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Gestione dei conflitti

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Academic year: 2021

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(1)

LAUREE MAGISTRALI PROFESSIONI SANITARIE

(LM-SNT1/2/3)

1° anno - 2° semestre 2015/16

 

(2)

La gentilezza come risorsa

nei gruppi di lavoro in sanità per la

gestione dei conflitti

 

(3)

Premessa

Il normale sviluppo psichico

è un processo di costruzione della convivenza sulla

base delle pulsioni (Eros/Thanatos).

Dall’accettazione del conflitto come evento

ineliminabile dell’incontro fra soggetti

appartenenti a culture diverse, nasce la

possibilità di costruire una convivenza

basata,

non sul dover essere o sulla banalità dei buoni

sentimenti, ma

sulla fatica di cercare una giusta

(4)

Premessa

S

i tratta, in altre parole, di creare una cultura del

conflitto come occasione di apprendimento e di

cambiamento

, piuttosto che di blocco

comunicativo sotto la percezione di un senso di

minaccia, con l’uso della gentilezza come tecnica.

Ogni conflitto può essere risorsa per

l’apprendimento, poiché

esso esige non risposte

stereotipate, ma assunzione di compiti specifici

.

Con la gentilezza si può scoprire tale compito,

(5)

IL CONFLITTO FRA MEMBRI DEL GRUPPO

(CULTURE ORGANIZZATIVE E CONFLITTO)

GERARCHIA CONFIDENZIALITA’ COLLABORAZIONE

Identità sociale Capo Ordine Autorità /arbitrarietà Linearità Formalità Appartenenza Carriera Futuro certo Aspettative certe Personalizzazione Star bene Collega Merito/colpa Vicinanza/intimità Implicito Invischiamento Uniformità Personalizzazioni/narcisimo Confusione Passato idealizzato Individualismo Compiti/risultati Responsabile rispetto a Responsabilità Distanza/limite/confini Esplicito Clima di cordialità Differenziazione

Integraz.nel progetto org.° Complessità /conflittualità Progettualità

(6)

IL CONFLITTO CON I COLLEGHI

(COESIONE ORGANIZZATIVA)

1.

CONDIVISIONE DELLE INFORMAZIONI

2.

DEFINIZIONE DELLE PRIORITA’

3.

PRESA DELLE DECISIONI

E ATTRIBUZIONE DEI

COMPITI

4.

MONITORAGGIO

DELLE AZIONI CHE REALIZZANO LE

DECISIONI PRESE

(7)

Riflessioni e domande aperte

in tema di gentilezza

PROMUOVERE RELAZIONI IMPRONTATE ALLA

COLLABORAZIONE: CHE COSA MI E’ DIFFICILE FARE?  Distribuire compiti e responsabilità (non cadere nella trappola di

risolvere al posto di… fare al posto di..)

 Mantenere un atteggiamento gentile e rapporti sufficientemente buoni (niente a che vedere con la simpatia, ma rispetto reciproco delle buone ragioni altrui)

 Riuscire a far mantenere nel tempo gli impegni / compiti assunti (tenere traccia del lavoro/decisioni / verificarne la sostenibilità )  Esplicitare problemi e successi / tenere traccia del lavoro

(8)

.

.

.

IL CONFLITTO IN CONTESTI

MULTICULTURALI

Le relazioni fra diversità culturali si configurano

sempre, in qualche modo, come conflittuali

,

in quanto è la compresenza stessa di

diversità a determinare il conflitto,

ma esso

si manifesta secondo modalità

differenti,

a seconda degli atteggiamenti degli

individui che concretamente lo agiscono

(9)

.

.

.

Per un dialogo fra soggetti

appartenenti a culture diverse

E’ possibile utilizzare aspetti di una cultura diversa

e stabilire una relazione con un altro,

culturalmente differente anche senza capirli del

tutto e, dunque,

entrare in dialogo con la

differenza senza la pretesa di penetrarla

interamente ed una volta per tutte.

E’ possibile i

ntendere

quello che l’altro fa, dice,

pensa,

senza tuttavia condividere,

accettare

(10)

.

.

Quale significato diamo al termine “CULTURA”?

LA CULTURA NON E’ TRASMESSA BIOLOGICAMENTE, MA

APPRESA NEL CORSO DELLE ESPERIENZE FATTE DA OGNI

PERSONA

2. LA CULTURA E’ UNA COSTRUZIONE SOCIALE, CIOE’ ELABORATA E TRASMESSA ATTRAVESO IL GRUPPO. TUTTAVIA, ESSA NON E’ SUBITA PASSIVAMENTE DAL SINGOLO: ESISTE INFATTI UN RAPPORTO DI CIRCOLARITA’

E DI INFLUENZA RECIPROCA TRA SINGOLO E GRUPPO

3. LA CULTURA E’ UN SISTEMA COMPLESSO ED ETEROGENEO DI ELEMENTI, A VOLTE ANCHE INCOERENTI

4. LA CULTURA E’ DINAMICA E PERMEABILE, TENDE CIOE’ A MUTARE NEL TEMPO SULLA BASE DI EVENTI INTERNI

(11)

.

