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Il calcolo del costo di un prototipo: il caso Gianneschi Pumps and Blowers s.r.l.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di laurea in Strategia, Management e Controllo

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

IL CALCOLO DEL COSTO DI UN PROTOTIPO:

IL CASO GIANNESCHI PUMPS AND BLOWERS S.R.L.

Relatore: Prof. Alessandro Capodaglio

Candidato: Sara Giusti

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(3)

3 INDICE

Introduzione ...5

PRIMO CAPITOLO ...6

1.1 Analisi di mercato del settore nautico italiano ...6

1.2 Analisi di mercato del settore dell’accessoristica nautica ... 12

SECONDO CAPITOLO ... 24

2.1 Il concetto di costo ... 24

2.1.1 Le classificazioni dei costi... 25

2.1.2 Le configurazioni di costo di prodotto ... 29

2.2 I sistemi di determinazione del costo di prodotto ... 33

2.2.1 Il direct costing ... 34

2.2.1.1 Il direct costing semplice... 35

2.2.1.2 Il direct costing evoluto ... 36

2.2.2 Il full costing ... 38

2.2.2.1 Il full costing a base unica ... 39

2.2.2.2 Il full costing a base multipla ... 40

2.3 La contabilità per centri di costo ... 41

TERZO CAPITOLO ... 47

3.1 Presentazione dell’azienda... 47

3.1.1 Mappatura del processo produttivo ... 52

3.2 Calcolo del costo del prototipo ... 55

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4

3.2.2 Classificazione dei costi aziendali ... 67

3.2.3 Costo primo del prototipo ... 70

3.2.4 Costi pieno industriale ... 71

3.2.5 Costo pieno aziendale del prototipo ... 81

Conclusione ... 87

Bibliografia ... 89

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5

Introduzione

Il presente lavoro è frutto di un’attività di stage svolta presso la Gianneschi Pumps

and Blowers s.r.l.

L’azienda è specializzata nella progettazione e produzione di pompe, autoclavi, ventilatori, boiler, motopompe, compressori e serrande, ed opera prevalentemente nel settore nautico.

Durante questo periodo, mi è stato chiesto di seguire la progettazione di un nuovo prodotto, e nello specifico mi sono occupata del calcolo del costo del prototipo, ovvero il costo necessario per sviluppare il nuovo prodotto.

Nel primo capitolo ho preliminarmente svolto un’analisi del settore nautico, concentrandomi soprattutto sul settore dell’accessoristica nautica, essendo il settore di appartenenza dell’azienda in questione.

Nel secondo capitolo vengono illustrati alcuni concetti teorici sulle classificazioni dei costi, le configurazioni degli stessi e le principali metodologie di calcolo del costo di prodotto.

Infine nel terzo capitolo, dopo aver presentato l’azienda e le attività che svolge, ho descritto il lavoro svolto in essa e con l’utilizzo della metodologia del full costing a base multipla, sono pervenuta al costo pieno aziendale del prototipo.

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6 PRIMO CAPITOLO

Settore nautico italiano

1.1 Analisi di mercato del settore nautico italiano

Il settore nautico rappresenta per il nostro Paese uno dei segmenti dell’economia con maggiori prospettive di crescita, sia in termini di ricchezza che di occupazione. Uno dei pochi settori che è riuscito a reagire alla sfavorevole congiuntura economica degli ultimi tempi, grazie alla capacità di assorbire lo shock negativo della domanda interna e all’efficienza sia produttiva che tecnologica delle unità locali.

Nel 2016 l’Italia ha potuto beneficiare, oltre al risveglio della domanda interna, anche della dinamica positiva della domanda estera, sebbene lo scenario internazionale non sia stato particolarmente favorevole a causa del rallentamento delle economie emergenti e delle tensioni tra la UE e Paesi come la Russia e la Turchia che sono nostri importanti mercati. La bilancia commerciale italiana ha toccato nel 2016, un nuovo massimo storico del surplus con l’estero raggiungendo i 51,6 miliardi di euro. 1

In Italia la crescita è proseguita in linea con il sentiero di ripresa avviatosi nel 2013, ma risultando al di sotto della media europea. 2

1 LA NAUTICA IN CIFRE-Analisi di mercato per l’anno 2016, a cura di UCINA, Confindustria Nautica è l'Associazione senza fini di lucro, che rappresenta le industrie e le imprese della nautica da diporto in Italia. 2 LA NAUTICA IN CIFRE- Analisi di mercato per l’anno 2016, a cura di UCINA.

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7 Lo scenario della nautica nel nostro Paese è caratterizzato da tre ambiti che complice la crisi sono andati a connotarsi via via in modo più marcato.3

L’export conferma e rafforza il suo ruolo di fiore all’occhiello della nautica del nostro Paese. Data la forte competizione della cantieristica estera, l’export di essa è caratterizzato da unità di grandi dimensioni o comunque di alta gamma, sia nel motore che nella vela. Considerazione analoga vale per la componentistica e la fornitura che per competere deve mantenere un livello qualitativo altissimo. La domanda interna, seppur in ripresa, resta contenuta nei valori assoluti e caratterizzata da unità di piccole dimensioni. In questo ambito prevalgono le importazioni da oltre oceano (Nord America per unità da fuoribordo ed entrofuori bordo) e da Paesi Europei ( Francia e Germania in particolare per la vela e piccole-medie unità a motore).

L’area emergente per il nostro Paese è quella dei servizi costieri: dalla cantieristica del Refit & Repair che ci vede tra i leader mondiali, ai servizi turistici costieri particormente per i grandi yacht che colgono la sempre maggior presenza di queste unità nel Mediterraneo.

3 “Dinamiche e prospettive di mercato della filiera nautica da diporto” a cura del centro studi CNA, Produzione Nautica.

La CNA, Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa, da settant'anni rappresenta e tutela gli interessi delle micro, piccole e medie imprese, operanti nei settori della manifattura, costruzioni, servizi, trasporto, commercio e turismo, delle piccole e medie industrie, ed in generale del mondo dell’impresa e delle relative forme associate, con particolare riferimento al settore dell’artigianato; degli artigiani, del lavoro autonomo, dei professionisti nelle sue diverse espressioni, delle imprenditrici e degli imprenditori e dei pensionati.

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8 In termini di caratteristiche industriali la nautica italiana è principalmente costituita da piccole e medie imprese, le cosiddette PMI e da un numero molto più contenuto di grandi aziende (con oltre 1.000 dipendenti ognuna).4

L’Italia detiene una posizione di leadership nel segmento del mercato della nautica da diporto, soprattutto nella costruzione di yacht compresi tra i 24-30 metri e 30-45 metri, con alcuni marchi che si distinguono come veri e propri padroni del settore come: Azimut – Benetti, Perini, Overmarine, Fipa Group, Codecasa. Per questi e per gli altri marchi sarà importante tenere presente la tendenza da parte dei consumatori nel richiedere unità di lunghezza sempre maggiore, anche superiore ai 70 metri, una lunghezza che fino a pochi anni fa sembrava impensabile ma che oggi sta diventando normalità. Una fascia quella degli yacht superiori ai 70 metri, nella quale sono i costruttori del nord Europa (Germania e Paesi Bassi soprattutto) a detenere una posizione di rilievo.

Nel 2016 il fatturato globale del settore (calcolato esclusivamente sulle attività attinenti alla produzione nautica delle aziende) è stato pari a 3,44 miliardi di euro, registrando, dopo anni di flessione, una crescita significativa, pari al +18,6%, migliorando ulteriormente la buona performance del 2015 (+17,1% rispetto al 2014). 5

4 “Dinamiche e prospettive di mercato della filiera nautica da diporto” a cura del centro studi CNA. 5 LA NAUTICA IN CIFRE- Analisi di mercato per l’anno 2016, a cura di UCINA.

