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La necropoli di Medma: contributo allo studio del lotto sud-est della collina di "Petto di Nolio". Scavi 2006-2007.

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INDICE

PREMESSA……….……pp.3-4

INTRODUZIONE………....pp.5-7

PARTE I

Capitolo 1: Medma. Storia delle ricerche..………..………...pp.9-18

Capitolo 2: Considerazioni sulla storia e sulla geotopografia

antica..………...pp.19-40

PARTE II

Catalogo sepolture e corredi………..………..…… pp.42-198

PARTE III

Capitolo 3: Il lotto sud-est della Collina di “Petto di Nolio”

III.1: Stratigrafia, topografia e tipologia delle sepolture….pp.200-227

III.2: I Materiali di corredo………...p.228

III.2.1: I tipi ceramici………...pp.229-253

III.3: Elementi dell’ideologia funeraria: il rituale e il

corredo..….………...pp.254-264

Conclusioni………....pp.265-274

ABBREVIAZIONI

………....p.275

BIBLIOGRAFIA

……….pp.276-284

TAVOLE

……….…...pp.I-XXVIII

(3)

3 PREMESSA

Il lavoro presentato nelle pagine seguenti è il frutto di una ricerca relativa all’analisi dei materiali e delle sepolture di un settore della necropoli della subcolonia locrese di Medma (Rosarno).

L’interesse per la materia trattata, ma soprattutto la novità costituita dallo studio di una realtà inedita e in un campo di indagine, quello inerente le necropoli delle colonie magno greche, ancora in evoluzione hanno fatto da sprone a un lavoro non certo esente da difficoltà. I problemi logistici, lo stato di conservazione dei materiali studiati –rimasti alla condizione post scavo- e lo studio di una documentazione non redatta personalmente e talvolta incompleta, a causa delle difficoltà ambientali e di lavoro riportate personalmente da chi ha seguito le operazioni di recupero, hanno causato rallentamenti e continue revisioni delle ipotesi di studio.

Tra le diverse aree della necropoli -tutte inedite- è stata scelta quella che conserva la documentazione più completa; all’interno di questa, per i motivi sopra detti e per questioni di tempo, è stato isolato un lotto di tombe topograficamente omogeneo e significativo che è stato suddiviso a metà per essere indagato in due distinti e contemporanei lavori di tesi. Le ipotesi avanzate non hanno pretesa di esausitività, anzi si configurano come un primo tentativo per portare alla luce aspetti della società e della cultura medmea che ancora rimangono nell’ombra e che senza approfondimenti futuri resteranno incompleti.

Infatti la descrizione di un complesso funerario non è in sé un’operazione particolarmente ardua, se non nella difficoltà di gestione di una complessa e intrecciata mole di dati; operazione molto più lunga e articolata, invece, quella che si pone come obiettivo di ricostruire i significati, l’ideologia funeraria e i sistemi culturali sottesi alle evidenze archeologiche. Come già ricordato, per motivi di tempo e per il limite dato da un contesto d’analisi ristretto, questo lavoro è riuscito a dare solo un’indicazione di massima riguardo i vari aspetti trattati; a tal riguardo, infatti, molte altre e più approfondite considerazioni possono e devono essere fatte, ma esulano dall’obiettivo di questo lavoro, piccolo contributo alla storia culturale e sociale di Medma.

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Immancabili, i ringraziamenti.

Alla mia famiglia, per aver sempre spinto a realizzare le mie aspirazioni, per la pazienza, per il sostegno morale ed economico. Alla Prof.ssa Parra, per avermi proposto questo progetto e per la disponibilità dimostrata durante i complessi momenti della sua realizzazione. Al Prof. Paoletti per l’entusiasmo e per i preziosi consigli. Alla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria nelle figure del Dott. Fabrizio Sudano, della Dott.ssa Maria Teresa Iannelli, delle Dott.sse Anna Rotella e Giorgia Gargano, per la fiducia accordatami e per aver ostinatamente restituito alla collettività un patrimonio archeologico senza cui questo lavoro non sarebbe stato possibile. Ai custodi del Museo Archeologico di Rosarno per la gentilezza e la simpatia, servita a rallegrare le interminabili ore di lavoro. A Roberta, compagna di risate, fatiche e avventure.

Infine, agli amici di Rosarno, la cui lista di nomi occuperebbe un altro capitolo, per l’aiuto, l’accoglienza, la compagnia nei miei ripetuti soggiorni. Questo lavoro è anche e soprattutto per loro, un piccolissimo tassello di storia nel puzzle disordinato del presente.

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5 INTRODUZIONE

L’oggetto della tesi è l’analisi di un lotto di circa sessanta sepolture, inquadrabili tra gli ultimi decenni del V e i primi del IV secolo a.C., ubicato presso il lato sud-est della collina di Petto di Nolio che è parte della necropoli della subcolonia locrese di Medma (Rosarno, RC). I due capitoli iniziali sulla storia delle ricerche, sulla storia e sulla geotopografia dell’antica polis contestualizzano la sezione relativa all’analisi dettagliata del lotto di tombe in questione (capitolo III). La redazione della “parte I” ha rappresentato anche un’occasione di raccolta, unificazione e aggiornamento delle informazioni su Medma; infatti oltre a includere i resoconti dei più recenti interventi di scavo ancora non pubblicati e gentilmente concessi dalla soprintendenza, ha permesso la raccolta di notizie che, allo stato attuale della bibliografia di settore, si presentano frammentarie e disperse.

La “parte II” è costituita dal catalogo dettagliato delle sepolture e dei materiali rinvenuti che precede e supporta l’indagine sui vari aspetti trattati nella terza sezione, grazie alla comparazione di tutti i dati raccolti. Il catalogo è stato redatto a partire dall’analisi autoptica della documentazione di scavo e dei materiali, conservati presso l’Antiquarium di Rosarno, di cui è stata predisposta una preliminare documentazione grafica e fotografica che in questa sede s’intende presentare per la prima volta, anche attraverso la realizzazione di un centinaio di tavole grafiche. Il catalogo è costituito da una scheda descrittiva delle sepolture e da una per ciascun reperto, contenente il numero di inventario di ogni pezzo, le rispettive misure e una descrizione essenziale delle caratteristiche tecniche e morfologiche delle singole forme ceramiche secondo parametri generali utilizzati in recenti lavori di settore1.

Nella “parte III”, attraverso una trattazione organica divisa in tre distinti paragrafi, si è voluto analizzare la stratigrafia, i tipi e la topografia delle sepolture (sezione 1), i materiali di corredo, con particolare riferimento ai tipi ceramici (sezione 2) e, infine, gli elementi che concorrono alla definizione del rituale e delle pratiche funebri (sezione 3).

Per la strutturazione di questo capitolo ho preso spunto dall’interessante volume di Coleman Carter sulle necropoli della chora di Metaponto2, al momento uno dei più completi contributi di studio riguardo l’analisi dei vari aspetti concernenti una necropoli (topografia, analisi dettagliata dei tipi tombali, del corredo, delle forme ceramiche, dei rituali e delle pratiche funerarie, analisi antropologiche e statistiche).

1

In particolare le sezioni catalogiche dei lavori di C.Lambrugo (LAMBRUGO 2013) e A. Rotella (ROTELLA 2014).

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La sezione III.2 contiene una prima classificazione dei tipi ceramici.

Non si tratta di una descrizione dettagliata né di un lavoro organico, sia per il numero limitato degli esemplari sia perché l’analisi tipologica non rappresenta lo scopo principale della tesi. Tuttavia, mancando un catalogo delle classi e delle forme della ceramica medmea- di cui si auspica una futura redazione e pubblicazione- ho ritenuto utile entrare nel merito della questione. Il numero progressivo di tipi e varianti è, quindi, assolutamente provvisorio, risultato di una distinzione su base morfologica, a cui talvolta non è stato possibile dare una precisa indicazione cronologica.

Così, se la maggior parte della ceramica a vernice nera è il frutto della rielaborazione di forme attiche importate che popolano i mercati magno greci a partire dagli ultimi decenni del V secolo a.C., la ceramica acroma in argilla locale, in particolare quella miniaturistica, ha posto qualche problema in più di identificazione. Infatti la produzione in loco di forme standardizzate, spesso a uso rituale come nel caso della ceramica miniaturistica, ha determinato una varietà di esemplari difficilmente confrontabili per cronologia e provenienza con modelli di officine regionali o extraregionali. È il caso delle oinochoai e delle kotylai miniaturistiche per le quali, in assenza di una tipologia specificamente medmea, è stato solo possibile descrivere le differenze formali, talvolta dovute alla mano di differenti artigiani piuttosto che a una comune evoluzione tipologica e cronologica. Per le kotylai si è presa come riferimento la seriazione fatta per gli esemplari arcaici del santuario di Parapezza a Locri3, data la scarsa variabilità del tipo nel corso del tempo, ma per le oinochoai non è stata possibile la stessa operazione, lasciando i diversi tipi talvolta senza confronto e necessitanti di riconsiderazione alla luce di studi più ampi.

