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1. Il problema
Il gruppo cartario multinazionale SCA, in un’ottica di miglioramento continuo delle linee produttive, ha sentito la necessità di implementare il sistema di manutenzione esistente standardizzando le operazioni da eseguire. Le attenzioni sono state pertanto rivolte a due progetti di fondamentale importanza per la linea stessa:
• La comprensione nella pratica di quali sono le logiche manutentive di una linea di produzione. Applicazione delle CIL ( cleaning, inspection, lubrification) alla PM4, macchina continua di processo, formulazione di una task list standardizzata per le procedure da eseguire, training agli operatori della linea di produzione.
• Analisi del sistema di gestione delle acque dell’impianto produttivo. Centerline e data analisis al fine di migliorare le prestazioni del polydisc della PM4, filtro situato a valle del sistema di trattamento delle acque della linea.
L’azienda utilizza un sistema di gestione della manutenzione interno denominato RUBIK. Gli operatori, secondo la mansione svolta all’interno del team di lavoro, hanno un PIN che li garantisce un accesso libero e personalizzato.
Il sistema RUBIK automaticamente assegna, ad inizio di ogni turno, le mansioni di manutenzione da svolgere durante le ore lavorative, rispettando vincoli di:
• Frequenza. • Carico di lavoro.
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Gli operatori quindi, una volta eseguite le operazioni, devono spuntare all’interno del portale le azioni eseguite. Conseguentemente l’ingegnere addetto, con il proprio accesso personalizzato ha la possibilità di controllare la percentuale di completamento delle operazioni svolte.
Questo sistema ampiamente utilizzato nel gruppo è suscettibile di ottimizzazione e talvolta perde di efficacia sotto determinati punti quali:
• Standardizzazione delle operazioni. Gli operatori, nei vari turni, si trovano a ripetere le stesse operazioni perché caratterizzate da una frequenza molto elevata. Nasce quindi l’esigenza di standardizzare le procedure al fine di poter ridurre gli sprechi di tempo, di fatica ma soprattutto di operare nella totale sicurezza.
• Verifica dell’effettivo svolgimento dell’operazione.
• Un mancato aggiornamento delle mansioni da svolgere in seguito a nuove installazioni o modifiche nell’impianto produttivo.
Il secondo aspetto dell’attività svolta si basa su analisi chimiche delle acque di processo: • Analisi dei solidi sospesi
• Analisi di domanda cationica
L’acqua, essendo uno degli elementi principali della formazione del velo di carta, deve essere pulita il più possibile al fine di ottenere un prodotto di maggiore qualità. Per tale motivo l’azienda ha rivolto una particolare attenzione allo studio di funzionamento del filtro polidisc. Tutto questo in un’ottica di:
• Miglioramento continuo della qualità del prodotto.
• Risparmio energetico per un minore inquinamento dell’ambiente. • Riutilizzo delle acque di processo in un ciclo chiuso.
Per ovviare alle problematiche sopra evidenziate il gruppo SCA ha coinvolto la ISE s.r.l. società tra le cui attività svolge consulenza ingegneristica a grandi aziende di processo e non solo.
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Preso atto delle condizioni vigenti e rintracciate le falle del sistema di gestione della manutenzione, i due enti hanno collaborato per la soluzione delle stesse. Il seguente elaborato ha la scopo di mostrare le soluzioni apportate in seguite alla collaborazione, presentando le maggiori criticità che sono state affrontate e gli sviluppi futuri del progetto.
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2. L’industria della carta
In questo capitolo si vuole sottolineare l’importanza che riveste il mondo cartario nella provincia di Lucca. Il distretto cartario lucchese, da solo, detiene il controllo di circa l’80% della produzione nazionale di carta tissue (17% in Europa) e di circa il 40% della produzione di cartone ondulato (5% in Europa).
2.1 La produzione della carta in Lucchesia.
La tradizione cartaria lucchese affonda le sue radici nel XIII secolo. I vantaggi morfologici della provincia di Lucca, ricca di acqua e collocata in una posizione baricentrica rispetto all’Italia e al bacino del Mediterraneo, sono stati i requisiti essenziali per il successo dell’industria cartaria. In passato la risorsa principale per impiantare un opificio da carta era rappresentata dalla presenza sul territorio di un fiume dall’acqua pura e dal flusso uniforme. Il ruolo dell’acqua era duplice: forza motrice indispensabile per muovere le macchine della cartiera, le pile a magli e l’olandese, materia prima per la fabbricazione della carta a mano, detta anche al tino.
Oggi, nel complesso il settore cartario e cartotecnico lucchese comprende più di 100 aziende con un fatturato pari a quasi 3.500 milioni di euro. Dirette conseguenze sono lo sviluppo nella provincia di un settore metalmeccanico completamente dedicato alla produzione dei macchinari necessari ed un indotto trasversale su più settori di attività merceologica, inclusi i servizi.
Come anticipato in precedenza i numeri sono sorprendenti con circa 900.000 tonnellate annue di carta tissue prodotta e circa 1.000.000 di tonnellate annue di carta per ondulati.
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1.000.000 ton/anno 900.00 ton/anno
40% totale Italia 80% totale Italia
5% totale Europa 17% totale Europa
Oltre alla fornitura necessaria a soddisfare il fabbisogno nazionale, il settore cartario lucchese è affacciato anche sul mercato internazionale. L’export dell’industria cartaria fattura circa 700 milioni di euro annui. Più dell’80% delle esportazioni è destinato ai Paesi Europei: Francia, Germania, Grecia, Paesi Bassi, Spagna, Svizzera e Austria, che sono i mercati principali. Non sono da considerare di minore importanza il Regno Unito, l’Ungheria, la Slovenia, il Portogallo, la Polonia e la Repubblica Ceca. L’industria cartaria e cartotecnica rappresentano, insieme con l’industria metalmeccanica, più del 50% della forza lavoro impiegata ed oltre il 60% del fatturato industriale della provincia di Lucca.
Accanto alle imprese del settore della carta, caratterizzate da un elevato know-how e da un’alta specializzazione, sono presenti numerose altre attività manifatturiere e di servizi legate a tutta la filiera produttiva ed appartenenti per lo più ai settori meccanico, elettrico, elettronico, con una forte integrazione verticale del ciclo produttivo.
2.2 Il settore Tissue.
Con il termine “tissue” si intendono tutti quei prodotti di carta destinati all’uso igienico e sanitario sia nelle case private (si parla di linea casa o “consumer”), sia nei luoghi pubblici (tali prodotti sono identificati come AFH dall’inglese Away From Home o anche come prodotti catering): parlando dunque di “tissue” si fa riferimento a carta igienica e a rotoli da cucina, ma anche a fazzoletti, tovaglioli, lenzuolini medici, rotoli industriali, veline facciali e così via.
