D
IPARTIMENTO DIB
IOLOGIAC
ORSO DIL
AUREAS
PECIALISTICA INS
CIENZE ET
ECNOLOGIEB
IOMOLECOLARIIdentificazione di nuovi interattori funzionali di
BRAF
V600Etramite screening genetico in lievito
Saccharomyces cerevisiae
Candidato: Relatori:
Simone Lubrano Dott.ssa Laura Poliseno
Dott.ssa Tiziana Cervelli
A nonno Mario
I
NDICE
R
IASSUNTO………..5
A
BSTRACT……….8
1.
I
NTRODUZIONE………...11
1.1 IL MELANOMA………....111.1.1 EPIDEMIOLOGIA DEL MELANOMA………...12
1.1.2 CLASSIFICAZIONE DEL MELANOMA……….……….12
1.1.3 FATTORI DI RISCHIO DEL MELANOMA……….………..…….14
1.1.4 TERAPIE CONTRO IL MELANOMA……….……….15
1.2 IL VEMURAFENIB………....17
1.2.1 IL PATHWAY DELLE MAPK……….……...17
1.2.2 INIBIZIONE DI BRAF MUTATO DA PARTE DI VEMURAFENIB………18
1.2.3 RESISTENZA ACQUISITA AL VEMURAFENIB………20
1.2.4 MECCANISMI DI RESISTENZA ACQUISITA MEDIATA DA BRAF………...22
1.3 IL LIEVITO SACCHAROMYCES CEREVISIAE NELLA RICERCA MEDICA E NELLA GENETICA UMANA………...24
1.3.1 IL PATHWAY DELLE MAPK NEL SACCHAROMYCES CEREVISIAE……….…...25
1.3.2 YEAST DELETION POOL………...26
S
COPO DELLA TESI………...292.
M
ATERIALI E METODI…..……….…30
2.1 VETTORE PLASMIDICO PGEM-‐T EASY………..30
2.2 PCR DI BRAFV600E………....32
2.3 CLONAGGIO DEL PGEM……….………...33
2.4 VETTORE PLASMIDICO PYES2………...34
2.6 CEPPI DI SACCHAROMYCES CEREVISIAE………...37
2.7 TERRENI DI COLTURA………...38
2.7.1 TERRENO YAPD (YEAST EXTRACT PEPTONE DEXTROSE) ………...……...38
2.7.2 TERRENI SELETTIVI………...………...38
2.8 TRASFORMAZIONE DI S. CEREVISIAE CON DNA PLASMIDICO………...41
2.9 ESTRAZIONE DELLE PROTEINE DI LIEVITO...42
2.10 WESTERN BLOT...43
2.11 ESTRAZIONE DNA DAL LIEVITO...44
2.12 REAZIONE DI PCR PER IDENTIFICARE I CLONI DELL’YEAST DELETION POOL...45
2.13 PURIFICAZIONE E SEQUENZIAMENTO DI PRODOTTI DI PCR...46
2.14 SPOTTING ASSAY IN LIEVITO...46
3.
R
ISULTATI…..……….……….47
3.1 ESPRESSIONE DI BRAFV600E IN LIEVITO SACCHAROMYCES CEREVISIAE...47
3.1.1 EFFETTO FENOTIPICO DOVUTO ALL’ESPRESSIONE DI BRAFV600E NEL LIEVITO S. CEREVISIAE………49
3.1.2 EFFETTO DELL’ESPRESSIONE DI BRAFV600E SULLA RISPOSTA A CONDIZIONI DI STRESS………50
3.2 SCREENING GENETICO DELL’YEAST DELETION POOL...54
3.2.1 IDENTIFICAZIONE DELLE ORF DELETE………56
3.2.2 SAGGI PER VALIDARE I CEPPI IDENTIFICATI………60
3.2.3 IDENTIFICAZIONE DI INTERATTORI FUNZIONALI SPECIFICI DI BRAFV600E TRAMITE CROSS EXPRESSION………..64
4.
D
ISCUSSIONE…..……….………..69
5.
C
ONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE…..………..76
B
IBLIOGRAFIA…..………...78
R
IASSUNTO
Il melanoma è un tumore cutaneo maligno per il quale non esiste ancora una cura valida. Il 50% dei pazienti con melanoma presenta una specifica mutazione nel gene
BRAF, il quale causa un’alterata regolazione del pathway MAPK (mitogen-‐activated
protein kinase o RAS/RAF/MEK/ERK pathway), coinvolto nella divisione e differenziazione cellulare. Tale mutazione consiste nella sostituzione di una valina con acido glutammico in posizione 600 (BRAFV600E); ciò determina un cambio di
conformazione, responsabile di un’attivazione costitutiva della proteina anche in presenza di un basso livello di RAS, il suo attivatore. Recentemente è stato sviluppato un farmaco, Vemurafenib (PLX4032), in grado di inibire in maniera specifica BRAFV600E e quindi di determinare la regressione del tumore in poche settimane. Purtroppo però, dopo circa 6 mesi, si presenta il fenomeno della resistenza acquisita, con ricomparsa delle metastasi nel paziente e una nuova progressione del tumore. Un meccanismo di resistenza acquisita noto è la formazione di varianti di splicing di BRAFV600E, tra cui la forma BRAFV600E∆[3-‐10].
Lo scopo della mia tesi è quello di identificare nuovi interattori funzionali di BRAFV600E in modo da permettere lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per i
pazienti affetti da melanoma che mostrano tale mutazione di BRAF.
