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L'usura e gli strumenti finanziari di contrasto

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di laurea magistrale in

Strategia management e controllo

Tesi di laurea

L’usura e i sistemi finanziari di contrasto.

Candidato: Relatore:

Antonino Zummo Prof. ssa Antonella Cappiello

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A mia madre,

donna colta e di sani principi,

mi ha trasmesso la cultura dello studio

e per questo le sarò eternamente grato.

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INDICE

Introduzione 4

1. Excursus storico del reato d’usura 5

1.1. Dagli egizi fino all’Italia preunitaria 5

1.2. .Dal codice Zanardelli al codice Rocco 10

1.3. Il crescente ruolo delle mafie e la prima riforma del delitto

d’usura con la legge 356/1992. 13

1.4. La legge 108/1996 16

2. Accesso al credito e usura 21

2.1.

Difficoltà di accesso al credito in tempi di crisi. 21

2.2. I dati dell’usura italiana 33

3. Il microcredito e gli altri strumenti di contrasto

All’usura. 44

3.1. Il microcredito 44

3.1.1. Le peculiarità del microcredito 44

3.1.2. Genesi del microcredito e l’esperienza di Yunus

Muhammad con la Grameen Bank 48

3.1.3. Il microcredito nel mondo 56

3.1.4. Il microcredito in Italia 61

3.1.4.1. L’evoluzione normativa del microcredito 61

3.1.4.2. Il microcredito in prospettiva futura

per il 2014/2020 67

3.1.4.3. Dati ed esempi del microcredito italiano 68

3.1.4.4. Esperienze del microcredito italiano 78

3.2. I confidi in Italia 82

3.3. Credito rotativo 87

Conclusioni 89

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INTRODUZIONE

Ho deciso di voler discutere la mia tesi sul delitto d’usura e i sistemi finanziari di contrasto. Ho scelto questo argomento perché l’usura è un fenomeno tremendamente attuale, diffuso a molte latitudini e che si alimenta grazie alla corruzione e all’omertà. In contrapposizione a tale fenomeno ci sono una serie di strumenti di microfinanza che sono come una sorta di ancora di salvataggio per quelle famiglie, per quelle piccole-medie imprese soffocate dalla morsa degli strozzini e delle organizzazioni criminali senza scrupoli.

Nel primo capitolo ho deciso di analizzare il fenomeno dell’usura partendo da un rapido excursus storico, descrivendo come era visto il comportamento usuraio nelle varie epoche. Questo mi ha permesso di dedurre che il prestito ad interesse c’è sempre stato nella società, ma solo in periodi di crisi economica, o quando venivano a mancare le fonti da cui poter ricevere liquidità, il legislatore, in tal caso, decide di punire chi pratica l’usura a vario modo. Nella seconda parte del primo capitolo mi sono soffermato sulle peculiarità dell’usura italiana, analizzando le norme che si sono susseguite nel corso degli anni fino ad arrivare ai giorni nostri approfondendo l’attuale disciplina in tema di usura.

Nel secondo capitolo ho approfondito, in primis il tema dell’accesso al credito per le famiglie e per le piccole e medie imprese, riscontrando un andamento costante. Nei periodi di crisi economica gli intermediari finanziari tendono a chiudere i rubinetti del credito. Nella seconda parte del capitolo ho analizzato i dati inerenti l’usura italiana, risulta evidente che tale fenomeno prolifera nelle zone più “povere” del nostro Paese anche se negli ultimi anni si sta espandendo a macchia d’olio su tutto il territorio italiano.

Nel terzo ed ultimo capitolo ho approfondito il tema degli strumenti finanziari di contrasto all’ usura, soffermandomi sullo strumento principe della microfinanza ovvero il microcredito. Descrivendo le sue origini, l’esperienza di Yunus e della sua Grameen Bank, i dati, il quadro normativo italiano e le prospettive future.

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Il fenomeno dell’usura e gli strumenti finanziari

di contrasto.

CAPITOLO 1

EXCURSUS STORICO DEL REATO D’USURA.

1.1. Dagli egizi fino all’Italia preunitaria.

Con il termine “usura” o “usurare” si vuole indicare nelle fonti romane il compenso per l’uso di un capitale prestato da terzi; il termine deriva da usus o utor1 ed

identifica un interesse di per sé lecito o illecito a seconda che non superi o superi un tetto massimo. E’ un fenomeno antico e diffuso in maniera trasversale, indipendentemente dalle culture e dalle condizioni sociali è sempre stato oggetto di attenzione nel corso dei secoli, sia da parte degli studiosi del diritto, sia delle autorità statali, visto lo stretto connubio che ha con la politica e l’economia di uno Stato. A seconda del periodo storico preso in esame troviamo orientamenti diversi sulla nozione d’usura che si sviluppano di pari passo con le scelte legislative a favore o contro la pratica usuraia, infatti da che mondo è mondo, l’uomo ha sempre praticato il prestito ad interesse: di beni fungibili (usura reale) e da quando fu

1 L’ usus, nel diritto romano, era uno dei modi di acquisizione della proprietà.

Il termine per l'usucapione, in base ad una norma delle dodici tavole riportata da Cicerone, era di due anni per i beni immobili (Cicerone parla in realtà di fondi) e di un anno per i beni mobili.

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introdotta la moneta che sostituì il baratto come mezzo di scambio, di denaro (usura pecuniaria).

Gli antichi egizi, ad esempio, permettevano la pratica del trarre frutti e benefici dal prestito effettuato in misura fissa stabilita dalla legge ma essa non poteva superare il valore della somma di denaro data in prestito.

Nella cultura greca invece veniva fatta una distinzione tra: prestito ad uso, del tutto gratuito ed avente per oggetto prevalentemente schiavi ed animali ed il prestito a consumo il quale prevedeva, oltre alla riconsegna della somma del medesimo valore, anche il pagamento di un interesse con percentuale variabile a seconda della tipologia del prestito, per esempio, per quelli a breve scadenza si potevano avere percentuali che variavano dal 12% al 48%.

Nel diritto romano il termine “usurae2” indicava il compenso per l’uso di capitale altrui. In questa fattispecie l’obbligo di corrispondere un interesse derivava da due tipologie differenti: “usurae quae sunt in obligatione” che si trattava di “usurae” che formavano oggetto di un’obbligazione autonoma rispetto alla restituzione del capitale ed “usure quae officio judicis praestantur” dove ci si riferiva ad “usurae” riconosciute in base all’ “officium judicis” nell’azione per la restituzione del capitale. In questo caso le autorità statuali ponevano dei limiti massimi per quanto riguarda il tasso massimo che le parti potevano fissare, tale tasso era riconosciuto in un dodicesimo del capitale prestato, esso, in linea con la prassi del tempo veniva corrisposto mensilmente quindi, al termine dell’anno il creditore avrebbe ricevuto il doppio di quanto prestato. Con il passare del tempo e con l’introduzione della moneta venne considerato insostenibile e con un atto dell’autorità venne diminuito, al fine del periodo repubblicano il tasso fissato era del 12% annuo ovvero dell’1% mensile. Nonostante il tasso legale, le parti rimanevano comunque libere di fissarne uno in misura inferiore a quello legislativamente fissato. D’altra parte vi erano contratti che sfuggivano ad una predeterminazione del tasso d’interesse in considerazione della loro particolare natura. Basti pensare ai prestiti marittimi, in

2 Usurae: interessi relativi ad una somma di danaro (“sors”) da corrispondersi periodicamente ed

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quei casi infatti il creditore non aveva nessuna certezza di recuperare l’investimento, allora vi era la possibilità di fissare interessi ben al di sopra della misura legale.

Quindi si può dire che il prestito ad interesse non era del tutto vietato, bensì era regolamentato dalle autorità statuali con la previsione di un tasso soglia.

