 = 𝑚 𝑔 ;

• 2. La forza dovuta al campo elettrico presente fra le armature del condensatore:

𝐹𝑒 = 𝑞 𝐸 ;

• 3.- La forza di attrito ( o resistenza del mezzo):

𝐹𝑎 = 6𝜋 𝜂 𝑅 𝑣

(99)

Pertanto, per il secondo principio della dinamica, la risultante delle forze agenti sulla gocciolina deve essere uguale al prodotto della massa della gocciolina stessa per la conseguente accelerazione, ovvero:

𝑅 = ෍

𝑖=1 3

𝐹𝑖 = 𝑚 𝑎

𝐹𝑒 + 𝐹𝑎 + 𝑝 = 𝑚𝑎

(100)

Introducendo un sistema di riferimento cartesiano con l’asse delle ordinate (asse y) orientato positivamente verso l’alto e considerando le componenti cartesiane dei vettori coinvolti nell’analisi del moto, si ottiene:

𝑝 ≡ ( 0; −𝑝) 𝐹𝑒 ≡ ( 0; −𝐹𝑒) 𝐹𝑎 ≡ ( 0; 𝐹𝑎) 𝑎 ≡ ( 0; 𝑎)

(101)

Poiché il moto è unidimensionale, possiamo scrivere la seguente equazione fra le grandezze fisiche coinvolte nell’analisi:

−𝑝 − 𝐹𝑒 + 𝐹𝑎 = −𝑚𝑎

𝑝 + 𝐹𝑒 − 𝐹𝑎 = 𝑚𝑎

(102)

Poiché l’accelerazione 𝑎 è data dalla derivata della velocità rispetto al tempo, ovvero : 𝑎 = 𝑑𝑣

𝑑𝑡 , sostituendo nella equazione del moto : 𝑝 + 𝐹𝑒 − 𝐹𝑎 = 𝑚𝑎, si ottiene:

𝑞𝐸 + 𝑚𝑔 − 𝐾𝑣 = 𝑚 𝑑𝑣 𝑑𝑡 𝑞 ∗ 𝑉

𝑑 + 𝑚𝑔 − 𝐾𝑣 = 𝑚 𝑑𝑣 𝑑𝑡

(103)

Si ottiene, quindi, una equazione differenziale del primo ordine, non omogenea rispetto a 𝑣 = 𝑣(𝑡), da integrare. A tal fine, dividendo per la massa m della particella, l’equazione può essere scritta nella forma:

𝑑𝑣

𝑑𝑡 = 𝑞𝐸

𝑚 + 𝑔 − 𝐾 𝑚 𝑣 𝑑𝑣

𝑑𝑡 = − 𝐾

𝑚 𝑣 𝑡 − 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚 𝐾 𝑔

(104)

Indicando con 𝑓 𝑡 = 𝑣 𝑡 + 𝐴, e ponendo:

𝐴 = − 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚 𝐾 𝑔

L’equazione differenziale precedentemente dedotta, ovvero : 𝑑𝑣

𝑑𝑡 = − 𝐾

𝑚 𝑣 𝑡 − 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚 𝐾 𝑔 può essere scritta nella seguente forma :

𝑑𝑓

𝑑𝑡 = − 𝐾

𝑚 ∗ 𝑓(𝑡)

(105)

che rappresenta una equazione differenziale omogenea in quanto, avendo posto:

𝑓 𝑡 = 𝑣 𝑡 + 𝐴

derivando primo e secondo termine rispetto alla variabile temporale 𝑡, si ottiene:

𝑑𝑓

𝑑𝑡 = 𝑑𝑣 𝑑𝑡

(106)

L’equazione così ottenuta, cioè:

𝑑𝑓

𝑑𝑡 = − 𝐾

𝑚 ∗ 𝑓(𝑡)

può essere integrata per separazione di variabili, ottenendo:

𝑑𝑓

𝑓 = − 𝐾

𝑚 𝑑𝑡 Integrando entrambi i membri di tale equazione:

න 𝑑𝑓

𝑓 = − 𝐾

𝑚 න 𝑑𝑡

(107)

