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The art of doing nothing. Il procedimento di selezione dei ricorsi presso la Corte Suprema americana.

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

THE ART OF DOING NOTHING.

IL PROCEDIMENTO DI SELEZIONE DEI RICORSI PRESSO LA CORTE SUPREMA AMERICANA

Candidato Relatore

Rachele Matteoli Prof. Paolo Passaglia

(2)

A Giuliano che è stato con me fino alla fine.

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Indice

Introduzione 1

CAPITOLO I

RATIO, ORIGINI ED EVOLUZIONE DEL WRIT OF CERTIORARI

1. La Corte suprema e l’esigenza di case selection 3 2. Il potere di selezione dei casi alla luce della tradizione di

common law 6

3. Radici e sviluppi: i prerogative writs inglesi e la ricezione

nell’esperienza americana 9 3.1. I prerogative writs 9 3.2. L’introduzione nell’ordinamento statunitense: dal

common law certiorari allo statutory certiorari 11

CAPITOLO II

IL PROCEDIMENTO IN SEDE DI CASE SELECTION

1. Premessa 20 2. Gli atti introduttivi 21

2.1. La petition e il brief in opposition 21 2.2. Figure a sostegno del cert: gli amici curiae e

i repeat players 24 3. La fase preparatoria: i law clerks 26 4. La discuss list e la friday conference 32 4.1. Le modalità decisorie in sede di conference 35

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4.1.1. La rule of four 35 4.1.2. Le altre regole: la rule of five, la join three rule,

la hold rule e la rule of six 39 4.2. La decisione 41 4.2.1. Il significato del diniego del certiorari. Le prassi

del dissenting from denial e dell’opinion respecting

the denial 44

4.3. Il limited grant of certiorari 53 4.4. Una decisione preventiva: il certiorari before judgment. 54

CAPITOLO III

I CRITERI UTILIZZATI PER LA SELEZIONE

1. A matter of feel 63

2. Presumption against a grant e case fungibility 64 3. I criteri utilizzati in sede di case selection 65 3.1. I criteri formali 66 3.2. I criteri sostanziali negativi 67 3.3. I criteri sostanziali positivi 74 3.3.1. La S.C.R. 10 74 3.3.2. Gli altri parametri 84 3.4. Comportamenti strategici: i defensive denials e

gli aggressive grants 87

4. Un altro strumento di non decisione: le

doctrines of justiciability 89

4.1. La nozione di standing e il suo utilizzo strumentale 93

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4.2. La ripeness 97 4.3. La mootness 98 4.4. La teoria della political question 101

CAPITOLO IV

LA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA E IL POTERE DI SELEZIONE DEI CASI

1. Compatibilità della case selection con i sistemi di civil law 105 2. La Corte costituzionale italiana 108 2.1. Lo smaltimento dell’arretrato 108

2.1.1. Il ribaltamento della regola della convocazione della Corte in udienza pubblica; il rafforzamento dei poteri presidenziali e la specializzazione dei

relatori 109 2.1.2. L’utilizzo strategico delle decisioni di manifesta

infondatezza e manifesta inammissibilità 116 2.2. Il processo costituzionale e il ruolo della Corte dopo lo

smaltimento dell’arretrato 119

Conclusioni 131

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Introduzione

Il problema del carico di lavoro affligge la Corte suprema fin dagli inizi del secolo scorso; sono collegati, non a caso, alla necessità di tutelarsi dal sovraccarico la progressiva espansione della giurisdizione discrezionale a scapito di quella obbligatoria e il conseguente affermarsi del writ of certiorari come principale mezzo di accesso alla Corte. Si tratta di un fenomeno che non deve stupire gli osservatori di civil law, in quanto, come si vedrà nel primo capitolo, la discrezionalità sul “se decidere” può dirsi connaturata alla tradizione giuridica di common law, avendone segnato le origini. Se in principio si trattava di uno strumento forgiato per alleggerire la pressione del docket, in seguito il writ of certiorari si è rivelato in grado di prestarsi a scopi di natura politico-strategica. Ciò è stato possibile principalmente grazie alla scarsità e alla genericità della disciplina che detta i criteri per la selezione dei casi, in quanto il solo riferimento normativo a disposizione proviene dalle norme interne della Corte, ed è stata la dottrina, avvalendosi dei papers pubblicati da alcuni Justices, a cercare di far luce sugli standards utilizzati dalla Corte in sede di case selection. Tuttavia, il writ of certiorari non è il solo strumento che la Corte ha a disposizione per aggirare casi scottanti o politicamente non maturi: meno utilizzate, ma parimenti importanti sono le doctrines of justiciability, formula nella quale trova espressione una teoria intesa ad indicare i confini della competenza giurisdizionale dei giudici federali, sviluppata sulla base dell’elaborazione giurisprudenziale del

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limite del “case or controversy” posto dall’art. III della Costituzione al potere di adjudication dei giudici federali. Tra le doctrines sono ricompresi i concetti di standing, ripeness, mootness e political question; i contenuti e le applicazioni di tali nozioni verranno approfonditi nel terzo capitolo. Da ultimo, si è scelto di soffermarsi in una riflessione comparativa con la Corte costituzionale italiana. La consapevolezza della diversità tra i due modelli è difficile da aggirare, fosse solo per il fatto che la Corte suprema americana è contemporaneamente al vertice della giurisdizione ordinaria e interprete ultimo della Carta fondamentale, mentre nel nostro sistema si distingue tra ultimo grado di giudizio e giudice delle leggi. Inoltre, principio fondante del nostro sistema è l’obbligo del giudice a pronunciarsi; diversa, nel sistema americano, è la nozione di giurisdizione. Un raffronto approfondito tra le due esperienze, dunque, sarebbe estremamente complesso e articolato, ed infatti non è lo scopo della presente ricerca, che ha un intento molto più limitato. Tuttavia, è curioso osservare come, in risposta alla medesima emergenza di smaltimento dei ricorsi, anche presso la Corte costituzionale italiana abbia iniziato ad operare un meccanismo di selezione dei casi, seppur taciuto. Dal confronto delle conseguenze che l’esercizio del potere di selezione dei casi ha prodotto sui processi davanti alle summenzionate Corti sono emersi profili di sicura affinità, che meritano di essere approfonditi.

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CAPITOLO I

Ratio, origini ed evoluzione del writ of certiorari

1. La Corte suprema e l’esigenza di case selection

Il writ of certiorari costituisce attualmente l’unica via di accesso alla Corte suprema1. Tra il vasto strumentario a disposizione della massima

istanza federale, esso rappresenta il mezzo principe2 utilizzato dalla

Corte nell’attività di selezione dei casi, momento in cui si manifesta il potere discrezionale del giudice di scegliere se aprire o meno la porta della piena review3. L’importanza della definizione della propria

agenda rileva sotto un duplice profilo. Di fatto, il diniego del writ, nato per tutelare la Corte dal sovraccarico di ricorsi, ha successivamente rivelato notevoli potenzialità politico-strategiche4, permettendole di

affermare la sua funzione nomofilattica e di policymaking attraverso la scelta di non affrontare questioni controverse, non politicamente mature o poco idonee a costituire un “buon veicolo” per una uniforme e corretta evoluzione del diritto federale. In questa prospettiva, l’aspetto quantitativo è sicuramente legato a quello qualitativo, in quanto si tratta di consentire alla Corte, attraverso il contrasto ad un docket ipertrofico, l’efficace svolgimento dei compiti che le sono

1 V.BARSOTTI, L’arte di tacere. Strumenti e tecniche di non decisione della Corte

suprema degli Stati Uniti, Giappichelli, Torino,1999, p.78.

