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Ex senatus consultis plebisque scitis saeva exercentur et publice iubentur vetata privatim (ep. 95, 30). Il ruolo politico del senato e il giudizio morale sull’attività senatoriale in Seneca

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(1)Acta Senatus – B. Studien und Materialien – Band 3 Franz Steiner Verlag. Sonderdruck aus:. Rappresentazione e uso dei senatus ­consulta nelle fonti letterarie della repubblica e del primo principato Darstellung und Gebrauch der senatus consulta in den literarischen Quellen der Republik und der frühen Kaiserzeit A cura di | Herausgegeben von Andrea Balbo, Pierangelo Buongiorno, Ermanno Malaspina. Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(2) Indice. Andrea Balbo / Pier angelo Buongiorno / Ermanno Malaspina Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Maria Teresa Schettino Polybe et les actes officiels du Sénat romain. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Gesine Manuwald senatus me auctore decrevit (Cic. Phil. 6.1): On the use and functions of Senate decrees in Cicero’s political speeches. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 Christine Lehne-Gstreinthaler Senatsbeschlüsse in Ciceros forensischen Reden . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57 Andrea Balbo I senatus consulta nell’epistolario ciceroniano. Presenza, caratteristiche dei riferimenti e prime riflessioni interpretative. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 Luca Fezzi Le decisioni senatorie nel corpus cesariano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133 Lisa Piazzi Il senatus consultum ultimum in Sallustio, Bellum Catilinae 29. . . . . . . . . . . . . . 155 Alfredina Storchi Nel segno del molteplice. Originalità e ricchezza del lessico, varietà della materia trattata e della struttura narrativa nelle delibere senatorie della Biblioteca Storica di Diodoro Siculo . . . . . . . . . . . . 191 Fr ancesca Cavaggioni L’attività deliberativa del senato nell’opera di Tito Livio: note di lettura ad AUC XXI–XXX. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259 This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(3) 6. Indice. Salvatore Marino Uso e rappresentazione dei senatus consulta nei Facta et dicta memorabilia di Valerio Massimo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 347 Eleanor Cowan Velleius Paterculus and the Senate. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 407 Ermanno Malaspina Ex senatus consultis plebisque scitis saeva exercentur et publice iubentur vetata privatim (ep. 95, 30).. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 429 Cosimo Cascione Il senato poetico. Appunti sul senato romano nella poesia latina fino a Lucano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 455 Quellenregister 495. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(4) Ermanno Malaspina. Ex senatus consultis plebisque scitis saeva exercentur et publice iubentur vetata privatim (ep. 95.30). Il ruolo politico del senato e il giudizio morale sull’attività senatoriale in Seneca*.. I. Introduzione Scopo di queste pagine è definire il ruolo del senato e quindi dei scc. in Seneca Filosofo, disponendo di una base di dati assai limitata, in un contesto storico che stava andando verso l’inessenzialità politica e giuridica del senato stesso, in un autore che non aveva interessi storici preminenti1 e infine all’interno di un campo semantico e giuridico-politico in cui, oltre alla radice di senatus/-tor/­-torius, devono essere prese in considerazione perlomeno le occorrenze di auctoritas, constitutio, curia, decretum, discessio, edictum, interpretatio, ius, lex, Patres (conscripti), princeps e (plebi) scitum, per limitarci alle espressioni attestate nel nostro autore2. Non c’è * . Il testo presentato alle stampe è sensibilmente diverso da quello letto a Münster il 12 dicembre 2015, in buona parte grazie alle osservazioni e ai suggerimenti proposti nella discussione seguita al mio intervento. Ho quindi un debito di riconoscenza verso i partecipanti al seminario per il loro aiuto, verso Pierangelo Buongiorno per le sue numerose ed eccellenti doti (non ultima la pazienza) e infine a Manuela Callipo per l’aiuto nel reperimento della bibliografia. P. Buongiorno e A. Balbo hanno riletto una versione quasi definitiva del testo apportando preziose integrazioni e correzioni: a loro va la mia riconoscenza, a me solo la responsabilità di errori e imprecisioni. 1  Sull’inessenzialità politica del senato in età giulio-claudia cfr. Codoñer, La expresión del poder en Seneca 2003. Essa non impedirebbe a Seneca di essere una fonte doviziosa sul periodo repubblicano, se la curiosità per il passato comportasse in lui una particolare attenzione agli elementi a noi utili in prospettiva di una palingenesi, cosa che purtroppo non è. 2  Dove, per esempio, mancano espressioni tecniche come venia dicendi. Termini come actio, This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(5) 430. Ermanno Malaspina. infatti quasi bisogno di ricordare che, proprio all’inizio, le Istituzioni riportano il passo di Gaio che definisce quelle che si chiamano oggi ‘fonti di produzione’3 del diritto romano, individuate in leges, senatus consulta, plebi scita, edicta, prudentium interpretatio, principales constitutiones4. Il mio contributo, che si colloca al termine cronologico dei testi esaminati, tocca per la prima volta nel volume un autore che non sia uno storico e/o che non appartenga all’età repubblicana. Tale novità, comune anche allo studio di Cascione, costituisce a prima vista una semplificazione del compito: basti pensare che le attestazioni della radice di senatus in Cicerone sono, se ho contato bene, 2072, in Livio, comprese le Periochae, 1711 e in Seneca… 57, calcolando anche le tre dell’Octavia. Se poi allarghiamo l’indagine agli altri termini tecnici sopra ricordati, il raccolto è se possibile ancor più magro, non perché essi siano assenti o poco presenti in Seneca, ma perché egli li usa raramente in senso giuridico e ancor di meno in relazione specifica con i scc.: per esempio, di actio si contano 69 occorrenze, ma quasi sempre nel senso generico di «Activity, action»5 e non di ‘azione legale’6. Auctoritas compare 31 volte, ma non è mai riferita al senato, bensì piuttosto alla sapientis auctoritas7. Constitutio ha 33 occorrenze, ma il senso giuridico inteso da Gaio è riconoscibile solo in due passi8, mentre di solito il termine significa ‘disposizione fisica’ o ‘sistema di pensiero’9. Ancor più deludenti le 53 attestazioni di decretum10 come di altri termini11. causidicus e contio non sono specificamente senatoriali e le loro occorrenze non apportano comunque informazioni utili agli scopi della presente ricerca. 3  Cfr. De Martino, StCost2 1990, vol. VI, indici; Wenger, Quellen 1953. 4  Dig. 1.2.2.12: Ita in civitate nostra aut iure, id est lege, constituitur, aut est proprium ius civile, quod sine scripto in sola prudentium interpretatione consistit, aut sunt legis actiones, quae formam agendi continent, aut plebi scitum, quod sine auctoritate patrum est constitutum, aut est magistratuum edic­ tum, unde <ius> honorarium nascitur aut senatus consultum, quod solum senatu constituente inducitur sine lege, aut est principalis constitutio, id est, ut quod ipse princeps constituit pro lege servetur. 5  OLD s. v. 1. Molto frequente è poi il nesso honesta / recta actio, spesso al plurale, in contesti di filosofia morale (e. g. ep. 94.45; 102.10; 109.3). 6  Come in brev. 7.6, plerosque certe audies ex iis quos magna felicitas gravat inter clientium greges aut causarum actiones aut ceteras honestas miserias exclamare interdum ‘vivere mihi non licet’, in cui però l’allusione all’attività legale si dissolve in un contesto moralistico. Più precise ricadute giuridiche ha invece la discussione sull’actio ingrati in ben. 3.7.6; 3.16–17 (cfr. Manning, Actio ingrati 1986), che non toccano però i scc. 7  Ep. 99.20. 8  OLD s. v. 5.: Helv. 16.1 (testo 13) e n. q. 2.59 (dove a esser definito constitutio iustissima è il comune destino di morte degli esseri umani). 9  OLD s. v. 1. (soprattutto ep. 121) e 2. 10  Mai riferito al senato, spesso invece ai decreta philosophiae: interessante ep. 95.10, che ne attesta l’uso come traduzione filosofica di δόγμα. 