Infine nelle conclusioni si è cercato di riassumere anche i risultati conseguiti dall’analisi del lotto contiguo di necropoli, non trattato nel dettaglio in questo lavoro di tesi. È stato così possibile determinare, oltre che le fasi cronologiche generali di utilizzo del lotto sud di Petto di Nolio, anche le principali tendenze riguardo i rituali di seppellimento e le pratiche funebri correlate. Si è cercato anche di fornire informazioni riguardo i dati antropologici, ma l’esiguità della documentazione disponibile non ha permesso una valutazione completa delle caratteristiche dei gruppi di individui sepolti in questo settore della necropoli medmea.

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7

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8 MEDMA: STORIA DELLE RICERCHE

La storia delle ricerche nell’area dell’antica Medma, attuale Rosarno, si caratterizza fin dai primi interventi sul territorio per la frammentarietà e discontinuità dei risultati ancora oggi non integrati in trattazioni scientifiche organiche; le cause risiedono in gran parte nella difficoltà di operare in aree dove l’abitato moderno persiste su quello antico (collina di Rosarno) e, in anni recenti, nell’urgenza degli interventi di tutela a fronte della deregolata e continua espansione edilizia4.

L’interesse per la riscoperta dell’antica polis di Medma nasce, innanzitutto, in seno alla spinosa questione riguardante la sua ubicazione5. L’utilizzo delle fonti antiche6, di cui si servirono principalmente gli eruditi locali dal XVI secolo in poi, avrebbe infatti generato più confusione che certezze dal punto di vista topografico; le fonti sono avare di riferimenti precisi di questo tipo limitandosi alla menzione del nome, Μέδµη7, Μέδµα8, Μέσµα9 e di alcuni cenni geografici che menzionano come appartenenti al territorio della polis un “ἐπίνειον chiamato Εµπόριον” e una µεγάλη χρήνη10, la fonte d’acqua risorgiva omonima alla città (anche se sarebbe più corretto dire che dal nome del fiume Mèsima, di origine anellenica, prende il nome la città, la fonte d’acqua e la divinità ad essa connessa11). Questa

4

Tenendo conto del fatto che non esiste una trattazione scientifica organica di tutte le più recenti scoperte -a parte forse la preziosa sezione dedicata a Rosarno nella Bibliografia Topografica (PAOLETTI 2001) e la trattazione dello storico locale G.Lacquaniti (LACQUANITI 2003)- e che, anzi, la gran parte dei dati sono inediti, le fonti utilizzate sono dal 1961 fino ad anni recenti le relazioni della Soprintendenza della Calabria al Convegno di Taranto e il bollettino Klearchos del Museo di Reggio Calabria. Per gli scarsi interventi negli anni ’40 e ’50 si sono consultati alternativamente il Bollettino d’Arte e i Fasti Archeologici, mentre per gli scavi Orsi la guida principale sono state le pubblicazioni di Notizie Scavi dell’Antichità oltre che gli Atti della Società di Magna Grecia. La consultazione dei Taccuini Orsi potrebbe essere illuminante su talune questioni riguardanti ad esempio l’esatta collocazione degli interventi rosarnesi –in particolare lo scavo delle 86 tombe in Contrada Nolio-, ma sono tuttora di difficile reperimento e non ancora oggetto di riedizioni moderne.

5

PAOLETTI 2001, p.6; PAOLETTI 1981a, pp.47-48; LACQUANITI 1979, pgg.45-49; ORSI 1913, p. 56; ORSI 1917 p.37.

6

«Il commento alle fonti letterarie, in tutto quindici, è dato ampliamente da S.Settis 1965, pp.111-141» (PAOLETTI 1981a, p.47) ovvero S.Settis, Fonti letterarie per la storia e la topografia di Medma in «Ath», LIII, 1965, pp.117 e sgg.

7 In Ecateo di Mileto, HECAT,. FGrHist 1 F 81= fr.90 Nenci ap. STEPH. BYZ. (PAOLETTI 2001, p.1). 8 In PS. SCYMN., 308; STRABO., VI,1,5=256; PLIN., N.h. III, 73. Forme derivate nei codici pliniani:

Μέδαµα, Μέδαµη (Idem, pp.1-2).

9 In PS. SCYL., 12, APOLLOD., FGrHist 244 F 12 ap. STEPH. BYZ. La forma Μέσα, tramandata da alcuni

codici, è stata utilizzata per dimostrare una presunta duplicità topografica riguardante Medma. (Idem, pp. 1-2)

10 Il porto e la fonte sono entrambi menzionati da STRABO., VI, 1, 5 (Idem, p.3)

11 Secondo la teoria di Rix 1951-52, pp.243-255; contraria è la teoria di Cantarelli 1974-75, p.40-42 secondo

cui sarebbe la fonte a dare nome alla città e in età tardo antica trasferirsi al fiume a causa della perdita di importanza dell’abitato stesso.

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serie di dati incerti comportò che nel corso dei secoli la storiografia erudita identificò Medma in modo vario fra Nicotera, la piana a N dell’odierno fiume Mèsima e la cittadina di Rosarno, allora poco più che un borgo12. La perdita della memoria topografica dell’antica colonia locrese è dovuta in parte alle sue vicende storiche che la vedono eclissarsi poco dopo l’inizio dell’età romana, mentre in età medievale sarà Nicotera, con la designazione di sede vescovile, il centro più importante della zona. Anche la continuità di vita sulla stessa collina di Rosarno (ma con la perdita dell’antico nome greco) non ha favorito la salvaguardia delle rovine e monumenti antichi che, anzi, sono serviti da cava di materiale per le costruzioni successive13, aumentando così l’ambiguità tra gli studiosi ed eruditi locali sull’esatta ubicazione della greca Medma. Tutto ciò nonostante le numerose scoperte fortuite di materiale prezioso e gli sterri che il Museo Civico di Reggio ha eseguito negli anni ‘90 del XIX secolo proprio nell’area rosarnese, individuando centinaia di materiali coroplastici e non solo, in gran parte finiti sul mercato antiquario internazionale (tra l’altro come dimostrano le fortunate vendite dagli scavi clandestini degli antiquari tedeschi Mertz e Major14).

L’interesse di Paolo Orsi a partire dal 1909 rivoluzionerà la storia delle ricerche medmee15; in veste di soprintendente, l’Orsi diede anche per questa città il suo contributo di studioso di

12 Il primo a identificare Nicotera con Medma fu il Barrio nel 1571 (G.Barrio, De Antiquitate et situ Calabriae

in Delectus Scriptorum Rerum Neapolitanorum, Napoli 1735 -I ed. Roma 1571), seguito da Marafioti (G. Marafioti, Croniche et antichità di Calabria, Padova 1601 ) e da altri studiosi (Mazzella 1601, Fiore 1691, De Amato 1725, etc..) che trovavano supporto «nei ruderi e nelle rotte mura osservati sul pendio della collina di Nicotera». (PAOLETTI 2001, p.6)

L’Ortelius (Thesaurus Geographicus) è il primo nel 1587 che dà avvio alla tradizione della duplicità onomastica e topografica di Medma basata sui plurimi nomi citati nelle fonti antiche, tradizione che avrà un lungo seguito se ancora Vito Capialbi nel 1848 intitola una delle sue opere “Mesma e Medama furon due o una città dell’antica Italia?”.

Va a Cluverius nel 1624, invece, il merito di aver individuato Medma a Rosarno, in ottima posizione geografica e in prossimità del fiume Mèsima e della fonte risorgiva (Cluveri Ph. Italiae antiquae…voll.I.II, Lugduni Bataviorum 1624), tradizione ripresa solo con le segnalazioni di metà ‘800 di «rottami di terre cotte» di N. Corcia nel 1847 (in Storia delle due Sicilie dall’antichità più remota al 1789, Napoli 1847, III) e altri (Th. Panofka 1848, D.Corso 1888, etc..). (PAOLETTI 2001, pp. 6-8)

13

ORSI 1913, p.58; cfr. scavi Calderazzo 2014, resti della struttura sacra.

14 Cfr. ORSI 1913, p.59; tali antiquari avevano la loro attività a Taormina dove trafficavano terrecotte e oggetti

d’arte che venivano perlopiù presentati come provenienti da Naxos, ma che erano in realtà frutto dei loro scavi calabresi. Fu l’Orsi nel 1902, motivato da interessi scientifici e di tutela, a pubblicare una breve nota in cui si riconducevano parte di tali oggetti a scavi rosarnesi sulla base dei confronti stilistici e iconografici con provenienze medmee certe. (PAOLETTI 1981a, p.48) Tale nota intitolata Rosarno (Medma?). Scoperta di terrecotte pubblicata in NSA nel 1902 trova riscontro in una nota ministeriale del 1901 conservata tra i documenti del fondo Prefettura nell’Archivio di Stato di Reggio Calabria che testimonia, tra l’altro, anche l’attività dell’Orsi in Calabria partire dal 1891. (D’ANDREA 1996, p.127)

15 «[…] quasi tutti convennero nel collocarla a Nicotera, con evidente offesa ai criteri topografici che

governavano la fondazione delle colonie greche, né tenendo conto del fatto che nessuna reliquia greca di buoni tempi è mai stata offerta dalla rupestre Nicotera. In conclusione, sin qui si è portata poca attenzione allo studio

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antichità magno greche: dopo numerose ricerche topografiche nel territorio e sulla collina di Rosarno avviò nel 1912 le indagini su Pian delle Vigne e, in particolare, in località Calderazzo, dove scoprì una ricca stipe votiva mista di oggetti fittili e metallici –di cui dà descrizione nel resoconto di scavo-, tra l’altro molto simile a quella della Mannella a Locri, indagata qualche tempo prima16. Nella primavera del 1914 procedette con le ricerche in contrada S. Anna dove rinvenne la stipe votiva cosiddetta “dei Cavallucci” e indagò parte dell’area (già conosciuta e da tempo saccheggiata) della necropoli di contrada Nolio, dando resoconto dettagliato di 86 sepolture di varia tipologia17.