2 V.BARSOTTI, L’arte di tacere, cit., p.62.

3 Barsotti parla a questo proposito di discrezionalità “se” decidere e la distingue dalla

discrezionalità “nel” decidere, logicamente successiva alla prima in quanto afferente al momento interpretativo. V.BARSOTTI, L’arte di tacere, p. 1 ss.

4 F.TIRIO, Il writ of certiorari davanti alla Corte Suprema. Principi, strategie,

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tradizionalmente propri5. Del resto, il writ of certiorari si afferma

principalmente come risposta del legislatore – spinto in un’occasione dalla Corte stessa6 - al problema del crescente aumento dei ricorsi7; un

eccessivo carico di lavoro è infatti all’origine di disfunzioni quali l’inutile dispendio di risorse e l’estrema lentezza del procedimento, conseguenza a cui, data la necessità di pronunciare un elevato numero di sentenze, spesso possono accompagnarsi pronunce incerte e poco ponderate. Quanto alla funzione di indirizzo politico, il diniego del writ, unitamente alle altre virtù passive8, ricopre una posizione di

primo piano nel definire il ruolo della Corte nel sistema, consentendole non solo di rimettere alle istituzioni politiche la soluzione di questioni particolarmente controverse ma anche di calibrare le circostanze e i modi del proprio intervento, favorendo il dialogo tra i diversi attori della società democratica in attesa che da questo scaturiscano i

5 F.TIRIO cita le conclusioni della commissione di studi Freund, secondo la quale

“qualsiasi accertamento relativo al carico di lavoro della Corte sarà influenzato dalla concezione posseduta circa le corrette funzioni possedute dalla Corte nel nostro sistema giudiziario e nella nostra vita nazionale. Noi accettiamo e avalliamo l’idea che la Corte non sia semplicemente un’altra corte di appello per la correzione di errori di diritto. Il suo ruolo è essenziale e distinto nel nostro ordinamento giuridico-costituzionale: definire e tutelare i diritti costituzionali, assicurare l’uniformità della legge federale e conservare la distribuzione costituzionale dei poteri dell’unione federale”. Cfr. Il writ of certiorari, pp. 18-19.

6 Ci si riferisce al Judges’ Bill promosso dal Chief Justice Taft. Sul punto, v. infra,

§3.2.

7 Barsotti afferma come la Corte stessa possa mandare segnali alle varie categorie di

litigants influendo sul numero e sul tipo dei ricorsi: “alcuni dei ricorrenti

tradizionalmente più attivi, ossia coloro che dalla fine degli anni cinquanta fino ai primi anni ottanta provocavano le pronunce di una Corte sempre pronta all’affermazione di nuove esigenze, si sono successivamente astenuti dallo stimolare le decisioni di una Corte diversa e a loro presumibilmente sfavorevole”. Sul punto, v.

L’arte di tacere, p.91.

8 A.Bickel definisce così le tecniche con le quali la Corte suprema esercita il potere

di non decisione, strumenti virtuosi che consentono alla Corte, vista come “countermajoritan institution”, di esercitare un restraint utile a superare le difficoltà legate alla ritenuta mancanza di legittimazione democratica del giudice costituzionale. Circa il pensiero di Bickel, si veda A.BICKEL, The least dangerous

Branch, Yale University Press, 1962; ID., The Supreme Court and the idea of progress, Yale University press, 1978.

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presupposti per una decisione di vasta portata e applicazione. Un simile, prudente atteggiamento di restraint va a beneficio non solo dell’effettività9 delle pronunce, ma anche e conseguentemente della

conservazione del proprio capitale di legittimazione10 e prestigio.

Notevoli, infatti, sarebbero le perdite in termini di credibilità e obbedienza che deriverebbero alla Corte qualora intendesse pronunciare un eccessivo numero di decisioni importanti in un dato periodo, in quanto correrebbe da un lato il rischio di vederle ineseguite da parte delle istituzioni preposte, dall’altro quello di emettere pronunce non sorrette dai valori che permeano la società11, dunque

sostanzialmente inosservate. Tutti pericoli che, rimanendo in un “constructive silence”12, la Corte prudentemente – e presumibilmente -

riuscirebbe ad evitare.

9 Al riguardo, Bickel utilizza il concetto di “expediency”.

10 Deutsch contesta Bickel e sottolinea come in realtà la delegittimazione possa

derivare non solo dalla pronuncia di sentenze unprincipled, ma anche dal mancato svolgimento del proprio ruolo di garante dei diritti costituzionali. Pertanto, “anche la convalida “principled” nel merito di una legge restrittiva di diritti o lo stesso rifiuto di decidere nel merito un caso restrittivo di diritti costituzionali può talvolta comportare delegittimazione”. Così F.TIRIO, Il writ of certiorari, p.199 ss.

11 Secondo Bickel, l’indagine della corte per la ricerca dei principi deve orientarsi

non solo sui valori attualmente condivisi dalla società ma anche e soprattutto su quelli “in potenza”, che potranno ragionevolmente essere accolti dai consociati in un futuro prossimo.

12 Così C.R. SUNSTEIN, Foreword: Leaving Things Undecided, in 110 Harward

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2. Il potere di selezione dei casi alla luce della tradizione di

common law

Già si è affermato come, al giorno d’oggi, il writ of certiorari sia sostanzialmente l’unico mezzo a disposizione dei litigants per ricorrere alla Corte suprema. Questo risultato, se da una parte costituisce la risposta alle disfunzioni di una Corte oberata di lavoro, dall’altra ben si sposa con l’esperienza di common law, sulla cui strada la discrezionalità in ordine al “se” decidere ha lasciato un’impronta ben definita già a partire dall’esperienza formativa inglese. Di fatto, le corti regie nascono come giurisdizioni di eccezione: il ricorrente non aveva alcun diritto a una pronuncia delle corti di Westminster e per investire della causa delle corti reali doveva prima chiedere al Lord Chancellor il rilascio del writ appropriato13; altrimenti, l’istanza

rimaneva priva di tutela. Si parla in proposito di “No right without a remedy”, un principio così antico da trovare corrispondenza nel brocardo latino “Ubi jus, ibi remedium”. Con le Provisions of Oxford del 1258 viene sottratto al Cancelliere il potere di emanare writs straordinari, ed è in conseguenza della cristallizzazione della lista dei writs e del rigido formalismo del sistema che si afferma in parallelo la giurisdizione di equity, un diritto in principio diverso sia per impostazione metodologica che per ambito di operatività, il cui forte carattere discrezionale è strettamente relazionato alla sua originaria natura alternativo-integrativa rispetto al Common Law. Intorno al XIV

13Così V.VARANO, Organizzazione e garanzie della giustizia civile nell’Inghilterra

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secolo, all’interno di uno stesso ordinamento vengono dunque ad esistere due diritti oggettivi ben separati, l’uno, il Common Law, che guarda alla prassi giudiziaria; l’altro, l’Equity, che applica i principi equitativi di matrice romano-canonica14 e opera negli spazi lasciati

vuoti dal primo15. Con l’approvazione dei Judicature Acts del 1873-75

e la fusione tra gli organi che amministravano le due giurisdizioni la separazione formale tra Common Law ed Equity viene meno, pur restando ferma la sostanziale diversità a livello oggettivo16.