11  Edictum, quando non è voce verbale (brev. 16.3), ha valore giuridico non relativo al senato, oppure traslato (ep. 94.47, praecepta […] adfectus nostros velut edicto coercent) o ancora del tutto This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(6) Ex senatus consultis plebisque scitis saeva exercentur et publice iubentur vetata privatim. Per un altro verso, però, tale riduzione del materiale rischia di costituire un oggettivo ostacolo in funzione della palingenesi e un problema interpretativo a sé. Infatti, che al tempo di Seneca il senato avesse perso buona parte delle sue funzioni politiche è sì un dato storico, ma esso giustifica solo in parte lo scarso interesse da parte di un membro della classe senatoria come Seneca stesso, se si pensa che uno scrittore successivo di una generazione come Plinio il Giovane cita il senato più del triplo delle volte (194), anche senza essere uno storico di professione come Tacito12. Bisogna inoltre riconoscere che Seneca, peraltro in possesso di una cultura giuridica di prim’ordine e altrimenti ricco di particolari sugli aspetti più intimi della sua vita, è disinteressato a dar conto dei passaggi ufficiali, che conosciamo meglio da altre fonti13. Tuttavia, almeno alcune occorrenze, come vedremo, sono utili ai nostri fini14. Nonostante tutto ciò, resta per me prioritaria la scommessa comune a tutto il volume e al progetto scientifico che lo ha generato, che è quella di usare i testi letterari non come un fine in sé, ma come un mezzo per raggiungere scopi di palingenesi dell’attività del senato. Tuttavia, vista l’oggettiva scarsezza di passi funzionali ad una ricostruzione di precisi scc., mi è parso utile far seguire anche una parte più generale sulla funzione del senato in Seneca. Nello specifico, all’analisi delle allusioni a scc. (II.), mai peraltro precise e letterali15, e alle avvertenze procedurali generico (ep. 117.30, nemo qui obstetricem parturienti filiae sollicitus accersit edictum et ludorum ordinem perlegit). Altrettanto inutili sono le occorrenze di iuris consultus / iurisconsultus (apoc. 12.2; ep. 79.6; 88.12; 94.27; n. q. 2.1.2; ben. 5.19.8; 6.5.3) e di causidicus (apoc. 7.5; 12.2–3 (ter); ira 3.37.2). Tra le 27 attestazioni di Patres al plurale in senso di ‘senatori’, le uniche significative sono quelle in cui i manoscritti riportano la sigla P(atres) C(onscripti), apoc. 9.1; 10.1, 2, 3; 11.4, cfr. n. 46; clem. 1.12.2 testo 7, cui si aggiunge Oct. 487 testo 32; altrimenti Patres = senatori appare sempre in nesso con plebs: ira 3.2.4 testo 27 e Helv. 12.5. 12  Che arriva a 431 occorrenze, sempre che una contabilità così generica e superficiale possa avere una qualsiasi utilità. 13  È il caso, ad esempio, del suo richiamo dall’esilio, avvenuto nel 49, forse prima di febbraio, tramite senatusconsultum (SC de L. Annaeo Seneca in Buongiorno, Palingenesi 2010, 281 s., testo a cui rinvio per un commento esauriente), che conosciamo solo da Tac. ann. 12.8.2 e Suet. Claud. 12.1. Similmente, si potrebbe indicare anche Sen. tranq. 14.6 tra le fonti della norma introdotta da Tiberio nel 22, che imponeva un intervallo di 10 giorni tra un sc. e l’attuazione delle sue prescrizioni, in particolare per le condanne a morte. Ora però l’accenno di Seneca (Credisne illum [scil. Gaium] decem medios usque ad supplicium dies sine ulla sollicitudine exegisse?) nella sua brevità non segnala l’origine senatoriale della norma, che invece si recupera da Tac. ann. 3.51 (igitur factum senatus consultum ne decreta patrum ante diem <decimum> ad aerarium deferrentur idque vitae spatium damnatis prorogaretur). Sulle competenze giurisprudenziali di Seneca cfr. Düll, Seneca Iurisconsultus 1976. 14  Per esempio, su due delle tre occorrenze di (senatus) consulta torneremo ex professo infra (ep. 95.30 testo 31, che è anche l’unica di plebi scita; ep. 97.7 testo 12), mentre una sola non è significativa (apoc. 9.3 testi 34). 15  Come quelle raccolte da Buongiorno, Struttura 2016. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018. 431.

(7) 432. Ermanno Malaspina. (III.), seguono brevi riflessioni sul passato repubblicano (IV.) e infine sul giudizio morale dei senatori e del senato di età imperiale (V.)16. Un’Appendice consente di avere la lista completa dei passi trattati, con eventuali testi a supporto di altri autori; per completezza, dato il numero relativamente ridotto delle attestazioni, essa termina con l’elenco delle occorrenze residue, meno interessanti per i nostri scopi. Le opere si susseguono in ordine per quanto possibile cronologico17, prescindendo dalla datazione dei fatti storici riferiti.. II. Il contributo di Seneca alla palingenesi Passi in cui un’attività senatoria è citata esplicitamente Helv. 9.6 testo 1. La Consolazione alla madre Elvia è particolarmente ricca di exempla storici – ovviamente legati alla sopportazione dell’esilio – nei quali Seneca torna su episodi di epoca repubblicana in cui il senato ebbe una funzione. Visto il modo in cui egli usa in generale le sue fonti storiche18, non stupisce che le informazioni che leggiamo qui, come in altri suoi testi, non abbiano particolare incisività, ma si limitino a riprendere, anche con imprecisioni, particolari già noti altrimenti in modo più analitico ai suoi lettori e anche a noi. È il caso della breve allusione alla famosa seduta a settembre-ottobre 46 in cui il senato ottenne il ritorno di Marco Claudio Marcello (RE n° 229; MRR 2, 546) dall’esilio19. Helv. 12.5 testo 2. L’allusione alla decisione del senato di curare il podere di Attilio Regolo durante la sua spedizione in territorio cartaginese è confermata anche da Val. Max. 4.4.6, che però si dimostra fonte molto più ricca, anche procedural16  Posso fare a meno in questa sede di aggiungere una riflessione ‘politica’ sul ruolo del senato nel Quinquennium Neronis, in particolare sulla discrasia tra letteratura, propaganda e autentico governo, non perché essa non sia interessante o innovativa, ma perché ci porterebbe troppo lontano dall’obiettivo della palingenesi. In breve, il programma politico che Seneca, a dir di Tacito (ann. 13.4–5), metteva in bocca a Nerone nei discorsi programmatici di inizio regno appare antitetico a quello del De clementia, in quanto fondato sulla riproposizione del paradigma augusteo della collaborazione tra principe e senato, mentre nel De clementia il senato non gioca alcun ruolo. Ne ho comunque parlato abbondantemente altrove, anche di recente, e a questi testi rinvio: Malaspina, Seneca, La clemenza 2009, 66–67, con bibliografia; Malaspina, Senecae De clementia 2016, ix–x (cfr. anche in generale Gabba, Seneca e l’impero 1991; Rilinger, Seneca und Nero 1996; D’Ippolito, Etica e stato 2003; Schiavone, Anni difficili 2003). 17  La cronologia delle opere senecane è notoriamente molto controversa e pertanto ho rinunciato ad un ordine preciso per buona parte dei Dialogi; cfr. da ultimo Marshall, Works and Dates 2014. 18  Cfr. Mayer, Roman Historical exempla 1991. 19  La vicenda è troppo nota perché sia necessario riportare in extenso in Appendice i passi relativi, tra cui e. g. Cic. fam. 4.4.3–4; 6.6.10; cfr. Malaspina, Cronologia Ciceroniana 2004 s. v. (http://www.tulliana.eu/ephemerides/testi/46/Marcel.htm). This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(8) Ex senatus consultis plebisque scitis saeva exercentur et publice iubentur vetata privatim. mente: al posto del semplice senatui placuit senecano troviamo infatti tre regolari fasi procedurali, Consulibus scripsit [sc. Atilius Regulus]; postquam senatus a consulibus accepit; iussit20. Helv. 12.6 testo 3 + nat. 1.17.8–9 testo 10. In una sequela di esempi immediatamente successivi a quello di Attilio, Seneca cita di nuovo il senato, ma commettendo questa volta un errore storico: egli infatti individua le figlie di Scipione Africano come destinatarie della decisione del senato di concedere la dote dall’erario in assenza del padre. Valerio Massimo 4.4.10 riporta invece il fatto allo zio Gneo Cornelio Scipione Calvo (RE n° 345)21; se nelle due fonti identica è la procedura, diversa ne appare la motivazione: quia nihil illis reliquerat pater secondo Seneca, che ambienta evidentemente la vicenda dopo la morte dello Scipione, e petens ut sibi successor mitteretur, quia filiam virginem adultae iam aetatis haberet, neque ei sine se dos expediri posset secondo Valerio Massimo22. L’errore di identificazione di Seneca può nascere da una semplice confusione: anche Scipione l’Africano aveva due figlie Corneliae (RE nn° 406, 407), peraltro riccamente dotatae, intorno al cui fidanzamento e matrimonio le fonti avevano discusso parecchio, aggiungendo anche elementi fittizi23. Tuttavia, è altrettanto vero che ragioni moralistiche e retoriche rendevano molto più convincente l’exemplum se attribuito al famoso Africano che non allo zio, perché permetteva una plastica contrapposizione cronologica ‘ieri vs. oggi’ e assiologica ‘valore umano vs. povertà economica’. Che questa sia stata la molla principale – conscia o inconscia – della riformulazione senecana è dimostrato da nat. 1.17.8–9, in cui, al di là di qualche incertezza testuale24, l’exemplum ritorna in formato ridotto, ma con recupero anche lessicale di alcune formule della 20 Liv. per. 18 ha consonanze testuali con Valerio Massimo, ma omette la parte che ci interessa, cioè l’intervento del senato, e semplifica l’invio del messaggio di Regolo (per litteras ad senatum scriptas), come peraltro fa anche Seneca (ad senatum scripsit), saltando l’invio ai consoli attestato dal solo Valerio Massimo. 