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Adattamento al cambiamento climatico nei sistemi rurali del Perù: tra fattori locali e dinamiche globali

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE, SCIENZE DELLA

COMUNICAZIONE E INGEGNERIA DELL'INFORMAZIONE

Corso di Dottorato in Scienze Politiche e Sociali- XXIX Ciclo

In convenzione con l’Università degli Studi di Cagliari

ADATTAMENTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO NEI

SISTEMI RURALI DEL PERÙ: TRA FATTORI LOCALI E

DINAMICHE GLOBALI.

Tesi di Dottorato di Laura Altea

Coordinatore del corso: Prof. Camillo Tidore

Relatore: Prof. Camillo Tidore

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“We cannot abuse and plunder our common stock of natural assets and resources leaving the future generations unable to enjoy the opportunities we take for granted today. We cannot use up, or contaminate, our environment as we wish, violating the rights and interests of the future generations. The demand of “sustainability” is, in fact, a particular reflection of universality claims applied to the future generations vis à vis us”.

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ABSTRACT

During the last decade adaptation to climate change rose on the political and research agenda. The impacts of climate change are increasingly evident and are expected to be severe specially for the most vulnerable low and middle income countries.

Through a qualitative case study in two rural districts of the Amazonas Region (Peru), this research aims at studying how people, particularly smallholder farmers, are adapting to climate change impacts and which factors influence their responses, starting from their voices and points of view. Also the role of institutions and their initiatives related to c.c. in the area are considered.

We found that although climate change is widely present in the national and regional policy strategies, few plans related to adaptation are being implemented. A primary focus is paid on mitigation, while the complexity and multi dimension of climate change is underestimated. On the other hand, local farmers are responding autonomously diversifying the varieties of coffee they cultivate, increasing the use of chemicals and fertilizers, diversifying their sources of income with temporary jobs. Also family and community nets play an important role in case of crisis. However, most of these strategies are not sustainable in the long term and people adaptive capacity is threatened by the interaction of multiple stressors related to the local and international context, such as economic globalization. These factors need to be considered in the designing of adaptation policies and initiatives.

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RINGRAZIAMENTI

Lavorare a questa tesi è stato un lungo viaggio sotto molti punti di vista. Lungo la strada molte persone hanno contribuito alla realizzazione del lavoro qui presentato.

Il mio primo pensiero va a tutti gli abitanti di Churuja e Valera che hanno partecipato alle interviste e alle attività di gruppo che stanno dietro a questa tesi, per avermi concesso poco a poco un po’ della loro fiducia e avermi permesso di aprire una piccola finestra sul loro mondo e sulle loro storie che stanno alla base di questa ricerca.

Ringrazio tutti i membri dello staff locale del progetto nell’ambito del quale si è svolto questo studio che mi hanno supportato e accompagnato nel lavoro di campo durante i miei soggiorni in Amazonas, in particolare il capo progetto Yover Diaz, i tecnici Charles, Victor, Elvis e Edgar.

Grazie al mio tutor Prof. Camillo Tidore per i suoi preziosi consigli e per avermi lasciato la libertà intellettuale di formulare i miei obiettivi e sviluppare questa ricerca. Un ringraziamento va anche al mio co tutor Prof. Luciano Gutierrez per aver creduto in me e per avermi sostenuto con pazienza durante tutto questo percorso di studio e di lavoro.

Grazie al Prof. Art Dewulf e al Dr.Timos Karpouzoglou che durante la mia esperienza di studio all’Università di Wageningen (Olanda) hanno saputo fornirmi preziosi consigli e critiche costruttive sul mio progetto di ricerca, in una fase cruciale del mio percorso di dottorato.

Ringrazio i referee esterni, in particolare il Prof. Riccardo Moro per aver letto con tanta attenzione e interesse l’intera tesi e per i tantissimi commenti e consigli di valore

Grazie a tutti i colleghi ed ex colleghi del Nucleo Ricerca Desertificazione dell’Università di Sassari per le tante utili discussioni sulle teorie, sui metodi e sull’analisi dei risultati della ricerca e per il positivo incoraggiamento.

Ringrazio Daniela e Oswaldo di AVSI per la stima e l’amicizia in questi anni di lavoro insieme nel progetto e per essersi sempre presi cura di me quando ero in Perù.

Infine, un ringraziamento davvero speciale va alla mia famiglia e ad Alessandro per esserci stati sempre, soprattutto nei momenti di stress e di crisi inevitabili durante un percorso di dottorato.

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INDICE

Lista delle sigle ... 1

Lista delle tabelle ... 3

Lista delle figure ... 4

Lista dei Box di approfondimento ... 6

PREFAZIONE ... 7

CAPITOLO 1 L’ADATTAMENTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO: QUADRO TEORICO E LINEE DI RICERCA... 11

1.1 Premessa ... 11

1.2 Background: la rilevanza della questione climatica ... 11

1.3 Verso una definizione di cambiamento climatico ... 12

1.3.1 Il cambiamento climatico come problema complesso e “nuovo rischio” ... 13

1.4. L’emergere della questione adattamento nell’arena politica internazionale e nel dibattito scientifico ... 15

1.4.1 Adattamento, capacità di adattamento e studi sulla vulnerabilità: evoluzioni nella letteratura sul cambiamento climatico ... 18

1.5 Verso una definizione di adattamento al cambiamento climatico ... 22

1.5.1 Il concetto di adattamento ... 22

1.5.2 Tipologie di adattamento al cambiamento climatico... 25

1.6 Alcuni concetti collaterali ... 26

1.6.1 Vulnerabilità e capacità di adattamento ... 26

1.6.2 La vulnerabilità al cambiamento climatico: il caso dei Paesi del Sud del mondo ... 28

1.6.3 Determinanti della capacità di adattamento e dell’adattamento ... 30

1.6.3.1 Constraint all’adattamento ... 30

1.7 Inquadramento e obiettivi della ricerca ... 37

1.7.1 Domande di ricerca ... 40

CAPITOLO 2 APPROCCIO, STRATEGIE E METODI DELLA RICERCA ... 41

2.1 L’approccio qualitativo della ricerca ... 41

2.1.2 Lo studio di caso come strategia della ricerca ... 43

2.1.2.1 La scelta del caso studio ... 44

(8)

2.3.1 L’intervista ... 48

2.3.1.1 Scelta degli intervistati ... 49

2.3.1.2 Strategia delle interviste alle Istituzioni ... 51

2.3.1.3 Strategia delle interviste agli abitanti dei distretti ... 52

2.3.2 Fonti addizionali: i PRA (Participatory Rural Appraisal) e i seminari partecipativi ... 53

2.3.2.1 La strategia dei seminari partecipativi ... 57

2.3.2.2 I partecipanti e lo svolgimento dei seminari partecipativi ... 59

2.4 Analisi dei dati: analisi del contenuto e Grounded Theory ... 63

2.4.1 Il valore della Theoretical Multiplicity ... 64

2.5 Considerazione etiche ... 65

2.6 Riflessioni e limiti della ricerca ... 65

2.7 Finanziamenti della ricerca ... 66

CAPITOLO 3 INTRODUZIONE AL CASO DI STUDIO ... 68

3.1 Premessa ... 68

3.2 Il Perù tra povertà rurale e cambiamento climatico ... 68

3.3 Alcuni dati sulla Regione Amazonas ... 70

3.3.1 Brevi cenni storici ... 70

3.3.2 Ubicazione e alcuni dati sulla popolazione ... 75

3.3.3 Tendenze dello Sviluppo umano ... 76

3.3.3.1 Accesso a servizi basici: acqua ed elettricità ... 76

3.3.3.2 Il livello di alfabetizzazione ... 77

3.3.3.3 Situazione dell’infanzia ... 78

3.3.4 Principali attività economiche ... 78

3.3.4.1 Risorse minerarie ... 79

3.3.4.2 La specializzazione agricola ... 80

3.3.4.3 Piccole unità produttive e agricoltura familiare ... 81

3.3.5 Le caratteristiche fisico-ambientali della Regione ... 82

3.3.6 Alcuni cenni sul clima ... 83

3.4 Introduzione ai distretti di Churuja e Valera ... 85

3.4.1 Il distretto di Churuja: Alcune caratteristiche generali ... 86

3.4.2 Il distretto di Valera: Alcune caratteristiche generali ... 87

3.4.3 Caratteristiche socio culturali della popolazione dei distretti: i “mestizos regionales” ... 89

3.4.4 Clima e morfologia del territorio nei due distretti ... 90

3.5 Caratteristiche socio economiche dei due distretti ... 90

(9)