L’equitable remedy17, infatti, continua a risentire della propria origine di rimedio atipico, in quanto la sua concessione dipende da una serie di valutazioni rimesse alla discrezionalità del giudice, tra le quali spicca l’inadeguatezza del rimedio di Common Law18. Ulteriori, importanti elementi a sostegno della tesi sinora sostenuta possono essere rinvenuti indagando in merito al modello inglese di impugnazione. Invero, nel sistema di Common Law non è configurabile un diritto all’appello:

14 In principio, infatti, ricopriva la carica di Cancelliere un soggetto formatosi sulla

dottrina della Chiesa romana. Sarà a partire dalla metà del XVI secolo, con lo scisma anglicano, che i Cancellieri verranno ad essere common lawyers, e di conseguenza ad approcciarsi all’Equity con la logica del precedente. Ciò portò un notevole vantaggio in termini di equilibrio tra Equity e Common Law.

15 “La caratteristica principale del rapporto tra common law e equity è stata fin

dall’origine espressa dalla cancelleria nella formula “equity follows the law”, ossia “l’equity rispetta la common law””. Cfr. VARANO, Organizzazione e garanzie della

giustizia civile nell’Inghilterra moderna, p. 27.

16 Ciò consentì di risolvere il problema legato alla necessità di intentare due azioni

qualora una parte volesse ottenere tanto un rimedio di equity (ad esempio, l’esecuzione in natura del contratto), che un rimedio di common law (in ipotesi, gli interessi per il ritardo nell’esecuzione del medesimo contratto). V.VARANO,

Organizzazione e garanzie, p.33.

17Tra gli equitable remedies Barsotti menziona la specific performance e

l’injunction, soffermandosi in particolare sulla seconda. Segnatamente, si tratta di un ordine della corte di fare o non fare una certa cosa, e la sua portata discrezionale risulta “confermata dalla s. 37(1) del Supreme Court Act del 1981, secondo cui l’injunction può essere accordata quando la corte lo ritenga “just and convenient”. BARSOTTI, L’arte di tacere, p. 238.

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l’impugnazione è vista come mezzo operante in via straordinaria, in quanto potenzialmente in grado di sconvolgere il quadro di fatto determinato dalla giuria19, istituto fondante del processo di Common

Law e che ancora fa sentire tutta la sua influenza20, nonostante essa

nelle cause civili sia pressoché totalmente scomparsa21. Più

precisamente, il giudizio di appello si configura come uno strumento di controllo della sentenza di primo grado in punto di legittimità e giustizia, e la deduzione in giudizio di nuovi mezzi di prova intorno agli stessi fatti oggetto del processo di primo grado è ammessa solo se la parte dimostri di essere stata impossibilitata ad acquisirle in precedenza con l’uso dell’ordinaria diligenza, se la prova, pur non essendo decisiva, ha un’importante influenza sull’esito della causa o se essa appaia verosimile, anche senza essere necessariamente incontrovertibile22. Dunque, si tratta di un secondo grado che si

configura come una semplice review della decisione della corte inferiore, a meno che, a norma della Part 52.11, (1) delle Civil

19 “[…] In rapporto immediato e diretto con le fonti del proprio convincimento e che

si esprimeva attraverso un verdict completamente immotivato”. Cfr. A.TEDOLDI,

L’appello civile, Giappichelli, Torino, 2016, p.29.

20 Varano parla di perdurante “presenza morale” della giuria: ancora oggi, molte

delle caratteristiche fondamentali del processo civile inglese sono strettamente legate a tale istituto. Ad esempio, l’oralità e l’immediatezza che tuttora, pur con qualche temperamento, informano il processo, trovano origine nel fatto che i giurati - soprattutto nei tempi più remoti - erano spesso analfabeti, mentre alla scarsa fiducia nella capacità di discernimento dei giurati devono essere storicamente fatte risalire le

exclusionary rules, regole volte ad escludere l’ammissibilità di determinati mezzi di

prova. Per approfondimenti, VARANO, Organizzazioni e garanzie, p.202 ss.

21 VARANO, Organizzazione e garanzie, p.201, attribuisce l’accelerazione del

declino della giuria alle due guerre mondiali; in particolare durante il primo conflitto, quando la giuria era un istituto ancora precluso alle donne, il Parlamento intervenne per sospendere l’uso della giuria in certe corti o in certi tipi di processo, o per ridurre il numero di giurati necessario.

22 Tali regole sono state enucleate dalla giurisprudenza e confermate dalla House of

Lords nel 1971 con la sentenza Skone v. Skone. Cfr. TEDOLDI, L’appello civile, p.

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Procedure Rules, una “practice direction” non preveda diversamente per una particolare categoria di appello; oppure, viste le circostanze del caso specifico, la corte non consideri opportuno a fini di giustizia procedere con un rehearing, estendendo la cognizione a tutte le questioni oggetto del primo processo.23 Un altro elemento da

sottolineare è che l’appeal inglese è soggetto a limitazioni che possono consistere nel valore della causa o nel preventivo leave del giudice a quo o del giudice ad quem. Si consideri poi ai nostri fini come l’esecutività della pronuncia di primo grado sia immediata: dato, questo, particolarmente eloquente24.

3. Radici e sviluppi: i prerogative writs inglesi e la ricezione nell’esperienza americana

3.1. I prerogative writs

È sufficiente interrogare la storia per rendersi conto di come le radici stesse del certiorari siano intrise di discrezionalità. Il writ of certiorari, infatti, nasce già nel XIII secolo tra i prerogative writs inglesi di origine regia. In particolare, nell’ Inghilterra normanna tali provvedimenti consistevano in ordini coi quali il re, nell’esercizio dei suoi poteri straordinari, poteva controllare i propri feudatari25; tra di

essi si annoverano tradizionalmente il writ of prohibition, il writ of

23 TEDOLDI, L’appello civile, p.34.

24 BARSOTTI, L’arte di tacere, pp. 230, 231.

25 Per ulteriori approfondimenti circa l’origine dei prerogative writs, v.E.JENKS, The

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mandamus, il writ of habeas corpus26 e il writ of certiorari. Quest’ultimo, che inizialmente si configurava come una richiesta di informazioni da parte del sovrano circa l’effettivo svolgimento di determinati fatti, rivolta alla autorità locali, si trasformò successivamente nel mezzo tramite il quale le corti del re potevano avocare a sé un procedimento in corso presso un organo inferiore attraverso la trasmissione del relativo record, consentendo così al sovrano il controllo e l’eventuale revisione dell’attività dell’apparato giudiziario e amministrativo27. L’elemento più significativo in questa

sede è il peculiare carattere discrezionale dei prerogative writs, che per il certiorari emerge chiaramente dall’assenza di motivazioni specifiche a sostegno del provvedimento e dal fatto che in certi casi questo non venisse concesso, malgrado l’evidente fondatezza della pretesa28.

Particolarmente efficace è la descrizione di de Smith, per il quale i

26 Segnatamente, col writ of prohibition le attività degli organi subordinati venivano

bloccate dalla corona; il writ of mandamus consisteva nel comando a un’autorità subordinata di compiere un atto dovuto; con l’habeas corpus le corti del re potevano investigare sulla legittimità di una restrizione della libertà personale operata da un’autorità o un individuo a danno di chiunque. BARSOTTI, L’arte di tacere, p. 227.

27 TIRIO, Il writ of certiorari, p. 3 ss. Nel corso del tempo i prerogative writs hanno

subito un’ulteriore evoluzione, fino a consentire la tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione attraverso l’affermazione in Inghilterra della judicial

review of administrative action. A seguito dell’Administration of Justice Act del

1938 e con l’eccezione dell’ habeas corpus, essi hanno assunto il nome di

orders,“emessi discrezionalmente dalla High Court nell’esercizio della funzione di

supervisione dell’attività delle corti inferiori e di qualsiasi altro organo competente ad adottare provvedimenti suscettibili di incidere sui diritti individuali”.