.

.

Quale significato diamo al termine

“CULTURA”?

Le culture non sono dei blocchi, ma piuttosto

delle

reti di significato intersoggettivamente

costruite

all’interno di relazioni instaurate da

individui concreti

Per “sistema culturale”

non

s'intende qualcosa

di necessariamente

omogeneo

al suo interno

e armonicamente in equilibrio, privo di

(12)

IL CONFLITTO CON GLI UTENTI

COSA HO SPERIMENTATO COME INEFFICACE?

(ERRORI DA NON RIPETERE)

 Fare a “braccio di ferro” (muro contro muro), rigidità sulle posizioni, assumere atteggiamenti di sfida

 Disattendere le regole (insostenibilità)  Utilizzare punizioni

 Perdita / rinuncia al proprio ruolo educativo

 Farsi prendere dalla rabbia / emozioni non gestite  Arrendevolezza

 Estemporaneità-impulsività / lasciar passare troppo tempo  Imposizione di regole non condivise

(13)

IL CONFLITTO CON GLI UTENTI

COSA HO SPERIMENTATO COME EFFICACE? (BUONE PRASSI DA CONSOLIDARE)

 Colloqui con le parti in presenza di un mediatore  Colloqui individuali

 Cercare di comprendere le ragioni dell’altro, provare a vedere l’altro punto di

vista

Punizione (dopo avevano paura che…)  Non rinunciare al proprio ruolo

 Flessibilità (autorità e complicità)

 Sdrammatizzare /atteggiamento positivo

 Saper cogliere il momento giusto per affrontare il problema  Motivare i rifiuti, regole, rimproveri…

 Comunicare /dare parola al proprio vissuto emotivo

(14)

IL CONFLITTO FRA GLI UTENTI

Passaggio dalla spontaneità alla facilitazione dei processi di autonoma capacità di gestire le divergenze,

restituendo ai confliggenti la responsabilità della ricerca delle soluzioni al problema

 1. Dare una cornice riconoscibile: tempo, luogo, regole…

 2. Individuare le parti coinvolte nel conflitto (di chi è il problema?)  3. Chiarire l’oggetto /circoscrivere il problema di cui parlare

 4. Fare domande per aiutare a chiarire il problema

5. Fare la sintesi di quanto affrontato insieme

6. Facilitare la individuazione di possibili soluzioni al problema  7. Assumere compiti sostenibili (“Siete sicuri di poterlo fare?”)

(15)
(16)

Valori emergenti

Lavoro di squadra

Leadership situazionale

Comunicazione trasparente,

solidale, interattiva, sintetica

(17)

Il buon funzionamento del team di

lavoro

• Scambio e condivisione delle informazioni tra i membri •Costruzione di saperi, integrazione delle competenze • Chiara formulazione ed esplicitazione degli obiettivi •Distribuzione delle responsabilità

• Orientamento al risultato

•Sistema di controllo e verifiche costruttive ed evolutive

Riconoscimento dei meriti e apprendimento dagli insuccessi PER UN BUON FUNZIONAMENTO DEL TEAM DI LAVORO SONO PRIORITARIE LE SEGUENTI CONDIZIONI :

(18)

Il gruppo

 Lewin prendendo a prestito dalla fisica, "la teoria del campo“ e applicandola al piccolo gruppo

parla di

"...Qualcosa di più o per meglio dire di diverso dalla somma dei suoi membri...Quel che ne

costituisce l'essenza non è la somiglianza o la dissomiglianza riscontrabile tra i suoi membri, bensì la loro interdipendenza. Ciò significa che un cambiamento di stato di una sua parte o frazione qualsiasi interessa lo stato di tutte le altre."

All'interno del complesso intreccio tra tutte le componenti storiche dinamiche...Che sottostanno

all'argomento gruppo, c'è comunque un porre un inizio, in cui i legami tra gli individui sono

orientati al singolo ai bisogni personali, alle attese, obiettivi, dell'uno, per arrivare all'interno di un processo fatto di interrelazioni tra elementi diversi per loro natura e scopo ad uno stato in cui il gruppo agisce in quanto entità sovraindividuale. (G.P.Quaglino)

“GRUPPO” E' INTESO COME PLURALITA' IN INTERAZIONE”

 ”Gruppo di lavoro” e' inteso come pluralita' in integrazione.

