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Sentenze del Tribunale di Salerno e della Corte d’Appello di Napoli nella causa contro gli ex amministratori della Banca popolare cattolica salernitana, con sede in Salerno

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(1)

S E N T E N Z E

DEL TRIBUNALE DI SALERNO E DELLA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI

NELLA CAUSA CONTRO GLI EX AMMINISTRATORI

DELLA

BANCA POPOLARE CATTOLICA SALERNITANA

CON SEDE IN SALERNO

Q U A L C H E VOLTA, LA GIUSTIZIA, SE N O N ARRIVA ALLA PRIMA, ARRIVA, O PRESTO O TARDI, ANCHE IN QUESTO M O N D O .

A L E S S A N D R O M A N Z O N I

U N IV E R S IT À D EG LI S TU D I S A L E R N O ____

B IB L IO T E C A

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Tip. ROCCO BARONE Salerno

1934

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S E N T E N Z E

DEL TRIBUNALE DI SALERNO E DELLA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI

NELLA CAUSA CONTRO OLI EX AMMINISTRATORI

DELLA

BANCA POPOLARE CATTOLICA S A LE R N j1 ^ÌP , S r R

CON SEDE IN SALERNO

Q UAL CH E VOLTA, LA GIUSTIZIA, SE NON A RRIVA ALLA PRIMA, ARRIVA, O PRESTO O TARDI, ANCHE IN QUESTO MONDO.

A L E S S A N D R O MA N Z O N I

Tip. ROCCO BARONE Salerno

1934

SISTEHA | | B j E C A R : : JI r i ® SALERNO

00164402

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IN NOME DI SUA MAESTA

V I T T O R I O E M A N U E L E III.

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIO NE

RE D ’ IT flLia

L 'a n n o millenovecentotrentatre, il g iorno trenta del mese di marzo, il T ribunale penale di Salerno

1. Cav. Uff. G U A D A G N O F R A N C E S C O Presidente 2. Cav. T E D E S C H I E M IL IO G iudice 3. Cav. S E V E R I N O L O R E T O „

C o n l'intervento del P u bb lico M inistero, rappresentato dal procuratore del Re Sig. Cav. G I A N C O T T I G I O A C C H I N O , e con l'assistenza del Cancelliere P I N T O N I C O L A , ha p ro n u n c ia to la seguente

SENTENZA

nella causa penale

C O N T R O

1. C ap o n e A rtu ro fu V in cen zo di anni 59 da Salerno. A V * + 2. C a p o n e Alfredo fu V in cen zo di anni 55 da Salerno.

3. Masiello V incenzo fu C arm in e di anni 5 7 d a Eboli. 4. C osen tin o Egidio fu N ico la di anni 74 da Lauria. 5. Rossi M atteo fu C arm in e di anni 53 d a Salerno. 6. C asaburi Carlo fu F ran cesco di anni 73 da Salerno. 7. G iord an o Filippo fu Raffaele di anni 73 da Salerno. 8. C a p o n e A lberto fu A n to n io di anni 51 da Salerno, 9. Di M u ro Salvatore fu G a e ta n o di anni 51 da Salerno. 10. C arucci Carlo fu P asq u ale di anni 5 4 da Salerno. 11. C a p u to A leard o fu C o m in cio di anni 61 d a Salerno.

12. Z arra Francesco fu Aniello di anni 51 da Torre del G reco. 13. Pomarici G u id o fu A rcan g elo di anni 4 3 da N apoli.

I M P U T A T I

Il 1. 2. e 3. del reato, di cui all'art. 8 6 3 cap. primo, in relazione allo art. 8 6 0 C o d ic e di C om m ercio, per avere, i primi due, distribuito dividendi manifestam ente in­ sussistenti, d im in u en d o essi il capitale sociale della Banca Cattolica Salernitana, ed in correità col terzo, del delitto m edesim o, per distrazione di attività della Banca stessa, per le costruzioni di Eboli.

Il 4. del delitto, di cui all’art. 8 6 3 in relazione all'art. 8 6 0 C odice di C o m mercio, per distrazione di attività della Banca stessa nella sede di Lauria, nonché dello stesso reato per falsificazione di libri commerciali (copialettere).

Il 1. 2. e 4. an che del reato previsto dall'art. 8 6 3 p. p. C odice di C om m ercio, p er avere cagionato, per colpa e non per dolo, il fallimento della Banca Cattolica.

Il 1. e 2. an ch e di B ancarotta semplice, a n orm a degli art. 146 e 8 5 7 N. 1, 176, 181 C odice di C om m ercio, per non avere il C a p o n e A rtu ro e C ap o n e A lfredo fatto

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esattam ente l'inventario, non avere tenuti i libri regolarm ente, perchè gli inventarii non presentavano il vero stato attivo e passivo della Banca, n o n ché per m a n cata richiesta al T ribunale della dichiarazione di fallimento.

11 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. e 12. del reato, di cui all'art. 8 6 3 prim a parte, in relazione agli art. 146, 176, 181, 8 5 7 C o d ice di C om m ercio , p er non avere fatto e sattam en te l'inventario, non avere te n u to i libri regolarm ente, p erch è gli inventarii ed i bilanci non p resen ta v an o il vero stato attivo e passivo della Banca, n o n ch é p er m ancata richiesta al Trib un ale della dichiarazione di fallimento.

li 13 pel reato previsto dall'art. 8 6 3 cap. in relazione all'art. 8 6 0 C odice di com m ercio, per correità in distrazione di parte dell'attivo della B anca C attolica, S ed e di Napoli.

Salerno e Napoli nel 924 e seguenti. F A T T O

La Banca P o po lare C attolica Salernitana, costituitasi nel 1909, e fun zio n a n te dal 1910, il 17 m ag gio 1927 presentò al Tribunale di S ale rn o istanza di c o n c o r d ato preventivo, offrendo una percentuale del sessanta per cento; e giu stificam io io stato di dissesto, con gli accresciuti depositi e le d im inuite richieste di im piego m anuale dei capitali, con il co n seg u en te im m obilizzo dei capitali stessi, e la neces sità di una ingerenza diretta; con l'attenuarsi della circolazione m on etaria e 1' im piego, da parte dei cittadini, del loro peculio in acquisto di titoli dello Stato, o n d e la necessità di rimborsi di depositi; infine, con la im possibilità di procurarsi i mezzi d a un a u m e n to di fido dagli Istituti di emissione, e, in co n seguenza, I' a u m e n to delle difficoltà, la retribuzione del m o v im en to degli affari, e il vertiginoso m e n to delle richieste di rim b o rso da parte dei depositanti.

11 T ribunale, con sentenza 3 g iu g n o 1927, poiché la B anca era in adem piente alle prescrizioni d ettate dal C odice di C o m m e rc io sulla te n u ta dei libri, ritenne i nam missibile la d o m an d a, e dichiarò il fallimento.

Si iniziò allora p ro ced im en to penale per b an ca ro tta fraudolente co n tro M o nsig . A rtu ro C apone, già Presidente del C onsiglio di A m m inistrazione, il C o m m . A lfre d o C apone, Direttore G enerale, il parroco V in cenzo Masiello, D irettore della Fi­

liale di Eboli, M o n sig n o re Egidio C osentino, P residente e D irettore della Filiale di Lauria, e si estese, di poi, contro Pomarici A rcangelo, D iretto re della S ede di N a poli, Pomarici G uido, su o figlio, e R o m a n o E d u a rd o per le malversazioni che si sa re b b e ro verificate in quella Sede.

Si procedè, per b an ca ro tta semplice, con tro gli stessi, e i consiglieri Rossi M atteo , C asabu ri Carlo, G io rd a n o Filippo, C ap o n e A lberto, Palm ieri M ichele, Di M u r o Salvatore, C a p o n e Enrico, Carucci Carlo, Z arra F rancesco, e co n tro il D iret to re Tecnico C a p u to Aleardo, per b an caro tta semplice.