21  Cfr. Mommsen, Römisches Staatsrecht III.2 1888, 1121 n. 4 e Ramondetti, Dialoghi 1999, 864: «L’aneddoto riferito da Seneca a P. Cornelio Scipione Africano, il vincitore di Cartagine a Zama (202 a. C.), riguarda in realtà la figlia dello zio di lui, Gn. Cornelio Scipione, caduto in Ispagna insieme con il fratello, il padre dell’Africano, nel 211 a. C. combattendo contro i Cartaginesi». 22 Costa, Rappresentazione del passato 2013, 41; 127. 23  Pol. 32.13.1; Liv. 38.57.2–8; Plut. Tib. 4.1. Fonti ulteriori e discussione completa in Münzer, Cornelia 1900, 1591–1592. A dimostrazione della facilità di confusione tra queste Corneliae sta lo scambio inverso di Apul. apol. 18 e Front. strat. 4.3.4: se Seneca attribuisce all’Africano tratti dello zio, Apuleio e Frontino attribuiscono invece a quest’ultimo la morte in povertà e il pagamento della dote da parte del Senato che Seneca ascrive al caso dell’Africano. 24  Inlitum è correzione di Madvig accolta da Vottero allo inditum della tradizione. Da prendere in considerazione anche la congettura tutori per titulo di Geist, con la quale il parallelismo con Helv. 12.6 diventerebbe ancora più marcato. La ricostruzione Non <cepissent> illa<m>, ripresa da Gercke e da Oltramare, si deve a Leo (fecisset / fecissent e illa / illis nei manoscritti); tra le altre proposte, segnalo anche Non dedisset illis di Vottero, con soggetto sottinteso il precedente tutor. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018. 433.

(9) 434. Ermanno Malaspina. consolazione alla madre (aes grave; populus Romanus loco soceri fuit <> soceri loco senatus fuit)25. Pol. 13.2 testo 4. Nel tono generale di piaggeria della consolazione a Polibio rientra anche il fatto che Seneca ringrazi Claudio di aver mitigato la sua condanna di fronte al senato. Dal testo non risulta però chiaramente in che modo il senato fosse stato partecipe della prima fase della condanna, più severa, dati i termini volutamente generici che Seneca usa, come fortuna. Che si sia trattato di una prima fase consistente in una vera cognitio senatus (e quindi di un sc. de Iulia Livilla et L. Annaeo Seneca) lo ricaviamo implicitamente proprio dalla fonte senecana, sul presupposto che Claudio abbia perorato la causa presso chi l’aveva gestita, cioè appunto il senato. Dal confronto con le altre fonti non si apprende nulla di più sul ruolo di quest’ultimo, ma qualcosa sulla fattispecie giuridica dell’accusa, così come sulle ragioni personali che avevano spinto Messalina ad architettare la sua vendetta contro Livilla e quindi contro Seneca26. Apoc. 1.2 testo 5. L’Apocolocintosi, senza però citarlo per nome, dà notizia del testimonium del senatore Livio Gemino o Geminio (RE n° 21) sulla salita in cielo di Livia Drusilla, attestato anche in D. C. 59.11.4, il cui racconto è più ampio. Tuttavia, Seneca è più preciso, al di là della menzione del titolo di curator viae Appiae, soprattutto ai nostri fini, perché accerta che il giuramento era avvenuto in senato27. Apoc. 13.4–5 testo 6. Assai debole è invece la testimonianza successiva, tratta dalla medesima opera, in cui Seneca enumera una serie di individui, tra cui anche molti di classe senatoriale, che vogliono far pagare il fio a Claudio perché li aveva fatti sopprimere: pur nell’assenza di qualsiasi appiglio testuale, forse «è possibile ipotizzare – almeno in via dubitativa – che la condanna sia stata emessa in seguito ad una cognitio senatus»28.. 25 In Helv. 12.6 si può ancora notare come le decisioni del senato siano assunte come decisioni non di una parte politica, ma dell’intero popolo di Roma. 26  D. C. 60.8.5 e schol. Iuv. 5.109; cfr. Lana, Seneca 2010, 131; Ramondetti, Dialoghi 1999, 808: «Dunque la pena comminata in un primo momento fu quella capitale, commutata poi nella più mite relegatio»; Buongiorno, Palingenesi 2010, 30 s.; 127 s.; Bonandini, Inaudita parte altera 2014, 96–97. Sulla cognitio senatus cfr. in generale i contributi di F. Arcaria, come Senatus censuit 1992 e il recente Dal senatus consultum ultimum alla cognitio 2016. Impossibile da definire, come pure si è discusso, se l’intervento di Claudio riferito da Seneca fosse solo l’ipocrisia formale di un imperatore avverso (così I. Lana) o l’aiuto sostanziale di chi aveva preso Seneca in simpatia grazie al De ira, appena pubblicato. 27  Cfr. Buongiorno, Palingenesi 2010, 29. 28  Secondo Buongiorno, Palingenesi 2010, 29; cfr. anche 396–397, con bibliografia (?[SC de Q. Futio Lusio Saturnino, Pompeio Pedone, Cornelio Lupo, Ser. Asinio Celere]?). Cfr. però anche Bonandini, Inaudita parte altera 2014, 92–94 sulla pratica delle condanne in assenza dell’imputato sotto Claudio («L’aumentato ricorso alla condanna in assenza sembrerebbe andare di pari passo – anche se le fonti offrono pochi elementi espliciti in proposito – con lo sviluppo delle pratiche giuridiche cognitorie (e della cognitio extra ordinem in modo particolare), che, per la This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(10) Ex senatus consultis plebisque scitis saeva exercentur et publice iubentur vetata privatim. Clem. 1.12.2 testo 7. Sono numerose le fonti antiche che accennano alla strage che Silla compì dopo la vittoria alla porta Collina del novembre 82, quando cioè fece massacrare migliaia di cittadini della pars a lui avversa presso la Villa publica29. Tra queste, Plut. Sul. 30.3 conferma, con formulazione simile a quella senecana, il feroce dictum di Silla e soprattutto la riunione del senato, dalla quale «uscì, con ogni verisimiglianza, l’avallo ufficiale dei Patres, presi nella morsa del terrore, alla Felicitas Sullae»30. Per una volta ricco di particolari inediti, Seneca è anche l’unico a segnalarci il luogo in cui la riunione si stava svolgendo, il Tempio di Bellona, dedicato nel 296 a. C. da Appio Claudio Cieco: l’indicazione è perfettamente congruente, sia perché esso sorgeva nei prata Flaminia, parte meridionale del Campo Marzio, a poche centinaia di metri in linea d’aria dall’ovile, sia perché, trovandosi al di fuori del pomerio, veniva utilizzato in epoca repubblicana per le riunioni del senato in presenza di magistrati rivestiti di imperium31. Clem. 1.24.1 testo 8. Il De clementia è testimone anche di una sententia32 molto curiosa, che non ha riscontri, se non secoli dopo, con Alessandro Severo: anch’egli avrebbe infatti voluto omnibus officiis genus vestium proprium dare (= ut servos a liberis cultus distingueret in Seneca). Ma il parallelo si ferma qui: mentre infatti la proposta di cui parla Seneca venne respinta per un periculum diciamo così ‘dal basso’, il parere che giuristi del calibro di Paolo e Ulpiano diedero all’imperatore sembra tradire la preoccupazione opposta, cioè di una prevaricazione ‘dall’alto’ (plurimum rixarum fore, si quidem faciles essent homines ad iniurias), senza alcun richiamo ad una eventuale giurisprudenza prodotta dalla sententia di cui parla Seneca. Il parallelo, quindi, segnalato già da Marc Antoine Muret e da Giusto Lipsio, ha un valore. loro maggiore elasticità, comportarono probabilmente un affievolimento dei diritti delle parti», 94). 29  Ovvero sia l’edificio in sé sia anche gli spazi scoperti vicini, cui la Villa era funzionalmente connessa e che, con il nome di ovile, erano destinati alle operazioni di voto dei comizi. Seneca vi ritorna in ben. 5.16.3; per un esame dei passi e anche per le indicazioni discordanti sul numero delle vittime cfr. Malaspina, Seneca, La clemenza 2009, 212. Noto infine che nell’archetipo carolingio della tradizione compare la sigla P. C. (mantenuta dagli editori moderni, cfr. supra n. 11) oltre al termine senatus. 30 Mazzoli, Felicitas sillana 1977, 270. Sulla figura di Silla in Seneca cfr. Malaspina, Seneca, La clemenza 2009, 210 s., con bibliografia. 31  Diversa e più imprecisa la collocazione geografia in prov. 3.7 (cit. infra n. 86): il lacus Servilianus fu il luogo ove vennero esposti i capita mozzati dei condannati, non dove essi vennero trucidati. 32  Da intendersi, dato il contesto, come ‘parere’ proposto, ma non tramutato in senatusconsultum: quod significat aliquem senatorem hanc sententiam dixisse, deinde alium conputatione facta effecisse, ut adpareret, quam periculosum esset in eam sententiam senatus consultum fieri, ideoque hoc factum non esse, Gertz, Senecae De beneficiis et De clementia 1876, 278; cfr. anche O’Brien Moore, Senatus 1935, 713 s. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018. 435.