INTEGRAZIONE DEI LEGAMI PSICOLOGICI E ARMONIZZAZIONE DI UGUAGLIANZE E DIFFERENZE questo significa acquisire consapevolezza dei membri di dipendere gli uni dagli

(19)

Nell'interazione un gruppo sviluppa quel

fenomeno definito COESIONE cioè

l'emergere delle uguaglianze riconoscendo

il gruppo come proprio

La coesione può esprimersi anche in

sentimenti negativi e da una forte

conflittualità

Il contrario è l'indifferenza, la mancanza

della percezione dell'essere con gli altri

(20)

Successiva all'interazione, nella costruzione

dei gruppi, avviene l'integrazione

che produce COLLABORAZIONE che si

fonda su rapporti di fiducia nella negoziazione

continua delle sette variabili che

caratterizzano il gruppo di lavoro:

obiettivi, metodi, ruoli, leadership, clima,

comunicazione, sviluppo.

(21)

IL Team

identità comune

costituito da persone diverse (per preparazione ed

esperienze)

fini e obiettivi comuni

leadership comune

condivisione di successi e fallimenti

collaborazione come interdipendenza

ruoli specifici efficaci nel prendere decisioni

(22)

METODO

Il metodo orienta l'attività del gruppo e ha come

riferimento le norme operative: la regola del gruppo.

Il metodo spinge verso la conformità e l'uguaglianza

tra i membri, accentuando i problemi legati alla

dipendenza reciproca, ma esige l'accettazione dello

stile di pensiero e di azione degli altri.

Quindi può risentire di rigetti e spinte verso la

differenziazione individuale

Questo rifiuto si coglie a livello di sintomi dal "girare a

(23)

RUOLI

 Rappresentano le parti assegnate a ciascuno in funzione del

riconoscimento più o meno esplicito delle specificità in vista dell'ottimizzazione più o meno decisiva delle differenze

 Per ogni ruolo vale una dialettica di

 COMPITI RICHIESTI, COMPITI PROIBITI E COMPITI PERMESSI

E NON RICHIESTI.

 Soprattutto in questi ultimi la creatività personale agisce la

discrezionalità del ruolo

 Alcune aree cruciali sono presidiate da ruoli precisi

 All'interno del gruppo è importante la rotazione e l'interscambiabilità

dei ruoli

 VANTAGGI: valorizzazione del sistema di competenze degli

individui, migliore gestione dei conflitti, soddisfazione per il riconoscimento sociale

(24)

La definizione dell’obiettivo

 DEFINITO IN TERMINI DI RISULTATO - SPECIFICO

descrizione del prodotto finito con un linguaggio comune

 COSTRUITO SUI FATTI E DATI OSSERVABILI -

attività risorse vincoli tempo costi

 FINALIZZATO IN MODO ESPLICITO

chiarire la finalità organizzativa in cui si inserisce

 CHIARO IN TERMINI DI COMPITI

determinare fasi di lavoro

 PERSEGUIBILE

all'altezza del gruppo: ne' sotto ne' sovradimensionato

 MISURABILE

che sia misurabile sia per gruppo che organizzazione, attraverso standard

 CONCORDATO

(25)

Il conflitto

 Il conflitto ha diverse nature:

 conflitti intrapersonali: un conflitto, una lacerazione, un dilemma che una persona ha dentro di sé

 conflitti interpersonali: conflitti tra due o più persone (colleghi, amici…)

 conflitti intragruppo: quando il conflitto è all’interno di un gruppo ben definito e di cui si riconosca l’appartenenza, sia dall’interno che dall’esterno

 conflitti intergruppi: quando il conflitto è in relazione tra 2 o più gruppi (es. gruppo insegnanti verso il gruppo studenti, oppure gruppo dirigenti verso il gruppo degli operativi…)

(26)

Il conflitto

I conflitti possono generarsi per innumerevoli cause e

quindi avere caratterizzazioni:

conflitto di personalità analitico versus decisionista

conflitto di valori collaborazione versus competizione

conflitto di prospetti commerciale versus produzione

conflitto obiettivi qualità versus

quantità

conflitto appartenenza centrale versus

periferia

conflitto di cultura ingegneristica versus umanistica

(27)

Il conflitto

La visione tradizionale del conflitto come non

funzionale, è stata sostituita da un’

interpretazione più costruttiva e positiva, poiché

in organizzazioni che favoriscono l'interazione, il

conflitto costruttivo viene considerato fisiologico

ai processi decisionali.

Quindi, si è passati da una concezione di

conflitto NON FUNZIONALE a una concezione

di conflitto COSTRUTTIVO

(28)

Assertività + Collaborazione - + Competizione Fuga Integrazione Accomodamento C o m pr o m e s s o

(29)

Gestione del conflitto

 La collaborazione è il grado di disponibilità di una parte a soddisfare gli

interessi dell’altra.

