• Non ci sono risultati.

Oltre lo specchio: la realtà del sogno nel cinema di Kon Satoshi

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Oltre lo specchio: la realtà del sogno nel cinema di Kon Satoshi"

Copied!
139
0
0

Testo completo

(1)

Corso di Laurea magistrale

in Lingue e Culture dell

’Asia Orientale

Tesi di Laurea

Oltre lo specchio: la realtà del

sogno nel cinema di Kon Satoshi

Relatore

Ch. Prof. Maria Roberta Novielli Correlatore

Prof. Paola Scrolavezza Laureando

Francesca Boi Matricola 813882 Anno Accademico 2012 / 2013

(2)

要旨

 数年前、着物の姿で走っている女の子が描かれたカバーの付いた 映画の DVD を偶然見つけた。それが何だかははっきり分からなかっ たが、シネマと日本の伝統という自分の一番好きなものであったの で直ちに魅了され、買わずにはいられなかった。その DVD は『千年 女優』という今敏の監督第二作目である。  『千年女優』を観た後、その監督についてさらに知りたくなり、 今敏のあらゆる作品を集めるほど興味を持つようになった。彼の作 品はアニメであっても、SF やスリラーなどテイストが強く、子供 向けではなく大人向けの映画であるという感じがした。更に、それ ぞれの作品からは独特の印象を受けつつも、何か共通点があるよう な気がした。そしてそれについてもっと研究していきたかった為、 卒業論文として選ぶことになった。  以下に、今敏監督についてのイントロダクションを述べていきた いと思う。  今敏は 1963 年 10 月 12 日に札幌市で生まれ、子供時代を札幌市 と北海道東部の釧路市で過ごした。幼い頃から漫画に興味を持ち、 主に大友克洋や筒井康隆などの作品をよく読んでいた。1主に筒井 の短編小説に影響を受け「イマジネーションと現実との融合」を自 身のテーマとし漫画を描き始めた。2

1 今敏のインタビュー、Perfect Blue Site、1998 年 9 月 4 日、http://www.perfectblue.com/interview.html(2013 年 12 月 27 日).

(3)

 高校卒業後、武蔵野美術大学に進学し、1984 年に『虜 -とりこ -』という作品でちばてつや賞(ヤング部門)の優秀新人賞を受賞 し、漫画家としてデビューした。3それがきっかけで、大友克洋の アシスタントとして働くことになった。  大友と協同で、1991 年に大友の映画を漫画化した『ワールドア パートメントホラー』や『老人 Z』というアニメの製作に携わった。 また、1993 年にも押井守監督の『機動警察パトレイバー 2 The Movie』など、様々なアニメの製作に関わった。  更に大友監修の『MEMORIES/彼女の思い出』というオムニバス作 品に脚本・美術設定・レイアウトで携わり、ここに「イマジネー ションと現実との融合」という概念を取り入れたのであった。4  1997 年に竹内義和原作の『PERFECT BLUE』で監督デビューをか ざった。これは、大友監督に丸山正雄というアニメーション企業、 マッドハウスの社長に紹介されたことがきっかけであったという。 5 丸山正雄の話では今敏の作品に魅力され、それまで監督としての キャリアがないにもかかわらず、彼を起用しようと思ったようであ る。また、任せられた『パーフェクトブルー』の企画はあまりにも アニメ的ではなく、普通のアニメのようにはしたくなかったため、 アニメ的な作風ではない今敏を選ぶことになったようである。6  『パーフェクトブルー』の後もマッドハウスと一共に作品をつく

3 今敏のインタビュー、Anime News Network、2008 年 8 月 21 日、

http://www.animenewsnetwork.com/interview/2008-08-21/satoshi-kon(2013 年 12 月 29 日).

4 DVD MEMORIES エキストラコンテンツのインタビュー.

5 今敏のインタビュー、Tokyopop, 2007 年 4 月 25 日、

http://web.archive.org/web/20100828152450/http://www.tokyopop.com/Robofish/tp_article/688419.html(2014 年 1 月 12 日).