(11) 436. Ermanno Malaspina. limitato e la notizia senecana resta di difficilissima collocazione, cronologica33, giuridica e persino testuale34. Sen. ben. 2.7.2–8.1 testo 9. Il lungo passo contiene una descrizione del comportamento assai spiccio di Tiberio nei confronti dei debitori che gli chiedevano un sostegno economico: l’exemplum è centrato in buona parte sul caso del vir praetorius Mario Nepote (RE Marius n° 54), umiliato a rendere pubblici i nomi dei suoi creditori per ottenere la somma richiesta. In un secondo tempo (postea), poiché altri avevano presentato la medesima supplica, Tiberio li obbligò, per ottenere quanto desiderato, a dichiararsi debitori presso il senato, il che deve aver comportato una presa d’atto ufficiale, anche se non è specificato con quale procedura. Questa seconda notizia pare confermata da Tac. ann. 2.48, che la data al 17 d. C., descrivendo però particolari non coincidenti: in primo luogo, Tacito distingue tra gli impoveriti senza colpe e i prodigi et ob flagitia egentes, riferendo la vicenda in oggetto solo a questa seconda fattispecie; poi, tra i cinque nomi che Tacito menziona c’è anche Mario Nepote, il che sembra scontrarsi con il postea di cui sopra35; infine, mentre Seneca segnala che Tiberio obbligò i debitori all’autodenuncia, ma concesse comunque loro le certae summae, Tacito non dice nulla di ciò e segnala invece che i debitori furono allontanati o si dimisero dal senato, una misura peraltro obbligata e conseguente alla loro dichiarazione ufficiale di insolvibilità di cui leggiamo in Seneca36.. 33  Rinvio a Mommsen, Römisches Staatsrecht III.1 1887, 220 n. 3 («Es ist wohl daran gedacht worden wenigstens die Sclaven äusserlich zu kennzeichnen; aber man wagte nicht es ihnen zu gestatten sich zu zählen») e a Malaspina, Seneca, La clemenza 2009, 131; 258 per i falliti tentativi novecenteschi di collegare l’avvenimento con Tac. ann. 13.27 (ove però separarentur significa ‘se si mettessero da parte’, non ‘se si distinguessero’) o ann. 14.44. 34  Le difficoltà di costituzione del testo sono legate all’incerta esegesi della notizia. Il codice capostipite della tradizione riporta a malis indicta est aliquando senatu sententi Aut, già corretto dal Gruter in mali sint dicta e da alcuni recenziori in sententia ut. Resta così, bisognoso di una reggenza, il solo senatu, su cui alcuni restauri testuali sono stati condotti in modo tale da far risultare che la legge fosse stata solo ‘proposta’ e non ‘approvata’, modificando, inutilmente, il verbo (indicta, indicata). Se in senatu si vedesse invece un complemento d’agente, s’imporrebbe l’integrazione con <a>, ma in questo modo il senato avrebbe effettivamente approvato la legge, salvo poi (deinde) accorgersi del pericolo e abrogare quanto appena votato. Di fronte all’assenza completa di riscontri, la correzione <in> del Gronovius, paleograficamente altrettanto leggera, permette di evitare il problema. 35  Un modo, invero semplicistico, per risolvere la questione fondendo insieme le due versioni è quello proposto da Fluß, s. v. Marius, 1835: «mußte aber im J. 17 n. Chr. (wegen wahrscheinlich neuerlicher selbstverschuldeter Verarmung) aus dem Senate austreten». Nessun accenno a Seneca in Goodyear, Annals 1981, 341–342, a cui rinvio invece per i dati prosopografici dei senatori condannati; cfr. anche Syme, La Rivoluzione romana 2014, 507. 36  Si tratterebbe di un effetto automatico della Lex Tabulae Heracleensis (CIL I2 593, 111 s.) secondo O’Brien Moore, Senatus 1935, 690–691. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(12) Ex senatus consultis plebisque scitis saeva exercentur et publice iubentur vetata privatim. Ep. 11.4 testo 11. È noto che Seneca sia la fonte principale, se non l’unica, per la secta dei Sestii, della quale faceva parte anche Papirio Fabiano37. In ep. 52.11 Seneca ne loda l’eleganza e la modestia nel parlare38, doti confermate in ep. 11.4, in cui è citato, senza indicazioni ulteriori, un suo testimonium in senato39. Ep. 97.6–7 testo 12. Al contrario della notizia isolata precedente, ep. 97.7, una delle tre attestazioni di senatusconsultum in Seneca40, costituisce una testimonianza di seconda mano e molto generica dei fatti relativi allo ‘Scandalo della Bona Dea’, iniziato a dicembre del 62 a. C. e sul quale siamo informati praticamente in diretta dall’epistolario ciceroniano41. L’interesse di Seneca, ancora una volta, non è storico-giuridico, ma moralistico: nulla aetas vacavit a culpa (ep. 97.1) è lo spunto di riflessione che viene elaborato attraverso un riassunto degli avvenimenti, costituito attraverso citazioni dirette e parafrasi di Cic. Att. 1.16 di luglio 6142. Il riferimento a una quaestio extra ordinem e ad un senatusconsultum va però messo in relazione con Att. 1.13.3, fonte sicura dell’allusione senecana43.. III. Funzionamento e procedure Helv. 16.1 testo 13 + ep. 63.13 testo 24. In due circostanze Seneca ricorda l’antica norma tradizionale secondo cui il lutto femminile non doveva durare più di un anno44. Mentre in ep. 63.13 non vi è alcun appiglio procedurale, in Helv. 16.1 si parla di una non meglio specificata publica constitutio45. Apoc. 9.1 testo 14. Nella descrizione del concilio degli Dei convocato per decidere la sorte di Claudio, che Seneca immagina riunirsi secondo la procedura 37  Rinvio per un quadro d’insieme, anche bibliografico, a Garbarino, Philosophorum fragmenta 2003, 126–136. 38  Testimonianza T3 in Garbarino, Philosophorum fragmenta 2003, 128. 39 Sebbene memini con l’infinito perfetto si usi in latino sia per indicare il ricordo personale di un fatto compiuto sia un ricordo indiretto, qui pare che Seneca descriva un episodio di cui era stato testimone oculare, il che restringe la forbice cronologia al periodo 34–41 e 49–62 d. C. 40  Per le altre vedi supra n. 14 e infra testo 31 e testi 34. 41  Fonti antiche (in particolare Cic. Att. 1.13.3; 1.14.1–2, 5; 1.16.1–6; 1.18.2), bibliografia e cronologia in Malaspina, Cronologia Ciceroniana 2004 s. v. (http://www.tulliana.eu/ephemerides/ anni/61/A061a3.htm). 42  Per la cronologia di pubblicazione dell’epistolario di Cicerone le citazioni senecane sono di capitale importanza, cfr. l’ancora fondamentale Setaioli, Publication of Cicero’s letters 1976. 43  Il passo è trattato come n° 4. De relatione criminis Clodiani da A. Balbo in questo volume, 83–84, a cui senz’altro rinvio. 44 Cic. off. 2.59 e Plut. Solon 21.5–7 testimoniano l’antichità delle norme sulla regolazione del lutto femminile, presenti tanto nella legislazione soloniana quanto nelle XII Tavole. 45  «Provvedimento pubblico», trad. Ramondetti: ringrazio il collega Cascione per avermi chiarito che il riferimento tecnico del termine può essere anche a fonti-fatto consuetudinarie o fonti-atto. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018. 437.

