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I "Regia carmina" dedicati a Roberto d'Angiò nella British Library di Londra: un manoscritto tra Italia e Provenza

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Academic year: 2021

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IV serie - anno VI, 2016 Spedizione postale gruppo IV 70%

2016

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IV serie - anno VI, 2016

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Arte medievale

Periodico annuale

IV serie - anno VI, 2016 - ISSN 0393-7267 © Sapienza Università di Roma

Direttore responsabile

Marina Righetti

Direzione, Redazione

Dipartimento di Storia dell’arte e Spettacolo Sapienza Università di Roma

P.le Aldo Moro, 5 - 00185 Roma Tel. 0039 06 49913409-49913949 e-mail: artemedievale@uniroma1.it www.artemedievale.it

I testi proposti per la pubblicazione dovranno essere redatti secondo le norme adottate nella rivista e consultabili nel suo sito. Essi dovranno essere inviati, completi di corredo illustrativo (immagini in .tif o .jpg ad alta risoluzione di 300 dpi in un formato adatto alla leggibilità) e riassunto, per essere sottoposti all’approvazione del Comitato Scientifico al seguente indirizzo: artemedievale@uniroma1.it. La rivista, impegnandosi a garantire in ogni fase il principio di terzietà della valutazione, adotta le vigenti procedure internazionali di peer review, con l’invio di ciascun contributo pervenuto, in forma anonima, a due revisori anch’essi anonimi. Il collegio stabile dei revisori scientifici della rivista, che si avvale di studiosi internazionali esperti nei diversi ambiti della storia dell’arte medievale, può essere di volta in volta integrato con ulteriori valutatori qualora ciò sia ritenuto utile o necessario per la revisione di contributi di argomento o taglio particolare. La Direzione della rivista conserva, sotto garanzia di assoluta riservatezza, la documentazione relativa al processo di valutazione, e si impegna a pubblicare con cadenza regolare sulla rivista stessa l’elenco dei valutatori che hanno collaborato nel biennio precedente.

Autorizzazione Tribunale di Roma n. 241/2002 del 23/05/2002

In copertina: Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo, Archivio Cadei: disegno di vetrata gotica.

Distribuzione Silvana Editoriale

Via de’ Lavoratori, 78

20092 Cinisello Balsamo, Milano Tel. 02.453951.01 Fax 02.453951.51 www.silvanaeditoriale.it Direzione editoriale Dario Cimorelli Coordinamento e grafica Piero Giussani Stampa e rilegatura Grafiche Aurora Verona

Finito di stampare nel dicembre 2016 Questo numero della rivista è stato stampato con il parziale contributo finanziario

(5)

Comitato promotore

F. Avril, B. Brenk, F. Bucher, A. Cadei, W. Cahn, V.H. Elbern, H. Fillitz, M.M. Gauthier, C. Gnudi, L. Grodecki, J. Hubert, E. Kitzinger,

L. Pressouyre, M. Righetti, A.M. Romanini, W. Sauerländer, L. Seidel, P. Skubiszewski, H. Torp, J. White, D. Whitehouse

Comitato direttivo

M. Righetti, A.M. D’Achille, A. Iacobini, A. Tomei

Comitato scientifico

F. Aceto, M. Andaloro, F. Avril, X. Barral i Altet, M. Bonfioli, G. Bonsanti, B. Brenk, C.A. Bruzelius, S. Casartelli Novelli, M. D’Onofrio, J. Durand, V.H. Elbern, F. Gandolfo,

A. Guiglia, H.L. Kessler, J. Mitchell, E. Neri, G. Orofino, A. Peroni, P.F. Pistilli, P. Piva, F. Pomarici, A.C. Quintavalle, R. Recht, S. Romano, A. Segagni,

H. Torp, G. Valenzano, G. Wolf

Redazione

R. Cerone, A. Cosma, C. D’Alberto, B. Forti, M.T. Gigliozzi, F. Manzari, S. Moretti, M.R. Rinaldi, E. Scungio, M. Tabanelli

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La ‘sua’ rivista dedica ad Antonio Cadei questo numero, che raccoglie gli studi presentati in occasione del Convegno, svoltosi nel 2014 in due sedi: nel suo paese natale, Villongo, il 25 ottobre, e a Roma, negli spazi del suo Dipartimento, il 17 e 18 dicembre. Nel 2014 Antonio avrebbe compiuto settanta anni e sarebbe stata una bella festa per i suoi amici e i suoi allievi, ma cinque anni prima una terribile malattia, combattuta con grande dignità e consapevolezza, lo aveva stroncato. Difficile, anche per naturale pudore, ricordare quei momenti terribili che avevano colpito la sua famiglia scientifica, già duramente segnata dalla perdita, solo qualche anno prima, di Angiola Maria Romanini.

Antonio, come Angiola Maria, aveva prima insegnato all’Università di Pavia e poi era arrivato a Roma, alla Sapienza, dove, nonostante il suo carattere riservato, da bergamasco D.O.C., aveva saputo generosamente aprirsi ad amicizie autentiche ed era diventato per tutti a poco a poco un punto di riferimento, per consigli misurati e per lo più laconici, ma pieni di saggezza e attenzione.

Antonio non era però uno studioso solitario e introverso, come talora poteva apparire a chi lo conosceva solo superficialmente; sapeva coinvolgere gli allievi − senza mai soverchiarli con la sua straordinaria personalità − nella sua articolata operosità scientifica. La ricchezza di questo numero di Arte medievale, dove molti articoli sono offerti da studiosi più o meno giovani al loro Maestro, testimonia quanto la sua attività di docente sia stata fertile di esiti rilevanti. Numerosi sono anche i contributi degli amici italiani e stranieri, che hanno potuto godere della sua splendida intelligenza e della sua ironia, sottile ma sempre rispettosa degli altri. Abbiamo voluto mettere in copertina uno dei suoi eccezionali disegni. Quante volte ho visto Antonio, nel corso di lunghe riunioni, astrarsi, disegnando sui margini dei fogli particolari architettonici oppure schizzi di ritratti e di mani! Col tempo ho capito che in realtà il disegnare non era per lui una distrazione, ma piuttosto una consolidata via di concentrazione, un modo per liberare il suo pensiero, che così elaborava silenziosamente quanto si diceva. Accadeva spesso, infatti, che alla fine fosse proprio Antonio a pronunciare le parole risolutive del problema che si stava discutendo. Il disegno scelto per la copertina è però anche espressione di un suo modo di procedere nello studio e nell’analisi storica del periodo forse da lui più amato, il Gotico: Antonio ripercorreva passo dopo passo le vie operative degli architetti, dei maçons e dei maestri vetrai delle cattedrali e il rilievo di questa finestra è testimonianza di un procedere quasi in continuità con la prassi del cantiere medievale.

Marina Righetti

Il Convegno Internazionale “Medioevo tra Occidente e Mediterraneo” che si è tenuto a Villongo il 25 ottobre 2014, in memoria del professore Antonio Cadei, nato proprio nella nostra cittadina nel 1944, e ripreso in seconda sessione presso l’Università La Sapienza di Roma il 17 e 18 dicembre 2014, oltre che occasione ricca di interessanti interventi sui temi di studio e di ricerca cari al professore, ha acceso un faro luminoso sulla sua figura. Una personalità carismatica e poliedrica, ma al contempo schiva e sovente silenziosa. Senz’altro un motivo di orgoglio per il nostro piccolo Comune che, grazie al lavoro di studio e di ricerca di Antonio Cadei, si è aperto ad un ampio respiro culturale, anche al di fuori dei confini nazionali.

La presenza, inoltre, di professori e ricercatori della Sapienza di Roma, delle Università di Pavia, Napoli, Barcellona, Baltimora, Chieti, Venezia, Urbino e della Soprintendenza di Venezia, colleghi e amici del professor Cadei, infatti, ha portato alla luce non solo il suo grande spessore culturale, ma anche la sua preziosa testimonianza umana.

Ho ben presente il ritratto che ne ha fatto il nipote Federico, durante il suo breve ma intenso intervento: “...tuttavia quando parlava, in particolare con noi nipoti, era sempre occasione di forte arricchimento interiore, egli non ci insegnava cose nuove, non ci riempiva di nozioni che avremmo dimenticato qualche ora dopo, ma faceva socraticamente emergere pensieri e riflessioni da dentro di noi, facendoceli analizzare da molteplici punti di vista...”.

