ILLUMINISMO
LA RATIO SOPRA TUTTO
Collocazione storica e tematica
Con ILLUMINISMO si intende un movimento intellettuale e filosofico del Settecento che ha avuto origine in Inghilterra e si è sviluppato soprattutto in Francia, diffondendosi in seguito in tutta Europa. Tale movimento è caratterizzato dalle seguenti tematiche:
• Critica del passato • Vocazione politica
• Esaltazione della ragione
I suoi intellettuali tendevano cioè a ritenersi portatori di una nuova, più pura e più compiuta idea di ragione, una ragione veramente autonoma, consapevole e capace di conoscere l’intima verità delle cose e del mondo, superando tutte le superstizioni del passato e proponendosi come guida per la vita dei singoli e dei popoli in un processo finalmente autentico di emancipazione e civilizzazione.
Antecedenti
Gli antecedenti del movimento sono da ritrovarsi
• Nella cultura scientifica di Galileo, Bacone e
Newton
• Nel razionalismo di Cartesio
• Nell’empirismo e nella critica all’assolutismo di
John Locke
In tutte quelle correnti di pensiero rinascimentali e
moderne che hanno insistito su una visione del
La diffusione rapida dell’Illuminismo
La diffusione dell’Illuminismo è stata favorita dal
fatto che l’intellettuale illuminista è un
viaggiatore attraverso le corti europee e dal
fatto che egli alle letture, come strumento di
crescita culturale, affianca la cura delle relazioni
all’interno di comunità degli studiosi che
travalica i confini nazionali guadagnando una
prospettiva europea e mondiale.
L’intellettuale illuminista
IN COERENZA CON CIÒ l’intellettuale illuminista si ritiene
cittadino del mondo
• cosmopolita cioè senza patria, senza retaggi scomodi
e ingombranti del passato e senza responsabilità verso
le proprie effettive radici;
• e al tempo stesso universalista cioè incline a credere
che la natura umana razionale sia in tutti la medesima
e soprattutto che segue le stesse tappe di sviluppo che
culminano nell’illuminismo stesso, inteso quale punto
più alto e progredito dello sviluppo delle civiltà.
La tolleranza e la sua dialettica
Se la natura umana è razionale e segue uno sviluppo lineare,
bisogna essere tolleranti con le più diverse opinioni, fiduciosi che
quelle sbagliate saranno rigettate dalla stessa ragione nel suo
continuo progredire verso il meglio.
Qualora ciò non accadesse, bisogna intervenire con la politica per
scalzare con la forza tutti coloro che si oppongono al trionfo della
tolleranza stessa, cioè dell’atteggiamento umano più razionale e
corretto, difendendo irrazionali e ingiusti privilegi di un passato
preda dell’ignoranza e dell’oscurantismo.
Vi è qui un esempio tipico di dialettica della tolleranza, le cui
motivazioni, al contatto con la realtà refrattaria, trasformano un
atteggiamento tollerante in uno intollerante.
Il partito dei filosofi
• L’intellettuale illuminista, per difendere ed affermare le sue idee,
ambisce a costruire una repubblica delle lettere (titolo di un
periodico fondato da Pierre Bayle) che si affianchi alla società
politica ed eserciti su di essa pressioni per modificare, nel senso
da lui preconizzato e teorizzato le strutture sociali e di potere.
• Gli illuministi – chiamati anche, con termine francese,
philosophes, cioè i filosofi per eccellenza – diventano pertanto un
GRUPPO DI PRESSIONE
prima legato all’aristocrazia e alla monarchia che finanziano
programmi di ricerca e i singoli intellettuali;
poi – quando le critiche illuministe coinvolgeranno la monarchia
stessa – legato all’alta borghesia.