Per fare questo ho utilizzato un pool di cloni di lievito S. cerevisiae, che presentano una delezione in geni non essenziali [Yeast Deletion pool (4.741 cloni)]. Ogni clone è identificabile tramite due sequenze specifiche di DNA denominate “barcode”. Attraverso l’uso dell’Yeast Deletion pool è possibile identificare interattori funzionali di proteine legate a malattie e che non hanno controparti omologhe nel lievito, come BRAF.
Per fare esprimere le varie forme di BRAF nell’Yeast Deletion pool, ho clonato ciascuno dei tre cDNA di BRAF (BRAFV600E; BRAFV600E∆[3-‐10]; BRAF wild type) nel
vettore pYES2 contenente il gene di lievito URA3 come marcatore di selezione ed il promotore inducibile pGAL1 che permette l’espressione di proteine eterologhe solo
in galattosio (in quanto il gene viene clonato a valle di un promotore inducibile pGAL1).
Poiché i pathway delle MAPK sono coinvolti nella risposta a stress, ho verificato cosa accade in diverse condizioni di stress. Ho potuto costatare che, nel caso di quello salino, le cellule che esprimono BRAFV600E crescono meglio rispetto a quelle
trasformate con il plasmide vuoto pYES2. Questo vantaggio di crescita suggerisce che probabilmente la presenza di BRAFV600E interferisce con il pathway delle MAPK
del lievito.
Una volta accertata l’espressione di BRAFV600E nel ceppo di lievito e dimostrato un
suo effetto nel pathway delle MAPK, ho proseguito il lavoro andando ad effettuare uno screening genetico per identificare proteine che interagiscono funzionalmente con BRAFV600E.
Per fare questo ho trasformato il plasmide contenente BRAFV600E nell’Yeast Deletion Pool. Ho quindi piastrato i ceppi trasformati in un terreno selettivo privo di uracile, per identificare i cloni che hanno il plasmide, per poi replicarli in un terreno sempre selettivo ma contenente galattosio così da indurre l’espressione del gene BRAFV600E. I cloni che hanno difficoltà di crescita in presenza di BRAFV600E sono quei cloni la cui funzione genica mancante rappresenta un interattore funzionale di BRAFV600E. Dopo aver trasformato l’intera library 8 volte, ho individuato 50 cloni di cui ho sequenziato il genoma per identificare la funzione genica mancante.
Al netto dei cloni doppi, ho ottenuto che: 5 geni deleti sono ORF coinvolte nel metabolismo del galattosio, la cui delezione motiva l’assenza di crescita nel terreno selettivo SC-‐URA+Gal; 6 hanno l’ortologo nell’uomo; gli altri 16 sono deleti per geni che, anche se non abbiano l’ortologo umano, possono essere coinvolti in pathway che vanno ad interagire direttamente o indirettamente con BRAFV600E.
I 6 cloni con ortologhi umani deleti sono stati ulteriormente caratterizzati mediante western blot e spot assay per valutare l’effettiva alterazione della crescita. Inoltre ho trasformato i 6 ceppi, con delezione in geni che hanno un ortologo umano, utilizzando i vettori per l’espressione di BRAFwt e BRAFV600E [∆3-‐10] per vedere se
ottenuto indica che queste forme di BRAF non influenzano la crescita e che quindi il fenotipo osservato, dei ceppi deleti che abbiamo ottenuto, è specifico per BRAFV600E.
Gli scenari di possibili indagini che si aprono grazie a questi risultati sono assai vasti: per ciascun gene trovato che ha l’omologo nell’uomo possiamo infatti disegnare dei primer per andare così a verificare il loro livello di espressione in diverse linee di melanoma.
Per ampliare il numero di geni da investigare ripeteremo lo screening, andando però a trasformare l’YDP con i plasmidi contenti il BRAFwt e la forma di BRAF responsabile della resistenza al farmaco Vemurafenib. Potremo successivamente riproporre esperimenti di cross expression per i differenti cloni individuati nei vari screening, andando così a stilare una lista di nuovi interattori, isoforma-‐specifici e non, potenzialmente utilizzabili nella terapia del melanoma.
A
BSTRACT
Melanoma is a malignant skin cancer for which there is not yet a valid cure. 50% of patients with melanoma present with a specific mutation in the BRAF gene, which causes an altered regulation of the MAPK pathway (mitogen-‐activated protein kinase or RAS / RAF / MEK / ERK pathway), involved in cell division and differentiation. This mutation consists of the substitution of a valine with glutamic acid at position 600 (V600E); this causes a change in conformation, responsible for a constitutive activation of the protein even in the presence of a low level of RAS, its activator. Recently the drug Vemurafenib (PLX4032) has been developed, able to inhibit specifically BRAFV600E and thus determine the regression of the tumor in a few weeks. Unfortunately, after about 6 months, occurs the phenomenon of acquired resistance in patients with metastasis and recurrence of a new tumor progression. A mechanism of acquired resistance known is the formation of splice variants of BRAFV600E, including the form BRAFV600EΔ [3-‐10].
The aim of my thesis is to identify new functional interactors of BRAF V600E in order to allow the development of new therapeutic strategies for patients with melanoma that shows BRAF mutation.