(9)

9 Grafico 1.1 6

La filiera della nautica da diporto include un vasto insieme di attività, soggetti, imprese e professionalità, coinvolte nell’intero “ciclo di vita” del prodotto, classificabili complessivamente in quattro macro comparti: la cantieristica, intesa come costruzione di nuove unità da diporto; l’accessoristica, che annovera una moltitudine di forniture, dai materiali, ai componenti per l’assemblaggio, alle attrezzature di bordo, ecc.; la motoristica e il refit &repair, termine che comprende i diversi servizi che si occupano di riparazione, manutenzione e rimessaggio, e che occupano uno spazio economico e funzionale, come già accennato, di primo piano all’interno del settore.

Il fatturato complessivo di 3,4 miliardi di euro, deriva per l’83,4% da produzione nazionale e per il 16,6% dalla vendita di prodotti da importazione. La produzione

6 LA NAUTICA IN CIFRE- Analisi di mercato per l’anno 2016 a cura di UCINA

2.43 2.93 3.26 3.54 3.82 4.97 5.73 6.2 6.18 4.25 3.36 3.42 2.5 2.43 2.48 2.9 3.44 0 1 2 3 4 5 6 7 2 0 0 0 2 0 0 1 2 0 0 2 2 0 0 3 2 0 0 4 2 0 0 5 2 0 0 6 2 0 0 7 2 0 0 8 2 0 0 9 2 0 1 0 2 0 1 1 2 0 1 2 2 0 1 3 2 0 1 4 2 0 1 5 2 0 1 6 I N D U S T R I A I T A L I A N A D E L L A N A U T I C A , A N D A M E N T O D E L FA T T U R A T O G L O B A L E 2 0 0 0 - 2 0 1 6 ( V A L O R I I N M I L I A R D I D I E U R O )

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10 nazionale genera un fatturato di oltre 2,8 miliardi di euro, di cui il 76% è diretto all’estero, del quale un 67% è diretto a Paesi extra UE. Sul mercato nazionale vengono collocate vendite per quasi 683 milioni di euro, a cui si aggiunge un valore di prodotti di importazione pari a quasi 470 milioni, per questo il valore del fatturato collocato in Italia sfiora il miliardo di euro. 7

Il grafico 1.1.1 evidenzia l’importanza delle esportazioni nella composizione del fatturato nell’industria nautica.

Grafico 1.1.1 8

Il contributo maggiore, come vediamo dal grafico 1.1.2, è ascrivibile al comparto della cantieristica, che genera oltre la metà del fatturato del settore (57%), seguito dagli accessori (29%), i motori (8%), refitting, riparazione e rimessaggio (6%).

7 I dati sono frutto di elaborazione di qu1estionari UCINA, arrotondati alle decine di migliaia di euro. 8 LA NAUTICA IN CIFRE- Analisi di mercato per l’anno 2016 a cura di UCINA.

20%

63% 17%

RIPARTIZIONE DEL FATTURATO GLOBALE DELL'INDUSTRA NAUTICA

(ANNO 2016)

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11 Grafico 1.1.2 9

Per quanto riguarda l’impatto del settore nautico sul mercato del lavoro: il numero degli addetti effettivi (dipendenti più addetti equivalenti) si è contraddistinto dal segno positivo, crescendo del +2% rispetto al 2015 (18.130) e raggiungendo le 18.480 unità.

Infine, il contributo che il settore nautico italiano dà al PIL nazionale, considerando il valore della produzione a prezzi di mercato, si avvicina ai 3 miliardi di euro, con un aumento di circa il 19%, rispetto all’anno scorso.

9 LA NAUTICA IN CIFRE- Analisi di mercato per l’anno 2016 a cura di UCINA. 57%

6% 29%

8%

PESO % DEI SOTTOSETTORI DELL'INDUSTRIA NAUTICA

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12 1.2 Analisi di mercato del settore dell’accessoristica nautica

La mia analisi si sofferma sull’accessoristica nautica, poiché è il settore di appartenenza della Gianneschi Pumps & Blowers s.r.l.

Sebbene il “prodotto” nautico delle industrie italiane è il vero elemento di eccellenza, bisogna sottolineare però, che la leadership della cantieristica si sviluppa all’interno di un indotto dove le relazioni di partnership e subfornitura partecipano a comporre il prodotto, la barca italiana, di successo sui mercati internazionali.

A cominciare dai Designers e dai Progettisti: dagli “Exterior” capaci di proporre linee estetiche di altissimo livello, agli “Interior” che si caratterizzano con genialità nelle soluzioni interne, fino ai progettisti esperti di ingegneria e archittettura navale per le soluzioni innovative di materiali e propulsione. 10

Gioca inoltre il suo ruolo la filiera di supporto alla realizzazione dello yacht che affianca il cantiere nella costruzione e tutta la componentistica e accessoristica che trova nel nostro Paese realtà produttive di eccellenza in grado non solo di supportare il cantiere nella costruzione, ma spesso di proporsi con soluzioni progettuali innovative e customizzate per ogni singola unità.

Le aziende italiane dell’accessoristica sono considerate esempio a livello globale per l’evoluzione che le ha caratterizzate.

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13 Sono riuscite a mutare il loro modello di business, caratterizzato da relazioni forti con il “cantiere della porta accanto” che garantiva loro ordini e continuità, istaurando rapporti in Paesi lontani, vincendo gli ostacoli normativi presenti. Il comparto formato dagli accessori nautici è rappresentato principalmente da imprese di dimensione medio-piccole, riveste un ruolo fondamentale nell’ambito dell’industria nautica italiana essendo caratterizzato da un alto livello qualitativo tecnologico.

Risulta difficoltoso attribuire una definizione al concetto stesso di accessorio nautico, questo perché è difficile identificare quali accessori possano essere ritenuti essenzialmente nautici e quali accessori, seppur non esclusivamente legati al mondo della nautica, possono comunque entrare in questa categoria merceologica ai fini di un corretto computo dei volumi di produzione o del fatturato. 11

Seguendo la suddivisione eseguita da Ucina12, il comparto può essere diviso in due macro settori: gli accessori, che rappresentano degli elementi che sono parte integrante dell’imbarcazione e senza i quali la navigazione non sarebbe possibile che chiamiamo componenti e quello degli accessori, non necessariamente essenziali per la navigazione, ma comunque formanti l’allestimento dell’unità stessa.

11 LA NAUTICA IN CIFRE-analisi del mercato per l’anno 2016 a cura di UCINA. 12 LA NAUTICA IN CIFRE-analisi del mercato per l’anno 2016 a cura di UCINA.

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14 Le categorie merceologiche prese in considerazione sono:

 Abbigliamento nautico;  Accessori;

 Accessori per motore e meccanica navale;  Attrezzature per la pesca sportive;

 Carrello e trasporto imbarcazioni;  Componenti;

 Generatori;  Materie prime;  Pesca subacquea;

 Porticcioli impianti ed attrezzature;  Strumentazione elettronica di bordo.

Il fatturato complessivo dell’intero comparto degli accessori (è possibile ipotizzare che il campione rappresenti il 90% del valore globale del comparto, questo perché i dati relativi agli accessori, rispetto ai dati sui componenti, difficilmente possono essere rilevati nella loro interezza, ed è possibile stimare che una quota pari al 10% del mercato sfugga all’indagine) è stimato pari a quasi un miliardo di euro.

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15 Grafico 1.2 13

Il grafico 1.2 ci dimostra come il fatturato del comparto sia tornato a crescere negli ultimi tre anni, dopo una flessione registrata nel biennio 2012-2013. Il fatturato globale è incrementato del 18,27% rispetto agli 836 milioni di euro del 2015, migliorando notevolmente le performance del 2015, dove il fatturato era aumentato del quasi 7% rispetto al 2014.

Il fatturato globale deriva per oltre 700 mln di euro da produzione nazionale e per quasi 280 mln di euro da importazioni. La produzione nazionale, cresciuta del +19,8% rispetto al 2015, è rivolta per il 47% verso il mercato nazionale e per il 53% per le esportazioni, di cui il 59% verso Paesi UE e il 41% verso paesi extra UE. La produzione nazionale per le esportazioni, è cresciuta del +24,9% rispetto al 2015, coerentemente con la dinamica positiva della domanda estera che ha colpito l’intero settore nautico. Per quanto riguarda le importazioni, sono cresciute

13 Rielaborazione personale su dati UCINA.

0.88 0.91 0.78 0.76 0.78 0.84 0.99 0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00 1.20 2 0 1 0 2 0 1 1 2 0 1 2 2 0 1 3 2 0 1 4 2 0 1 5 2 0 1 6 A C C E S S O R I S T I C A A N D A M E N T O FA T T U R A T O G L O B A L E 2 0 1 0 - 2 0 1 6 ( V A L O R I I N M I L I A R D I D I E U R O )

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16 del +14,4% rispetto al 2015 e provengono per il 57% da Paesi UE e per il 43% da Paesi extra UE, di cui il 70% vendute in Italia e il 30% vendute all’estero.