Illuminismo e censura anti-illuminista
Le iniziative degli illuministi si scontrano talora con i rigori della censura, quando vanno ad attaccare in modo troppo diretto le istituzioni politiche o ecclesiastiche tradizionali.Una famosa opera collettiva, quasi una bandiera di tutto il movimento illuminista europeo, l’Enciclopedia, VEDE L’APPOGGIO DEI CETI DIRIGENTI RITIRATO, DOPO UN PRIMO TEMPO FAVOREVOLE.
L’Enciclopedia è una grande impresa culturale-editoriale che, sotto la guida di due noti intellettuali, il matematico Jean-Baptiste Le Rond D’Alembert (1717-1783) e il filosofo Denis Diderot (1713-1784), ambisce a raccogliere tutto il sapere umano rivisto e corretto alla luce dei principi dei Lumi. A tale lavoro partecipano moltissimi altri intellettuali francesi (Rousseau, Voltaire, etc.). All’inizio vi è il sostegno finanziario della monarchia ma, con l’uscita del primo volume nel 1751 e le polemiche che ne seguono, l’appoggio della corona e degli aristocratici viene ritirato e gli altri 16 volumi vengono pubblicati con il finanziamento di sottoscrizioni private e con i proventi delle vendite dei volumi stessi.
Il metodo dell’Illuminismo
Gli illuministi ritengono che la conoscenza umana sia il frutto non di una riflessione astratta della ragione, ma dell’applicazione della ragione ai dati dell’esperienza sensibile.
In questo senso tendono a unificare la prospettiva
• razionalista di Cartesio – che cerca di elaborare un metodo razionale capace in tutti i campi di guadagnare conoscenze evidenti e certe come lo sono quelle della matematica
a quella
• empiristica di Locke, che insiste sul fatto che ogni nostra conoscenza deve provenire dall’esperienza (empeiria in greco) che noi conduciamo attraverso i nostri cinque sensi e grazie alla quale si formano le idee che vengono via via immagazzinate nella nostra mente.
Ragione ed esperienza
RAGIONE
ED
ESPERIENZA
SENSIBILE
devono essere quindi i criteri che fondano
le nostre conoscenze, opponendosi alle
verità rivelate e indimostrabili – perché
non cadono sotto i nostri sensi – e alle
consuetudini del passato tendenzialmente
legate alla valorizzazione superstiziosa di
queste presunte verità.
La fede illuministica
La vita dell’uomo deve insomma abbandonare la teologia in favore
della filosofia e della scienza che, rispetto alla teologia
rappresentano un indiscutibile progresso dello spirito umano.
Per questo motivo le posizioni religiose degli illuministi vanno
• dal debole fideismo di Locke(Dio esiste ma si rivela nella coscienza
umana piuttosto che nelle Scritture)
• all’agnosticismo di Hume (non posso sapere se Dio ci sia
veramente, quindi non prendo posizione pro o contro la religione)
• al deismo che ritiene che Dio sia una causa naturale e impersonale
interna al mondo,
Natura e libertà
In questo processo anche la natura viene via via vista con sguardo sempre più disincantato, come un grande meccanismo regolato da leggi ferree che escludono ogni finalità. Tale visione non è originale, ma viene mutuata dalle recenti prospettive scientifiche. Più caratteristica dell’Illuminismo è la tendenza a portare alle estreme conseguenze questa impostazione, negando qualsiasi valore alla provvidenza divina.
Il rischio di una simile prospettiva è quella di perdere la dimensione
della libertà. Infatti un grande meccanismo non può contemplare la
libertà: in un motore i pistoni, dato loro l’imput dallo scoppio del carburante, non sono liberi di muoversi o no. Allo stesso modo sembra strano che gli uomini, come esseri naturali, possano essere liberi all’interno del gran meccanismo della natura.
Meccanismo naturale e libertà civile
La soluzione data dagli intellettuali illuministi è che la libertà che l’uomo non possiede sotto il profilo del suo essere naturale, deve riguadagnare sotto il profilo del suo essere sociale; all’uomo, cioè, non deve importare se è più o meno libero dalle leggi di natura, biologiche, fisiologiche, psicologiche, ma deve importare la suo libertà nella società, una libertà
che si configura anzitutto come possibilità di resistenza alla tirannia e di organizzazione collegiale del potere.