To do this, I used a pool of clones of yeast S. cerevisiae, which have a deletion in non-‐essential genes [yeast deletion pool (4,741 clones)]. Each clone is identifiable by means of two specific DNA sequences called "barcode". Through the use of yeast deletion pool, it is possible to identify functional interactors of proteins related to diseases which do not have homologous counterparts in yeast, such as BRAF. To express the various forms of BRAF in the yeast deletion pool, I cloned each of the three cDNA BRAF (V600E; BRAFV600EΔ [3-‐10]; BRAF wild type) in the vector pYES2 containing the yeast URA3 gene as a selection marker and the inducible promoter pGAL1 that allows the expression of heterologous proteins only in galactose (as the gene is cloned downstream of a promoter inducible pGAL1).
Because the MAPK pathway are involved in the response to stress I checked the effects of different conditions of stress. I have found that, in the case of saline stress, cells expressing BRAFV600E grow better than those transformed with the empty plasmid pYES2. This growth advantage suggests that probably the presence of BRAFV600E interferes with the MAPK pathway of yeast.
Once the expression of BRAF V600E was verified in the yeast strain and demonstrated its effect in the MAPK pathway, I continued the work by carrying out a genetic screen to identify proteins that interact functionally with BRAF V600E. To do this I trasformed the plasmid containing BRAF V600E nell'yeast deletion pool. I then plated the transformed strains in a selective medium lacking uracil, to identify clones that have the plasmid, and then replicated them in a medium containing galactose but always selective so as to induce the expression of the gene BRAFV600E.
The clones that have difficulty growing in the presence of BRAFV600E are those clones whose gene function missing represents a functional interactor of BRAFV600E.
After transforming the entire library 8 times, I identified 50 clones which I have sequenced the genome to identify gene function missing.
Net of double clones, I’ve got: ORF 5 gene knockouts are involved in the metabolism of galactose, whose deletion motivates the lack of growth in selective medium SC-‐ URA + Gal; 6 have an ortholog in humans; the other 16 are deleted for genes that, although not having the human ortholog, may be involved in pathways that go to interact directly or indirectly with BRAFV600E.
The 6 clones with orthologous human-‐deleted were further characterized by western blot and spot assay to evaluate the effective alteration of growth. I also transformed the 6 strains with deletion in genes that have a human ortholog, using the vectors for the expression of BRAFwt and BRAFV600EΔ3-‐10 to see if even these forms of BRAF V600E are slow growth. The obtained results indicate that these forms of BRAF do not affect the growth and that the phenotype observed,-‐deleted strains that we have obtained is specific to BRAFV600E.
The scenarios of possible investigations that start with these results are very broad: for each gene founded we can indeed draw the primers of the human homologue to check their level of expression in different melanoma cell lines.
To expand the number of genes to investigate we can repeat screening, going to transform the YDP with plasmids glad the BRAF wt and the form of the BRAF responsible for resistance to the drug Vemurafenib. We can then repeat the experiments of cross expression for the different clones identified in the various screening, so going to make a list of new interactors, isoform-‐specific and potentially useful in the therapy of melanoma.
1.
I
NTRODUZIONE
1.1
Il melanoma
I melanociti, che si trovano nello strato basale dell’epidermide, hanno il compito di produrre melanina: pigmento che dà colore alla pelle e protegge dagli effetti dannosi dei raggi del sole. Queste cellule danno origine, sulla superficie della pelle, a nevi i quali non sono altro che un raggruppamento di melanina scura.
I melanociti sono le cellule della pelle da cui il melanoma ha origine, ed è appunto da queste che prende il suo nome (Fig. 1.1).
Il melanoma, tumore cutaneo maligno, può manifestarsi sia sulla cute sana sia da un nevo acquisito o congenito. Attraverso la circolazione linfatica ed ematica può diffondere cellule maligne ad ogni tessuto dell’organismo; infatti, il melanoma, ha un’altissima predisposizione allo sviluppo di metastasi.
©Mayo foundation for Mediacl Education and research
Fig. 1.1 Raffigurazione di una sezione cutanea
1.1.1 Epidemiologia del melanoma
Il melanoma cutaneo rappresenta il 3-‐5% dei tumori della pelle ed è quello più pericoloso poiché ha un’alta tendenza alla metastatizzazione attraverso la circolazione ematica e linfatica1. Il melanoma è responsabile infatti del 65% delle morti causate da tumore alla pelle e la sua rilevanza è aumentata notevolmente negli ultimi 40-‐50 anni, principalmente tra i giovani (35-‐50 anni). L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha appurato che nel mondo, ogni anno si verificano 132.000 nuovi casi di melanoma cutaneo con 48.000 morti da esso causate. L’incidenza in Europa è di circa 12 casi/100.000 abitanti, in Australia supera i 40 casi/100.000 abitanti e ciò è dovuto a fattori geografici e genetici.
La frequenza di questo tumore è molto più elevata nei Caucasici rispetto ad altre popolazioni.2 Nel mondo il tasso di rilevanza maggiore lo troviamo in aree
soleggiate come Nuova Zelanda e Australia dove la maggior parte della popolazione è di origine europea.
1.1.2 Classificazione del melanoma
Il melanoma può originarsi in qualsiasi parte del corpo che contenga melanociti. Viene chiamato solitamente tumore della pelle ma è stato trovato anche in altre parti del corpo, per esempio nella mucosa intestinale e nell’occhio, dove viene chiamato melanoma uveale.
Classificazione istologica del melanoma
I melanomi possono distinguersi nei seguenti tipi: a diffusione superficiale (60-‐70% melanomi); lentigo maligna; acro lentigginoso; muco-‐cutaneo; nodulare; della coroide.
Classificazione clinica del melanoma:
-‐ Fase 0. Melanomi in cui le cellule cancerose non hanno superato l’epidermide.