V en n e spiccato m an d ato di cattu ra co n tro A rtu ro ed A lfredo C ap o n e, c o n tro Egidio C osentino e V in cenzo Masiello, il quale ultim o si costituì l ' i l a g o sto 1927, m e n tre gli altri vennero arrestati il 21 luglio e 1. a g o s to dello stesso anno, o tte n end o , il 2 settem bre successivo, la libertà provvisoria.

Il Curatore, che in u n a prim a relazione aveva affermato, che il d issesto della B anca non poteva ascriversi u n icam en te alla crisi com m erciale e alla restrizione di sco n to delle g ro sse Banche, m a alle operazioni estranee ai fini della società e agli ab u si degli am m inistratori, con relazione definitiva del 2 7 settem b re 1928, faceva risalire il d issesto della B anca al 1921 e n on al 1926, co m e si sareb b e fatto cre d ere dai dirigenti la Banca, ag g iu n g e n d o , che di q u esto dissesto erano, già d a

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te m p o , consapevoli gli am m inistratori, p er averlo appreso dal Rag. A u g u s to Rovi- gatti, incaricato di u n a revisione del Bilancio al 31 dicem bre 1921; e, di poi, alla Revisione, in d ata 12 febbraio 1927, del D o tto r Aliotta, per il quale il capitale sociale sareb b e stato distrutto, i depositi sarebbero stati intaccati per u na so m m a superiore ai tre milioni, le perdite sarebbero risalite al 1921, e tre sarebbero stati gli eventi, a cui la Banca av rebbe dov u to prepararsi: 1. o una intesa col facoltoso Egidio C osentino; 2. o presentazione di d o m a n d a per co n co rd a to preventivo; 3. ovvero dichiarazione di fallimento.

A g g iu n g ev a, che gli utili ripartiti nei bilanci dal 1921 al 1925 in com plessive lire d u ecen tottan to m ilano v ecen to qu atto rd ici e centesimi cinquanta, erano inesistenti.

Egli accertò irregolarità nella filiale di Lauria, diretta dal C osentino, e in quel la di Napoli, diretta da A rcangelo Pomarici: m a su queste il Collegio non si sof fermerà, poiché, per m orte dei suddetti Signori, l'azione penale, instaurata contro di essi, è estinta.

11 C u rato re p o rtan d o la sua indagine sull'am m inistrazione centrale affermò, che la responsabilità degli am ministratori balzava evidente dalle operazioni più salienti della Fallita, quali il finanziam ento e la gestione del Calzaturificio, il finanziam ento della Ditta Del Pozzo, il finanziam ento D 'A g o s tin o e Tartaglione, il finanziam ento Sellitti, i quali si risolsero in perdite e controversie giudiziarie per la Banca, le cui attività al 3 g iu g n o 1927 si ridussero a lire tre milioni trecentodiecim ilanovecento q u a ran taq u attro e centesim i ottantacinque, contro un passivo di O tto milioni nove- cen to sessantacin q uem ila duecentoventisei e centesimi ventuno.

O sservò, che sin dal bilancio del 16 m ag g io 1927 agli immobili era stato d ato un valore esagerato; e che tutti i suddetti finanziamenti, i quali costituivano delle perdite, erano portati com e efficienti e produttivi di interessi, d onde la insin cerità di quel bilancio e di quelli precedenti, e la illeceità per gli anni 1924 e 1925 della distribuzione di dividendi, perchè insussistenti.

A g g iu n se poi, che il dissesto doveva risalire al 1918, poiché, in quel tem p o , il * Rag. A nd ro n ico Fasano, già con d u e successivi rapporti, aveva avvertiti gli am m i nistratori, che il Bilancio si ch iu d ev a in perdita.

Il C u rato re credè di poter con statare una distrazione di attivo nella co stru zione delle case popolari in Eboli, fatta sotto il n o m e del C o m m . A lfredo C a p o ne, e a cu ra del parroco Masiello, con le disponibilità della Succursale di Eboli, che si fecero risultare com e esistenti in cassa: le so m m e prelevate furono poi rein tegrate, in parte con il ricavato delle vendite, in parte con l’attribuzione di p orzio ne dei fabbricati alla Banca, che ne apparve acquirente; ed infine nel 1924 furono date alla B anca lire diciassettemila, a titolo di interesse sulle som m e prelevate.

N o n o sta n te che i principali im putati avessero chiesto ripetutam ente una peri zia contabile, allo scopo, in ispecie, di esam inare i bilanci, e constatare se vi fosse stata distribuzione di dividendi insussistenti, la perizia fu ordinata solo per le c o stru zio n i di Eboli, neg ata per la parte precipua, con motivazioni non molto perspi cue, nè concordanti, poiché, com e si dirà, il P. M., in un prim o m om en to concluse p e r l'inesistenza della bancarotta fraudolenta, il G iu d ice Istruttore rinviò per quel reato d im o stra n d o che il concetto di ultroneità della perizia assum eva per ciascu n o dei d u e significazione specifica diversa.

R elativam ente poi alla gestione della Filiale di N apoli, si credè accertare u n a distrazione di attivo per oltre novantam ila lire, co m piu ta da Pomarici G uido, figlio di A rcang elo , e con la connivenza di questo, sia prelevando so m m e a vuoto, sia facendo sparire, dalla Sede, le cambiali da lui versate, sia, infine, facendo sparire le merci depositate a garenzia del finanziam ento di lire quarantam ila.

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Chiusasi l'istruttoria, con requisitoria del 17 aprile 1929, il P. M. chiese, tra l'altro, respingersi l'istanza di perizie contabili, dichiarare non doversi pio ced ere co n tro Palmieri M ichele per morte, e contro C a p o n e A rtu ro e Alfredo e Masiello V incenzo per le im putazioni di distrazioni di attivo (fatta eccezione p er le co stru zioni di Eboli), di avere cagionato con dolo il fallimento della Banca, per non a vere co m m esso il fatto loro ascritto: co n tro gli stessi C a p o n e ed altri, per quella di cui all'art. 146 C o d ice di C om m ercio , perché il fatto non costituiva reato; c o n tro il C osentino, per l'im p u tazio n e di sottrazione di attivo (fatta eccezione per i fatti della S ede di Lauria), perchè il fatto non costituiva reato: co n tro il P o m a r i c r G u id o , per non avere preso parte al fatto; e rinviarsi al G iudizio del Trib u n ale C ap o n e A rtu ro ed Alfredo e Masiello V incenzo per bancaro tta sem plice relativa m en te alle costruzioni di Eboli; gli stessi e Rossi M atteo, C asab u ri Carlo, G i o r d a n o Filippo, C ap o n e A lberto, Di M u ro Salvatore, C a p o n e Enrico, Carucci C arlo e C ap u to A leardo, per ban caro tta semplice, per avere pag ato ai soci dei dividendi non per utili realm ente conseguiti: C o sen tin o Egidio, per lo stesso reato, per avere p ag ato creditori in d an n o della massa: e tutti gli am m inistratori, per lo stesso reato relativam ente alla te n u ta dei libri e alla com pilazione degli inventarii.

Senza che alcun fatto nuovo, o alcu n a nuova istruttoria fosse intervenuta nei riguardi di C ap o n e A rturo, C ap o ne Alfredo, M asiello V incenzo e C o sen tino Egidio, co n requisitoria del 18 o tto b re 1929, il P .M . modificò la sua p recedente richiesta, e chiese il rinvio a giudizio degli stessi per b an carotta fraudolenta, per i primi tre relativam ente alle costruzioni di Eboli, per il quarto relativam ente alle distrazioni di attivo della sede di Lauria; veniva chiesto il rinvio a giudizio di Z arra F ran cesco per bancarotta semplice, quale consigliere di am m inistrazione, su denunzia del C u rato re.