 L’assertività in questo caso è come la predisposizione a sostenere i propri

punti di vista

 Si possono prefigurare alcune situazioni emblematiche:

COMPETIZIONE quando è necessaria un’azione rapida e decisa

INTEGRAZIONE quando l’obiettivo è trovare soluzioni che risolvano il

problema in modo pieno per entrambe le parti; quando si vuole imparare dagli altri

FUGA quando il problema è banale o altri sono più importanti e urgentiACCOMODAMENTO quando si sa di avere torto, si vuole dimostrare

ragionevolezza, o perseguire obiettivi a lungo termine

COMPROMESSO quando gli obiettivi sono importanti ma non valgono lo

(30)

La negoziazione

Uno dei presupposti del lavoro in team sta nella

negoziazione continua di tutte le variabili di

funzionamento dei gruppi

La negoziazione è un intervento tecnico sui conflitti tipica

delle comunità a risorse abbondanti: ricchezza alla base

della costruttività dei conflitti

In questo senso negoziare significa avere tra i

presupposti il conflitto come una relazione fisiologica,

anzi il relazionarsi significa essere in conflitto in quanto

espressione di soggettività; la soggettività si esprime

attraverso i processi e non i contenuti

(31)

La negoziazione

È un’attività continua come il relazionarsi

E’ il processo di influenzare ed essere influenzato in

merito al significato che ognuna delle parti in

relazione/conflitto attribuisce alla stessa informazione

che ha a disposizione

L'obiettività non esiste e la presenza di soggettività e

pluralità è condizione indispensabile delle relazioni

negoziali

Pertanto la negoziazione è continua come il relazionarsi

Negoziare significa allacciare rapporti

(32)

La negoziazione

In seno a situazioni di negoziazione è attitudine

indispensabile vedere, problemi, risorse, contesti da un altro

punto di vista.

Si tratta di influenzare e di essere influenzato in merito al

SIGNIFICATO che ognuna delle parti attribuisce

all’informazione che si trova a disposizione.

La parte che possiede più flessibilità nell’esplorare i vari punti

di vista avrà maggiore influenza sullo spazio della

negoziazione e sull’evoluzione del processo.

Per risolvere il problema non è necessario eliminare un

qualcosa ma AGGIUNGERE

Una negoziazione è efficace se si assume a modello “io

(33)

La negoziazione

La struttura macro della negoziazione è:

Stabilire un accordo

Specificare le diverse posizioni

Esplorare soluzioni

Atto negoziale

Riconoscere elementi in comune

Integrare parti comuni/in conflitto

Integrare per somma di complessità gli elementi

diversi

(34)

La negoziazione: strategie

Richiedono da entrambe le parti

consapevolezza e volontà di risolvere il

conflitto

Metacomunicazione

Mediazione di un terzo

Disarmo unilaterale

(35)

La negoziazione: strategie

Metacomunicazione

Esplicita il passaggio dal piano del Contenuto

a quello della Relazione

Evita riferimenti alla dimensione di colpa

Identifica un problema comune

(36)

La negoziazione: strategie

Mediazione di un terzo

Il terzo deve avere: equidistanza percepita

Status superiore ai contendenti

(37)

La negoziazione: strategie

Disarmo unilaterale

Pulito

Ripetuto

Chiaro

(38)

Il problem solving

E’ il percorso con cui si perviene ad un condiviso esame di

un problema in seguito a

Una negoziazione e condivisione della percezione dei

sintomi

Una negoziazione e condivisione della ipotesi delle

cause

Una negoziazione e condivisione della rappresentazione

futura degli effetti

Una negoziazione e condivisione della formulazione

(39)

Il problem solving

Il problem solving di gruppo permette un incontro di

mappe rappresentazionali del problema

NON SI PUO’ RISOLVERE UN PROBLEMA CON LA

STESSA MAPPA CHE LO HA CREATO

LA SOLUZIONE INCLUDE

L’ampliamento dello spazio/obiettivo fino a incorporare

risorse qualitativamente superiori al livello dello

spazio/problema

(40)

Problem solving

SPAZIO/PROBLEMA SPAZIO/OBIETTIVO

(41)

PROBLEM FINDING e PROBLEM

SOLVING

 A volte metodo e ricerca di soluzioni sembrano la stessa cosa, e appena

accennato al problema lo si affronta

Il metodo ha due parti ben distinte e di uguale importanza l’area del

problema e l’area della soluzione

 L’area del problema non è da sottovalutare soprattutto in gruppo: spesso

si conosce solo una parte del problema o lo si confonde con un suo sintomo, mentre è necessario risalire alle cause

Un buon metodo non può fare a meno di una parte diagnostica del

problema cui segue la scelta del problema da affrontare

 A questo punto entrano le proposte risolutive e in seguito la decisione  Anche a livello emotivo è utile dedicare tempo all’area del problema.  Vuol dire riservare, e al tempo stesso contenere, gli aspetti di ansia

(42)

Il problem solving: il metodo

SCORE

E’ un modello che contiene gli elementi

necessari e sufficienti per affrontare i problemi,

la cui analisi è necessaria per progettare un

cambiamento, un passaggio dallo

spazio-problema allo spazio-obiettivo

Deriva da modelli di pensiero strategico quali la

PNL (programmazione neurolinguistica) e

semplifica modelli più complessi e collegati agli

approcci di Total Quality Management

(43)