(13) 438. Ermanno Malaspina. senatoriale, già da tempo sono stati individuati richiami parodici all’effettiva normativa romana46. Particolarmente interessante è il cenno alla direttiva che vietava la presenza di estranei durante le riunioni (apoc. 9.1), confermata già per la prima età repubblicana da Livio47. Apoc. 9.2 testo 15. Altrettanto prezioso è il rinvio ai notarii che non riescono a star dietro a tutti i contenuti del discorso di Giano48: non stupisce che siano presenti coloro che scribendo arfuerunt / scribundo adfuerunt, secondo la praescriptio canonica, dal momento che, subito dopo, quel che il dio sta pronunciando è definito proprio un senatus consultum49. Sen. prov. 5.4 testo 16 + tranq. 17.7 testo 17. I Dialogi offrono due indicazioni non del tutto coincidenti sulla durata dei lavori del senato: prov. 5.4 riporta la norma consuetudinaria secondo cui il senato non avrebbe previsto pause e avrebbe lavorato dall’alba al tramonto. In senso opposto va tranq. 17.7, che attribuisce ai maiores il divieto di introdurre nuovi punti di discussione dopo le quattro del pomeriggio. Al di là del fatto che le due indicazioni non sono incompatibili, perché la mancanza di nuove relationes nel pomeriggio non impediva di continuare a discutere sui punti già all’ordine del giorno, è come sempre l’istanza morale sottostante che informa e flette a sé il discorso anche tecnico e procedurale: nel De providentia il filo conduttore della teodicea è che i migliori, proprio perché sono tali, devono andare incontro a maggiori fatiche e sofferenze. Seneca dedica invece l’ultima sezione 46  Cfr. Rizzo, Note a Sen. Apocol. 9–10 1977; Wolf, Die Augustusrede 1986; Buongiorno, Palingenesi 2010, 29–30: «È infatti significativo che il luogo di svolgimento della seduta sia definito curia (8.1, 9.1), che gli dei siano chiamati patres conscripti (9.1; 10.1) … In quanto alla rogatio sententiarum essa viene effettuata per singulorum sententias exquisitas, partendo dai consules designati. … Al termine dell’intervento di Augusto, infine, Seneca ricorda la votazione per discessione (11.6: pedibus in hanc sententiam itum est), e l’immediata esecuzione (nec mora) di quanto disposto». Troppo debole e oscura mi pare in apoc. 8.3 l’allusione al sc. de iustis nuptiis inter patruos fratrumque filias, cfr. Buongiorno, Palingenesi 2010, 29; 274–278 47  30.22.5–23.1. Invece in 2.48.10 (consul e curia egressus comitante Fabiorum agmine, qui in vestibulo curiae senatus consultum exspectantes steterant, domum redit) – 49.3 non è esplicitato un autentico divieto, ma solo il fatto che i Fabii attendevano fuori dal senato l’esito delle deliberazioni. Nemmeno Cic. Phil. 2.112 (Antonio ha riempito di armati la sede della discussione senatoria) apporta chiarimenti significativi sulla procedura: cfr. O’Brien Moore, Senatus 1935, 704 (con esempi poco probanti); Buongiorno, Palingenesi 2010, 29 n. 45: «Che poi non si trattasse di un senatus legitimus, bensì di un senatus indictus, convocato da Giove, sembra essere confermato sia dalla data di svolgimento del concilio (il 13 ottobre, giorno della morte di Claudio, come ribadito a 1.1 e 2.2), sia dalla straordinarietà della circostanza, ovvero l’arrivo in caelo di un tale (Claudio) di lingua e nazionalità sconosciuta (5.2)». 48  Cfr. Stein, Stenographie 1904/05. 49  Apoc. 9.3, cit. infra n. 82; O’Brien Moore, Senatus consultum 1935, 802 s.; Volterra, Senatus consulta 1969, 218; Buongiorno, Struttura 2016, 21 n. 9; 25 (spesso i nomi degli estensori vengono tralasciati nelle trascrizioni dei scc. presenti nelle fonti letterarie, in quanto «ininfluenti ai fini della trattazione»). This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(14) Ex senatus consultis plebisque scitis saeva exercentur et publice iubentur vetata privatim. del De tranquillitate (17.4–11) a spiegare al depresso Sereno che per uscire dalla sua infirmitas (1.4) o taedium (3.1) sono necessari anche il divertimento e la ricreazione, sebbene questo sia un aspetto assai poco consueto nel pensiero stoico50. Al di là della contestualizzazione moraleggiante, tuttavia, prov. 5.4 e Gell. 14.7.8, che riporta l’autorità di Varrone, sono di fatto gli unici passi che ci attestano gli orari lavorativi del senato, mentre la notizia di tranq. 17.7 è del tutto isolata51. Brev. 20.4 testo 18. I Dialogi sono portatori di un’ulteriore norma controversa, questa volta nei confronti di un autore diverso e in modo più difficilmente armonizzabile: riflettendo sull’ansia dell’uomo comune di essere occupatus a tutti i costi, Seneca ricorda che persino soldati e senatori ‘vanno in pensione’. I secondi, per la precisione, hanno diritto di non presentarsi più in senato dal sessantesimo anno d’età. Ora, Seneca Padre (contr. 1.8.4) fa la stessa osservazione, ma l’età indicata nel testo è diversa, 65 anni anziché 60. I commentatori segnalano la discrepanza, che è risolvibile però solo tramite illazioni, come quella di un’evoluzione della norma in senso più restrittivo, sotto Claudio o prima, di cui non abbiamo altre attestazioni52. Sen. cons. 17.1 testo 19. Linguaggio colorito e reazioni viscerali in senato, di cui abbiamo tante attestazioni nell’epistolario ciceroniano, non erano venute meno nemmeno in età imperiale: oltre ad alcune lettere di Plinio53, lo certifica anche Seneca, che riporta come un’esperienza diretta l’immaginifica ironia rivolta da un Corbulone al genero di Ovidio, Cornelio Fido (RE Cornelius n° 153), noto solo da questo episodio. Il fatto è databile solo ipoteticamente: terminus post quem certo è 50  «Si ha la netta impressione che Seneca, in un contesto nel quale mostra un’inconsueta indulgenza per le attività ricreative, senta il bisogno di dar garanzia al lettore della loro accettabilità morale appellandosi all’autorità degli antichi» (Costa, Rappresentazione del passato 2013, 62). 51  O’Brien Moore, Senatus 1935, 702, seguito da Lanzarone, De providentia 2008, 343, riporta anche Liv. 22.7.14 tra le attestazioni dell’attività ab orto usque ad occidentem solem, ma a mio avviso a torto: la notizia, infatti, sembra indicare un’innovazione eccezionale, giustificata dalla gravità della situazione (susseguente alla sconfitta del Trasimeno nel 217 a. C.) più che non una procedura consueta; Gellio, inoltre, afferma solo che le decisioni senatoriali venivano invalidate se prese prima dell’alba o dopo il tramonto (14.7.8); dell’assenza della ‘pausa pranzo’ prov. 5.4 resta quindi l’unica fonte. 52  Cfr. Mommsen, Römisches Staatsrecht III.2 1888, 917 n. 2 («Vielleicht ist die Altersbefreiung von Augustus auf das 65., dann unter oder vor Claudius auf das 60. Jahr angesetzt worden»); McAlindon, The Senator’s Retiring Age 1957, 108 («The measure exempting the 60–65 age-group from compulsory attendance can be attributed with greatest probability to Claudius, since it is, in the first place, completely consonant with his object of regularity and efficiency»); Ramondetti, Dialoghi 1999, 774. L’ipotesi alternativa di una indicazione volutamente generica e imprecisa da parte di Seneca Filosofo o di Publio Asprenate, il retore citato da Seneca padre, è altrettanto gratuita. Troppo generico appare infine il rinvio a Quint. decl. min. 306.16, est praecipuum ius senectutis, quoniam non omnia subit omnis aetas: non perpetuo senatorem citat consul; est sua legationibus requies. Cum hos habueris annos, iam non militabis. 53  Cfr. in generale Badel, Lecture sonore 2012. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018. 439.