(4)

り続け、2002 年には『千年女優』、2003 年には『東京ゴッド ファーザーズ』、2006 年には『パプリカ』を監督した。また、 2004 年に初の TV シリーズ『妄想代理人』、2007 年には押井守や新 海誠と共に、NHK 製作の短編アニメシリーズに携わり、『オハヨ ウ』という 1 分間の短編作品を発表した。  しかし 2010 年に『夢みる機会』という次回作に着手したものの、 5 月に膵臓癌と診断され、未完の作品を残し、8 月 24 日に死亡した。 7  前述のとおり、今敏の作品にあるライトモチーフは「イマジネー ションと現実との融合」とである。これは今敏の特徴でありながら も、全ての作品の中で同じように描かれてはいないのである。逆に、 それぞれの作品でユニークな方法で表現されている。このようにす ると、「アニメは子供向け」というレッテルが剥がされたのである。  本論ではファンタジー、主に夢と現実とはどういう関係があるか という問題について研究していく。『パーフェクトブルー』と『千 年女優』と『パプリカ』という作品を一章に一本ずつ紹介していく。 まず、それぞれの創作手順についての情報を提供する。それから、 おおまかな粗筋を説明する。最後にファンタジーと現実との関係は どのように描かれているかと分析していきたいと思う。  今敏監督の作品の主人公は常に女性であり、皆が幻想と現実との 融合の犠牲者になってしまう。そのため、夢見るような状態に陥り、 どこからがファンタジーかどこからが現実かが無意識のうちに見分

(5)

日記事内容、http://konstone.s-けられなくなる。作品のヒロインの共通点を提示してから、最後の 第 4 章になぜそれらの冒険の主人公として女性が選ばれたのかを分 析していく。それから、紹介した作品にあるシネマなどの交通の要 素を提示する。その要素もファンタジーや夢との関係もあろうか。 それぞれの作品でどのような描き方があるのかに従い、その関係に ついて研究していきたいと思う。

(6)

INDICE

INTRODUZIONE...3

PERFECT BLUE...8

– Trama...11

– Il sogno come incubo...14

MILLENNIUM ACTRESS...30

– Trama...36

– Il sogno come ricordo d’amore...39

PAPRIKA...53

– Trama...58

– Il sogno come terapia...60

APPENDICE I – ELEMENTI RICORRENTI NELLE OPERE DI KON...75 – Media...75 – Bambole...81 – Specchi...83 – Cinema...86 – Personaggi femminili...90 – Sogno e realtà...92

(7)

APPENDICE II – IMMAGINI...98

BIBLIOGRAFIA...117

FILMOGRAFIA...124

ELENCO OPERE DI KON...128

(8)

INTRODUZIONE

Qualche anno fa in una videoteca mi sono imbattuta in un DVD sulla cui copertina era presente il disegno di una ragazza in kimono che correva, incorniciata da primi piani della stessa donna abbigliata con i costumi più disparati – geisha, ninja, astronauta, tra gli altri – . Nonostante non avessi capito bene di cosa si trattasse, rimasi alquanto affascinata sia dai disegni sia dal titolo, che rappresentavano nell’insieme un omaggio al cinema. Si trattava del DVD di Millennium Actress1, seconda opera di animazione

diretta da Kon Satoshi, regista a me ancora sconosciuto, ma che presto avrei amato e seguito con passione. Recuperate le opere precedenti e visionato anche quello che sarebbe stato il suo ultimo lavoro portato a conclusione – il film Paprika (2006) ottenne un’eco internazionale grazie alla presentazione alla 63a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia –, mi fu chiaro che Kon fosse un regista innovativo all’interno del panorama dell’animazione e, rapita dalla sua originalità, decisi di renderlo l’oggetto della mia tesi di laurea.