L’opera e il contributo di Orsi non bastarono a placare i tentativi di individuare Medma nella pianura di Nicotera a N del Mèsima ricca di imponenti rovine18; ormai ottantenne e con un contributo di 2000 lire messo a disposizione dalla neonata Società di Magna Grecia di Umberto Zanotti-Bianco, mise definitivamente fine nel 1927 alle incertezze sull’esatta ubicazione di Medma, individuandola sulla collina del borgo di Rosarno, a scapito delle rovine in questione nell’area a N del Mesìma che egli non esitò a definire romane senza alcuna traccia di insediamento di «buona età greca»19. Collocando così i reperti rosarnesi in un preciso ambito culturale e fugando in tal modo ogni dubbio circa la collocazione dell’antica colonia locrese, mise fine all’annoso dibattito. Le ricerche successive, infatti, non misero più in dubbio la collocazione di Medma se non in pochi contributi successivi di storici locali20.

I resoconti dei soprintendenti che succedettero fino alla fine degli anni ’30 non testimoniano attività di ricerca sul terreno a Rosarno e nella sua piana, ma solo recuperi occasionali dettati da esigenze di tutela21; solo il successore di Orsi, Edoardo Galli nel 1927 rinvenne in località Gallo, poco più a N della Stazione Ferroviaria, una piccola necropoli tardo ellenistica, ma fu una scoperta che non ebbe seguito22.

del terreno e, meno ancora, alla qualità e quantità delle scoperte in esso avvenute, i quali elementi costituiscono oggi i capisaldi di una buona ricerca di topografia archeologica.» (ORSI 1913, p.56)

16

ORSI 1913, pp.62-64.

17

PAOLETTI 2001 p.8; ORSI 1917, pp. 37-67.

18

V.Russo, Sul luogo di Medma, ASSO, XXII, 1926, pp.115-126.

19 ORSI 1928, pp. 31-61; dalle lettere di P.Orsi a U. Zanotti Bianco (U.Zanotti Bianco, Paolo Orsi e la Società

Magna Grecia, ASCL, V, nr. Spec.1935, pp.317-352): «-Aprile 1927- Uno scritto serio e ben fatto di un giovane storico-filologo mette in dubbio la mia tesi Medma-Rosarno, per sostituirvi Medma-Marina di Nicotera. […] Il nostro viaggio per dimostrare che Medma è a Rosarno, e non a Nicotera, ha ampiamente raggiunto il suo scopo […]». (Idem)

20

PAOLETTI 2001, p.6

21

PAOLETTI 1981a, p.49; ZANOTTI-BIANCO 1955, pp.267-270.

22PAOLETTI 2001, p.6; MOLTRASIO 1972-1973, nota 86; Si veda E. Galli, Attività della R.Soprintendenza

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Nell’ottobre del 1939 in seguito a scoperte fortuite e segnalazioni di scavi clandestini, il nuovo soprintendente Paolo Enrico Arias indagò in località Nolio-Carrozzo (contrade Zippone, Cardito e Carditello) una trentina di tombe databili al IV a.C non particolarmente sfarzose23, ma che completarono lo scavo fatto nel 1914 da Orsi24. Nonostante la dichiarazione di voler ampliare tali indagini, le ricerche su tutto il territorio si interruppero nuovamente, salvo qualche sporadica azione di tutela tra cui il recupero nel 1949 in contrada Grizzoso su Pian delle Vigne del corredo di una isolata incinerazione in dolio composto da uno specchio in bronzo con manico figurato25.

Dal 1964 si torna ad indagare nell’area di Pian delle Vigne, contrada Calderazzo, con due saggi, uno del 1964 e l’altro del 1966, affidati dalla Soprintendenza, retta allora da Giovanni Foti, a Salvatore Settis; anche se tali saggi non contribuirono in maniera determinante ad approfondire la topografia di Medma26, gettarono però nuova luce sull’utilizzo di Pian delle Vigne in età ellenistica e romana dal momento che le costruzioni furono «riferibili ad impianti legati con le colture agricole della zona». Altri saggi, nel settore E di Pian delle Vigne, zona Cimitero, effettuati negli stessi anni portarono alla scoperta di un ulteriore deposito votivo (terrecotte architettoniche, ceramiche corinzie e a figure nere di VI-V a.C.), in linea con le scoperte precedenti di Orsi nella stessa area27.

A partire dal 1977 la Soprintendenza torna ad operare a Rosarno sotto la guida di Giuseppe Foti e di Claudio Sabbione, non solo con un organico programma di ricerca scientifica ma intervenendo con saggi e controlli in aeree particolarmente minacciate da vari programmi edilizi sia per ragioni di tutela che di acquisizione dei dati necessari ai vincoli archeologici. D’ora in poi, infatti, la tumultuosa e deregolata espansione edilizia dell’abitato di Rosarno

23

PAOLETTI 2001, p.11; ZANOTTI-BIANCO 1955 pp.270-271; ARIAS 1946, pp.133-138.

24

ARIAS 1946, p.134; negli stessi anni una serie di relazioni della Soprintendenza, conservate oggi nell’Archivio della stessa, segnala ritrovamenti e sequestri di materiale dall’area della necropoli, purtroppo solo in parte recuperato (cfr. Archivio Sop., lettere marzo 1959 e gennaio 1966; G.Mazzù nel quotidiano «La Tribuna del Mezzogiorno», 8 ottobre 1968). In particolare: contrada Zippone (Archivio Sop., elenco 16 ottobre 1939), prop. Spadaro (N. Purtortì Due arule fittili da Medma nel Museo Civico di Reggio, IA, XI, 1937, pp.13-39), area Collettore Vena (Archivio Sop., elenco 7 ottobre-31 dicembre 1953), loc. Nolio (Archivio Sop., elenco luglio 1964) (PAOLETTI 1981a, p.92).

25

«[…] rappresentando a piatto rilievo traforato una scena dionisiaca » (IACOPI 1949, p.181); si veda anche G. Iacopi, Specchio in bronzo da Medma in «BA», S. IV, XXXV, 1950, pp.193-200.

Sull’ interruzione e sullo stato delle ricerche indicativo è il commento di Alfonso De Franciscis al Convegno di Tarnto del 1962 dove palesa la mancanza di documentazione per le sub colonie locresi in area tirrenica ( ACT II, 14-18 Ottobre 1962, 1963, p.169).

26

SABBIONE 1981, p.93; PAOLETTI 2001, p.12.

27

FOTI 1966, pp.225/232; «Sono stati rinvenuti un deposito di età arcaica, un piccolo scarico di materiale templare e vasi e monete di III-II a.C. più una fornace» da G.Foti, Attività della Soprintendenza alle Antichità della Calabria nel 1964 in Klearchos, VI, 21-24, 1964, pp.106-113

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verso Pian delle Vigne e in tutta l’area dell’antico abitato sarà la causa dei continui interventi di scavo e farà da sprone nella conoscenza dell’estensione topografica dell’antica città di Medma e del suo territorio28 fino ad allora ancora molto limitata29. I primi interventi si concentrarono «nel settore centrale di Pian delle Vigne, tra il Calvario e la depressione del Pomàro, dove era più forte la pressione edilizia e più numerose le notizie più o meno precise di passati rinvenimenti30».

Nella primavera del 1977 strutture murarie e pozzi si rinvennero su Pian delle Vigne presso la sede SIP e intorno al Campo Sportivo in occasione di lavori edilizi (ceramica di fine IV-inizio III), inoltre qualche mese più tardi durante il controllo di una trincea per la posa di cavi telefonici nell’area dell’attuale abitato (Via Ceramidio- Via Carlo Alberto) si rinvennero molti materiali e strutture (tra cui parecchi pozzi in mattoni), prova che il paese moderno insiste su quello antico così come Orsi suppose. Tra i materiali più significativi, un collo di anfora SOS del tipo tardo (inizio VI), uno degli esemplari più antichi rinvenuti a Medma fino a quel momento. Oltre all’attività di controllo si svolsero anche due saggi regolari; uno in Proprietà Scarano in occasione dell’ampliamento S dell’attuale Cimitero (novembre 1977) dove si rinvennero tracce di abitazioni, due pozzi rivestiti in mattoni e scarichi di materiale di IV a.C. (tra cui un interessante rilievo fittile figurato tuttora dal significato incerto31) sopra strati di deposito di V e VI sec. a.C.; gli scavi in questo settore ripresero nel maggio e giugno del 1980, inducendo il Comune a variare il progetto iniziale.