(15) 440. Ermanno Malaspina. solo il 34 circa, quando Seneca entrò in Senato54. Se però aggiungiamo che nell’11 d. C. la figlia di Ovidio era già sposata in seconde nozze e madre dal primo e dal secondo marito55, appare più verosimile collocare il convicium in senato tra il 34 e il 41, anno dell’esilio di Seneca, che non dopo il suo ritorno o più tardi ancora56. Il personaggio di Corbulo citato da Seneca purtroppo non aiuta: mentre infatti alcuni danno per scontata l’identificazione con il famoso generale Gneo Domizio Corbulone, fatto uccidere da Nerone nel 67 (RE Domitius n° 50)57, senza citare altre opzioni, non si può invece escludere che l’episodio riguardi il di lui padre omonimo (RE Domitius n° 49), nato intorno al 30 a. C.58 e quindi coetaneo di Cornelio Fido. Sen. beat. 2.1 testo 20 + ep. 8.6 testo 21 + ep. 21.9 testo 22 + ep. 47.10 testo 23 + ep. 66.41 testo 25. Concludo questa sezione con cinque brevi notazioni di colore: secondo Mommsen e Volterra, beat. 2.1 sarebbe l’unica fonte a conservarci la formula esatta con cui si proclamavano i risultati della votazione per discessionem59; ep. 8.6 dimostra la persistenza dell’abitudine di fare campagna elettorale in senato, un’abitudine che Seneca presenta come esempio delle occupationes futili, di cui chi è interessato alla sapienza deve saper fare a meno, insieme con altre due azioni legali di tipo prettamente sociale, cioè la prestazione di garanzia in tribunale e alla. 54 Cfr. supra n. 39; a ciò si aggiungono i problemi di datazione del De constantia sapientis (anni 47–63, forse 54–59, secondo Marshall, Works and Dates 2014). 55 Ov. tr. 4, 10.75 s., filia me mea bis prima fecunda iuventa, / sed non ex uno coniuge, fecit avum. 56  Datazione proposta anche da Townend, Traces in Dio Cassius 1961, 235. 57 Così e. g. Ramondetti, Dialoghi 1999, 211; cfr. Tac. ann. 13–14 per il proconsolato in Asia nel 51–52, sul quale Traina, Sulla fortuna di Domizio Corbulone 1996, 491–496; cfr. anche Balbo, I frammenti degli oratori 2007, 346–349 n. 27. 58  Così Kavanagh, The Elder Corbulo 2004, 379, che però non si pronuncia sull’episodio di cons. 17.1. Stein, Domitius 1905, 1425 s. e la PIR2, C 1350, invece, propendono in modo risoluto per l’identificazione con Corbulone padre; Stein inoltre mette persuasivamente in relazione l’offesa a Cornelio Fido con altri screzi registrati da Tac. ann. 3.31, screzi che Kavanagh, The Elder Corbulo 2004, 381–384 fa derivare a sua volta dall’ostilità del senato per l’origine gallica di Corbulone padre che Kavanagh stesso sostiene. Il quadro è certamente plausibile, ma è anche vero che Corbulone figlio, a differenza del padre, ebbe una carriera rapidissima ed era già console prima del 46 (forse nel 39, ma l’attribuzione della magistratura è contesa appunto tra padre e figlio), quindi poteva essere già in senato negli anni 34–41, ancorché con una notevole differenza d’età rispetto a Cornelio Fido. Va ricordato per correttezza che la ricostruzione di Kavanagh è diametralmente opposta rispetto a quella molto autorevole di Syme, Domitius Corbulo 1970, 34–36 (accolta anche da Traina, Sulla fortuna di Domizio Corbulone 1996, 496), che riteneva la famiglia dei Domizi Corbuloni italica e originaria della regione di Peltuinum (odierno Abruzzo), sostenendo (36 n. 50) l’identificazione del Corbulo di cons. 17.1 con il padre (così anche Townend, Traces in Dio Cassius 1961, 235). 59 Mommsen, Römisches Staatsrecht III.2 1888, 992 n. 4; 993 n. 5; Volterra, Senatus consulta 1969, 216 s.: «Terminata la votazione, il presidente comunica il risultato con le parole haec pars maior videtur. | La sententia adottata diviene in tal modo senatoconsulto, ove da un magistrato avente pari grado del proponente o da un tribuno non sia stata opposta l’intercessio». This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(16) Ex senatus consultis plebisque scitis saeva exercentur et publice iubentur vetata privatim. sigla di un testamento60. Ep. 21.9 e 66.41 testimoniano invece il traslato di comuni formule tecniche del linguaggio giuridico relative alle procedure senatoriali, come sententiam sequi, dividere sententiam e in sententiam ire61. Quel che è peculiare è proprio che esse siano usate in un simile con la filosofia e con le virtù62. Infine, ep. 47.10 ricorda che l’accesso alla carriera senatoriale era possibile anche tramite il servizio militare, citando coloro che morirono a Teutoburgo, senatorium per militiam auspicantes gradum.. IV. Il passato repubblicano del senato Il rapporto di Seneca con il passato costituisce un tema assai vasto e insieme estraneo ai nostri fini: mi limito quindi alle occorrenze in cui i praeterita tempora sono chiamati in causa in relazione con il senato63. Nel quadro topico della laudatio temporis acti, in cui si amalgamano il moralismo romano tradizionalista e la filosofia stoica della storia, ci si aspetterebbe di trovare un ricordo idealizzato del senato dei ‘bei tempi antichi’64. Seneca invece ne tratteggia preferibilmente un quadro negativo, caratterizzato dalla corruzione e dalla violenza. Nel ricordo delle stragi e delle proscrizioni, emblema della crudeltà delle guerre civili e di Silla in particolare, è possibile trovare espressamente chiamato in causa il senato: oltre a clem. 1.12.2 testo 7, si veda anche prov. 3.765. Sen. ira 3.2.4 testo 27. Similmente, alcuni fatti storici significativi di Roma sono ricondotti alla spinta irrazionale delle passioni: è il caso sia delle lotte tra patrizi e plebei (dissedit plebs tota cum patribus) sia dell’uccisione dei Gracchi, rappresentata. 60  Cfr. Mommsen, Römisches Staatsrecht III.2 1888, 937. 61 Per pedibus in sententiam ire cfr. apoc. 11.6, cit. supra n. 46; per senatum legere cfr. ben. 2.21.6, cit. infra testi 34. Volterra, Senatus consulta 1969, 216 a proposito di sententiam dividere ricorda anche beat. 3.2 (cfr. infra n. 84), passo in cui Mommsen, Römisches Staatsrecht III.2 1888, 979 n. 3 individua anche la formula tecnica per «einen anderen Antrag stellen» (hoc amplius censeo), che si ritrova anche in Plin. ep. 4.9.20 all’interno della descrizione di una seduta del senato. 62  Il contributo più recente su questi aspetti della lingua di Seneca è Armisen-Marchetti, Seneca’s images and metaphors 2015. In ep. 21.9 il senato è visto come un luogo di libertà, in parallelo con l’eclettismo filosofico verso l’epicureismo (cfr. Costa, Rappresentazione del passato 2013, 112); ep. 66.41 è un evidente richiamo alla ἀντακολουθία τῶν ἀρετῶν. 63  In generale cfr. Mayer, Roman Historical exempla 1991 e la recente monografia di Stefano Costa (Costa, Rappresentazione del passato 2013). 64  Come si trova in altri autori, ben individuati da Costa, Rappresentazione del passato 2013, 31 n. 76 in relazione ad Helv. 10 (ove appunto il senato non è citato a proposito del «rimpianto nostalgico del passato»). 65 Cit. infra n. 86. Si veda anche ep. 97.6–7 testo 12 per un esempio della corruzione. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018. 441.