Grafico 1.2.1 14

Il grafico 1.2.1 ci rivela la particolarità del comparto degli accessori: il fatturato si scompone uniformemente nelle tre componenti considerate, con una lieve predominanza della produzione per il mercato nazionale.

Gli accessori prodotti o importati nel nostro Paese vengono per la maggior parte rivenduti in Italia.

Attraverso un’analisi di un campione del 30% del fatturato complessivo del settore, viene osservata la composizione merceologica nelle diverse tipologie di prodotti.

14 LA NAUTICA IN CIFRE- Analisi di mercato per l’anno 2016 a cura di UCINA 34%

38% 28%

PRODUZIONE E IMPORTAZIONE DI ACCESSORI, RIPARTIZIONE DEL FATTURATO GLOBALE

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17 Grafico 1.2.2 15

Dall’analisi del grafico 1.2.2 emerge come il sottocomparto degli accessori nautici riveste il ruolo più importante nella composizione del fatturato del campione superando il 50% della casistica.

Si può vedere come il fatturato derivante da accessori, componenti, strumentazione elettronica di bordo e accessori per motore e meccanica navale rappresenti poco meno del 90% del fatturato del campione, anche se questi valori sono parzialmente influenzati dalla mancata disponibilità dei dati relativi ad alcune tipologie di accessori.

La componentistica, comparto di appartenenza dei prodotti della Gianneschi

Pumps and Blowers s.r.l., rappresenta un 10,1% del fatturato del campione preso

in esame.

15 LA NAUTICA IN CIFRE-Analisi di mercato per l’anno 2016 a cura di UCINA. 51% 13% 3% 21% 12% PRODUZIONE E IMPORTAZIONE DI

ACCESSORI:RIPARTIZIONE MERCEOLOGICA DEL FATTURATO

Accessori Accessori per motore e meccanica navale

Strumentazione elettronica di bordo Componenti Altro

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18 Il mercato italiano della componentistica nel suo ramo di fornitura di pompe, autoclavi, ventilatori, boiler, motopompe, compressori e serrande è un mercato di nicchia, caratterizzato da poche aziende produttrici. Il mercato marino di questo genere di forniture può essere scomposto in due grandi macroclassi, ovvero:

 Nautica da diporto-yacht;

 Barche da lavoro e patrol vessel.

È doveroso inoltre menzionare il settore civile-industriale, soprattutto quando si parla di pompe, poiché diverse aziende nonostante abbiano come core business il settore nautico, riforniscono anche questo settore.

Per le imbarcazioni inferiore ai 15 metri, ovvero la piccola nautica, il mercato italiano è dominato da un player internazionale il gruppo Xylem.

I principali produttori italiani, con core business il settore della nautica da diporto-yacht, sono: Gianneschi s.r.l., F.E.I.T. pompe s.r.l. e C.E.M. elettromeccanica s.r.l. Queste aziende sono dirette concorrenti tra di loro ed hanno un portafoglio prodotti simile ed insieme si spartiscono il mercato italiano. Sebbene Gianneschi s.r.l., operi interamente nel settore marino, le altre due aziende operano, in prevalenza in quello marino, ma un 10/15% del loro fatturato proviene dal settore civile-industriale.

Gianneschi s.r.l. è l’azienda leader in Italia nel suo settore, possedendo una quota

dell’80% del mercato, con un fatturato registrato nel 2016 pari a 9.600.000 euro, rispetto a 1.900.000 euro fatturato dalla F.E.I.T s.r.l., e a 1.300.000 registrato dalla

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19

C.E.M. s.r.l.16 Merita menzionare anche Liverani s.r.l., che nonostante il suo core

business sia il settore civile industriale, ha realizzato nel 2016 un fatturato di 8.700.000 euro del quale si stima che un milione di euro possa provenire dal settore delle imbarcazioni da diporto. 17

Le aziende di questo settore sono B2B18, i loro clienti sono direttamente i cantieri oppure si interfacciano con una rete di rivenditori soprattutto per il commercio internazionale, che si approcciano con i cantieri locali.

Con l’ausilio della rivista americana Showboats International è stato possibile stimare il potenziale di mercato mondiale di questo tipo di forniture, ovvero la gamma prodotti offerta anche da Gianneschi s.r.l, nei superyacht ovvero yacht di lunghezza superiore ai 24 metri.

L’analisi si è concentrata sul mercato dei superyacht perché è il trend di mercato nonché il mercato principale di riferimento della Gianneschi s.r.l. ed inoltre, nelle imbarcazioni inferiori a 24 metri, non è possibile reperire dati precisi.

Alcuni numeri della rivista americana sono considerati pubblicazioni di riferimento nel panorama nautico, una di queste è il Global order book 19, che

pubblica la classifica annuale dei maggiori costruttori internazionali di superyacht, le imbarcazioni a vela e a motore di dimensione superiore ai 24 metri. Il Global

Order Book raccoglie il portafoglio ordini di ciascun cantiere navale, calcolando il

16 Cerved, bilanci online.

17 Stima effettuata dall’imprenditore della Gianneschi s.r.l.

18 La sigla B2B sta a indicare il termine business to business ossia quel settore che vende prodotti o servizi ad altre società e non ai consumatori.

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20 numero complessivo di barche in costruzione e la somma delle lunghezze complessive di questi yacht.

Il Global Order Book 2017, elenca gli yacht che risultano in costruzione nell’anno, comprendendo nel portafoglio ordini 2017, yacht in consegna dal 2016 fino al 2020. Gli yacht in consegna nel 2016 sono produzioni in ritardo, mentre gli yacht in consegna nel 2020 hanno lunghezza elevate che si aggirano intorno ai 120,140 metri e sono commesse che necessitano di almeno un arco temporale di 3 anni per la loro realizzazione.

Per la stima effettuata, ho suddiviso preliminarmente gli yacht in costruzione, in yacht:

 Tra i 24 e i 30 metri di lunghezza;  Tra i 30 e i 45 metri di lunghezza;  Tra i 45 e i 60 metri di lunghezza;  70 metri di lunghezza;  80 metri di lunghezza;  90 metri di lunghezza;  100 metri di lunghezza;  120 metri di lunghezza.  140 metri di lunghezza.

(21)

21 Grafico 1.2.3 20

Il valore medio della fornitura per ogni fascia, l’ho calcolato prendendo a riferimento ordini di fornitura pervenuti a Gianneschi per ogni lunghezza di yacht, e risulta che: 21

 nella fascia tra i 24-30 metri, il valore medio di fornitura è pari a 25.000 euro;

 nella fascia tra i 30-45 metri, il valore medio di fornitura è pari a 35.000 euro;

 nella fascia tra 45-60 metri, il valore medio di fornitura è pari a 60.000 euro;  per gli yacht di 70 metri di lunghezza ho stimato un valore medio di 106.000

euro;

 per gli yacht di 80 metri ho stimato un valore medio di 160.000 euro;  per gli yacht di 90 metri ho stimato un valore medio di 180.000 euro;

20 Rielaborazione personale.

21 Non è stato considerato il valore diverso di fornitura associato a modelli di yacht differenti che hanno la stessa lunghezza. 280 210 82 31 13 10 10 6 5 0 50 100 150 200 250 300 24-30 30-45 45-60 70 80 90 100 120 140

Numero yacht in consegna 2017

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22  per gli yacht di 100 metri ho stimato un valore medio di 220.000 euro;  per gli yacht di 120 metri ho stimato un valore medio di 300.000 euro;  Per gli yacht di 140 metri ho stimato un valore medio di 350.000 euro. Moltiplicando tali valori per il numero di yacht appartenenti a ogni fascia, si ottiene un valore mondiale stimato di 31.676.000 di euro che si ripartisce come illustrato nel grafico 1.2.4:

Grafico 1.2.4. 22

Possiamo notare che il maggior potenziale di mercato per questo ramo della componentistica, è rappresentato dagli yacht in costruzione compresi nella fascia tra i 30-45 metri e nella fascia tra i 24-30 metri, poiché sono quelli più richiesti.