Se l’uomo è lasciato libero, per gli illuministi, tenderà a vivere secondo il suo peculiare essere, secondo le sue naturali inclinazioni, secondo la sua più intima e naturale essenza che la vita in società generalmente corrompe attraverso l’asservimento degli istinti buoni e le regole puramente esteriori del vivere civile. Autorità e potere sono strumenti di tale asservimento e dunque in generale vanno combattuti.
Ritorno alla natura: il mito del buon selvaggio
Il ritorno dell’uomo allo stato di natura cioè ad una umanità incorrotta dal mondo civile così come provano a immaginare due opere letterarie importanti di questo periodo:• la STORIA DEI SEVERAMBI di Denis Veiras – 1675
• i DIALOGHI FRA L’AUTORE E UN SELVAGGIO DI BUON SENSO CHE HA VIAGGIATO del barone di Lahotan – 1703.
Qui la civiltà è portatrice di immoralità, sopraffazione e guerre
che cambiano l’uomo, BUONO PER NATURA,
conducendolo alla malvagità
Ciò è visibile a chiunque si accosti ai selvaggi – per esempio viaggiando in luoghi esotici e inesplorati - alla loro primitiva ingenuità e bontà ancora non snaturata dai costumi civili occidentali. Una tale prospettiva diverrà mitica, cioè resistente alle confutazioni che verranno dall’antropologia e da tutte le osservazioni dirette che smentiranno la maggiore “bontà” dei cosiddetti “selvaggi” (che tanto per dirla a partire dalla nostra sensibilità antropologica, se non sono “selvaggi”, non sono però “buoni”).
Ritorno alla natura e critica della civiltà
Una critica della civiltà fondata sul ritorno dell’uomo alla sua condizione naturale e pre-civile sarà sviluppata da
• Étienne-Gabriel MORELLY ne Il codice della natura”, 1755 in cui lo stato di natura appare non come un’ipotesi euristica ma come un’effettiva condizione pre-istorica dell’umanità. Essa è stata abbandonata a causa dell’incremento demografico che ha reso necessario l’inurbamento e la civiltà; e da
Jean Jaques ROUSSEAU nel Discorso sull’origine e il fondamento
dell’ineguaglianza fra gli uomini, 1755, in cui egli postula lo stato di natura
come una felice condizione di eguaglianza fra gli uomini, degenerata a causa: a) della divisione del lavoro fra artigiani e agricoltori, b) dell’appropriazione privata della terra (la proprietà è un caratteristico segno negativo della civilizzazione che comporta il venir meno del sentimento di solidarietà fra gli uomini e il nascere dell’istinto distruttivo di competizione).
Un’antropologia «buonista»
Ovviamente tale pre-comprensione dell’uomo induce a
ritenere frutto di un specifico errore della tradizione
cristiana l’idea che l’uomo, pur buono per natura, sia
viziato da una tara morale originaria, il peccato originale,
che lo rende pericoloso per sé e i propri simili (di qui tutte
le precauzioni che la civiltà prende per limitare le
conseguenze più distruttive di tale mancanza originaria).
Contro l’idea di un uomo peccatore, l’illuminismo
propone l’idea irenista di un uomo buono per natura che
non ha bisogno di nulla se non di lasciar libero spazio alla
propria bontà.
Prendere progressivamente coscienza
D’altro canto tale prospettiva permette di fondare la
possibilità di un ritorno alla dimensione naturale
attraverso la PROGRESSIVA presa di coscienza della
reale essenza dell’essere umano e della sua
corruzione ad opera della civilizzazione.
Una simile progressiva presa di coscienza produce, o
meglio, produrrà necessariamente, una mutamento
delle strutture sociali che via via porteranno l’uomo
sempre più vicino alla sua condizione naturale.