L’asportazione chirurgica del tumore porta a guarigione in quasi tutti i casi.
-‐ Fase I. I melanomi iniziano a svilupparsi verticalmente con uno spessore di 0,1-‐
1 mm. In seguito alla rimozione del tumore si ha una sopravvivenza a 10 anni del 90%.
-‐ Fase II. I melanomi continuano a svilupparsi in senso verticale con uno spessore
di 1,1-‐2 mm fino a raggiungere il derma. La sopravvivenza a 10 anni dalla rimozione del tumore è del 70%.
-‐ Fase III. Le cellule cancerose raggiungono il circolo linfatico fino ad arrivare ai
linfonodi regionali, ossia quelli che drenano la zona cutanea dove si è originato il tumore. La terapia migliore è ancora la rimozione chirurgica.
-‐ Fase IV (melanoma metastatico). Le cellule cancerose colonizzano altri tessuti
corporei attraverso il sangue o il sistema linfatico dando metastasi diffuse a livello di vari organi interni, frequentemente ai linfonodi extraregionali (59%), al polmone (36%), al fegato e al cervello (20%) e all’osso (17%). In questa fase l’aspettativa di vita di un paziente è di circa 6 mesi.
1.1.3 Fattori di rischio del melanoma
Lo sviluppo del melanoma dipende da più fattori di rischio, tra cui: carnagione chiara, ipersensibilità al sole, storia familiare di melanoma, eccessiva esposizione solare nell’infanzia, presenza di nevi che si evolvono, età e un elevato numero di nevi.3
Fattori ambientali
Studi dimostrano che lo sviluppo del melanoma sia dovuto ad un’intensa ed intermittente esposizione al sole, soprattutto durante l’infanzia o l’adolescenza.4,5
Fattori genetici
Un altro fattore di rischio è la predisposizione genetica, infatti, da alcuni studi è emerso che vi sono mutazioni nella linea germinale legate all’insorgenza di melanoma. Le mutazioni nella linea germinale sono quelle che si trasmettono nelle generazioni e le più rilevanti nel melanoma sono a carico del gene CDKN2A (Cyclin-‐ Dependent-‐Kinase Inhibitor 2A)6,7, soppressore tumorale, che codifica per p16, proteina responsabile del blocco del ciclo cellulare in fase G1. Un’altra mutazione genica presente nella linea germinale, che può essere un fattore di rischio nello sviluppo del melanoma, è MCR1 gene che codifica per il Recettore 1 della melanocortina, coinvolto nel processo di sintesi della melanina.
Altre alterazioni riguardano geni che controllano le vie di trasduzione dei segnali proliferativi dalla superficie cellulare al nucleo, come i geni NRAS (Neuroblastoma RAS viral (v-‐ras) oncogene homolog), BRAF (V-‐raf murine sarcoma viral oncogene homolog B1) e PTEN (Phosphatase and Tensin homolog).8-‐12 Da un punto di vista patogenetico le mutazioni dei geni NRAS e BRAF comparirebbero in una fase precoce della malattia, mentre quelle a carico del gene PTEN in una fase più tardiva della progressione tumorale. BRAF mutato è stato osservato nel 50% dei melanomi.
1.1.4 Terapie contro il melanoma
Poiché la mortalità dovuta al melanoma è piuttosto alta, nei paesi Occidentali è sempre più in espansione il controllo periodico dei nei per avere, nell’eventualità, una diagnosi precoce.
Con questa pratica la mortalità causata dal melanoma si è abbassata notevolmente. Nelle prime fasi della malattia, infatti, quando il melanoma è ancora localizzato in prossimità dell’epidermide, l’asportazione chirurgica del tumore porta a guarigione del paziente nell’80% dei casi. Tuttavia il 75% dei pazienti, con profonde lesioni primarie, svilupperà recidive o metastasi a distanza (stadio IV della malattia) e avrà una prognosi molto sfavorevole, con una sopravvivenza media di 6 mesi e una probabilità di sopravvivere 5 anni inferiore al 5%. L’intervento chirurgico spesso può richiedere l’utilizzo di una terapia coadiuvante, rappresentata dalla somministrazione di alte dosi di interferone, il quale ha gravi effetti collaterali ma può migliorare la prognosi del paziente.13
In stadi tardivi, quando la malattia raggiunge la fase metastatica, le uniche opzioni di cura sono terapie di tipo farmacologico, che però hanno scarso effetto.
Farmaci antitumorali non specifici, come la dacarbazina ed elevate dosi di Interleuchina-‐2 (HD IL-‐2), sono stati utilizzati a partire dagli anni ’70, nella terapia contro il melanoma metastatico, ma entrambi hanno mostrato un basso tasso di risposta (dacarbazina r.r. 10-‐15%, IL-‐2 r.r.6-‐ 10% ) e la comparsa di molti effetti collaterali.14,15 Recentemente, studi di profiling di melanoma, hanno permesso di scoprire che il 56% dei melanomi ha una mutazione sul gene BRAF che causa un’alterata regolazione del pathway MAPK (mitogen-‐activated protein kinase o RAS/RAF/MEK/ERK pathway). Questa scoperta ha permesso di sviluppare una nuova classe di molecole, gli inibitori di BRAF mutato, fra i quali il Vemurafenib.16 (Vedi paragrafo 1.2)
La ricerca di nuove terapie nella cura del melanoma metastatico ha portato allo sviluppo anche di farmaci di tipo immunologico come l’Ipilimumab. L’Ipilimumab è un anticorpo monoclonale umano (IgG1) che blocca CTLA-‐4. L’antigene CTLA-‐4
viene normalmente espresso dalla cellula per controllare l’attivazione delle cellule-‐ T. Il melanoma è un tumore altamente immunogenico e l’inibizione di questo antigene permette una elevata attivazione delle cellule-‐T del sistema immunitario, che aggrediscono le cellule del melanoma impedendone la proliferazione17,18.
