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Academic year: 2021

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Orinazioni

Qualche giorno addietro (per la cronaca era il 4 maggio del 2010) ci siamo ritrovati a leggere la pagina degli spettacoli (pag. 45) del quotidiano “Corriere della Sera” in cui veniva annunciato il film-documento di Sabina Guzzanti prossimo alla presentazione al Festival di Cannes.

Il titolo, Draquila (l’Italia che trema), suggerito alla regista dagli amici assidui del suo blog, rifacendosi al più famoso “succhiatore di sangue” tentava di mettere in evidenza l’aggressione che la città dell’Aquila ha subito non tanto dal terremoto dell’aprile del 2009 quanto dagli sciacalli del dopo-terremoto, non tanto dalla natura

beffarda quanto dalla beffata avidità umana. L’articolo era accompagnato da un paio di foto ed in una era rappresentata una “nostra vecchia conoscenza”, un’amica di sempre che, dai primi giorni del terremoto, si è attivata affinchè il mondo intero non fosse tenuto all’oscuro del dramma della sua città, di una città voluta e costruita per nascondere agli occhi avidi del potere segreti antichi e moderne bellezze.

Ciò che ci colpiva, però, non era la notizia dell’uscita del film; tanto meno la foto per quello che rappresentava. Noi sapevamo che, la ragazza della foto, in quel terremoto aveva ipotecato tutta la sua vita; la ragazza della foto aveva raccolto ogni attimo del dopo-terremoto per ricordare chi maledire, chi ricordare nei suoi giorni futuri.

E ci colpiva la sua risata, il suo modo di giocare con la “carriola” simbolo della riscossa aquilana, il suo gridare a tutti che, in quei giorni, sarebbero state meglio tante “fesserie credibili” invece di “verità poco plausibili”.

Il suo modo di ridere, al pari della “carriola”, rappresentava la vera schismogenesi in cui la provocazione continua “dell’altro”, del nemico annullava qualsiasi manifestazione di mitopoiesi che “l’altro” avrebbe voluto mettere in atto nel tentativo di idealizzazione della propria persona.

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Di fatto, l’immagine stessa, è diventata una “opinion leader” senza volerlo essere, senza conoscere i modelli di eccellenza di Gambol o la formazione apparente di Boldizzoni.

Ormai convinti della necessità di articolare definitivamente soluzioni legate alla Questione Morale sollevata da Enrico Berlinguer e di approfittare dei “vuoti di potere” resi visibili dalla Tangentopoli ci si continuava a barcamenare tra ciò che era moralmente giusto, legalmente giusto, eticamente giusto dimenticando che ciò che è veramente giusto è l’espressione della volontà della gente, di chi vive nelle sconcezze provocate e non volute, pagando di nuovo tutto quello che era stato già pagato in anticipo.

E’ una risata che ci rapisce, che ci racconta molte cose ma è, anche, una risata che dovrebbe preoccupare chi pensa di speculare ancora fregandosene delle “carriole” che vigilano attente e premurose, che sanno aspettare con la dignità che il mondo invidia, che hanno fatto diventare il simbolo di un lavoro semplice e umile lo stemma di un partito eterno.

La risata, come la “carriola”, è il ricordo di tutto ciò che non esiste più; è la forza che preme nel petto di ogni aquilano; è la raffica di sentimenti che ricostruisce nei cieli dei pensieri spariti i nomi di tutte le persone che il terremoto lo hanno potuto solo subire e non raccontare.

Abbiamo il dovere, per loro, di affidare alla Storia la memoria attuale lasciata sopravvivere alle schegge del tempo impietoso.

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