Si ebbe una netta inversione di tendenza nei secoli successivi alla compilazione Giustinianea3 (529 d.c.) quando si introdusse un totale divieto in materia dovuto al tradizionale pensiero dei Padri della Chiesa. Tale pensiero viene acuito dall’interpretazione data nelle Sacre Scritture, è l’evangelista Luca a parlarne, ma anche e soprattutto nella valutazione morale della pratica usuraia. Per questi motivi la Chiesa, nei vari concili che si sono succeduti, ha vietato la pratica del prestito ad interessi dapprima ai soli ecclesiastici e poi anche ai fedeli ed ai laici. Tutti questi divieti non furono sufficienti a far diminuire la pratica del prestito ad interessi perché questo rappresentava una fonte fondamentale per quei soggetti che avevano bisogno di credito. In ragione di ciò la Chiesa decise di creare i Monti di Pietà dove, in via del tutto eccezionale, il prestito ad interesse veniva consentito. Il Monte di Pietà è un'istituzione finanziaria senza scopo di lucro, di origini tardo-m2edievali, sorta in Italia dopo la fine del XV secolo (1462) su iniziativa di alcuni frati francescani allo scopo di erogare prestiti di limitata entità a condizioni favorevoli rispetto a quelle di mercato. L'erogazione finanziaria avveniva in cambio di un pegno: i clienti, infatti, dovevano presentare un pegno che valesse almeno un terzo in più della somma che si voleva concedere in prestito. La durata del prestito era solitamente annuale; trascorso il periodo del prestito, se la somma non era restituita il pegno veniva venduto all'asta. Per questa caratteristica queste istituzioni si rivolgevano alle popolazioni delle città, dove molti vivevano in

3 Il Codice giustinianeo (in latino Codex Iustinianus) è una raccolta ufficiale di costituzioni redatta per

ordine dell' imperatore romano d’ Oriente, ad opera di una commissione da lui nominata. Fa parte della raccolta di leggi e massime di diritto nota come Corpus Iuris Civilis

Di esso furono redatte due edizioni: la prima, il Codex Iustinianus Primus o Vetus del 529 è andata perduta, mentre la seconda, il Codex Iustinianus repetitae praelectionis del 534, ci è pervenuta integralmente.

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condizioni di pura sussistenza. I contadini, infatti, di norma non avevano nulla da impegnare se non beni indispensabili per svolgere la loro attività, come sementi e utensili da lavoro.

Da questo momento il divieto d’usura comincia ad attirare molta attenzione dovuto soprattutto alla crescita esponenziale delle relazioni commerciali tra i vari Stati e all’aumento della circolazione della moneta. Come abbiamo accennato pocanzi la Chiesa aveva imposto assoluti divieti alla pratica usuraia allora molte legislazioni decisero di adattarsi prevedendo sanzioni per gli usurai nei loro statuti. Sono le costituzioni Melfitane4 del 1231 il primo esempio di disciplina legale dell’usura;

in tali costituzioni l’usura, in omaggio alla tradizione cristiana, veniva considerata una pratica molto grave e disdicevole.

In contrapposizione alle costituzioni Melfitane ci furono altre città, soprattutto nell’Italia settentrionale, in cui furono divulgati degli istituti dove non c’era un completo divieto di percezione degli interessi sui prestiti: basti pensare alle città di Bologna (1250), Venezia (1254), Pisa (1268), Milano (1410) e così via.

È a partire dal XV secolo che l’orientamento repressivo nei confronti dell’usura comincia ad attenuarsi per il diffondersi del pensiero capitalista, nonostante il permanere dei divieti ecclesiastici. Questo avvenne anche perché la Chiesa stessa fu costretta a ricorrere all’indebitamento accettando di dover corrispondere interessi corrispettivi, anche se quest’ultimi venivano riconosciuti come legittimi. Una vera e propria radicalizzazione del pensiero si ebbe nel periodo illuminista, i motivi sono da ricercare nel proliferare del traffico mercantile e nello sviluppo economico europeo. Dominava un pensiero più liberale che si discostava dai canoni cristiani, con la conseguenza di non vedere più il ricorso al credito con diffidenza, anzi lo si considera come lo strumento più idoneo per far fronte allo

4 Le Costituzioni di Melfi (dette anche Liber Augustalis) costituiscono una, ma anche la più proficua, delle

manifestazioni della cultura di Federico Secondo di Svevia. Furono promulgate nel 1231 dall'imperatore svevo nella città di Melfi, e raccolte nel Liber Augustalis. Esse prevedono norme e leggi, che

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sviluppo economico europeo che permettesse ai commercianti di rimanere competitivi sul mercato.

Le nuove legislazioni europee accolsero positivamente questi principi liberali; in Inghilterra nel 1854 venne abolito il tasso massimo di interesse; in Francia era previsto un tasso soglia che venne abolito con la legge del 1789 lasciando alle parti la facoltà di stipulare liberamente interessi sui prestiti.

Come successe alle altre legislazioni europee anche in Italia il reato d’usura venne abolito, prima erano molti i codici che prevedevano sanzioni sia penali che civili contro la pratica usuraia; esse rimasero in vigore fino alla completa diffusione dei principi di liberalità e, come avvenne in Francia, furono pian piano abrogate. Caso a parte fu il codice del Regno delle due Sicilie datato 1819, era l’unico a non prevedere una fattispecie d’usura, questo perché il Banco delle due Sicilie5

(divenuto poi Banco di Napoli nel 1860) era uno degli istituti più ricchi dell’Italia preunitaria il quale poteva godere di una situazione particolarmente florida. Per i cittadini del regno era più facile ricorrere al credito senza dover ricorrere a quello usuraio, il quale assumeva una dimensione irrilevante. Questo è un aspetto che ci fa riflettere, il cittadino medio se può facilmente reperire denaro attraverso il mercato lecito e regolamentato del credito, non avrà bisogno di rivolgersi a canali paralleli e illeciti di finanziamento e non ci sarà bisogno di un intervento del legislatore penale in materia.

5 Il Banco di Napoli è una delle più importanti e più antiche banche storiche italiane, in quanto le sue

origini risalgono ai cosidetti Banchi Pubblici dei luoghi pii, sorti a Napoli tra il sedicesimo e il

diciassettesimo secolo, in particolare ad un monte di pietà, il Banco della Pietà, fondato nel 1539 per concedere prestiti su pegno senza interessi, il quale nel 1584 aprì una cassa di depositi, riconosciuta da un bando del viceré di Napoli nello stesso anno.

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1.2.Dal codice Zanardelli al codice Rocco.

I principi di stampo liberale e il conseguente riconoscimento di liceità al prestito con interesse persistettero anche con l’emanazione del codice penale italiano del 1889. Esso venne definito codice Zanardelli6, dal nome di Giuseppe Zanardelli, allora ministro di Grazia e Giustizia che ne promosse la pubblicazione; tale codice rimase in vigore dal 1890 al 1930 e non prevedeva alcuna fattispecie di usura. A causa della crisi socio economica che colpì il nostro paese, furono però proposti vari progetti di riforma e uno di questi fu il progetto del 1894 Della Rocca-Aguglia che prese il nome dai due onorevoli promotori. Questo prevedeva la fissazione legale di un tasso massimo di interessi, lasciando comunque al giudice un ampio margine di discrezionalità, con la possibilità per quest’ultimo di valutazione del caso concreto.

Una netta inversione di tendenza si ebbe con l’introduzione del codice Rocco7 nel

1930. In omaggio a quelle che erano le concezioni del periodo fascista fu creato un codice penale sicuramente meno liberale che portò all’introduzione dell’art. 644. c.p. che punisce il reato d’usura. Tale articolo prevedeva la repressione, seppur con la stessa pena, di due fenomeni usurai: al comma 1 (“ Chiunque fuori

dai casi preveduti dall’articolo precedente, approfittando dello stato di bisogno di una persona, si fa da questa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile interessi o altri vantaggi usurai, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa

6 Il Codice Zanardelli sostituì il codice penale del 1865 che di fatto era il codice del Regno di

Sardegna del 1859 esteso (con qualche modifica) all'intero territorio del Regno di Italia, ad esclusione della Toscana ove rimase in vigore il codice penale locale perché non conteneva la pena di morte a differenza del codice sardo.

Per tale ragione è solo con il presente Codice Zanardelli che si raggiungerà la effettiva unificazione legislativa del Regno. Benché ritenuto da molti penalisti dell'epoca, specie quelli della scuola

del positivismo giuridico, un codice troppo "morbido" e obsoleto, in alcune parti, già al momento della promulgazione (in quanto riprendeva anche norme del Codice napoleonico, promulgato più di 80 anni prima), si trattava comunque di un codice penale avanzato rispetto ai precedenti e perfino a molti codici europei.