Si ottiene:

𝑙𝑛𝑓 𝑡 = − 𝐾

𝑚 𝑡 + ln 𝐶 Da cui:

𝑙𝑛𝑓 𝑡 − ln 𝐶 = − 𝐾 𝑚 𝑡

(108)

Richiamando le proprietà e i teoremi sui logaritmi:

𝑙𝑛 𝑓(𝑡)

𝐶 = − 𝐾 𝑚 𝑡 da cui

𝑓 𝑡

𝐶 = 𝑒𝑚𝑡𝐾 Ovvero:

𝑓 𝑡 = 𝐶 ∗ 𝑒𝑚𝑡𝐾

(109)

• Poiché:

𝑓 𝑡 = 𝑣 𝑡 + 𝐴 Sostituendo, si ottiene:

𝑣 𝑡 = 𝐶 ∗ 𝑒𝑚𝑡𝐾 − 𝐴

(110)

La costante di integrazione 𝐶 va determinata in base alle condizioni iniziali del moto, cioè che la velocità iniziale della particella per 𝑡 = 0 assume il valore 𝑣0. Quindi:

𝑣 0 = 𝑣0 Poiché :

𝑣 𝑡 = 𝐶 ∗ 𝑒𝑚𝑡𝐾 − 𝐴 risulta:

𝐶 − 𝐴 = 𝑣0

(111)

Da cui:

𝐶 = 𝐴 + 𝑣0 Essendo 𝐴 uguale a:

𝐴 = − 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚 𝐾 𝑔 risulta:

𝐶 = 𝐴 + 𝑣0 = 𝑣0 − 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚 𝐾 𝑔

(112)

Si ottiene, infine:

𝑣 𝑡 = 𝐶 ∗ 𝑒𝑚𝑡𝐾 − 𝐴 = 𝑣0 − 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚

𝐾 𝑔 ∗ 𝑒𝑚𝑡𝐾 − 𝐴

(113)

• ovvero, ricordando che 𝐴 è uguale ad:

𝐴 = − 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚 𝐾 𝑔 e, sostituendo in 𝑣 𝑡 , si ottiene:

𝑣 𝑡 = 𝑣0 − 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚

𝐾 𝑔 ∗ 𝑒𝑚𝑡𝐾 + 𝑞𝑉

𝐾𝑑 − 𝑚 𝐾 𝑔

(114)

OSSERVAZIONI:

1. Per 𝑡 → ∞ ( ovvero per tempi molto lunghi), si ha:

𝑡→+∞lim 𝑣0 𝑞𝑉

𝐾𝑑 𝑚

𝐾 𝑔 ∗ 𝑒𝑚𝑡𝐾 = 0 Quindi:

𝑡→+∞lim 𝑣 𝑡 = lim

𝑡→+∞ 𝑣0 𝑞𝑉

𝐾𝑑 𝑚

𝐾 𝑔 ∗ 𝑒𝑚𝐾𝑡 + lim

𝑡→+∞

𝑞𝑉

𝐾𝑑 + 𝑚

𝐾 𝑔 = 𝑞𝑉

𝐾𝑑 𝑚

𝐾 𝑔 = −𝐴

Cioè:

𝑣 𝑡 = 𝑞𝑉

𝐾𝑑 + 𝑚

𝐾 𝑔 = −𝐴 = 𝑐𝑜𝑠𝑡.

che rappresenta la velocità di regime.

(115)

• 2. Essendo

− 𝐴 = 𝑞𝑉

𝐾𝑑 + 𝑚 𝐾 𝑔 la somma di due termini e poiché :

𝑚𝑔

𝐾 ≪ | 𝑞𝑉 𝐾𝑑 |

si conclude che la velocità di regime è determinata dalle grandezze elettriche piuttosto che dalla massa della goccia.