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ll settore tissue nella realtà economica lucchese è molto sviluppato e le aziende hanno avuto un forte processo di integrazione finanziaria.
L’importanza assunta dalle imprese lucchesi operanti nel tissue diviene ancor più evidente considerando il rapporto tra la relativa produzione italiana e quella lucchese, pari all’80% del totale. Le aziende lucchesi si caratterizzano per essere tra le più dinamiche del mercato, basando le loro politiche di marketing su fattori quali la qualità e, soprattutto, la comunicazione.
A conferma di quanto il tissue punti sulle grandi marche si pensi ad esempio a brand come Tempo realizzato dalla SCA, Regina realizzato dalla Soffass, Foxy dalle Industrie Cartarie Tronchetti, Ecolucart dalla Cartiera Lucchese ed altri, ormai affermati sul mercato della grande distribuzione. Ovviamente l’ingresso nella grande distribuzione obbliga le aziende lucchesi operanti nel tissue ad essere sempre molto competitive a livello di prezzi.
Queste sono perciò obbligate ad avere macchinari sempre all’avanguardia per aumentare la capacità produttiva e migliorare la qualità del prodotto.
I punti di forza dell’impresa operante nel settore tissue sono dovuti ai seguenti fattori:
• La produzione percorre l’intera filiera: dalla cellulosa al prodotto finito (fazzoletti,carta igienica, tovaglioli);
• Lo sviluppo di una politica di marketing volta a far conoscere il suo marchio al consumatore finale;
• Una buona propensione all’esportazione e l’adozione di un processo di internazionalizzazione;
• Il possesso di macchinari tecnologicamente avanzati rivolti all’abbassamento dei costi di produzione, nonché ad una migliore qualità e differenziazione di prodotto;
• La fruizione di un indotto che le pone a disposizione professionalità adeguate: dalle imprese operanti nel settore meccanico che possono fornire macchinari e manutenzione sia ordinaria che straordinaria, fino alle aziende di altri servizi;
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• Lo sviluppo di processi produttivi molto efficienti (ad esempio bassi consumi di energia e di acqua).
2.3 Il processo produttivo.
Il ciclo produttivo in cartiera inizia dal caricamento del pulper con le balle di cellulosa, e termina con la pesatura e l’etichettatura delle bobine ribobinate e può essere così schematizzato:
2.3.1 Preparazione impasto.
La preparazione impasto consiste di una serie di impianti in grado di trattare la fibra per renderla idonea per la fabbricazione della carta con le caratteristiche volute. Nel caso di carta tissue ottenuta da cellulosa di fibra vergine, la preparazione impasto può essere semplificata nel diagramma seguente:
Nel pulper la cellulosa viene ridotta in un impasto omogeneo di fibre ed acqua sotto l’azione sia della girante e sia per il mutuo sfregamento dovuto al moto circolare che la girante imprime; gli eventuali inquinanti grossolani (fili di ferro, sassi) sono trattenuti da una piastra forata posizionata sul fondo del pulper, mentre la sospensione fibrosa ottenuta viene scaricata nelle tine di stoccaggio.
Dalle tine di stoccaggio l’impasto viene inviato prima alla fase di epurazione e successivamente alla raffinazione. La raffinazione è un’operazione fondamentale che si realizza in macchine a dischi rotanti d’acciaio che permettono di conferire alle fibre, tramite lo sfregamento mutuo imposto, le caratteristiche necessarie per una buona formazione del foglio. L’impasto raffinato viene avviato, attraverso il cassetto a livello costante, alla fan pump, una pompa ad alta portata e di idonea
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prevalenza, il cui compito è sia quello di miscelare la sospensione fibrosa con l’acqua di diluizione per raggiungere la consistenza (concentrazione) richiesta (0.1-0.25%), sia quello di alimentare l’impasto in cassa d’afflusso con una pressione sufficiente alla successiva alimentazione alla zona di formazione.
Prima di giungere in macchina l’impasto diluito viene spinto attraverso i selettori, (macchine ad azione centrifuga con un cestello rotante) ultimo sistema di pulizia dell’impasto.
2.3.2 Macchina continua.
La macchina continua può essere rappresentata con la seguente sequenza di operazioni:
CASSA D’AFFLUSSO. La cassa d’afflusso è l’apparecchiatura che convoglia l’impasto nella zona di formazione (tavola piana o inclinata, fra due tele, fra tela e feltro) ed è perciò il primo componente della macchina continua. Nel corso degli anni questo elemento ha subito profonde modifiche e innovazioni: le prime ad essere state impiegate erano semplici casse aperte.
Le continue innovazioni volte all’incremento della produttività delle macchine hanno portato alle odierne casse dette “converflow”. In questo caso dalle fan pump l’impasto giunge attraverso un distributore ed una serie di al corpo della cassa: la camera di equalizzazzione.
Da qui la pasta è convogliata attraverso una serie di lastre fino alla deposizione sulla tela. Per permettere la formazione di una carta “multistrato” è stata sviluppata la cassa d’afflusso a più canali, detta stataflow. All’interno di queste casse sono realizzati più canali che permettono di inviare nello stesso tempo getti distinti sulle tele di formazione; la massima parte delle fibre di ciascuna dispersione tende a rimanere nel rispettivo getto, e la leggera mescolanza delle fibre, che avviene alla superficie limite tra i getti, favorisce l’adesione tra gli stessi.
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FORMAZIONE. Anche la zona di formazione del foglio ha subìto nel tempo profonde variazioni sempre finalizzate ad incrementare la produttività e a migliorare la qualità dei prodotti: le macchine per tissue, hanno raggiunto nel corso di pochi anni velocità molto elevate (fino a 2000 m/min.) grazie soprattutto ai miglioramenti apportati nella zona umida (come è detta la zona della macchina continua dalla cassa alle presse).
Le prime macchine per tissue erano dette a “tavola piana”(…), in seguito si sono diffuse le macchine a doppia tela (consentono il drenaggio dell’acqua da entrambi i lati del foglio) mentre un’ulteriore evoluzione è il “crescent former”.
La cassa d’afflusso alimenta l’impasto fra una tela ed un feltro che, immediatamente a valle del punto di ricezione del getto, si congiungono in modo molto stretto favorendo la separazione dell’acqua dalla fibra. L’area di drenaggio è a ridosso del formatore e normalmente, riferendoci all’intera superficie del formatore, interessa un angolo di 90-100°.