7 Codice Rocco: codice penale italiano (noto come codice Rocco dal nome del suo principale estensore,

il guardasigilli del Governo Mussoli, Alfredo Rocco) è un corpo di norme in tema di diritto penale. Insieme alla Costituzione e alle leggi speciali è una delle fonti del diritto penale italiano, ancora oggi vigente.

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da lire mille a ventimila”) si puniva l’usura diretta, con una sanzione che, per

coloro, fuori dai casi previsti dall’articolo 643 c.p. (circonvenzione di incapace), si fanno dare interessi o altri vantaggi usurai in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra cosa mobile approfittando dello stato di bisogno d una persona; al comma 2 (“ Alla stessa pena soggiace chi, fuori dai casi di concorso nel delitto

preveduto dalla disposizione precedente, procura ad una persona una somma di denaro o un’altra cosa mobile, facendo dare o promettere, a sé o ad altri per la mediazione, un compenso usuraio”) si punisce la mediazione usuraia quindi quella

persona che procura ad un’altra in stato di bisogno una somma di denaro o altra cosa mobile , facendosi dare per la sua opera di mediazione un compenso usuraio. Interessante è analizzare la relazione del Guardasigilli con la quale si colgono le motivazioni moralizzatrici ed eticizzanti che hanno spinto alla reintroduzione del reato. Il Ministro preliminarmente precisa che non tutte le obbligazioni si possano considerare reato ma è necessario il requisito dello “stato di bisogno” in cui deve versare il soggetto passivo. Per stato di bisogno, il legislatore, indicava una situazione di grave difficoltà economica in cui si veniva a trovare il soggetto leso, senza riuscire a reperire i mezzi di sussistenza primari. Questo requisito sarà un elemento caratterizzante di tale fattispecie fino alla riforma della legge numero 108 del 1996. Il soggetto attivo viene invece visto come una sorta di approfittatore dello stato di bisogno altrui generando un grave allarme sociale. Proprio il grave allarme sociale è uno dei motivi che spinse il legislatore fascista a punire il reato d’usura in modo da tutelare il patrimonio personale del soggetto passivo in stato di bisogno. Nello stesso tempo il legislatore sembra voler tratteggiare la figura dello “strozzino”, facendolo apparire come un soggetto approfittatore dello stato di bisogno altrui, sia che svolga la sua attività di strozzinaggio in maniera per così dire professionale, cioè essendo in stretta connessione con il mondo economico, sia che si tratti di strozzino non professionale. Continuando ad analizzare la nozione di “stato di bisogno”, va preliminarmente osservato che, pur trattandosi di un elemento fondamentale e caratterizzante della fattispecie d’usura disciplinata dal legislatore del 1930, dottrina e giurisprudenza ne hanno dato varie interpretazioni a causa del suo alto coefficiente di indeterminatezza. Sono state

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svariate infatti le definizioni elaborate su questo concetto muovendosi tra due estremi: da un parte la concezione oggettivistica, dall’altra quella soggettivistica. Secondo la concezione economico-oggettivistica, lo stato di bisogno, pur non identificandosi con lo stato di necessità, presuppone comunque una mancanza di beni di natura patrimoniale, ben potendosi configurare il reato con riguardo ad un soggetto benestante che si trovi assillato momentaneamente da un bisogno di denaro, per contingente carenza di liquidità.

Secondo la concezione soggettivistica o psicologica, invece, bisogna interpretare il concetto di stato di bisogno come una condizione in cui il soggetto passivo non ha libertà di scelta. All’interno di queste due fattispecie che si trovano agli antipodi possiamo trovare varie interpretazioni differenti. Dall’analisi fin qui svolta si può notare che l’eccessiva indeterminatezza del requisito, sottolineando che rimane fondamentale nell’economia della norma, ha creato molta incertezza. Incertezza superata con la riforma ad opera della legge 108/1996 con la quale il legislatore ha preferito eliminare il requisito dello stato di bisogno dalla descrizione del fatto tipico e prevedendolo come circostanza aggravante.

1.3. Il crescente ruolo delle mafie e la prima riforma del delitto d’usura con la legge 356/1992.

La fattispecie di usura prevista nel codice Rocco del 1930 non aveva dimostrato grande capacità nel saper contrastare il fenomeno usuraio specialmente nel periodo del boom economico che caratterizzò l’Italia dell’immediato dopo guerra. Con il passare degli anni l’usura si sviluppò soprattutto nel meridione dove c’era un bisogno impellente di “liquidità facile” a causa della pesante arretratezza di alcune zone dal punto di vista economico. Ed è proprio in questa situazione che le organizzazioni criminali, che già erano presenti in maniera radicata nel territorio, hanno avuto terreno fertile per consolidare il loro potere e cercare di entrare nell’economia lecita; uno dei mezzi più utilizzati per conseguire tale obiettivo è stato proprio il prestito ad interesse. Negli anni del dopoguerra il mercato del credito cominciava ad essere un settore molto redditizio ed al prestito usuraio si rivolgevano non solo gli imprenditori ma anche semplici famiglie e le

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organizzazioni criminali non volevano fare altro che aumentare il loro giro d’affari. Al di là del mero guadagno economico, per le organizzazioni illecite, fare usura era appagante anche sotto il profilo dell’ aumento del consenso popolare. Si iniziò a parlare del binomio riciclaggio-usura, infatti attraverso l’usura si riescono a ripulire, reinvestendoli, i capitali provenienti dalle altre attività illecite. Se mettessimo il fenomeno usuraio in un’ottica squisitamente economica, l’intreccio tra usura e riciclaggio è la risultante della combinazione tra l’occultare la provenienza illecita del capitale separandolo dalla fonte delittuosa per poi reinvestirlo e il contratto di prestito usuraio volto ad ottenere, non solo ovviamente il capitale, ma un surplus formato da interessi maggiorati. L’attività delle organizzazioni non finisce qui, essa si muove su altre due direttrici: l’estorsione e l’acquisizione dell’impresa oggetto d’usura. Dopo le continue richieste di pagamento, a cui l’imprenditore non poteva oggettivamente far fronte, l’organizzazione chiedeva di entrare all’interno dell’azienda gestendola direttamente con la possibilità di permettere altre azioni di riciclaggio in futuro. Questo era il passaggio finale che portava le organizzazioni criminose ad entrare nel tessuto economico lecito italiano.

Dopo che la magistratura aveva cominciato a capire l’intento mafioso e all’indomani delle stragi di Capaci del 23 Maggio 1992 e di Via D’Amelio del 19 Luglio 1992, dove persero la vita i due magistrati antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il legislatore ha fatto si, come spesso avviene in queste situazioni d’emergenza, che licenziasse una legge “ che vuol essere una risposta ed un

riscatto” a quanto avvenuto. La legge 356/1992 veniva rubricata “modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità organizzata”. Altra peculiarità di tale fenomeno usuraio era dovuta al

fatto che, molto spesso, chi si rivolgeva allo “strozzino” non si trovava in una situazione di “stato di bisogno” ma in una situazione di “ difficoltà economica e

finanziaria”. Questo fu l’elemento caratterizzante ed innovatore della fattispecie

dell’ usura impropria disciplinata dalla nuova legge. Fatte queste premesse osserviamo che la legge citata apporta tre modifiche sostanziali: introduzione dell’Art. 644-bis c.p. rubricato “usura impropria”, aumento della pena per