11 G iu d ice Istruttore, invece, con sentenza 16 m ag g io 1929, d ich iarand o ch iu sa la formale istruzione, respinse le d o m a n d e di perizia contabile, e ' p ro n u n z ia n d o non doversi p ro ced ere per alcuni fatti e contro alcuni im putati, anche per morte, o rd in ò il rinvio a giudizio cosi co m e in rubrica, a p p o rta n d o la s e g u en te difformità alla se c o n d a requisitoria: C ap o n e A rtu ro e Alfredo venivano rinviati a giudizio per b a n c a ro tta fraudolenta, anche p er avere distribuiti dividendi m anifestam ente insussisten ti. e per b an ca ro tta semplice, anche per avere cag io n ato per co lpa il fallimento della Banca.

A ll'udienza odierna, gli im putati p ro testan o la loro innocenza, e tutti quelli, ch e devono rispondere di ban caro tta semplice, che cad reb b e so tto l'am nistia del 5 n o v em b re 1932, chied o n o l'applicazione del capoverso dell' articolo 152 C od ice di P ro ced u ra Penale, col dichiararsi non avere com m essi i fatti loro ascritti, ovvero no n costituire reato.

D I R I T T O

11 Collegio osserva, in prima, sulle im putazioni di b an caro tta fraudolenta, della quale dev o n o rispondere i fratelli C a p o n e e il parroco Masiello, essen d o eliminata la im pu tazio ne stessa a carico del C osentino, per il su o d ecesso.

I fratelli C a p o n e so n o chiamati d a solo a rispondere di ban ca ro tta fraudolenta relativamente al N . 3 dell'art. 863, per avere dato ai soci dividendi m anifestam ente insussistenti, e avere, con ciò, dim inuito il capitale sociale.

C o m e rilevasi dalla parola della legge, perchè si ab bia tale specie di delitto, o cco rre la sussistenza di questi elementi:

1. inesistenza dei dividendi. 2. che tale inesistenza sia manifesta. 3. distrib u zione di essi. 4. che con q u esta gli am ministratori ab b ian o d im inuito il capitale sociale. ­ -­ ­ ­ ­ ­ ­

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E poiché n e ssu n o p u ò essere p u n ito per u n ’azione od una omissione, se non la abbia co m m essa con coscienza e volontà (articolo 4 2 Codice Penale), e il dolo si sostanzia non solo in tali elementi, m a q u an d o un evento d annoso o pericoloso è richiesto dalla leg g e per la esistenza del delitto, anche nella previsione e nella vo lo n tà di questo evento com e con seguenza dell’azione od om issione (art. 43 c.p.) ne consegue, che alcuno potrà e dovrà rispondere della s u d d etta specie di ban ca ro tta fraudolenta, solo q u a n d o sia stato cosciente della insussistenza dei dividendi; e conosciuti com e tali, con atto cosciente e volontario, abbia provveduto e voluto la d im inuzione del capitale sociale, e q uesta siasi avverata.

E poiché, per la legge, la insussistenza dei dividendi deve essere manifesta, q u e s t'u ltim o elemento, cioè dell’evidenza, deve essere inteso non solo in m o d o o g gettivo, m a sibbene anche soggettivo, in rapporto cioè a colui, il quale trovasi ad essere, in quelle circostanze di tem p o e di luogo, a dovere distribuire i dividendi: cosicché, in questa disam ina, è da rapportarsi, oltre che alla realtà dei fatti e alle condizioni tecniche deH'am m hiistratore e alle sue facoltà intellettive, se cioè egli p otè avere la co n o scenza e la evidenza della insussistenza dei dividendi.

11 C ollegio non p u ò tacere, che grave colpa dei C ap o n e fu quella di essersi improvvisati banchieri, colpa iniziale, ma impunita, nè punibile, finché la legge non richieda, all'uopo, cognizioni tecniche, legalm ente com provate; ma da ciò non pu ò trarsi m otivo per la punizione dei fatti susseguenti, ricollegantisi alla iniziale leg gerezza. A rtu ro C apone, è, difatti, un sacerdote, che aveva trascorsa gran parte della su a vita nel ministero ecclesiasiastico, e negli Studii storici e letterari; Alfredo C a p o ne é avvocato Civilista, non specializzato in m ateria bancaria.

Q u e s to processo ha dim ostrato se pure ve ne era bisogno l'onestà tradiziona le della Famiglia C apo n e nelle persone degli attuali im putati, i quali uscirono d a q u esta trista vicenda non solo non arricchiti, ma con perdite gravi, in quanto p erd ettero nel fallimento circa lire trentam ila di depositi, che mai pensarono ritirare, m entre l'avrebbero facilmente p o tu to fare, e a cui han rinunziato; e lire novantami- la versate in tacitazione alla curatela, e radu n ate con sacrifizio: di più essi avevano affidato alla Banca, per circa lire novatamila, i depositi dei loro congiunti, e anche questi non furono da essi salvati. T u tto ciò è la prova della loro b u o n a fede, ed anche della loro cieca fiducia nella sorte dell'istituto, che essi cercarono e si illuse­ ro salvare sino agli estremi, e di cui per l'inesperienza, ed anche più per il senti m ento religioso e miracolista che li animava, (la Banca era a tinta fortem ente cat tolica, e cattolicissimi so n o i Capone) non viddero, forse non vollero vedere i nembi che si ad d en sav a n o sull'orizzonte della Banca. E' d a aggiungere, che la B anca in com inciava a sentir scosse le sue fondam enta proprio nel periodo più critico del l'econom ia nazionale e mondiale, il do poguerra: q uell'ondata, che travolse tutti i p iù fiorenti istituti, non poteva non riversarsi sulla C attolica Salernitana: e lo stesso C u rato re, nella sua relazione a stampa, p u r attaccando la c o n d o ta degli am m inistra tori, non p u ò non convenire, che le cause indicate nella istanza di concordato pre ventivo, ab b ian o avuta la loro efficienza nel dissesto della Banca.

Q u a lc h e teste ha riferito sulla caparbietà di m o n sig n o r C apone, e sull'im perio ch e egli, co m e Presidente della Banca, esercitava sui dipendenti, ed in ispecie sul fratello Alfredo, direttore generale, e com e bene spesso fosse so rd o agli altrui suggerim enti; le quali al certo non com m endevoli attitudini, se so n o la prova del su o carattere insofferente, son o ancora u n a prova, contrariam ente a q u an to vorreb b ero far co m pre n d ere gli stessi testi che le riferiscono, della sua fondamentale b u o n a fede, e della illusione nelle sue forze e nello aiuto divino.

In particolare poi, sull'avv. Alfredo C apone, che fu Sindaco di Salerno, e d ­ ­ ­ ­ - - ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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e b b e sem pre fam a illibata, è da rilevare, che, p er q u a n to egli fosse insignito del titolo di direttore generale, in effetti fu il direttore della parte legale, o meglio,, co n ten zio sa della banca, p ercepen d o in p rim a l'irrisorio stipendio di lire quattro c e n to mensili, e solo negli ultimi tempi, lire mille, q u an d o am m inistratori di altri enti bancari si attribuivano provventi fantastici non solo, m a e n tra v an o a g o d ere di quelli di istituti, creati con i fondi delle b anche stesse.