3.5.2 Le attività produttive ... 91

3.5.2.1 L’agricoltura ... 91

3.5.2.2 Il sistema dell’agricoltura familiare ... 92

3.5.3 Proprietà della terra ... 94

3.5.3.1 Il caso di Valera e la Comunidad Campesina ... 94

3.5.4 Piccole imprese agroindustriali e l’Associazione di produttori di “Panela” del distretto di Valera ... 95

3.5.5 Attività turistiche nel distretto di Valera ... 96

3.5.6 Attività estrattive ... 98

3.6 Conclusioni ... 98

CAPITOLO 4 CAMBIAMENTO CLIMATICO: VISIONI E RISPOSTE DELLE ISTITUZIONI NELLA REGIONE DI AMAZONAS ... 99

4.1 Premessa ... 99

4.2 L’adattamento al cambiamento climatico e il ruolo delle istituzioni ... 99

4.3 Il quadro normativo e le politiche sul cambiamento climatico: dal livello nazionale a quello regionale ... 100

4.3.1 La Strategia Nazionale Peruviana sul Cambiamento Climatico ... 100

4.3.2 La Strategia Regionale di Amazonas sul Cambiamento Climatico ... 105

4.4 Priorità e problemi della regione: il punto di vista delle istituzioni ... 107

4.5 Segnali ed effetti del cambiamento climatico secondo le Istituzioni ... 109

4.6 Le principali strategie di risposta al cambiamento climatico ... 112

4.6.1 Le iniziative delle Agenzie governative regionali ... 113

4.6.2 Le iniziative del mondo accademico e della ricerca ... 115

4.6.3 Le iniziative della cooperazione internazionale ... 115

4.6.4 Gli interventi nelle emergenze ... 116

4.7 Le istituzioni e la loro capacità di adattamento al cambiamento climatico: principali ostacoli e sfide ... 117

4.8 Il cambiamento climatico e la scena internazionale: un problema di equità ... 121

4.9 Conclusioni ... 124

CAPITOLO 5 PERCEZIONI SUI CAMBIAMENTI NEL CLIMA E SUI SUOI EFFETTI: IL PUNTO DI VISTA DELLA POPOLAZIONE LOCALE ... 126

5.1 Premessa ... 126

5.2 Percezioni sul cambiamento climatico e il valore delle osservazioni locali sul clima ... 126

5.3 Osservazioni e percezioni della popolazione locale sul clima che cambia ... 129

(10)

5.3.2 Alcune voci fuori dal coro ... 139

5.4 Percezioni sugli eventi estremi e i loro impatti ... 142

5.4.1 Alcune differenze nelle percezioni tra il distretto di Valera e il distretto di Churuja ... 143

5.5 Interpretazione dei cambiamenti nel clima ... 148

5.6 Conclusioni ... 149

CAPITOLO 6 RISPOSTE DELLA POPOLAZIONE AGLI EFFETTI DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO IN UN CONTESTO DI MOLTEPLICI STRESS ... 151

6.1 Premessa ... 151

6.2 Strategie di risposta e adattamento nei distretti di Churuja e Valera ... 151

6.2.1 Le strategie in agricoltura ... 152

6.2.2 Nuove colture: il caso della pitahaya da pianta silvestre a nuova opportunità? ... 154

6.2.3 Diversificazione del reddito ... 155

6.2.4 Il ricorso alle reti sociali ... 156

6.3 La doppia esposizione: globalizzazione economica e cambiamento climatico ... 158

6.3.1 Fattori che influiscono sulla capacità di adattamento: quando i guadagni non compensano gli sforzi ... 159

6.3.2 Un approfondimento ... 161

6.3.2.1 Volatilità e prezzi del caffè: dal globale al locale. ... 161

6.3.2.2 Le politiche neoliberiste e il loro impatto sui piccoli contadini ... 163

6.4 Agricoltura e le visioni sul futuro: Verso una “deagrarianizzazione”? ... 165

6.5 Le risposte agli eventi climatici estremi ... 166

6.5.1 Iniziative autonome nel distretto di Churuja ... 167

6.5.2 Protagonismo delle iniziative “pubbliche”: il caso di Churuja ... 168

6.5.3 Situazioni di emergenza: il caso della Defensa Civil nei due distretti... 169

6.5.4 Iniziative autonome e gli scarsi interventi pubblici: il distretto di Valera... 170

6.6 Il ruolo delle istituzioni nel facilitare le risposte della popolazione nei momenti di difficoltà . 172 6.6.1 Il caso dello JASS, Comitato di gestione dell’acqua del distretto di Valera ... 172

6.6.2 Le associazioni di produttori: una scatola vuota?... 174

6.6.3 Le istituzioni governative e le percezioni della popolazione locale ... 175

6.7 Conclusioni ... 178

CAPITOLO 7 VERSO UNA SINTESI: DISCUSSIONI E IMPLICAZIONI PER LE POLITICHE .. 181

7.1 Attori istituzionali e popolazione a confronto ... 181

(11)

7.1.2 Le risposte degli attori istituzionali di fronte alle sfide del cambiamento climatico. ... 182

7.1.3 Le risposte autonome della popolazione ... 183

7.2 Fattori che influenzano la capacità di adattamento della popolazione: dinamiche globali ... 184

7.2.1 Capacità di adattamento e fattori “locali”: associazionismo e istituzioni governative ... 185

7.3 La funzione delle politiche per l’adattamento e l’importanza dei processi partecipativi ... 186

7.3.1 Alcune considerazioni pratiche per il caso di studio ... 187

7.4 Conclusioni e spunti per future ricerche... 191

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ... 193

Sitografia ... 217

APPENDICE 1: GUIDA INTERVISTA RAPPRESENTANTI ISTITUZIONI ... 218

APPENDICE 2: GUIDA INTERVISTA AGLI ABITANTI DEI DISTRETTI DI CHURUJA E VALERA... 220

(12)

Lista delle sigle

AFC Agricoltura familiare consolidata

AFI Agricoltura familiare intermedia

AFS Agricoltura familiare di sussistenza

ARA Autoridad Regional Ambiental

CAIAF Commissione per l’Anno Internazionale dell’Agricoltura Familiare

CAP Cooperativas agrarias de producción

CDC Centers for Disease Control and Prevention

COP Conference of the parties

CVCA Climate Vulnerability and Capacity Analysis

DESINVENTAR Disaster Information Management System

ECASA Empresa Comercializadora de Arroz

ENAF Estrategia Nacional de Agricultura Familiar

ENCC Estrategia Nacional ante el Cambio Climatico

ENCI Empresa Nacional Comercializadora de Insumos

ENDES Encuesta Demografica y de Salud Familiar

ERCC Estrategia Regional ante el Cambio Climatico

FAO Food and Agriculture Organization

FIP Fondo Italo Peruviano

FONCODES Fondo de Cooperacion para el Desarrollo Social

GORE Gobierno Regional

GIZ Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit

HDI Human Development Index

ICA International Coffee Agreement

ICIMOD International Centre for Integrated Mountain Development

IFAD International Fund for Agricultural Development

IIAP Instituto de Investigaciones de la Amazonía Peruana

INDES-CES Instituto de Investigación para el Desarrollo Sustentable de Ceja de Selva

INEI Instituto Nacional de Estadísticañ e Informátic

IPCC Intergovernmental Panel on Climate Change

IUCN International Union for Conservation of Nature

JASS Junta Administradora de Servicios de Saneamiento

(13)

NCHS National Centre for Health Statistics

NRD UNISS Nucleo Ricerca Desertificazione Università degli Studi di Sassari

ONG Organizzazione Non Governativa

PAAMC Plan de Acción de Adaptación y Mitigación frente al Cambio Climático

PDRC Plan de Desarrollo Regional Concertado

PLANAGRACC Plan Nacional de Gestión de Riesgos y Adaptación al Cambio Climático para el Sector Agropecuario

PRA Participatory Rural Appraisal

PROCOMPITE Proyecto de Fortalecimiento de la competitividad de las Empresas Asociativas Rurales.