Il problem solving: il metodo

SCORE

SINTOMI Ciò che emerge nello spazio-problema; segnala il problema

PROBLEM FINDING

CAUSE Ciò che sottende e mantiene il sintomo

PROBLEM FINDING

OBIETTIVI Risultato desiderato PROBLEM SOLVING

RISORSE Ciò che rende possibile il raggiungimento del risultato desiderato

(44)

IL PROCESSO IN 7 FASI DEL

PROBLEM SOLVING

INDIVIDUAZIONE E DEFINIZIONE

DEL TEMA Brainstorming

ANALISI DEI SINTOMI Tabella/grafici con rilevazione dei picchi

INDIVIDUAZIONE DELLE CAUSE Diagramma a matrice PREFIGURAZIONE DELLA

SITUAZIONE FUTURA Brainstorming INDIVIDUAZIONE DELLE

SOLUZIONI Brainstorming Diagramma a matrice Diagrammi di flusso VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI

(45)

PRINCIPI DI PROGETTUALIT

A ’

PRINCIPIO BASE DELLA PROGETTUALITA’ PRINCIPIO DEL

FEEDBACK PRINCIPIO DELLA FLESSIBILITA’LEGGE

AVERE-DEFINIRE UN

OBIETTIVO NON CI SONO FALLIMENTI MA FEEDBACK

VARIETA’ NECESSARIA

Se si evita qualcosa si deve farlo con

riferimento ad un obiettivo positivo

La progettualità è un processo continuo: in relazione ad un obiettivo, il processo può durare molto tempo

È utile avere più scelte, prima di cominciare ad operare. Se qualcosa non funziona si

ripianifica. Se quel che si fa non funziona, fare qualcosa di diverso Utilizzando il feedback si

(46)

Le tecniche di gruppo

Per risolvere i problemi in gruppo è

necessario utilizzare tecniche di discussione

e tecniche di decisione condivise, chiare,

praticate consapevolmente, al fine di saperne

trarre il maggior valore aggiunto in loro

(47)

Tecniche di discussione: Il

Brainstorming

Brainstorming o “tempesta di cervelli” o “tempesta nel cervello” è una tecnica di gruppo per generare idee, può essere utilizzato si nella fase di problem finding, che nella fase di problem solving.

Nel primo caso sollecita la produzione di rappresentazioni di problemi (elenco di sintomi e ipotesi di cause)

Nel secondo caso sollecita la produzione di soluzioni (formulazione di obiettivi e prefigurazione di soluzioni per raggiungerli)

Un mezzo visivo che faccia tesoro del prodotto di gruppo permette il salto dal pensiero soggettivo a quello di gruppo

Evita che i singoli si irrigidiscano sulla propria posizione. Sulla

lavagna dove vengono scritti i contributi di tutti, ogni pensiero perde i confini con quello dell’altro

(48)

Tecniche di discussione: Il

Brainstorming

Si invita il gruppo a ragionare secondo due strategie di pensiero:

Il pensiero per accumulo permette che tutto sia accettato e arricchisca l’attività di

gruppo,

Il pensiero parallelo permette che le idee non si contaminino a vicenda attraverso

critiche o aggiustamenti delle idee altrui.

Ad un certo punto scatta una “tempesta nel cervello” più si produce e più si continua a produrre arrivando a proposte spesso creative.

 L’applicazione di questa tecnica è affidata ad un fine regista, meglio se esterno

all’oggetto di discussione.

 Il regista trasforma le idee che si presentano come critiche, in proposte espresse al

positivo,

 Il regista coglie nei cenni di ognuno un tentativo di intervenire e contribuire,

favorendo un clima di accettazione

 Le regole del brainstorming non si presentano ma si agiscono

Una frase come “questa è una critica”, è opposta alla filosofia del brainstorming

(49)

Tecniche di discussione

 La discussione deve essere condotta in base agli obiettivi che ci si pone

Il giro di tavolo è utile per la raccolta di opinioni richiede tempi lunghi e a volte non è ben visto perché presuppone un obbligo di dire la propria

L’iscrizione a parlare va più incontro ai desideri di ciascuno di intervenire, non obbliga come il giro. Permette anche di ridurre tempi morti

Il sistema a ruota libera è utile per la produzione di idee e per interventi creativi ma il rischio è di degenerare della discussione  Un piccolo sondaggio per condividere la tecnica di discussione è

(50)

Tecniche di discussione:

I sei cappelli per pensare di E. De Bono

Quella dei 6 cappelli è una tecnica alternativa di pensiero di gruppo:

invita metaforicamente ad indossare nello stesso momento un cappello dello stesso colore e facilita la sintonia

Il primo cappello è il bianco, fa ragionare per informazioni, dati, cifre:

quali abbiamo e di quali abbiamo bisogno.

Il cappello verde formula ipotesi e idee, senza vincoli inventa soluzioni. Il giallo invita all’ottimismo, a trovare opportunità e valutare le possibilità

attuative .

Il cappello rosso permette di esprimere sentimenti o presentimenti,

senza giustificarli o inibirli.