Il progresso
LA STORIA è il luogo della PROGRESSIVA emancipazione dell’uomo
verso il ritrovamento della sua vera natura. Dunque la storia è il
luogo di realizzazione di un’utopia, quella della perfettibilità
dell’uomo e della riappropriazione di un’integrale bontà morale.
L’idea di PROGRESSO, cioè di un cammino continuo verso il meglio
dove il futuro è sempre migliore del presente e il presente è
sempre migliore del passato trova qui la sua radice. Se la vulgata
popolare e i discorsi dell’uomo di media cultura danno il concetto di
progresso come scontato, in realtà lo fanno per scarsa
consapevolezza che l’idea che la storia dell’umanità progredisca
verso il meglio è un’interpretazione storicamente collocata nell’età
dei lumi.
Una secolarizzazione del cristianesimo
Essa non fa altro che secolarizzare, cioè tradurre in termini laici e
non religiosi, l’idea cristiana di una fine dei tempi in cui
trionferanno vita, bontà e giustizia. Se a tale idea si toglie
l’intervento divino – cosa che per i cristiani è necessaria, visto il
radicamento nell’uomo del peccato originale – e il Regno di Dio
che non appartiene a questo mondo, e si immagina che la
giustizia sia destinata a trionfare in questo mondo grazie al
miglioramento progressivo delle capacità umane dovuto all’uomo
stesso, ecco che si ottiene l’idea illuministica di Progresso.
• Come si potrà ben capire, in questo processo di laicizzazione
mutano radicalmente i presupposti religiosi, metafisici,
antropologici, politici delle due dottrine.
Cristianesimo e illuminismo
Se l’illuminismo progressista è tendenzialmente Il cristianesimo è Ateo Religioso Materialista SpiritualistaFiducioso nella bontà originaria dell’uomo
Scettico sulle qualità morali dell’uomo e attento a contenerne la malvagità provocata dal peccato
Fiducioso nella costruzione di una società così giusta da permettere all’uomo di ritrovare la sua natura buona perduta
Scettico sulla possibilità di una società perfetta e attento a limitare le ingiustizie delle attuali società imperfette
Il progressismo di Condorcet e
Giannone
Esempio tipico di filosofia della storia progressista è quella
elaborata nel testo di Jean-Antoine-Nicolas Caritat de
Condorcet (1743-1794) Abbozzo di un quadro storico dei
progressi dello spirito umano - 1794 in cui si sostiene che
la storia è formata da dieci grandi epoche, sempre più
progredite, di cui la nona è la presente illuministica e la
decima sarà costituita dal futuro radioso dell’umanità.
Prima di Condorcet, l’Italiano Pietro Giannone, studiando
la Storia civile del Regno di Napoli (1723) giunge a
stigmatizzare il passato medievale del regno, caratterizzato
da oscurantismo religioso, superstizione e scarso sviluppo
civile, a fronte delle epoche successive dove faticosamente
si sarebbe cercato di uscire da queste difficoltà.
Il mito del Medioevo quale «età
oscura»
• È proprio in epoca illuministica che nasce il mito del medioevo come periodo oscuro della storia dell’umanità, giacché la cultura e la vita medievale, profondamente intrise di spirito religioso, sembrano confermare proprio il pregiudizio illuministico secondo cui superstizione, religione e arretratezza politico culturale vanno di pari passo
Il ragionamento, evidentemente caratterizzato di una petizione di principio nella premessa iniziale, è il seguente:
1) la religione significa ignoranza e superstizione. Provoca inoltre violenza, disuguaglianza e guerra,
2) il medioevo è un’epoca religiosa,
3) dunque il medioevo è epoca «oscura» di ignoranza, superstizione, violenza e disuguaglianza.