L’altro grande saggio (settembre 1978) fu effettuato in Prop. Montagnese situata in una zona centrale del pianoro (200 m a S di Via Ceramidio); qui fu rinvenuta traccia di un’abitazione di fine V-inizio IV a.C. simile nella forma a quelle di Prop. Scarano presentandosi come un

28 «All’esigenza scientifica di determinare con nuovi elementi i tratti fondamentali dell’organizzazione

spaziale della città antica, si accompagnava l’urgente necessità di una rinnovata azione di tutela al fine di porre un freno alle distruzioni provocate dalla tumultuosa espansione edilizia dell’abitato di Rosarno, verso il Pian delle Vigne, in assenza di vincoli archeologici e di qualsiasi strumento urbanistico.» SABBIONE 1981, p.93; FOTI 1978, pp.149-150. A partire dai primi decenni del ‘900 si data la costruzione del cd. Rione Case Nuove che amplia notevolmente il borgo settecentesco limitato fino ad allora allo sperone ovest della collina di Rosarno; l’espansione edilizia da allora non si è fermata interessando anche le aree più a est di Pian delle Vigne (Rione Europa) PAOLETTI 1981a, pp. 49-54.

29

«L’estensione e l’organizzazione topografica dell’abitato sono un grosso punto interrogativo.» SABBIONE 1979, p. 388

30 SABBIONE 1981, p.93-94. 31

Definita “fontana fittile a rilievo” con “inquadratura architettonica a naiskos”e facente parte dei materiali di uno scarico votivo a carattere urbano, iconograficamente viene accostata alle scene di congedo funerario dello scavo Locri-Centocamere. L’ipotesi di destinazione più probabile per l’oggetto medmeo è quella sacrale, forse connessa a culti domestici. (vedi SABBIONE 1979, pp.389-390)

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blocco compatto circondato da aree libere, situazione tipica di un tessuto urbano diradato e periferico come poteva essere in quella fase storica Pian delle Vigne.

Un risultato importante si ebbe poi nel febbraio del’78 quando si ottenne che nel Nuovo Programma di Fabbricazione del Comune di Rosarno tutto Pian delle Vigne fosse dichiarato inedificabile32. Nel ’79 vennero effettuati altri due interventi importanti; il primo nella primavera di quell’anno in Prop. Pellicanò, circa 200 metri SE da Prop. Montagnese, dove furono rinvenute tracce di abitazioni omogenee per forma e cronologia a quelle degli altri due saggi limitrofi precedenti. Nel novembre e dicembre, invece, venne indagato un terreno di proprietà Grillea (lato S via Ceramidio tra il Calvario e il Campo sportivo) ove si rinvenne in due fasi cronologicamente distinte (seconda metà V e metà IV) un lastricato omogeneo orientato WNW-ESE identificato come una traccia di quella che dovette essere un asse importante della viabilità urbana antica33.

Tra i diversi interventi di tutela effettuati nei primi anni ’8034, tutti eseguiti allo scopo di far luce sulla topografia dell’antico abitato della città per poter sottoporre a vincolo quante più aree possibili, risultano degne di nota le ricerche effettuate nei pressi del Cimitero (Pian delle Vigne); nel 1985 infatti, grazie ad una collaborazione tra l’Università di Pisa e la Soprintendenza vennero messi in luce diversi ambienti prospicienti una vasta area coperta da un acciottolato. La sua interpretazione come plateia troverebbe riscontro non solo nella larghezza (13.70 metri) ma anche nell’ orientamento pressoché simile al tratto rinvenuto in Prop.Grillea35. L’anno seguente, sempre nell’area del Cimitero, tra i numerosi rinvenimenti verificatisi durante i lavori per la posa di un metanodotto si segnala la scoperta di un altro asse stradale di m 3 di larghezza con orientamento N-S36.

Nel 1988 -e a più riprese a partire dal 1994 fino al ’97- i lavori per nuove costruzioni nel cortile del Mattatoio comunale, nella parte S di Pian delle Vigne, rinvennero quella che è

32

«[…] nondimeno l’abusivismo edilizio continua a dilagare vanificando tali norme e richiamando l’urgenza di estendere sistematicamente i vincoli a tutte le parti non compromesse dell’area urbana antica.» (SABBIONE 1979, pp. 390-392); SABBIONE 1981, pp.93-119.

33

«[…] l’orientamento e la posizione di essa sembrano corrispondere a un asse ideale di attraversamento del settore centrale di Pian delle Vigne, approssimativamente ricalcato sull’attuale via Ceramidio. È ragionevole supporre che esso costituisse la spina dorsale del sistema viario di Medma.» (SABBIONE 1981, p.111)

34

In particolare nell’area centrale di Pian delle Vigne, dove i lavori per la posa dell’acquedotto hanno accertato il carattere urbano periferico di quest’area almeno fino alla depressione di contrada Pomàro (LATTANZI 1982, pp.235-236); per le prospezioni Lerici in abitato moderno si veda LATTANZI 1985, p. 524.

35

LATTANZI 1986, p.423.

36 Acciottolato con spallette laterali coperto da uno strato con ceramica databile alla prima metà del III°

(14)

14

stata definita la terza area sacra di Medma; i saggi della Soprintendenza, con il supporto di prospezioni geoelettriche e geomagnetiche della Cooperativa Lerici, misero in luce una serie di strutture riferibili a un temenos santuariale e un deposito di ex voto simile a quelli rinvenuti a nord di via Ceramidio. L’importanza della scoperta, anche qui avvenuta in modo fortuito, risiede nel fatto che l’area sacra del Mattatoio sembra quella usata più a lungo e con continuità dai Medmei, con due momenti massimi di fruizione collocabili tra fine VI e metà V il primo e inizio IV e prima metà III il secondo37. Sempre nell’88 si procedette poi in Pian delle Vigne all’esproprio della Proprietà Naso (area della stipe di Calderazzo), primo nucleo del costituendo Parco Archeologico di Medma38.

A partire dal 1989 l’attenzione della Soprintendenza si sposta nella zona prospiciente la collina di Rosarno verso S, là dove era nota da tempo39 la presenza di un’area sepolcrale. Le ricerche dirette dalla Dott.ssa M.T. Iannelli a controllo dei lavori per la posa del metanodotto SNAM in contrada Carrozzo e Zippone (a ovest della depressione naturale denominata “Testa dell’Acqua”) hanno messo in luce 36 sepolture, spesso sovrapposte, in uso probabilmente per tutto il V e IV secolo a.C40. L’anno seguente si eseguirono di nuovo dei saggi in c.da Carrozzo (Prop.Macrì, impresa Sacaim) e Zippone (impresa Sacaim) nell’ambito di lavori del V Centro Siderurgico e di costruzione di canali di irrigazione a cura del Consorzio di Bonifica, individuando 80 sepolture omogenee alle precedenti per corredo e tipologia41.

Nel 1995 e nel 1996 si torna a indagare in contrada Carrozzo dove a causa dei lavori dell’ Azienda per lo Sviluppo Industriale dell’area (Consorzio ASI) si rinvengono in totale circa 138 sepolture tipologicamente differenti tra loro ma ascrivibili a tipi già conosciuti e cronologicamente omogenee a quelle delle indagini precedenti42; tra il 2000 e il 2001 per interventi legati ad esigenza di tutela (lavori ASI) si rinvengono ulteriori sepolture (circa un centinaio) ascrivibili al V-IV sec. a.C. nelle contrade Carrozzo, Zippone, Laccari e Testa

37

IANNELLI 1996, pp. 120-121; gli scavi del ’97 misero in luce una nuova stipe votiva con statuetta di Atena e recumbenti (E. Lattanzi, L’attività archeologica in Calabria-1997 in «ACT» XXXVII, Taranto 3-6 Ottobre 1997, 1998, p. 916).

38

LATTANZI 1989, p. 558-559.

39

Sia per gli scavi clandestinamente eseguiti da privati, sia per le indagini ufficiali di Orsi e Arias (vedi sopra).

40

Si tratta si sepolture a tipologia già nota, ovvero: a cappuccina, a cassa di embrici, ustrini ed enchytrismoi con orientamento N-S e E-W. I corredi sono composti da ceramica italiota, attica e da un discreto numero di ceramiche miniaturizzate acrome, oltre che da produzioni coroplastiche locali della seconda metà del V°a.C (LATTANZI 1990, pp. 591-592).

41

Dall’analisi autoptica della documentazione e dei reperti conservati nel magazzino dell’Antiquarium di Rosarno; per relazione interventi cfr. LATTANZI 1991, pp. 595-596.