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l’ipotesi d’usura disciplinata dall’Art. 644 c.p. e previsione di una forma d’usura aggravata con l’introduzione di un nuovo terzo comma al medesimo articolo. Il decreto legge numero 306 dell’ 8 Giugno 1992 convertito nella legge numero 356 del 7 Agosto 1992; all’articolo 11-quinques comma 2 disponeva: “ Chiunque,

fuori dai casi previsti dall’Art. 644, approfittando delle condizioni di difficoltà economica o finanziaria di persona che svolge attività imprenditoriale o professionale, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione in denaro o di altra cosa mobile, interessi o vantaggi usurai, è punito con la

reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da lire quattro milioni a lire venti milioni. Alla stessa pena soggiace chi, fuori dai casi di concorso nel delitto previsto dal comma precedente, procura ad una persona che svolge attività imprenditoriale o professionale e che versa in condizioni

di difficoltà economica o finanziaria una somma di denaro o un’altra cosa mobile, facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usuraio”. Ciò che la norma sull’usura impropria cerca di ostacolare in più rispetto

all’articolo precedente è la libertà e lealtà della concorrenza sul mercato; non solo la tutela del patrimonio e della libertà morale e negoziale del soggetto passivo, ma la norma tende a garantire che l’iniziativa economica privata non si svolga in contrasto con le norme di utilità sociale, in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana; come d'altronde è previsto dalla nostra Costituzione. Altra differenziazione tra l’usura impropria e quella disciplinata dall’articolo 644 c.p., era l’eliminazione del requisito dello stato di bisogno che aveva comportato un allargamento degli scopi penalmente rilevanti in vista dei quali la vittima contraeva il prestito usuraio. Essendo il requisito delle condizioni di difficoltà economiche finanziarie più ampie rispetto al requisito dello stato di bisogno, nel reato d’usura impropria erano irrilevanti gli scopi per cui si faceva ricorso al credito usuraio. Secondo quanto afferma Bellacosa:” il reato è integrato

non solo quando la somma è richiesta per mantenere in vita l’attività, ma anche quando l’imprenditore o il professionista l’abbia richiesta per poi destinarla ad investimenti produttivi.” Possiamo quindi stabilire che chi assume la qualifica di

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imprenditore può essere definito come un soggetto passivo nel reato di usura impropria. Infine, l’usura impropria introdotta dalla legge 356/1992 viene infatti definita come un delitto a dolo generico venendo a mancare il presupposto dello stato di bisogno.

Il legislatore inoltre, nell’intendo di reprimere i comportamenti usurai, ha previsto oltre all’usura impropria anche delle modifiche all’articolo 644 c.p.; l’articolo 11-quinques della legge 356/1992 al comma 1 stabilisce che all’Articolo 644 del codice penale sono apportate le seguenti modifiche:

a) Al primo comma, le parole da: “fino a due anni” a “quattro milioni” sono sostituite dalle seguenti: “da uno a cinque anni e con la multa da lire sei milioni a

lire trenta milioni”;

b) dopo il secondo comma è aggiunto il seguente:

“Le pene sono aumentate da un terzo alla metà se i fatti di cui ai commi precedenti sono commesse nell’esercizio di un’ attività professionale o di intermediazione finanziaria”

Da ciò possiamo ricostruire il nuovo testo dell’Art. 644 c.p. che così dispone: “Art.644 – Usura - Chiunque fuori dai casi preveduti dall’articolo precedente,

approfittando dello stato di bisogno di una persona, si fa da questa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile interessi o altri vantaggi usurai, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire sei milioni a lire trenta milioni . Alla stessa pena soggiace chi, fuori dai casi di concorso nel delitto preveduto dalla disposizione precedente, procura ad una persona una somma di denaro o un’altra cosa mobile, facendo dare o promettere, a sé o ad altri per la mediazione, un compenso usuraio. Le pene sono aumentate da un terzo alla metà se i fatti di cui ai commi precedenti sono commesse nell’esercizio di un attività professionale o di intermediazione finanziaria” . Il legislatore ha quindi

previsto due modifiche sostanziali al delitto d’usura: a) inasprimento sanzionatorio; b) una circostanza aggravante ad effetto speciale.

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1.4. La legge 108/1996.

Anche la legge del 1992 non era riuscita a placare il dilagare del fenomeno usuraio in Italia, soprattutto non era riuscita a placare l’intento di arricchimento delle organizzazioni criminali, allora a distanza di quattro anni dalla prima riforma del delitto d’usura ad opera della legge 365/1992 il legislatore ritenne di dover nuovamente intervenire in materia. Nemmeno l’usura impropria, caratterizzata da un elemento che doveva essere di più facile dimostrazione processuale, lo stato di difficoltà economiche o finanziarie dell’usurato, è riuscita a placare il fenomeno. A rafforzare questo concetto le indagini e i dati statistici hanno tristemente dimostrato che il fenomeno era ancora vivo e presente. Dal punto di vista di chi giornalmente è chiamato a tentare di identificare e reprimere forme di illegalità come il reato d’usura, quanto mai opportuna è giunta la nuova legge 108/1996 che, a fronte della precedente lacunosa formulazione, ha cercato di disciplinare sotto ogni possibile aspetto il fenomeno “usura” aggredendolo in modo più organico e deciso rispetto al passato. Questo intervento legislativo infatti agisce non solo sulla sanzione penale, ma colpisce anche il patrimonio di chi tale mestiere esercita ed introduce aiuti economici ed istituisce fondi di solidarietà per le vittime dell’usura. Prima dell’emanazione definitiva della legge 108/1996 sono stati presentati vari disegni di legge ed il dibattito parlamentare si svolse su due direttrici: la fissazione di un tasso usuraio e la predisposizione di strumenti a sostegno delle vittime dell’usura. Questo perché le proposte risentivano delle influenze provenienti da altri ordinamenti storicamente vicini al nostro, come ad esempio quello francese il quale prevedeva la fissazione di un tasso legale superato il quale ci si trovava in ipotesi d’usura. È opportuno precisare che il legislatore d’oltralpe non ha introdotto il tasso-soglia nel codice penale bensì nel “Code de la Consumation”.

Il Governo della XIII Legislatura il 17 Settembre 1994 presenta alla camera dei deputati il disegno di legge numero 1242 rubricato “disposizioni in materia d’usura”; quest’ultimo dopo aver seguito il tradizionale iter legislativo approda alla Camera dei Deputati l’11 Ottobre 1994 per essere definitivamente licenziato. Come previsto dalla nostra Carta Costituzionale il disegno di legge deve passare dalla Camera del Senato per continuare anche in quella sede l’iter legislativo. La

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commissione del Senato ritiene di dover modificare radicalmente la legge in vigore. Tali modifiche ridisegneranno radicalmente il delitto d’usura. Quest’ultimo veniva così strutturato: l’originaria fattispecie venne scissa in due distinte ipotesi, una legata ad un tasso prefissato, il quale fa ritenere usuraio quell’interesse che supera di oltre metà il tasso annuale medio praticato dagli istituti di credito o per operazioni aventi stessa natura; l’altra per la quale si considerano usurai gli interessi che, anche inferiori al tasso soglia, risultano sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o altra utilità; si prevedeva anche la creazione di un “Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura” ed il “Fondo di prevenzione del fenomeno usuraio”. Il testo definitivo, dopo essere inviato nuovamente alla Camera, viene promulgato dal Presidente della Repubblica in data 7 Marzo 1996 con la legge numero 108 rubricata come “Disposizioni in materia d’usura”. La novità sostanziali introdotte dalla predetta legge consistono:

1)nel considerare lo stato di bisogno o di difficoltà economico-finanziaria non più necessarie per la configurazione del reato di usura, bensì quali aggravanti del reato stesso. (art.1);

2)nel determinare (art.2) un limite di tasso oltre il quale gli interessi sono sempre usurari; quest’ultimo andava calcolato aumentando del 50% il tasso medio praticato, nel trimestre precedente, dalle banche e dagli intermediari finanziari per operazioni aventi stessa natura, sul criterio di classificazione delle operazioni per categorie omogenee, che deve tener conto della natura, dell’oggetto, dell’importo della durata, dei rischi e delle garanzie medesime. Tale meccanismo lo si può definire di “puro mercato” poiché i dati altro non sono che i valori degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari, al quale si applica un’ operazione matematico-contabile stabilita dal comma 4 dell’articolo 2 della legge 108/1996. In base a tale normativa, due sono le rilevazioni che compie il Ministero dell’Economia e delle Finanze sentita la Banca d’Italia: come prima operazione procede annualmente a rilevare le categorie di operazioni omogenee, la seconda operazione sarà quella di procedere alla rilevazione dei tassi globali medi praticati dagli operatori finanziari iscritti negli appositi albi. Entrambi verranno poi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale;

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3) nell’inasprimento delle sanzioni, reclusione da uno a sei anni e multa da sei a trenta milioni di lire;

4) nella previsione di nuove ipotesi di aggravanti (fanno aumentare la pena da un terzo alla metà) riguardanti l’attività bancaria in genere e l’attività di credito mobiliare alle imprese;

5) nella determinazione della prescrizione (art.11) del reato di usura, decorrente dall’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale;

6) nell’introduzione di novità sanzionatorie: confisca dei beni di cui l’imputato non può giustificare la provenienza (art.6) e incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione (art.7);

7) nell’introduzione di novità procedurali come la facoltà di procedere ad intercettazioni telefoniche (art.8) oppure applicando alcune norme già vigenti per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso (art.9) o con la possibilità per le associazioni e fondazioni riconosciute per la prevenzione del fenomeno dell’usura di costituirsi parte civile nei giudizi penali contro l’usura stessa (art.10);

8) nell’istituzione di due fondi: un fondo di solidarietà per le vittime dell’usura (art.14), esso si applica ai soli fatti verificatisi a partire dall’01/01/1996 ed è destinato all’erogazione di mutui a soggetti esercenti attività imprenditoriale o di lavoro autonomo che siano parti offese in procedimenti penali per il reato di usura, un secondo fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura (art.15): destinato all’erogazione di contributi a Consorzi o Cooperative oppure a Fondazioni e Associazioni riconosciute (in quanto aventi le caratteristiche determinate dal Ministero del Tesoro) per la prevenzione del fenomeno dell’usura.