Le giornate di studio ci hanno permesso dunque di conoscere ed apprezzare il suo enorme bagaglio di studi, ricerche e lavori sulla storia e sull’arte medievale, che ora sono sapientemente raccolti in questi Atti.

Un grazie al Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo della Sapienza di Roma che ha coinvolto il Comune di Villongo in questo importante progetto.

Maria Ori Belometti

Sindaco

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161 Il ruolo del ‘cantiere gotico’ nella basilica superiore di S. Francesco ad Assisi

Francesca Pomarici

173 Svevi o Angioini alla periferia di Bisanzio. Le Storie di Santa Caterina e Santa Margherita

sulla volta di S. Maria della Croce a Casaranello (Lecce) Gaetano Curzi

185 La pittura di età paleologa a Costantinopoli: un tormentato percorso di scoperte, perdite, sparizioni e recuperi

Mauro della Valle

201 I Regia Carmina dedicati a Roberto d’Angiò nella

British Library di Londra: un manoscritto tra Italia e Provenza Alessandro Tomei

213 La rinascita dell’iniziale figurata nella miniatura gotica e la sua circolazione tra Europa e Italia settentrionale Francesca Manzari

227 Immagini e graffiti: alcuni esempi di devozione bergamasca tardomedievale

Barbara Villa

235 Sulle tracce dei maestri d’Alemagna. Testimonianze e riverberi dell’arte teutonica nell’Italia medio-adriatica del tardo Medioevo Giorgia Corso

247 Il palazzo di Giovanni Burcardo: Tardogotico oltremontano e Roma rinascimentale

Maurizio Ficari

255 Nicola da Guardiagrele: le firme e le opere Stefano Riccioni

267 Medioevo disegnato/Medioevo ritrovato: in viaggio con Aubin-Louis Millin nella Puglia normanna Anna Maria D’Achille, Antonio Iacobini 287 Da Émile Bertaux ad Antonio Cadei:

un percorso sulla nozione di castello federiciano Xavier Barral i Altet

293 I monumenti del Mezzogiorno medievale nei taccuini di Giacomo Boni (1888-1898): documentazione, tutela, conservazione del patrimonio artistico nell’Italia post-unitaria Andrea Paribeni

305 Il progetto di Antonio Cadei per un manuale sull’arte del Duecento

Carola Delpino 309 Antonio Cadei

Pio Francesco Pistilli 9 Campania carolingia. I rilievi della cattedrale di Teano e

il tentativo di espansione pontificia nel Ducato di Benevento Fabio Betti

19 La committenza del vescovo Udalrico nella pieve di Ponzano: un antefatto piceno alla Riforma

Maria Sole Cardulli

27 I segni della Riforma nella cattedrale di Terracina. La chiesa, il chiostro, il portico, la cattedra Maria Teresa Gigliozzi

35 I segni della Riforma nella cattedrale di Terracina. Temi e simboli nel fregio musivo del portico Mariella Nuzzo

45 Le epigrafi del portale e del portico della cattedrale di Terracina

Carlo Tedeschi

51 La decorazione muraria a intarsi nell’Italia normanna: gli episodi calabresi nel contesto dei rapporti tra Ducato e Contea Margherita Tabanelli

61 L’igumeno Theostíriktos e il ‘franco’ Girardo ai Ss. Pietro e Paolo di Agrò

Antonino Tranchina

69 Ai fianchi del sovrano? Qualche osservazione

sulle porte metalliche della Cappella Palatina di Palermo Giovanni Gasbarri

79 Percorso di Oderisio da Benevento Francesco Aceto

87 Gli amboni della cattedrale di Salerno e la liturgia riformata di Romualdo II Guarna

Nino Zchomelidse

97 Da Virgilio al Medioevo: postille sulla rinascita della Sibilla in Campania (xI-xIII secolo)

Manuel Castiñeiras

111 Sul primo impianto della chiesa abbaziale di Chiaravalle Milanese

Luigi Carlo Schiavi

125 Dal Regnum Siciliae alla terra Imperii: Federico II e la rifondazione del castrum di Monselice Giuliano Romalli

139 Il lascito di un maestro. Architettura fortificata nel Regno di Sicilia: dal castello ad ali svevo al donjon capetingio Pio Francesco Pistilli

151 Federico II e Fossanova. Dalle ceneri di una tradizione storiografica alla genesi di una nuova riflessione Manuela Gianandrea

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201 Di questo panegirico si conoscono solo altri

due esemplari che presentano un corredo il-lustrativo di fatto sovrapponibile dal punto di vista iconografico e per quanto concerne il rapporto figura/scrittura, ma molto distan-te per ciò che riguarda lo specifico stilistico. Uno si trova nella Österreichisches National-bibliothek di Vienna con la segnatura Series nova 26396 e l’altro nella Biblioteca Nazionale di Firenze (Banco Rari 38);7 quest’ultimo (mm 370 x mm 340) è di formato leggermente più piccolo rispetto agli altri due.

Il manoscritto londinese è composto da 30 carte le cui dimensioni in millimetri sono 390 x 340; la scrittura è una elegante cancelleresca, secon-do Arsenio Frugoni8 databile intorno al 1350 e forse anche dopo. Abbastanza caratteristiche sono le iniziali filigranate, decisamente elabo-rate e presenti nel manoscritto in numero rile-vante.

Benché citato di frequente dalla letteratura, non solo, come si è detto, storico-artistica, il nostro manoscritto sembra di fatto navigare ancora in acque assai nebbiose.

La collocazione cronologica relativa dei testi-moni giunti sino a noi è stata delineata da A. Frugoni nel già ricordato intervento del 19699 e perfezionata da Cesare Grassi10 in occasione della edizione in facsimile del manoscritto di Londra, nel 1982. Essa ipotizza un menabò, elaborato certamente dall’autore del testo in-sieme all’illustratore, come dimostrato con evidenza dall’intrinseca e inscindibile interdi-pendenza tra testo e immagine. Sulla base di questo menabò dovette essere confezionato un archetipo da cui discendono il codice londi-nese e un esemplare Y che dovette costituire l’exemplum per i codici, più tardi, di Vienna e Firenze. Lo studio degli errori di trascrizione contenuti in questi due ultimi manoscritti ri-spetto a quello di Londra, il più corretto sul piano testuale, sembra avvalorare questo breve ma più che verosimile stemma codicum. I tre manoscritti sono stati vergati da amanuen-si diveramanuen-si e sono stati illustrati da miniatori

F

ra le tante opere d’arte legate, direttamen-te o indirettamendirettamen-te, alla figura di Roberto d’Angiò, re di Napoli dal 1309 al 1343, ve n’è una davvero singolare e problematica per quanto riguarda sia il luogo di produzione sia la datazione; si tratta di un manoscritto, riccamen-te illustrato, conservato nella British Library con la segnatura Royal 6 E IX e convenzionalmente denominato Regia Carmina, ma in effetti ane-pigrafo e adespoto.1 Il testo, consistente in una lunga (circa 3700 versi) e farraginosa composi-zione, è sostanzialmente un panegirico dedicato a re Roberto dalla città di Prato, che si era posta sotto la di lui protezione nel 1313, insieme ad altre città toscane.2

Una tradizione filologica abbastanza consolida-ta, ma anche più di una volta seriamente messa in discussione, ne ha identificato l’autore con Convenevole da Prato, professore di retorica e notaio, noto più per esser stato considerato il primo maestro di Francesco Petrarca3

a Carpen-tras tra il 1312 e il 1316, che per la sua produzio-ne letteraria.4

Questo singolare – vedremo subi-to perché – personaggio dovette nascere verso il 1270-1275, appunto a Prato; dovette poi recarsi ad Avignone, esule, insieme a un folto gruppo di guelfi ‘bianchi’. Petrarca si dilunga in varie lettere su di un antico maestro, senza mai, però, ricordarne il nome: ne parla con toni affettuosi e, a volte, con una certa tenerezza e, anche, una malcelata commiserazione, descrivendolo sem-pre in affanno, semsem-pre opsem-presso da difficoltà economiche e sempre impegnato in opere lette-rarie destinate a non essere mai portate a com-pimento. Un gustoso (per noi contemporanei, meno per i protagonisti di allora) episodio segnò il rapporto tra i due: Petrarca gli aveva prestato i preziosi volumi del De gloria di Cicerone avuti in regalo da Raimondo Soranzo; il maestro, però, oppresso dai debiti, li impegnò, tradendo la fi-ducia dell’allievo che non riuscì mai a rientrarne in possesso,5 soffrendone molto. Convenevole – se di lui realmente si trattava – fece ritorno a Prato probabilmente nel 1336 e là terminò la sua esistenza agli inizi del 1338.