Il nero induce alla cautela e a trovare il lato negativo delle proposte. E’

un cappello di gran moda, ma qui ha solo un parte

Il cappello blu, controlla dall’alto cosa succede con i cappelli: tutti hanno

lo stesso cappello? è ora di cambiarlo? è ora di concludere e decidere? E’ in sostanza il “pensiero sul pensiero”

(51)

Tecniche di decisione

Prima di cominciare a decidere è importante decidere come si deciderà, cioè stabilire i criteri: per maggioranza, d’autorità, all’unanimità.

La negoziazione del criterio di decisione è spesso sorvolata, ma è il passaggio a più alto potenziale di conflitto.

Più la decisione è importante e più è da curare questa parte

Esistono due tecniche che possono essere utili una volta ottenuta con il brainstorming e discussa una lista di proposte

La creazione di una graduatoria ; è una tecnica decisionale per ottenere una graduatoria

riassuntiva delle idee circa una soluzione del problema.

Ogni membro individualmente fornisce una priorità ad ogni idea.

Con la plurivotazione data una lista di proposte, ogni membro vota per un numero di idee

prestabilite: in genere si definisce insieme a priori la percentuale di voti sulle idee prodotte. Se su una lista di 20 idee prodotte si decide una percentuale del 25% ognuno avrà a disposizione 5

voti

Queste tecniche permettono di pesare le soluzioni per priorità e di fornire alternative nel caso in cui la decisione primaria risulti poi non perseguibile.

(52)

Bibliografia

Cawood D. Il manager assertivo Franco Angeli, Milano, 1983 Schuler E. Le tecniche assertive Franco Angeli, Milano, 1992 Watzlawick P., Beavin J, H., Jackon D.D. Pragmatica della

comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971

Quaglino G.P. Casagrande S. Castellano A. Gruppo di lavoro e lavoro

di gruppo R. Cortina editore, Milano, 1992

Soverini M. Come creare gruppi di lavoro efficaci ed efficienti, F. Angeli editore, Milano, 1996

Blanchard K. Hersey P. Management of Organizationnal Behavior Englewood Cliffs, 1982

Masoni V. Guida alle riunioni di lavoro, F. Angeli editore, Milano, 1990

(53)

La gestione costruttiva

dei conflitti

(54)

Ipotesi sul conflitto

Il conflitto non è un incidente

di percorso, un imprevisto, ma

appartiene alle relazioni tra le

persone

e le struttura (nel

senso di dare forma, limite,

significato specifico).

(55)

Conflitto?

Si tratta di uno stato della relazione,

che riguarda due o più persone, in

cui si presenta un

problema/ incompatibilità

(contenuto)

che crea

(56)

Conflitto?

I CONFLITTI SONO SITUAZIONI NELLE QUALI

DUE O

PIU’ PERSONE ENTRANO IN OPPOSIZIONE O

DISACCORDO PERCHE’ I RECIPROCI INTERESSI ,

POSIZIONI, BISOGNI, DESIDERI, VALORI

SONO

INCOMPATIBILI , O

SONO PERCEPITI COME

INCOMPATIBILI

,

DOVE

GIOCANO

UN

RUOLO

IMPORTANTE

LE EMOZIONI E I SENTIMENTI

, E DOVE

LA RELAZIONE TRA LE PARTI IN CONFLITTO PUO’

USCIRNE

RAFFORZATA

O

DETERIORATA

IN

FUNZIONE DI COME SI SVILUPPI IL PROCESSO DI

RISOLUZIONE DEL CONFLITTO.

(57)

Conflitto?

I CONFLITTI SONO SEMPRE UN SEGNALE

IMPORTANTE DI QUALCOSA CHE NON VA PIU’ E

CHE

DEVE

ESSERE

MODIFICATO,

UNA

OPPORTUNITA’ PER SVILUPPARE E MIGLIORARE I

RAPPORTI RECIPROCI.

E’ IL MODO IN CUI IL

CONFLITTO VIENE AFFRONTATO A STABILIRE SE

QUESTA OPPORTUNITA’ VENGA COLTA O NO.

(58)

Conflitto?

IL CONFLITTO SOCIALE E’ UN’INTERAZIONE TRA

ATTORI (INDIVIDUI, GRUPPI,

ORGANIZZAZIONI…ECC.) IN CUI ALMENO

UN

ATTORE PERCEPISCE UN’INCOMPATIBILITA’

CON UNO O PIU’ ATTORI

IN MANIERA TALE CHE

LA REALIZZAZIONE DEI PROPRI PENSIERI,

EMOZIONI, VOLONTA’… VENGA OSTACOLATA

DA UN ALTRO ATTORE

(59)

LE CONDIZIONI PER STARE

NEL CONFLITTO

1.

Rispettare il “peso specifico”

del conflitto

2.