22 Rielaborazione personale. 22% 23% 15% 10% 6% 6% 7% 6%5%

Ripartizione del valore mondiale della fornitura tra le varie fasce

24-30 metri 30-45 metri 45-60 metri 70 metri 80 metri

(23)

23 Il valore di queste forniture, prendendo sempre a riferimento un campione di ordini pervenuti a Gianneschi s.r.l., può essere stimato intorno all’ 1,5/2% del costo finale dello yacht, chiaramente dipende dalla tipologia di yacht e dal tipo di fornitura. Nonostante questo valore così irrisorio rispetto al totale, porti a pensare che i cantieri preferiscano rimanere fedeli ai propri fornitori, piuttosto che cercarne di nuovi, perché i costi di ricerca di essi sono maggiori rispetto ai benefici che ne potrebbero trarre; nel settore nautico succede che, anche per uno scarto di pochi euro, si preferisca il fornitore “più economico” anche a discapito della qualità. 23 Questo ramo dell’accessoristica nautica è comunque, caratterizzato da elevate barriere all’entrata, date non solo dalla forza dei brand delle aziende che già operano nel settore, ma anche dal know-how delle stesse.

Inoltre l’Italia si conferma anche quest’anno alla guida della classifica dei produttori di grandi yacht 24, ma come già detto, la barca italiana è figlia di un gioco di squadra,25 dove partecipa attivamente tutta la filiera di supporto alla realizzazione della stessa, e questo è un punto di forza per le aziende italiane che operano nei diversi settori.

Possiamo concludere che per continuare a mantenere il mercato di questo ramo della componentistica, di nicchia, occorre che le aziende che operano nel comparto, sappiano mantenere solidi rapporti di partnership con i propri clienti, cosicché questi ultimi non siano motivati dal cercare nuovi fornitori.

23 Intervista all’imprenditore dell’azienda Gianneschi s.r.l. 24 3 gennai 2017- Il Made in Italy leader mondiale. Il sole 24 ore.

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24 SECONDO CAPITOLO

Il concetto di costo e i siste mi di determinazione del costo di prodotto

2.1 Il concetto di costo

In teoria economica rilevano tre concetti di costo: il costo tecnico, che rappresenta le utilità consumate nel processo produttivo, relative a materiali e servizi prestati dall’uomo; il costo psicologico, che consiste in una rinuncia da sopportare in cambio di una remunerazione; il costo monetario, che rappresenta l’uscita monetaria sostenuta per l’acquisto di fattori produttivi. 26

Quest’ultimo concetto è quello che risulta maggiormente utile negli studi economico aziendali; esso assume connotati diversi a seconda che si consideri all’interno della contabilità generale e all’interno della contabilità analitica.

In contabilità generale si parla di costo di acquisto dei fattori produttivi, costituito dall’uscita monetaria che si determina a seguito di operazioni di acquisto dei fattori di produzione, per tale motivo viene inteso come costo originario.

In contabilità analitica, invece, si fa riferimento al concetto di costo monetario di

produzione, dato dalla somma dei valori dei fattori produttivi impiegati o

consumati nei processi e nelle combinazioni produttive per conseguire un determinato risultato utile: questo viene considerato, a differenza del precedente, come un costo derivato.27

26 Cinquini Lino,Cost Management.Volume I. G. Giappichelli editore.

27 Marasca, Marchi, Riccaboni, Controllo di Gestione. Metodologie e strumenti. Amministrazione, finanza

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25 2.1.1 Le classificazioni dei costi

In contabilità analitica esistono diversi criteri per classificare i costi.

Secondo la modalità di assegnazione agli oggetti di costo si distinguono costi diretti e costi indiretti.

I costi diretti rispetto all’oggetto di costo sono relativi a fattori produttivi utilizzati esclusivamente per l’oggetto di costo e ai fattori produttivi per i quali è possibile ed economicamente conveniente misurare la quantità consumata dell’oggetto di costo e moltiplicarla per il suo prezzo.

I costi indiretti rispetto all’oggetto di costo sono relativi a fattori produttivi impiegati per più oggetti di costo e a fattori produttivi per i quali è possibile ma non economicamente conveniente misurare la quantità consumata dall’oggetto di costo.

I costi diretti sono quei costi che possono essere assegnati all’oggetto di costo, secondo criteri di specialità, ossia mediante il prodotto tra volume di fattore impiegato e il prezzo unitario, oppure che vengono attribuiti in modo esclusivo. Ad esempio se l’oggetto di costo è un reparto produttivo, l’ammortamento di un macchinario utilizzato esclusivamente nel reparto è, rispetto ad esso, un costo diretto. Se l’oggetto di costo è un prodotto, il costo delle materie prime è un costo diretto rispetto al prodotto.

I costi indiretti sono quei costi che si imputano all’oggetto di costo secondo criteri di comunanza. Ad esempio i costi amministrativi sono costi indiretti rispetto ai

(26)

26 reparti produttivi. In presenza di costi indiretti è necessario individuare delle opportune basi di riparto al fine di allocare i costi agli oggetti di costo.

Le tipologie di basi di riparto per l’imputazione dei costi indiretti si distinguono in:

 Basi di riparto «a valore»: sono espresse in termini monetari. Generalmente sono un valore di costo (della manodopera, delle materie, ecc.) rapportato al costo indiretto da ripartire che consente di individuare una percentuale del valore della base; essa, moltiplicata per il valore della base contenuta in ogni oggetto di costo, determina la quota di costo indiretto da allocare.  Basi di riparto «quantitative»: sono espresse da quantità non monetarie

quali le ore di manodopera, le ore macchina, la quantità di materie prime, il volume di produzione; il rapporto tra il costo indiretto da ripartire con tale base dà un coefficiente di ricarico da moltiplicare per il valore della base riferito ai singoli oggetti di costo.

Secondo la classificazione dei costi in base alla riferibilità agli oggetti di costo è possibile definire i costi speciali e i costi comuni. I costi speciali sono quelli relativi a fattori partecipanti esclusivamente alla coordinazione produttiva alla quale il calcolo del costo è riferito. I costi comuni sono, invece, quelli relativi a fattori che, direttamente o indirettamente, concorrono allo svolgimento di coordinazioni produttive differenti, assunte come distinti oggetti di imputazione dei costi. I costi speciali possono essere attribuiti all’oggetto di costo sia in modo diretto che indiretto, questo perché può mancare la convenienza economica a calcolare i costi

(27)

27 speciali in modo diretto. Ad esempio il costo dell’energia elettrica rispetto agli impianti dislocati in una fabbrica può tecnicamente essere imputato con criteri di specialità, e quindi essere un costo diretto, perché per ciascun impianto è possibile misurare, installando un contenitore su ogni impianto, il consumo in kwh e moltiplicarlo per il costo per kwh, ma dobbiamo domandarci quanto è il beneficio che possiamo trarre da questa informazione rispetto al costo da sostenere per installare un contatore su ogni impianto e sulla base di ciò, scegliere se calcolare direttamente o indirettamente il costo speciale.

I costi comuni, invece, che per definizione sono comuni a più oggetti di costo, non potranno mai essere diretti, ma saranno sempre indiretti. Questi costi si assegnano all’oggetto di costo attraverso un procedimento di ripartizione o allocazione.

In base al comportamento al variare di un driver di riferimento, si distinguono costi fissi, variabili, semivariabili e costi variabili a scalini.

Un driver utilizzato di frequente per determinare la variabilità dei costi è il volume di produzione, tuttavia è fondamentale considerare anche il periodo di tempo cui rapportare i diversi costi; un costo può essere fisso in un periodo di tempo ristretto e può essere variabile se si amplia l’orizzonte di riferimento.