Quest’ultima tecnologia migliora fortemente il drenaggio dell’acqua (per l’effetto del feltro), la ritenzione della fibra e degli elementi fibrosi secondari detti “fini” e la qualità del foglio. Il feltro
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infatti, essendo meno rigido della tela, permette una deposizione più morbida dell’impasto: le fibre si “adagiano” sulla superficie lanuginosa del feltro realizzando un maggior bulk.
PRESSE. Le presse sono normalmente due, una aspirante (con settore aspirante di circa 120° e mantello in gomma con fori passanti per il passaggio dell’acqua), ed una detta a “fori ciechi” (con cavità non passanti scolpite sul mantello).
ESSICCAMENTO, MONOLUCIDO E CAPPE. Il monolucido è il grande cilindro su cui la pressa aspirante trasferisce il foglio. La superficie del cilindro è scaldata dal vapore in pressione (fino ad 8 bar) contenuto all’interno. La trasmissione del calore alla carta avviene per conduzione.
Le cappe integrano (per convezione) l’azione del monolucido soffiando aria calda e asciutta sul foglio di carta, e aspirando l’aria resa umida dall’acqua evaporata dal foglio.
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CRESPATURA. La crespatura è tipica della produzione del tissue e si realizza con l’azione di una lama in acciaio che, posta a contatto col monolucido, stacca il foglio ormai asciutto. Sulla carta restano impresse una serie di “piccole onde”, che la rendono più soffice e voluminosa.
L’effetto della crespatura è determinato dal grado di adesione del foglio al monolucido, dall’angolo tra la lama e la tangente alla superficie del cilindro, dal “tiro” (differenziale di velocità tra il cilindro essiccatore e l’arrotolatore).
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AVVOLGIMENTO, POPE. L’avvolgimento rappresenta l’ultima operazione realizzata sulla macchina continua. Il foglio, distaccato dal monolucido, viene arrotolato su rulli (o pali) che costituiscono l’anima di bobine dalla lunghezza desiderata. La velocità di avvolgimento del pope è minore della velocità del monolucido (per evitare di perdere l’effetto della crespatura) ed è determinata in base alla percentuale di allungamento desiderata per la carta.
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3. TPM, Total Productive Maintenance.
Il Total Productive Maintenance è un sistema produttivo che mira al raggiungimento della massima efficienza aziendale. Si traduce come Manutenzione produttiva totale:
• Manutenzione: attività finalizzata al mantenimento dell’efficienza degli impianti nel tempo.
• Produttiva: che persegue l’obiettivo di migliorare la produttività degli impianti. • Totale: attraverso il coinvolgimento attivo di tutto il personale.
Il TPM mira ad ottenere tempi di consegna brevi per fornire prodotti di alta qualità, a basso costo. Ciò avviene “snellendo” i processi attraverso l’eliminazione di ogni spreco/attività che non aggiunge valore nei vari flussi aziendali. E’ strutturato in pilastri, ciascuno dei quali finalizzato all’eliminazione di un insieme di perdite nel rispetto degli obiettivi prefissati mediante l’utilizzo di opportuni metodi di miglioramento.
Sotto questo nome è indicato il complesso delle attività che permette la corretta gestione del manufacturing per il raggiungimento dell’eccellenza.
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Il TPM si pone l’obiettivo di raggiungere la massima efficienza dagli impianti puntando sull’affidabilità dei processi e all’eliminazione dei loro fermi. L’OEE (Overall Equipment Effectiveness) è l’indicatore principale per la misura dei risultati e per l’evidenza dei punti di miglioramento.
È possibile rendere efficienti gli impianti strutturando un semplice sistema di manutenzione basato sui pilastri del TPM, dei quali i principali sono:
• Manutenzione autonoma o predittiva • Manutenzione pianificata
• Miglioramento specifico • Miglioramento per la qualità
I pilastri sono introdotti interessando tutte le funzioni aziendali, a partire dall’operatore fino al direttore di stabilimento. Il TPM opera mediante l’attività di piccoli gruppi di lavoro, che affrontano continue azioni di miglioramento. Il tirocinio ha avuto come scopo l’applicazione del primo pilastro fondamentale alla linea di processo PM4 di SCA Lucca 1.
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3.1 Cenni storici sull’implementazione del TPM.
È una delle tecniche produttive giapponesi, maturate nel ventennio '60-'80 presso la Toyota Motor Corporation e poi sviluppatesi in tutte le principali aziende giapponesi, grazie alla Plant Maintenance Committee della JMA (Japan Management Association) che, per volere dell'allora Ministero dell'Industria e del Commercio (METI), dal 1961 vi investì le proprie energie e nel 1971 lo presentò come metodologia che estendeva a tutti gli operatori un ruolo nella gestione operativa della manutenzione (da cui il nome Total Productive Maintenance).
Il "padre" riconosciuto del TPM è Seiichi Nakajima, dapprima direttore tecnico in Toyota e quindi - fino alla fine degli anni ottanta - consulente presso JMA e JIPM. Nakajima si interessò sin dai primi anni cinquanta alle conoscenze sviluppate negli Stati Uniti in tema di manutenzione preventiva, di affidabilità e manutenibilità degli impianti, di life cycle cost ed altro. Quando alcuni americani si recarono in Giappone per insegnare alcune basi di riferimento nella gestione operativa degli impianti, egli funse in prima persona da interprete per i colleghi e continuò a lavorare su quanto appreso arricchendolo di osservazioni e collegamenti.
Più recentemente, nel 1984, Nakajima venne in Italia in occasione del 1º Congresso Mondiale della Manutenzione, organizzato a Venezia da AIMAN, Associazione Italiana di Manutenzione. Durante il congresso illustrò il TPM fra lo stupore dei presenti. Nel 1988 uscì la prima versione in inglese del suo libro "Introduzione al TPM" e, successivamente, nel 1992 uscì la prima edizione italiana.
Le prime esperienze di TPM in Italia furono fatte dalla FIAT Auto a partire dal 1985, con la RDA (Istituto per la Ricerca e l'Intervento nella Direzione Aziendale) ed il gruppo Telos (oggi Deloitte Consulting).
A Seichi Nakajima è intitolato il premio Nakajima Prize. In particolare gli viene riconosciuto di aver saputo inserire i vari elementi appresi in una visione organica, facendo delle singole nozioni
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elementi di un sistema in grado di divenire per le aziende che lo applicano un vero strumento di competitività.
Esiste inoltre un importante riconoscimento noto come TPM Excellence Award assegnato ogni anno ad aziende che abbiano raggiunto l'eccellenza nell'applicazione dei principi che la metodologia prevede. Istituito da JIPM come PM Award nel 1964, è tuttora molto ambito dalle aziende manifatturiere nel mondo, non solo giapponesi.