(17) 442. Ermanno Malaspina. in modo retoricamente espressivo: in quest’ottica il senato non si differenzia per nulla dalle altre istituzioni di Roma, perché l’ira è vizio che non conosce confini66. Sen. Marc. 20.4 testo 26 + ep. 71.9 testo 28. Non manca tuttavia anche la visione opposta, elogiativa67: nell’allure ancora repubblicana, come è stato notato68, dell’Ad Marciam, il senato viene rappresentato, quasi parenteticamente, come il campione ultimo e sconfitto degli ideali repubblicani della libertà69. L’esempio, che deriva da Cic. Tusc. 1.86, si ripresenta con formulazione molto simile anche in ep. 71.9, al termine della carriera letteraria di Seneca e quando ormai il rimpianto per la repubblica si era stemperato in un più sistematico addio alla politica attiva.. V. Giudizio sul senato e i senatori Apoc. 14.1 testo 29. Nell’Apocolocintosi il bersaglio polemico di Seneca è uno solo, Claudio, e di conseguenza i senatori, se citati, non possono che essere delle vittime: è il caso dell’atto d’accusa (subscriptio) presentato ad Eaco, giudice infernale, in cui è segnalata l’uccisione di senatori, cavalieri e semplici cittadini per ordine dell’imperatore70. Sen. tranq. 11.11 testo 30 La citazione di L. Elio Seiano (RE Aelius n° 133) nel De tranquilliate animi è un exemplum storico volto a chiarire il senso della sententia moralistica Scito ergo omnem condicionem versabilem esse et quidquid in ullum incurrit posse in te quoque incurrere (tranq. 11.11). La sua caduta il 18 ottobre 31 (Tac. ann. 6.25), tanto improvvisa quanto forte, articolata e all’apparenza duratura era stata sino ad allora la sua influenza in tutti i gangli del potere, è un esempio quasi scontato della Fortuna illa, quae ludos sibi facit (tranq. 11.5). Altre fonti raccontano con dovizia di particolari la cronistoria di quella giornata e i luoghi in cui Seiano fu portato prima di essere ucciso71; comune è anche la riflessione moralistica sul rapido cambio di atteggiamento dei Romani, dalla piaggeria al vilipendio72. Seneca, invece, è più. 66  Viri feminae, senes pueri, principes vulgusque consensere, ira 3.2.3. 67  Già alcuni dei passi sopra esaminati sono significativi da questo punto di vista, Helv. 12.6 testo 3; nat. 1.17.8–9 testo 10; Helv. 16.1 testo 13; ep. 63.13 testo 24. 68 Letta, Seneca tra politica e potere 1998, 54; Costa, Rappresentazione del passato 2013, 7–24. 69  Il contesto parenetico intende mostrare a Marcia come un funus acerbum possa essere preferibile ad una morte in tarda età proprio con l’esempio di Pompeo: Cogita quantum boni opportuna mors habeat, quam multis diutius vixisse nocuerit (Marc. 20.1). Sul passo si veda Ficca, Seneca e il concetto di mors opportuna 1999 e Ramondetti, Dialoghi 1999, 518–521. 70 In apoc. 10.3 Augusto aveva citato la propensione all’omicidio in modo più generico e senza parlare di senatori, tam facile homines occidebat quam canis adsidit. 71  Passi già individuati da von Rohden, Aelius 1894, 530. 72 Cfr. e. g. Iuv. 10.56–107 e D. C. 58.11.4–5. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(18) Ex senatus consultis plebisque scitis saeva exercentur et publice iubentur vetata privatim. essenziale e si concentra sul senato colto nell’attività adulatoria del deducere73, che precede di poco lo scempio fatto dal popolo. Sen. ep. 95.30–32 testo 31. Con tutte queste premesse, non stupisce che Seneca, quando parla del senato della sua epoca, non esprima di solito un giudizio positivo. Certo, egli conosce esempi di senatori onesti, come Giulio Grecino, alle prese con altri invece corrotti (Fabio Persico, Caninio Rebilo) sotto Caligola74, imperatore la cui crudeltà verso i senatori supera qualsiasi critica alla classe senatoriale e pervade numerose pagine, come ira 3.18.3–19.2 e ben. 2.1275. Tra i nova exempla dell’età imperiale ve ne sono di ‘paradossali’ come Gaio Cosso, politico considerato affidabile da Augusto e Tiberio, anche se tanto dissoluto da addormentarsi in senato per ubriachezza76. Tra i senatori del tempo di Clodio e di quello di Caligola, in sintesi, non paiono esserci differenze assiologiche né evoluzioni: la sapientia dell’età dell’oro, anch’essa sottoposta a critiche profonde nell’ep. 9077, non prevede comunque istituzioni politiche e da quando invece esse sono state introdotte i senatori sono soggetti alla corruzione e al vizio come chiunque altro; esempi positivi, per contro, possono nascervi in qualunque momento78. Ma Seneca non si ferma a questa riflessione sui singoli e aggiunge un ragionamento più socio-politico, con cui mi piace concludere quest’articolo, prima del breve excursus sulla spuria Octavia e dell’Appendice con tutti i testi. In ep. 95.30–32 il discorso si allarga a quella che oggi chiameremmo ‘ragion di stato’ e alle conseguenti nefandezze accettate paradossalmente proprio perché perpetrate in massa e pubblicamente: non stupisce qui la critica pacifista alla guerra, gloriosum scelus, mentre più forte e insolita è la critica alle decisioni delle istituzioni civili ufficiali. La scelta di citare gli organi costituzionali dei senatus consulta e più ancora degli ormai desueti plebis scita (a differenza del passo più generico di ira 2.9.3, pro gloria habita quae, quam diu opprimi possunt, scelera sunt) è, da una parte, volutamente démodé e dissimula in modo facile da smascherare le responsabilità dei principi, veri detentori del potere; dall’altra, però, contribuisce a mantenere la sententia in un’aura atemporale e a non farle perdere il 73  «Il senato gli aveva fatto corteggio» (trad. Ramondetti). 74  Ben. 2.21.5–6 testi 34. 75  testi 34, cfr. nn. 81 e 88. 76  Ep. 83.15 testi 34, cfr. n. 94. Ottima analisi del personaggio in Costa, Rappresentazione del passato 2013, 292 s. 77  Cfr. da ultimo Zago, Sapienza filosofica 2012. 78 Costa, Rappresentazione del passato 2013, 295: «Con i nova exempla dunque il filosofo intende mostrare la varietà di situazioni in cui si può manifestare la virtù, molto più che tracciare un quadro di precisa corrispondenza tra la morale di un tempo e quella di oggi. Quando porta l’attenzione del lettore verso una dimostrazione di virtù fornita da un contemporaneo (come da un gladiatore, da un servo, da un fanciullo, da un uomo altrimenti imbelle), Seneca vuole semplicemente mettere in evidenza quanto quella virtù sia a portata di mano, dal momento che anche un uomo dei suoi tempi (così come anche un gladiatore ecc.) è stato in grado di darne prova». This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018. 443.