I costi variabili sono quei costi il cui ammontare varia al modificarsi del volume di attività. Un esempio tipico è rappresentato dal costo delle materie prime rispetto al volume di produzione.

I costi fissi, invece, sono quei costi il cui ammontare non varia al variare del volume di attività.

(28)

28 I costi semivariabili sono costituiti da una componente fissa e da una componente variabile che cambia in modo direttamente proporzionale al modificarsi del volume di attività.

I costi variabili a scalini sono quei costi che variano in conseguenza di variazioni piuttosto ampie del volume di attività nell’ambito dell’intervallo di rilevanza. L’area di rilevanza è l’intervallo di variazioni del cost driver nell’ambito del quale non si modifica il modo in cui il costo oggetto di analisi reagisce al modificarsi del determinante di costo.

In base al criterio della modalità di programmazione, si individuano costi parametrici, costi discrezionali e costi impegnati.

I costi parametrici sono relativi a fattori produttivi il cui consumo da parte dell’oggetto di costo, generalmente il prodotto, è determinabile a priori in modo oggettivo mediante parametri di tipo tecnico, come le ore di manodopera diretta per unità di prodotto.

I costi discrezionali, come noto, sono quei costi il cui ammontare, deciso anno per anno, deriva da valutazioni discrezionali del management, non essendo individuabili per le risorse sottostanti dei parametri tecnici di impiego.

Per i costi impegnati, infine, il margine di discrezionalità del management in sede di programmazione risulta molto limitato in quanto tali costi si configurano come costi di capacità e dipendono da decisioni prese a monte.

(29)

29 Un altro criterio utilizzato per classificare i costi è rappresentato dalla

controllabilità. Secondo questo criterio i costi si possono distinguere in costi

controllabili e costo non controllabili.

I costi controllabili sono quei costi il cui ammontare è influenzabile in maniera diretta e in misura significativa dal manager a capo del centro di responsabilità. I costi non controllabili sono quei costi relativi a fattori produttivi con riferimento ai quali il manager non è in grado di influenzare in modo diretto e significativo il consumo. La controllabilità, infatti, si riferisce a uno specifico centro di responsabilità, e dipende dalla tipologia e dall’ampiezza delle leve decisionali a disposizione del manager. La classificazione tra costi controllabili e non controllabili ha, pertanto, natura eminentemente organizzativa più che tecnico-contabile, poiché è conseguenza dell’articolazione delle responsabilità in azienda.

2.1.2 Le configurazioni di costo di prodotto

Una configurazione di costo è costituita da una somma progressiva di valori di costo al fine di ottenere informazioni economico-finanziarie che possano essere utili per le decisioni. 28

La determinazione del costo di prodotto può portare all’identificazione di alcune importanti configurazioni.

La prima è data dal costo primo, che comprende i costi dei fattori produttivi esclusivamente riferibili all’oggetto di costo, in genere rappresentati dal costo delle materie prime, della manodopera diretta e di altri costi diretti relativi alla

(30)

30 trasformazione industriale delle materie, come ad esempio lavorazioni di terzi su semilavorati di prodotto.

La configurazione di costo primo, fra tutte le altre, è quella che presenta il maggior grado di oggettività dato che considera solo i costi speciali che sono anche diretti. Tale configurazione può essere utile per la valorizzazione delle rimanenze finali di prodotti finiti. 29

Se aggiungiamo al costo primo una quota di costi indiretti di fabbricazione, otteniamo il costo di fabbricazione o di produzione o pieno industriale. Poiché i costi industriali vengono attribuiti agli oggetti di costo sulla base di alcuni criteri di imputazione, tale configurazione di costo risulta più soggettiva rispetto a quella precedente.

Tra i costi indiretti di fabbricazione troviamo i costi indiretti dei materiali, ovvero il costo di quei materiali, che vengono utilizzati nei processi produttivi ma non possono essere identificati come parti del prodotto. Le spese sostenute per tali materiali, che non fanno parte del prodotto finale, ma vengono consumate nella trasformazione di materie prime in prodotti finiti, sono chiamate spese di materiali indiretti. Tra i costi indiretti di fabbricazione troviamo inoltre il costo indiretto del lavoro che è quello non direttamente impiegato nella produzione del prodotto, ma i suoi servizi vengono usati in maniera indiretta.30 Gli altri costi indiretti di

29 Cinquini Lino, idem.

30 R. Kesan, C. Elanchezhian, B. Vijiaya Ramanath- Process Planning and Cost Estimation. Seconda edizione. New age international publishers editore.

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31 fabbricazione sono composti dagli ammortamenti di impianti e macchinari, l’elettricità e il riscaldamento, gli affitti, ecc.

Tale configurazione può essere utile per la valutazione delle rimanenze finali di semilavorati e prodotti finiti.

Un’altra configurazione individuabile è quella relativa al costo di trasformazione; essa è data dalla sommatoria di tutti i costi relativi al processo manifatturiero con esclusione delle materie prime e dei costi per lavorazione esterna. Tale configurazione può essere utile nei giudizi di convenienza tra produzioni alternative o nei confronti di efficienza dei processi produttivi tra imprese.

Le configurazioni di costo di prodotto possono comprendere anche costi aziendali relativi ad aree diverse da quella di produzione (area commerciale, amministrativa, ricerca e sviluppo) e gli oneri relativi all’approvvigionamento di mezzi finanziari.

Sommando al costo di fabbricazione i costi commerciali otteniamo il costo di

fabbricazione e commercializzazione. Tale configurazione può servire per

confrontare la redditività di commesse oppure di prodotti singoli in caso di produzione per processo.

Se aggiungiamo al costo di fabbricazione e commercializzazione una quota dei costi generali amministrativi, relativi alla gestione amministrativa dell’azienda, una quota dei costi relativi alla ricerca e sviluppo, alla pubblicità e promozione e alla formazione del personale ovvero i costi di politica e una quota degli oneri finanziari si ottiene la configurazione di costo pieno aziendale o costo complessivo.

(32)

32 Il costo complessivo può essere la base per la formulazione del prezzo di vendita, aggiungendo ad esso una quota percentuale, detta mark-up.

Figura 2.1.2 -Configurazione dei costi.31

Materie prime

Costi diretti di lavorazione esterna

Manodopera diretta

Costi diretti di fabbricazione Quota costi indiretti di

fabbricazione

Costi generali commerciali Costi generali amministrativi

e di politica

Oneri finanziari

È possibile ottenere un’ulteriore configurazione di costo, il costo

economico-tecnico, dato dalla somma del costo pieno aziendale e dagli oneri figurativi. Gli

oneri figurativi sono oneri non sostenuti finanziariamente dall’azienda, quindi che non determinano uscite monetarie e sono riconducibili a tre categorie: fitti figurativi, interessi di computo e stipendio direzionale.

I fitti figurativi costituiscono il mancato guadagno dell’imprenditore nel caso in cui abbia messo a disposizione dell’azienda i propri beni.

31 Cinquini Lino, idem.

Costo primo Costo di fabbricazione Costo di fabbricazione e commercializzazione Costo pieno aziendale o complessivo Costo di trasformazione

(33)

33 L’interesse di computo rappresenta il rendimento, sulla base del tasso corrente di mercato, che l’imprenditore avrebbe potuto ottenere investendo il capitale proprio in modo alternativo rispetto all’investimento effettuato in azienda.

Lo stipendio direzionale costituisce la remunerazione dell’imprenditore sulla base di quella che otterrebbe, senza assunzione di rischio, se svolgesse le stesse mansioni direzionali alle dipendenze di un’altra azienda.

La convenienza economica del prodotto, o più in generale dell’attività economica, si ha quando i ricavi riescono a coprire anche gli oneri figurativi del costo economico-tecnico e consentono la formazione di un ulteriore margine che rappresenta la remunerazione per il rischio imprenditoriale.