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202

AlessAndro Tomei

Come si è accennato, il testo del panegirico è assai eterogeneo; i temi trattati sono infatti nu-merosi e piuttosto slegati fra loro. Si va da una lunga serie di lamentazioni sullo stato misere-vole dell’Italia, sulla sciagura costituita prima dall’abbandono e poi dall’assenza del papa da diversi: le differenze sono evidenti, con i codici

viennese e fiorentino che si collocano su un li-vello qualitativo decisamente inferiore a quello londinese, come appare evidente dal confron-to, uno dei molti possibili, tra i tre ritratti del sovrano angioino [1-3]. 1. Londra, British Library, Regia carmina, ms. Royal 6 E IX, f. 10v, Roberto d’Angiò in trono (Courtesy of The British Library). 2. Vienna, Österreichisches Nationalbibliothek, Regia carmina, ms. Series nova 2639, f. 10v, Roberto d’Angiò in trono (Österreichisches Nationalbibliothek). 3. Firenze, Biblioteca Nazionale, Regia carmina, ms. Banco rari 38, f. 10v, Roberto d’Angiò in trono (Biblioteca Nazionale di Firenze). 4. Londra, British Library, Regia carmina, ms. Royal 6 E IX, ff. 10v-11r, l’Italia si inchina davanti a Roberto d’Angiò (Courtesy of The British Library).

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203 I Regia CaRminadedIcatIa RobeRtod’angIònella bRItIsh lIbRaRydI londRa

5. Londra, British Library, Regia carmina, ms. Royal 6 E IX, f. 23r, Pavone (Courtesy of The British Library). 6. Londra, British Library, Regia carmina, ms. Royal 6 E IX, f. 27r, Filosofia (Courtesy of The British Library). 7. Londra, British Library, Regia carmina, ms. Royal 6 E IX, f. 7v, Giudizio finale, particolare con il testo che indica i dannati (Courtesy of The British Library). 8. Londra, British Library, Aratea, ms. Harley 647, f. 10v, Eridano (Courtesy of The British Library).

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AlessAndro Tomei

Quindi professore e vate pratese, ma nato a Roma? A meno che quest’ultima indicazione d’origine non sia un artificio retorico o una notazione simbolica: la questione – anche per gli studiosi di filologia – non sembra del tutto risolta.

Due contributi, uno di Ernst Saenger, una dis-sertazione accademica del 1938,14 e un più re-cente articolo di Barbara Bruderer Eichberg,15 del 1999, hanno proposto una lettura del po-ema in chiave simbolico-profetica e ne hanno sottolineato l’impegno etico-politico e religio-so; A. Frugoni, esprimeva invece un giudizio piuttosto negativo, preceduto in ciò da Renato Piattoli.16 Isolata fu la posizione di Julius von Schlosser,17 che insistette sull’identità fra il poe-ta e l’autore delle illustrazioni; ipotesi non facil-mente sostenibile e apparentefacil-mente peregrina ma non del tutto priva di una sua logica, dal momento che la caratteristica più rilevante di questo manoscritto è quella di essere un

Bilder-kodex a tutti gli effetti; la parola contribuisce

direttamente a creare l’immagine, facendosene a volte contenitore, altre volte contenuto e ra-gion d’essere; comunque, l’immagine sistemati-camente definisce il testo.

Come avviene, per esempio, nella composizione con re Roberto in trono, davanti al quale l’Italia si inchina (ff. 10v-11r) [4]; lo sfondo è un cielo trapunto di gigli d’oro angioini, all’interno dei quali trovano posto versetti di glorificazione del sovrano che, letti da sinistra a destra e dall’al-to verso il basso, compongono un altro tesdall’al-to in rima; il recto di f. 11, con l’Italia, si pone in assoluta continuità formale e di contenuto con l’immagine del re.

Analogamente, a f. 23r, è raffigurato un grande pavone, dono offerto a Roberto, il cui corpo (ruota compresa) è di fatto costituito da linee di scrittura, che compongono un discorso di presentazione illustrante le virtù della creatura [5]. Particolarmente significativa in tal senso è anche la personificazione della Filosofia (f. 27r) [6], il cui manto, all’interno, accoglie in una tasca dei libri ed è supporto per un lungo cartiglio. Ma si potrebbe continuare a lungo, dal momento che tutto il codice è segnato si-stematicamente da questo straordinario gioco di corrispondenze.

In certi casi, inoltre, la parola sostituisce

tout-court l’immagine, come si vede a f. 4v [7] – un

esempio tra i vari possibili – dove campeggia il Cristo in trono nella rappresentazione del Giu-dizio finale, in cui i dannati sono indicati inve-Roma, alla situazione politica e morale del

tem-po; il tutto confusamente mischiato ad allegorie religiose e profane, citazioni mitologiche, rife-rimenti politici, invocazioni alla divinità e alle autorità politiche ed ecclesiastiche, oltre natu-ralmente a continui ed entusiastici riferimenti alla persona e alle gesta del Re Saggio, unica speranza di salvezza per i popoli d’Italia. Il te-sto è anche ricco di rimandi alla te-storia antica e agli ‘uomini illustri’, ai quali Roberto viene paragonato.

Si tratta, in effetti, di una sorta di zibaldone che appare invero un po’ sconclusionato, an-che se non privo di un certo fascino, derivante forse proprio dalla sua eterogeneità. Del resto lo stesso autore era consapevole di ciò, lamen-tandosi a un certo punto del fatto che era stato costretto dagli eventi a sospendere la stesura della propria opera per un lungo periodo di tempo, affermazione questa che rende quanto mai ardua una più precisa datazione del testo. Pochi elementi consentono infatti di stringerne il periodo di redazione. Eccezion fatta per l’an-no di morte di Roberto d’Angiò, il 1343, che sembra un più che ragionevole ante quem, il più esplicito riguarda papa Benedetto XII che viene citato come colui «che ha dato freni in-sieme con una catena trattenitrice», per cui il «contagioso male di Simone (Mago ovviamen-te)» non si è diffuso. E, ancora, grazie a lui «il funesto contagio si è placato» e «il proiettile blasfemo turbinando non percuote il cielo» (f. 19r, vv. 290-294). Benedetto XII regna ad Avi-gnone dal 1334 al 1342 ed è ovvio considerare l’anno dell’elezione come un post quem certo. Va notato che a f. 10r, v. 46, c’è un’allusione a un pontifex novus,11 da A. Frugoni12 identificato con lo stesso Benedetto XII; da C. Grassi13

più verosimilmente riferito all’antipapa Niccolò V, eletto da Ludovico IV il Bavaro nel 1328 in contrapposizione a Giovanni XXII e poi, nel 1330, sottomessosi al legittimo pontefice. In effetti le espressioni usate dall’autore nei con-fronti del papa legittimo, Benedetto XII, sono sempre positive, mentre la critica nei confronti del «pontefice nuovo» è palese.

Problematica è, come si è detto, anche l’identifi-cazione dell’autore. Questi si definisce professor

Pratensis (f. 24r, versi 2-3) come pure a f. 28v

rivolto a Roberto «tu sis micchi, vati terrigene

Prati solaminis» (90, vv. 5-6); ma sempre a f.

24r si rivolge al re «Proque mea tibi matre preces

cum supplici mente porrigo pro Roma, genitrice mea, modo flente» (vv. 11-12).