Tutti questi Enti citati possono infatti contribuire alla prevenzione del fenomeno dell’usura garantendo le banche per finanziamenti a medio termine o linee di credito a breve termine a favore di piccole e medie imprese che già si sono viste rifiutare da una banca una domanda di intervento.

Come è facile notare l’intervento legislativo è stato molto complesso ed articolato portando quasi ad uno stravolgimento della figura dell’usura e dell’usuraio. Un intervento tanto radicale non poteva che destare polemiche e perplessità da parte della dottrina. La prima perplessità riguarda un’anomalia di ordine costituzionale

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che consisterebbe nel momento di promulgazione della legge, varata a Camere sciolte, cioè in regime di prorogatio. Ebbene, fino alla legge numero 108/1996, la prassi parlamentare in regime di prorogatio non ha mai riguardato l’emanazione di nuove leggi e meno che mai in Commissione come è invece avvenuto per la nuova legge sull’usura, che, per di più, è un intervento normativo di carattere penale. Altro motivo che lascia insoddisfatti è la fissazione del tasso soglia che rischia di non avere gli effetti sperati ai fini di prevenire e combattere l’usura. E’ infatti facile prevedere come la politica di prevenzione possa essere vanificata: prevenire l’usura significa, a parità di altre condizioni, rendere più ampi ed efficienti i bacini del credito legale, in modo da rendere sempre minore la domanda potenziale di usura. Se si introduce una soglia d’usura per il tasso, attraverso un meccanismo per cui tale soglia può interessare le scelte delle banche, l’effetto più probabile è un aumento dei soggetti potenziali a rischio d’usura. E’ chiaro che le banche definiscono dei contratti di credito in cui, a seconda delle caratteristiche del binomio cliente-progetto, a condizioni più onerose dovrebbero corrispondere binomi cliente progetto più rischiosi. Se le banche funzionano correttamente, imponendo una soglia al livello dell’interesse pattuibile, i clienti più rischiosi rimarranno clienti bancari ma con condizioni di prestito più onerose, vedendosi così negare l’accesso al credito e quindi andare a rimpolpare la schiera dei possibili clienti degli usurai. Ma se le banche non funzionano bene, introdurre un’ulteriore rigidità nel determinare una delle condizioni del contratto, spinge gli intermediari bancari a scartare i clienti meno affidabili come famiglie con reddito medio-basso, piccole-medie imprese sottocapitalizzate che operano in settori più rischiosi o che hanno tassi di crescita stagnanti ovvero i classici clienti degli usurai. Se questa è l’analisi economica del fenomeno usuraio, è forse più costruttivo chiedersi come la comunità economica e civile può disegnare delle organizzazioni volte a combattere l’emergere e il diffondersi del credito usuraio. Tali iniziative vengono definite Istituzioni Antiusura, la fisionomia di tali istituzioni deve essere tale da poter loro permettere di rivestire un ruolo importante sia nell’azione di prevenzione che nell’azione di contrasto allo svilupparsi del mercato dell’usura. Potrebbero ricoprire quindi il ruolo di organizzazioni non-profit, la cui crescita è

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oggi in Italia non solo sensibile ma anche auspicata. Per quanto riguarda la politica di prevenzione , è opportuno diminuire il numero dei clienti potenziali che possono essere spinti ad ingrossare la domanda d’usura. Le Istituzioni Antiusura possono muoversi seguendo tre direttive differenti: politica della cultura del debito responsabile, politica della consulenza e politica della garanzia. La politica della cultura del debito responsabile richiede requisiti culturali, è necessario accrescere la consapevolezza equilibrata delle potenzialità e dei rischi delle scelte di indebitamento, nonché del ventaglio di possibilità che il mercato del credito legale offre, tenendo conto del presumibile basso livello di cultura finanziaria che caratterizza il nostro Paese. Va invece accuratamente evitata la cultura dell’antidebito, che rischia invece, di contribuire al mantenimento di uno stato di arretratezza e di disinformazione economica per interi strati di popolazione, situazione ideale per chi esercita il credito usuraio. Per quanto concerne la politica della consulenza e della garanzia infine occorre porsi come obiettivo quello di evitare che ai soggetti economici che meriterebbero il credito, in base a criteri di efficienza, se lo vedano rifiutare e finiscano per diventare clienti degli usurai. In questo caso l’istituzione dovrebbe rendere più agevole l’incontro dei soggetti prenditori con i canali legali del credito, sia con un’azione di consulenza sia con un’accorta politica di garanzia. Quanto più l’organizzazione sarà in grado di aiutare solo le famiglie e/o le piccole imprese che lo meritano tanto minori saranno i rischi che essa diventi un meccanismo di ausilio indiscriminato, con tutti gli effetti perversi facili da immaginare. Inoltre vi è la possibilità che l’organizzazione svolga anche un’azione di garanzia a favore dei soggetti prenditori nei confronti delle banche anche se in questo caso sono richiesti adeguati requisiti di patrimonializzazione. L’adeguatezza del capitale, oltre ai requisiti di professionalità ed onorabilità, si pone in un circolo virtuoso con la reputazione dell’Istituzione: le banche tenderanno ad apprezzare il ruolo di garante dell’organizzazione, tanto più le sue caratteristiche di serietà e solidità saranno oggettive, tanto più la reputazione dell’Istituzione così rafforzata accrescerà le sue capacità di attrarre risorse umane e finanziarie.

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CAPITOLO 2

ACCESSO AL CREDITO E USURA

2.1. Difficoltà di accesso al credito in tempi di crisi.

Parlare d’usura oggi è molto importante ma come abbiamo avuto modo di constatare la sua osservazione rimane alquanto complicata poiché il fenomeno, per quanto sia noto da sempre, resta nascosto e complesso e proprio per questo di particolare interesse per chi lo pratica. Gli usurai operano infatti su di un terreno fertile, quello del bisogno, dove molti individui, pur di risanare debiti regressi, pur di mantenere la proprietà sulla casa o sull’impresa, sono disposti a trattare con gli estorsori, vedendo nella pratica usuraia una risoluzione dei problemi finanziari ed una vera e proprio ancora di salvezza. Proprio laddove ogni porta d’accesso al credito legale è stata chiusa, l’unica porta ad aprirsi è proprio quella dell’usura. Essa è un fenomeno che tende ad acuirsi soprattutto in periodo di crisi economica come quello che il nostro Paese sta attraversando. Ma l’accesso al credito tramite vie illegali e parelle ha conseguenze devastanti in primis per i soggetti vittime di

usura ma anche per il sistema economico di un intero Paese. L’usura, in passato, era utilizzata per sostenere redditi da sussistenza e quindi

veniva considerata una pratica immorale legata però alla marginalità sociale; a causa della crisi attuale che ha visto una diminuzione del potere di acquisto di salari e stipendi e la conseguente perdita di redditività delle piccole e medie imprese, essa si è insinuata tra tutti gli strati sociali della popolazione, andando a colpire quei soggetti che prima venivano ritenuti immuni da questa piaga. Inoltre, in presenza di periodi di deficit economico, come quello che stiamo attraversando, il mercato del credito legale chiede garanzie sempre più rigide e quindi la domanda e l’offerta di denaro possono incontrarsi su di un mercato alternativo, sommerso ed illegale che cresce seguendo regole proprie come quello dell’usura. E’ chiaro inoltre che la banca, prestatore di credito legale, in caso di una bassa probabilità di realizzazione di reddito nel breve periodo, fornisce minori garanzie di