3.2 La manutenzione autonoma o predittiva.
La manutenzione autonoma o predittiva è il pilastro fondamentale e più importante del TPM. Include le attività svolte dal personale di produzione con lo scopo di mantenere gli impianti in condizioni base.
Gli obiettivi della manutenzione predittiva sono:
• Prevenire il deterioramento forzato attraverso le operazioni corrette e il controllo quotidiano.
• Riportare gli impianti nelle condizioni ideali attraverso il ripristino e la corretta gestione. • Stabilire quali sono le condizioni di base per mantenere gli impianti nello stato migliore. • Usare gli impianti per far crescere professionalmente le persone e sviluppare un nuovo
modo di pensare ed agire.
La manutenzione autonoma consiste quindi nella cura giornaliera che gli operatori di produzione tengono nei confronti dell’impianto, prevenendo il deterioramento dell’impianto. Il raggiungimento dell’ideale massimo per i tecnici di produzione sarebbe quello di lavorare a zero difetti senza interventi esterni ma con l’implementazione di procedure di lavoro, quelle che internamente a SCA sono denominate CIL:
• Clean, pulizia del posto di lavoro e del macchinario. • Inspection, controllo delle condizioni di funzionamento.
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• Lubrification, applicazione dei lubrificanti alle parti soggette al deterioramento. I due aspetti fondamentali della manutenzione autonoma sono quindi:
• Gli impianti, attraverso uno sviluppo della capacità massima produttiva degli stessi. • Il personale addetto, attraverso uno sviluppo della capacità proprie del personale. Il deterioramento totale delle macchine si compone di fattori:
• Deterioramento naturale: dovuto alla normale usura dei componenti. Il guasto avviene al termine della vita utile.
• Deterioramento forzato: dovuto al mancato rispetto delle condizioni in cui quel componente doveva lavorare. Il guasto avviene in un momento qualsiasi, in modo imprevedibile, prima della vita utile standard.
La manutenzione predittiva si pone quindi l’obiettivo di agire su quest’ultimo aspetto cercando di ridurlo al minimo. Le cause più frequenti di deterioramento forzato sono, infatti:
• Sporco.
• La mancata lubrificazione. • Difetti nei serraggi.
• Allineamenti eseguiti male.
Si deve procedere applicando i sette passi fondamentali della manutenzione autonoma.
3.3 I sette passi della manutenzione autonoma.
La manutenzione autonoma prevede una procedura di esecuzione composta da 7 passi fondamentali:
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1 Pulizia, identificazione dei problemi Eliminazione completa dello sporco e delle macchie, soprattutto sulla parte di processo degli impianti. Esecuzione della lubrificazione e dei serraggi. Scoperta dei difetti e correzione (o registrazione su una lista difetti).
2 Riduzione dei tempi di pulizia Prevenire le cause della polvere, dello sporco e dei detriti. Migliorare l’accesso ai posti difficilmente raggiungibili.
Ridurre il tempo per la pulizia.
3 Definizione degli standard operativi Elaborare dei semplici standard di pulizia, ispezione e lubrificazione, tramite un calendario che ne renda possibile la esecuzione e registrazione.
4 Ispezioni generali Formare operatori e tecnici per le
categorie specifiche di ispezione.
5 Ispezioni autonome Costruire degli standard per
controllare la performance del processo, i settaggi e i metodi per gestire le anomalie, sviluppando le
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competenze degli operatori.
6 Standardizzazione Completare il sistema e
standardizzare l’ispezione e la pulizia, la registrazione dei dati, l’organizzazione dei lubrificanti, del posto di lavoro, degli attrezzi, …
7 Manutenzione autonoma Rendere i punti da 1 a 6
completamente gestibili dagli operatori.
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4. Il filtro a dischi, Polidisc.
Il filtro è del tipo a dischi rotanti con lo scarico delle acque sotto vuoto. Viene utilizzato per il recupero e l’addensamento delle fibre. Nel caso di utilizzo come addensatore il filtro può lavorare scaricando le acque non eccessivamente sotto vuoto.
I filtri sono disponibili in diverse grandezze che sono determinate dalle esigenze delle potenzialità dell’impianto e dagli spazi disponibili per l’installazione.
I dischi filtranti sono montati su un albero scanalato longitudinalmente. Ogni scanalatura riceve le acque filtrate da una fila di settori e le convoglia ad una estremità dell’albero verso la valvola distributrice e da queste nelle canne barometriche.
La valvola distributrice è fissata ed è mantenuta a contatto delle parti in rotazione da molle di pressione.
Il filtro a dischi è il più diffuso ed efficace sistema per il recupero delle acque di scarico delle continue. Consente il riutilizzo immediato delle fibre recuperate e contemporaneamente il rimpiego delle acque filtrate.
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4.1 Caratteristiche.
Il filtro è del tipo a dischi con aspirazione sottovuoto ottenuta mediante la caduta delle acque filtrate attraverso le canne barometriche nelle vasche di raccolta. I dischi, divisi in settori, sono montati su un albero scanalato rotante che raccoglie e convoglia ad una valvola laterale le acque filtrate. La valvola laterale è fissa e separa le prime acque filtrate, ( acque torbide) ancora ricche di fibre dalle acque chiare che vengono riutilizzate per i sevizi di cartiera. Le acque torbide vengono impiegate per la diluizione del pannello del materiale addensato; quelle in eccesso sono riciclate nella camera di alimentazione del filtro. Il filtro lavora con un impasto che abbia una densità dello 0,8%. Perché ciò avvenga e si possa avere la formazione del pannello filtrante, è necessario che, all’acqua da filtrare sia aggiunta ausiliaria prelevata dalla pre-tina di macchina o dalla tina di pasta da raffinare. La pasta recuperata diluita al 4 % circa è immessa direttamente nella tina da dove viene presa la pasta per l’addensamento.
I settori filtranti sono costituiti da un telaio in resina sintetica rivestito da una tela di plastica,, di facile sostituzione. La tela è tesa mediante immersione del settore in acqua alla temperatura di 95/98° oppure mediante uno spruzzo di vapore alla temperatura di 110-120°C.
4.2 Vantaggi.
A parità di superficie filtrante di un qualsiasi altro sistema di addensamento ed il recupero di fibre il filtro a dischi offre questi vantaggi:
• L’addensamento è recuperato ad una consistenza maggiore di quella del successivo utilizzo;
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• Le acque filtrate (acque chiare) contengono una quantità’ minima di fibre: se non utilizzate nei servizi di cartiera vengono inviate all’impianto finale di trattamento limitando al minimo la perdita di materia prima;
• Un basso costo di esercizio.