Illuminismo politico: giusnaturalismo e
contrattualismo a partire da Locke
Dal punto di vista politico due sono i grandi temi del pensiero illuministico – tra loro legati:
A) Il giusnaturalismo e B) Il contrattualismo
Si ritiene (con John Locke, Due trattati sul governo, del 1690, testo considerato l’atto di nascita dell’intero movimento illuministico)
A) che la funzione della società sia di difendere i diritti che l’uomo possiede nello
stato di natura (vita, libertà e proprietà) e
B) che il governo nasca a seguito di un contratto tra i cittadini i quali decidono, dopo essersi uniti in società grazie ad un patto di unione (pactum unionis), di affidare ad alcuni soggetti il potere necessario a sancire con la forza il diritto e le leggi per impedirne le trasgressioni (pactum subiectionis, patto di soggezione).
Il governo, così costituito, deve rispettare il suo mandato e lavorare nei limiti delle sue competenze. Il suo potere è inoltre suddiviso in diverse istituzioni che svolgono ciascuna compiti particolari e si controllano a vicenda
Lo sviluppo del contrattualismo in Rousseau
Nel Contratto sociale del 1762 Rousseau critica i fondamenti egoistici della civilizzazione basata su proprietà privata e concorrenza. Per superare questa deriva, bisogna rifondare
la società e il contratto su cui si basa. In questo nuovo patto sociale ciascuno rinuncia alla sua volontà egoistica per adeguarsi alla VOLONTÀ GENERALE, riavendo dalla
società, in modo equo e uguale agli altri, tutti i beni materiali e spirituali (la giustizia) cui egli aspira e che non possono essere diversi da quelli che TUTTA LA SOCIETÀ vuole.
Tale società è governata dai cittadini riuniti in assemblea (democrazia diretta), che risultano veramente liberi perché – obbedendo alle leggi effetto della volontà generale che essi stessi hanno interiorizzati -_ obbediscono a loro stessi.
In tale società è importantissima la pedagogia come scienza che educa alla solidarietà In economia si punta ad eliminare la proprietà privata in modo da consentire a tutti di vivere del proprio lavoro
La democrazia diretta esige una compagine politica di piccole dimensioni, in contrasto con la linea di sviluppo degli Stati europei ormai consolidata da centinaia di anni.
La separazione dei poteri
Già teorizzata da Locke, diviene oggetto di riflessione specifica
nell’ Esprit des lois (1748) del filosofo francese Charles-Luis de
Secondat barone di Montesquieu (1689-1755).
In questo testo vengono determinati funzioni e compiti del
potere legislativo, esecutivo e giudiziario e stabilito il loro
equilibrio a garanzia contro la tendenza del potere a
degenerare in dispotismo, una tendenza dovuta all’intrinseca
corruzione che vi è nel potere, capace di tentare in modo
particolarmente efficace la natura umana, esaltandone gli
aspetti negativi emersi durante la sua storia.
Il pensiero economico e i suoi fondamenti
etici: l’utilitarismo di David Hume
Nel Trattato sulla natura umana il filosofo scozzese David Hume
(1711-1776) critica sia il giusnaturalismo sia il contrattualismo: non
vi sono diritti di natura, ma solo diritti acquisiti storicamente;
l’ipotesi del contratto è assolutamente superflua, per spiegare il
governo basta l’abitudine dell’uomo ad affidare a qualcuno la
garanzia dell’ordine sociale. Infine per l’uomo se non vi è una legge
garantita dalla natura umana, per avere un criterio efficace di
legiferazione bisogna rifarsi al
• principio dell’utilità
• e alle tradizioni storiche che è utile conservare. IL GIUSTO E IL
BENE VENGONO COSÌ RIDOTTI ALL’UTILE PER LA SOCIETÀ E PER
L’INDIVIDUO.