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rinegoziazione del debito in caso di illiquidità. L’usuraio, invece, riesce a recuperare la garanzia con maggiore facilità considerando che quest’ultima è spesso l’effettivo oggetto di interesse del creditore. Le criminalità organizzate, una volta preso il possesso di attività commerciali o imprese, possono sfruttarle come strumento di controllo del territorio e di riciclaggio di denaro sporco entrando nel mercato legale. E’ proprio questo l’intento ultimo delle criminalità organizzate, incunearsi nel tessuto sano del nostro Paese senza dare nell’occhio, incutendo paura ai malcapitati estorsori, i quali, per paura di ritorsioni o atti vandalici ai proprio beni preferiscono tacere. Se prendessimo in considerazione le notizie provenienti da Questure e Tribunali verrebbe da dire che in Italia l’usura non esiste e se esiste è un fenomeno marginale. Con i soli dati delle denunce alla mano sembrerebbe così. Ma così non è. L’usura è un fenomeno radicato che coinvolge l’intera Penisola trasversalmente. Le denunce sono davvero un numero esiguo rispetto agli indagati per estorsione infatti si parla di giri d’affari talmente ingenti da rendere impossibile imputare tali crediti alle sole poche vittime che hanno avuto la forza ed il coraggio di denunciare. E’ lapalissiano dunque che la rete dei creditori, così come delle vittime che non denunciano, è nettamente più ampia e nascosta. L’usura agisce in silenzio, al riparo dai riflettori, colpendo tanti piccoli imprenditori, tanti piccoli commercianti o artigiani che a causa della crisi hanno visto i loro redditi erodersi in pochi anni. A dispetto dei dati delle denunce dunque, è chiaro che l’usura sia un fenomeno molto radicato, più di quello che ci si possa aspettare, diffusa sull’intero territorio nazionale e stratificata in differenti tessuti sociali, essa permea i territori principalmente perché va incontro ad un bisogno presente ovunque che sicuramente è incrementato da congiunture economiche legate ai periodi storici. Oggi, poi, in presenza di politiche di accesso al credito legale sempre più restrittive, l’usura rappresenta una vera e propria alternativa per tutti quei soggetti, imprenditori e non, che si trovano in uno stato di sofferenza economica. L’usura è un fenomeno che si evolve a seconda delle richieste di mercato quindi risulta imprescindibile un’analisi sull’individuazione delle cause che ad essa conducono. Il mercato globale è caratterizzato dalla crisi del 2008 che ha avuto pesanti ripercussioni su famiglie ed imprese in primis. L’Istat, con

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un’indagine del 2013 descrive un quadro allarmante per il nostro Paese, dove quattro cittadini su dieci non sarebbero in grado di far fronte a spese impreviste nell’ordine di 800 euro senza far ricorso al credito altrui. Ancora più allarmante risulta il dato di quei soggetti che versano in condizione di grave deprivazione, infatti sono ben 8 milioni gli italiani in grave difficoltà economica, il doppio rispetto alla rilevazione del 2012. Nemmeno a dirlo, la situazione nel nostro Mezzogiorno è ancora più preoccupante dove un italiano su quattro è stremato dalla crisi. Nella tabella sottostante sono riportati i dati delle famiglie che perversano in condizioni di deprivazione materiale per indicatori di deprivazione e ripartizione geografica. Il triennio preso in esame è il 2010-2012 per cento persone della stessa area geografica.8

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Questi dati riportati riflettono chiaramente un peggioramento delle condizioni di vita dei redditi più bassi, ma anche una pericolosa perdita di stabilità finanziaria anche dei ceti medi e medio-alti. “Nel 2012 circa il 48 % degli individui che cade

in condizione di severa deprivazione materiale proviene dal primo quinto di reddito equivalente, ma più di un quarto di essi nell’anno precedente si collocava nei quinti di reddito più elevati (dal terzo in poi)”.9 La stessa situazione è

fotografata anche dal “47° Rapporto” del Censis. Tale studio riporta che sono quasi otto milioni le famiglie che nel 2013 hanno ricevuto una forma di aiuto dai propri

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cari e 1,2 milioni le famiglie che non essendo riuscite a coprire le spese con il proprio reddito hanno fatto ricorso a prestiti di amici. La crisi colpisce le famiglie ma anche e soprattutto le imprese basti pensare che solo nel 2013 hanno chiuso circa 50.000 attività e nei distretti si è registrato un calo del numero delle imprese pari al 3,8%10 ovvero circa 2000 unità produttive uscite dal mercato nell’arco

temporale indicato. I dati sopra citati costituiscono le variabili dell’usura, la criminalità infatti tende a proliferare e l’usura è la sua espressione più redditizia. Da una recente indagine promossa da Censis e Confcommercio su di un campione di 400 imprese classificate per area-geografica, per classe dimensionale e per settore produttivo è emerso che recessione e l’incremento della criminalità appaiono in stretta connessione. Molti imprenditori sono convinti che la criminalità venga fortemente alimentata dal persistente ciclo economico negativo. In tempi di crisi l’aumento della criminalità viene visto dagli imprenditori come un ulteriore limite alla crescita aziendale. Rilevante appare in tal senso il dato relativo all’aumento dei fenomeni di usura ed estorsione, confermati da 25 imprenditori su 100 per il primo caso e da 20 su 100 per quanto riguarda il secondo. Quindi quasi un imprenditore su due ha dichiarato di essere a conoscenza di casi di usura e di estorsione in cui sono coinvolti imprenditori del proprio territorio. Nella tabella sottostante sono riportati il numero di imprenditori che segnala un aumento di reati e situazioni di degrado sociale nell’area in cui svolge la propria

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attività.

E’ importante sottolineare come ben 72 imprenditori su 100 hanno evidenziato che uno dei problemi più difficili da affrontare sia dato dalla difficoltà/impossibilità di recuperare crediti per via legale o giudiziaria. Inoltre tra gli imprenditori che hanno preso parte all’indagine, una buona fetta di essi ha la convinzione che molti colleghi facciano ricorso a canali di credito non ufficiali. Rilevante appare anche il dato relativo ai continui cambi di proprietà di imprese o attività commerciali, infatti per 52 imprenditori su 100 tali fenomeni potrebbero nascondere attività di riciclaggio di denaro a conferma della presenza di infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia legale. Come è facile notare, la principale conseguenza della crisi economica è l’erosione del reddito di famiglie ed imprese e quindi il loro progressivo impoverimento che li porta obbligatoriamente alla necessità di accesso al credito anche per importi modesti. A dimostrazione di quanto detto interviene la Banca d’Italia affermando che l’indebitamento medio delle famiglie oscilla intorno ai 22.000,00 euro con un trend in continuo aumento. Debiti generati sia da accensione di mutui per l’acquisto della casa o altri beni ma anche debiti generati dal credito al consumo che rimane la voce più preoccupante perchè sintomatica di una situazione di profonda instabilità economica. I dati parlano chiaro; si è assistito negli ultimi anni ad un aumento dei soggetti che hanno

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richiesto un prestito bancario, con esattezza il 35,7%, ben 9,5 punti percentuali in più rispetto alla rilevazione del 2012)11. E’ evidente, dunque, che una percentuale

molto elevata di italiani vivendo in una condizione di precarietà economica, non veda altre soluzioni se non quella di alimentare l’indebitamento. Inoltre, le banche, in conseguenza di congiunture economiche non favorevoli tendono ad inasprire le richieste di garanzia a copertura dei debiti, negando così l’accesso al credito ad una fetta sempre più consistente di individui che non sono in grado di dare le giuste garanzie agli intermediari finanziari. Si assiste così ad una progressiva riduzione dell’accesso effettivo al credito. A causa del peggioramento delle condizioni di offerta praticate dalle banche, la crisi del debito si è trasmessa alle imprese, quest’ultime dovranno sostenere tassi di interesse mediamente più elevati e superare una più rigida selezione della clientela. Dall’ inizio della crisi del 2008 ad oggi l’incidenza delle imprese che sostengono di non aver ricevuto l’intera somma del credito richiesto ha raggiunto il livello più elevato. Si viene a creare in questo modo un circolo virtuoso: meno credito per le imprese, più inadempienze nel rimborso dei debiti e quindi una crescita sempre più elevata di fallimenti. Tutto ciò riguarda soprattutto le piccole e medie imprese, ovvero il cuore pulsante dell’economia italiana. Oltre alle difficoltà economiche, le imprese devono trovarsi ad affrontare anche l’entrata in vigore dell’accordo Basilea312 che ha

imposto regole più rigide per l’erogazione di crediti da parte degli intermediari finanziari.