2.2 I sistemi di determinazione del costo di prodotto

Il costo di prodotto costituisce un’informazione fondamentale per l’attività decisionale e di controllo del management, soprattutto per la misurazione dell’efficienza nella realizzazione e vendita dei prodotti, perché ci mostra quale tipo di output darà un profitto e quale non lo farà.32 Inoltre è utile per le analisi di redditività comparata delle linee produttive e per la fissazione del prezzo di vendita, nei limiti in cui tale decisione sia attuabile nel mercato in cui opera l’azienda.

Ai fini della determinazione del costo di prodotto, l’attribuzione dei costi diretti non genera criticità particolari. Tali costi, possono essere assegnati in modo oggettivo al prodotto; nella loro interezza, se relativi a fattori produttivi consumati

(34)

34 esclusivamente dall’oggetto di costo, oppure misurando la quantità di risorsa impiegata da ciascun prodotto e moltiplicandola per il relativo prezzo.

Maggiori criticità si incontrano per l’allocazione dei costi indiretti, ossia dei costi relativi a fattori produttivi impiegati per l’ottenimento di una molteplicità di prodotti e per i quali non è possibile o economicamente conveniente misurare la quantità di risorsa consumata da ciascuno.

I sistemi di calcolo dei costi di prodotto si basano tradizionalmente su due fondamentali impostazioni teoriche:

 Il direct costing, ossia il sistema di calcolo a costi variabili.  Il full costing, ossia il sistema di calcolo a costo pieno. 2.2.1 Il direct costing

Il direct costing è una tecnica di calcolo dei costi basata sulla distinzione dei costi in fissi e variabili. In particolare:

 I costi fissi, detti anche costi di capacità, sono quelli sostenuti per l’acquisizione delle strutture in grado di garantire una potenzialità di produzione, indipendentemente dalla produzione che effettivamente sarà realizzata e venduta.

 I costi variabili, detti anche costi di utilizzo della capacità, sono quei costi relativi ai fattori produttivi necessari per ottenere un determinato volume di produzione.

Il direct costing non affronta il problema della scelta delle basi di riparto per l’allocazione dei costi.

(35)

35 2.2.1.1 Il direct costing semplice

Una prima configurazione per un’analisi dei costi in logica direct costing è il direct costing semplice. In tale sistema di calcolo dei costi solo i costi variabili sono attribuiti ai prodotti, mentre i costi non variabili vengono considerati costi di competenza del periodo in cui sono stati sostenuti.

In un’ottica di breve periodo e nell’ambito di un certo intervallo temporale, viene definito il margine di contribuzione (MC), dato dalla differenza tra ricavi e costi variabili, il quale rappresenta la capacità di un certo prodotto di contribuire alla copertura dei costi fissi.

Figura 2.2.1.1 - Il direct costing semplice 33

Prodotti A B C

Ricavi unitari

-

Costi variabili unitari

= MC unitario X Quantità venduta ……. ……. ……. = MC complessivo di prodotto + + +

TOTALE MARGINE DI CONTRIBUZIONE

-

Costi fissi comuni

=

Risultato operativo netto aziendale

(36)

36 2.2.1.2 Il direct costing evoluto

Le potenzialità informative di tale modello di analisi possono aumentare considerando una versione evoluta dello stesso che distingue i costi fissi in comuni e specifici rispetto all’oggetto di costo. I costi fissi specifici sono tutti quei costi fissi di fattori produttivi impiegati esclusivamente per l’ottenimento del prodotto oggetti di calcolo. La struttura del direct costing evoluto porta a evidenziare due margini parziali: il margine di contribuzione lordo, detto anche di primo livello, e il margine di contribuzione semilordo, detto anche di secondo livello. Dal margine di contribuzione lordo, vengono detratti i costi fissi specifici per determinare il margine di contribuzione semilordo. Quest’ultimo rappresenta il contributo della linea di prodotto alla copertura dei costi fissi comuni a tutte le produzioni. Il direct costing evoluto trova applicazione in quei casi in cui assume rilevanza la differenziazione di tecnologia produttiva o di mercati tra diversi prodotti, dove risulta più corretto ai fini del giudizio sulla capacità di contribuzione delle linee di prodotto tenere conto della diversa struttura dei loro costi fissi specifici, che può modificare sostanzialmente il giudizio di convenienza.34

(37)

37 Figura 2.2.1.2 - Il direct costing evoluto 35

Prodotti A B C

Ricavi unitari

-

Costi variabili unitari

= MC unitario X Q venduta …… …… …… = 1°MC (lordo) -

Costi fissi specifici

= 2°MC(semilordo) + + + TOTALE MARGINE DI CONTRIBUZIONE -

Costi fissi comuni

=

Risultato operativo netti aziendale

Il direct costing presenta dei vantaggi e dei limiti. I vantaggi sono:  Riduce la problematica delle imputazioni dei costi indiretti;  Semplifica lo svolgimento della contabilità analitica;

 Si fonda sui principi dell’economia politica;

 È un approccio utile in sede di formazione del budget per le scelte tra alternative commerciali e di produzione ai fini di un economico sfruttamento della capacità produttiva.

(38)

38 I limiti sono, invece, rappresentati da:

 I problemi di imputazione non vengono completamente risolti, in quanto esistono anche dei costi indiretti variabili;

 Ci sono oggettive difficoltà nella separazione tra costi fissi e variabili;  La logica della considerazione dei costi variabili è tipica dell’economia

politica e di un tipo di ragionamento ottimizzante. Il suo impiego deve avvenire tenendo in considerazione la semplificazione sottostante;

 Il sistema è utilizzato per i calcoli di convenienza, ma in un’ottica temporale di breve periodo.

2.2.2 Il full costing

L’impostazione full costing si basa sul principio dell’assorbimento integrale dei costi, secondo il quale il costo di tutti i fattori impiegati deve concorrere alla

determinazione del costo totale dell’oggetto di costo. 36

Il principio dell’assorbimento integrale dei costi pone il problema dell’allocazione dei costi comuni e dei costi speciali non economicamente attribuibili in via diretta, e quindi dell’individuazione di idonee basi di riparto.

Possiamo distinguere due grandi categorie di sistemi di calcolo full costing: a base unica e a base multipla.37

36 Cinquini Lino, idem. 37 Cinquini Lino, idem.

(39)

39 2.2.2.1 Il full costing a base unica

Nella metodologia di calcolo a base unica, tutti i costi indiretti, siano essi industriali, commerciali o amministrativi, confluiscono in un unico raggruppamento per il quale è individuata una base di allocazione. Inizialmente si scelgono gli elementi da ricomprendere fra i costi indiretti, si viene così a determinare un’unica aggregazione di tali costi, definita cost pool che sarà poi suddivisa per la base di riparto scelta.

La fase successiva riguarda la scelta della base di riparto, in modo tale che il volume di costi indiretti allocati all’oggetto di costo vari proporzionalmente al variare della base di riparto scelta.

Dopo aver definito la base di imputazione, si procede al calcolo del coefficiente di riparto, ottenuto dividendo il totale dei costi indiretti per la base di riparto.

Il coefficiente che si ottiene viene successivamente moltiplicato per il valore che la base di riparto presenta in un determinato prodotto; in questo modo il dato che si ottiene rappresenta la quota dei costi indiretti da attribuire al prodotto stesso. Figura 2.2.2.1 - Full costing a base unica

Materiali indiretti

Manodopera indiretta

Altri costi indiretti di produzione Altri costi indiretti di produzione Costi generali COSTI INDIRETTI COSTI DIRETTI

Materiali diretti Manodopera diretta

Altri costi diretti PRODOTTO

(40)

40 Il full costing a base unica, pur essendo il più semplice, è il meno corretto, per tale motivo può trovare applicazione solo nelle realtà aziendali che si caratterizzano per un peso contenuto dei costi indiretti e un processo produttivo semplice. Nelle realtà aziendali più complesse questo metodo non è adatto ad esprimere il contributo dei fattori produttivi alla formazione del prodotto finale, soprattutto se l’attribuzione dei costi vuole essere coerente con il principio funzionale o causale.

Tale principio, ci dice che, l’impiego dei fattori produttivi indiretti per l’ottenimento del prodotto è effettivamente proporzionale alla variazione della base di allocazione prescelta per l’imputazione. Quanto più diversificati sono i fattori produttivi generatori dei costi indiretti, tanto più è probabile che un’unica base di allocazione non ne rappresenti la causa del sostenimento, con conseguenze distorsioni rispetto al principio funzionale.