Sin dal 1913, co m e risulta dai registri delle deliberazioni del C onsiglio di A m m inistrazione (Voi. 1. Fol. 177) riferiva al Consiglio, in merito al bilancio non lui, m a il Rag. Cerenza, e di poi il Rag. A n d ro n ic o Fasano, e in fine il R agioniere C ap u to , che fu D irettore tecnico: anzi il C a p u to firmò di su o p u g n o i bilanci o riginali del 1924 e del 1925 (vedere i registri delle Deliberazioni Voi. 3. Fol. 270, 292, 295, 283, ecc. n onché relazione sul bilancio 1923, 1924, e 1925, in Voi. 7), vedere anco ra dichiarazioni di M atteo Rossi, A lfredo Natella, C a p o n e A lberto, Sen. M attia Farina, Avv. M ichele D 'A v o ssa in voi. Int. e dell’avv. V in cen zo D e C re scenzo e M a d d a lo G iuseppe, in verbale di udienza).

L 'ipotesi di cui al N . 3 d ell'art. 863, c o n tem p la un reato doloso, intenzionale, e, co m e di ogni delitto, non si p u ò rispondere di esso, se non lo si ab b ia v o lu to e com m esso, N o n b asta la qualifica di am m in istrato re o di direttore, perché, se il fatto co m u n q u e si avveri ad o p era di altri, ne d eb b a rispondere ch iu n q u e di quella qualifica sia rivestito. Basterebbe ciò per ritenere im m u n e d a responsabilità l'Alfre d o C ap on e, circa il delitto di distribuzione di dividendi. M a il C ollegio stim a d o v ero so portare il s u o esam e sull'esistenza degli elementi costitutivi del reato, esam e n ecessario nei riguardi di M o n sig n o r C apone, o p p o rtu n o nei riguardi dello stesso A lfredo C apone.

C o m e si è accen n ato nella m otivazione di fatto, una grave deficienza d ell'istru t toria è l'assenza di perizia contabile in ra p p o rto ai dividendi, in ispecie a quelli degli anni 1924 e 1925, ai quali anni si limita il decreto di citazione. La perizia av re b b e offerto un sicuro dato oggettivo, e forse avrebbe p o tu to offrire anche un d ato soggettivo, poiché, se è vero che l'am m inistrazione della Banca fu caotica e disordinata, e che ai C ap o n e difettasse la cognizione specifica, è già perciò stesso presum ibile, che ai C ap o n e non risultasse, e tanto m eno in m o d o manifesto, l'in su s sistenza dei dividendi.

La pubblica accusa, che, in ben due requisitorie scritte, non tro v ò delitto nella distribuzione dei dividendi, alPodierno dibattito fa riferimento (come già in C u r a rato re) ai rapporti di A n dro n ico F asano del 1917, a quello del Rovigatti del 1922 e a quello dell'A liotta del 1927. Della prim a e dell'ultima, relazione non crede il Collegio occuparsi davvantaggio, poiché la prim a riguarderebbe il periodo anteriore al 1921, al q uale non risale n epp u re il C uratore; e l'ultim a si riferisce ad un perio d o f i 926 1927) nel quale i dividendi non fu ro n o distribuiti. G ià q u esta sosp ensio n e nella distribuzione dei dividendi, avvenuta nel 1926, è u na p rova perspicua, che i fratelli C a p o n e si asten n ero dalla distribuzione, non a p p e n a fu a loro conoscenza, che la. B anca versava in condizioni, che richiedevano urgenti rimedi; e che i dividendi non esistevano e non p otevano quindi essere distribuiti senza intaccare il capitale so ciale. C o m u n q u e lo stesso A n d ro n ico Fasano, se accenna a perdite, afferma nelle s u e relazioni la inesistenza dei dividendi, anzi egli d iv en u to ragioniere capo della banca, co n tin u ò a portarli com e esistenti nei bilanci, nè avvertì, che non si s areb b ero dovuti distribuire. V ero é che il Rovigatti concluse la sua relazione deP 19 2 2 con q u este parole: “ S em b ra da potersi concludere, ch e d a qvalche anno l'azienda è veram ente in perdita, e che non si p o te v an o d istrib u ire gli utili asse g n a ti in sede di bilancio, perchè realm ente non ottenuti,,. M a é d a n o tare a n z i

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-tutto, la form ula d u bitativa di q u e s ta conclusione, e che il Rovigatti, sentito in istruttoria (Voi. 7.) Fol. 98) dichiarò, che, in m ateria di bilancio, non vi sono regole fisse, e che le perdite della Banca, cui egli alluse, erano ancora recuperabili.

Si sarebbe d esid era to dall'A lio tta e dal curatore, che negli utili non fossero segnati gli interessi sulle partite Calzaturificio, Del Pozzo, D 'A g o stino , Sellitti, o perazioni che avrebbero d o v u to essere segnate in perdita. M a qui a p p u n to è il grave dissidio tra la tesi del C u rato re e quella co n ten uta nelle deposizioni dei testi Ing. Filippo G iordano, Rag. Brienza, R agioniere D 'A m a to (Voi. test. Fol. 8 2 e 88) del Prof. Petrone, del Sen. F arina e dell'A vv. De Crescenzo (verbale di udienza), pei quali è b uona regola di am m inistrazione bancaria segnare in bilancio gli interessi dei crediti in sofferenza, i quali non possano ritenersi com pletam ente perduti, e di stribuirli con gli utili. E che prim a del 1926 non si potessero ritenere perduti quei crediti, è dim ostrato dal fatto, che per quasi tutti era stata prestata garenzia, e c h e non si dispera, anche oggi, dalla curatela co ntinuarne il recupero parziale. Di più non può affermarsi, che gli immobili della Banca siano stati sopravalutati nei bilan ci: essi fu ro n o segnati ogni ann o seco n d o il variare dei prezzi, e quindi del loro valore: e proprio negli anni, ai quali si riferisce l'accusa (1924 e 1925) e nei pre cedenti, il valore degli immobili era an d ato elevandosi. Se quel valore posterior m ente discese, non si p uò ritenere insincero quel bilancio che lo segnò, quale era in realtà nel tem po, cui si riferisce.

M a quale sia la consistenza dei suddetti crediti e la sussistenza degli utili relativi, e quindi dei dividendi, é in dubbio, che ai C ap on e tu tto ciò non risultò in m o d o manifesto, avendo essi piena fede nel loro recupero. L'avv. C o m m . Vincenzo De C rescenzo - u no dei più distinti ed integri patrocinatori del foro Salernitano - ha affermato, che chiam ato da M o n sign o r C apone, per la preparazione dell'istanza di concordato, fu da quello sollecitato, perchè nell'elenco delle attività fossero inclusi il credito Del Pozzo ed altri, m ostrandosi convinto della loro esigibilità, m algrado che egli gli facesse osservare che la ipoteca Del Pozzo fosse per sole duecentom ila li re, m entre la esposizione superava il milione; e che in seguito alle sue insistenze, M on s. C ap o n e si convinse doversi svalutare il detto credito almeno a quattrocen ‘ tornila lire; e che infine quegli volle, che nella d o m a n d a di concordato si sarebbe d o v u to esprim ere chiaramente, che, q ualora si fosse recuperato altro in più delle q u attro cen to m ila lire, il recupero sarebbe d o v u to andare in au m en to della percentuale.

E' a rilevare, inoltre, che nel bilancio del 1922 M ons. C ap o ne certificò c o n i a su a firma la esistenza degli interessi del credito Del Pozzo e di altri; similmente fece il Com m . A lfredo C ap o n e per gli interessi D 'A g o stin o e Sellitti, nel bilancio del 1924: certificazioni, che non sareb b ero state fatte, se solo un dubbio fosse stato n ell'anim o dei fratelli C ap o n e circa la esigibilità di quegli utili. Dal che rilevasi, ch e quale che fosse la sorte dei crediti in sofferenza, i cui interessi venivano di­ stribuiti com e utili, ai fratelli C ap o n e gli utili o dividendi che siano, non apparivano insussistenti, e tanto m eno in maniera evidente: m an ca pertanto nel fatto l'elem ento subbiettivo, della coscienza, cioè, d a parte dei C ap o n e, della manifesta insussistenza dei dividendi.