11 Fonte: studio Eurispes.

12 Basilea3:" è un insieme articolato di provvedimenti di riforma, predisposto dal Comitato di Basilea

per la vigilanza bancaria al fine di rafforzare la regolamentazione, la vigilanza e la gestione del rischio del settore bancario. Tali provvedimenti mirano a:

 migliorare la capacità del settore bancario di assorbire shock derivanti da tensioni economiche e finanziarie, indipendentemente dalla loro origine;

 migliorare la gestione del rischio e la governance;  rafforzare la trasparenza e l'informativa delle banche. Le riforme sono di due ordini:

 microprudenziali, ossia concernenti la regolamentazione a livello di singole banche; queste riforme intendono rafforzare la resistenza dei singoli istituti bancari alle fasi di stress;  macroprudenziali, ossia concernenti i rischi a livello di sistema che possono accumularsi nel

settore bancario, nonché l'amplificazione prociclica di tali rischi nel tempo.

L'approccio microprudenziale e quello macroprudenziale sono complementari, poiché una migliore tenuta a livello di singole banche riduce il rischio di shock sistemici.

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Le piccole e medie imprese così sono ritenute più vulnerabili, viene attribuito a quest’ultime un rating più basso con la conseguenza che il più delle volte, a causa delle garanzie insufficienti, si vedano negare ogni richiesta di credito. Ma anche se questa richiesta va a buon fine, l’accesso al credito risulta appesantito da condizioni contrattuali particolarmente gravose. Tutto ciò non ha fatto altro che danneggiare pesantemente le imprese, tanto che oltre un terzo di quelle che hanno chiesto un nuovo finanziamento se lo sono visti negare. Inoltre questo peggioramento delle condizioni del credito ha determinato seri problemi alle imprese che sono dipendenti dal canale del credito bancario, tanto che si registra un aumento del 19,2%13 sul totale, dei prestiti bancari che presentano anomalie nei rimborsi. A rilevare questo peggioramento diffuso delle condizioni di accesso al credito per le imprese è anche l’Istat. Nella tabella sottostante sono riportati i dati percentuali delle imprese che sperimentano un peggioramento delle condizioni di accesso al credito per macrosettore. I dati vanno da Marzo 2008 a Marzo 2013.

E’ facile notare come il peggioramento riguardi sia l’industria manifatturiera quanto quella dei servizi; la sofferenza maggiore è vissuta dalle imprese di medio e piccole dimensioni tuttavia anche le aziende di grandi dimensioni hanno subito una contrazione del credito.

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Il livello del debito complessivo, invece, è rimasto poco sotto l’80%14 del Pil, come

riportato nella tabella sottostante. Per quanto riguarda i crediti deteriorati15

(incagli, ristrutturate, esposizioni, esposizioni scadute e/o sconfinate) sono

aumentati in tutti i settori economici e, in maniera più significativa nel comparto edilizio, raggiungendo il 18% dei prestiti totali.16 A crescere sono anche i protesti17

e le cambiali non pagate. Inoltre, la carenza di liquidità, comporta un ritardo dei pagamenti da parte delle imprese in difficoltà. A rilevare tale anomalia è stato il Cerved Group18, che tramite i dati forniteci evidenzia che il numero delle aziende

ritardatarie è in continuo aumento così come il numero delle aziende protestate. La percentuale di queste imprese con problemi di solvibilità si attesta intorno al 7%, quasi in linea con i picchi raggiunti nel 2009. Bisogna comunque specificare che sono molte le imprese che onorano le fatture entro i termini concordati ma vi sono

14 Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia e Istat. Il debito, al netto delle esposizioni intra settore,

include i prestiti cartolarizzati.

15 Sono quelli che le banche hanno concesso ad imprese e famiglie e che non sono stati più rimborsati. 16 Fonte: Sos Impresa, Relazione No Usura Day 2012.

17 Protesto: è il procedimento con il quale viene dichiarato pubblicamente, da parte di un notaio,

ufficiale giudiziario o segretario comunale, il mancato pagamento della somma indicata nel titolo di credito (protesto per mancato pagamento di assegno o cambiale) o la mancata accettazione della cambiale da parte del trattatario (cambiale tratta).

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anche un numero sempre crescente di imprese che saldano con ritardi superiori ai due mesi. Nella tabella sottostante evidenziamo quali sono i giorni di pagamento tra le imprese medie ponderate.19 Notiamo agevolmente come i tempi medi di

pagamento siano aumentati rispetto all’anno precedente (81,2 giorni nel 2013 rispetto ai 79,8 giorni nel 2012), come anche i ritardi nel pagamento delle fatture (21,1 giorni nel 2013 a fronte dei 19,1 del 2012). Per quanto riguarda un’analisi sui pagamenti delle piccole e medie imprese operanti nei diversi macro-settori analizziamo lo schema sottostante.20 Notiamo come il numero delle imprese

19 Fonte: elaborazione Cerved Group. 20 Fonte: elaborazione Cerved Group.

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puntuali nei pagamenti sia diminuito di ben tre punti e mezzo percentuali in poco più di dodici mesi. Quest’analisi viene svolta anche analizzando i comportamenti delle imprese locate in regioni differenti. Come riportato dal grafico possiamo notare che la regione più “virtuosa” in questo senso sia il Trentino Alto Adige, mentre quella che accumula più giorni di ritardo nei pagamenti è la Calabria con una media di ben 43,8 giorni di ritardo21. E’ evidente la differenza territoriale tra

Nord e Sud, infatti tra le regioni meglio posizionate, oltre al già citato Trentino

Alto Adige troviamo il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, il Piemonte, la Lombardia, tutte con giorni di ritardo nei pagamenti non superiori ai 20. Mentre fanalino di coda troviamo molte regioni del Centro e del Sud Italia come la Sardegna, il Lazio, La Campania e la Sicilia. Analoga situazione si verifica con i protesti, dove le differenziazioni geografiche già ampie, tendono ad ampliarsi. Nel periodo che va da Gennaio 2013 a Marzo 2013 sono state oltre 23.000 le imprese non individuali con almeno un protesto. L’aumento riguarda tutti i settori economici, ma la maggiore diffusione del fenomeno si registra nel settore dell’edilizia.

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Nello schema sottostante si evidenzia l’incidenza dei protesti per macro-settore di imprese non individuali con almeno un protesto sul numero di imprese operative.22

Ma il dato più preoccupante riguarda le aziende strutturate dove il livello di protesti è superiore del 47% rispetto al periodo ante crisi. Anche in questo caso le differenze tra Nord e Sud sono rimarchevoli, infatti, l’incidenza delle aziende protestate nel Mezzogiorno è superiore del 50% rispetto alla media nazionale. Le aziende, in particolar modo quelle di medio e piccole dimensioni, per evitare protesti e fallimenti sono costrette a rivolgersi ad un intermediario finanziario ed ad indebitarsi ulteriormente, ma davanti al rifiuto di concessione del credito da parte delle banche sono obbligate a cercare il credito altrove. Sono i dati che confermano questo fenomeno sempre più in espansione, infatti da uno studio promosso dall’Eurispes nel Rapporto Italia 2013, emerge che rispetto all’intera platea di richiedenti credito, sono meno numerosi coloro che, non potendo accedere a prestiti bancari, ammettono di aver chiesto denaro in prestito a privati: ben il 14,4%, dato più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. Anche qui riscontriamo un dato più negativo al Sud: 19,8% contro il 12% del Nord.23 Dai dati sopra esposti risulta chiaro ed evidente che si corre il rischio di passare da una situazione di indebitamento contenuta ad un di sovra indebitamento, che il più

22 Fonte: Cerved Group.

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delle volte si trasforma in una vera e propria anticamera dell’ usura. Questo è un vero e proprio segnale di allarme, è proprio qui infatti che si annida l’usura. Il concetto chiave sta nel fatto che la spirale dei debiti non sempre si ferma all’interno dei confini dell’economia legale e venendo meno la stabilità del mercato legale, ogni condizione per cui si necessiti di credito diventa un’opportunità per l’usura di trovare i propri “clienti”.