1.2 Il Vemurafenib
Il Vemurafenib è un farmaco di ultima generazione in grado di inibire il pathway delle MAPK quando BRAF ha la mutazione V600E.
1.2.1 Il Pathway delle MAPK
Il pathway delle MAPK (Mitogen-‐Activated Protein Kinase) è una via di trasduzione del segnale che, in seguito a stimoli esterni, regola diversi processi cellulari, soprattutto la sopravvivenza, il differenziamento e la proliferazione cellulare. Tuttavia, spesso, questo pathway è disregolato nei tumori.
Il pathway viene attivato quando i fattori di crescita si legano ai recettori tirosina-‐ chinasi (TKR) che si trovano sulla membrana plasmatica. Una volta attivati, questi recettori determinano l’attivazione di RAS, piccola proteina posta sul lato citosolico della membrana plasmatica. RAS attivata è legata al GTP e, in questo modo, è in grado di legare e attivare altri fattori nel pathway. Tra questi fattori troviamo RAF, una chinasi che va ad attivare MEK, questa è così in grado di attivare ERK, effettore finale della cascata delle MAPK. ERK fosforilato è in grado di entrare nel nucleo dove attiva fattori di trascrizione coinvolti nella proliferazione, sopravvivenza e differenziamento cellulare (Fig. 1.3).
Questo pathway è molto conservato tra le specie e, nei tumori, sono state trovate mutazioni a carico di uno o più geni coinvolti in questa via. Ad esempio sono state trovate mutazioni in RAS nel 15% dei tumori umani. Esistono tre isoforme di RAS molto simili dal punto di vista strutturale: NRAS, KRAS e HRAS, ma nel melanoma sono maggiormente riscontrate mutazioni a carico di NRAS (15-‐30% dei casi).19-‐21 Altre mutazioni frequenti si ritrovano in RAF, la quale fa parte di una famiglia a cui appartengono tre isoforme: ARAF, BRAF e CRAF. RAS è in grado di riconoscere tutte e tre le isoforme e determina la dimerizzazione di RAF attivandolo. È stato dimostrato che queste mutazioni hanno un carattere mutualmente esclusivo.
amminoacidica della Valina con l’Acido Glutammico in posizione 600 (V600E). Questa mutazione fa sì che la proteina BRAF sia costitutivamente attiva e svolga la sua attività in forma monomerica, inducendo la proliferazione cellulare anche in assenza della sua attivazione da parte di RAS9,22-‐26. Questa mutazione è stata
osservata anche in altri tumori come quello al colon-‐retto.
Fig. 1.3 Il pathway delle MAPK. Gibney27
1.2.2 Inibizione di BRAF mutato da parte di Vemurafenib
Il vemurafenib (PLX4032), è un farmaco approvato per l’utilizzo negli USA nel 2011 e in Europa nel 2012. Consiste in una piccola molecola che mima la struttura dell’ATP andando a legarsi in prossimità del sito attivo di BRAF V600E (Fig. 1.4). Il vemurafenib è un inibitore specifico di BRAF nella forma mutata V600, la sua particolarità, infatti, è che mostra una specificità elevata per la proteina BRAF V600E e molto bassa per BRAF.28
Fig. 1.4 Struttura chimica del Vemurafenib e rappresentazione 3D della sua localizzazione nel sito attivo di BRAFV600E
Esperimenti in vitro, condotti su linee cellulari con BRAF V600E, mostrano una diminuzione del signaling di MAPK in seguito al trattamento con vemurafenib. Nel corso degli stessi studi si riscontra una riduzione della fosforilazione di MEK ed ERK anche in linee cellulari con mutazioni, in corrispondenza dell’amminoacido 600, diverse da V600E. Il vemurafenib si dimostra quindi un efficace inibitore sia della proteina mutata BRAF V600E che di BRAF V600D, BRAF V600R e BRAF V600K. È stato però osservato che la somministrazione della molecola a linee BRAF wild-‐type fornisce un vantaggio proliferativo, causato da un’iperattivazione del pathway MAPK tramite effetto paradosso (Fig. 1.5)29-‐32. Il farmaco infatti può legarsi a bassa
affinità in uno dei due siti chinasici dell’omodimero BRAF-‐BRAF wild-‐type, determinando una trans-‐attivazione del sito chinasico libero con il risultato di attivare MEK e l’intero pathway MAPK.
Tale effetto paradosso è la causa di alcuni degli effetti collaterali del farmaco. Infatti, nel trattamento del paziente con il farmaco, avviene una riduzione del tumore accompagnata a volte dalla comparsa di lesioni della pelle come carcinoma squamoso cellulare e cheratoacantomi (KA)33, le quali si originano da cellule della
pelle BRAF wild type.
Fig. 1.5 Schema della diversa risposta al vemurafenib di BRAF (transattivazione) e BRAFV600E
(inibizione).34
1.2.3 Resistenza acquisita al Vemurafenib
Nei pazienti con melanoma metastatico BRAFV600E, i trial clinici del trattamento con Vemurafenib indicano che, nel 50% dei malati trattati, si osserva una diminuzione della crescita della metastasi e/o del tumore stesso.