Kon Satoshi nasce a Sapporo, il 12 ottobre 1963. Dall'età di 4 anni si trasferisce a Kuroshi per poi tornare a Sapporo a distanza di pochi anni e continuare a fare spola tra le due città dell'Hokkaido. Appassionato di manga, passa la sua infanzia e adolescenza immerso nella lettura delle opere di Otomo Katshiro, ma anche dello scrittore di fantascienza Tsutsui Yasutaka.2 Quest'ultimo in particolare avrà un'enorme influenza su Kon, il

1 Titolo originale Sennen joyu, 2002.

2 Intervista a Kon Satoshi, Perfect Blue Site, 4 settembre 1998, in http://www.perfectblue.com/interview.html (27 dicembre 2013).

(9)

quale inizierà a creare le sue storie con quello che in seguito diverrà il suo marchio di fabbrica, ovvero il tema del "mischiarsi tra fantasia e realtà".3 Dopo il diploma superiore, prosegue gli studi presso la Musashino Art University di Tokyo e nel 1984 riceve un premio come scrittore emergente per la sua opera prima Toriko, che segnerà il suo debutto come mangaka e come assistente di Otomo Katsuhiro.4

La collaborazione con Otomo prosegue in altri lavori, come ad esempio il manga Warudo Apatomento Hora (World Apartment Horror5, 1991),

oppure l'anime Rojin Z (1991). Nel 1993 collabora anche alla creazione di

Patlabor 2 - The movie, anime diretto da Oshii Mamoru.

Nello stesso periodo viene nuovamente scelto da Otomo per la sceneggiatura, la direzione artistica e il layout del primo episodio

dell'opera composta Memorizu (Memories), intitolato Kanojo no omoide (Magnetic Rose) e diretto da Koji Moromoto.6

Fu questa l'opportunità per essere scelto, nel 1997, come regista di Perfect

Blue, tratto dall'omonimo romanzo di Takeuchi Yoshikazu. Infatti Otomo,

avendo trovato in Kon un eccellente sceneggiatore e animatore, lo propose per la regia dell’anime al direttore dello studio Madhouse, Maruyama Masao7. Quest’ultimo racconta di come fosse rimasto colpito dai pur pochi lavori precedenti di Kon e che perciò lo scelse nonostante fosse alla prima esperienza di regia8. Maruyama riferisce anche di aver pensato di porre alla

3 “哀惜今敏さん(アニメーション映画監督、8 月 24 日死去、46 歳) - 名声得ても釧路に愛着”,

Hokkaido Shinbun, n.6, 25 settembre 2010.

4 Intervista a Kon Satoshi, Anime News Network, 21 agosto 2008, in

http://www.animenewsnetwork.com/interview/2008-08-21/satoshi-kon (29 dicembre 2013). 5 Questa la trasposizione in manga dell’omonimo film live action ad opera dello stesso Otomo. 6 DVD MEMORIES, Intervista nei contenuti extra.

7 Intervista di Bill AGUIAR a Kon Satoshi, Tokyopop, 25 aprile 2007, in

http://web.archive.org/web/20100828152450/http://www.tokyopop.com/Robofish/tp_article/688419.html (12 gennaio 2014).

(10)

regia qualcuno che non avesse mai diretto un anime, in modo tale da rendere il lavoro più simile a una pellicola live action.

A Perfect Blue seguirono, creati da Kon sempre assieme allo studio

Madhouse, gli anime Sennen joyu, Tokyo Goddofazazu (Tokyo Godfathers, 2003) e Paprika. Inoltre, nel 2004 la serie TV Moso dairinin (Paranoia

Agent) e nel 2007 la trasmissione da parte della NHK di un cortometraggio

lungo un minuto intitolato Ohayo (Buongiorno), diretto da Oshii Mamoru e Shinkai Makoto.

Successivamente, inizia a ideare l’opera intitolata Yumemiru Kikai (La

macchina dei sogni), ma nel maggio del 2010 gli viene diagnosticato un

tumore incurabile al pancreas, a causa del quale scompare nell'agosto dello stesso anno, lasciando incompiuto il lavoro.9

Il leitmotiv all’interno delle sue opere consiste in un costante riferimento ai sogni o all’irrazionalità della mente, grazie al suo frequente intrecciarsi e confondersi con la realtà, rendendo talora impossibile discernere i due mondi.