42

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dell’Acqua, a testimonianza della ricchezza e vastità della necropoli antica43. A parte lo sporadico intervento durante i lavori comunali nel quartiere Europa nel 200044, è nel 2002 che in occasione di nuovi lavori presso il Campo Sportivo (Pian delle Vigne, contrada Greci-Calderazzo-Mosca) si conferma non solo la presenza di un edificio di culto, di cui rimangono solo le fondamenta essendo stato spogliato in antico, ma anche di livelli archeologici con materiale di VII secolo a.C. a dimostrazione della cronologia alta di fondazione della colonia45. Nel 2005 un’equipe guidata da Maurizio Paoletti torna ad indagare nel Parco Archeologico su Pian delle Vigne (loc. Calderazzo) nell’area già oggetto di indagini negli anni Sessanta (scavi Settis) mettendo in luce frammenti di abitato di IV a.C. e modesti resti di età romana46.

L’ultimo ma più consistente intervento nell’area della necropoli sia per durata dei lavori, sia per l’entità e la difficoltà dell’intervento che, infine, per numero di sepolture rinvenute (più di 300, differenti per tipologia, corredo e cronologia), è certamente quello eseguito negli anni 2006-2007 sulla collina di Petto di Nolio nell’ambito dei lavori di sistemazione di una vasta area destinata ad insediamenti industriali connessi col porto di Gioia Tauro (cantiere ASI III lotto)47.

Una tappa fondamentale per la tutela del patrimonio archeologico nell’area è stata la redazione del Piano Regolatore Generale e del Piano di Recupero, frutto della rinnovata collaborazione tra Comune e Soprintendenza, che ha permesso nel corso del 2008 una serie di interventi nel centro di Rosarno: gli scavi di via Omero nell’area sacra “del Mattatoio”, la riqualificazione del centro storico e i relativi scavi urbani nell’ambito del progetto “Percorso

43

LATTANZI 2001, p. 998; LATTANZI 2002, p. 787.

44

Rinvenimento di livelli di abitato di V°-III° a.C. (cfr. LATTANZI 2001, p.998).

45

Dato pressoché unico e di grande importanza non solo per le ricadute in termini cronologici della ktisis di Medma ma anche in confronto alla data di fondazione della sua “gemella” Hipponion. Per i materiali rinvenuti si tratta di frammenti di coppe a filetti, coppe ioniche e ceramiche corinzie. (cfr. LATTANZI 2003, p.725)

46

Indagini eseguite grazie ai finanziamenti dell’Amministrazione provinciale di Reggio Calabria e a seguito della convenzione tra Soprintendenza, Comune, Provincia e l’Università Mediterranea di Reggio Calabria (LATTANZI 2006, p.764).

47 Dati ricavati dalla visione autoptica della documentazione e del materiale conservato presso

l’Antiquarium del museo di Rosarno; una parte delle sepolture rinvenute in tale intervento coi relativi materiali sono l’oggetto di studio di questa tesi e sono inedite, come tutti i materiali della necropoli di Medma. Tuttavia per una prima relazione della Soprintendenza su suddetto intervento si veda SABBIONE 2007, pp.483-484.

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della Memoria” che hanno anche fatto luce sui livelli urbanistici tardo medievali e dell’età moderna tuttora poco conosciuti48.

«Nei primi mesi del 2014, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, nell'ambito del progetto di valorizzazione e fruizione del “Parco Archeologico dell'antica Medma”, ha ripreso le esplorazioni in località Calderazzo, nella zona in cui Paolo Orsi, nel 1912-1913, portò alla luce il “grande deposito di terrecotte ieratiche”»49; l’area indagata, a nord della grande favissa Orsi, occupa circa 1000 mq all’interno dell’area santuariale nord-orientale di cui ha contribuito a definirne l’organizzazione spaziale, le azioni rituali che vi si celebravano oltre che ad accertare la sua frequentazione a partire dal VI fino al IV sec. a.C. La porzione di santuario esplorata negli scavi marzo-ottobre 2014 ha infatti individuato una vasta zona di deposizioni votive che si sviluppa in senso NE-SW, è larga circa 3,50 m ed è stata esplorata per una lunghezza di circa 40 m caratterizzata da «materiali votivi eterogenei (ceramica, coroplastica, terrecotte architettoniche, pesi da telaio, oggetti in metallo) associati sempre a frammenti di ossa animali, carboni e talvolta resti di elementi combusti (terreno concotto, mattoni concotti), deposti con modalità differenti per grandi nuclei, spesso sovrapposti su più livelli». Dall’analisi preliminare dei materiali delle fosse le deposizioni si possono collocare entro la prima metà del V secolo a.C.

Per circa 150 m a nord di questa area deposizionale si trovano, invece, apprestamenti per azioni rituali che prevedevano sia sacrifici cruenti con il fuoco, sia libagioni e caratterizzata da sei zone sacrificali caratterizzate da strutture (altari?); pur essendo diversi per forma e dimensione si collocano, tuttavia, tutti tra la fine del V fino a tutto il IV sec. a.C.Durante la stessa campagna, a pochi metri di distanza ma più a nord, si è « portato alla luce parte di un edificio a pianta rettangolare, esplorato per lunghezza di circa 10 m e una larghezza di 6 m, con fondazioni in grossi blocchi di calcare ed elevato in arenaria e mattone crudo, pesantemente spoliato, probabilmente già in antico»; orientato in senso NE-SW, coperto da un tetto in terracotta con tegole e coppi pentagonali e con una pavimentazione in laterizio, il supposto edificio sacro viene probabilmente costruito nei primi decenni del IV secolo a.C. e

48

BONOMI 2011, pp. 668-672.

49

Le notizie in relazione a questo ultimo intervento su Pian delle Vigne-Calderazzo sono state raccolte dalla lettura dei pannelli espositivi e dalla relazione per il 54° Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto, 25-28 settembre 2014), ottenuti su gentile concessione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria nella persona della Dott.ssa M. T. Iannelli e in attesa di pubblicazione negli Atti di Taranto. Le notizie sono integrate con la relazione presentata a RomArché (20-22 maggio 2015) dalla stessa Soprintendenza e ottenuta sempre su gentile concessione.

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distrutto verso la fine50. Per l’intera area la maggior parte delle terrecotte rinvenute confermano, come già aveva supposto Orsi, una predominanza di divinità femminili (Afrodite, Demetra, Athena promachos, Hermes kriophoros e Herakles) di cui è difficile stabilirne i significati e le relazioni.

Contestualmente a questi saggi, in un’area più a SE rispetto a quella finora descritta, una serie di interventi hanno permesso di individuare il limite SW del probabile temenos dell’area santuariale nei pressi del Campo Sportivo individuata nel 2002.

Nell’aprile del 2014, infine, nell’area adiacente il Parco Archeologico in Pian delle Vigne l’apertura dell’Antiquarium e il trasferimento dei materiali degli scavi recenti e passati segna una tappa importante nel processo di riappropriazione sul territorio della memoria dell’antica colonia locrese51.

50

Tra i pochi materiali rinvenuti, particolarmente significativo è il ritrovamento di una moneta di Agatocle (317-305 a.C.) nei livelli di abbandono soprastanti l’edificio.

51

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18 CONSIDERAZIONI SULLA STORIA E SULLA GEOTOPOGRAFIA ANTICA

Le fonti storiche che riguardano in maniera diretta Medma appaiono limitate e frammentarie, come del resto è comprensibile per una polis che non ha ricoperto ruoli di primo piano negli sviluppi storici e nelle vicende politico-militari del mondo magno greco e greco. La storia della città, quindi, pur ricostruita con molte e persistenti lacune è ad oggi il frutto di un intreccio paziente di dati letterari, epigrafici52, numismatici e archeologici che non hanno pretesa di irreversibilità e che purtroppo focalizzano l’attenzione su pochi momenti storicamente accertabili53.

La fonte letteraria più antica che testimonia l’esistenza della polis è un passo di Ecateo di Mileto in cui viene menzionato per la prima volta il nome di Mέδµη, la sua collocazione geografica all’interno dell’ Italìa oltre che la presenza nelle vicinanze della città di una fonte omonima54. Cronologicamente vicina è anche l’unica testimonianza epigrafica, cioè l’iscrizione a caratteri puntinati del rivestimento bronzeo del cosiddetto “Scudo di Olimpia” datato agli ultimi decenni del VI sec. a.C. se non nella prima metà del V55; quest’ultimo è una spoglia di guerra sottratta a Crotone e depositata come offerta votiva presso il santuario di Olimpia56 da parte di “Ipponiati” (τοί Fειπόνῖες), “Medmei” (καί Mέδµαῖοι) e «un’altra entità di cui si è conservata solo la lettera iniziale, probabilmente una lambda (καί Λ[ ) che ha suggerito l’integrazione con Λ[ οϙροί […]»57.

L’episodio, quindi, riferibile a una guerra di Locri e delle sue colonie contro Crotone non ci è altrimenti noto anche se vari studiosi58 hanno tentato di identificarlo con la celebre battaglia della Sagra tuttavia avvenuta, con molta probabilità, qualche decennio prima e di cui le fonti

52

Cfr. la sezione “FONTI EPIGRAFICHE” e “FONTI NUMISMATICHE” di PAOLETTI 2001, pp.2-6.