L’utilitarismo di Mandeville
Un famoso scrittore olandese Bernard de Mandeville
(1670-1733) pubblica nel 1714 un testo intitolato La favola delle api
(1714) dove si invita a guardare all’utilità dei risultati, piuttosto
che alla moralità delle azioni compiute per ottenerli. Molto
spesso infatti ciò che è considerato immorale è sommamente
utile al singolo e alla società. Per esempio la società
mercantile con la sua spietata concorrenza è immorale ma
utile. Inoltre se la ricchezza prodotta al suo interno può essere
considerata fonte di vizi, bisogna considerare
• a) che l’una è inseparabile dagli altri;
Esempi di vizi economicamente utili secondo
Mandeville
• L’ubriachezza alimenta il mercato degli alcolici,
• il furto quando è commesso nei confronti di persone avare, rimette in circolazione il denaro;
• la vanità dei ricchi alimenta il mercato dei beni di lusso;
• la povertà di una gran massa di salariati consente di mantenere basso il costo della manodopera e di produrre in modo più concorrenziale; • i postriboli nei porti rendono meno pesante e più divertenti le attività
marinare.
Se uno vuole rinunciare a tutti questi vizi deve sapere che con essi rinuncerà anche a tutti i vantaggi della civilizzazione: “chi vuole tornare all’età dell’oro dovrà tenersi anche le ghiande”.
Paul Henry Thiry D’Holbach
(1723-1789)
L’utilitarista francese D’Holbach insiste nel suo
testo Il sistema sociale (1773) sull’idea che fine
del governo è
la massima felicità per il maggior numero.
L’utilitarismo va sostenuto enfatizzando però
non il vantaggio del singolo, ma la sua valenza
sociale,
come
strumento
del
progresso
Il comunismo economico
Ètienne Gabriel Morelly (1717 - ?) Nel suo Il codice della natura (pubblicato
anonimo nel 1755) sostiene che la causa dell’infelicità umana è l’allontanamento da una condizione originaria e naturale di solidarietà. La proprietà privata dei beni, che ne nasce, genera privilegi cui l’organizzazione dello Stato dà forza di legge. Contro tutto ciò egli prospetta una
• società razionale (“geometrica” dice il filosofo) in cui vige la comunione dei
beni,
• il lavoro di tutti,
• l’elezione e la rotazione delle cariche pubbliche
• e un sistema educativo che abbia di mira la concordia.
In tale società non c’è spazio per le dinamiche di commercio e accumulazione proprie dell’economia moderna, ma viene promosso un modello sociale comunistico, fondato sull’agricoltura e su sistemi manifatturieri pre-tecnologici, possibili solo all’interno di comunità umane di ridotte dimensioni.
Fisiocrazia
A metà del Settecento nasce il primo vero e proprio pensiero economico. In Francia la scuola fisiocratica (da physis=natura e
kratein=avere potere, cioè “lasciar dominare la natura”) vuole dare
un’interpretazione scientifica dei meccanismi di produzione e di scambio. Tale scuola si occupa pertanto più della produzione e della circolazione dei beni più che della questione del denaro. Esponenti di tale indirizzo di pensiero sono Anne-Robert-Jaques Turgot (1727-1781) già ministro delle finanze di Luigi XVI e
Francois Quesnay (1694-1774)
che elaborò nel 1758 un modello di interpretazione dei rapporti economici chiamato Tableau economique in cui si insisteva sul concetto di surplus. Quest’ultimo è la quantità maggiore di beni che, alla fine dell’attività economica, si ottiene rispetto alla quantità investita.
Il primato fisiocratico dell’agricoltura
Il surplus o prodotto netto dell’attività economica è possibile ottenere grazie alla natura e al lavoro che operano la trasformazione della materia prima in prodotto – si pensi alla semente che grazie alla natura e al lavoro umano si trasforma in frutto. Quest’ultimo esempio non è casuale, infatti i fisiocratici ritengono che l’attività economica fondamentale sia l’agricoltura e che il surplus agricolo si distribuisca poi all’intera società come
• Rendita dei proprietari
• Tasse allo Stato e/o alla Chiesa
• Acquisto di beni non agricoli da mercanti e artigiani.
Se è così, per i fisiocratici gli agricoltori sono il gruppo sociale dei produttori per eccellenza, a fronte degli altri gruppi sociali che sono STERILI, anche se non privi di utilità sociale.