Tema ricorrente nelle opere di Kon, il sogno viene sovente affrontato da un punto di vista femminile: da sempre considerate esseri irrazionali e per tale motivo più adeguate a subire i moti dello spirito e della mente, le donne sono le vittime di situazioni nelle quali il confine tra illusione e realtà è talmente labile da fondere i due mondi l’uno nell’altro – talvolta fino a capovolgersi –. Le protagoniste sono al contempo le uniche in grado di affrontare simili situazioni, vivendole come un sogno al limite di quella che è considerata la “normalità” dello stato mentale. Stabiliti i punti

9 Kon Satoshi blog KON'S TONE, 25 agosto 2010, in http://konstone.s-kon.net/modules/notebook/archives/565 (12 gennaio 2014).

(11)

comuni ad esse, analizzerò le motivazioni della scelta di Kon di porre sempre le donne a capo delle sue avventure.

Prendendo quindi in esame alcune delle pellicole di Kon Satoshi – Perfect

Blue (1997), Sennen joyu e Paprika –, mi propongo di condurre un’analisi

della rappresentazione del tema dell’onirico presente, seppure in diverse forme, in ognuna di esse: se la protagonista di Perfect Blue vive un “incubo a occhi aperti”, ossessionata dalla definizione della propria identità, per l’attrice al centro di Sennen joyu il sogno coincide con un vortice di ricordi e di emozioni; infine, in Paprika la dimensione onirica è il territorio in cui si sbrogliano le psicopatologie umane e si può

ripristinare l’ordine.

I primi tre capitoli della tesi sono dedicati a ciascuna delle opere appena presentate. Per ognuna di esse vengono fornite alcune informazioni

introduttive sulla sua lavorazione; dopo averne esposto sommariamente le trame, approfondirò l’analisi dei contenuti generali e, quando necessario, specifici di determinate scene.

Nel capitolo conclusivo, mi propongo di stilare una serie di elementi comuni e costanti delle varie opere, con eventuali riferimenti ad altri lavori diretti da Kon Satoshi, che non hanno trovato spazio pari agli altri

all’interno della tesi, ma che possono essere utili al raggiungimento dell’obiettivo. Quest’ultimo è delineare i vari aspetti rappresentativi del cinema di Kon, a partire dai principali temi che accomunano le tre opere prese in esame. Nello specifico, il fine è mostrare come l’approccio del regista al mondo dei sogni ponga diversi interrogativi sulla natura

(12)

Tuttavia, il sogno non è il solo tema ricorrente nelle pellicole di Kon Satoshi: una serie di ulteriori elementi viene utilizzata allo scopo di corroborare l’idea del mondo come in costante rapporto/contrasto tra illusione e realtà, individuo e società, fantasia e conformismo. Tra i vari elementi, quello che più di tutti ricorre nei lungometraggi presi in esame è il mondo del cinema, amore e passione dell’autore. Diversi sono infatti i riferimenti che rivolge a opere letterarie, ma soprattutto a quelle

cinematografiche, di cui il regista arricchisce le sue storie. Mi propongo qui di identificare tali riferimenti e di analizzarli alla luce di una possibile relazione tra sogno e cinema.

Presentando entrambi come mondi nei quali incanalare i propri desideri, oppure come specchi che offrono molteplici rappresentazioni della realtà, il regista trascina lo spettatore nel carosello di situazioni in cui gli stessi personaggi rimangono invischiati.

Proprio attraverso essi, sarà evidente come il sogno non sia altro che illusione e, in quanto tale, le eroine si lasciano assorbire in un febbricitante incubo a occhi aperti, un appassionante tuffo nei ricordi distorti dal passare del tempo e dalle emozioni, oppure in una spasmodica investigazione nei meandri della mente. Tuttavia le avventure affrontate nelle pellicole

avranno infine valore catartico e rivelatore, permettendo alle protagoniste di comprendere chi siano davvero e su come quella riflessa nello specchio sia la loro vera immagine.