28 Tirio riporta come “da un lato, infatti, il writ of certiorari era accompagnato dalla

sola affermazione secondo cui il re desiderava essere certificato certis de causis dei fascicoli processuali. Dall’altro lato, “la corte era legittimata a negare il certiorari ai richiedenti se colpevoli di ostruzionismo o misconduct o in presenza di un rimedio alternativo adeguato, nonostante la prova di un’usurpazione di giurisdizione da parte del tribunale inferiore o di un’omissione di esecuzione di un pubblico dovere”. Al riguardo, v. DE SMITH, The prerogative Writs, p.44”.

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prerogative writs “are not writs of course. […] The award of the writs usually lies within the discretion of the court”29.

3.2. L’introduzione nell’ordinamento statunitense: dal common

law certiorari allo statutory certiorari

Nonostante le prime colonie inglesi insediatesi in Nord America nel corso del XVII secolo avessero fatto proprio il diritto della madrepatria, le difficoltà applicative legate alla vasta estensione territoriale e alla scarsa preparazione dei giuristi30 non consentono di

datare il reale ingresso del writ of certiorari nel continente nordamericano antecedentemente al Judiciary Act del 1789, attuativo dell’articolo III sez. 131 della Costituzione federale. Alla section 14, si

dispone che “tutte le Corti degli Stati Uniti menzionate in precedenza avranno il potere di emettere writs of scire facias, habeas corpus e tutti i writs non espressamente previsti dalla legge necessari per l’esercizio delle proprie rispettive giurisdizioni e in accordo coi principi e gli usi della legge”, con ciò aprendo implicitamente la strada anche al writ of

29 S.A. DE SMITH, The Prerogative Writs, in 11 Cambridge Law Journal,1951, pp.

42,44.

30 Circostanze che si traducono nell’assenza di un apparato burocratico ramificato

che sappia gestire e attuare gli istituti di common law, per cui si può dire che l’operatività del diritto inglese era effettiva solo nei gradi centri abitati, mentre nel resto del territorio si riduceva a puro “buonsenso”. E.SERVIDIO-DELABRE, The

Legal System of a Common Law Country. The British Legal System. The American Legal System. Constitutionally Protected Rights, Dalloz, 2014, p.131, parla di una common law “unsophisticated” rispetto a quella esistente in quegli anni in

Inghilterra.

31 “The judicial Power of the United States shall be vested on one supreme Court,

and in such inferior Courts as the Congress may from time to time ordain and establish”[…] . Con il Judiciary Act il Congresso istituì due corti federali di prima

istanza, le distict courts (almeno una in ogni stato) e le multi-district circuit courts (tre per tutta la nazione); queste ultime avevano anche una limitata giurisdizione di appello sulle prime. Cfr. P.LINZER, The meaning of Certiorari Denials, 79

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certiorari.Tuttavia, inizialmente e per molto tempo, tale previsione fu interpretata in senso restrittivo, e il certiorari venne inteso come strumento utilizzabile da una corte “to supply imperfections in the record of a case already before it”32, ritenendosi che l’espressione “in

aid of their respective jurisdictions” limitasse l’uso del writ ai soli casi rientranti nella competenza delle corti33. È solo nel 1891, in

conseguenza dell’imponente aumento del numero dei ricorsi, che il Congresso adottò l’Evarts Act34, e ricalcando l’analogo strumento

inglese elaborò un mezzo che consentiva alla Corte suprema di revisionare le decisioni definitive di maggiore importanza rese dalle corti federali inferiori35; in questa sede la Corte poteva rivedere il caso

sotto ogni profilo, sia di diritto che di fatto. Un certiorari, dunque, nella sua prima versione ben lontano dall’essere per la Corte quel formidabile strumento di controllo del docket che costituirà in seguito, pensato con l’intenzione di rendere possibile il controllo sui casi che apparivano di fondamentale interesse generale. A conforto di tale ipotesi può essere riportato quanto affermato36 dal senatore

proponente, Evarts, durante la discussione davanti al Judiciary

32 American Construction Co. v. Jacksonville, Tampa & Key West Ry Co., 148 U.S.

380 (1893).

33 TIRIO, Il writ of certiorari, pp. 7, 8.

34 Noto anche sotto il nome di Circuit Courts of Appeals Act, in quanto privò le

multi-district circuit courts della giurisdizione d’appello, conferita in via generale a

nove Circuit Courts of Appeals.

35 L’Act disponeva alla § 49 “..that in any such case as is hereinbefore made final in

the circuit courts of appeals it shall be competent for the Supreme Court to require, by certiorari or otherwise, any such case to be certified to the Supreme Court for its review and determination with the same power and authority in the case as if it had been carried by appeal or writ of error to the Supreme Court”. Evarts Act, § 49.

36 Tirio, op.cit., pp. 9, 10, nota 29, fa riferimento a quanto riportato da Linzer in The

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Committee del Senato, che costituisce tra l’altro l’unico diretto riferimento al certiorari nei dibattiti per la redazione della legge.

A seguito dell’Evarts Act si prospettavano quattro modi per accedere alla Corte suprema: per writ of error da una corte statale; per appeal o writ of error37 da una corte distrettuale o circoscrizionale; per certification da una corte federale; per certiorari da una corte federale38. Residuava dunque una considerevole competenza

obbligatoria, frutto del “baratto” che il congresso si vide costretto a fare per poter istituire le nove Corti federali di appello, alle quali inizialmente il sentimento professionale era ostile in quanto il suddetto Act attribuiva loro il potere di decidere in via definitiva un rilevante numero di controversie: competenza, questa, che si scontrava con la radicata concezione della Corte suprema quale “guardian of all

37 Attraverso il writ of error la Corte aveva il potere di rivedere le sole questioni di

diritto relative alla sentenza impugnata; tramite il writ of appeal poteva essere sindacato sia il fatto che il diritto.

38 P.LINZER, The Meaning of Certiorari Denials, p. 1233.

Mr. President, another guard against the occurring diversity of judgments or of there being a careless or inadvertent disposition of important litigation by these courts; I should deprecate any opinion in advance that these courts would not fully meet the interest and confidence that should be invited for them, but still there should be something besides a mere judgment within these courts as to what ought to be reviewed in the interest of jurisprudence and uniformity of decision, and that is that the Supreme Court shall have a right in any of these cases that are thus made final, by certiorari to take up to itself for final determination this or that case […].

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constitutional claims”39. Dopo tale riforma il Congresso attese più di

vent’anni prima di tornare di nuovo a parlare di certiorari e lo fece con due interventi ravvicinati, nel 1914 e nel 1916. Nella prima occasione, il legislatore ampliò la giurisdizione per certiorari alle decisioni in cui la corte statale si era pronunciata per l’invalidità di una legge statale in ragione del suo contrasto con la Costituzione o con le leggi o coi trattati federali40. Negli anni successivi si verificò un crescente

aumento del numero dei ricorsi, tra i quali molti erano riconducibili al Federal Employers’ Liability Act, una legge approvata nel 1908 a disciplinare l’indennità dovuta dall’amministrazione federale ai dipendenti delle ferrovie nei casi di lesioni sul lavoro. Per porvi rimedio, il Congresso nel 1916 approvò il Webbs Act, aggiungendo i FELA cases alla categoria di controversie per cui le decisioni delle Circuit Courts of Appeals venivano considerate “final”, sulle quali la Corte suprema godeva della giurisdizione per certiorari. Inoltre, il Webbs Act escluse dalla competenza obbligatoria della Corte le decisioni statali aventi ad oggetto la negazione di diritti costituzionalmente tutelati, determinando con ciò la sostituzione col certiorari di molte ipotesi di writ of error41 ; in questo modo la review

39 TIRIO, op.cit., p.10.

40 TIRIO, op.cit., p. 73, nota 51, riporta come il provvedimento abbia tratto origine

da un preciso episodio: “Con la sentenza Ives v. South Buffalo Railway Co. la suprema istanza dello stato di New York dichiarò incostituzionale, in quanto in contrasto con la due process clause del XIV emendamento, una legge statale che comportava un notevole miglioramento per il trattamento giuridico degli incidenti sul lavoro”. Contro tale pronuncia non era ammesso ricorso alla Corte suprema e il forte risentimento dell’opinione pubblica “insieme alla convinzione che si trattasse di un’interpretazione del XIV emendamento più conservatrice di quella della stessa Corte suprema federale” (cfr. sentenza Lochner v. New York, 198 U.S. 45) spinse il Congresso a intervenire.