Delegiferare per favorire l’agricoltura e
l’economia
La legislazione deve FAVORIRE l’AGRICOLTURA non
attraverso processi di legiferazione ma per mezzo di
una più generale
DELEGIFERAZIONE che liberi il mondo economico da
VINCOLI E DAZI
che intralciano la produzione e lo scambio di merci. Il
modello a cui guardano i fisiocratici è la GRANDE
FATTORIA di matrice inglese, che impiega lavoro
salariato e che sfrutta razionalmente il territorio su
grande scala.
Il liberismo di Adam Smith
Accanto alla scuola fisiocratica si afferma in questo periodo, ad opera dell’economista e filosofo Adam Smith (1723-1790) che nella sua
Ricerca sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni (1776), pur
influenzato dalla fisiocrazia per quanto riguarda la delegiferazione, non si ferma all’osservazione delle dinamiche di produzione e non enfatizza il ruolo dell’agricoltura, ma si concentra sulle questioni legate allo SCAMBIO dei prodotti.
Quello che conta in economia non è il valore che un prodotto possiede in relazione alla sua finalità d’uso (valore d’uso), bensì il valore che ha in vista del suo scambio (valore di scambio).
Ciò anche se il valore di scambio è fondato sul fatto che le merci devono essere prodotte (il valore di scambio delle merci è dato dalla
Egoismo e «mano invisibile del mercato»
La produzione – in tutti i campi e non solo in quello agricolo – migliora al migliorare della DIVISIONE DEL LAVORO cioè della specializzazione delle mansioni nella catena produttiva che aumenta la produttività.
La molla dell’economia è l’UTILITÀ INDIVIDUALE. L’egoismo individuale è molla della produzione. La società è data nel suo sviluppo economico dalla somma
degli egoismi individuali che vengono composti da una sorta di PROVVIDENZA laica che Smith chiama la
mano invisibile del mercato,
la quale farebbe in modo che non si creino squilibri troppo grandi nella società e che tutti alla fine fruiscano dei benefici dell’aumentata produzione e circolazione dei beni. Per tale motivo il mercato deve essere libero e lo Stato deve intervenire il meno possibile nei meccanismi economici (LIBERISMO).
Il significato storico dell’Illuminismo
L’illuminismo è stata una grande stagione del pensiero
europeo che ha prodotto significativi mutamenti nell’ambito
della storia e della civiltà. Più che per profondità teoretica -
le idee principali degli illuministi non sono sempre originali
ma per lo più riprendono tradizioni antiche marginali o
marginalizzate nello sviluppo della filosofia – tale corrente
di pensiero si segnala per una decisiva influenza storica sui
fatti della Rivoluzione francese. Infatti tutti i protagonisti
del periodo rivoluzionario sono influenzati dalle idee
illuministe, tanto che è lecito dire che senza illuminismo non
vi sarebbe stata alcuna rivoluzione.
Rivoluzione francese ed epoca
contemporanea
La Rivoluzione francese muta radicalmente il volto dell’Europa, promuovendo un sommovimento politico che, attraverso la comunicazione delle idee, ma anche la loro imposizione mediante l’imperialismo napoleonico, genererà nuovi esperimenti costituzionali. Ad essi si dovrà l’affermarsi prima del liberalismo e poi della democrazia (di una specifica forma di democrazia mischiata al liberalismo) e infine del comunismo in alcuni paesi del continente.
Tutta la cultura dell’Ottocento e del Novecento ne rimarrà ulteriormente segnata, nonostante il sorgere, sin della fine del sec. XVIII di significative correnti di pensiero critiche dei pregiudizi e delle esagerazioni
illuministiche .
Ancora oggi alcune delle idee ormai divenute dominanti nella società vanno ricondotte a quella stagione, anche se il consenso generale su di esse ne ha fatto per lo più dimenticare l’origine.