4.3 Funzionamento.
Ogni settore di un disco filtrante è collegato ad un canale longitudinale dell’albero centrale. Questi canali longitudinali sono chiusi ad una estremità e terminano dall’altra in corrispondenza della valvola distributrice.
La valvola è fissa mentre i dischi e l’albero porta dischi ruotano sommersi per metà nella vasca delie acque da filtrare. Mentre l’albero ruota i settori dei dischi entrano uno per volta nelle acque da filtrare. Quando un settore è immerso nell’acqua da filtrare viene in comunicazione , tramite il canale longitudinale dell’albero porta dischi, con la valvola distributrice e le canne barometriche ricevono cosi da queste ultime la depressione. In questa fase uno strato di fibre si deposita sulla superficie esterna del settore ed è trattenuta dalla depressione. Mentre questo strato si forma, l’acqua filtrata contiene un certo quantitativo di fibre in sospensione. Questa prima parte di acqua filtrata (acque torbide) viene convogliata attraverso lo scarico delle acque torbide nell’apposita vasca di recupero. Mentre il settore prosegue il suo giro attraverso le acque da filtrare, lo spessore di fibre e di cariche continua ad aumentare fino a costituire un pannello filtrante che impedisce il passaggio delle particelle minute. L’acqua cosi filtrata sarà chiara e verrà convogliata attraverso lo scarico delle acque chiare nell’apposita vasca di recupero. Questo processo di filtraggio continua finché il settore esce dalle acque da filtrare e la depressione cessa. il pannello di fibra recuperata viene staccato per mezzo degli spruzzatori e scaricato nel trasportatore per mezzo delle bocche di scarico.
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La pulizia finale del settore è fatta con lo spruzzatore di lavaggio. Parte dell’acqua di lavaggio e del materiale rimosso dal settore cade nella vasca. L’acqua rimasta nel settore scola per gravità attraverso lo scarico della valvola di distribuzione. Nel caso d’impasti a fibra lunga con quantità di cariche minima o nulla lo scarico degli spruzzi di lavaggio è collegato con la vasca di raccolta acque chiare.
Nel caso di impasti con fibra corta con quantità di cariche normale o elevata lo scarico degli spruzzi di lavaggio è collegato con la vasca di recupero delle acque torbide. Il tempo necessario per la formazione del pannello è definito orientando la posizione della feritoia di scarico dell’acqua esistente sulla guarnizione. La guarnizione può essere orientata per un massimo di 15°. L’operazione di rotazione della guarnizione deve essere eseguita con il filtro a dischi fermo. La pasta recuperata può essere convogliata, per caduta, direttamente in una tina sottostante il filtro, purché ci sia un’adeguata agitazione. Normalmente il filtro è corredato di una coclea nella quale la pasta recuperata viene diluita alla densità del 4 o 5%. Si può cosi convogliare la pasta in una tina lontana dal filtro.
Il livello dell’acqua da filtrare nella vasca, è mantenuto al punto ottimale da un dispositivo di controllo che automaticamente cambia la velocità di rotazione del filtro. Come aumenta l’afflusso al filtro, alzando il livello nella vasca, il dispositivo di controllo aumenta la velocità di rotazione del filtro.
Contrariamente al decrescere del flusso il dispositivo di regolazione diminuisce la velocità. La quantità di solidi sospesi nelle acque chiare e torbide dipende molto dal tipo d’impasto addizionale aggiunto, come pure dal tipo e quantità di ceneri contenuto nelle acque da filtrare. L’impasto addizionale viene introdotto sull’aspirazione della pompa che alimenta il filtro per assicurare una perfetta miscelazione con l’acqua da filtrare e dovrebbe essere a fibre lunghe senza cariche. Ad ogni modo viene solitamente usata una parte dell’impasto della tina di macchina e dal momento che ritorna immediatamente in ciclo assieme al filtrato ciò si rileva economicamente utile.
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4.4 Parti fondamentali.
4.4.1 Canne barometriche.
La lunghezza e la perpendicolarità delle canne barometriche sono di grande importanza. ll filtro deve essere posto in modo da consentire una perfetta perpendicolarità delle canne barometriche rispetto alle vasche di raccolta. Perciò tratti di tubo orizzontali sono fortemente sconsigliati al di sotto della valvola di uscita. La strozzatura della canna deve avvenire subito dopo il giunto di uscita della valvola. Le canne barometriche devono attraversare il pavimento con un foro libero e devono essere esenti per quanto possibile da flange. Se non e possibile istallare le canne barometriche in un piano verticale, si possono creare delle curve con il raggio più grande possibile ed istallare il filtro in modo che un aumento di lunghezza dei tubi compensi parzialmente le perdite di carico dovute alle curve stesse. Le variazioni sulla verticale non devono comunque superare i 45°. La lunghezza minima delle canne barometriche misurata dalla mezzeria orizzontale del filtro al livello superiore dell’acqua nelle vasche di recupero è di 5550 mm. Una lunghezza superiore è preferibile e nella maggioranza delle applicazioni questa lunghezza varia da 7500 ai 9000 mm. Si consiglia di istallare i vuotometri su entrambe le canne barometriche. Quando la disposizione dell’impianto richiede tubi di lunghezza superiore a quelli richiesti, è consigliabile installare delle valvole rompivuoto tarate al valore minimo di vuoto desiderato.
Nel caso in cui l’altezza disponibile o la necessità di curve o tratti inclinati riducano la possibilità di ottenere un vuoto sufficiente si consiglia l’installazione di una pompa a vuoto. Gli scarichi delle acque chiare e delle acque torbide sono collegati tra loro e intercettati mediante una valvola a sfera. Se la lunghezza della canna barometrica delle acque torbide non consentisse un innesco del vuoto agire aprendo, quanto necessario, la valvola a sfera in modo che il vuoto formatosi sulla canna barometrica delle acque chiare inneschi il vuoto sulle acque torbide. Lasciare poi la valvola aperta in quella posizione.
28 4.4.2 Albero centrale.
L’albero centrale viene costruito in 16 compartimenti longitudinali che ricevono il drenaggio da ognuno dei 16 settori .
in macchine con una sola valvola di distribuzione, queste sezioni sono aperte su una estremità dove c’è la valvola (comando) e chiuse all’altra estremità. In macchina con una doppia valvola di distribuzione entrambe le estremità dell’albero centrale sono aperte e si uniscono con le valvole di distribuzione.