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di molte pronunce statali divenne possibile solo tramite il canale discrezionale. Sembrerebbe dunque possibile collocare già nel 1916 il mutamento delle funzioni del certiorari da rimedio straordinario a mezzo di controllo del docket; tuttavia, le intenzioni che il Congresso aveva al tempo sono piuttosto difficili da sondare, in quanto la legge fu approvata “without serious consideration, certainly without debate”42.

Alla luce di ciò sembra che in quella occasione il legislatore, attento principalmente ai FELA cases, abbia sottovalutato l’importanza delle riforme introdotte senza cogliere le potenzialità della case selection. Nonostante tali interventi, il problema del sovraccarico non tardò a ripresentarsi, e in poco tempo la Corte si trovò a decidere i casi dopo più di un anno dalla loro iscrizione a ruolo43. Prendendo atto di tale

quadro, il Chief Justice William Howard Taft si fece promotore di una riforma44 volta a rendere la Corte in grado di svolgere la propria

essenziale funzione: l’interpretazione e l’applicazione della Costituzione federale. Dopo un intenso lavoro di lobbying portato avanti dallo stesso Taft il Congresso recepì il progetto45, che assunse il

nome di Judges’ Bill in quanto fortemente voluto dai Justices. In virtù di tale legge fu attribuito alla Corte suprema un potere di selezione dei ricorsi decisamente ampio, attraverso il trasferimento di numerose

42 LINZER, The meaning, cit., p.1240. 43 TIRIO, op.cit., p.12, nota 34.

44 Il Committee on Jurisprudence and Law Reform dell’American Bar Association,

chiamato a dare un’opinione sul progetto, propose la diversa soluzione di aumentare il numero dei giudici: in questo modo si riteneva che la corte avrebbe potuto lavorare pressoché continuamente, riuscendo ad esaminare e smaltire un gran numero di ricorsi. F.FERRARIS, Rationing Justice. La selezione dei ricorsi nella Corti supreme

di Stati Uniti e Italia”, Giappichelli, Torino, 2015, p. 37, nota 20.

45 Il disegno venne inviato al Congresso nel 1922 ma non venne esaminato fino al

1924, anno in cui lo stesso progetto venne riproposto una seconda volta. LINZER,

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classi di casi dalla competenza obbligatoria per appeal a quella discrezionale per certiorari. In particolare, si assistette alla totale abolizione della obligatory review per le decisioni provenienti dalle corti federali d’appello e alla limitazione della direct obligatory review delle pronunce delle corti distrettuali46. Singolare, alla luce delle

successive evoluzioni47, è la rassicurazione con la quale i giudici

garantirono al Congresso che la giurisdizione per certiorari sarebbe stata esercitata “according to recognized principles”. La portata innovativa del provvedimento emerge chiaramente dalle parole del Chief Justice, secondo il quale “il docket della Corte stava crescendo enormemente e presto avrebbe influenzato la qualità del lavoro”, per cui, consentendo alla Corte Suprema “di esercitare una discrezionalità assoluta e arbitraria rispetto a tutto il lavoro ad eccezione delle questioni costituzionali, si permetterà alla Corte di diminuire il proprio docket in modo da fare tutto il lavoro, e bene”48. Per la prima volta,

dunque, il certiorari è chiaramente visto non come il mezzo straordinario di riesame figlio della tradizione di Common Law, bensì come una delle possibili vie d’accesso alla Corte, e quella quantitativamente prevalente, introdotta col preciso scopo di controllo del docket in modo da rendere praticabile attraverso la selezione

46 LINZER, op.cit., p. 1242.

47 In realtà l’attuale procedimento di case selection si caratterizza per una scarsa

trasparenza e i criteri che guidano la Corte sono spesso sfuggevoli e oscuri, come emerge dal fatto che la pronuncia avente ad oggetto la concessione o il diniego del

writ non è accompagnata da motivazione alcuna. L’argomento sarà approfondito al

Capitolo II.

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discrezionale dei casi un serio esercizio della funzione nomofilattica49.

La netta preponderanza della giurisdizione discrezionale su quella obbligatoria portò inoltre al definitivo tramonto della concezione della Corte suprema come “vindicator of all constitutional rights”, che tanti ostacoli aveva posto all’introduzione delle Circuit Courts of Appeals50. Il lento processo di erosione della mandatory jurisdiction continuò nel 1927, quando per la prima volta la Corte stessa si attribuì il potere di concedere la review solo a determinate questioni prospettate dal ricorrente: si trattava del limited grant of certiorari51, che dagli anni ‘60 si sarebbe trasformato in prassi52. Ancora, nel 1928 venne abolito

il writ of error e l’appeal rimase l’unico mezzo a presidio della giurisdizione obbligatoria della Corte. Ad ulteriore dimostrazione di come i Justices iniziarono a muoversi a prescindere dall’iniziativa legislativa, è di significativa importanza ricordare la prassi invalsa nella Corte di liberarsi rapidamente degli appeals dilatori o di poco interesse attraverso la formula “dismissed for want of substantial

49 È in questo momento che il certiorari si autonomizza dal modello inglese,

trasformandosi in un istituto con caratteristiche proprie. Tuttavia, il Titolo 28 del U.S.C. prevede ancora entrambe le forme di certiorari: il common law certiorari, inteso ancora come un extraordinary writ che attribuisce al giudice superiore il potere di ordinare al giudice inferiore la trasmissione degli atti della causa pendente di fronte a lui (usato assai di rado), e lo statutory certiorari, ricorso che attribuisce al giudice ad quem il potere discrezionale di decidere se accordare o meno il riesame, che ad oggi costituisce sostanzialmente l’unico mezzo per accedere alla Corte suprema. Così BARSOTTI, op.cit., pp. 70,71.

50 TIRIO, op.cit., p.15.

51 Il potere di limitare la review a determinate issues è stato riconosciuto per la prima

volta con la sentenza Olmstead v. United States, 277 U.S. 438 (1927), ove lo stesso

Chief Justice Taft lo prospettò in riferimento alle questioni di rilievo costituzionale.

FERRARIS, Rationing Justice, p.39, nota 32.

52 Il 1969 sancì l’avvento di Burger alla guida della Corte suprema. Il Chief Justice si

dimostrò particolarmente sensibile al problema del sovraccarico fino ad istituire nel 1971 una commissione di studi per analizzare il fenomeno; la commissione Freund propose l’istituzione di una Corte Nazionale di Appello con funzione di filtro, ma la proposta venne presto abbandonata. TIRIO, op.cit., pp. 18, 19.