Ciononostante, dopo alcuni mesi di trattamento, si nota che tutti i pazienti hanno una ricaduta con ricomparsa delle metastasi e una nuova progressione del tumore; questo fenomeno è noto come Resistenza Acquisita al farmaco (Fig. 1.6).
La resistenza acquisita verso un farmaco target-‐specifico può essere provocata da mutazioni secondarie a livello del target farmacologico che rendono inattivo il
normale meccanismo d’azione del farmaco contro il suo target, impedendone il legame con il sito attivo; oppure all’attivazione di pathway alternativi che permettono di bypassare l’azione del farmaco35.
Fig. 1.6 Resistenza acquisita al Vemurafenib
Sono stati fatti molti studi per capire quali fossero i meccanismi che conferiscono resistenza acquisita al Vemurafenib. I meccanismi identificati possono essere classificati in due categorie:
-‐ Meccanismi causati da una riattivazione del pathway MAPK stesso -‐ Meccanismi causati da un’iperattivazione di altri pathways.
I meccanismi più comuni che portano alla riattivazione del pathway MAPK sono mutazioni a carico di RAS36, transattivazione ad opera di CRAF21, attivazione di
MEK1 dovuta a mutazione35, splicing alternativo di BRAF34, amplificazione genica di BRAF37.
1.2.4 Meccanismi di resistenza acquisita mediati da BRAF
Uno dei meccanismi di resistenza frequentemente osservati, sia nei pazienti trattati con il Vemurafenib che giungono a resistenza, che in esperimenti in vitro, è la presenza di varianti di splicing di BRAF. In tutte le varianti di splicing identificate è stata riscontrata la mancanza di alcuni esoni al 5’ dell’RNA che includono il dominio di interazione di BRAF con RAS (RAS Binding Domain, RBD)34, codificato dagli esoni 3-‐5 (Fig. 1.7). In letteratura ancora non è nota la mutazione o il meccanismo epigenetico responsabile dell’espressione delle varianti di splicing di BRAF, ma è stato visto che la forma tronca di BRAFV600E è in grado di esplicare la sua funzione agendo come dimero (come BRAF wt) e non come monomero (come BRAFV600E Full
Lenght). La dimerizzazione di due varianti di splicing rende le cellule resistenti all’inibitore perché il farmaco, legandosi ad uno dei due protomeri, determina una variazione allosterica del secondo che di conseguenza riduce la sua affinità per l’inibitore di RAF38 (Fig. 1.8). In questo modo, anche in presenza del farmaco, non si
ha l’inibizione dell’attività di BRAF e il pathway delle MAPK diviene nuovamente attivo.
Fig. 1.8 Meccanismo di resistenza acquisita di BRAFV600E 38
Un altro meccanismo di resistenza acquisita al Vemurafenib è dovuto a un aumento del numero di copie di BRAFV600E a causa di eventi di duplicazione genica. Questo tipo di meccanismo è stato trovato nel 20% dei pazienti oggetto di uno studio nel 201037.
1.3 Il lievito Saccharomyces cerevisiae nella ricerca medica e
nella genetica umana
Il lievito Saccharomyces cerevisiae risulta essere ottimo come organismo modello in quanto è un eucariote unicellulare di ridotte dimensioni (diametro 5-‐10 μm); possiede un tempo di generazione breve (tempo di raddoppio 1,5-‐2 ore a 30°C) e quindi può essere facilmente coltivato; può essere geneticamente manipolato con facilità. Inoltre, la capacità di crescere ceppi aploidi di Saccharomyces cerevisiae semplifica la creazione di ceppi knock-‐out per specifici geni.
Il lievito Saccharomyces cerevisiae rappresenta un ottimo modello per studiare pathways alterati in malattie umane, in quanto condivide circa il 31% del suo genoma con l'uomo e viceversa, quasi il 50% dei geni umani coinvolti in malattie ereditarie presentano i loro omologhi nel lievito39. Molte proteine importanti nella biologia umana, sono state scoperte studiando le proteine omologhe presenti nel lievito. Queste proteine includono proteine di segnalazione e proteine implicate nel ciclo cellulare.
L’utilizzo del lievito Saccharomyces cerevisiae ha permesso di dare un contributo anche riguardo la scoperta dei meccanismi molecolari coinvolti nello sviluppo del cancro.
Le cellule tumorali presentano molteplici alterazioni nel loro genoma, e per questo è difficile comprendere il contributo specifico che ogni modifica dà alle cellule. Per questo motivo sistemi modello isogenici, come il lievito Saccharomyces cerevisiae, hanno contribuito alla scoperta degli aspetti molecolari collegati direttamente allo sviluppo del cancro, e alla determinazione di quali siano i contesti genetici associati alla sensibilità o alla resistenza delle cellule cancerose nei confronti dei farmaci antitumorali40.
Per fare alcuni esempi, screening genetici in lievito Saccharomyces cerevisiae hanno permesso di chiarire aspetti importanti su malattie come: il diabete di tipo 2 (riferimento); cancro al colon (riferimento); neurofibromatosi di tipo I; Atassia
telangiectasia e la sindrome di Werner (riferimento). Sono stati scoperti inoltre dei geni coinvolti in un’ampia varietà di disordini neurodegenerativi causati dal misfolding di proteine, come ad esempio l’Alzheimer, la Chorea di Huntington e malattie dovute a difetti mitocondriali41.