PRONOMACHCS Proyecto Nacional de Manejo de Cuencas Hidrograficas y Conservacion de Suelos

RRA Rapid Rural Appraisal

SAIS Sociedades Agrícolas de Interés Social

SENAMHI Servicio Nacional de Meteorologia e Hidrologia

SENASA Servicio Nacional de Sanidad y Calidad Agroalimentaria

UNDP United Nations Development Programme

UNFCCC United Nations Framework Convention on Climate Change

UNICEF United Nations Children's Fund

UNEP United Nations Environment Programme

WHO World Health Organization

WMO World Meteorological Organization

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Lista delle tabelle

Tabella 1.1 Alcune definizioni di adattamento al cambiamento climatico riferito ai

sistemi sociali……… 24

Tabella 1.2 Tipologie di adattamento secondo diversi criteri di classificazione……… 26

Tabella 1.3 Principali fattori che influenzano l’adattamento………. 33

Tabella 2.1 Alcuni tratti comuni della ricerca qualitativa………. 42

Tabella 2.2 Lista delle Istituzioni partecipanti alla ricerca……… 51

Tabella 2.3 Principali correnti confluite nei PRA………... 54

Tabella 2.4 Strumenti e finalità degli strumenti partecipativi (PRA) utilizzati durante i seminari……… 58

Tabella 3.1 Composizione delle attività economiche della Regione Amazonas………. 80

Tabella 3.2 Principali coltivazioni della Regione in base alla produzione……….. 81

Tabella. 4.1 Principali problemi della Regione Amazonas secondo le Istituzioni…….. 109

Tabella 4.2 Principali tipi di risposte degli attori istituzionali di fronte agli effetti del cambiamento climatico……… 117

Tabella 4.3 Principali ostacoli alla capacità di adattamento delle istituzioni…….…… 121

Tabella 5.1 Osservazioni sui cambiamenti nel clima e i loro impatti nei distretti di Valera e Churuja………. 141 Tabella 6.1 Principali risposte della popolazione agli effetti diretti e indiretti di un clima che cambia………. 159

Tabella 6.2 Principali risposte di fronte a eventi climatici estremi: distretto di Churuja……… 172

Tabella 6.3 Principali risposte di fronte a eventi climatici estremi: distretto di Valera………. 172

(15)

Lista delle figure

Fig. 1.1 Principali caratteristiche e concetti dei “second generation vulnerability

assessment”………. 20

Fig. 1.2 Concettualizzazione di vulnerabilità……….. 28

Fig. 2.1 Alcuni particolari dei risultati dei PRA, durante i seminari partecipativi 59 Fig. 2.2 Restituzione dei risultati dei PRA in plenaria, distretto di Valera………….. 60

Fig.2.3 Abitanti di Churuja lavorano alla mappa dei rischi del distretto………. 61

Fig. 2.4 Abitanti di Churuja lavorano al calendario delle attività del distretto……. 61

Fig. 2.5 Mappa concettuale delle interviste alle Istituzioni……….. 62

Fig. 2.6 Mappa concettuale delle interviste agli abitanti del distretto………. 62

Fig. 2.7 Mappa concettuale per gli strumenti partecipativi utilizzati nei seminari….. 62

Fig. 3.1 Mappa del Perù in America Latina……….. 70

Fig. 3.2 Mappe della Regione Amazonas e delle sue Province………... 75

Fig. 3.3 Principali industrie della Regione Amazonas……….. 79

Fig. 3.4 Carta fisica della Regione Amazonas………... 84

Fig. 3.5 Mappa della Provincia di Bongarà e dei suoi distretti……… 85

Fig. 3.6 Particolare di un’abitazione del distretto di Churuja……….. 87

Fig. 3.7 Piazza della Municipalità di Churuja………... 87

Fig. 3.8 Particolare della frazione Nuevo Horizonte, distretto di Valera………. 88

Fig. 3.9 Particolare di San Pablo di Valera, capoluogo del distretto di Valera ubicato nella parte alta………. 89

Figura 3.10 Alcune immagini della zona in cui sono ubicati i due distretti (Ceja de selva)………. 90

(16)

Fig. 3.11 Cascate di Gocta, distretto di Valera………. 97 Fig. 5.1 Scenari climatici SENAMHI. Cambiamenti previsti per il 2020……… 128 Fig 5.2 Attività partecipativa sul calendario climatico, distretto di Churuja………... 132 Fig 5.3 Depolpatrice per il caffè (distretto di Churuja)………. 134 Fig.5.4 Essiccazione del caffè su teli di polietilene, distretto Churuja………. 135 Fig. 5.5 Foglia di caffè colpita dalla “roya amarilla”, distretto di Churuja…………. 139 Fig. 5.6 Contadino del distretto di Churuja mostra il “muschio” che attacca gli alberi

da frutta……….. 141

Fig. 5.7 Percezioni sull'impatto degli eventi estremi nel distretto di Churuja……….. 146 Fig. 5.8 Percezioni sull'impatto degli eventi estremi nel distretto di Valera………… 146 Fig. 5.9 Mappa dei rischi realizzata dalla popolazione di Churuja durante le attività

partecipative……….. 147

Fig. 5.10 Mappa dei rischi realizzata dalla popolazione di Valera durante le attività partecipative……….

147 Fig. 6.1 Caffè appena raccolto (Varietà Caturra e Catimor)- distretto di Churuja….. 154 Fig. 6.2 Pianta e frutto della pitahaya………... 155 Fig. 6.3 Alcune case in situazione di vulnerabilità lungo il fiume Utcubamba (distretto Churuja)………

168 Fig. 6.4 Alcuni membri del Comitato direttivo JASS durante una riunione (Frazione

Nuevo Horizonte, distretto di Valera)………. 174

Fig. 6.5 Principali percezioni della popolazione sulle Istituzioni pubbliche dello

(17)

Lista dei Box di approfondimento

Box 1. 1 Nota concettuale: “Constraint” e “Limite” all’adattamento………... 32 Box 2.1 Breve descrizione del progetto “Instalaciòn sostenible del Bambù en el alto

y Bajo Imaza (Rio Utcubamba), Provincia Bongarà, Regiòn Amazonas………. 67

Box 3.1 Approfondimento: la riforma agraria del 1969 e il mondo rurale in Perù…... 73 Box 4.1 Principali passi nella gestione del cambiamento climatico a livello

nazionale……… 102

Box 4.2 Obiettivi, indicatori e strumenti d’implementazione della Strategia Nazionale per il Cambiamento Climatico………...

104 Box 5.1 Alcune tendenze sui cambiamenti climatici nella zona della selva peruviana………

(18)

PREFAZIONE

Il cambiamento climatico rappresenta una delle cause principali di una crisi umana e ambientale che coinvolge uomini e donne in diverse parti del mondo e che non si limita semplicemente a un futuro lontano (UNDP 2013, Sinopsis).

Nell’agenda scientifica e politica, nel corso dell’ultimo decennio, il cambiamento climatico ha guadagnato sempre più un ruolo di piena legittimità e riconoscimento. Anche l’ultimo rapporto di valutazione (5thAR, 2013) dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate

Change )1, autorevole foro scientifico internazionale specializzato sul tema, conferma il cambiamento climatico come un processo effettivamente in atto, la cui causa principale è da attribuirsi, con alta probabilità (95%), all’influenza delle attività antropiche.

Il cambiamento climatico, come conseguenza dell’azione umana sull’ambiente, costituisce una delle manifestazioni più evidenti dell’«Antropocene» (Crutzen, 2002, p.23), cioè di un’epoca iniziata con la Rivoluzione industriale che vede la preminenza della società umana e del suo modello di sviluppo come forza motrice degli attuali cambiamenti ed effetti sull’ambiente a livello globale. Questo periodo si caratterizza per una produzione socialmente organizzata che agisce come soggetto trasformatore della natura e che rischia però di compromettere sia l’oggetto della trasformazione, ossia la natura, sia l’esistenza della società stessa (Beck 2010). Inevitabilmente, questa situazione porta alla necessità di riflettere e rinnovare l’interesse verso l’analisi delle relazioni uomo e ambiente e delle trasformazioni della società stessa.