2.2.2.2 Il full costing a base multipla

La realizzazione di un sistema full costing a base multipla consente, almeno in parte, di ovviare alle problematiche generate dall’utilizzo della base unica di allocazione. La ripartizione dei costi indiretti, in questo caso, avviene mediante basi di allocazione differenziate, a seconda delle caratteristiche delle diverse aggregazioni di costi indiretti che si vanno a costituire.

Con il sistema di calcolo considerato, la struttura di costo di prodotto cui si perviene prevede, accanto a valori di costo diretti classificati per natura, quote delle diverse tipologie o classi di costi indiretti.

(41)

41 Figura 2.2.2.2 - Full costing a base multipla

Materiali indiretti Manodopera indiretta Altri costi indiretti di produzione Costi indiretti di struttura Personale

Costi pool 1 Cost pool 2 Costi pool 3

I criteri di imputazione su base multipla aderiscono meglio alla variabilità dei costi aziendali, tengono maggiormente conto dei legami esistenti tra andamenti dei costi diretti e andamento dei costi indiretti e sono quindi da preferirsi per effettuare un calcolo dei costi meno arbitrario.

Nonostante la base multipla sia una metodologia di calcolo maggiormente rispondente al principio funzionale, difficilmente può condurre a risultati soddisfacenti sotto il profilo dell’attendibilità delle informazioni di costo. Questa metodologia, infatti, non considera che sono le operazioni con cui si ottengono i prodotti, e non i prodotti stessi, a determinare il fabbisogno e il consumo di risorse. 2.3 La contabilità per centri di costo

Un sistema alternativo per l’attribuzione dei costi indiretti al prodotto è rappresentato dalla contabilità per centri di costo, la quale si fonda sulla logica

COSTI INDIRETTI COSTI DIRETTI

Base di allocazione 1 Base di allocazione 2 Base allocazione 3

Manodopera diretta Materiali diretti Altri costi diretti PRODOTTO

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42 secondo cui le risorse sono impiegate per il funzionamento di unità organizzative, i centri di costo, nell’ambito delle quali sono svolte le operazioni che consentono di ottenere i vari prodotti. 38

Nei centri di costo vengono accumulati i costi che non risultano attribuibili secondo criteri di specialità al prodotto, in modo tale da ottenere il costo totale dello svolgimento delle operazioni all’interno delle dette unità.

I centri di costo:

 Permettono una più corretta imputazione dei costi al prodotto in quanto individuano dei raggruppamenti intermedi che rendono più razionale la determinazione dei costi di prodotto;

 Forniscono informazioni importanti per decisioni di miglioramento delle performance del centro nello svolgimento del processo produttivo;

 Consentono anche un miglior controllo di gestione se i centri di costo corrispondono ai centri di responsabilità.

Le fasi di determinazione del costo del prodotto, secondo una logica per centri di costo, sono le seguenti:

1. Definizione di un piano dei centri di costo; 2. Localizzazione dei costi nei centri di costo;

3. Attribuzione dei costi dei centri intermedi ai centri di costo finali previa definizione di opportune basi di ripartizione.

(43)

43 4. Imputazione dei costi all’oggetto di calcolo.

Nella prima fase del procedimento si produce come output il piano dei centri di costo ovvero l’insieme di tutti i centri di costi utilizzati per il calcolo del costo di prodotto. 39

I centri di costo possono essere classificati in base al criterio gerarchico ed a quello funzionale. Con il criterio gerarchico i centri di costo sono suddivisi in centri intermedi, se i costi in essi localizzati vengono successivamente attribuiti ad altri centri di costo, e finali, i costi in essi contenuti vengono attribuiti ai prodotti. Il centro funzionale, invece, porta a differenziare i centri di costo in base alla natura dell’attività svolta, pertanto si individuano i centri:

 Produttivi: sono quei centri che operano il processo di trasformazione dei materiali in prodotto o che comunque svolgono una attività strettamente funzionale alla trasformazione nelle aziende manifatturiere.

 Ausiliari: sono quelle unità operative che svolgono una funzione di supporto alla produzione di beni o servizi finali.

 Comuni o di struttura o funzionali: sono quelli in cui si svolgono quelle attività necessarie per il funzionamento dell’azienda anche se non direttamente riferibili all’attività di trasformazione o erogazione finale.

Oltre alle tipologie di centri di costo indicati, vi possono essere anche dei centri di costo virtuali, essi non hanno un riferimento diretto o indiretto all’organizzazione,

39 Miolo Vitali Paola, Strumenti per l’analisi dei costi. Volume II. Approfondimenti di Cost Accounting. G. Giappichelli Editore, Terza edizione.

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44 ma sono creati per accumulare costi generali che non sono relativi ad unità organizzative né ad altri centri di costo.

È necessario seguire tre principi fondamentali per individuare i centri di costo e sono:40

 Omogeneità delle operazioni in essi compiute in modo da individuare un output univoco del centro rispetto a cui commisurare i costi.

 Omogeneità della dotazione di fattori produttivi e dei relativi costi ai fini di una corretta imputazione agli oggetti di costo.

 Significatività in termini di importo dei costi sostenuti in un dato centro, per avere un concreto beneficio delle informazioni prodotte;

 Individuabilità di un responsabile del centro.

Nella seconda fase si procede alla attribuzione dei costi ai centri di costo, tale fase prende il nome di localizzazione dei costi nei centri di costo. Si considerano i costi indiretti rispetto al prodotto, che possono a loro volta essere diretti o indiretti rispetto a determinati centri di costo, in questa seconda ipotesi occorre individuare per essi un opportuno parametro di localizzazione dei centri di costo.

Nella terza fase, una volta identificate le relazioni tra centri di costo, si ha il ribaltamento dei centri di costo intermedi su quelli finali, attribuendo il totale dei costi dei centri intermedi sui centri finali.

(45)

45 La chiusura dei centri di costo intermedi su quelli finali può avvenire secondo un diverso numeri di fasi. Nell’approccio a tre fasi i centri di costo comuni vengono ribaltati sui centri ausiliari e produttivi, poi i centri ausiliari sono chiusi su quelli produttivi e questi ultimi sui prodotti. Nell’attribuzione a due fasi, invece, i centri di costo ausiliari sono chiusi su quelli produttivi e, questi ultimi e quelli di struttura, sul prodotto.

Nell’ultima fase i costi localizzati e ribaltati sui centri finali vengono attribuiti all’oggetto di costo finale.

A questo scopo si deve trovare una quantità che esprima in modo omogeneo l’output dei singoli centri produttivi, ovvero il risultato in termini quantitativi dell’attività del centro.

Per rendere omogenea la misurazione dell’output, di solito vengono utilizzati unità di misura di input: si individuano cioè unità relative a un fattore produttivo o ad una risorsa significativa del centro, generalmente si usano le ore/uomo o le ore/macchina.

Diverso è il caso per lavorazioni eseguite manualmente dall’operatore pezzo per pezzo: in tal caso occorre considerare il costo orario pieno della manodopera come addendo del costo delle lavorazioni per tutte la durata della stessa.

Rapportando il costo totale del centro al totale della misura di output così determinata, si ottiene un coefficiente unitario di costo. Il coefficiente unitario di costo serve per l’imputazione dei costi ai prodotti, mediante la moltiplicazione tra esso e le unità di output contenute nei diversi prodotti. Inoltre serve come

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46 strumento di controllo di gestione, in quanto è un indicatore di efficienza del centro,

Nonostante i vantaggi che la contabilità per centri di costo permetti di conseguire in merito al trattamento dei costi indiretti, questo presenta dei limiti soprattutto in aziende ad elevata complessità.