4.4.3 Valvola.
La valvola di distribuzione è fusa in un solo pezzo. Viene montata fra le testate della vasca ed il comando principale e si unisce con l’estremità aperta sezionata dell’albero centrale. Le superfici di contatto sono costruite in materiale a basso coefficiente di attrito. La funzione della valvola è di chiudere il vuoto e dividere le acque filtrate in 2 parti. Una parte, quella delle acque torbide, passa attraverso la rete durante la formazione iniziale dello strato e viene convogliata alla fossa delle acque torbide, attraverso la gamba barometrica. L’altra parte quella delle acque chiare, che si ha quando lo strato si è formato, provvede all’azione filtrante ed è convogliata alla fossa delle acque chiare.
La valvola effettua il vuoto ai settori mentre si immergono e toglie il vuoto dai settori alla loro emersione. L’acqua di scarico in eccesso e l’acqua di pulizia settori, che rimane nell’albero centrale vengono separate dalla valvola e si convogliano lungo la cavità di scarico per gravità alla vasca di raccolta prima dell’immersione di ogni fila di settori.
29 4.4.4 Vasca.
La vasca è il contenitore generale del filtro, contiene meccanismi di funzionamento, albero centrale e dischi.
La vasca è fabbricata mediante la saldatura di lamiere di acciaio inossidabile con rinforzi esterni di acciaio comune. Quindi tutte le superfici a contatto dell’impasto sono di acciaio inossidabile. Alla vasca viene saldata, lungo tutta la sua lunghezza, la cassetta di alimentazione con bocche di entrata da 300 mm. Le tramogge di scarico si proiettano all’interno verso l’albero centrale. Queste ricevono la pasta recuperata e il quantitativo di pasta densa in eccesso. Alla sommità di ogni tramoggia tra disco e disco, esiste uno scivolo che serve per facilitare la discesa di eventuale pasta recuperata depositatasi sull’albero.
4.4.5 Dischi.
Ogni disco è composto da 16 settori di plastica special, rinforzata cin fibra di vetro, rivestiti di tela. Questa tela non è cementata o incollata alle superfici operanti dei dischi, ma opportunamente sagomata, avvolge interamente ciascun settore al quale viene fatta aderire per mezzo di uno speciale processo che ricorda il processo di decatissagio dei tessuti.
Ciascun settore è bloccato sull’albero portadischi per mezzo di tiranti radiali con morsetti esterni ai dischi, che permettono la facile rimozione dei settori.
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5. Il portale RUBIK.
Il portale RUBIK è un sistema nato internamente al gruppo SCA con l’esigenza di gestire nel miglior modo possibile le operazioni di manutenzione delle linee produttive.
In tal modo tutte le operazioni che erano svolte autonomamente dagli operatori, acquisiste grazie alla loro esperienza pluriennale sono state centralizzate e gestite nel modo migliore e con un miglioramento continuo dal sistema stesso.
In sostanza non è altro che un database delle operazioni gestito da un complicato motore di ricerca e da strumenti di ottimizzazione e controllo delle mansioni da svolgere.
Un sistema ben articolato per ogni linea permette alla stessa:
• Il notevole risparmio in termini sia economici che di tempo da poter sfruttare in altri operazioni migliorative;
• Un coinvolgimento maggiore degli operatori al processo stesso migliorando il grado di soddisfazione e un ambiente di lavoro più gradevole.
• Il raggiungimento di un ME (machine efficiency )il più alto possibile. • Un livello di sicurezza del posto di lavoro elevato.
Per ottenere tali risultati quindi, SCA ha implementato da qualche anno il portale RUBIK. Nella logica aziendale, dopo una prima fase temporale di suddivisione e assegnazione delle operazioni da svolgere, lo step successivo della durata del periodo di tirocinio prevedeva la standardizzazione delle attività manutentive. Per tale motivo è nata la collaborazione con I.S.E. azienda leader nel settore della consulenza ingegneristica.
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5.1 La struttura operativa di PM4.
La struttura operativa di PM4 è suddivisa secondo ruoli ben precisi. Il team di lavoro è quindi composto dalle seguenti figure:
• TEAM LEADER, responsabile della vita della macchina.
• MAINTENENCE LEADER, responsabile della manutenzione della macchina.
• MECCANICI E ELETTRICISTA di pm4, operatori che svolgono lavori di manutenzione straordinaria.
• PROCESS LEADER, responsabile del processo produttivo.
Direttamente al TEAM LEADER riportano invece tutti gli operatori che con le turnazioni lavorative garantiscono la continuità della produzione. In macchina di processo 4 di SCA Lucca 1 lavorano quindi le seguenti figure:
• MACCHINISTA: dalla sala controllo si occupa di eseguire tutte le regolazioni dei parametri che sono decise insieme al team leader a all’ingegnere di processo.
• AIUTOMACCHINISTA: aiuta il macchinista ad assolvere il proprio compito, compie in particolar modo l’operazione di cambio bobina che deve avvenire nel modo più semplice e veloce possibile.
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• ADDETTO SVECOM: si occupa dello scaricamento delle bobine appena prodotte e del caricamento dei pali sostenenti le anime delle bobine.
• FASCIATORE: preleva, utilizzando un carrello elevatore, le bobine appena scaricate dall’addetto svecom e le porta alla propria postazione di lavoro per fasciarle con un film di nylon ed etichettarle per la distribuzione alle linee successive.
• JOLLY: operatore che può ricoprire tutti e 4 i ruoli che durante il turno di lavoro può affiancare o sostituire in caso di assenza una figura professionale.
La squadra operativa lavora su 3 turni giornalieri che ricoprono l’intero arco della giornata: • 1 TURNO, MATTINA: 05:00-13:00.
• 2 TURNO, POMERIGGIO: 13:00-21:00.
• 3 TURNO, NOTTE: 21.00-05:00.
Gli operatori sono quindi gli incaricati per lo svolgimento dell’attività manutentiva, da compiersi durante il funzionamento della macchina, al fine di creare quindi un circolo virtuoso che riduca perdite produttive. Naturalmente le operazioni assegnate a ogni figura riguardano le proprie competenze all’interno della squadra.
5.2 Approccio e metodologia.
Il progetto è articolato su un orizzonte temporale ed è sostanzialmente diviso in tre fasi raggruppanti i 7 passi della TPM:
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• FASE 1 : contenente il primo e il secondo passo della TPM, fase già implementata nel database del sistema operativo. In continuo aggiornamento per le installazioni di nuovi parti nell’impianto.
• FASE 2 : raggruppante i passi 3 -4 della TPM. Fasi che è stata compiuta durante il periodo del tirocinio.