L o stesso Curatore, nell'odierno dibattim ento, ha am m esso la facilità dell'errore, in cui, circa i dividendi, siano p o tu to cadere i fratelli C apo n e, e dal quale avreb b ero p o tu to salvarsi solo o un tecnico o un banchiere di professione.

Il G iudice Istruttore, nella sentenza di rinvio, ha affermato, che elemento inten zionale di q u esto delitto é l'intenzione di arrecare profitto a sè e ad altri per u n o s c o p o illegìttimo, g iu n g end o , su pure affermazioni, ad una conclusione affermativa al rig u ard o dei C ap o n e. Il C ollegio h a più sop ra non com preso tale elem ento tr a

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quelli che fo rm an o tale delitto, poiché di esso non è parola nella legge, e p e r ta n to è d a far riferim ento alla natu ra generica del dolo, co m e definita nella parte g e nerale del C odice Penale: i dividendi p osso n o essere distribuiti an ch e allo scopo di salvare l’istituto n asco n d en d o n e le falle; e, ciò nonostante, il delitto p u r sem pre s u s s i s t e r e co n c o rro n o gli altri elementi sopraelencati. Se q u ell'elem en to fosse dalla legge richiesto, i C a p o n e av reb b e ro d o v u to essere assolti an ch e se avessero c o n o sciuta la insussistenza dei dividendi, perché ogni loro atto fu an im ato dalla s p eran za di salvare l'istituto. Essi, co m e si é d im o strato dal fin qui detto, n on solo cre d ettero sussistenti gli utili, m a ritennero che la loro distribuzione non intaccasse il p atrim onio sociale, poiché credettero ricuperabili i crediti, da cui quegli utili sareb bero derivati.

P iù breve sarà l'esam e del se c o n d o ad d e b b ito fraudolento, fatto ai C a p o n e e al parroco Masiello, circa la distrazione di attivo, per la costruzione delle case p o polari di Eboli, add ebito , su cui lo stesso P. M ., a differenza di q u a n to c o n clu se per iscritto, non insiste. E' stato accertato, che la costruzione delle case in Eboli fu autorizzata da M o n s. C a p o n e al p arro co Masiello, e ne fu dato avviso al p u b blico, m entre il C onsiglio di am m inistrazione si op p ose. Si ricorse allora ad u n ’ i brida operazione, cioè al p relevam ento delle so m m e occorrenti dalla cassa della S ede di Eboli, s o m m e che, del resto, provenivano dai depositi di coloro, che a v r e b b ero dovuti diventare acquirenti delle case. E co m e ha riferito l'avv. De C rescenzo, allora sindaco di Eboli, perchè le costruzioni p otessero avere il sussidio statale, ch e non veniva con cesso alle banche, egli consigliò, che le case si costruissero sotto il n o m e di A lfredo C ap o ne. La perizia tecnica ha stabilito, e lo stesso C u rato re lo riconosce, che la B anca n o n ha subita alcuna perdita, po ich é si reintegrò del ca pitale erogato, con le vendite e con l'attribuzione alla B anca di locali a prezzo in­ feriore a quello di costo, e con gli interessi liquidati in lire diciassettemila. 11 p re stan o m e di A lfredo C ap o n e ebbe u n o sco p o lecito ed an ch e servì di controllo al­ l'o p e ra to del parro co M asiello e dei suoi com pagni, i quali tutti, cittadini insospet tabili, con scrittura vergata da A lfredo C ap o n e, ma poi non so tto scritta per la so lita incuria, avevano stabilito, che ogni utile ricavato dalla costruzione, sareb b e a n d ato alla banca, ogni perdita a loro carico. Risulta d a un c a rte g g io tra la C entrale e la Filiale di Eboli, che A lfredo C ap on e, pretese ed otten ne il v ersam en to degli interessi prova q uesta del suo disinteresse.

Si im pone p ertan to l'assoluzione dei C ap o ne e del M asiello circa le im p u ta zioni di B ancaro tta fraudolente, per non avere co m m essi i fatti loro ascritti.

A n ch e il Pom arici G u id o va assolto dalla im putazione di c o n c o rs o in b an ca ro tta fraudolenta, per non avere com m esso il fatto a lui ascritto. Egli era esp o sto verso la B anca p er lire novantam ila circa. Le cambiali che si su p p o n e v a n o s o ttra t te dal Pomarici, erano state invece insinuate nel suo fallimento. Egli av ev a ricevuto u n fido regolare per trentam ila lire, e aveva versate dette cambiali; di poi aveva ap erto un co n to corrente, d epo sitan d o un libretto di risparm io di certa S ig n o ra C am es, per altre sessantam ila lire, che in com p ensazio n e so n o state incam erate dalla Banca.. Le operazioni d u n q u e furono regolari, e se la B anca risentirà u n a lieve perdita, q u esta è d o v u ta al fallimento del Pomarici.

P assa n d o all'esam e delle im putazioni di b an carotta semplice, il Collegio deve premettere, che delle ipotesi di ban caro tta semplice, di cui si p o sso n o rendere col pevoli gli am m inistratori di S ocietà in acco m an d ita e anonim e, son o colpose solo le ipotesi concretantisi nell'avere cagionato il fallimento della Società, e il n on aver ad e m p iu to le n orm e p er la costituzione sociale, di cui all'art. 8 6 3 prim o co m m a: p o ic h é per esse é espressam ente scritto “ se per loro colpa è avvenuto il fallimento*

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o n on furono adem p iu te le disposizioni degli art. 91 e segg.„; ma le ipotesi dei N . 2, 3, 4 e 5 dell'art. 856, e 1., 2. e 4. dell'art. 857, richiamate in d etto art. 863, non p o sso n o essere se non dolose, nonostante la legge dica “ovvero se so n o col pevoli di un o dei fatti indicati nei N . 2, 3, 4 e 5 dell' art. 8 56 e 1., 2., e 4. dell' art. 856,, poiché la parola “colpevole,, nella co m u n e specificazione e nella c o n s u e ta accessione giuridica, va riferita alla im putabilità e alla responsabilità in genere, m a non alla colpa p iu tto sto che al dolo. Anzi, il non avere usato il Legislatore, an c h e nella u ltim a specie di bancarotta semplice, cui al prim o co m m a dell'art. 863, negli art. 8 5 6 e 857, cui il prim o fa riferimento, la dizione “ per loro colpa,, ma l’altra “so n o colpevoli,, sta ad indicare, che Egli, ove volle apportare u n a eccezione al principio generale della imputabililà per dolo, e riferirsi cioè alla colpa, che vie ne solo in casi eccezionali addebitata all'agente, si p reoccupò di indurlo; ove, invece q u esta indicazione non fece, u sando la generica dizione “è colpevole,,, volle ripor tarsi alla precipua causa di im putabilità, vale a dire al dolo.

Di più, il delitto colposo si sostanzia, da una parte, in un'azione o d omissione voluta e conosciuta; dall'altra, in un evento derivatone, non voluto, m a prevedibile, e che per im prudenza e n egligenza non fu nè previsto nè evitato; mentre, per quel lo doloso, l'evento, q u a n d o sia richiesto, com e nella m aggior parte dei casi, deve es sere anche esso p reveduto e voluto.

Q u a n d o la legge, nel determ inare u n a ipotesi delittuosa, non la punisce in vir tù dell'effetto, sia prevedibile voluto, m a si arresta alla sola azione od omissione, poiché q uesta co m u n q u e non p u ò essere penalm ente considerata, se non sia passata al vaglio della coscienza e delle volontà, scende di co nseguenza, che il delitto stesso non po s sa essere se non doloso, e pertan to dolose so n o tu tte le ipotesi, di cui agli art. 8 56 e 857; e correlativam ente quelle, di cui all'ultim a specie del prim o co m m a dell'art. 863.