(13)

PERFECT BLUE

パーフェクトブルー

Pafekuto Buru

Tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore Takeuchi Yoshikazu, in principio il film venne programmato come un live action. Tuttavia, a seguito del grande terremoto di Kobe del 1995 che distrusse gli studi di produzione, la trasposizione cinematografica fu ripensata a favore di una versione animata. Otomo Katsuhiro, già nome di spicco nell’animazione nipponica e consacrato grazie alla versione animata del suo Akira10, si

trovò a collaborare con Kon in varie occasioni e lo propose per la regia di

Perfect Blue. Il debutto registico di Kon, nonché parte del successo di pubblico dell’anime, dovettero quindi molto all’influenza di Otomo, il cui nome venne anche inserito nei credits come supervisore del progetto.

La sceneggiatura, scritta a quattro mani da Kon e da colui che sarebbe diventato in seguito il suo migliore co-sceneggiatore Murai Sadayuki – scrissero insieme anche la sceneggiatura per la successiva opera Sennen

joyu –, si discostava dall’opera originale: come dichiarato dal regista in più

interviste, la sceneggiatura non lo convinceva totalmente e si disse disposto a lavorare a condizione di poterla rielaborare. Ottenuto il consenso dalla Madhouse (assieme alla casa di produzione Rex

Entertainment), a Kon venne però chiesto di tenere a mente tre parole

10 Il manga risale al 1982, mentre l’omonimo anime venne distribuito nel 1988. Kon ammette la sua immensa passione per i lavori di Otomo, soprattutto quest’ultimo e Domu (1980), nell’intervista contenuta nel sito di Perfect

(14)

chiave: idol11, horror e stalker12. Kon accettò la sfida e decise di porre all’interno della storia l’elemento che fu forse la chiave più intrigante del film: inserì infatti una storia nella storia, facendo recitare la protagonista nel drama13 dal titolo Doppio Legame. Così facendo la trama, costruita

secondo uno schema di scatole cinesi, avrebbe accresciuto quel senso di confusione che trascina la protagonista (e lo spettatore con lei) nel vortice di eventi, sospesi tra realtà e onirismo.

L’utilizzo di un simile escamotage presentò un vero punto di frattura e di svolta nel modo di concepire gli anime, sia su territorio nazionale che oltreoceano: l’animazione infatti era sempre stata relegata alla sfera infantile e proprio per questo motivo considerata arte minore; ogni

tentativo di elevare al rango di genere cinematografico degno di rispetto pari agli altri ad opera di alcuni autori (cito a titolo esemplificativo uno dei pochi celebri in Occidente, ovvero Miyazaki Hayao), non era bastato a far sì che l’animazione si scrollasse di dosso l’etichetta di “film per bambini”. Inoltre, benché il panorama degli anime avesse sempre pescato all’interno di una sterminata gamma di temi per raccontare le sue storie, alcuni più di altri riscuotevano particolare successo: mi riferisco agli anime rivolti alle ragazze (i cosiddetti shojo anime). Per citarne alcuni, possiamo annoverare i più conosciuti Kyandi Kyandi (Candy Candy, 1976-1979, Igarashi

Yumiko e Mizuki Kyoko) oppure, per citarne di più recenti, Bishojo senshi

sera mun (Sailor Moon, 1992-1997, Takeuchi Naoko). Oltre ad essi, si

11 Nella cultura pop giapponese indica un personaggio del mondo dello spettacolo dal look fresco e carino – termine traducibile in giapponese con kawaii – ad uso, consumo e in certi casi ossessione dei giovani.

12 Tom MES, intervista a Satoshi Kon per il sito Midnight Eye, 11 febbraio 2002, in www.midnighteye.com/interviews/satoshi-kon/, 28 settembre 2013.

13 Con questo termine si indicano le serie televisive giapponesi, solitamente della durata di venti minuti e appartenenti ai generi più disparati, dalla commedia al thriller.