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federal question”; la prassi fu ratificata nel 1936 con l’adozione della Rule 12, che richiedeva all’appellante di despositare “a statement of the grounds upon which is contended that the questions involved are substantial” entro trenta giorni dal deposito del ricorso53. In questo

modo, introducendo un elemento di discrezionalità anche nei casi di giurisdizione in appeal, venne escogitato un nuovo mezzo di controllo del docket, col risultato che la distinzione con la giurisdizione discrezionale per certiorari venne a farsi più sfumata. La puntualizzazione di questo passaggio è necessaria per comprendere la reale entità dell’ultima grande riforma che ha determinato il tramonto della giurisdizione obbligatoria della Corte suprema, il Supreme Court Case Selection Act del 1988, il quale ha trasferito nell’ambito della competenza per certiorari le residue competenze in appeal54. Tuttavia, data la suddetta prassi del “dismissal for want of substantial federal question”, già da tempo gli appeals di scarsa importanza venivano esaminati con la stessa sommarietà propria del certiorari, per cui può ritenersi che il provvedimento in esame non abbia svolto un ruolo determinante rispetto al problema del sovraccarico55. Un’altra

interessante chiave di lettura è quella che guarda alla relazione tra giurisdizione e federalismo: di fatto, la riforma del 1988 può essere intesa anche come il segnale del superamento della sfiducia del

53 BARSOTTI, op.cit., p. 79 ss.

54 Segnatamente, si parla delle decisioni delle corti statali di ultima istanza aventi ad

oggetto una legge o un trattato federale di cui sia dichiarata l’incostituzionalità e di quelle riguardanti una legge statale di cui sia dichiarata la legittimità rispetto alla Costituzione o ai trattati o alla legge federale.

55 La riforma risolse invece il problema relativo al valore di precedente delle

sentenze che adottavano la formula del dismissal for want of substantial federal

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Congresso verso le corti statali, nella misura in cui ha sancito il passaggio alla giurisdizione per certiorari dei ricorsi contro le decisioni statali che invalidano una legge o un trattato federale, ovvero che dichiarano la legittimità di una legge statale impugnata in quanto ritenuta in contrasto rispetto alla Costituzione o i trattati o le leggi federali; tutti casi in cui è l’interesse locale a prevalere su quello nazionale56. Determinando la scomparsa pressoché totale del writ of

appeal, il Supreme Court Case Selection Act ha inaugurato quello che è stato definito “l’imperialismo del writ of certiorari”57 nell’ambito dei

sistemi di accesso alla Corte suprema. Se questo abbia consentito o meno un effettivo controllo del docket è un interrogativo al quale nelle pagine successive si tenterà di dare risposta.

56 BARSOTTI, op.cit., p.88.

57 L’espressione è di MATTEI, L’imperialismo del writ of certiorari: il tramonto

della giurisdizione obbligatoria della U.S. Supreme Court, in Riv. dir. Civ., 1990, p.

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CAPITOLO II

Il procedimento in sede di case selection

1. Premessa

Addentrarsi nel procedimento tramite il quale la Corte suprema regola l’accesso in via di certiorari non è cosa affatto semplice. Invero, le Supreme Court Rules ne delineano solo i tratti essenziali, essendo gran parte della procedura a noi conosciuta il risultato della compenetrazione tra prassi giudiziaria e contributi interpretativi dottrinali, il tutto arricchito da testimonianze provenienti da passati componenti della Corte, rese una volta cessato il loro incarico58; a

chiarire il quadro non provvede la legge, che si limita ad indicare le classi di casi rivedibili attraverso il certiorari59. L’immagine che ne deriva è quella di un processo decisionale dal contenuto sfuggevole e complesso, che la stessa Corte ha interesse a mantenere tale, volendosi garantire, attraverso il perdurare dell’opacità, la titolarità di un potere discrezionale che sia effettivamente tale. Alla luce di ciò, l’espressione che abbiamo utilizzato in apertura risulta a ben vedere poco confacente a descrivere il nostro proposito, che non è quello – sicuramente lodevole, ma poco realistico - di “addentrarsi” nei meandri del

58 FERRARIS, Rationing Justice, pp. 43 e 44.

59 V.Title 28 U.S. Code, Part IV, Chapter 81. La sezione 1254 contempla l’accesso

per certiorari avverso le decisioni delle corti federali di appello; la sezione 1257 l’accesso in via di certiorari relativamente alle pronunce delle corti statali; Le sezioni 1258,1259 e 1260 riguardano l’accesso per certiorari circa le decisioni rese dal Tribunale Supremo di Porto Rico, dal Tribunale militare di appello e dal Tribunale Supremo delle Isole Vergini.

(26)

procedimento: si tratterà piuttosto di “accostarsi” alle sue mura, cercando, ove possibile, di forzarne le difese.

2. Gli atti introduttivi

2.1. La petition e il brief in opposition

Il procedimento inizia con la petition, il ricorso introduttivo che la parte soccombente nel processo appello indirizza alla Corte. A conferma della suddetta molteplicità di fonti, per la sua disciplina è necessario fare riferimento, non solo alle S.C.Rules, ma anche al Memorandum to those intending to prepare a petition for a writ of certiorari60 redatto dal Clerk della Corte; tale relazione “highlights the most common mistakes observed by the Clerk’s office”, dettando linee guida in materia di impaginazione, redazione, contenuto del ricorso. L’avvocato del ricorrente deve essere necessariamente iscritto al Supreme Court Bar, nel rispetto della procedura e dei requisiti previsti dalle S.C.R. 5-9; la petition deve essere depositata entro 90 calendar days dall’emissione della sentenza impugnata61, accompagnata dal

versamento di 300 dollari62 . È comunque possibile che for a good

cause un Justice accordi un ulteriore lasso di tempo per la presentazione del ricorso, non eccedente i 60 giorni; la richiesta deve essere presentata al Clerk entro 10 giorni prima della scadenza del termine ordinario. Secondo la Rule 14, da ogni petition deve risultare

60 Consultabile al sito http://www.supremecourt.gov/casehand/guidetofiling

paidcases2014.pdf.

61 S.C.R. 13. Si veda anche il contenuto del Memorandum alla pagina 6.

62 S.C.R. 38. Fanno eccezione i ricorsi in forma pauperis, presentati da soggetti

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chiaramente la questione oggetto di revisione63; è poi necessaria una

dichiarazione volta a dimostrare la base di giurisdizione della Corte, che contenga anche le previsioni costituzionali, di trattati, legislative e regolamentari rilevanti nel caso in questione. Inoltre, il ricorrente dovrà esplicitare, attraverso uno statement, il factual background della decisione impugnata e la vicenda processuale sottostante; occorre poi presentare una argomentazione diretta ad evidenziare le ragioni per le quali il writ dovrebbe essere concesso. Sono fondamentali i requisiti della brevità e della concisione, l’assenza dei quali costituisce una ragione sufficiente per negare il writ64; addirittura, un eccessivo zelo nella descrizione dei fatti potrebbe portare i Justices a ritenere il ricorso frivolous in quanto factual-dependent, dunque inidoneo a veicolare l’affermazione di importanti principi65. Quanto al convenuto,

è sua facoltà replicare attraverso una memoria denominata brief in opposition; tuttavia, la replica è obbligatoria nei casi di pena capitale, oppure in presenza di un ordine espresso della Corte66. Essa deve

essere presentata entro 30 giorni dal deposito del ricorso introduttivo; anche in questo caso, il termine può essere differito. La parte è tenuta, a pena di ritenere implicita la rinuncia a qualsiasi domanda successivamente proposta in merito, a esplicitare nel brief qualsiasi

63 S.BISHOP, J.W.SARLES e S.J.KANE, Tips on petitioning for and Opposing

Certiorari in the U.S. Supreme Court,in Litigation Magazione,Volume 34, Number 2,

Winter 2008, p.31, sostengono che tale parte può essere ragionevolmente ritenuta la più importante della petition e riportano l’esempio del Justice Brennan, che spesso decideva che un caso non era certworthy semplicemente guardando alla questione presentata.