53

PAOLETTI 1996, p.91.

54

Hecat. FGrHist. 1 F 81= F 90 Nenci [Hecat. Miles. Fragmenta, Firenze 1964], apd. Steph. Byz. P.440 “Mέδμη. Mέδμη · πόλις _Ιταλίας καί κρήνη ο͑μώνυμος. ̓Eκατοῖς Eὐρώπῃ. ἀπό Mέδμης κόρης τινός..”; SETTIS 1965, p.112-114. Sul problema del nome e dell’omonimia fonte-città-fiume cfr. cap.1 “Storia delle ricerche”; sul problema della definizione giuridica di “polis” e del suo contesto in rapporto a Medma cfr. CANTARELLI 1974-1975, nota 43.

55

SEG, XI, 1211; PAOLETTI 1996, Idem; LOMBARDO 1989, p.429; SETTIS 1965, p.119; Per approfondimenti cfr. MADDOLI 1996, pp.193-202.

56

Reperto recuperato durante gli scavi tedeschi ad Olimpia dei primi decenni del XIX secolo, per studi cfr. MADDOLI Idem; MAGGIANI-SETTIS 1972, p.65 nota 66.

57

(MAGGIANI-SETTIS 1972, p. 65); MADDOLI 1996, p. 196; LOMBARDO 1989, p.429.

58 Per il dibattito LOMBARDO 1989, p.429 nota 53-56; SETTIS 1965, p. 119 nota 41; sulla datazione “alta” dei

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19

non menzionano in maniera diretta il coinvolgimento né di Medma né di Hipponion59. Un’ipotesi convincente è quella di G. Maddoli che inquadra questa iscrizione nelle vicende storiche intorno al 476 a.C., anno in cui Locri, assoggettata dai Dinomenidi, conquista Temesa sottraendola a Crotone60. Aldilà delle problematiche relative alla datazione è tuttavia importante sottolineare come dall’analisi del testo epigrafico emerga che probabilmente le due colonie non ebbero rapporti di stretta dipendenza ma di collaborazione e sostegno rispetto a Locri61, relazione che tuttavia non è esplicitata nelle vicende successive delle due città.

L’appartenenza originaria di Medma alla sfera politica e culturale di Locri è testimoniata sul piano letterario da frammenti di opere di autori più tardi62 ma da nessuna di esse è possibile risalire alla data di fondazione della colonia, se non per l’accenno alla ktisis “gemella” di Hipponion. Da questo punto di vista è indicativa la datzione di alcuni dati archeologici riguardanti in particolare i reperti ceramici provenienti dagli scavi della necropoli detta “dell’INAM”63 per Hipponion e per Medma dalle recenti indagini presso il campo sportivo in Pian delle Vigne64, oltre che dalle manifeste influenze greche nella necropoli del vicino centro indigeno di Torre Galli che sopravvive fino al VI a.C.65; infatti se prima di questi

59

MADDOLI 1996, Idem; LOMBARDO 1989, Idem.

60

Questa ipotesi si basa sia sulla datazione “bassa” dei caratteri epigrafici dell’iscrizione sia sulla posizione di primo piano che viene riservata agli ipponiati nella dedica; soprattutto questo secondo elemento ha fatto pensare che la “coalizione locrese” gravitante nell’orbita dell’espansione siracusana della prima metà del V°, abbia voluto attaccare i possedimenti tirrenici di Crotone (Terina e Temesa) dall’avamposto locrese più a nord, ovvero Hipponion ( MADDOLI 1996, pp.196-202).

61

LOMBARDO 1989, p.430; Solano parla di «vincolo federalistico tra città etnicamente imparentate e di comuni tradizioni storiche» ereditato dalla prassi della Locride greca (SOLANO 1973, pp. 101-106); Cantarelli (vedi nota 17) adduce tale elemento come ulteriore prova di una non fondazione di Locri ma di un semplice assoggettamento funzionale al controllo del territorio della Piana.

62

Thuc. V 5,3 oggetto di analisi più avanti, Ps. Scymn., 308 (“ʿΙππώνιον καί Mέδμαν ᾤκισαν Λοκροί.”), Strab. VI 256 C.=1,5 (“[…] Mέδαμα, πόλις Λοκρῶν τῶν α͗υτῶν, […]”), Oros apd. Etym. M. p.581 (“Mέσμα , πόλις κτισθεῖσα ͑υπό Λοκρῶν ο͑μώνυμος τῷ ποταμῷ”) (SETTIS 1965, pp.112-138). Sull’oscuro frammento di Licofrone (Alex. vv.1083-1086) in riferimento ad «’eroi achei’ che andranno ad abitare al di là del poros Tyrsenos i campi dei Lucani en Lametiais dinaisin, cioè presso la corrente del Lametos » e quindi ad una colonizzazione diretta dei Locresi dell’Ellade delle aree del basso Tirreno (anche se adombrata dal mito e dalle possibili rivendicazioni autonomiste delle due colonie), gli studiosi sono ormai propensi a scartare questa ipotesi per diverse ragioni, letterarie e geografiche legate all’interpretazione del testo (si veda LOMBARDO 1989, pp. 425-426; MAGGIANI-SETTIS 1972, pp. 30-31; J.Bérard La Magna Grecia. Storia delle colonie greche dell’Italia meridionale, Torino 1963, p.335).

63

Si tratta di parecchi ritrovamenti di corredi composti da ceramica coriniza (aryballoi, alabastra e anforette) datata alla fine del VII a.C. Per bibliografia cfr. LOMBARDO 1989, p.424 nota 29; PAOLETTI 1981b, p.147; CANTARELLI 1974-1975, p.37.

64

Si tratta degli scavi Iannelli del 2002 e del ritrovamento nel contesto di un possibile edificio sacro di frammenti di coppe a filetti, coppe ioniche e ceramiche corinzie (cfr. LATTANZI 2003, p.725).

65 Si tratta di ceramica di importazione, in particolare aryballoi e amphoriskoi corinzi e coppe ioniche, per

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20

ritrovamenti all’interno del dibattito sulla cronologia della fondazione medmea era la cronologia bassa a prevalere (seconda metà VI a.C. sulla base dei materiali della stipe votiva di Calderazzo e non solo), ora la maggior parte degli studiosi concorda per una data più alta (fine VII a.C.)66, anche se conferme definitive continuano ad essere ricercate67.

Le fonti archeologiche, inoltre, sono illuminanti nel dare conferma dell’appartenenza della polis alla sfera culturale locrese, in particolare attraverso l’analisi e lo studio della coroplastica votiva i cui motivi stilistici e iconografici possono esser fatti risalire a quelli della madrepatria, almeno per il periodo iniziale68.

Dunque Medma con ogni probabilità fu fondata in un periodo compreso tra la fine del VII secolo a.C. e i primi decenni del successivo per volontà di Locri Epizefiri per ragioni che, allo stato attuale della ricerca, si possono solo ipotizzare69; grande importanza è stata data a motivazioni di tipo economico relative alla necessità da parte dei locresi di assicurarsi uno sbocco commerciale sul Tirreno nell’area geograficamente più vicina (e forse l’unica rimasta libera dall’opera di colonizzazione delle altre poleis70) evitando lo stretto controllato dai Calcidesi e assicurandosi tra l’altro anche il controllo di una piana fertile come quella di Gioia Tauro71. Motivazioni che necessitano tuttavia di più consistenti prove, come potrebbe essere quella della verifica dell’arcaicità degli insediamenti portuali sia di Medma che di Hipponion, anche se la conquista della calcidese Metauros nello stesso lasso di tempo della

66

PAOLETTI Idem; CANTARELLI 1974-1975 nota 30.

67

Si tratta in particolare dell’ancora latente individuazione e datazione dell’Emporion e dell’epineion di Medma (LOMBARDO 1989, pp.426-427) e di una più attenta analisi dei corredi della necropoli, così come emerge dall’analisi di alcuni elementi sporadici degli scavi Orsi, ad esempio una lekythos protoc. e un aryballos corinzio (PAOLETTI 1981a, p.92, Idem 1981b, pp.148-149).

68

Cfr. più avanti nel testo Parte II; PAOLETTI 1981b, p.149; SOLANO 1973, p.102/107; MOLTRASIO 1972-1973, p. 173; secondo la tesi di D.Musti (vedi nota sotto) adottata da M.Lombardo (LOMBARDO 1989) la creazione di un mercato delle produzioni artigianali locresi avrebbe potuto essere una riposta, attraverso la migrazione di maestranze artigiane, alla pressione che il ceto medio esercitava sulle strutture cittadine; secondo E.Ciaceri (Storia della Magna Grecia, Napoli 1924) non può essere esclusa un’origine calcidese di Medma (cfr. dibattito CANTARELLI 10974-1975, nota 30). Il mercato medmeo, tuttavia, si differenzia presto da quello locrese creando produzioni e mercati autonomi come è testimoniato dall’analisi dei cd. «criofori» (MOLTRASIO 1972-1973, p.176).