1.3.1 Il pathway delle MAPK nel Saccharomyces Cerevisiae
Le proteine del pathway delle MAPK sono conservate in tutte le cellule eucariotiche e il lievito probabilmente rappresenta l’organismo modello dove la loro l’organizzazione e regolazione sono maggiormente comprese. In Saccharomyces
cerevisiae, sono stati infatti caratterizzati cinque pathway delle MAPK, che sono
coinvolti nel rimodellamento della parete cellulare, nella nutrient deprivation e nella risposta a stress (come variazione di osmolarità). Tutti i membri componenti dei pathway del lievito hanno la loro controparte conservata nelle cellule di mammifero.42 Un esempio è la proteina PBS2, coinvolta nella risposta alle variazioni
di osmolarità, ortologo della proteina MEK1 nell’uomo43 (Fig. 1.9)
Fig. 1.9 Schema dei pathway delle MAPK in mammiferi e lievito44
Nei mammiferi il pathway comprende Raf, MEK1; mentre in lievito, in risposta a stress salino, troviamo l’attivazione del pathway con i relativi ortologhi Ste11 e Pbs2
1.3.2 Yeast Deletion Pool
Nel 1996, il “Saccharomyces Genome Project” identificò più di 6.000 Open Reading Frame (ORFs) nel genoma di Saccharomyces cerevisiae. Il 18,2% di questi ha un ruolo “essenziale” per la crescita; mentre del 30% di queste ORF non conosciamo ancora la funzione molecolare precisa.
Una delle pietre miliari nel campo della genomica funzionale di lievito è stata la costruzione di un set completo di mutanti, che presentano delezioni per geni non essenziali. Questa serie di mutanti nulli ha consentito per la prima volta un'analisi funzionale completa del genoma del lievito45. L’utilizzo di tali librerie ha permesso inoltre di identificare possibili farmaci o interattori di geni che sono stati trovati mutati nelle cellule tumorali. Inoltre con questo metodo si possono identificare composti che interferiscono con gli effetti tossici dovuti all’espressione di una proteina nel lievito.
Lo scopo della creazione di questo set completo di mutanti è stato quello di generare un insieme più completo possibile di ceppi di lievito deleti per ciascuna delle diverse ORF, con l'obiettivo generale di scoprire le funzioni di questi ORF attraverso l'analisi fenotipica dei mutanti.
Il metodo utilizzato per riuscire ad eliminare ogni ORF in questione è basato su PCR. Ogni gene è stato deleto venendo sostituito con un modulo KanMX, che conferisce la resistenza alla Geneticina (G418) a quei cloni che hanno integrato il frammento. KanMX ha, a ciascuno dei suoi lati, una sequenza di 20 bp detta “Barcode”. Questi barcode sono diversi per ogni clone e quindi identificano la sequenza specifica del gene che è stato deleto. A sua volta, ai lati di ognuna di queste due sequenze, ci sono 4 sequenze riconoscibili da 2 coppie di primer diversi (U1, Kan B e Kan C, D1) (Fig. 1.10)
Fig. 1.10 Costruzione del pool di ceppi di lievito deleti mediante la tecnica della MULTIPLE PCR
Ogni cassetta è stata costruita utilizzando due reazioni sequenziali di amplificazione mediante PCR. Nella prima reazione di amplificazione, sono stati utilizzati un UPTAG
primer di 74 bp e un DNTAG primer di 74 bp per amplificare il gene KanMX4 dal
plasmide pFA6-‐kanMX4 DNA. I primer sono così costituiti: 18 bp di sequenza genomica che fiancheggiano la regione 5' e la 3' della ORF da eliminare; 18 e 17 bp di sequenza comune a tutte le interruzioni del gene (U1: 5'-‐ GATGTCCACGAGGTCTCT-‐ 3' o D1: 5'-‐CGGTGTCGGTCTCGTAG-‐3'); una sequenza unica di 20 bp che rappresenta la sequenza “Barcode”; e 19 bp di sequenza omologa alla cassetta KanMX4 (U2: 5'-‐CGTACGCTGCAGGTCGAC-‐3' e D2:5'-‐ ATCGATGAATTCGAGCTCG-‐3').
Nella seconda reazione PCR vengono utilizzati due oligonucleotidi da 45 bp (UP_45 e DOWN_45) specifici nei confronti della ORF da eliminare. Sono necessari per estendere la regione di omologia specifica per la ORF, aumentando così la specificità di targeting della cassetta grazie al fenomeno di ricombinazione omologa
presente nel lievito Saccharomyces cerevisiae.
Le U1/D1 e U2/D2 sono sequenze comuni a tutti i ceppi deleti con questa metodica; sono utilizzate per amplificare la regione barcode tramite la reazione di amplificazione della PCR per riuscire ad identificare quale sia il gene deleto del clone sotto studio.
Così facendo sono state generate quattro diverse collezioni di mutanti: aploidi, diploidi omozigoti per geni non essenziali e diploidi eterozigoti, che contengono le ORF essenziali e non essenziali delete.
Nel nostro caso, la libreria utilizzata è costituita dal ceppo diploide BY4743; essa consiste in 4.741 cloni diploidi omozigoti MATa/MATα .