Q u este considerazioni trov an o fo n d am e n to non solo nei lavori preparatorii ed in ispecie nella Relazione al Re, che affermò, che in materia di bancarotta si appli c an o le n o rm e generali e fondam entali del codice penale, co m p resa quella sulla com plicità (ora concorso di m inore im portanza] pro p rio dei delitti dolosi, ma nella constatazione che trattasi nel caso di delin q u enza di ordine essenzialmente politico, perseguita per difesa di un interesse pubblico, connesso all'osservanza di alcune norme, non al fatto dell'evento fallimentare. Si desum e, pertanto, dal fin qui esposto, che, alla sussistenza delle ipotesi dolosa di ban ca ro tta semplice, è necessaria, d a u n a parte, la consapevolezza e la volontà di com piere un fatto o u na om issione co ntra ria alla legge [elemento soggettivo], e dall’altra, u n a effettiva partecipazione all’azione od omissione. Così che, q u an d o dei varii am ministratori e direttori di una Società alcuni ab biano assu n to l’incarico dei legali adem pim enti, altri ne siano dispensati, o siano stati nell'impossibilità di attendervi, questi secondi non d e b b o n o risp o n de re penalm ente. Per ciò i C apone, il Masiello, Rossi M atteo, C a p o n e Alberto, Di M u r o Salvatore, Carucci Carlo, e Zarra Francesco, d ebb o n o andare assolti con F o r m ula piena dalle imputazioni di non aver fatto esattam ente l'inventario, non avere te n u to reg o larm en te i libri, e di non avere compilati i bilanci in m o d o completo, poiché è stato dim ostrato, che il direttore tecnico, A leardo C aputo, aveva assunto le relative mansioni, assicurando gli Amm inistratori dell'adem pim ento delle formalità di legge; e per tale m otivo al C ap u to va applicata, l'aministia, non p o ten d o essere assolto nè per no n avere com messi i fatti, né perchè questi non costituiscono reato.

Ed an che va, nei riguardi dei suddetti, pronunziata assoluzione con F o rm u la piena per no i avere fatta la dichiarazione della cessazione dei pagamenti, perchè era stata d a essi presentata tempestiva p ro p o sta di C onco rd ato preventivo, nella q u a le era implicita la dichiarazione di dissesto: e difatti, il fallimento fu p ro n u nziato

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pro p rio su quella istanza,

I fratelli C ap o n e sono chiamati a rispondere, a parte, di avere per loro colpa cag io nato il fallimento della Banca. Già, esam in and o la loro responsabilità dolosa, si osservò, che, g rand e influsso avevano spiegato sul fallimento della Banca gli eventi econom ici del dop o g u erra: è d a rilevare poi, nel su d d e tto caso, che le operazioni co m piu te dai C ap o ne, e di poi rim aste in sospeso, e in parte p erd u te e in parte recuperate, furono, sulle prime, redditizie, e furono chieste ed ottenute, per esse, e in principio, e alle prim e avvisaglie di pericolo, tutte le possibili garenzie; e le operazioni stesse non ebbero buon fine, perché le Ditte, cui fu ro n o fatte, forni trici di g u erra, con l'inaspettato avvento della pace, su b iro n o un im provviso trac o l lo, che si ripercosse naturalm ente sulla B anca sovvenzionatrice (vedi Registri delle D eliberazioni del Consiglio, Voi. 2. Fol. 317, 321, 340, 356, 370, 440, 475, 464; Voi. 3. Fol. 254, 256 (D itta Del Pozzo]; Voi. 2. Fol. 366; 386, 412, 4 62 , 490, 466, Voi. 3. Fol. 46, 311 [Calzaturificio); Voi. 3. Fol. 7 [Tartaglione] Voi. 2. Fol. 3 8 7 [Sellitti]. I fratelli C ap o n e d ev o n o pertan to essere assolti an che da q u esta im putazione, perchè il fatto non costituisce reato.

N ei riguardi di C o sen tin o Egidio, C asaburi Carlo, e G io rd a n o Filippo, deve d i chiararsi non doversi procedere a loro carico, perchè il reato é estinto, p e r il loro decesso, co m p ro v a to in atti.

PER QUESTI MOTIVI

Letti gli articoli 4 7 9 C. P. P.

Assolve C a p o n e A rturo, C ap o n e Alfredo, e M asiello V incenzo dalle im p u tazio ni di b an caro tta fraudolenta loro ascritte, com e in rubrica, per non avere com m essi i fatti; e li assolve anche dalla im putazione di b an caro tta semplice, co m e in ru b ri ca, perchè i fatti loro ascritti non costituiscono reato.

A ssolve P o m arici G u id o dalla im putazione di co nco rso in b an carotta fra u d o lenta, com e in rubrica, per non avere co m m esso il fatto.

Assolve, inoltre, Rossi M atteo, C ap o n e Alberto, Di M u r o Salvatore, Carucci C arlo e Z arra F ran cesco dalla im putazione di b a n ca ro tta semplice loro ascritta, co m e in rubrica, perchè i fatti non costituiscono reato.

Dichiara non doversi procedere a carico di C o sen tin o Egidio, C asaburi Carlo, e G io rd an o Filippo, perchè estinto il reato loro ascritto, per morte.

L etto l'art. 1 e 5 R. D. 5 n ovem bre 1932 N . 1403, dichiara n on doversi p ro ced e re a carico di C a p u to A leardo, per essere estinto il reato di b a n ca ro tta semplice a lui ascritto, per Amnistia.

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IN NOM E DI SU A MAESTA

V I T T O R I O E M A N U E L E III.

PER GRAZIA DI DIO E PER VO LO N TÀ DELLA NAZIONE

R E D ’IT A L IA

L ’an n o 1933 (XI), il giorn o ventiquattro del mese di ottobre

La R. C o rte di A ppello di Napoli - Sez.ne 11 - c o m p o sta dai Signori C o m m . A N G E L O C A R R E L L I Presidente

C av. Uff. A N T O N I O L A P A T I

Cav. Uff. E R N E S T O F E R R A N T E ) Consiglieri Cav. Uff. E T T O R E A LI' ) co n siglieri

C o n l'intervento del P u bblico Ministero, in perso n a del Sost. Proc.re G en.le Cav. Uff. A N T O N I O M U S Y , e con l'assistenza del Cancelliere Cav. Uff. E N R I C O C A S C E L L A sottoscritto, ha p ro n u n cia to la seguente

S E H T E N Z F )

nella C ausa P enale a carico di

1). C ap on e A rtu ro fu V incenzo Sacerdote, di anni 59

2). C ap o n e Alfredo fu V incenzo A vvocato, di anni 55, da Salerno

S ull'A ppello p ro p o sto dal P. M. avverso la Sentenza del 30 m arzo 1933 del Tribunale di Salerno, con la quale venivano assolti, per non avere commessi i fatti loro ascritti, dal reato di b an caro tta fraudolenta, com m esso in Salerno, nel 1924 e nel 1925, a d an n o dei creditori della B anca C attolica Salernitana.

LA CORTE

Fatto. La B anca P o p o lare Cattolica Salernitana, Società A n o n im a C ooperativa per azioni, costituitasi nel 1909, com inciò a funzionare nel 1910, e nel m aggio del 1927 presentò istanza di C o n co rd ato preventivo, offrendo la percentuale del 6 0 oi° nel term ine di cinque anni, ad d u cend o , a giustifica del dissesto, l'investimento di ca pitali liquidi in finanziamenti industriali, la riduzione del fido da parte dei g ra n di Istituti, il ritiro co n tin u o dei depositi destinati all'im piego più rem unerativo d ell'acquisto dei Titoli di Stato.

Il Tribunale di Salerno, ritenendo inammissibile l'istanza per irregolare tenuta dei libri com merciali, con s en ten z a del 3 g iu g n o 1927, dichiarò il fallimento della Banca, fissando al 1. g ennaio 1926, la data provvissoria di cessazione dei pagam enti.