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205 I Regia CaRminadedIcatIa RobeRtod’angIònella bRItIsh lIbRaRydI londRa

è la figura a f. 11v, di una donna in lacrime che si straccia le vesti simboleggiante la città di Roma [9], significativa perché rimanda alla descrizione di una delle immagini allegoriche fatte eseguire da Cola di Rienzo in Campidoglio e descritte nella Cronica dell’Anonimo romano: «Nello parete fòra sopra la Cammora penze una similitudine in questa forma. Era pento uno grannissimo mare, le onne orribile, forte tur-vato. In mieso de questo mare stava una nave poco meno che soffocata, senza tomone, sen-za vela. In questa nave, la quale per pericolare stava, stava una femina vedova vestuta de nero, centa de cengolo de tristezze, sfessa la gonnel-la da pietto, sciliati li capelli, como volessi pia-gnere. Stava inninocchiata, incrociava le mano piecate allo pietto per pietate, in forma de pre-care che sio pericolo non fussi. Lo soprascritto diceva: “Questa ène Roma”».25 E poco oltre il testo prosegue, descrivendo figure femminili su due isole: una era occupata da «una femina che sedeva vergognosa, e diceva la lettera “Questa ène Italia”».26 Sull’altra isola stavano altre quat-tro immagini femminili: «Queste erano quatquat-tro virtù cardinale, cioène Temperanza, Iustizia, Prudenza e Fortezze. Dalla parte ritta stava una isoletta. In questa isoletta stava una femina in-ninocchiata. Le mano destenneva a cielo como orassi. Vestuta era de bianco. Nome avea Fede Cristiana».27

Non certo casualmente, nel manoscritto, poche carte più avanti (ff. 19v-21v) troviamo le quat-tro Virtù cardinali e la Speranza è raffigurata vestita di bianco e con le mani giunte rivolte al cielo [10], esattamente come negli affreschi capitolini.

Philippe Sonnay28 ha giustamente messo in ri-salto le coincidenze tra il testo della Cronica e le miniature del manoscritto, avanzando l’ipotesi che queste ultime possano aver costituito un modello per le immagini fatte eseguire da Cola di Rienzo nel centro politico dell’Urbe.29

Del resto il contenuto del panegirico, sicuramente per quanto riguarda la situazione romana e l’as-senza del pontefice, ma anche per l’idea di un sovrano che guidasse l’Italia fuori dalle acque tempestose in cui si trovava, bene si accordava con l’azione politica del tribuno.30

Bisogna in-fatti tener ben presente la singolarità di queste allegorie che non trovano termini di confronto in altre opere, se non in quelle letterarie, a par-tire proprio da Francesco Petrarca.

Ci si deve inoltre interrogare sul perché dall’archetipo siano derivate diverse copie, ce che con una personificazione, con le parole

«hinc stant dapnati/subter culpa reprobati». Osservando le particolarità di questa interazio-ne, trovo una certa consonanza – certo sorpren-dente – con il manoscritto Harley 647 della Bri-tish Library, contenente gli Aratea ciceroniani, miniato nella diocesi di Reims e databile nella prima metà del IX secolo.18 Ne sono espressione evidente, per esempio, le raffigurazioni di Per-seo a f. 4r, del Sagittario a f. 6r, di Eridano a f. 10v [8]. Colpisce l’analogo principio di riempi-mento della figura umana con linee di scrittura a spiegazione e commento dell’immagine stessa. Che qualche manoscritto di questo tipo circo-lasse tra gli intellettuali dell’entourage papale avignonese? Ipotesi assai suggestiva, ma del tut-to indimostrabile.19

La straordinaria e fantasiosa interconnessione tra testo e immagine fa sì che non sia possibile pensare a una progettazione ed esecuzione di scrittura e illustrazione in tempi diversi, come avveniva di norma per la confezione di codici di più semplice struttura. Ne consegue, come si è detto, che l’autore del testo e il progettista del

layout o dovettero coincidere o, se due persone

distinte, lavorare fianco a fianco nel corso della realizzazione del manoscritto. Questo dato di fatto ha portato a considerare Convenevole da Prato autore anche delle illustrazioni.20

Prendiamo ora in esame alcune delle più sin-golari caratteristiche del codice di cui ci occu-piamo. La prima cosa che si nota è l’assenza nel corredo illustrativo di un’immagine del pontefice, circostanza di per sé un po’ strana; vi sono invece riferimenti iconografici a Roma e all’assenza da essa del papa. In apertura di manoscritto a f. 1v, compare infatti la cattedra di S. Pietro, in una versione stilizzata, al di sopra della quale campeggiano lo stemma an-gioino e quello papale con le chiavi incrociate. L’accostamento dei due stemmi, certo non fre-quente, si ritrova in una miniatura degli Statuts

de l’Ordre du Saint Esprit della Bibliothèque

nationale de France (ms. fr. 4276, f. 6r), del 1352 circa,21 nel fregio araldico presente nel-la Sanel-la del Consiglio del Panel-lazzo Pubblico di San Gimignano,22 nella bordura del riquadro con l’Albero della Vita in S. Maria del Casale a Brindisi23 e per tre volte su un cassone nel Metropolitan Museum of Art di New York, databile alla fine del Trecento e raffigurante la conquista del regno meridionale da parte di Carlo III di Durazzo.24

(13)

206

AlessAndro Tomei

sicuramente posteriori alla morte del re, come dimostrato dallo scadimento qualitativo dei te-stimoni fiorentino e viennese, dalla presenza di altri testi aggiunti a quello originale, che nul-la hanno a che vedere con esso e, soprattutto, dal progressivo allontanamento dalle fattezze 9. Londra, British Library, Regia carmina, ms. Royal 6 E IX, f. 11r, Roma (Courtesy of The British Library). 10. Londra, British Library, Regia carmina, ms. Royal 6 E IX, f. 20r, Speranza (Courtesy of The British Library). 11. Napoli, S. Maria Incoronata, Roberto d’Oderisio, Volta dei Sacramenti, Matrimonio, particolare

(da Bologna, I pittori).

12. Londra, British Library, Regia carmina, ms. Royal 6 E IX, f. 13r, Firenze (Courtesy of The British Library).

(14)

207 I Regia CaRminadedIcatIa RobeRtod’angIònella bRItIsh lIbRaRydI londRa

fisionomiche più autentiche di Roberto d’An-giò. Del Re Saggio, com’è noto, ci sono giunte diverse immagini che possono essere a pieno ti-tolo definiti ritratti, stante la loro ricorrente so-miglianza: dalla celeberrima tavola raffigurante san Ludovico di Tolosa che incorona Roberto

13. Londra, British Library, Regia carmina, ms. Royal 6 E IX, f. 22r, Giudizio di Paride (Courtesy of The British Library). 14. Londra, British Library, Regia carmina, ms. Royal 6 E IX, f. 15v, Giardini (Courtesy of The British Library). 15. Londra, British Library, Regia carmina, ms. Royal 6 E IX, f. 24r, Cavaliere (Courtesy of The British Library). 16. Leuven, K.U., Maurits Sabbe Bibliotheek, Bibbia, ms. 1, f. 305r, particolare (Maurits Sabbe Bibliotheek).

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AlessAndro Tomei

Una delle ragioni che portarono all’esecuzio-ne di questa e delle altre copie potrebbe essere trovata nella complicata questione della succes-sione al trono di Napoli, che si protrasse, con vicende anche molto sanguinose, fino al 1352, anno in cui Giovanna I, nipote di Roberto, fu fi-nalmente incoronata regina del Regno, insieme al marito Luigi di Taranto.35

Riprodurre il primo manoscritto del panegiri-co fu forse un tentativo di rievocare visivamen-te e politicamenvisivamen-te la figura del nonno, di cui peraltro Giovanna aveva ignorato le volontà testamentarie, al fine di ricavarne una sorta di legittimazione dinastica proprio in occasione della incoronazione? La ritengo una circostanza decisamente probabile, dal momento che la re-gina non godeva certo di un’ampia popolarità, così come il suo sposo: far circolare il panegi-rico presso i nobili, non solo della corte napo-letana, riproporre in termini prosopografici la figura del Re Saggio e conseguentemente legit-timare la sua discendenza, poteva contribuire a rafforzare il valore politico e simbolico dell’atto di incoronazione.

Del resto il manoscritto di Londra sembra bene collocarsi, dal punto vista stilistico, intorno alla metà del secolo; ma anche in questo caso la que-stione non è semplice, in mancanza di opere di analogo tenore e tipologia e di saldi ancoraggi formali, vista la singolarità, se non unicità

tout-court, dell’opera.

Essa è stata infatti riferita, con sfumature di-verse, o all’area napoletana36 o a quella fioren-tina,37

con giudizi altrettanto oscillanti sulla sua qualità. I due riferimenti sono meno distanti di quanto possa sembrare a una lettura superficia-le, dal momento che ambedue riconoscono al manoscritto un giottismo di fondo che appare innegabile: si tratta ‘solo’ di precisarne le ori-gini. Impresa non semplice per quanto detto sinora.