S
COPO DELLA TESI
L’identificazione di proteine che regolano l’attività della proteina BRAFV600E risulta
essere importante non solo per riuscire a comprendere i meccanismi di resistenza acquisita al vemurafenib ma anche al fine di identificare nuovi target terapeutici per i melanomi con BRAFV600E. Il lievito Saccharomyces cerevisiae è stato largamente
usato come modello per l’identificazione di pathway coinvolti in malattie umane e, in particolare l’Yeast Deletion pool (collezione di ceppi di lievito deleti in geni non essenziali), si è rivelato essere un ottimo strumento per identificare interattori funzionali di proteine umane. Lo scopo del mio progetto è stato quello di identificare geni che, se deleti, possano determinare morte o rallentamento di crescita, delle cellule di lievito, in presenza della forma mutata di BRAF (BRAFV600E) effettuando uno screening sull’Yeast Deletion pool trasformato con BRAFV600E. Tali geni possono essere considerati interattori funzionali di BRAFV600E, ovvero proteine che se alterate nella loro espressione possono alterare l’attività di BRAFV600E anche se non interagiscono fisicamente con BRAFV600E.
2.
M
ATERIALI E METODI
2.1 Vettore plasmidico pGEM-‐T Easy
Prima di clonare il gene BRAFV600E nel plasmide pYES2, l’ho amplificato per PCR e
clonato nel vettore pGEM-‐ T easy. Questo è un vettore linearizzato con una singola timidina 3’-‐terminale ad entrambe le estremità. Le code di T nel sito di inserzione migliorano notevolmente l'efficienza della ligation dei prodotti di PCR, impedendo la richiusura del vettore e fornendo una sporgenza compatibile per prodotti PCR generati da polimerasi termostabili. I vettori pGEM-‐T Easy (Fig. 2.1) contengono promotori RNA polimerasi T7 e SP6 che fiancheggiano un sito multiplo di clonaggio all’interno della regione codificante l’α-‐peptide dell’enzima β-‐galattosidasi. Se il gene di nostro interesse si inserisce nel MCS, il gene lacZ viene interrotto ed il substrato X-‐ GAL aggiunto nelle piastre non può più essere metabolizzato; quindi i cloni trasformati sono selezionati per la presenza dell’inserto in quanto formano colonie di colore bianco, contenenti il plasmide con l’inserto, o blu, contenenti il plasmide senza inserto.
Il vettore contiene i seguenti elementi: § Promotore T7 RNA polimerasi
§ sito d’inizio della trascrizione per la T7 RNA polimerasi: § Sito multiplo di clonaggio
§ promotore per SP6 RNA Polimerasi
§ sito d’inizio della trascrizione per la RNA polimerasi SP6 § il gene lacZ (β-‐lactamase):
§ phage f1 region § lac operon sequences
Figura 2.1 Caratteristiche del vettore pGEM-‐T easy
2.2 PCR di BRAF
V600E
A partire dal cDNA ho amplificato per PCR la sequenza codificante di BRAFV600E.
Seguendo il protocollo fornito dal produttore, ho eseguito la retrotrascrizione dell’mRNA totale a cDNA con il kit iScriptTM cDNA Synthesis (Biorad®).
Ho condotto l’amplificazione di BRAFV600E per PCR utilizzando la Taq polimerasi
proof reading “Phusion Flash High-‐Fidelity PCR Master Mix” (Thermo Scientific®). Le condizioni e i primers utilizzati sono riportati nello schema seguente:
98°C (10’’) 98°C ( 1’’) 55-‐65°C ( 5’’ ) 35 cicli 72°C (40’’) Master Mix 2X 10 µl DNA (10 ng/µl) 2 µl Primer F Hind III 1 µl Primer R Sac I 1 µl H2O 6 µl
-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐-‐ Tot = 20 µl
Ho separato i prodotti di PCR su gel d’agarosio all’1%, e successivamente ho tagliato e purificato da gel le bande di interesse utilizzando QIAquick Gel Extraction Kit (Qiagen®)
2.3 Clonaggio del pGEM
All’estremità delle bande di PCR purificate ho aggiunto una coda di poly-‐Adenina (polyA) incubando poi 30 minuti a 70°C con la polimerasi GoTaq (Promega®), GoTaq Buffer 5X e dATPs 4mM.
Successivamente ho clonato i prodotti di PCR poliadenilati nel plasmide pGEM®-‐T Easy (Promega®) seguendo il protocollo fornito dal produttore, e trasformato il vettore pGEM-‐BRAFV600E in cellule competenti DH5α.
2.4 Vettore plasmidico pYES2
Per esprimere in lievito il gene BRAFV600E, ho utilizzato il vettore pYES2 (Fig. 2.2).
Questo vettore, progettato per l’espressione di proteine ricombinanti in
Saccharomyces cerevisiae, è lungo 5.9 kb. Le caratteristiche di questo vettore
permettono di clonare facilmente geni di interesse e selezionare le cellule trasformate grazie alla presenza del gene URA3, codificante un enzima della catena biosintetica dell’uracile.
Il vettore contiene i seguenti elementi:
§ Promotore GAL1: essenziale per avere un alto livello di espressione di
proteina inducibile (in lievito) tramite galattosio46
§ Promotore per la T7 RNA polimerasi e sito d’inizio della trascrizione:
permette la trascrizione in vitro con orientamento senso e sequenziamento dell’inserto
§ Sito multiplo di clonaggio: consente l’inserzione del nostro gene in pYES2
§ Terminatore trascrizionale CYC1: permette un’efficiente terminazione e
stabilizzazione dell’mRNA
§ Origine pUC: origine di replicazione batterica in E. coli
§ Gene resistente all’ampicillina: selezione dei trasformati in E. coli
§ Gene URA3: per selezionare i trasformanti in ceppi di lievito ospitanti con
genotipo ura3
§ Origine 2μ: origine di replicazione del lievito
§ Origine f1: origine di replicazione del fago f1 -‐ recupero del DNA single-‐