64 S.C.R. 14.4. “The failure of a petitioner to present with accuracy, brevity, and

clarity whatever is essential to ready and adequate understanding of the points requiring consideration is sufficient reason for the Court to deny a petition”.

65 FERRARIS, Rationing Justice, p.47. 66 S.C.R. 15.1.

(28)

“mistatement of fact or law” contenuto nella petition che sia rilevante ai fini della decisione della Corte67. Analogamente al ricorso

introduttivo, la memoria di replica deve anzitutto indicare la questione su cui essa insiste; in questo caso, spetterà al respondent dimostrare la scarsa rilevanza dell’issue portata avanti dal petitioner. Secondariamente, è necessario argomentare le ragioni per cui la Corte non dovrebbe accordare la review; un compito non particolarmente arduo, vista la tendenza dei clerks ad essere risk-adverse ed evitare così l’imbarazzo di un certiorary improvidently granted, per cui al convenuto basterà fornire ragioni per far dubitare che l’issue contenuta nella petition sia certworthy68. Il petitioner può replicare agli argomenti presentati dal convenuto attraverso un reply brief69; inoltre, nel corso del procedimento ciascuna parte può presentare supplemental briefs per portare all’attenzione della Corte “new cases, new legislation, or other intervening matter not available at the time of the party’s last filing”70. Rientra nel potere delle parti la possibilità di

determinare in qualsiasi momento l’estinzione del procedimento, richiedendone congiuntamente per iscritto l’archiviazione71.

2.2. Figure a sostegno del cert: gli amici curiae e i repeat players

67 S.C.R. 15.2.

68 Così S.BISHOP, J.W.SARLES, S.J.KANE, Tips on petitioning for and Opposing

Certiorari in the U.S. Supreme Court,in Litigation Magazione, Volume 34, Number 2, Winter 2008, p.30. Circa i vari argomenti, gli autori propongono, tra gli altri, la

presentazione intempestiva della petition riguardante un civil case; la circostanza che in esame sia l’applicazione di una legge statale; l’insussistenza di un conflitto tra circuiti; la natura interlocutoria della decisione.

69 S.C.R. 15.6. 70 S.C.R. 15.8. 71 S.C.R. 46.

(29)

La section 37 delle S.C.R. ammette l’intervento di un terzo a sostegno delle ragioni del petitioner o dell’appellant, negli stessi termini temporali previsti per la presentazione del brief in opposition e in presenza del consenso scritto delle parti o del leave della Corte72: si

tratta dell’amicus curiae, una figura mutuata dalla common law ma che ha assunto negli Stati Uniti dei connotati ben diversi da quelli originari, al punto che si è parlato di uno “shift from friendship to advocacy”73. Di fatto, se nella tradizione inglese l’amicus curiae era un

soggetto che, senza avere interesse nella causa, faceva sì che il giudice fosse esaurientemente informato sulla questione, suggerendogli elementi rilevanti in punto di diritto o di fatto sino ad allora sconosciuti o poco chiari74, nell’ambito del processo americano ha assunto

funzioni molto simili a quelle di un avvocato di parte, facendosi sostenitore degli interessi di uno dei soggetti in causa mediante una strategia che può andare dalla semplice adesione alle ragioni della parte fino all’introduzione di ulteriori argomenti in suo sostegno. Ebbene, all’intervento di amici curiae è possibile collegare statisticamente un significativo aumento delle chances di accoglimento della petition75, in quanto sembra che i Justices interpretino la presenza

72 S.C.R. 37.2.

73 S.KRISLOV, The Amicus Curiae: From Friendship to Advocacy, in 72 Yale Law

Journal, 1973, p. 694 ss.

74 Tuttavia, la Corte assai raramente acconsentiva all’intervento, che era visto come

un fattore di squilibrio dell’iniziativa e della parità assoluta tra le parti, principio cardine del processo adversary. Per ulteriori approfondimenti circa le caratteristiche fondamentali del processo accusatorio, si veda J.I.H.JACOBS, La giustizia civile in

Inghilterra, p.24 ss.

75 Secondo uno studio relativo al term del 2005, la presentazione di almeno un

amicus curiae brief aumenta quasi del 20% la probabilità di ottenere il writ; la

percentuale aumenta fino al 56% nel caso in cui i briefs siano almeno quattro. Cfr. S.BISHOP, J.W.SARLES, S.J.KANE, op.cit., p.28.

(30)

dei relativi briefs come un importante segnale della rilevanza della questione76 specie se a presentare le memorie siano gruppi

organizzati77; motivo per cui, mentre al petitioner è caldamente

consigliato di farsi affiancare da amici curiae, lo stesso non può dirsi per il respondent, vista la forte capacità di tali figure di persuadere la Corte in favore del rilascio del certiorari. Un altro fattore parimenti incisivo sulle possibilità di ottenere il writ è il fatto che la petition sia presentata da repeat players, termine che va ad identificare i ricorrenti abituali, ossia coloro che “con una certa frequenza bussano alla porta della Corte suprema”, per cui hanno “più probabilità di altri di farsela aprire”78. Rientrano tra tali soggetti grandi corporations o enti

governativi79, il cui bagaglio di risorse e di expertise spesso consente

loro di compiere una sorta di selezione preventiva dei casi da sottoporre all’attenzione dei Justices, il che, unito ad una considerevole credibilità, li pone davanti alla Corte in una posizione certamente più forte di quella dei ricorrenti individuali80 .

3. La fase preparatoria: i law clerks

76 Gli amici curiae briefs consentirebbero infatti di dar corpo al requisito

dell’importance of the case, uno dei due (soli) criteri esplicitati dalla S.C.R. 10. Così

FERRARIS, Rationing Justice, p. 54. Per approfondimenti si rimanda al Capitolo seguente, § 3.3.1.

77 BARSOTTI, op.cit., pp. 93,94. FERRARIS, op.cit., pp. 118,119 sottolinea come la

Corte sarebbe persuasa a considerare il caso importante anche per il fatto che la partecipazione di amici curiae comporta rilevanti oneri economici a carico del

petitioner qualora questi siano esponenti di categorie particolarmente

rappresentative; costi che il ricorrente non affronterebbe se non fosse certo di introdurre elementi tali da convincere la Corte.

78 L’espressione è di BARSOTTI, op.cit., pp. 94,95.

79 Tra questi spicca il Governo federale, rappresentato dal Solicitor General. La

figura sarà analizzata più approfonditamente nel capitolo seguente, § 3.3.