I sostenitori della tesi fiorentina, quella preva-lente, oscillano a loro volta tra un’attribuzione più netta a Pacino di Buonaguida38

e un riferi-mento alla cerchia di Taddeo Gaddi.39

È però necessario, a mio avviso, ripensare a eventuali rapporti con la pittura napoleta-na a cavallo della metà del Trecento, segnapoleta-nata dall’onda lunga del soggiorno di Giotto, che si manifesta in diverse forme in alcuni contesti monumentali della città40 e in alcuni prodotti dell’illustrazione libraria. Per quanto riguar-da quest’ultima, interessanti somiglianze si ri-conoscono con la famosa Bible moralisée, ms. re di Napoli, di Simone Martini (Napoli, Museo

Nazionale di Capodimonte),31 ai ritratti nella Bibbia angioina cosiddetta ‘di Niccolò d’Alife’ (Leuven, K.U., Maurits Sabbe Bibliotheek, ms. 1)32 miniata da Cristoforo Orimina tra quarto e quinto decennio del Trecento, a quello pre-sente nella sala capitolare del convento di S. Chiara a Napoli,33

a quello nella tavola con San Ludovico di Tolosa venerato da Roberto d’An-giò e dalla regina Sancia nel Musée Granet di Aix-en-Provence, opera del cosiddetto Mae-stro di Giovanni Barrile,34

intorno alla metà del secolo, per arrivare al ritratto, sicuramente databile dopo la sua morte, presente negli af-freschi della chiesa dell’Incoronata a Napoli, di cui presto si dirà.

Con queste opere, tutte in diretta connessio-ne con la corte angioina, il ritratto del re connessio-nel manoscritto di Londra [1] presenta evidenti e stringenti somiglianze fisionomiche, segno di una diretta discendenza da modelli napoletani; la lontananza da questi modelli appare invece con altrettanta evidenza nei codici di Vienna e Firenze [2-3].

Se l’archetipo perduto trova, come si è detto, una ragionevole collocazione cronologica ne-gli anni trenta del Trecento e la ragione stessa della sua esistenza prima della morte del re de-stinatario del panegirico, è legittimo chiedersi il motivo dell’esecuzione delle repliche giunte sino a noi e in particolare della più antica (e più conforme all’archetipo), quella di Londra, che con tutta probabilità si colloca dopo la morte di Roberto. 17. Napoli, S. Lorenzo, cappella Barrese, Matrimonio della Vergine, particolare (Napoli, Soprintentenza ai beni artistici e storici).

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209 I Regia CaRminadedIcatIa RobeRtod’angIònella bRItIsh lIbRaRydI londRa

stranze locali rispettivamente intorno al 1338 e intorno al 1343, quasi certamente assieme a Matteo Giovannetti, all’esordio avignonese, la presenza del quale è in qualche brano ri-conoscibile, nonostante le pesanti ridipinture subite dai murali nella prima metà del Nove-cento.45

Per quanto riguarda questi possibili echi, gio-va ricordare che Giogio-vanna I si rifugiò presso la corte di Avignone per alcuni mesi nel corso del 1348, dove poté avere più diretta conoscenza del gusto cortese e internazionale che caratte-rizzava in quel periodo l’entourage papale.46 Ma non sono solo i giardini illustrati a infondere al manoscritto londinese un’intonazione france-sizzante; si ritorni ad esempio alla già ricordata scena del Giudizio di Paride [13] o si consideri il cavaliere a f. 24r [15], con la sopravveste e la gualdrappa del destriero inalberato, ricoperte di gigli d’oro su campo rosso, personificazio-ne araldica della città di Prato, il cui stemma campeggia sullo scudo; non si può non rileva-re il gusto per un decorativismo spiccato, per scelte cromatiche brillanti, per vesti riccamente ornate, del tutto estranei alla tradizione fioren-tina e presenti invece nella produzione minia-toria d’Oltralpe e napoletana i cui legami con la Francia sono ormai ben noti.47

Basterà a tale scopo ricordare le figure di cavalieri presenti in più di un caso (ai ff. 63v, 123r, 231v, 292v, 305r, per citare solo i più significativi) della già ricor-data Bibbia di Niccolò d’Alife (Leuven, K.U., Maurits Sabbe Bibliotheek, ms. 1) [16], par-tecipi della medesima aura cortese.48

Discorso analogo vale per gli Statuts de l’Ordre du Saint

Esprit della Bibliothèque nationale de France

(ms. fr. 4276).49

A proposito delle vesti indossate dai personag-gi, c’è da notare che esse ripropongono forme in voga nel terzo/quarto decennio del secolo, a riprova che ci troviamo di fronte a una fedele copia dell’archetipo perduto.

La singolare declinazione stilistica del mano-scritto londinese, la sua eterogeneità e la man-canza di qualsivoglia termine di confronto nel contesto dell’illustrazione libraria di quei de-cenni rendono particolarmente insidioso ogni tentativo di individuare con esattezza un luogo di produzione. Ci troviamo infatti di fronte ad un prodotto che parla una sorta di lingua fran-ca, fondata su di un lessico formale di marca giottesca, ma che esprime in una koinè che solo tra Avignone e Napoli trova una sua ragionevole specificità.

français 9561 della Bibliothèque nationale de France, eseguita a Napoli probabilmente intor-no al sesto/settimo decennio del secolo, soprat-tutto per quanto riguarda le tipologie facciali e la semplificazione dei panneggi, che cadono se-gnati da pieghe appena accennate, soprattutto nella prima parte del manoscritto, caratterizza-ta da una ripresa tipologica di modelli desunti da Bibbie moralizzate francesi più antiche, ma stilisticamente declinati avendo presente la le-zione pittorica di Giotto.41

Oltre che alla produzione miniatoria è però necessario rivolgere l’attenzione anche alla pittura monumentale che negli anni del regno di Giovanna I conosce un nuovo momento di sviluppo. E si dovrà pensare a complessi pit-torici come quello della cappella Barrese in S. Lorenzo Maggiore e della cappella Pipino a S. Pietro a Majella42 o quello della chiesa di S. Maria Incoronata, fondata e fatta affresca-re proprio dalla affresca-regina, probabilmente tra il settimo e l’ottavo decennio.43 Caratteristiche comuni a queste opere, anche se non esatta-mente coeve, e alle miniature del manoscritto della British Library sono soprattutto le tipo-logie facciali, a volte scorciate e dai contorni netti come si può ben vedere confrontando gli astanti [11] nella raffigurazione del Matri-monio nella volta dei Sacramenti all’Incoro-nata con la personificazione di Firenze [12] a f. 13r del codice; altre volte sono invece ampie e tondeggianti, come nei protagonisti del Matrimonio della Vergine nella cappella Barrese a S. Lorenzo [17] che mostrano somi-glianze con i volti dei personaggi che animano il Giudizio di Paride al f. 22r nel codice dei

Regia Carmina [13].

Si tratta, ovviamente, solo di assonanze che però dimostrano un’innegabile aderenza al tardo-giottismo napoletano e marcano con evidenza la distanza dalla produzione miniatoria fiorentina del secondo quarto del secolo.

L’apparato illustrativo del codice londinese mostra, però, anche un’aura cortese che evo-ca suggestioni francesi, come ebbe modo di notare Otto Pächt44

a proposito delle immagi-ni di giardiimmagi-ni a f. 15v [14], che si presentano come sofisticate allegorie della città di Prato, i cui reggitori commissionarono il carme de-dicato a Roberto d’Angiò. Non possono, que-ste lussureggianti vegetazioni, non richiamare alla mente gli affreschi della Camera del Papa e della Camera della Guardaroba nel Palaz-zo dei Papi ad Avignone, affrescate da

(17)

mae-210

AlessAndro Tomei

in F. PetRaRca, Le Familari, edizione critica di V. Rossi, IV,

a cura di U. Bosco, Firenze 1942 (ed. anast. Firenze 1968), Libro XXIV, 4, 13-14, p. 230.

6 Per questo manoscritto, le cui misure sono mm 485 x mm

345, si veda la recente edizione in facsimile: Das Lobgedicht

auf König Robert von Anjou. Vollständige Faksimile-Ausga-be des Codex Series nova 2639 der Österreichischen Natio-nalbibliothek Wien, mit Kommentar von K.- G. Pfändtner et alii. (Codices selecti, 113), Graz 2008; cfr. inoltre, R.

maRchIonnI, Das Lobgedicht auf König Robert von Neapel

(Wien, ÖNB, Cod Series nova 2639), diplomatische Tran-skription und Übersetzung, Graz 2010.