• FASE 3: da eseguire nel prossimo periodo per valutare le operazioni svolte fino a questo momento.
Nel seguente paragrafo s’intende rappresentare com’è stato l’approccio alla seconda fase e, come si è svolto in particolare il lavoro durante il tirocinio per quanto concerne le attività rivolte all’aspetto manutentivo.
34 5.2.1. Revisione e suddivisione delle mansioni.
Il primo step di lavoro si è focalizzato sull’apprendimento del processo produttivo e sulla localizzazione di tutte le componenti della macchina soggette a ricevere manutenzione.
Analizzando quindi il processo in modo critico, sono state rielaborate le operazioni da svolgere. In particolar modo sono state eliminate le mansioni ritenute non necessarie ed aggiunte quelle fondamentali in seguito ad installazioni di nuovi componenti nel tempo. In tabella sono riportate le operazioni finali ritenute necessarie.
ID Title Function Zona di lavoro
180 PULIZIA COLTELLA DI STACCO E CRESPATRICE. SOSTITUZIONE IN CASO DI USURA
AIUTOMACCHINISTA ZONA MACCHINA MONOLUCIDO
181 PULIZIA EPURATORE A PASTA DENSA, PULIZIA ANCHE IN CASO DI FERMO RAFFINAZIONE.
AIUTOMACCHINISTA, ZONA
PREPARAZIONE IMPASTO, RETRO MACCHINA.
182 CONTROLLO CORRETTO FUNZIONAMENTO POLIDISK E ISPEZIONE/EVENTUALE PULIZIA SCIACQUI E IMPASTO COCLEA POLIDISK + CONTROLLO PERDITE PREMI-STOPPA.
AIUTOMACCHINISTA ZONA
PREPARAZIONE IMPASTO, RETRO MACCHINA.
183 PULIZIA MOTORI RAFFINATORI:
RIMOZIONE POLVERE CULATTA.
VERIFICARE CHE NON CI SIANO PERDITE NEL PREMISTOPPA E NO RUMORI ANOMALI.
AIUTOMACCHINISTA ZONA
PREPARAZIONE IMPASTO, RETRO MACCHINA.
184 VERIFICA LIVELLO DEL SALE E EVENTUALE AGGIUNTA
AIUTOMACCHINISTA
185 PULIZIA RIDUTTORI PRESSE E POPE, RIMUOVERE L'ECCESSO DI POLVERI PER INCENDI
MACCHINISTA ZONA MACCHINA MONOLUCIDO LATO MOTORI
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186 VERIFICA STATO FILTRI FAN PUM E PULIZIA AIUTOMACCHINISTA ZONA ESTERNA, LATO PM3
187 CONTROLLO VISIVO OSCILLAZIONE SCIACQUI ALTA PRESSIONE + TELA E SPAZZOLATURA.
MACCHINISTA ZONA MACCHINA CONTINUA
189 PULIZIA FILTRO BARRA COATING AIUTOMACCHINISTA 190 PULIZIA FILTRO ADDOLCITORE E COLORE
FILTRI PER TURNO
AIUTOMACCHINISTA ZONA MACCHINA CONTINUA, LATO SINITRO.
191 PULIZIA FILTRO TAGLIA BORDI AIUTOMACCHINISTA SOTTO MACCHINA 192 PULIZIA CASSONI (CARTA, PLASTICA E
FERRO)
ADDETTO SVECOM 193 Pulizia fotocellula consenso marcia
aspiratore polveri + soffiaggio e pulizia zona pope compreso coltello centrale
ADDETTO SVECOM ZONA MACCHINA CONTINUA, SOTTO MONOLUCIDO
194 PULIZIA FILTRO CHIMENE AIUTOMACCHINISTA ZONA
PREPARAZIONE IMPASTO, RETRO MACCHINA.
196 Pulizia radiatori dei motori delle pompe e degli agitatori (zona preparazione)
AIUTOMACCHINISTA ZONA
PREPARAZIONE IMPASTO, RETRO MACCHINA.
197 Controllo livello cisterne prodotti barra e prodotto bordi
MACCHINISTA VERO
199 Ispezione visiva cinghie e pulegge pulper rifili: verificare che il gruppo ruoti con l'ausilio di tutte le cinghie e senza vibrazioni anomale
AIUTOMACCHINISTA ZONA
36 200 Ispezione generale organi meccanici
fasciatore bobine: verificare il regolare funzionamento (no rumori strani)
FASCIATORE ZONA FASCIATORE
201 Ispezione visiva pompa centrifuga recupero acque scrubber P10: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA ZONA
SOTTOMACCHINA, LATO RAFFINATORE.
202 Ispezione visiva pompa centrifuga esterna abbattimento polveri: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA VERO
203 Ispezione visiva pompa centrifuga pulperino P9: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA VERO
204 Ispezione visiva pompe centrifuge abbattifoglio P52 e M19: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA ZONA
PREPARAZIONE IMPASTO, RETRO MACCHINA.
205 Ispezione visiva pompa centrifuga alimentazione Polidisk P6a: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA ZONA
PREPARAZIONE IMPASTO, RETRO MACCHINA.
37 206 Ispezione visiva pompa centrifuga di mandata acqua Polidisk P8: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA ZONA SOTTO MACCHINA
207 Ispezione visiva pompa centrifuga impianto polveri-nebbie verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA P2
208 Ispezione visiva pompa centrifuga diluizione P41: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA ZONA SOTTO MACCHINA
209 Ispezione visiva pompa centrifuga P5 alimentazione pasta densa: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA ZONA
PREPARAZIONE IMPASTO, RETRO MACCHINA.
210 Ispezione visiva pompa centrifuga P6b alimentazione pasta Macchina: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA ZONA
PREPARAZIONE IMPASTO, RETRO MACCHINA.
211 Ispezione visiva pompa centrifuga P2 scarico tina acqua pulper: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA ZONA
PREPARAZIONE IMPASTO, RETRO MACCHINA.
38 213 Ispezione visiva pompa centrifuga P27 acqua raffreddamento Pressa Fori Ciechi: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA ZONA SOTTO MACCHINA
214 Ispezione visiva pompa centrifuga P11 sciacqui bassa pressione: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA ZONA SOTTO MACCHINA
216 Ispezione visiva pompa centrifuga P40 recupero acqua: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento. Controllo assenza olio in vasca acqua recupero centraline.