Dalle Conferenze delle parti (COP) organizzate nell’ambito della Convenzione delle Nazioni Unite per il Cambiamento Climatico (UNFCCC)2, ai nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile

1 L’IPCC, Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico è un importante e autorevole foro

scientifico di rilevanza internazionale, istituito dalla World Meteorological Organization (WMO) e dallo United Nations Environment Programme (UNEP) nel 1988, per fornire ai decisori politici una fonte obiettiva di informazione sui cambiamenti climatici, sugli impatti, sull’adattamento e la mitigazione. Come tale, il suo ruolo principale è quello di valutare in maniera aperta, obiettiva e trasparente la letteratura tecnico‐scientifica e socio‐economica rilevante per comprendere il fenomeno del cambiamento climatico, le sue cause, i suoi effetti e in particolare, i rischi per l’uomo, nonché le possibili misure di risposta di adattamento e mitigazione da mettere in atto.

(Fonte: IPCC 2013, IPCC Factsheet: What is the IPCC? Disponibile online: http://www.ipcc.ch/news_and_events/docs/factsheets/FS_what_ipcc.pdf )

2

La Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (UNFCCC), è stata approvata nell’ambito della Conferenza sull’ambiente e sullo sviluppo delle Nazioni Unite (Rio de Janeiro, Brasile, giugno 1992) ed è intrinsecamente legata alle altre due Convenzioni adottate dal Summit di Rio: la Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione e quella sulla diversità biologica. La UNFCCC è entrata in vigore il 21 marzo 1994, ratificata, ad oggi, da 197 Stati (detti “parti della Convenzione”). La Convenzione ha avuto un ruolo fondamentale nel contribuire al riconoscimento del problema del cambiamento climatico e dell’influenza negativa delle attività antropogeniche sul clima, considerando anche che ai tempi della sua entrata in vigore vi

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Post 20153, che includono tra gli altri, la necessità di implementare azioni urgenti per affrontare il cambiamento climatico e i suoi impatti, l’attenzione sul tema del riscaldamento globale si è imposta sulla scena politica internazionale, nell’agenda dello sviluppo, nell’ambito della scienza, ma anche della stessa opinione pubblica e dell’immaginario comune.

Tuttavia, malgrado l’evidenza del carattere planetario delle problematiche del clima, gli egoismi nazionali, le abitudini consolidate e il costo economico, sociale e politico per modificarle continuano a costituire elementi che frenano l’effettività di decisioni che siano condivise e rispettate a livello mondiale. Di fronte a questo scenario, quali che siano gli sviluppi futuri in termini di misure di mitigazione, ossia dell’insieme di strumenti orientati al contenimento delle emissioni di gas considerati clima-alteranti, l’innalzamento della temperatura è comunque ormai in atto e i suoi effetti sono già evidenti sui sistemi umani e naturali (IPCC 2013)4. L’adattamento, inteso come l’insieme delle risposte e dei processi per far fronte agli impatti del cambiamento climatico, diventa dunque un percorso inevitabile, in

era molta meno evidenza scientifica del fenomeno. L’obiettivo ultimo della Convenzione è conseguire la stabilizzazione della concentrazione di gas a effetto serra in atmosfera a un livello tale da prevenire dannose interferenze antropogeniche con il sistema climatico. La Convenzione, come stipulata originariamente, non poneva limiti obbligatori per le emissioni di gas serra alle singole nazioni; era quindi, sotto questo profilo, legalmente non vincolante. Essa però includeva la possibilità che le parti firmatarie adottassero, in apposite conferenze, atti ulteriori (denominati "protocolli") che avrebbero posto i limiti obbligatori di emissioni. Il principale di questi, adottato nel 1997, è il protocollo di Kyoto a cui fa seguito un nuovo importante accordo globale recentemente raggiunto durante la Conferenza delle Parti di Parigi (COP 21, 2015).

(Fonte: https://unfccc.int/essential_background/convention/items/6036.php)

3 Obiettivo n. 13: “Take urgent action to combat climate change and its impacts”. Targets:

- Strengthen resilience and adaptive capacity to climate-related hazards and natural disasters in all countries

- Integrate climate change measures into national policies, strategies and planning

- Improve education, awareness-raising and human and institutional capacity on climate change mitigation, adaptation, impact reduction and early warning

- Implement the commitment undertaken by developed-country parties to the United Nations Framework Convention on Climate Change to a goal of mobilizing jointly $100 billion annually by 2020 from all sources to address the needs of developing countries in the context of meaningful mitigation actions and transparency on implementation and fully operationalize the Green Climate Fund through its capitalization as soon as possible.

- Promote mechanisms for raising capacity for effective climate change-related planning and management in

least developed countries and small island developing States, including focusing on women, youth and local and marginalized communities.

Fonte: http://www.un.org/sustainabledevelopment/climate-change-2/

4 Secondo i dati riportati dall’IPCC, dal 1 al 2 12 la temperatura media globale è cresciuta di quasi un grado

centigrado ( , 5 C ) e visto i ritardi e i continui fallimenti per raggiungere un accordo sulla riduzione delle emissioni di gas serra è molto probabile che la temperatura salga di altri 4C entro il 2100. (IPCC 2013; Berrang-Ford, L., Berrang-Ford, J. D., & Paterson, J., 2011).

(20)

particolare per le popolazioni dei Paesi del Sud del mondo che oggi sono colpiti più duramente dalle conseguenze del riscaldamento globale5.

Tra questi, il Perù è considerato tra i dieci Paesi più vulnerabili al cambiamento climatico e agli eventi estremi a esso collegati (Brooks & Adger, 2003). Questa vulnerabilità è associata all’alta dipendenza del Paese dal settore primario come l’agricoltura, particolarmente sensibile al cambiamento climatico, ad alcuni fattori strutturali legati agli ecosistemi e alle caratteristiche geografiche, agli alti livelli di povertà presenti soprattutto nelle zone rurali (MINAM 2016)6, ma anche, tra le altre cose, al basso livello istituzionale che rende spesso difficoltosa la pianificazione e l’implementazione di azioni e politiche di adattamento concrete ed efficaci (Vargas 2009).

In questo quadro, la presente tesi di dottorato si propone di studiare, attraverso un caso studio, identificato nella Regione di Amazonas del Perù, e in particolare in un’area rurale dedita principalmente all’agricoltura di piccola scala e di sussistenza, come concretamente la popolazione percepisce, vive e si adatta, o più semplicemente risponde, alle sfide imposte dal cambiamento climatico, considerando anche gli attori istituzionali che operano in quel contesto. La ricerca si è svolta all’interno di un progetto di cooperazione allo sviluppo finanziato dal Fondo Italo Peruviano e implementato nella zona oggetto di studio con il coordinamento del Nucleo Ricerca sulla Desertificazione dell’Università di Sassari7.

Il primo capitolo della tesi è dedicato a un esame della letteratura specifica sull’adattamento al cambiamento climatico, con un’analisi dei concetti fondamentali e dei riferimenti che fanno

5 Secondo uno studio dell’UNDP (2013) i Paesi a basso reddito ad esempio corrono un rischio 79 volte superiore

di essere colpiti da disastri legati al cambiamento climatico.

6 Per citare solo alcuni aspetti si consideri, ad esempio, che il 46% del territorio nazionale peruviano si trova in

una condizione di alta vulnerabilità (zone aride e semi aride, zone esposte a inondazioni, siccità e desertificazione, zone costiere basse, ecosistemi montagnosi fragili) e il 36% della popolazione del Paese vive proprio in questo spazio. Tra le Regioni che presentano elevati livelli di suscettibilità a pericoli multipli ci sono Amazonas, Ayacucho, Cajamarca, Cusco, ecc. Inoltre, il versante Pacifico dove si concentra oltre il 60% della popolazione dispone solo dello 1,5% dell’offerta idrica nazionale e, ad oggi, dipende altamente dalle fonti di acqua provenienti dal versante Atlantico. Nel breve e medio periodo lo scioglimento dei ghiacciai, legato all’innalzamento della temperatura, esporrà la popolazione alla crescita dei fiumi mentre, nel lungo periodo, la disponibilità di acqua si ridurrà notevolmente, generando effetti negativi per le attività produttive, gli ecosistemi e la popolazione di queste aree. Infine, le comunità alto andine così come quelle indigene e dell’Amazzonia che vivono già in una situazione socio economica di povertà e esclusione sociale, saranno esposte sempre più frequentemente al rischio di disastri ed eventi estremi di natura climatico ambientale (MINAM 2016).

7 Il progetto della durata di due anni (maggio 2015-maggio 2017) è stato finanziato dal Fondo Italo Peruviano e

si intitola “Instalaciòn sostenible del Bambù en el Alto y Bajo Imaza (Rio Utcubamba), Provincia Bongarà,

Regiòn Amazonas” CF 22-2014-FIP. Per l’implementazione delle attività il Nucleo Ricerca sulla

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da cornice all’intera ricerca. In questa sezione vengono, inoltre, illustrati nel dettaglio gli obiettivi e le domande di ricerca.