Lavorare

favorendo

la

specificità/diversità

di

ciascuno

(60)

LA PRE-CONDIZIONE:

CHE IL CONFLITTO SIA LEGITTIMATO /

DISPIEGATO

L’incompatibilita’ deve manifestarsi in un

agire concreto

Almeno un attore deve attribuire all’altra parte

il motivo dell’impedimento

alla propria

(auto)-realizzazione

(61)

Approcci al conflitto

Normativo

(Bastano le regole per evitare i conflitti)

Affettivo

(Non possiamo permettere al conflitto di rovinare la nostra

relazione)

(62)

IL QUADRANTE DEI CONFLITTI

CONFLITTO INTRAPERSONALE Area della conoscenza di sé partendo dalla propria storia

professionale

(emozioni, aspettative, passaggi di ruolo)

CONFLITTO INTERPERSONALE Area della negoziazione

(esplicitazione, ascolto e comunicazione assertiva, Individuazione interessi comuni)

CONFLITTO ESTERNO Area del dare aiuto

come facilitatore dei processi di autonoma capacità di gestire le

divergenze

(neutralità empatica, facilitazione)

CONFLITTO ORGANIZZATIVO Area della coesione come disponibilità

a comunicare e decidere fra soggetti con simili responsabilità

(trasformare la lamentela in cambiamento, integrare i bisogni

(63)

Glossario minimo

REAZIONE

Si tratta di

un automatismo, di un'azione

estemporanea e tempestiva

che priva il

soggetto della possibilità di attivare

risorse creative più raffinate, più

meditate; favorisce la fuoriuscita di

(64)

Glossario minimo

GESTIONE

Si tratta di agire intenzionalmente e

consapevolmente per

orientare la

trasformazione del conflitto in una certa

direzione,

tenendo conto dei propri

bisogni/interessi e di quelli dell’altro/a

(65)

Glossario minimo

RABBIA

Si tratta di un’

emozione

che ha un carattere

esplosivo e temporaneo

VIOLENZA

Danneggiamento intenzionale

dell’avversario per

creare un

danno irreversibile

.

Volontà di risolvere il problema (conflitto) eliminando

chi porta il problema stesso.

(66)

.

.

LE CONDIZIONI PER

ENTRARE

NEL CONFLITTO

1.

Quanti / quali conflitti esistono

(latenti e manifesti)?

2.

Chi sono gli attori del conflitto?

3.

Le parti hanno desiderio / necessità

della relazione?

4.

Le parti intravedono un “guadagno”

(67)

GESTIONE TRASFORMATIVA DEI

CONFLITTI

A

B

L’altra persona viene identificata con il problema

A

Problema

B

(68)

La trasformazione (gestione

costruttiva) dei conflitti

INTENDIAMO PER COSTRUTTIVI I MODI DI GESTIONE DEL

CONFLITTO CHE:

NON

MIRANO

A

DISTRUGGERE

O

LEDERE

L’AVVERSARIO

INTENDONO MANTERE APERTI CANALI COMUNICATIVI

PROMUOVONO SOLUZIONI (DEI PROBLEMI CHE

SOTTOSTANNO

AL

CONFLITTO)

IN

GRADO

DI

SODDISFARE I BISOGNI FONDAMENTALI DI TUTTE LE

PARTI COINVOLTE

(69)

Le fonti del conflitto

Identità

Interessi

Valori

(70)

UNA PRATICA DI ESPLICITAZIONE:

un primo passo per la trasformazione dei

conflitti

1.

Scegliere il momento e il luogo adeguato

2.

Circoscrivere il conflitto/problema da esplicitare

3.

Esprimere le proprie emozioni rispetto all’accaduto

(significato specifico del conflitto)

4.

Dire quali motivazioni ti hanno portato/a ad

esplicitare il conflitto stesso

5.

Fare una richiesta alla controparte in relazione ai

(71)

LA NEGOZIAZIONE

IN PROSPETTIVA TRASFORMATIVA

(72)

LA NEGOZIAZIONE

IN PROSPETTIVA

TRASFORMATIVA

La negoziazione è un processo di ricerca

dinamico e volontario: attraverso

un continuo

riposizionamento

rispetto all’altro e rispetto a

sé punta a

trovare esiti accettabili, parziali e

temporanei

per le parti, e non soluzioni. Le

competenze in gioco sono di tipo

(73)

I PRINCIPI DELLA NEGOZIAZIONE

RAGIONATA

1. DISTINGUERE LA PERSONA DAL PROBLEMA; AGGEDIRE IL PROBLEMA E NON LA PERSONA

2. ORIENTARSI AL FUTURO (DAL PERCHE’ AL COME)

3. COMUNICARE RISPETTO E ACCETTAZIONE RECIPROCA

4. CONCENTRARSI SUGLI INTERESSI IN GIOCO (TIMORI, BISOGNI, DESIDERI) E NON SULLE PRESE DI POSIZIONE

5. SVILUPPARE SOLUZIONI CHE PROCURINO RECIPROCO BENEFICIO

6. ASSUMERE COMPITI SOSTENIBILI NEL TEMPO

(74)

LA MEDIAZIONE

IN PROSPETTIVA TRASFORMATIVA

(75)

LA MEDIAZIONE

IN PROSPETTIVA

TRASFORMATIVA

La mediazione è un metodo di gestione dei

conflitti, dove le parti fanno volontariamente

ricorso ad una terza parte non implicata nel

conflitto. Il mediatore crea le condizioni per

ripristinare la relazione e attivare la

negoziazione

e quindi

facilitare la ricerca di

un esito accettabile (accordo).