S'iniziò quindi procedim ento penale, per bancarotta semplice e fraudolenta, con tro M o n sig n o re A rtu ro C apone, già Presidente del C onsiglio di A mministrazione, e c o n tro il C o m m .re Alfredo C apone, quale D irettore G enerale della Banca, oltre che co ntro gli altri A m m inistratori e Dirigenti di Filiali, e contro il Direttore tecnico C a p u to A leardo.

Il Prof: Di F ran co Luigi, curatore del fallimento, che nella sua prim a relazione aveva già accennato, che il dissesto della B anca non poteva farsi risalire unicam ente alle ragioni addotte, m a p iu ttosto ad operazioni estranee ai fini della Società, e ad

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abusi degli Amm inistratori, con Relazione definitiva del settem b re 1923 faceva risa re il dissesto della B anca al 1921 più che al 1926, e che di ciò erano consapevoli gli Amm inistratori, da tem po, in q u an to il ragioniere Rovigatti, incaricato della re visione del bilancio del 1921, avea, con relazione del 20 aprile 1922, concluso, che l'A zienda da qualche a n n o era in perdita, e non si p o te an o assegnare gli utili asse gnati in bilancio, perchè realm ente non ottenuti, co m e gli interessi capitalizzati sul le partite Calzaturificio “ La Vittoria,,, Ditta del Pozzo, D itta Sellitti; ed in q u an to an co ra il dott. Aliotta, con rap p orto del febbraio 1927, avea, in base ad un esame so m m ario della contabilità, co nferm ato anche, che le perdite subite d all'istitu to aveano non solo inghiottito il capitale azionario, m a an ch e intaccati i depositi fi duciarii, e che le perdite risalivano quasi tutte ed integralm ente ai passati esercizii (dal 1921 in poi).

Egli rilevò, che gli utili riportati nei bilanci dal 1921 al 1925, in com plessive L. 2 8 8 .9 1 4 .5 0 , erano insussistenti; e, portan d o il suo esam e sulle diverse operazio ni co m p iu te dalla Sede Centrale, affermò, che la responsabilità degli A m m inistratori e m e rg e v a evidente dalle operazioni più salienti da essi com p iu te, quali il finanzia m ento e la gestione del Calzaturificio “ La Vittoria,, in C ava dei Tirreni per L. 3 11.304, il finanziam ento alla D itta del Pozzo, per L. 1.002.313, il fin an ziam en to al la Ditta D 'A g o s tin o e Tartaglione, e quello infine della Ditta Sellitti per L. 2 6 1 .7 0 0 . Egli aggiunse, che tutti questi affari s 'eran o risoluti in perdite e controversie g iu diziarie per la Banca, le cui attività, al m o m en to della dichiarazione di fallim ento, si riducevano ad un attivo di L. 3.310. 9 4 4 co n tro un passivo di L. 8 .9 6 5 .9 2 6 ; e che, sino al bilancio del 17 m ag g io 1927, agli im mobili erasi dato un valore e s a gerato, e che, p u r co stitu en d o i finanziam enti indicati delle perdite, eran o portati in bilancio co m e efficienti e produttivi d ’interessi, d o n de la insincerità di quel bilancio, e la illeceità, per gli anni 1924 e 1925, della distribuzione dei dividendi, p erch è in sussistenti.

C hiusasi l'istruttoria, il P u bblico M inistero chiese rinviarsi i Sig.ri C a p o n e al giudizio del T ribunale di Salerno, per rispondere, oltre che di b a n c a ro tta fraudolenta, anche di b an caro tta semplice, ai sensi degli art. 181 8 6 3 p. p. C od. C o m m . per avere pagato ai Socii dividendi non per utili realm ente con seg u iti: ma, a seg uito di nuovi motivi esposti, presentati dalla difesa della curatela, costituitasi parte civile, si diede luogo ad un p rosieguo di istruzione, a seg u ito del quale il G iu d ic e Istruttore, a n d a n d o in diverso avviso del P. M., rinviò i germ a n i C ap o n e a giudizio, per rispondere di ban caro tta fraudolenta, anche per aver distribuito ai S o cii dividendi m anifestam ente insussistenti, dim in u end o cosi il capitale sociale, oltre che

per distrazioni di attivo, falsificazioni di libri commerciali, e per aver cagio n ato per colpa il fallimento della Banca.

Il Tribunale di Salerno (Sezione III) con S en ten za del 30 m arzo 1933, assolse i germ ani C ap o n e dall'im putazione di bancarotta fraudolenta, per non aver c o m m e s so i fatti loro ascritti. M a avverso questa Sentenza, il P ro c u ra to re del Re di S a lern o p ro d usse appello, sostenendo, che il T ribunale avea m alam e n te vagliate le risultanze processuali in o rdine al capo d 'im p u tazio n e riflettente la distribuzione dei dividendi m anifestam ente insussistenti, per cui si doveva sen za altro affermare la responsabilità dei germ ani C ap on e. Egli, nella m otivazione del s u o gravam e, addusse, c h e il dissesto della B anca rim ontava al 1921, co m e dal r a p p o rto Rovigatti; e che di co n seg u en z a eran o non rispondenti al vero i varii bilanci p o sterio rm en te red at ti, specie nella registrazione degli utili assegnati e divisi fra i Socii.

A g g iu n s e , che i C ap o n e eran o a conoscen za dello stato delle cose, ed av ea n o agito con dolo, facendo all'u o p o richiamo alla curatela, in m a n can za degli in

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-ventarii, al r a p p o rto del D ott. Aliotta, alle dichiarazioni fatte d a M o n sig n o r C ap o n e in seno al C o n sig lio di A m m inistrazione nelle tornate del 14 m a g g io e 21 g iu g n o 1923, e a quelle del C o m m . Alfredo C ap o n e nella to rn ata del 2 2 dicem bre 1922, alla firm a ap p o s ta d a costui alla prima n o ta del Libro giornale riflettente il bilancio al 31 dicem bre 1925, ed alle deposizioni, infine, dei testimoni Natella, Zaniboni e d 'A m a to .

A ggiornatasi la Trattazione della C a u s a n ell'U d ienza odierna, è co m p arso il solo im putato avv. C apone, il quale s'è riportato agli interrogatorii resi; e m entre il P. G enerale, senza insistere nella prim a parte dell’appello, ha chiesto assolversi g l'im putati con form ula dubitativa, la Difesa ha insistito p er la conferm a della S en te n za appellata.