Il secondo capitolo descrive e argomenta l’approccio, le strategie e i metodi utilizzati per la raccolta e l’analisi dei dati.

Il terzo capitolo introduce il caso di studio selezionato, partendo da una descrizione più generale della Regione Amazonas sino ad arrivare a quella più specifica dei due distretti di Valera e Churuja, in cui vive la popolazione che ha partecipato alla presente ricerca.

Il quarto capitolo ricostruisce le visioni, gli ostacoli e le iniziative attuate dai principali attori istituzionali che agiscono nella Regione di Amazonas in relazione al cambiamento climatico. Il quinto e sesto capitolo, invece, sono dedicati a dare voce alle esperienze vissute della popolazione locale, in particolare degli abitanti dei distretti di Churuja e Valera di fronte ai cambiamenti climatici e alle sfide che questo impone.

In particolare, il quinto capitolo descrive come gli abitanti, principalmente piccoli agricoltori di sussistenza, percepiscono e interpretano i cambiamenti nel clima e quali sono gli effetti che questi stanno avendo sulle loro livelihood. Il sesto capitolo analizza le risposte adottate dai contadini e dalla popolazione in generale e i fattori che influiscono sui processi adattivi, includendo le visioni degli abitanti sul ruolo giocato dalle istituzioni locali.

Infine, il settimo capitolo riprende brevemente alcuni dei punti salienti messi in luce dai risultati della ricerca e, alla luce di questi, discute alcune possibili implicazioni per le politiche di adattamento al cambiamento climatico, indicando inoltre alcuni spunti per studi futuri. La scrittura di questo lavoro arriva a conclusione proprio in un momento in cui molte zone del Perù, nel mese di marzo del 2017, sono state duramente colpite da eventi climatici estremi legati in parte al fenomeno de El Niño e agli effetti del cambiamento climatico, facendo precipitare il Paese in una grave situazione di emergenza. Le precipitazioni intense hanno generato inondazioni, fiumi di fango e pietre che hanno distrutto abitazioni, strade, ponti, raccolti, hanno lasciato migliaia di persone sfollate e in isolamento e hanno causato la perdita di centinaia di vite umane. Anche alla luce di ciò, più che mai in questo momento, l’attenzione e la ricerca sul cambiamento climatico soprattutto in Perù, diventano importanti ed attuali.

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CAPITOLO 1

L’ADATTAMENTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO: QUADRO TEORICO

E LINEE DI RICERCA

1.1 Premessa

Nel capitolo si analizza la letteratura sul cambiamento climatico nell’ambito delle scienze sociali, con un particolare focus sul concetto di adattamento che rappresenta il framework entro cui si sviluppa la presente ricerca, descrivendo le evoluzioni del dibattito politico e scientifico e i diversi orientamenti esistenti su questo tema. Oltre al concetto di adattamento, si analizzano anche altri concetti chiave correlati come, ad esempio, «vulnerabilità», «capacità di adattamento» e «determinanti dell’adattamento».

Infine, vengono illustrati gli obiettivi e le domande che hanno guidato il lavoro di ricerca.

1.2 Background: la rilevanza della questione climatica

Secondo i dati forniti dall’IPCC (2 13), dal 1 al 2 12 la temperatura media globale è cresciuta di quasi un grado centigrado ( , 5 C ) e la maggior parte del riscaldamento del nostro Pianeta si è registrata a partire dal 1970. Le ultime tre decadi sono state le più calde in assoluto rispetto a qualsiasi altro periodo mai registrato dal 1850, quando iniziarono le moderne misurazioni meteorologiche. Secondo le proiezioni stimate al 2100, la temperatura media potrà ancora salire di altri 0,3 C nello scenario più favorevole, mentre in uno scenario estremo si potrebbe arrivare ad un incremento di 4, C (IPCC 2013).

Negli ultimi anni, la copertura di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide è diminuita. In seguito al progressivo scioglimento dei ghiacci, tra il 1901 e il 2010, il livello del mare è cresciuto di 0,19 m, con la possibilità di un aumento ulteriore entro la fine del secolo, compreso tra i 26 e gli 82 cm (IPCC 2013), con conseguenti gravi danni soprattutto per gli insediamenti e gli ecosistemi delle regioni costiere.

Alcuni degli effetti di questi cambiamenti si stanno già percependo. Ad esempio, dal 1980 è aumentato notevolmente il rischio di eventi estremi, come siccità, uragani, inondazioni e

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piogge torrenziali con un incremento della loro intensità e frequenza e risultati disastrosi in diverse regioni del mondo: Africa, America Latina, Asia, Europa, Nord America, ecc. Anche la temperatura degli oceani si è innalzata, con effetti sugli ecosistemi marini, la diversità dei pesci e la disponibilità di plancton (UNDP 2013, Sinopsis). Nel lungo periodo gli effetti del cambiamento climatico implicheranno ulteriori sfide per la biodiversità, la sostenibilità degli ecosistemi, l’insicurezza idrica e alimentare, la salute umana, causando molto probabilmente anche significative retrocessioni per quanto riguarda lo sviluppo umano (UNDP 2013, Sinopsis).

Oltre tre decenni di dibattito sull’urgenza del cambiamento climatico e la crescente necessità di azioni effettive per prevenire e affrontare i suoi effetti, non soltanto sugli ecosistemi naturali, ma anche sulla società, hanno portato a un riconoscimento sempre più ampio dell’importanza degli studi scientifici per motivare le decisioni politiche, rafforzare le capacità di implementare misure di adattamento e di mitigazione e informare l’opinione pubblica (Stern 2007). In particolare, vista la complessità delle questioni e dei problemi legati a un clima che cambia, l’attenzione delle scienze sociali su questo tema, soprattutto nel corso dell’ultimo decennio, ha dato un contributo fondamentale, per poter comprendere e far fronte alle ricadute di questo fenomeno sulla società (Adger & Barnett 2009; Geoghegan and Leyson 2012; Granderson 2014).

1.3 Verso una definizione di cambiamento climatico

Prima di proseguire con la rassegna della letteratura sugli aspetti umani e sociali del cambiamento climatico, occorre fare una premessa sul concetto stesso di “cambiamento

climatico”.

La Convenzione delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (UNFCCC) definisce il cambiamento climatico principalmente come il frutto dell’azione umana:

«un cambiamento del clima attribuito direttamente o indirettamente all’attività umana che altera la composizione dell’atmosfera globale e che si aggiunge alla variabilità climatica naturale osservata nel corso di osservazioni comparabili nel tempo (UNFCCC 1992)»8.

Nell’ambito della presente tesi di dottorato, in realtà, si considera la definizione più ampia adottata dall’IPCC, autorevole foro scientifico specializzato in materia:

8 «A change of climate which is attributed directly or indirectly to human activity that alters the composition of

the global atmosphere and which is in addition to natural climate variability observed over comparable time periods», UNFCCC 1992.

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«Il cambiamento climatico si riferisce ai cambiamenti nel clima nel corso del tempo, dovuti alla variabilità naturale o al risultato dell’attività umana (IPCC 2007)»9.

Nel quadro di questo lavoro, infatti, soprattutto per ciò che riguarda l’analisi degli effetti e dei processi di adattamento al cambiamento climatico, si è scelto in linea di massima di non considerare la distinzione tra variabilità naturale e cambiamento di natura antropogenica, in quanto non funzionale agli obiettivi della ricerca. Come sostenuto anche da altri autori (Brace & Geoghegan 2011; Hulme 2010), considerare l’ibridità dei rischi climatici, abbracciando una formulazione più ampia, permette di ricomprendere le diverse esperienze e interpretazioni della popolazione e degli attori considerati relative al clima e ai rischi connessi, offrendo al tempo stesso maggiori opportunità di dialogo con le popolazioni interessate.

1.3.1 Il cambiamento climatico come problema complesso e “nuovo rischio”

Il cambiamento climatico e l’adattamento al cambiamento climatico sono stati definiti come “wicked problem” per eccellenza (Davoudi et al. 2009; Jordan et al. 2010).