(19) 444. Ermanno Malaspina. valore di monito che deve superare le contingenze politiche e, se possibile, essere incisiva anche verso il nostro tempo.. VI. L’Octavia Sen. Oct. 486–488 testo 32 + 492–494 testo 33. Nel discorso di Seneca (472 ss.), che come è noto ricalca concettualmente i principi esposti nel De clementia79, questi espone a Nerone la saggezza politica del comportamento temperante ed evidenzia la differenza di condizione rispetto a Augusto, ‘costretto’ alla violenza per prendere il potere, mentre Nerone vive nel consenso di tutti gli ordini sociali (486–488). Nerone risponde invece che, come Roma, così il senato è schiavo (servit) dell’imperatore (492–494): rispetto alla citazione di tutti gli ordini sociali da parte di Seneca, che rispetta l’immagine ‘augustea’ dei discorsi tacitiani più che il De clementia80, Nerone fissa nell’endiadi Roma et senatus con verbo al singolare l’identificazione dell’ordine più autorevole con la città tutta.. 79  Per limitarci ad un esempio, cfr. Oct. 488–489, generis humani arbiter / electus che riprende clem. 1.1.2, Egone ex omnibus mortalibus placui electusque sum, qui in terris deorum vice fungerer? Ego vitae necisque gentibus arbiter. Bibliografia in Malaspina, Seneca, La clemenza 2009, 76 n. 197. 80 Cfr. supra n. 16. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(20) Ex senatus consultis plebisque scitis saeva exercentur et publice iubentur vetata privatim. Appendice II. Il contributo di Seneca alla palingenesi: passi in cui un’attività senatoria è citata esplicitamente 1. Sen. Helv. 9.6: Illi quidem [sc. M. Marcello] reditum inpetravit senatus publicis precibus. b. Cic. fam. 4.4.3–4; 6.6.10. 2. Sen. Helv. 12.5: Atilius Regulus, cum Poenos in Africa funderet, ad senatum scripsit mercennarium suum discessisse et ab eo desertum esse rus, quod senatui publice curari dum abesset Regulus placuit. b. Liv. Per. 18: Atilius Regulus … cum … successorque ei a senatu prospere bellum gerenti non mitteretur, id ipsum per litteras ad senatum scriptas questus est, in quibus inter causas petendi successoris <erat>, quod agellus eius a mercennariis desertus esset. c. Val. Max. 4.4.6: Consulibus scripsit [sc. Atilius Regulus] vilicum in agello, quem vii iugerum in Pupinia habebat, mortuum esse, occasionemque nanctum mercennarium amoto inde rustico instrumento discessisse, ideoque petere ut sibi successor mitteretur, ne deserto agro non esset unde uxor ac liberi sui alerentur. Quae postquam senatus a consulibus accepit, et agrum Atili ilico colendum locari et alimenta coniugi eius ac liberis praeberi resque, quas amiserat, redimi publice iussit. 3. Sen. Helv. 12.6: Scipionis filiae ex aerario dotem acceperunt, quia nihil illis reliquerat pater: aequum mehercules erat populum Romanum tributum Scipioni semel conferre, cum a Carthagine semper exigeret. O felices viros puellarum quibus populus Romanus loco soceri fuit! Beatioresne istos putas quorum pantomimae deciens sestertio nubunt quam Scipionem, cuius liberi a senatu, tutore suo, in dotem aes grave acceperunt? b. Val. Max. 4.4.10: Cum secundo Punico bello Cn. Scipio ex Hispania senatui scripsisset petens ut sibi successor mitteretur, quia filiam virginem adultae iam aetatis haberet, neque ei sine se dos expediri posset, senatus, ne res publica bono duce careret, patris sibi partes desumpsit consilioque uxoris ac propinquorum Scipionis constituta dote summam eius ex aerario erogavit ac puellam nuptum dedit. 4. Sen. Pol. 13.2: Nec enim sic [sc. Claudius] me deiecit ut nollet erigere, immo ne deiecit quidem, sed inpulsum a fortuna et cadentem sustinuit et in praeceps euntem leniter divinae manus usus moderatione deposuit: deprecatus est pro me senatum et vitam mihi non tantum dedit sed etiam petît. b.  D. C. 60.8.5: αὕτη [scil. Μεσσαλίνη] μὲν γὰρ τὴν Ἰουλίαν τὴν ἀδελφιδῆν αὐτοῦ, ὀργισθεῖσά τε ἅμα ὅτι μήτε ἐτιμᾶτο ὑπ᾿ αὐτῆς μήτε ἐκολακεύετο, καὶ ζηλοτυπήσασα ὅτι περικαλλής τε ἦν καὶ μόνη τῷ Κλαυδίῳ πολλάκις συνεγίγνετο, ἐξώρισεν, ἐγκλήματα αὐτῇ ἄλλα τε καὶ μοιχείας παρασκευάσασα, ἐφ᾿ ᾗ καὶ ὁ Σενέκας ὁ Ἀνναῖος ἔφυγε, καὶ ὕστερόν γε οὐ πολλῷ καὶ ἀπέκτεινεν αὐτήν. 5. Sen. apoc. 1.2: Si necesse fuerit auctorem producere, quaerito ab eo qui Drusillam euntem in caelum vidit: idem Claudium vidisse se dicet iter facientem ‘non passibus aequis’. Velit nolit, necesse est illi omnia videre quae in caelo aguntur: Appiae viae curator est, qua scis et divum Augustum et Tiberium Caesarem ad deos isse. hunc si interrogaveris, soli narrabit: coram pluribus numquam verbum faciet. Nam ex quo in This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018. 445.

(21) 446. Ermanno Malaspina. senatu iuravit se Drusillam vidisse caelum ascendentem et illi pro tam bono nuntio nemo credidit quod [S, quid VL] viderit verbis conceptis affirmavit se non indicaturum etiam si in medio foro hominem occisum vidisset. b. D. C. 59.11.4: Λίουιός τέ τις Γεμίνιος βουλευτὴς ἔς τε τὸν οὐρανὸν αὐτὴν ἀναβαίνουσαν καὶ τοῖς θεοῖς συγγιγνομένην ἑορακέναι ὤμοσεν, ἐξώλειαν καὶ ἑαυτῷ καὶ τοῖς παισίν, εἰ ψεύδοιτο, ἐπαρασάμενος τῇ τε τῶν ἄλλων θεῶν ἐπιμαρτυρίᾳ καὶ τῇ αὐτῆς ἐκείνης· ἐφ᾿ ᾧ πέντε καὶ εἴκοσι μυριάδας ἔλαβε. c. Schol. Iuv. 5.109: Hic [scil. Seneca] sub Claudio quasi conscius adulteriorum Iuliae Germanici filiae, in Corsicam relegatus, post triennium revocatus est. 6. Sen. apoc. 13.4–5: Erat C. Silius consul designatus, Iuncus praetorius … . 5. Cito rumor percrebuit Claudium venisse. Convolant primi omnium liberti … Deinde praefecti duo Iustus Catonius et Rufrius Pollio. Deinde amici Saturninus Lusius et Pedo Pompeius et Lupus et Celer Asinius consulares. Novissime fratris filia, sororis filia, generi, soceri, socrus, omnes plane consanguinei. 7. Sen. clem. 1.12.2: Quis tamen umquam tyrannus tam avide humanum sanguinem bibit quam ille, qui septem milia civium Romanorum contrucidari iussit et, cum in vicino ad aedem Bellonae sedens exaudisset conclamationem tot milium sub gladio gementium, exterrito senatu: ‘Hoc agamus – inquit – P. C.; seditiosi pauculi meo iussu occiduntur’? b. Plut. Sul. 30.3: Κραυγῆς δέ, ὡς εἰκός, ἐν χωρίῳ μικρῷ τοσούτων σφαττομένων φερομένης καὶ τῶν συγκλητικῶν ἐκπλαγέντων, ὥσπερ ἐτύγχανε λέγων ἀτρέπτῳ καὶ καθεστηκότι τῷ προσώπῳ προσέχειν ἐκέλευσεν αὐτοὺς τῷ λόγῳ, τὰ δ᾿ ἔξω γινόμενα μὴ πολυπραγμονεῖν· νουθετεῖσθαι γὰρ αὐτοῦ κελεύσαντος ἐνίους τῶν πονηρῶν. 8. Sen. clem. 1.24.1: Dicta est aliquando <in> senatu sententia, ut servos a liberis cultus distingueret; deinde apparuit, quantum periculum immineret si servi nostri numerare nos coepissent. b. Tac. ann. 13.27: Si separarentur libertini, manifestam fore penuriam ingenuorum. c. SHA Alex. Sev. 27.1–2: In animo habuit omnibus officiis genus vestium proprium dare et omnibus dignitatibus, ut a vestitu dinoscerentur, et omnibus servis, ut in populo possent agnosci, ne qui<s> seditiosus esset, simul ne servi ingenuis miscerentur. Sed hoc Ulpiano Pauloque displicuit dicentibus plurimum rixarum fore, si <quidem> facile<s> essent homines ad iniurias. Tum satis esse constituit, ut equites Romani a senatoribus clavi qualitate discernerentur. 9. Sen. ben. 2.7.2–8.1: Ti. Caesar rogatus a Nepote Mario praetorio, ut aeri alieno eius succurreret, edere illum sibi nomina creditorum iussit; hoc non est donare sed creditores convocare. Cum edita essent, scripsit Nepoti iussisse se pecuniam solvi adiecta contumeliosa admonitione; effecit ut Nepos nec aes alienum haberet nec beneficium: liberavit illum a creditoribus, sibi non obligavit. Aliquid Tiberius secutus est; puto, noluit plures esse, qui idem rogaturi concurrerent. Ista fortasse efficax ratio fuerit ad hominum inprobas cupiditates pudore reprimendas, beneficium vero danti tota alia sequenda est via. Omni genere, quod des, quo sit acceptatius, adornandum est; hoc vero non est beneficium dare, deprehendere est. 8. Et ut in transitu de hac quoque parte This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

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