T an to prem esso, la C o rte rileva: che l'A p p ello del P u b b lic o M inistero è infon dato. Innanzi tutto, dal lato obbiettivo non p u ò dirsi certam ente p ro v ata la insus sistenza degli utili segnati nei bilanci del 24 e del 25, cui si limita la contestazio ne, perchè, in difetto di una perizia contabile, pure invocata insistentem ente dalla Difesa fin dal periodo istruttorio non restano, a prova di tale estremo, che le as s e r tive del Curatore, il quale assum e, e su tale assu n to si fonda in sostanza il P u b b li co M inistero, che i bilanci dal 1921 al 1925 si chiusero sem pre in perdita, per ch è n on si svalutarono, co m e si sarebbe d o v u to fare, i crediti riguardanti la D itta del Pozzo, il Calzaturificio “ La Vittoria,, la D itta D ’A g o stin o Tartaglione e la D it ta Sellitti; e si calcolarono, anche in attivo, gl'interessi relativi. P otrebbesi a questo o p porre, che il criterio contabile, da cui parte il C uratore, per ritenere l'insussistenza degli utili, é per lo m en o assai discutibile, dal m o m ento che persone di notoria co m p e tenza in materia, quali il Senatore Farina, il Prof. P etrone, il ragioniere Brienza ed altri assicurano, che, seco n d o l'u so della tecnica bancaria, anche gli interessi dei crediti litigiosi vanno segnati in attivo, e considerati com e utili dell'A zienda fino a che i crediti non siano co m p ro m essi del cento per cento. M a è vano ingolfarsi in simile indagine, q u a n d o il p rocesso offre la prova chiara e precisa, che i germ ani C a p o n e h an n o agito in pien a b u o n a fede, cred end o sem pre nel ricupero dei detti crediti, che an ch e oggi non si p o sso n o co n sid erare del tutto perduti; tan to v ero ,' che, com e si evince dalla sentenza appellata, non si dispera dalla curatela il recu p e ro, sia anche parziale, di essi. Innanzi tu tto sta a provare la loro b u o n a fede, la d e posizione dell'avv.to C o m tn . V incenzo de Crescenzo, q u a n d o afferma, che, c h iam a to da M o n sig n o r C a p o n e per la preparazione della istanza di C oncordato, fu da quello sollecitato, perchè nello elenco delle attività fossero inclusi il credito Dei- Pozzo ed altri, m o stra n d osi co nvinto della loro esigibilità, m algrado che egli faces se osservare, che la ipoteca di Del P o zzo fosse per sole duecen tom ila lire, m entre l'esposizione superava il milione; e che, in seguito alle sue insistenze, M o n sig n o r C apo n e si convinse doversi svalutare il credito alm eno a quattrocentom ila lire; e che, infine, quegli volle, che, nella d o m a n d a di C oncordato, si sarebbe dov u to esprimere chiaram ente, che, qualora si fosse recuperato altro in più delle 4 0 0 .0 0 0 lire, il recupero sareb b e d o v u to andare in a u m en to della percentuale. Si fa, a prova del contrario dal P ubblico M inistero richiamo ai rapporti di A n dro n ico Fasano del 1917, a quello del Rovigatti del 1922 ed a quello dell'A liotta del 1927: m a l'A ndronico Fasano, se afferma nella sua relazione l'inesistenza degli utili, è quello stesso, che, divenuto R agioniere C a p o della Banca, co n tin u ò a trarli com e utili esistenti nei bilanci, nè avvertì, che n on si sarebbero dovuti distribuire; ed il Rovigatti conchiuse la sua rela zione in form ula dubitativa, d icendo sembrargli, ch e gli utili assegnati in sede di bi lancio n on fossero esistenti; m a poi spiegò, in sede istruttoria, che le perdite della Banca, cui egli alludeva, n on erano effettive, essendo i crediti relativi ancora re

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-cuperabili; e l'Aliotta, infine, n on fece, nella sua Relazione, che accen n are ad un su o criterio contabile d a seguire nel segnare in bilancio gl'interessi sulle partite Del P o z zo, Calzaturificio D 'A g o s tin o e Sellitti, criterio, che n on è d a tutti accettato nella pratica bancaria, co m e so p ra si è detto. D 'altra parte i bilanci non erano n ep p u re com pilati dai C apone: l'avv. Alfredo C apone, per q u an to insignito del titolo di Di rettore G enerale, era in effetti il direttore della parte legale, o meglio, contenziosa; e M o n sig n o r C ap o n e, cui difettava anch e la necessaria com petenza, tu tto faceva fare alla Ragioneria, e per essa al C ap o contabile e D irettore tecnico, C a p u to A leardo, che fu colui che firmò i bilanci del 24 e del 25, e che per p rim o attesta non es sersi mai dati dividendi insussistenti, e doversi gl'interessi, sui crediti litigiosi Del P o zzo ed altri, riportarsi proprio nei rispettivi conti attivi. E' vero, che nel bilancio del 1922 M o n sig n o r C a p o n e certificò, con la sua firma, la esistenza degli utili deri vanti dal credito Del Po zzo ed altri, e sim ilm ente fece il fratello A lfred o per gli interessi Sellitti e D 'A g o s tin o nel bilancio del 1924, m a q ueste firme, alle quali il P. M . fa richiamo, e che dice richieste dai contabili del te m p o a scanso di loro responsabilità, provano, ancora più, la b u o n a fede dei germani C ap o ne, perché certo quelle certificazioni non sarebbero state fatte, se solo un d u b b io i C a p o n e avessero av u to circa l'esigibilità di quei crediti.

Lo stesso C u rato re in dibattim ento finì con l’am m ettere la faciltà dell'errore, in cui, circa i dividendi, sarebb ero caduti i germ ani C apone, e dal quale avrebbero p o tu to salvarsi solo o un te c n ic o o un banchiere di professione. R esiste ancora* a d ogni ipotesi di m ala fede, oltre la tradizionale o n està della Famiglia, alla quale i C ap o n e ap p arten g o n o , la persuasione profonda, che essi aveano nel sicu ro a n d a m e n to della Banca, cui, specie M o n sig n o r C apone, si m ostrava così attaccato, tan to vero che essi p erd ettero nel fallimento circa trentam ila lire di depositi, che avreb b ero p u re p o tu to ritirare; e non p en saro n o a salvare n ep p u re i depositi dei loro c o n g iunti p er l'am m o n ta re di circa L. 90.0 0 0 ; e versarono in ultim o L. 8 0 .0 0 0 in ta citazione alla Curatela, a furia di sacrificii non lievi, di cui vi è traccia in processo. P er aversi il delitto di b a n c a ro tta fraudolenta non basta n e p p u re che si po n g a in essere v o lo n tariam en te taluno dei fatti che la legge prevede co m e elem enti m ateria li di q u esta fig u ra di reato, m a occorre, che tali fatti v en g an o com piuti con la coscienza, se n on al fine, di d an n eg g iare i creditori. O ra, se lo stesso principio deve d o m inare nella valutazione dell’elem ento soggettivo del reato di quasi b an ca ro tta frau dolenta, prev ed u to nel capoverso dell'art. 8 6 3 del C odice di C om m ercio, ch e c o n tem pla anche la distribuzione di dividendi m anifestam ente insussistenti, n o n v 'è chi no n vegga, co m e q u e s to elem en to è nella specie del tu tto escluso, oltre che dagli elementi di so p ra esaminati, dal fatto certo ed incontrovertibile che nel 1926 1927 gli utili n on furono affatto distribuiti, il che sta a provare, che i fratelli C a p o n e si asten n ero dalla distribuzione, n on ap p e n a vennero a con o scen za, che la B an ca ver sava in condizioni, che richiedevano urgenti rimedii; e che i dividendi non esistevano, e non p otevano quindi essere distribuiti senza dim inuire il capitale sociale, e q u in di dan n eg g iare i creditori. Di co nseguenza, va sen z'altro conferm ata la S entenza appellata, con cui i primi Giudici, esattamente e diligentemente vagliando le emer genze processuali, assolsero i germ ani C a p o n e con F o rm u la piena Form ula, che ad essi spetta p er difetto asso lu to di ogni p rova in ordine sov ratu tto all'elem ento s o g gettivo.

PER TALI MOTIVI

La Corte, in applicazione dell'art. 5 2 3 del Cod. di proc. pen: co nferm a la -­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ -­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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S e n te n z a del T ribunale di Salerno del 30 m arzo 1933, appellata dal P ubblico M in i stero nei riguardi dei germ ani A rtu ro ed Alfredo C apone.

N ap o li 2 4 o tto b re 1933 XI S e g u o n o le firme.

D epositata in Cancelleria, oggi quattordici N o v em b re 1933 XI Il Cancelliere

Difensori dei Fratelli C ap o n e, nei d u e Giudizii, fu ro n o gli A vvocati del Foro Salernitano.

CILENTO Comm. AD0LI:0

CU0Y10 GIOVANNI

IANNELLI MARIO

LIBERTI Cav. CARLO

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