Il concetto di wicked problem che letteralmente significa “problema stregato” è stato introdotto inizialmente da Rittel e Webber (1973) per distinguere i problemi “gestibili” (tameable) da quelli intricati e intrattabili (intractable). Le principali caratteristiche di questo tipo di problema, riguardano in primo luogo, la difficoltà di definirlo perché la «formulazione del problema è il problema» (Rittel & Weber 1973, p.161). Non vi è cioè consenso su come inquadrare il problema o la soluzione. Piuttosto che un unico problema, si presenta come un insieme disordinato e confuso di problemi interrelati. In ragione di come si analizza una situazione, emergono differenti aspetti di questo disordine, come cause, effetti, priorità, effetti secondari ecc. (Termeer et al. 2013).

In secondo luogo, ogni wicked problem può essere considerato, a sua volta, come sintomo di un altro problema. Attraverso le loro caratteristiche multidimensionali e interconnesse, i problemi di questo tipo implicano cause ed effetti a differenti livelli in termini di tempo e spazio (Termeer et al. 2013).

In terzo luogo i wicked problem sono molto difficili da risolvere, nuovi problemi e nuove soluzioni emergono continuamente.

Infine, i wicked problem, visto l’alto grado d’incertezza, l’interconnessione e i legami senza fine che li caratterizzano, possono portare a complesse e difficili esperienze tra gli attori della

9 «Climate change refers to any change in climate over time, whether due to natural variability or as a result of human activity», IPCC ( 4th AR, 2007).

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governance che cercano di rispondere ai problemi della società (Weber and Khademain

2008). Di solito gli attori che si trovano a dover affrontare situazioni di questo tipo -questo vale soprattutto per i policy makers ma non solo- non possono pensare di agire come sempre hanno fatto con problemi di tipo lineare (tame).

Come i wicked problem, il cambiamento climatico presenta molteplici effetti che si riflettono in settori diversi: la salute, la gestione dell’acqua, l’agricoltura, le infrastrutture, la fornitura di energia, l’industria e l’ambiente. Inoltre, le stesse vulnerabilità climatiche si legano profondamente alle vulnerabilità sociali ed economiche del sistema e interagiscono con fattori di varia natura. Ciò genera una serie d’interdipendenze e interconnessioni che non possono essere facilmente separate (Termeer et al. 2013) e che ne rendono ancora più complessa la

governance.

Un altro dilemma che caratterizza il cambiamento climatico riguarda l’incertezza dei rischi ad esso legati. Nonostante i modelli matematici e le osservazioni sistematiche abbiano contribuito ad aumentare la consapevolezza e le informazioni su questo fenomeno, le incertezze sulla portata dei rischi e sull’efficacia delle possibili soluzioni persistono. Ancor più, le difficoltà aumentano, in quanto, generalmente, la maggior parte dei dati e dei modelli climatici sono costruiti su una scala medio grande (a livello globale o nazionale) rendendo complicata la loro applicazione a livello locale e moltiplicando i margini d’incertezza.

In questo senso, il cambiamento climatico presenta delle analogie anche con quelli che Beck, nella sua opera del 1992, definisce “nuovi rischi” e di cui sottolinea proprio, tra le altre cose, l’incapacità della scienza di determinarne con esattezza la portata, generando difficoltà nella formulazione di previsioni esatte e valutazione degli impatti (Beck 1992).

Un’altra caratteristica del cambiamento climatico, tipica dei wicked problem ma anche dei

nuovi rischi, riguarda la dimensione dello spazio e del tempo. Il cambiamento climatico

infatti, ha una dimensione globale che trascende i confini geografici, ma i suoi effetti si manifestano in primo luogo a livello locale. Inoltre, le conseguenze di questo fenomeno non minacciano solo le generazioni attuali, ma ricadono anche su quelle future. Conciliare le ambizioni di lungo periodo con le necessità del presente rappresenta, dunque, un’altra importante sfida che caratterizza questo fenomeno. Ad esempio, tra le risposte al cambiamento climatico, l’adattamento richiede anche l’adozione di misure che anticipino, in qualche modo, i futuri sviluppi del riscaldamento globale. Questo però, spesso, si scontra con

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le pressioni e gli interessi, soprattutto di natura economica, di breve periodo (Termeer et al. 2013).

Infine, il cambiamento climatico, implica il coinvolgimento di una molteplicità di attori e

stakeholder su diversi livelli (da quello locale, a quello regionale, nazionale e internazionale),

a cui corrispondono una varietà di visioni e prospettive differenti sul problema, sul grado di urgenza, sui suoi rischi e impatti, sui potenziali danni o benefici reali e potenziali. Tale diversità si riflette, ovviamente, anche sulle decisioni individuali e su quelle collettive all’interno, ad esempio, delle varie arene politiche e normative, richiedendo una governace complessa che sia multi settore, multi livello e multi attore (Termeer et al. 2013).

1.4. L’emergere della questione adattamento nell’arena politica internazionale e nel dibattito scientifico

Il dibattito politico e scientifico sui modi per affrontare il cambiamento climatico, ruota intorno a due questioni principali: la mitigazione da un lato e l’adattamento, dall’altra. La mitigazione, agisce sulle cause antropogeniche del fenomeno, attraverso misure per la riduzione delle emissioni di gas serra, considerate responsabili del riscaldamento globale. L’adattamento invece, si riferisce in generale agli aggiustamenti e alle risposte dei sistemi ecologici e socioeconomici al cambiamento climatico e ai suoi effetti (Smit, Burton, Klein et al. 1999) interessando, quindi, assai più gli aspetti che riguardano le conseguenze che le cause del riscaldamento globale.

Nonostante a livello mondiale tutti i Paesi siano ormai pienamente impegnati e coinvolti nei negoziati per affrontare questo problema, si pensi anche al recente Accordo di Parigi di dicembre 2015 (COP 21)10, con il quale ben 195 Paesi hanno adottato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima, persistono comunque le preoccupazioni circa le difficoltà di tradurre gli sforzi internazionali in misure concrete e reali per la riduzione del riscaldamento globale. In ogni caso, a causa della storia passata di emissioni, a

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L’Accordo di Parigi, entrato in vigore il 4 novembre 2016, con la ratifica di 154 Stati,in estrema sintesi contiene sostanzialmente quattro impegni per le Parti che lo hanno sottoscritto:

• Mantenere l’aumento di temperatura inferiore ai 2 gradi, e compiere sforzi per mantenerlo entro 1,5 gradi. • Smettere di incrementare le emissioni di gas serra il prima possibile e raggiungere nella seconda parte del secolo il momento in cui la produzione di nuovi gas serra sarà sufficientemente bassa da essere assorbita naturalmente.

• Controllare i progressi compiuti ogni cinque anni.

• Mobilitare 100 miliardi di dollari ogni anno entro il 2020 per i paesi più poveri per aiutarli a sviluppare fonti di energia meno inquinanti e migliorare la resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici.

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prescindere da quanto effettive saranno le misure di mitigazione implementate, il riscaldamento del pianeta è ormai un fenomeno già in atto, con effetti evidenti sui sistemi umani e naturali. L’adattamento diventa, dunque, una scelta inevitabile (Berrang Ford et al. 2011). Inoltre, la riduzione delle emissioni impiegherà diversi decenni prima che si manifestino i benefici, mentre l’adattamento presenta degli effetti immediati e può essere implementato su scala regionale e locale, anche indipendentemente dall’andamento dei compromessi e dei negoziati internazionali, da cui invece dipende fortemente l’adozione di misure di mitigazione effettive a livello globale (Fussel & Klein 2006).

Nel corso dell’ultimo decennio, l’attenzione della politica e del dibattito scientifico sulla questione “adattamento” è dunque cresciuta notevolmente, divenendo una questione urgente soprattutto per i Paesi del Sud del mondo, considerati i più vulnerabili e i primi a essere colpiti negativamente dagli impatti del cambiamento climatico (IPCC 2007).

Tuttavia, storicamente l’adattamento è stato sino all’inizio di questo secolo un tema controverso nell’ambito del dibattito e dell’agenda politica. La mitigazione è stata considerata, soprattutto nelle prime fasi della UNFCCC, come il principale strumento di policy, mentre l’adattamento come una risposta secondaria e marginale (Schipper 2 6). Analizzando, ad esempio, lo stesso obiettivo della Convenzione delle Nazioni Unite sul Cambiamento climatico emerge la priorità per «la stabilizzazione delle emissioni di gas serra

al fine di evitare pericolosi cambiamenti antropogenici nel clima» (articolo 2, UNFCCC

1992):

«The ultimate objective of this Convention (…) is the stabilization of greenhouse gas concentrations in the atmosphere at a level that would prevent dangerous anthropogenic interference with climate system11.