(116)

3. Nel risolvere il problema abbiamo trascurato la spinta idrostatica dell’aria sulla gocciolina ( spinta di Archimede) che risulta trascurabile rispetto alle altre forze in gioco , in quanto la densità dell’aria 𝜌 = 1,3 𝐾𝑔

𝑚3 è molto piccola rispetto alla densità dell’olio 𝜌 = 8 ∗ 102 𝐾𝑔

𝑚3 -

(117)

Si illustri la portata dell’esperimento di Millikan per la determinazione della carica dell’elettrone.

La carica dell’elettrone fu misurata per la prima volta nel 1909 da Robert Andrews Millikan (22 Marzo 1868 – 19 Dicembre 1953), con l’esperimento poi divenuto famosissimo della gocciolina d’olio.

Il primo lavoro fu pubblicato nel 1910, ma l’articolo definitivo solo nel 1913, dopo che Millikan ebbe concluso tutti i possibili controlli sperimentali e analizzato i dati con cura.

Il risultato trovato da Millikan è sorprendentemente accurato, (1.592 ± 0.0017)×

10−19 Coulomb . Oggi la misura più precisa della carica dell’elettrone è 1.602 176 487(40) × 10−19Coulomb (40 indica l’incertezza sulle ultime due cifre), maggiore di quella trovata da Millikan solo dello 0.6% .

(118)

• Il metodo usato da Millikan per la determinazione della carica dell’elettrone è in linea di principio molto semplice: goccioline di olio vengono nebulizzate e immesse tra due piatti metallici tra cui e` applicata una elevata differenza di potenziale. Alcune delle goccioline si caricano elettricamente per strofinio e possono essere individuate perché soggette alla forza esercitata dal campo elettrico che è tale da spingerle verso l’alto. Le goccioline prive di carica cadono per effetto della forza di gravità, anche se questa è parzialmente compensata dalla spinta di Archimede e dalla viscosità.

(119)

Si riscontra che tutti i valori misurati per la carica risultano multipli di un valore minimo, la carica del singolo elettone.

La quantizzazione ricevette una clamorosa conferma sperimentale proprio dai risultati di questa misura.

(120)

All’inizio del 1900 una serie di esperimenti misero in crisi i fondamenti della teoria classica e idee teoriche come quelle della Relatività e della Quantizzazione suggerirono un modo completamente diverso di descrivere la natura e i suoi fenomeni.

Il processo non fu semplice e furono necessari molti anni, e molti esperimenti, perché si raggiungesse il consenso dei fisici sulla interpretazione dei fatti sperimentali.

(121)

All'inizio del '900, si scoprì infatti che molte grandezze fisiche avevano natura quantizzata: uno degli esempi più noti è sicuramente quello della energia trasportata dalla radiazione elettromagnetica, la quale viaggia sempre in pacchetti di energia definita (quanti di luce), comunemente definiti fotoni.

Negli stessi anni l’esperimento di Millikan dimostrò che anche la carica elettrica si presenta in natura soltanto come multipla di una carica elementare, quella dell’elettrone.

(122)

Il nome elettrone fu proposto da G.J. Stoney nel 1891 per indicare l’unità di carica elettrica, ma la paternità della scoperta dell’elettrone è attribuita a Thompson, che nel 1897 all’Università di Cambridge, riuscì a dimostrare che i raggi catodici, all’epoca di natura sconosciuta e supposti appunto essere dei raggi, sono in realtà costituiti da corpuscoli aventi carica elettrica e massa.

Egli misurò il rapporto carica/massa e dimostrò che la massa era circa 1800 volte più piccola di quella di un atomo di idrogeno.

Per questo importantissimo lavoro, in pratica la scoperta della prima particella elementare, Thompson ricevette il premio Nobel nel 1906.

(123)

Nell’esperimento di Millikan, sulla gocciolina d’olio, caricata per strofinio facendola passare attraverso un nebulizzatore, agiscono quattro forze:

1) la forza peso della gocciolina;

2) la spinta di Archimede, in quanto il moto della particella avviene in un fluido;

3) la resistenza del mezzo data, nel caso di corpi aventi simmetria sferica, dalla legge di Stokes ∶ 𝑅 = 6𝜋ηrv

4) la forza elettrostatica dovuta al fatto che la gocciolina carica si muove nel campo elettrico (costante) generato fra la armature di un condensatore piano.