7 Anch’esso riprodotto in facsimile: c

onvenevoleda PRa­ to, Regia carmina: panegirico in onore di Roberto d’Angiò,

Torino 2004; g. vaccaRo, Filologia del testo e filologia

dell’immagine nei Regia carmina di Convenevole da Prato, ibid., pp. 20-38.

8 F

RugonI, Convenevole da Prato, pp. 14-16.

9 Ibid. 10 c. g

RassI, Il testo latino e la traduzione, in Regia Carmina

dedicati, pp. 7-14: 7.

11 «Ausonie lombarda movet provincia caudam/qua die,

spernit novi pontifici exta/pestis aquata dolis et sevo pasta veneno» (vv. 45-47); cfr. convenevole da PRato, Regia

Carmina dedicati, p. 64.

12 F

RugonI, Convenevole da Prato, pp. 21-22.

13 g

RassI, Il testo latino, p. 124, n. 262.

14 Pubblicata integralmente solo nel 1988: e. s

aengeR,

Das Lobgedicht auf König Robert von Anjou. Ein Beitrag zur Kunst- und Geistesgeschichte des Trecento, «Jahrbuch

der Kunsthistorischen Sammlungen in Wien», LXXXIV (1988), pp. 7-91; Id., Über die Struktur des Bilderkodex im

Trecento, «Critica d’arte», III (1938), pp. 131-134.

15 b. b

RudeReR eIchbeRg, Die teologisch-politische

Bedeu-tung des Allerheiligenbildes im panegyrischen Lobgesang an Robert von Neapeln. Ein Beitrag zur spätmittelalterli-chen Herrscherikonographie, «Concilium Medii Aevii», II

(1999), pp. 29-57.

16 P

IattolI, Per la biografia, passim; FRugonI, Convenevole

da Prato, p. 20 e ss.

17 J.

von schlosseR, Giusto’s Fresken in Padua und die

Vor-laufer der Stanza della Segnatura, «Jahrbuch der

Kunsthis-torischen Sammlungen in Wien», XVII (1896), pp. 13-100.

18 Sui manoscritti prodotti per la corte di Aquisgrana e i

loro riferimenti all’Antico cfr., tra gli altri, F. mütheRIch,

Book Illumination at the Court of Louis the Pious, in Char-lemagne’s Heir: New Perspectives on the Reign of Louis the Pious (814-840), edited by P. Godman and R. Collins,

Ox-ford 1990, pp. 593-604; R. melzak, Antiquarianism in the

Time of Louis the Pious and its Influence on the Art of Metz, ibid., pp. 629-640.

19 Resa ancor più suggestiva, ma sempre e comunque

in-dimostrabile, dal fatto che testi di Cicerone – come per esempio il già ricordato De Gloria di proprietà del Petrar-ca – circolassero tra gli intellettuali gravitanti attorno alla curia avignonese

20 Cfr.

von schlosseR, Giustos Fresken, pp. 13-30; Id.,

Poe-sia e arte figurativa nel Trecento, «Critica d’arte», III (1938),

pp. 81-90.

21 Su questo manoscritto cfr., tra gli altri, a. b

Räm,

Zeremo-niell und Ideologie im Neapel der Anjou: die Statuten vom Orden des Heiligen Geistes des Ludwig von Tarent, Paris, Bibliothèque nationale de France, Ms. fr. 4274, «Römisches

Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana», XXXVI (2005), pp. 45-92.

22 t. m

ancInI, Alcune riflessioni sul ciclo pittorico

cavallere-sco nella Sala del Consiglio nel Palazzo pubblico a San Gimi-gnano, in Interventi sulla questione meridionale, a cura di F.

Abate, Roma 2005, pp. 25-30.

23 Su questo punto cfr. g. c

uRzI, Santa Maria del Casale a

NOTE

1 Il titolo con cui viene indicato è di fatto una

estrapolazio-ne da un passo del testo (f. 24r, 72, vv.1-3) in cui l’autore di rivolge al sovrano: «Supplico pro vate qui regia carmina cudit

hec tua, que trudit in vincula pro brevitate, exaudire velis que poscit nomine Prati» («Per il poeta che forgia questi carmi

regali a te dedicati, che egli per brevità racchiude in stretti legami, ti supplico che tu voglia esaudire ciò che egli chiede in nome di Prato»). Questa e le citazioni che seguono, con la relativa traduzione, sono tratte da convenevoleda PRa­ to, Regia Carmina dedicati a Roberto d’Angiò re di Sicilia

e di Gerusalemme, Cinisello Balsamo 1982, con

introdu-zione, testo critico, traduzione e commento di C. Grassi e saggi di M. Ciatti e A. Petri.

2 a. P

etRI, La Signoria di re Roberto d’Angiò sul Comune di

Prato, in Regia Carmina dedicati, pp. 33-38.

3 La notizia dell’alunnato del Petrarca presso Convenevole

è per la prima volta riportata da Filippo Villani (F. vIllanI,

De origine civitatis Florentie et de eiusdem famosis civibus,

23, 2, ed. G. Tanturli, Patavii 1997, p. 90).

4 I più significativi contributi su questo personaggio sono:

a. d’ancona, Convenevole da Prato, il maestro del

Petrar-ca, in Studi sulla letteratura italiana dei primi secoli, Milano

1891, pp. 105-147; g. gIanI, Ser Convenevole da Prato

ma-estro del Petrarca, secondo nuovi documenti, Prato 1913; R.

PIattolI, Per la biografia di ser Convenevole da Prato, «Atti

e memorie della R. Accademia Petrarca», n.s., XIV (1933), pp. 114-121; a. FRugonI, Convenevole da Prato e un libro

figurato in onore di Roberto d’Angiò, in Studi su Convene-vole da Prato, maestro del Petrarca, «Bullettino dell’Istituto

Storico Italiano e Archivio Muratoriano», LXXXI (1969), pp. 1-32: 14-15, ripubblicato con lo stesso titolo e alcune correzioni d’autore in Umanesimo e Rinascimento. Studi

offerti a Paul Oskar Kristeller, a cura di V. Branca et alii,

Firenze 1980, pp. 7-32; e. PasquInI, s.v. Convenevole da

Prato, in Dizionario biografico degli italiani, XXVIII, Roma

1983, pp. 563-568; g. bIllanovIch, Ser Convenevole

mae-stro notaio e chierico, in Petrarca, Verona e l’Europa, «Atti

del Convegno internazionale di Studi, Verona, 19-23 set-tembre 1991», a cura di G. Billanovich e G. Frasso, Padova 1997, pp. 367-390.

5 «Graviore siquidem pressus inopia duo illa Ciceronis

volu-mina, unum patris, alterum amici, librosque alios me traden-te abstulit, pretraden-tendens necessarios sibi in opere suo quodam; quotidie enim libros inchoabat mirabilium inscriptionum et prohemio consumato, quod in libro primum, in inventione ultimum esse solet, ad opus aliud fantasiam instabilem tran-sferebat. Quid te ad vesperam verbis traho? Cum inciperet suspecta esse dilatio, quod non egestati sed studio concessi libri erant, cepi altius exquirere quid de eis actum esset et ut pigneratos comperi, penes quem essent indicari michi petii, ut facultas fieret luendi eos. Ille et pudoris plenus et lacri-marum negavit se id esse facturum, quod turpe nimis esset sibi si quod ipse deberet alter faceret; expectarem paululum: quod suum erat cito se facturum. Obtuli in hanc rem pecunie quantum vellet: et hoc respuit orans ne sibi hanc infamiam inurerem. Ego, etsi nichil dicto fiderem, nolens tamen quem amabam contristare, subticui. Ipse interim paupertate pul-sus in Tusciam ivit, unde sibi erat origo, me tunc ad fontem Sorge mea transalpina in solitudine latitante, ut solebam; nec prius eum abiisse quam obiise cognovi, oratus a civi-bus suis, qui ad sepulturam illum sero quidem laureatum tulerant, ut memorie eius honorificum aliquod epigramma componerem», Sen. 16, 1, 73-78 a Luca da Penne, Arquà,

27 aprile 1374, in F. PetRaRca, Res Seniles. Libri

XIII-X-VI, a cura di S. Rizzo, con la collaborazione di M. Berté,

Firenze in c.s. Ringrazio Monica Berté per avermi fornito questo testo ancora in corso di stampa e per altre utilissi-me informazioni. Un accenno alla vicenda si trova anche

(18)

211 I Regia CaRminadedIcatIa RobeRtod’angIònella bRItIsh lIbRaRydI londRa

international organisé par l’American Academy in Rome, l’École Française de Rome..., Rome-Naples, 7-11 novem-bre 1995», Roma 1998, pp. 115-126.