Such a level should be achieved within a time frame sufficient to allow ecosystems to adapt naturally12 to climate change, to ensure that food production is not threatened and to enable economic development to proceed in sustainable manner (UNFCCC 1992, art.2)».

L’adattamento è considerato, dunque, come un modo per moderare e ridurre l’impatto negativo del cambiamento climatico o realizzare effetti positivi, entro un certo livello di “pericolo”. È interessante notare come dietro quest’articolo, e in particolare dietro l’idea di

11

Nostro grassetto

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“un’interferenza antropogenica pericolosa con il sistema climatico” vi sia il concetto di una soglia di tolleranza, di un limite ecologico che non deve essere superato, pena il venir meno della sicurezza alimentare e dello sviluppo sostenibile. Quest’idea ricalca il concetto alla base del rapporto Limits to Growth del Club di Roma del 1972, dove Meadows e colleghi, attraverso un modello che analizzava alcuni processi che impattavano il pianeta, cercavano di predire quanto ancora sarebbe stato possibile sopportare un certo tipo di crescita. In linea con un approccio sostanzialmente ecologico, nell’ambito della UNFCCC, la misura di questa soglia, cioè di quanto un sistema possa essere sottoposto a stress prima che collassi, è data dalla capacità del sistema di adattarsi ai cambiamenti, in questo caso, di natura climatica (Schipper 2006). Tale capacità di adattamento, nelle prime fasi della UNFCCC, era concepita come un aspetto intrinseco ai due tipi di sistemi, umani e naturali. L’adattamento era perciò considerato come un processo che non richiedeva alcun tipo di politica o intervento specifico (Schipper 2006).

L’evidente priorità per le misure di mitigazione si riflette anche nei primi report dell’IPCC, il foro scientifico internazionale che supporta il processo dell’UNFCCC, che ponevano scarsa attenzione al tema dell’adattamento, della vulnerabilità e dell’equità (Schipper 2 6). Secondo il pensiero dominante di molti scienziati, per poter invertire i trend di cambiamento nel clima, era necessario agire prima di tutto sulle cause antropogeniche del fenomeno, limitando le emissioni di gas serra, spesso con interventi focalizzati soprattutto nel settore energetico. In tempi in cui vi era ancora un certo grado di incertezza scientifica e una spaccatura netta tra “believers” e “climate skeptics” riconoscere l’opzione adattamento significava: da un lato ammettere che il cambiamento climatico si stesse ormai realmente verificando, dall’altro in parte sminuire l’efficienza della mitigazione, proprio mentre si cercava di costruire consenso e supporto internazionale intorno a questo strumento (Burton 1994). In aggiunta, l’approccio dell’adattamento era associato a una “do nothing strategy” (Kjellen, 2006), con una preoccupazione anche da parte di alcuni Paesi del Sud del mondo, che le discussioni sull’adattamento portassero a un deragliamento dell’impegno preso dalle economie più avanzate per la mitigazione delle loro emissioni di gas serra. Come risultato, il dibattito politico dei primi anni ‘9 si caratterizzava per una dicotomia tra mitigazione e adattamento.

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Questa situazione ha fatto sì che anche la letteratura e la ricerca sui due fronti avanzassero a velocità differenti: molto più lavoro è stato portato avanti sulla mitigazione, creando una mancanza di comprensione adeguata e consenso sull’adattamento (Schipper 2 6).

Tuttavia, nel corso dell’ultimo decennio le prospettive sono cambiate, alla luce delle ragioni esposte all’inizio di questo paragrafo. L’adattamento, come misura che agisce sugli impatti del cambiamento climatico, sull’ambiente e tra i gruppi sociali vulnerabili (Dewulf 2013), ha assunto ora un ruolo di fondamentale importanza e complementare alla mitigazione, soprattutto per i paesi più vulnerabili e poveri dove gli effetti di questo problema globale si stanno già manifestando in maniera più evidente. Nel 2001, già in seguito alla pubblicazione del terzo Rapporto di valutazione dell’IPCC, l’adattamento è iniziato a risalire nell’agenda politica e scientifica (Schipper 2 6). Nel 2 4, nell’ambito della COP 1 si approva un Programma sull’adattamento13, mentre nell’ambito della COP 13 di Bali del 2007, l’adattamento viene riconosciuto formalmente alla pari della mitigazione, della tecnologia, della cooperazione e del finanziamento, come uno dei pilastri necessari per una risposta comprensiva al cambiamento climatico.

Infine, nell’ambito dell’Accordo di Parigi, istituito nel corso della recente COP 21 (2015), si riconferma l’importanza dell’adattamento, stabilendo l’impegno a rafforzare le misure per aumentare la resilienza e ridurre la vulnerabilità al cambiamento climatico, con un incremento del supporto in favore soprattutto dei «Paesi in via di sviluppo» (Paris Agreement 2015)14.

1.4.1 Adattamento, capacità di adattamento e studi sulla vulnerabilità: evoluzioni nella letteratura sul cambiamento climatico

Da un punto di vista della ricerca, i progressi fatti sull’analisi e lo studio dell’adattamento, soprattutto a livello locale, sono stati notevoli nell’ultimo decennio, come riportato dallo stesso IPCC (2013).

In letteratura, i primi studi sull’adattamento al cambiamento climatico, emergono inizialmente in associazione alle stime e ai modelli sugli effetti del riscaldamento globale, dove vengono

13 Decision 1/CP.10 (Doc. FCCC/CP/2004/10/Add.1) 14 L’articolo 7 dell’Accordo di Parigi, recita cosi:

«The Paris Agreement establishes a global goal to significantly strengthen national adaptation efforts –

enhancing adaptive capacity, strengthening resilience and reduction of vulnerability to climate change – through support and international cooperation. It also recognizes that adaptation is a global challenge faced by all. All Parties should submit and update periodically an adaptation communication on their priorities, implementation and support needs, plans and actions. Developing country Parties will receive enhanced support for adaptation actions»

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proposti modelli statistici e scenari sugli impatti, valutando la differenza che può essere giocata dalla presenza o meno di misure ipotetiche di adattamento (Smit &Wandel 2006). L’adattamento è stato inoltre, considerato nell’ambito degli studi sulla vulnerabilità, in particolare da quelli che Fussel & Klein definiscono “first generation vulnerability studies”. Questo tipo di studi, volti a misurare la vulnerabilità di Paesi, regioni o comunità al cambiamento climatico utilizzano spesso valutazioni comparative, fondate su criteri, indici e variabili selezionati a priori o stimate statisticamente e propongono opzioni di adattamento che hanno il carattere di “soluzioni” tecniche e tecnologiche (Fussel & Klein 2006).

A partire dalla seconda metà degli anni ‘9 , l’influenza degli studi sullo sviluppo, sulla sicurezza alimentare e la letteratura sui disastri ambientali, contribuiscono ad affermare la prospettiva della vulnerabilità sociale15 (Ayers 2 1 ). In quest’ottica, le nuove valutazioni sulla vulnerabilità, definite da Fussel e Klein di “seconda generazione” o da Bisaro (2 1 ) “present based studies”, focalizzano l’attenzione sull’analisi della capacità reale di adattamento e sulla vulnerabilità di un sistema sociale, studiando come gli effetti e i rischi del cambiamento climatico sono vissuti nel presente e a livello locale. Questo tipo di approccio, vede un maggior coinvolgimento degli stakeholder nella ricerca e un ruolo più importante delle scienze sociali e dell’approccio interdisciplinare (Fussel & Klein, 2006). Oltre alle variabili non climatiche, questi studi considerano spesso, rispetto a quelli di prima generazione, anche l’influenza di driver associati a importanti processi di cambiamento globale, come l’urbanizzazione e la globalizzazione economica, che contribuiscono a loro volta a determinare le risposte e la capacità di adattamento di un sistema.