(76)

Alcune parole sulla

MEDIAZIONE

LA MEDIAZIONE PROMUOVE UNA SOLUZIONE

NELLA QUALE TUTTE LE PARTI COINVOLTE

GUADAGNANO O OTTENGONO UN BENEFICIO, E

NON SOLO UNA DI ESSE. PER QUESTO (…) EVITA

LA RELAZIONE DI TIPO DICOTOMICO

“VINCITORE-PERDENTE”. PER QUESTO E’ ANCHE UN METODO

IDEALE PER QUEI CONFLITTI NEI QUALI LE PARTI IN

CONTRASTO

DEVONO

O

DESIDERANO

(77)

Alcune parole sulla

MEDIAZIONE

“I MEDIATORI NON PRENDONO DECISONI SULLA

CONTROVERSIA , NON SONO ARBITRI O GIUDICI.

INTERVENGONO UNICAMENTE PER RIPARARE IL

GUASTO COMUNICATIVO, RESTITUENDO ALLE

PARTI LA RESPONSABILITA’ DELLA GESTIONE DEL

CONFLITTO.”

(78)

LE FASI DEL PROCESSO DI

MEDIAZIONE

PREMEDIAZIONE Quanti / quali conflitti riusciamo a individuare? Di chi è il conflitto?

La relazione fra le parti è necessaria/desiderata? Quali vantaggi / minori danni intravedete dalla partecipazione al processo di mediazione? CONTRATTO E REGOLE

DEL GIOCO Cosa possiamo fare insieme ? INDIVIDUARE IL

PROBLEMA Cosa è accaduto? Quali difficoltà state sperimentando (emozioni + effetti concreti)? DEFINIRE GLI INTERESSI

IN GIOCO Di quali bisogni / interessi siete portatori?

PROPORRE ESITI Come potete far evolvere la situazione in modo sufficientemente buono per entrambi?

(79)

Alcune parole sulla

MEDIAZIONE

TRASFORMAZIONE (NON RISOLUZIONE)

DEL CONFLITTO

 Aiuta a diminuire gli effetti indesiderati legati al conflitto  Assume il conflitto come occasione per ristrutturare le

relazioni, facendole evolvere in senso costruttivo.

TERZIETA’

 Uscita dalla logica del “io vinco, tu perdi” (pensiero duale, aut

aut), per approdare alla logica “io vinco, tu vinci”

EMPOWERMENT (CAPACITAZIONE)

(80)

PROCESSUALITA’

 Allontana l’”ansia da soluzione”, ridando al conflitto il proprio

tempo/spazio per essere pensato

 Aiuta le parti a riconoscere i risultati progressivamente raggiunti e ad

individuare le aree di ulteriore sviluppo.

GENERATIVITA’

 Aiuto alla ricerca di soluzioni al problema in grado di procurare

reciproco beneficio

 Aiuto alla costruzione di opzioni non ancora praticate, ma

praticabili/possibili, e che permettano di potenziare gli elementi costruttivi (generativi) della relazione.

DISTANZIAMENTO

 Assunzione di una distanza temporale/spaziale/emotiva rispetto al

conflitto agito in maniera reattiva /impulsiva /automatica.

VOLONTARIETÀ

.

(81)

COMPITI DI TIPO “COMUNICATIVO”

DEL MEDIATORE

1. APRE GLI INCONTRI

Definisce obiettivi limitati, circoscritti, realistici, misurabili Gli argomenti vengono divisi per risolverli uno alla volta

2. TIENE LA DISCUSSIONE ENTRO LE LINEE GUIDA

Aiuta a rimanere in argomento, attorno al tema centrale, evitando le dispersioni

Aiuta e stimola a discutere i problemi sul tappeto e ad elaborare concrete proposte di soluzione, facendo sì che tutti possano intervenire attivamente

(82)

COMPITI DI TIPO “COMUNICATIVO”

DEL MEDIATORE

3. SVILUPPA UN’ATMOSFERA COLLABORATIVA E AMICHEVOLE (PER QUANTO POSSIBILE)

Individua e depotenzia gli spunti polemici e i riferimenti a presunti torti passati

Rompe i tentativi di monopolizzazione della discussione e invita a discorsi chiari e sinceri

4. RIASSUME E RILANCIA

Produce sintesi provvisorie (i risultati raggiunti, le tesi in contrasto Invita ad una ulteriore produzione di idee

5. CONCLUDE L’INCONTRO

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