33 Cfr. v. l

ucheRInI, Regalità e iconografia francescana nel

complesso conventuale di Santa Chiara a Napoli: il Cristo in trono della sala capitolare, «Ikon», III (2010), pp. 151-168.

34 Cfr. b

ologna, I Pittori, pp. 204-208, 211-212, 217-219;

P. leonede castRIs, Giotto a Napoli, Napoli 2006, pp. 85,

106, 108, 152, 153.

35 Cfr. É. g. l

ÉonaRd, Les Angevines de Naples, Paris 1954,

trad. it. Gli Angioini di Napoli, Milano 1987, p. 427 e ss.

36 I contributi più significativi sono quelli di F. s

axl, h.

meIeR, Catalogue of Astrological and Mythological

Illumi-nated Manuscripts of the Latin Middle Ages, 4 voll., III: Ma-nuscripts in English Libraries, London 1953, p. 195; b. de­ genhaRt, a. schmItt, Corpus der Italienischen

Zeichnun-gen 1300-1450, I, Süd-und Mittelitalien, 1, Katalog, Berlino

1968, pp. 55-58; IId., Marino Sanudo und Paolino Veneto:

Zwei Literaten des 14. Jahrhunderts in ihrer Wirkung auf Buchillustrierung und Kartographie in Venedig, Avignon und Neapel, «Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte»,

XIV (1973), pp. 1-137: 98, 100; IId., Frühe angiovinische

Buchkunst in Neapel, in Festschrift Wolfgang Braunfels,

herausgegeben von F. Piel, J. Träger, Tübingen 1977, pp. 71-92: 71, 88, n. 1; G. dallI RegolI, La miniatura, in Storia

dell’arte italiana, III.2.1, Situazioni momenti indagini. Gra-fica e Immagine. Scrittura, Miniatura, Disegno, a cura di F.

Zeri, Torino 1980, pp. 127-183: 136-137. La possibilità di rapporti con l’ambiente napoletano veniva esclusa in due righe da bologna, I pittori, p. 353, e lo riferiva a un

mi-niatore fiorentino. Sempre a un prodotto napoletano, ma con una valutazione decisamente negativa, pensavano a. ventuRI, Storia dell’arte italiana. V. La pittura del Trecento,

Milano 1907, pp. 1033-1035 e P. d’ancona, La miniature

italienne du Xe au XVIe siècle, Paris-Bruxelles 1925, pp.

45-46.

37 P. t

oesca, Storia dell’arte italiana, II, Il Trecento, Torino

1951, pp. 807-808: m. salmI, La miniatura fiorentina

me-dioevale, «Accademie e Biblioteche d’Italia», XX (1952),

pp. 8-23: 16; F. antal, La pittura fiorentina e il suo

am-biente sociale nel Trecento e nel primo Quattrocento, Torino

1960, pp. 380-381, il quale aveva già rilevato le somiglianze tra le miniature del panegirico e gli affreschi capitolini fatti eseguire da Cola di Rienzo. A Firenze come luogo di origi-ne del codice pensava anche m. RotIlI, La miniatura nella

badia di Cava. I, Lo scrittorio. I corali miniati per l’abbazia,

Cava dei Tirreni-Napoli 1976, pp. 71-72.

38 Cfr. R. o

FFneR, A Corpus of Florentine Painting. The

Fourteenth Century, New York 1956, pp. 214-216; m. boskovIts, A Corpus of Florentine Painting. The

Four-teenth Century. The Painters of the Miniaturist Tendency,

III, IX, Firenze 1984, pp. 49, 52; a. labRIola, s.v. Pacino di

Buonaguida, in Dizionario Biografico dei Miniatori Italiani. Secoli IX-XVI, a cura di M. Bollati, Milano 2004, pp.

841-843; ead., L’eredità di Giotto nella miniatura fiorentina,

in L’eredità di Giotto. Arte a Firenze 1340-1375 (cat. della mostra, Firenze, Galleria degli Uffizi, 10 giugno-2 novem-bre 2008), a cura di A. Tartuferi, Firenze 2008, pp. 67-75: 68; m. g. cIaRdI duPRÉdal Poggetto, La miniatura del

Trecento in Italia centrale, in La miniatura in Italia. I. Dal tardoantico al Trecento con riferimenti al Medio Oriente e all’Occidente europeo, a cura di A. Putaturo Donati

Mura-no, A. Perriccioli Saggese, Napoli-Città del Vaticano 2005, pp. 206-225: 217; c. scIacca, scheda n. 5, in Florence at the

Dawn of the Renaissance: Painting and Illumination, 1300– 1350 (exhibition cat., Los Angeles, Calif., The J. Paul Getty

Museum, 13 November 2012-10 February 2013), edited by C. Sciacca, Los Angeles 2012, pp. 37-42; ead., Pacino di

Buonaguida and his Workshop, ibid., pp. 285-303.

39 g. c

helazzI dInI, Osservazioni sui miniatori del

Panegiri-Brindisi. Arte, politica e culto nel Salento angioino, Roma

2013, p. 53-55, con la bibliografia precedente.

24 l. m

occIola, La presa di Napoli di Carlo III di Durazzo

nel pannello del Metropolitan Museum: nuove ipotesi, in La battaglia nel Rinascimento meridionale: moduli narrativi tra parole e immagini, a cura di G. Abbamonte, Roma 2011,

pp. 57-67.

25 a

nonImo Romano, Cronica, a cura di G. Porta, Milano

1981, p. 106.

26 Ibid. 27 Ibid., p. 107 28 P

h. sonnay, La politique artistique de Cola di Rienzo

(1313-1354), «La Revue de l’art», LV (1982), pp. 35-43.

29 Di diverso parere è Serena Romano (cfr. s. R

omano,

«Re-gio dissimilitudinis»: immagine e parola nella Roma di Cola di Rienzo, in Bilan et perspectives des Etudes médiévales en Europe, «Actes du premier Congrès européen d’étu des

médiévales, Spoleto, 27-29 mai 1993», sous la direction de J. Hamesse, Louvain-la-Neuve 1995, pp. 329-356), la quale pensa all’esistenza di un autorevole modello comune da cui ambedue le opere possano aver tratto ispirazione, indivi-duandolo, per quanto riguarda l’immagine di Roma, nella personificazione dell’Ira, tra i Vizi dipinti da Giotto nello zoccolo della cappella dell’Arena di Padova.

30 Su questi affreschi e sugli anni di Cola di Rienzo cfr.,

tra gli altri, m. mIglIo, La “Cronica” dell’Anonimo

roma-no, «Roma nel Rinascimento», VIII (1992), pp. 19-37;

Id., Anonimo Romano, in Il senso della storia nella cultura

medievale italiana (1100-1350), «Atti del XV Convegno

in-ternazionale di studi, Pistoia, 14-17 maggio 1993», a cura di G. Cherubini, E. Cristiani, Pistoia 1995, pp. 175-187; R. g. musto, Apocalypse in Rome. Cola di Rienzo and the

Politics of the New Age, Berkeley Calif. 2003; c.l. baskIns,

Trecento Rome: the Poetic and Politcs of Widowhood, in Widowhood and visual culture in early modern Europe,

ed-ited by A. Levy, Aldershot 2003, pp. 197-209, con ampia bibliografia sulle immagini delle donne dolenti e sul relati-vo conte sto storico-culturale. Cfr. inoltre, h. beltIng, The

New Role of Narrative in Public Painting of the Trecento: “Historia” and Allegory, «Studies in the History of Art»,

XVI (1985), Symposium Papers IV: Pictorial Narrative in

Antiquity and the Middle Ages, pp. 151-168.

31 Cfr., tra gli altri, F. b

ologna, I pittori alla corte angioina

di Napoli, 1266-1414 e un riesame dell’arte nell’età frideri-ciana, Roma 1969, p. 147 e ss.; J. gaRdneR, Saint Louis of

Toulouse, Robert of Anjou and Simone Martini, «Zeitschrift

für Kunstgeschichte», XXXIX (1976), pp. 12-33; k. kRü­ geR, A deo solo et a te regnum teneo. Simone Martinis

‘Lu-dwig von Toulouse’ in Neapel, in Medien der Macht. Kunst der Zeit des Anjous in Italien. Ausdrucksformen politischer Macht und ihre Rezeption, «Akten der internationalen

Tagong, Frankfurt am Main 21-23.11.1997», herausgege-ben von T. Michalsky, Berlin 2001, pp. 79-119; P. leone de castRIs, Simone Martini, Milano 2003, p. 136 e ss.; F.

aceto, Spazio ecclesiale e pale di “primitivi” in San Lorenzo

Maggiore a Napoli: dal “San Ludovico” di Simone Martini al “San Girolamo” di Colantonio. I, «Prospettiva», CXXXVII

(2010), pp. 2-50; m. gaglIone, Il San Ludovico di Simone

Martini, manifesto della santità regale angioina, «Rassegna

storica salernitana», LVIII (2012), pp. 9-125.