A questo proposito, alcuni autori, ad esempio, hanno studiato gli effetti combinati del cambiamento climatico con la globalizzazione economica, parlando di “double exposure” (O’Brien & Leichenko, 2 ; O’Brien et al., 2004). Allo stesso tempo, questo tipo di driver di natura “esogena” possono influenzare e agire anche su altri fattori locali rilevanti, di tipo “endogeno” (Brook 2 3)16 e di natura non climatica, come il livello di educazione, il livello

15 La vulnerabilità sociale enfatizza le dimensioni sociali della vulnerabilità seguendo la tradizione delle analisi

di vulnerabilità al rischio e all’insicurezza alimentare e ponendo attenzione, in molti casi, alla dimensione degli

entitlement, in contrasto con la visione di vulnerabilità agli impatti del cambiamento climatico che si

concentrano sulle dimensioni fisiche della questione. In Adger, N., 1999. Social Vulnerability to Climate Change and Extremes in Coastal Vietnam, World Development, vol 27, n.2, pp. 249-269.

16 Brooks classifica le determinanti della capacità di adattamento in fattori esogeni e endogeni. I fattori

endogeni si riferiscono alle caratteristiche e ai comportamenti della popolazione considerata mentre i fattori esogeni includono il più ampio contesto economico e geopolitico. Sebbene questa divisione costituisce per certi versi di una complicazione non necessaria, vista la complessità delle interazioni tra sistemi e tra i diversi livelli,

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di benessere, l’accesso alle reti sociali e istituzionali (Pelling & High 2005; Paavola & Adger 2006) e insieme, determinano la sensibilità di un sistema o di una comunità al cambiamento climatico. Altri autori (Adger & Kelly 1999) analizzano i fattori che determinano la vulnerabilità di un sistema in termini di “architecture of entitlements”, ricalcando i concetti usati da Sen (1990) e Bohle et al. (1994), nella letteratura sull’insicurezza alimentare e presenti anche nella letteratura sul rischio. Secondo questo approccio, la misura in cui gli individui, un gruppo o una comunità sono “entitled” o hanno accesso, all’utilizzo delle risorse, influenza direttamente la capacità di quella particolare popolazione di far fronte o adattarsi agli stress esterni, in particolare agli impatti del cambiamento climatico.

Figura 1.1 Principali caratteristiche e concetti dei “second generation vulnerability assessment”

(Fonte: Fussel & Klein 2006, p.319)

Nell’ambito della ricerca sull’adattamento, in particolare nel settore delle scienze sociali, Smit & Wandel (2006), evidenziano la presenza di un filone di studi che gli autori chiamano “dall’applicazione pratica”, in realtà molto vicini a quelli di seconda generazione citati sopra. Questi lavori documentano i modi in cui un sistema o una comunità fa realmente esperienza in realtà è utile dal punto di vista concettuale per ricordare che nello studio dell’adattamento bisogna considerare non soltanto i processi che operano a livello di sotto sistema, ma anche il più ampio contesto sociale, economico, politico e ambientale entro il quale il sistema d’interesse è immerso. In Brooks, N.: 2003,Vulnerability, Risk and Adaptation: A Conceptual Framework, Working Paper 38, Tyndall Centre for Climate Change Research, Norwich, UK.

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dei cambiamenti climatici, quali sono i processi decisionali, le autorità e i meccanismi coinvolti nell’adattamento, senza presumere a priori le condizioni o le determinanti della sensibilità del sistema o della sua capacità di adattamento, ma utilizzando e mettendo al centro dell’analisi le conoscenze ottenute empiricamente dalla comunità studiata (Smit & Wandel 2 6). L’obiettivo di questi studi, dall’approccio bottom up, in contrasto con gli approcci top

down tipici dei lavori basati su modelli e scenari futuri, non è quello di dare una valutazione

aggregata a livello regionale o globale della vulnerabilità. Lo scopo principale è quello di identificare che cosa può essere fatto nella pratica, in che modo e da chi, per moderare la vulnerabilità e le condizioni che sono realmente problematiche per una data comunità (Pahl Wostl 2002; Moss et al. 2001; Tschakert 2007; Meza 2014).

Secondo gli autori, lo scaling up di questo tipo di studi è quello di comparare comunità e società al fine di identificare quelle caratteristiche dei sistemi umani e dell’ambiente che contribuiscono a moderare o creare la vulnerabilità e quali caratteristiche delle strategie di adattamento già messe in atto sono effettive (Smit & Wandel 2006).

Tuttavia, non mancano le critiche da parte di chi sottolinea come realizzare una meta analisi del crescente numero di casi studio sull’adattamento e valutare i progressi raggiunti su questo fronte (Burton & May 2004, p.31) non sia impresa facile. Ciò a causa del carattere prevalentemente descrittivo ed esplicativo di molti di questi studi sull’adattamento, a causa della molteplicità di metodologie applicate, delle assunzioni teoriche eterogenee non sempre ben esplicitate (Hinkel & Bisaro 2015) e dell’assenza di indicatori misurabili. Ad esempi, se la valutazione dei progressi ottenuti nell’ambito della mitigazione può essere valutata più semplicemente facendo riferimento alla concentrazione di gas effetto serra, l’adattamento è una questione molto più complessa, che riguarda gli aggiustamenti dei sistemi umani a scale e livelli differenti, dal locale al globale e che interessa attori diversi (governi, individui, famiglie, gruppi sociali, ecc.) e che, solo in parte, si sviluppa in risposta a stimoli climatici (Berrang-Ford et al. 2011). La comprensione e lo studio approfondito di questo fenomeno, della capacità di adattamento e delle determinanti della vulnerabilità, richiedono una maggiore attenzione ai contesti reali e specifici e allo stesso tempo, un ulteriore sforzo per poter poi utilizzare la conoscenza ottenuta attraverso i casi studio, al fine di facilitare e promuovere l’adattamento su una scala più ampia (IPCC 2 14, 5th AR).

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1.5 Verso una definizione di adattamento al cambiamento climatico

1.5.1 Il concetto di adattamento

Il termine adattamento, affonda le sue radici nell’ambito delle scienze naturali, in particolare nella biologia dell’evoluzione (Smit & Wandel 2006). In questo settore di studi, la definizione generica che viene adottata si riferisce allo sviluppo di caratteristiche genetiche e di comportamento che permettono a un organismo o a un sistema di far fronte ai cambiamenti ambientali al fine di sopravvivere e riprodursi (Smit & Wandel 2006). Nella sua opera Le

origini della specie, Darwin (2011) richiama il concetto di adattamento introducendo la teoria

della selezione naturale, per cui nel corso dell’evoluzione, vengono favoriti (“selezionati”) quegli organismi che riescono a sviluppare o modificare alcune caratteristiche che permettono loro di sopravvivere e riprodursi di fronte a stress e particolari condizioni ambientali, adattandosi.

Il concetto di adattamento è stato poi utilizzato anche nell’ambito delle scienze sociali, dove i principi ecologici sono stati applicati nel contesto dell’interazione umana. Infatti, anche i sistemi economici, sociali e gli individui possono adattarsi ai cambiamenti delle condizioni ambientali. Tuttavia, un’importante distinzione tra i sistemi biofisici e umani riguarda la capacità di questi ultimi di pianificare e gestire l’adattamento. I primi invece, rispondono alle perturbazioni in maniera interamente reattiva (Smithers & Smit 1997). I sistemi umani sono sia reattivi sia proattivi e incorporano le percezioni sull’ambiente e la valutazione dei rischi come elemento importante delle strategie di adattamento. Inoltre, i sistemi umani oltre alla mera sopravvivenza, perseguono altri obiettivi, come, ad esempio il miglioramento della qualità di vita o lo sfruttamento delle opportunità percepite (Smithers & Smit 1997).

Tra le prime applicazioni del termine adattamento ai sistemi umani, l’antropologo Julian Steward, considerato come uno dei fondatori dell’ecologia culturale, usa il concetto di “adattamento culturale” per descrivere un processo di aggiustamento di alcune caratteristiche di base (“cultural core”) delle società all’ambiente naturale (Steward 1972, p.7 e pp 21 ss.). Denevan (19 3, p.4 1) considera l’adattamento (culturale) come un “processo di cambiamento in risposta non solo a un cambiamento nell’ambiente biofisico, ma anche a un cambiamento negli stimoli interni di un sistema, come nell’economia o nell’organizzazione, ampliando il range di stress ai quali i sistemi umani si adattano.

Figura

Figura 1.1 Principali caratteristiche e concetti dei “second generation vulnerability assessment”
Tabella 1. 2 Tipologie di adattamento secondo diversi criteri di classificazione
Figura 1.2 Concettualizzazione di vulnerabilità
Figura 2.1 Alcuni particolari dei risultati dei PRA, durante i seminari partecipativi
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