Infatti nel sistema in oggetto le basi di imputazione utilizzato sono volumetriche, e questo metodo non è il più adeguato nel contesto attuale, al cui interno vi è un elevato livello di complessità del processo produttivi e dove il costo di tale complessità non è correlato ai volumi. L’utilizzo di parametri volumetrici, inoltre, può portare a distorsioni significative nelle informazioni sui costi. Si può verificare il fenomeno del sovvenzionamento incrociato, ossia la sottostima del costo unitario di prodotti, a basso volume, ma ad elevata complessità, in seguito alla maggiore allocazione dei costi indiretti sui prodotti caratterizzati da alti volumi, anche se le transazioni che generano costi generali sono prevalentemente causate dalla complessità dei prodotti a basso volume.

Infine l’allocazione dei costi indiretti non coglie le interrelazioni tra le funzioni e non evidenzia chiaramente le cause che sottostanno alla formazione dei costi. Come risposta a tale problema sono stati definiti ulteriori sistemi di calcolo dei costi di prodotto, come l’Activity Based Costing, che tuttavia non fanno parte di questo lavoro.

(47)

47 TERZO CAPITOLO

Il calcolo del costo di un prototipo nell’azienda:

“Gianneschi Pumps and Blowers s.r.l.”

3.1 Presentazione dell’azienda

L’impresa oggetto di esame in questo lavoro è la Gianneschi Pumps and Blowers

s.r.l., fondata da Luigi Gianneschi, padre di Alessandro e Cristiano Gianneschi, gli

attuali amministratori. L’azienda nasce a Viareggio (LU) nel 1969 come Gianneschi & Ramacciotti, una piccola officina che si occupava principalmente di riparazioni e avvolgimenti di el/pompe di motori e la realizzazione di impianti e quadri elettrici industriali.

Alla fine degli anni ’70 (1978) decise di intraprendere una nuova avventura facendo importanti investimenti per la propria attività. Intuito vincente che gli permise di passare da “avvolgitore” a imprenditore.

Dopo questo passo in avanti l’azienda introdusse il logo G & R e cambiò sede, fu spostata da Viareggio alla zona industriale “Le Bocchette” e ampliata

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48 notevolmente passando da 100mq a 600mq circa. Ebbe una svolta decisiva e, dalle riparazioni passò alla produzione di prodotti per la nautica, pompe, elettropompe, autoclavi, elettroventilatori, boilers, motopompe, compressori, motori in corrente continua e alternata.

Nel 2004 la Gianneschi & Ramacciotti diventa Gianneschi Pumps and Blowers

s.r.l. esclusivamente di proprietà dalla famiglia Gianneschi.

Oggi la Gianneschi Pumps and Blowers s.r.l. rifornisce imbarcazioni di lusso, barche da lavoro e piccole unità militari dai 12 ai 140 metri di lunghezza ma il suo core business è rappresentato dalle imbarcazioni di lusso ovvero la nautica da diporto.

L’azienda si propone come leader del settore nella progettazione e produzione di pompe, autoclavi, ventilatori, boiler, motopompe, compressori e serrande.

41

(49)

49 Tutti i materiali usati per la realizzazione del prodotto finito sono selezionati in modo da garantire la più lunga durata nel tempo, anche in condizioni e ambienti difficili come quello marino. Ogni singolo pezzo viene collaudato prima di entrare sul mercato per fornire il massimo della garanzia. L’azienda è inoltre certificata ISO 9001:2008 per garantire la massima qualità del prodotto all’utente finale. L’attività produttiva dell’azienda, si realizza su una superficie di oltre 4000mq, totalmente coperti, e suddivisa in vari reparti adibiti alle specifiche lavorazioni, disposti su due piani: al piano terra trovano posto le isole produttive preposte alla realizzazione di pompe, elettropompe, autoclavi, elettrocompressori e una piccola area dedicata al montaggio dei prototipi e alla prova idraulica. Troviamo inoltre reparto verniciatura, magazzino verticale per gli approvvigionamenti, magazzino prodotti finiti, magazzino spedizioni oltre all’ufficio del Responsabile di Produzione. Al primo piano è ubicato, invece, il reparto ventilazioni, ovvero l’area in cui vengono realizzati i restanti prodotti della gamma offerta, da Gianneschi

s.r.l., vale a dire ventilatori, elettroventilatori, elettro estrattori, kit di ventilazione.

A fianco di questo trovano, infine, posto gli uffici del personale tecnico, commerciale, amministrativo e della dirigenza.

Per quanto concerne l’assistenza post-vendita, per offrire un servizio più puntuale e preciso, Gianneschi Pumps and Blowers s.r.l. si avvale della stretta collaborazione della Gianneschi Service, una controllata appositamente creata per occuparsi di fornire al cliente tutto il supporto di cui può necessitare dopo la consegna e l’installazione a bordo del prodotto acquistato, dall’espletamento dell’attività manutentiva ordinaria/straordinaria, alla risoluzione di emergenze con

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50 interventi d’urgenza realizzati da squadre di tecnici altamente specializzati direttamente a bordo delle imbarcazioni.

L’azienda ha raggiunto una posizione di leadership sul mercato nazionale di cui detiene una quota che sfiora ad oggi l’80% e dispone di una rete di distributori nei principali mercati internazionali come: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Caraibi, Cina, Croazia, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Hong Kong, India, Malta, Nuova Zelanda, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Russia, Seychelles, Singapore, Slovenia, Spagna, Stati Uniti d’America, Tailandia, Taiwan, Turchia e Ucraina.

I partner della Gianneschi s.r.l. sono in costante contatto con la sede che all’occorrenza può attivare interventi internazionali.

Bisogna inoltre sottolineare l’importante ubicazione dell’azienda ovvero nel “distretto tirrenico” 42, composto dalle province di La Spezia, Massa Carrara, Lucca, Pisa e Livorno.

Il settore della nautica rappresenta per la Toscana una delle più importanti scommesse sul proprio sviluppo futuro, in termini di imprenditorialità e di occupazione, caratterizzato da una indiscussa leadership sui mercati internazionali di un comparto economico di grande rilevanza che comprende, oltre alla produzione nautica dei grandi cantieri, anche le piccole realtà produttive di tipo artigianale che convivono con imprese leader internazionali.

42 La delibera del consiglio regionale n°69 del 21 febbraio 2000, ha individuato 12 Distretti Industriali e 28 Sistemi Produttivi Locali Manifatturieri e tra questi vi è il "Sistema Economico Locale 4 – Versilia" afferente la cantieristica navale, che al suo interno comprende tutti i sette comuni dell'area Versiliese: Viareggio, Camaiore, Massarosa, Pietrasanta, Seravezza, Forte dei Marmi e Stazzema.

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51 3.1.1 Descrizione delle attività aziendali

Le attività aziendali della Gianneschi s.r.l. iniziano a fronte della ricezione di una richiesta di offerta da parte del cliente ed è compito della funzione commerciale attivarsi al fine di elaborare una proposta da far pervenire al cliente nel minor tempo possibile. La proposta viene elaborata in accordo con la funzione tecnica. Nel caso in cui la richiesta del cliente si riferisca ad un prodotto a catalogo l’area tecnica svolge una semplice consulenza. Nel caso in cui il cliente abbia formulato una richiesta che preveda la realizzazione di un prodotto customizzato su quelle che sono le peculiari esigenze del medesimo, sarà compito dell’area tecnica attivarsi al fine di progettare il prodotto in questione tenendo conto appunto delle specifiche formulate in fase di richiesta di offerta da parte del cliente. Una volta elaborata l’offerta, sarà compito dell’area commerciale inoltrarla al cliente verificando la montabilità e la disponibilità attraverso l’ausilio del Sistema di Gestione BMS, adottato dall’azienda, e chiedendo conferma all’ufficio produzione, se necessario. In seguito ricevuta la conferma definitiva dell’ordine da parte del cliente, l’area commerciale procede a trasferire la commessa all’area produzione e approvvigionamenti (in quest’azienda le due funzioni sono ricoperte da un medesimo incaricato), in maniera totalmente informatizzata attraverso il gestionale BMS.

Il responsabile dell’area produzione e approvvigionamenti ha il compito di gestire le commesse ricevute emettendo i relativi ordini di produzione. In base alle tempistiche segnalate nelle commesse, si decide per il riordino di alcune materie e si procede poi all’emissione dell’ordine di produzione. Gianneschi s.r.l.

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