(124)

Il metodo di Millikan

Il dispositivo sperimentale

L’apparato originale di Robert Millikan includeva una coppia di piatti metallici orizzontali tra i quali veniva applicata una differenza di potenziale elettrico di alcune migliaia di Volt.

In questo modo si creava nella regione compresa tra i piatti un campo elettrico uniforme (come nel condensatore piano). I piatti erano tenuti a distanza fissa da una cornice di materiale isolante in cui erano praticati 4 fori, tre usati per l’illuminazione mediante una potente lampada, mentre il quarto serviva per poter osservare l’interno attraverso un microscopio. Lo schema semplificato dell’apparato è riportato nella figura seguente.

(125)
(126)

L’apparato sperimentale usato da Millikan consisteva in una scatola termostata, contenente aria a temperatura rigorosamente controllata, nella quale erano collegate due armature orizzontali costituenti un condensatore piano. Attraverso un piccolo foro praticato nell’armatura superiore, potevano penetrare le goccioline d’olio provenienti da un nebulizzatore N. Queste venivano illuminate attraverso una finestra laterale e osservate mediante un microscopio.

La tensione V ai capi del condensatore e, con essa, l’intensità del campo elettrico

|𝐸 | = 𝑉 𝑑

poteva essere regolata con un potenziometro e misurata con un voltmetro.

(127)

L’esperimento consisteva nel seguire il moto di una singola gocciolina per molto tempo, sia tenendo |𝐸 | =0 , in modo da misurare la velocità di regime della gocciolina in assenza di campo elettrico e il raggio della gocciolina stessa, sia con un valore noto di 𝐸 regolato in modo che, ad esempio, la goccia salisse molto lentamente.

(128)

Da notare che, inizialmente il moto risulta accelerato. Il «transiente» è determinato dall’equazione generalizzata

𝑚 𝑑𝑣

𝑑𝑡 = 𝑚 − 𝑚𝑎 𝑔 − 6𝜋ƞ𝑣 che esprime il secondo principio della dinamica.

Se la velocità iniziale è 𝑣1, la funzione 𝑣 𝑡 è data allora da : 𝑣 𝑡 = 𝑣0 + 𝑣1 − 𝑣0 ∗ 𝑒− ൗ𝑡 𝜏

con 𝛕, costante di tempo, uguale a : 𝜏 = 𝑚

6𝜋ƞ ≅ 10−5 ÷ 10−6 𝑠 per

ƞ = 1,8 ∗ 10−5 𝑀 𝑟 ≅ 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑐ℎ𝑒 𝑚𝑖𝑐𝑟𝑜𝑛

(129)

Pertanto, se una gocciolina di olio cade in un’ atmosfera gassosa in condizioni rigorosamente controllate ( in modo che la viscosità del gas sia costante e nota) sotto l’azione del proprio peso, essa assume rapidamente una velocità di regime 𝑣0 determinata dalla condizione:

(forza peso)- (spinta di Archimede)= resistenza viscosa ovvero:

𝑚𝑔 − 𝑆𝐴 = 6𝜋ƞ𝑟𝑣0

avendo indicato con r ed m , rispettivamente, il raggio e la massa della gocciolina . Il secondo membro della relazione precedente esprime la legge di Stokes della resistenza viscosa.

(130)

Se ora indichiamo con 𝜌 𝑒 𝜌𝑎, rispettivamente, le densità dell’olio e dell’aria, la relazione

𝑚𝑔 − 𝑆𝐴 = 6𝜋ƞ𝑟vrego fornisce:

4

3 𝜋𝑟3(𝜌𝑜𝑙𝑖𝑜 − 𝜌𝑎𝑟𝑖𝑎)𝑔 = 6𝜋ƞ𝑟vrego da cui si deduce:

𝑟2 = 9

2 ∗ ƞ

𝑔(𝜌𝑜𝑙𝑖𝑜 − 𝜌𝑎𝑟𝑖𝑎) vrego

Riferimenti

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