69

Manca, però, qualsiasi fonte letteraria ed epigrafica diretta a testimoniare la volontà politica di espansione coloniale da parte di Locri (LOMABARDO 1989, p.419); anche per tal motivo F. Cantarelli (CANTARELLI 1974-1975, p.36/48) suppone non tanto un atto di fondazione da parte di Locri quanto un’«integrazione funzionale» rispetto alle sue esigenze economiche e commerciali, il che spiega anche il carattere di colonia autonoma che Medma sembra assumere nelle vicende storiche successive (cfr.infra).

70

Cfr. MAGGIANI-SETTIS 1972, p.43.

71 PAOLETTI 1996, P.91; MAGGIANI-SETTIS 1972, p.42;SETTIS 1965, pp.117-118; CANTARELLI 1975, p.38

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fondazione delle sub colonie potrebbe essere un indizio da non sottovalutare per comprendere le volontà di espansione locrese72.

L’altra tendenza affermatasi recentemente si rifà, invece, a motivi di ordine sociale nella constatazione che le rigide strutture socio-economiche e socio-politiche di una polis strettamente oligarca come Locri non avrebbero consentito lo sfogo di pressioni demografiche di cui una soluzione nel riequilibrare gli assetti sociali avrebbe potuto essere un’espansione territoriale oltre la chora locrese stessa. Questa ipotesi porta alla considerazione che almeno per il periodo iniziale di vita della colonia di Medma –e anche Hipponion- sia esistito un rapporto, se non di dipendenza, di stretto controllo da parte della madrepatria, anche se i termini esatti di questa interazione per ora ci sfuggono73. Del resto Locri distava solo una giornata abbondante di cammino da Medma che, come ci ricorda Tucidide (Thuc. V 5,3), rispetto alla madrepatria era ο͑µόρος, ovvero ne condivideva i confini

della chora74; infatti attraverso i valichi appenninici e le vie “istmiche” delle valli fluviali (in

primo luogo il Mesìma e i suoi affluenti), vie locali e non certo direttrici del grande traffico commerciale che avveniva comunque per mare, i collegamenti con la Piana e i suoi insediamenti dovettero essere piuttosto agevoli per tutte le parti in questione75.

Nella valutazione sulla fondazione e sulle prime fasi della colonia medmea non può non essere tenuto in considerazione il fattore indigeno; i dati sulla protostoria dell’area in questione testimoniano probabilmente l’esistenza di nuclei sparsi di indigeni (Ausoni-Siculi?) venuti come nel caso di Metauros a contatto a partire dall’VIII secolo con

72

LOMBARDO 1989, p.426; SETTIS Idem.

73

LOMBARDO 1989, p.427; per approfondire si veda D. MUSTI, Problemi della storia di Locri Epizefiri, ACT XVI, 1976, Napoli 1977, pp. 23-146 e Sviluppo e crisi di un’oligarchia greca. Locri tra VI e IV sec. a.C., Stud. Stor., XVIII, 2, 1977, pp.59-85; per i rapporti tra le sub colonie e Locri si vedano le tesi opposte di LOMBARDO 1989 pp.427-428 e SOLANO 1973, pp.101-104, rispettivamente sul carattere di stretta dipendenza in termini politici e sociali delle colonie a Locri e, al contrario, sul carattere federativo delle relazioni statali tra esse a scopo essenzialmente anti Acheo e Calcidese.

74

MAGGIANI-SETTIS 1972, p.59.

75

Ci si è interrogati sui possibili itinerari antichi che dal versante ionico all’altezza di Locri portavano alla Piana di Gioia Tauro e/o all’altopiano del Poro; tuttavia le misere informazioni fornite dalla letteratura geografica antica e moderna e le ricerche archeologiche non esaustive permettono ad oggi solo la formulazione di ipotesi. Ai due classici itinerari passanti rispettivamente per il Passo del Mercante e il Passo della Lìmina (T.J. Dunbabin The Western Greeks, Oxford 1948, p.209) e sfocianti ad altezze differenti nella Piana, Givigliano propone invece un sistema “a spina di pesce” formato da vie ascendenti in corrispondenza delle singole vallate di ogni versante e convergenti sulla dorsale appenninica (G.P. Givigliano Sistemi di comunicazione e topografia degli insediamenti di età greca nella Brettia, Cosenza 1978 e Percorsi e strade in SdC, II, 1994, pp.243-364). Settis, tuttavia, ipotizza che la via ottimale probabilmente era quella che conduceva prima ad Hipponion e poi discendeva verso la Piana attraverso le vallate fluviali del Mesima; egli la individua nell’itinerario ionico che conduce a Passo di Croce Ferrata, là dove evidenze archeologiche testimoniano forse l’esistenza di un φρούριον locrese (PAOLETTI 1981b, pp.147-148; MAGGIANI-SETTIS 1972, pp. 43-53).

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genti greche76. Un’allusione alla natura della colonizzazione locrese è stata vista nel passo dello Pseudo Scymno77 dove per indicare l’atto della fondazione è usato il verbo οι͐κίζειν, di solito usato anche per indicare l’occupazione di città già esistenti78; rimanendo sul piano letterario, Medma del resto è nome anellenico, la sua forma più antica Mέδμη (Hecat. apd

Steph. Byz.)- passata poi a Mέσμα (Ps.Scyl., 12) e Mέδαμα (Strab. VI)79- è un adattamento

linguistico fatto risalire a una radice indoeuropea *med-/ *medh- di cui il significato più probabile è “che sta nel mezzo” con chiaro riferimento alla presenza del fiume e alla sua posizione topografica rispetto alla Piana 80 . I locresi, dunque, nel loro progetto espansionistico ebbero quasi sicuramente a che fare con gli antichi abitanti di queste zone e se ci sfuggono quasi completamente i termini di questo scambio, il permanere dell’etnico indigeno nel nome della polis greca lascia intuire che la componente indigena dovette giocare un ruolo non secondario o comunque che Locri attuò una politica di tolleranza. La più importante fonte letteraria per la ricostruzione delle vicende di Medma nel V secolo è un passo di Tucidide relativo ad un episodio della fase finale della guerra archidamica (422 a.C.)81. Infatti durante l’ambasceria di Feace venuto a riconciliazione con le poleis d’Occidente dopo la conclusione della pace di Gela del 424 a.C., i locresi dichiararono le loro intenzioni bellicose, soli tra gli alleati della coalizione antiateniese, se non fossero stati costretti a ritirarsi a causa dalla guerra contro gli Ipponiati e Medmei loro confinanti (ὁµόρους) e coloni (α͗ποίκους)82. La condizione di ὅµορος, come ha sottolineato bene Settis, è indicativa del fatto che le due poleis fossero giuridicamente distinte da Locri a cui, però,

76

Dalle notizie sparse e frammentarie non è possibile ancora ricavare elementi esaustivi circa la caratterizzazione di questi primi abitanti dell’area della Piana, tuttavia è certo il ritrovamento nell’area di Nolio di un’ansa di capeduncola riferibile alla prima età del Ferro e classificata come II facies Etruria (MAGGIANI-SETTIS 1972, pp.31-42), inoltre le necropoli indigene dell’altopiano del Poro (Sovereto, Torre Galli) e della Piana stessa (contrada Pirarelli) presentano all’interno dei loro corredi ceramica greca d’importazione a partire dal VII° sec.a.C. (PAOLETTI 1981b, p.147; CANTARELLI 1974-1975, pp.34-36); lo stesso materiale proveniente dai centri indigeni conosce un arresto a partire dal VI° a.C., momento di espansione delle chorai delle due sub colonie (Cfr. G.Lacquaniti, Medma. Colonia di Locri Epizefiri, 2003, pp.21-22).

77Ps. Scymn., 308, vedi sopra. 78

SETTIS 1965, p.117 nota 26.

79

Per approfondimenti si veda MAGGIANI-SETTIS 1972, pp.66-71.

80 PAOLETTI 1996, p.91; MAGGIANI Idem, p.61; per approfondimento si veda H.Rix, Medma. Ort und Fluss in

Bruttium in «BN», III, 1951-1952, pp. 243-255.

81

(LOMBARDO 1989, p. 455).

82 PAOLETTI 1996 pp.91-92; LOMBARDO 1989, pp.432-437; MAGGIANI-SETTIS 1972, pp.57-60; SETTIS

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probabilmente erano legate da vincoli di qualche tipo (l’evidenza del contesto bellico può far supporre anche militari). Infatti il passo in esame pone una questione cruciale nella comprensione della storia di Medma in questo periodo ovvero la natura dei rapporti tra Locri e le sue colonie, fondamentale anche per ricostruire le cause di questa guerra interna. Infatti anche se qualcuno83 sostiene che la guerra fu iniziata dai locresi nel tentativo di riassoggettare le due colonie che si erano rese in qualche modo autonome, molti studiosi84 sostengono, invece, l’iniziativa delle due poleis, forse indotte dalle continue e pressanti richieste della madrepatria a fronte di plurime difficoltà belliche, non ultima una supposta guerra contro Reggio.