AIUTOMACCHINISTA ZONA SOTTO MACCHINA
217 Ispezione visiva pompa centrifuga P35 piscini: verificare che non ci siano perdite dal premistoppa e no rumori anomali + pulizia culatta per faciltare raffreddamento
AIUTOMACCHINISTA ZONA SOTTO MACCHINA
218 Ispezione visiva cinghie aspiratore polvere: verificare che il gruppo ruoti con l'ausilio di tutte le cinghie e senza vibrazioni anomale
AIUTOMACCHINISTA
219 Ispezione visiva cinghie e pulegge selettore: verificare che il gruppo ruoti con l'ausilio di tutte le cinghie e senza vibrazioni anomale
AIUTOMACCHINISTA ZONA SOTTO MACCHINA
39 220 ISPEZIONE VISIVA CINGHIE E PULEGGIE
VENTILATORI PROCESSO CAPPA
SECCA/UMIDA, COMBURENTE
SECCA/UMIDA,ESTRAZIONI FUMANE, RINNOVO CAPPA SECCA, ROTAZIONE CON TUTTE LE CINGHIE E SENZA VIBRAZIONI ANOMALE, PULIZIA CULATTA DOVE POSSIBILE.
AIUTOMACCHINISTA ZONA BALLATOIO VENTILAZIONE
226 ISPEZIONE RULLO FORMATORE E RULLI TELA ( TF1 TF2 TF3 TF4 TF5): NO RIGONFIAMENTI SUI BORDI, RUMORI ANOMALI, CORRETTO ACCOSTAMENTO RASCHIE E CORRETTA LUBRIFICAZIONE DEGLI UGELLI ( SCIACQUI)
AIUTOMACCHINISTA MACCHINISTA
ZONA MACCHINA CONTINUA
232 ISPEZIONE RULLI FELTRO ( 1F 2F 3F 4F 5F 6F 7F 8F 9F) E ISPEZIONE RASCHIE RULLI, CORRETTO ACCOSTAMENTO E CORRETTA LUBRIFICAZIONE SCIACQUI.
AIUTOMACCHINISTA MACCHINISTA
ZONA MACCHINA CONTINUA
254 LAVAGGIO FILTRI SEPARATORE 2 CASSETTI AIUTOMACCHINISTA ZONA MACCHINA CONTINUA LATO SX 255 LAVAGGIO FILTRO SEPARATORE. AIUTOMACCHINISTA ZONA MACCHINA
CONTINUA LATO SX
266 LAVAGGIO MACCHINA ZONA FELTRO+TELA AIUTOMACCHINISTA, MACCHINISTA 267 PULIZIA GENERALE AREA MACCHINA
CONTINUA AIUTOMACCHINISTA MACCHINISTA ZONA INTORNO MACCHINA CONTINUA 268 Pulizia sonda soda e conducibilità:
verificare inoltre che l'acqua scarichi correttamente
AIUTOMACCHINISTA
269 Pulizia generale zona fasciatore, stoccaggio anime e passaggi pedonali
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270 SOFFIAGGIO MULETTO FASCIATORE ZONA FASCIATORE,
POSSIBILMENTE ALL'ESTERNO. 272 Ispezione flessibile fezer (manipolatore
anime) e pulizia filtri fezer interni alla macchina (in caso di riscontro di difetti, contattare meccanico in turno)
ADDETTO SVECOM FALSO
734 Pulire FILTRI CENTRALINA dei prodotti del coating
AIUTOMACCHINISTA VERO
Ogni operazione di manutenzione, identificata con un ID di riconoscimento per il caricamento sul portale RUBIK, è stata assegnata all’operatore specifico, rispettando vincoli di competenza. In particolare poi sono state riesaminate le frequenze di svolgimento in base alle necessità riscontrate durante il periodo di osservazione.
Eseguito questo primo step è stato avviato il secondo, che, per carico di lavoro e quantità di tempo impiegato è risultato essere il maggiore.
5.2.2 Compilazione delle schede CIL.
La scheda CIL da compilare è uno standard interno all’azienda utilizzato come linea guida per svolgere l’operazione di manutenzione.
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42 Come si può vedere dal template ogni scheda CIL riporta:
• Il titolo dell’operazione da effettuare.
• L’ID identificativo per l’inserimento nel portale.
• I dati identificativi: data di inserimento, nominativo dell’originatore, del revisionatore ecc. • A chi è affidata la mansione da eseguire.
• I DPI, dispositivi protezione individuale necessari per l’esecuzione. • Foto del componente per una identificazione migliore.
• Le varie operazioni in sequenza da eseguire.
In particola è stata aggiunta una colonna che indica l’ubicazione dell’elemento all’interno dello stabilimento. In questo modo si è cercato di:
• Ridurre i tempi di esecuzione, tempi persi che l’operatore utilizzava per la ricerca del componente.
• Facilitare l’operatore nel proprio compito.
Lo step successivo prevedeva la raccolta dati e analisi delle operazioni. In particolare, durante il periodo di tirocinio, il lavoro prevedeva:
• Affiancamento dell’operatore di turno.
• Osservazione del modo di operare del suddetto operatore nel compiere la mansione assegnata da RUBIK.
• Analisi del tempo impiegato per l’esecuzione completa.
• Osservazione delle potenziali criticità in termini di efficacia e sicurezza nel compiere la mansione.
• Raccolta dati.
Effettuato un campionamento che permettesse un’analisi critica e soddisfacente è iniziata la compilazione delle relative schede CIL. Tutto questo è stato svolto ponendo alla base del lavoro un aspetto fondamentale che ha aiutato l’attività di tirocinio:
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• LO SCAMBIO DI OPINIONI CON GLI OPERATORI. Gli operatori con la loro esperienza, se stimolati erano i primi a proporre azioni migliorative per l’esecuzione delle mansioni.
5.3 Esempio di scheda CIL compilata.
Si riporta di seguito un esempio di scheda CIL compilata. INSERIRE LA SPEGAZIONE DELLA SCHEDA CIL.
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5.4 Training agli operatori.
Come ultimo step, in corso di implementazione. L’attività prosegue con una piccola fase di training agli operatori. In particolare, ciò consisterà in una breve spiegazione delle schede CIL compilate, in modo che per tutti sia chiaro il modo di operare. Cercando di far capire agli stessi che il lavoro è stato svolto con lo scopo di farli:
• Lavorare in modo più sicuro. • Operare in modo meno faticoso.
• Lavorare in un ambiente più salutare e pulito.
• Coinvolgere ancor più direttamente al raggiungimento di livelli di efficienza della macchina elevati.
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6. Analisi delle acque e centerline.
In parallelo al progetto relativo la manutenzione della macchina è stato portato avanti un
progetto riguardante le analisi delle acque di processo. Il funzionamento del filtro polidisc è stato illustato precedentemente.