2.2. I dati dell’usura italiana.

L’usura è un reato che cresce in silenzio e nel silenzio, ed oggi, alimentato dalla crisi economica, sta conoscendo un vero e proprio boom con un’impronta precisa: quella delle mafie. Il bacino che alimenta l’usura è, come abbiamo ampiamente discusso nelle pagine precedenti, costituito da tanti piccoli imprenditori e famiglie impoverite. Il calo dei consumi, un mercato che cresce senza regole tra abusivismo e grande distribuzione, a cui va aggiunto, già a partire dalla fine 2008, la ristrettezza del credito come conseguenza diretta della crisi finanziaria, fa pagare al piccolo commercio il prezzo più alto. L’usura costringe alla chiusura cinquanta aziende al giorno e ha bruciato, nel corso del 2010, circa 130.000 posti di lavoro. Il fenomeno colpisce in larga parte persone mature, intorno ai cinquant’anni, che hanno sempre operato nel commercio e che hanno oggettive difficoltà a riconvertirsi nel mercato del lavoro e, quindi, tentano di tutto per evitare il protesto di un assegno, il fallimento della loro attività. Come in ogni mercato, è inevitabile che, con il crescere della domanda, si sviluppi anche l’offerta. Così, accanto alle figure classiche dell’usuraio di quartiere, si muove un nuovo mondo, che va dalle società di servizi e mediazione finanziaria, ormai presenti in ogni città, a reti strutturate e professionalizzate, fino a giungere a soggetti legati a organizzazioni criminali. L’usura di mafia è una delle novità di questi ultimi anni. Attraverso il prestito a strozzo, le organizzazioni mafiose-camorristiche offrono un servizio funzionale, che accresce il consenso sociale, e permette loro di continuare ad

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affermare un criterio di sovranità nei luoghi in cui agisce. Non solo, l’usura svolge una funzione alternativa al riciclaggio, consente di costruire legami stabili con settori dell’economia legale, acquisendo costanti flussi di liquidità che permettono di realizzare quello che tecnicamente viene chiamato laundering, cioè quella fase che mira ad allontanare quanto più possibile i capitali dalla loro origine illecita. Inoltre, gli utili possono essere facilmente reinseriti in altre attività lecite e illecite. Infine, è da non sottovalutare il fatto che l’usura può essere praticata con relativa facilità rispetto all’estorsione, anche nelle zone di non tradizionale insediamento mafioso. Nell’arco di dieci anni, la criminalità che aveva una presenza marginale nel mercato usuraio, ha acquisito amplissime quote e sempre più numerosi sono i clan e le cosche che compaiono nelle cronache giudiziarie. Stimare il mercato dell'usura è quanto mai difficile. Si tratta infatti di un fenomeno fortemente sommerso, su cui si possono indicare solo ordini di grandezza, incrociando diversi criteri: numero delle denunce, operazioni delle forze dell'ordine, ammontare dei sequestri, la cifra media dell'erogato dal Fondo di Solidarietà per le vittime dell'usura, informazioni confidenziali da parte delle vittime. Anche l'esperienza è utile per la quantificazione del mercato usuraio. In un quadro di crescente insicurezza, dunque, cresce anche l’usura. Tuttavia, anche se accomunate dalle condizioni sociali, sono diverse le motivazioni per le quali molti cadono nelle mani degli strozzini: fino a qualche anno fa le potenziali vittime erano persone che non erano in grado di gestire in modo equilibrato i propri redditi, o vittime da dipendenza di droghe e/o gioco d’azzardo, oggi invece lo spettro delle potenziali vittime si è ampliato anche alle famiglie sovra indebitate che non riescono più a gestire i loro debiti, ma anche operai, dipendenti pubblici o piccoli professionisti che hanno perso il lavoro all’improvviso. Per quanto riguarda le imprese, invece, le situazioni si moltiplicano, passando da un investimento sbagliato, difficoltà a superare una fase di congiuntura economica, difficoltà a rispettare scadenze fiscali con i fornitori o con l’Erario. In queste situazioni l’imprenditore è costretto a decidere se uscire dal mercato o tentare di “sopravvivere” ricorrendo in questo caso però al mercato parallelo occulto. Come evidenziato da Sos Impresa24 nel suo

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tredicesimo rapporto, la categoria più colpita dalla piaga dell’usura è quella dei piccoli commercianti che si occupano della vendita al dettaglio come: alimentaristi, fiorai, mobilieri, fruttivendoli, gestori di negozi di abbigliamento; gran parte sono persone “mature” che vista la loro età anagrafica hanno difficoltà a ricollocarsi nel mondo del lavoro. Approfittando dello stato di difficoltà di questi soggetti, per gli usurai e quindi per le organizzazioni criminali in generale, le attività commerciali diventano ottimi strumenti di riciclaggio per i capitali che provengono da altri reati: gioco d’azzardo, ricettazione, fino ai proventi del traffico della droga e del racket. E’ stato calcolato che in Italia ogni giorno l’industria del riciclaggio produce ben 410 milioni di euro. Bankitalia stima che rappresenti da solo il 10% del prodotto interno lordo italiano. La holding del riciclaggio, con un fatturato annuo che si attesta intorno ai 150 miliardi25 di euro viene considerata la prima azienda del Paese.

Come si è ampiamente detto, l’usura è un fenomeno radicato su tutto il territorio, tanto diffuso quanto sommerso, tanto da non poter tracciare un quadro completo analizzando le sole denunce, quest’ultime danno un quadro troppo limitato rispetto alla complessità del fenomeno. In ragion per cui, cercando di far emergere l’incidenza sociale dell’usura, in molti studi è stato proposto un metodo di calcolo in grado di evidenziare la percentuale di “rischio usura” presente nelle diverse aree geografiche dell’Italia.

L’ Eurispes, per rilevare i dati sull’ usura del 2015, ha utilizzato l’ Input ovvero Indice di Permeabilità dell’Usura nel Territorio, esso è stato costruito dall’incrocio di 23 variabili socio-economiche per rappresentare la permeabilità o la vulnerabilità di una data provincia rispetto al fenomeno usura, in considerazione delle caratteristiche intrinseche alla provincia stessa e quindi sia dei fattori aggravanti (il livello della disoccupazione o i fenomeni estorsivi) sia di quelli lenitivi (ad esempio, il livello di ricchezza complessivo).

25 Fonte: Pietro Grasso e Enrico Bellavia : Soldi Sporchi – come le mafie riciclano miliardi e inquinano

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L’Indice è calcolato come combinazione lineare degli indicatori, opportunamente indicizzati e con pesi diversi in funzione della loro correlazione con il numero di reati di usura. L’Indice assume valori da 0 a 100 in funzione crescente del grado di vulnerabilità del territorio aggregati in quattro classi di rischio usura (alto, medio-alto, medio-basso, basso). Le regioni a maggior rischio usura sono quelle meridionali e insulari, ma il fenomeno sembra propagarsi, su scala geografica, anche nel Centro Italia, attestandosi su di un livello di rischio medio-alto.

I dati riportati risultano allarmanti:La Usura Spa ha registrato un giro d'affari di 82 miliardi di euro l'anno scorso, più di quanto fattura la maggiore azienda italiana, l'Eni. Secondo l’indagine dell’istituto, negli ultimi due anni circa il 12% per cento delle famiglie (su un totale di 24,6 milioni di famiglie) si è rivolto a soggetti privati (non parenti o amici) per ottenere un prestito, non potendolo ottenere dal sistema bancario. Restando solo sul fronte delle famiglie, la stima è che il prestito ammonti, in media, a 10.000 euro (richiesti anche in diverse occasioni), per una cifra di 30 miliardi di euro per 3 milioni di famiglie nel ruolo di vittime. Secondo la ricerca, inoltre, ad essere colpite dall’usura sono anche le imprese, il fenomeno, infatti, riguarda un'azienda su dieci nei settori dell'agricoltura, del commercio e dei servizi. E i carnefici non sono solo le organizzazioni criminali, mafia in testa, ma anche una serie di "insospettabili" che hanno approfittato della crisi per arricchirsi

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