A motivazione di questa seconda teoria concorre anche il fatto che Locri in quel frangente storico era già impegnata in operazioni militari, come del resto ben sottolinea il passo tucidideo esplicitando la volontà locrese di continuare la guerra contro Atene85.L’analisi di G. Maddoli per le vicende storiche della prima metà del secolo, ovvero il carattere federativo anticrotoniate sigillato dal controllo siracusano tra Locri, le sue colonie e Reggio86 porta a rivedere le cause di questa guerra: le supposte ostilità con Reggio, additate tra i motivi della ribellione delle colonie locresi87, dovettero incorrere solo dopo la caduta dei Dinomenidi del 465 a.C. quando Locri rimase legata a Siracusa anche se in condizioni di debolezza, ma non Reggio né Medma e Hipponion88. La questione rimane, per ora, aperta. Sull’esito della guerra regna, invece, il più totale silenzio delle fonti anche se il passo di Diodoro Siculo89 riguardante l’azione di Dionisio I del 396 a.C. nei confronti di Medma e Hipponion è stato interpretato come un’operazione ostile contro città nemiche di Locri attestando, quindi, indirettamente che fossero slegate da essa e dalle sue decisioni politiche90; altra l’ipotesi di chi sostiene che «la guerra di Ipponiati e Medmei contro i Locresi, attestata da Tucidide, non abbia modificato lo status del 424 a.C.»91. Altri92 invece reputano la questione come più

83

Cfr. E.Ciaceri Storia della Magna Grecia, Roma-Napoli 1940, II; W.A. Oldfather Lokroi in RE, XIII, 2 (1927), pp.1289-1363; G. Pugliese-Carratelli Storia civile in Megale Hellas, Milano 1983, pp. 5-82.

84

Cfr. SETTIS 1965, p.121; MOLTRASIO 1972-1973, p.177; MAGGIANI-SETTIS 1972, pp.57-60; LOMBARDO 1989, p.434; PAOLETTI 1996, pp.91-92. 85 LOMBARDO 1989, p.435. 86 Cfr. nota 9 e 10. 87 LOMBARDO 1989, p.434. 88

Reggio avrebbe approfittato di questa situazione per muovere guerra contro Locri e qualche decennio dopo anche le sue colonie (MOLTRASIO 1972-1973, p.175/nota 32); SOLANO 1973, pp. 106-108.

89 Diod. Sic. XIV 78, 5, cfr. oltre. 90

MOLTRASIO 1972-1973, p.177.

91

Cfr. E.Ciaceri Storia della Magna Grecia, Napoli 1924; SETTIS 1965, p.126; anche se in ogni caso Hipponion all’epoca dell’attacco di Dioniso I risultava fortemente ostile a lui e alla sua politica tanto che non si esclude potesse essere già gravitante nella Lega italiota (LOMBARDO 1989, p.438).

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complessa considerando innanzitutto il lasso di tempo tra la guerra delle colonie e l’azione di Dionisio, il che potrebbe vedersi come azione punitiva isolata dopo la decisione di Medma e Hipponion di non prender parte alla politica filo siracusana della madrepatria.

Una questione in parte collegata alla precedente per quel che concerne i rapporti tra Locri e Medma alla fine del V secolo è quella delle due serie di stateri d’argento che vengono emessi dalla colonia in questo periodo e ricondotti alla monetazione «d’impero» di Crotone93. Tuttavia anche qui le posizioni degli studiosi si dividono: c’è chi ritiene molto probabile il ruolo subordinato di Medma alla sfera crotoniate per questo periodo (anche in virtù della costituzione della Lega Italiota in funzione anti siracusana)94 e chi invece ritiene di considerare la sigla «ME» come rientrante nel gruppo delle sigle dubbie95.

Più in generale sull’influenza politica di Crotone sulle colonie locresi per il periodo precedente (dalla caduta di Sibari del 510 a.C. in poi) non vi sono ad oggi elementi probanti ma solo una serie di ipotesi; c’è chi sostiene che il grande potere che acquisì Crotone dopo la distruzione di Sibari, la fondazione di Terina e la posizione filo siracusana di Locri nella prima metà del V sec. a.C. non possano non aver avuto ripercussioni anche su Medma e Hipponion96. Altri invece giudicano poco verosimile questa ipotesi sia per l’assenza di prove storiche sia per gli stretti rapporti di collaborazione con Locri che traspaiono dall’iscrizione della dedica di Olimpia, sopratutto se si accetta la sua datazione ai primi decenni del V a.C.97. Riguardo a tutti questi problemi di natura storica bisogna sottolineare che la documentazione archeologica, per quel che concerne la sfera culturale e cultuale, non registra ad oggi alcuna sensibile variazione relativa all’influsso di ambienti differenti98 e che, quindi, se dovette incorrere qualche cambiamento riguardò esclusivamente l’ambito dei rapporti politici ed economici.

92

OLDFATHER Idem; LOMBARDO Idem.

93

Per la descrizione dettagliata delle monete cfr. PAOLETTI 2001, p.4; GORINI 1985, p. 128-132

94

SETTIS 1965, p.121; SOLANO 1973, pp.106-108; GORINI Idem.

95

PAOLETTI 1996, pp.91; PAOLETTI 1981, p.149; c’è anche chi ha avanzato l’interpretazione della sigla come riferibile a Metaponto (MOLTRASIO, 1972, p.175) e chi porta a ulteriore motivazione il fatto dell’assenza di Hipponion (PAOLETTI 1981, p.149; LOMBARDO 1989, p.431).

96 Cfr. Per G.Gorini l’analisi delle due serie di stateri in argento porta verosimilmente a indicare uno stretto

rapporto tra Medma e Crotone (GORINI 1985 Idem); SOLANO 1973, p.106; MOLTRASIO 1972-1973, p.176; SETTIS 1965, p.121; CIACERI Idem; OLDFATHER Idem.

97 MADDOLI 1996, pp. 196-202; LOMBARDO 1989, p. 431; PAOLETTI 1981, p.149;. 98

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Come si è già accennato, per Medma il IV secolo si apre drammaticamente con l’evento narratoci da Diodoro Siculo del trasferimento forzato a Messana di quattromila medmei (τετρακισχιλίους Μεδµαίους)99 da parte di Dionisio I come “punizione” per non aver accettato la sua politica di sottomissione, contrariamente a Locri; Diodoro riferisce, sempre nello stesso passo, che un trattamento simile se non peggiore fu riservato in quegli anni (396/395 A.c.) anche a Kaulonia (deportazione degli abitanti a Siracusa e consegna del territorio ai locresi) e a Hipponion (deportazione e distruzione della città), sempre colpevoli di non appoggiare la politica pan greca del Tiranno e di gravitare intorno alla costituenda Lega Italiota100. Dopo questo evento molti pensano che la città subì più forte di prima l’influenza locrese101 (in misura minore per Hipponion che, ricostruita, divenne un avamposto anti siracusano), dato che sembra confermato dagli stateri argentei medmei della metà del IV secolo che si rifanno, come molte altre poleis magno greche per quel periodo, al tipo corinzio102.

In ogni caso la documentazione archeologica non registra alcuna cesura né evidenze di devastazione nelle aree dell’abitato e dei luoghi di culto, anzi, Medma continua ad essere una città florida e aperta ai cambiamenti del gusto artistico del periodo come testimoniano i corredi della necropoli e i materiali degli scavi su Pian delle Vigne, nonché le nuove emissioni monetarie in bronzo103.

Per il resto del IV sec. a.C. e per i secoli successivi, non ci sono per Medma notizie storiche tramandate da fonti letterarie; la notizia diodorea di una conquista brettia di Hipponion nel 356 a.C.104 sembra non riguardare Medma che dal 350 al 300 a.C. diffonde emissioni bronzee con l’etnico ΜΕΣΜΑΙΩΝ/ ΜΕΣΜΑ105, mentre è solo dalla prima metà del III a.C.

99

(Diod.Sic. XIV 78, 5); secondo SETTIS 1965, p.126 il numero non è esagerato ma rispecchia la realtà dei fatti; dubbi pone invece Paoletti (PAOLETI 1981b, p.150) che successivamente (PAOLETTI 1996, p.91) giustifica il così elevato numero con una deportazione degli abitanti della chora più che della città. Cfr. anche SOLANO 1973, p.109.

100

Per il riferimento ai passi sopra citati: (Diod. Sic. XIV 106, 3 e 107, 2); SETTIS Idem.

101

SOLANO 1973, p.108.

102

Il cosiddetto “fenomeno dei Pegasi” (dal R/ delle monete) si collega alla dominazione di Dioniso I; parallelamente si diffondono anche le emissioni bronzee cittadine con caratteri tipologici peculiari (GORINI pp.132-140); PAOLETTI 2001, p.4; LOMBARDO 1989, pp.438-439.

103

GORINI 1985, p. 132; PAOLETTI 1981, p.150; MOLTRASIO 1972-1973, p.178; per dati aggiornati cfr. relazioni soprintendenza in ACT (vedi bibliografia cap.1)

104 Diod. Sic. XVI 15, 2; per approfondimenti cfr. LOMBARDO 1989, pp. 439-454; 105

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