32 Cfr. a.t

omeI, s. Paone, Paintings and Miniatures in

Naples: Pietro Cavallini, Giotto and the Portraits of King Robert, in The Anjou Bible. A Royal Manuscript revealed. Naples 1340, edited by L. Watteeuw, J. Van der Stock,

Paris-Leuven-Walpole, MA 2010, pp. 53-71: 62 e ss.; m. m. duRan, The Politics of Art. Imaging Sovereignity in the

Anjou Bible, ibid., pp. 73-93. Cfr. anche J. gaRdneR,

Se-ated Kings, Sea-faring Saints and Heraldry: Some Themes in Angevin iconograpiy, in L’État Angevin: pouvoir, cultu-re et société entcultu-re XIIIe et XIVe siècle, «Actes du colloque

(19)

212

AlessAndro Tomei

più tarda, cfr. in particolare l. endeRleIn, Die

Gründungs-geschichte der “Incoronata” in Neapel, «Römisches

Jahrbu-ch der Bibliotheca Hertziana», XXXI (1996), pp. 15-46; P. vItolo, La chiesa della regina: l’Incoronata di Napoli,

Gio-vanna I d’Angió e Roberto di Oderisio, Roma 2008; ead., La

chiesa dell’Incoronata a Napoli: genesi, funzione, significato,

in Santa Brigida, pp. 131-151. Per un riepilogo della que-stione cfr. Paone, Giotto a Napoli, pp. 179-195: 187-188.

44 o. P

ächt, Early Italian nature studies and the early

ca-lendar landscape, «Journal of the Warburg and Courtauld

Institutes», XIII (1950), 1-2, pp. 13-47, le cui osservazio-ni sono condivise da e. castelnuovo, Un pittore italiano

alla corte di Avignone. Matteo Giovannetti e la pittura in Provenza nel secolo XIV, Torino 1962 (2a ed. 1991), pp.

45-46.

45 ibid., p. 38 e ss. e passim; cfr. inoltre, I

d., La pittura di

Avi-gnone capitale, in Roma, Napoli, AviAvi-gnone. Arte di Curia, arte di corte, 1300-1377, a cura di A. Tomei, Torino 1996,

pp. 55-91.

46 Sulla miniatura prodotta ad Avignone nel corso del

Tre-cento cfr. F. manzaRI, La miniatura ad Avignone al tempo

dei papi. 1310-1410, Modena 2006.

47 Cfr., tra gli altri, m. R

otIlI, Miniatura francese a

Napo-li, Roma 1968; F. avRIl, Un atelier «picard» à la Cour des

Angevines de Naples, in «Nobile claret opus». Festgabe für E.J. Beer, «Zeitschrift für Schweizerische Archäologie und

Kunstgeschichte», XLIII (1986), 1, pp. 76-85; a. PutatuRo

muRano donatI, Miniature francesi del Duecento e del

Tre-cento alla Biblioteca Nazionale di Napoli, «Rivista di Storia

della miniatura», II (1998), pp. 59-68; a. PeRRIccIolI sag­ gese, Viaggi di codici, viaggi di artisti: alcuni casi verificatisi a

Napoli tra Duecento e Trecento, in Le vie del Medioevo, «Atti

del Convegno internazionale di studi, Parma, 28 settem-bre-1 ottobre 1998», a cura di A.C. Quintavalle, Milano 2000, pp. 388-396; b. cassIdy, An Image of King Robert of

Naples in a Franco-Italian Manuscript in Dublin, «The

Bur-lington Magazine», CXLVIII (2006), 1234, pp. 31-33.

48 Per le illustrazioni del manoscritto si veda The Anjou

Bible.

49 a. P

eRRIccIolI saggese, Gli Statuti dell’Ordine dello

Spi-rito Santo o del Nodo. Immagine e ideologia del potere regio a Napoli alla metà del Trecento, in Medioevo: immagini e ideologie, «Atti del Convegno internazionale di Studi,

Par-ma, 23-27 settembre 2002», a cura di A.C. Quintavalle, Milano 2005, pp. 519-524; bRäm, Zeremoniell und

Ideolo-gie, pp. 45-92. co di Roberto d’Angiò, in Scritti di storia dell’arte in onore di

Ugo Procacci, a cura di M.G. Ciardi Dupré dal Poggetto, I,

Firenze 1977, pp. 140-145; m. cIattI. Le miniature, in

Re-gia Carmina dedicati, pp. 15-32; Id., Le miniature dei Regia

Carmina, «Itinerari», VI (1993), pp. 9-19.

40 Alcune interessanti osservazioni si trovano nel già

ricor-dato lavoro di degenhaRt, schmItt, Marino Sanudo, pp.

74-75; in particolare sono da considerare ancora in par-te convincenti i confronti tra il panegirico londinese e la

Chronologia magna di Paolino Veneto (Parigi, Bibliothèque

nationale de France, ms. lat. 4939), per contestualizzare il primo nell’ambito del milieu dell’illustrazione libraria tra Avignone e Napoli.

41 Su questo manoscritto si vedano i recenti interventi di

m. besseyRe, Bible moralisée en français, scheda n. 133, in

Giotto e il Trecento. Il più sovrano maestro stato in dipin-tura (cat. della mostra, Roma, Complesso del Vittoriano,

6 marzo-29 giugno 2009), a cura di A. Tomei, 2 voll., Mi-lano 2009, pp. 298-299; ead., Bible moralisée en français,

in Giotto e compagni (cat. de l’exposition, Paris, Musée du Louvre, 18 avril-15 juillet 2013), sous la direction de D. Thiébaut, Paris-Milano 2013, scheda n. 30, pp. 208-213 (con la bibliografia precedente); cfr. inoltre F. manzaRI, La

miniatura nel secolo di Giotto, in Giotto e il Trecento. Il più sovrano maestro, pp. 271-289, che propone una datazione

intorno al 1360. Per una datazione più alta, agli anni cin-quanta, propendono bologna, I pittori, p. 315; P. leone de castRIs, Arte di corte nella Napoli angioina, Firenze

1986, p. 415; Id., Giotto a Napoli, pp. 161-162.

42 Sulla vicenda critica di questi problematici complessi

affrescati cfr. la sintesi di s. Paone, Giotto a Napoli. Un

percorso indiziario tra fonti collaboratori e seguaci, in Giotto e il Trecento. Il più sovrano maestro, pp. 179-195: 187 e ss.

(con la bibliografia precedente).

43 Non è questa la sede per affrontare la controversa

vicen-da relativa alla vicen-datazione degli affreschi dell’Incoronata, attribuiti a Roberto d’Oderisio, la cui esecuzione oscilla, a seconda delle diverse proposte, tra l’inizio degli anni cin-quanta e i primi anni settanta. Sostengono la datazione alta in particolare bologna, I pittori, p. 293; leonede castRIs,

Giotto a Napoli, p. 204 e ss. e passim; Id., Roberto

d’Ode-risio e Giovanna I: problemi di cronologia, in Santa Brigida, Napoli, l’Italia «Atti del convegno di studi italo-svedese,

Santa Maria Capua Vetere, 10-11 maggio 2006», a cura di O. Ferme, A. Perriccioli Saggese, M. Rotili, Napoli 2009, pp. 35-60 (con la bibliografia precedente). Per la datazione

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Alessandro Tomei

The manuscript of The Regia Carmina held by the British Library (Royal 6 E IX) contains an address of the city of Prato in Tuscany to Robert of Anjou, king of Naples. Perhaps the manuscript is not the original but a copy writ-ten some time later. Every now and then the very particular illumination (quite an unicum)

has been attributed to a Tuscan or a Neapolitan artist. The aim of this paper is to demonstrate the Neapolitan origin of the manuscript con-taining easily recognizable elements that link it to the artistic production connected with the papal court in Avignon around the middle of the 14th century.

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