(31)

I law clerks svolgono un compito fondamentale nel procedimento di case selection; sono questi, infatti, i primi a leggere gli atti introduttivi depositati presso la cancelleria, attraverso lo svolgimento di un preliminare screening essenziale per contrastare il sovraccarico di lavoro. La figura nasce alla fine dell’800 con funzioni puramente amministrative e stenografiche, per poi passare alle prime mansioni para-legali nel 1919, quando la Corte ottenne dal Congresso di poter assumere un secondo assistente, che nell’idea dei Justices avrebbe avuto il compito di “writing summaries of incoming petitions for certiorari”81; nel corso del tempo il numero dei clerks per ogni Justice

è stato aumentato da due a quattro, così come sono cresciuti i loro compiti, che attualmente non si fermano alla fase iniziale della case selection ma arrivano alla fase di merito, e in particolare alla redazione di una bozza dell’opinion in vista della decisone della causa. Parte della dottrina ha valutato negativamente tale delega di funzioni, ritenendo che questa sia sconfinata in una sostanziale abdicazione dei Justices dal potere giudiziario; tuttavia, è appena il caso di osservare che è ai giudici che spetta di decidere, per cui questi conservano in ogni caso il potere di intervenire eliminando dalla bozza quei contributi del clerk che non ritengano condivisibili82. Quanto ai

requisiti83, gli assistenti sono reclutati presso le più prestigiose law

81 FERRARIS, op.cit., p. 57. 82 FERRARIS, op.cit., pp. 60,61.

83 Sembra che, generalmente e con l’eccezione di un particolare Justice, i giudici non

selezionino i propri assistenti in base all’affinità ideologica. Tuttavia, è interessante la notazione di Perry, secondo il quale “Whether it is a psichological phenomenon, a

shared vision, or simply being opportunistic, the clerk begins to see the world through his justice’s eyes”. Cfr. H.W.PERRY, JR., Deciding to Decide. Agenda

(32)

schools e hanno solitamente alle spalle un anno di pratica presso una corte d’appello84; la durata dell’incarico corrisponde a un anno,

termine volutamente breve in quanto consente ai Justices non solo di stare al passo con le idee e gli orientamenti che si formano nelle università, ma anche di beneficiare dello zelo con cui i giovani laureati solitamente affrontano le prime esperienze lavorative85. Tornando al

procedimento, una prima cernita è operata dal Clerk della Corte, il quale procede a eliminare i ricorsi privi dei requisiti formali richiesti dal regolamento, come quelli intempestivi o troppo prolissi; una volta effettuata tale selezione, i ricorsi sono inviati alle camere e il seguito del procedimento varia a seconda che i Justices abbiano aderito o meno al Pool Chamber86. Di fatto, mentre in precedenza era un clerk per ogni Justice ad esaminare gli atti depositati e a redigere per ciascun ricorso un breve resoconto per il proprio giudice, l’esigenza di economia processuale sorta in conseguenza dell’espandersi del docket della Corte indusse il Justice Powell, nel 1972, a proporre che i clerks si riunissero in un pool; l’iniziativa ebbe buon seguito e

Setting in the United States Supreme Court, Harvard University Press, 1991, pp.

73,74.

84 TIRIO, op.cit., p.45. L’autore aggiunge che gli assistenti “ammettono notevoli

difficoltà nell’affrontare inizialmente la case selection, non essendo tale compito svolto in sede di corte di appello e spendendo gli stessi giudici- salvo alcune eccezioni- pochissimo tempo per istruirli in argomento. L’apprendimento da parte degli assistenti tuttavia, appare piuttosto veloce e buono [...]”. PERRY, Deciding to

Decide, p.81, riporta un esempio umoristico di come a mano a mano aumentino sia

l’esperienza che la disinvoltura degli assistenti, nella propria attività e nel rapporto coi rispettivi Justices: un clerk riferisce di ricordare “a cert petition being circulated

towards the end of the term with a memo that said, “Another fruitcake petition – deny”.

85 FERRARIS, op.cit., p.59., nota 128, specifica che “la breve durata, peraltro, è una

caratteristica attuale dell’incarico. In precedenza, i clerks potevano rimanere in servizio per anni, addirittura fino al decesso del proprio Justice”.

(33)

progressivamente sempre più giudici aderirono al gruppo, attualmente comprendente la totalità dei Justices87. Il meccanismo, prevedendo che i casi vengano distribuiti randomly tra le nove Chambers del pool, consente un notevole risparmio di risorse e di tempo, e permette altresì di trattare ciascun ricorso con maggior cura e approfondimento. Ogni camera divide le petitions ricevute tra i propri clerks che per ogni ricorso assegnato loro redigono un memorandum, il cui contenuto ha subito variazioni nel corso del tempo: inizialmente, i clerks si limitavano a condensare in poche righe i tratti salienti del caso, senza prendere una specifica posizione in merito, ed è solo all’inizio degli anni ’80 che essi “began consistently recommending a specific course of action” e i cert-pool memo iniziarono a funzionare come “an initial screening method”88. Grazie soprattutto alla decisione presa da alcuni

giudici di pubblicare i propri papers, oggi è possibile affermare che ogni memo segue una struttura standard, componendosi generalmente di cinque parti: la questione giuridica, riassunta in termini generali, è seguita dalle vicende fattuali e processuali antecedenti al ricorso, per poi venire successivamente analizzata nel dettaglio; in conclusione, il clerk manifesta la sua posizione circa la pronuncia impugnata ed espone il proprio personale suggerimento circa la concessione o meno del writ89. Ogni assistente trasmette la memoria90 al proprio giudice e

87 FERRARIS, op.cit., pp. 62 e 63. L’autore precisa che “l’ultimo Justice ad

organizzarsi autonomamente è stato John Paul Stevens, sostituito nel 2010 da Elena Kagan, la quale si è invece unita agli altri colleghi”.

88 B.PALMER, The “Bermuda Triangle?” – The Cert Pool and its influence Over

Supreme Court’s Agenda, in 18 Const. Commentary, 2001, cit., p.112.

89 FERRARIS, op.cit., p.64. La memoria, tra l’altro, deve riportare alcune indicazioni

(34)

ne invia copie agli altri uffici degli altri Justices del pool, presso i quali ciascun clerk opera il cosiddetto markup91, esprimendo il proprio accordo o disaccordo92; un passaggio, questo, che consente una

fruttuosa dialettica tra i clerks, nella misura in cui evita la diffusione di un eventuale errore contenuto in una singola memoria93. Il memo e il

markup sono consegnati al rispettivo Justice insieme al ricorso e agli allegati, ma questi leggerà solo i primi, più agevoli da analizzare, proseguendo a valutare lo specifico degli atti solo nel caso di una decisione particolarmente difficile94. Per quanto concerne la procedura

seguita dai giudici non aderenti al pool, essi dividono tutti i ricorsi tra i propri assistenti, i quali rendono solo al proprio Justice una memoria strutturata all’incirca allo stesso modo del pool memo95, ma più breve e redatta in modo senza dubbio più informale e succinto, a tal punto da potersi esaurire in una semplice frase96. Tale dato, paragonato alla

del deposito, alla corte e i nomi dei giudici che hanno reso la decisione impugnata, al nome di chi ha redatto l’opinion e alla presenza di eventuali opinioni dissenzienti o concorrenti.

90 I clerks hanno stimato di impiegare dai 30 minuti a (in rari casi) un giorno per

stendere il memo, la cui lunghezza non supera le 10 pagine. Così S.BISHOP, J.W.SARLES, S.J.KANE, op.cit., p.29.

91 “The use of the word markup is probably is probably borrowed from Congress,

where committees “mark up” a bill”. Così PERRY, Deciding to Decide, p.60.

92 Non solo i markup memos variano tra loro (“One may simply note “I concur”, and

another may be effectively a new memo”), ma cambia anche da chamber a chamber

l’attenzione data alle petitions e al pool memo. In proposito, PERRY, Deciding to

Decide, p.62, afferma: “Virtually everyone, regardless of chambers, told me that Justice D clerks had to work the hardest generally”, arrivando in molti casi a dover

leggere la petition de novo.

93 FERRARIS, op.cit., p.66. 94 TIRIO, op.cit., p.47.

95 PERRY, Deciding to Decide, p.54, afferma come l’indipendenza dei nonpool

clerks non sia poi così forte. Al riguardo, un clerk ha sostenuto: “we would ask the person doing the pool memo what they thought about it, and that did form some of our opinion because they had a lot more time to research cert petitions and give more thought to them”.

96 “This is the draft case – deny”. Cfr. PERRY, Deciding to Decide, p.43. TIRIO,

op.cit., pp. 49,50, precisa che “nell’ambito delle nonpool chambers, le procedure

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