(15)

afferma un altro filone di notevole successo quello della fantascienza e nello specifico le serie che raccontano di enormi mecha14 corpi comandati

da ragazzini, come nel celebre Majinga Z (Mazinga Z, 1972-74, Nagai Go), oppure nell’altrettanto conosciuto Shin seiki evangerion (Neon

Genesis Evangelion (NGE), 1995-96, Anno Hideaki). Lo stesso Kon

commenta: “In manga, we have many, many different genres, from

children’s comics to material drawn exclusively for adults – there’s an infinite variety of subjects and genres. But it seemed to me that anime was almost nothing but science fiction robots and beautiful little girls, and it just gets boring after a while. […] That’s why I tried deliberately to handle Perfect Blue from a different point of view.”15 A tale proposito è indicativa l’illusoria scena iniziale di Perfect Blue, dove un trio di supereroi – che portano alla memoria i mitici Power Rangers16 – sono alle prese con un oscuro e mascherato nemico. Questo però si rivela essere uno spettacolo di intrattenimento che apre il concerto della protagonista del film, quasi a voler avvertire lo spettatore che non è il genere di film che egli si aspetta di vedere. Nonostante alcuni generi – come gli hentai – avessero già un

nutrito seguito di cultori maturi, la risposta da parte del pubblico adulto era ancora molto condizionata dallo stereotipo che i film di animazione

fossero rivolti al pubblico infantile.

Tuttavia Perfect Blue riuscì a slegarsi da tale visione limitata: l’eco

14 Termine questo derivante dall’inglese “mechanical” e che generalmente fa riferimento a quel filone della

fantascienza di cui sono protagonisti mastodontici corpi meccanici comandati da esseri umani, o nel quale troviamo androidi, ovvero robot antropomorfi, talvolta parzialmente umani.

15 KON Satoshi, intervista per il sito Perfect Blue, 4 settembre 1998, in http://www.perfectblue.com/interview.html, 13 gennaio 2014.

16 Si tratta di una serie di supereroi in tute e caschi colorati che combattono le forze aliene col desiderio di conquistare il mondo. Creata in Giappone a metà degli anni Settanta con il titolo Supa sentai shirizu (スーパー戦隊シリーズ) e che ancora oggi va in onda, il format è stato poi acquistato dagli Stati Uniti, che a metà degli anni Novanta hanno fatto conoscere questi eroi mascherati al resto del mondo.

(16)

positiva nei confronti dell’opera fu uno dei fattori che indicano un cambio di rotta dell’animazione. Quest’ultima iniziò a essere vista sotto una nuova luce e ciò diede il via a un maggiore rispetto da parte degli spettatori e della critica verso genere, oltre a un più consapevole giudizio nei suoi confronti. Ritengo opportuno precisare che l’intento di Kon non era quello di rivolgere l’opera al solo pubblico adulto, quanto piuttosto di estendere il

target e creare così un’opera apprezzabile e comprensibile da tutti. Benché

inizialmente Otomo non ne era molto convinto, si ricredette presto sulle originali scelte del suo pupillo17.

Perfect Blue venne quindi distribuito nel 1997 e riscosse subito un

discreto successo. Nel frattempo l’autore del romanzo Takeuchi decise di riscriverlo con alcune modifiche e lo rinominò aggiungendo il sottotitolo

Yume nara samete (ovvero “Se è un sogno, svegliatemi”, come il

precedente, inedito in Italia), dal quale nel 2002 nacque una trasposizione cinematografica live action, per la regia di Sato Toshiki.

Trama

“Meglio svegliarsi da questo sogno”18

Mima Kirigoe, in arte Mima Rin, è una idol del gruppo j-pop (contrazione

del termine “japan pop”, la musica leggera nipponica) delle CHAM. Nonostante il discreto successo riscosso, il futuro professionale di Mima sta per cambiare: i suoi due manager, ovvero lo speculatore opportunista Tadokoro e l’ex idol Rumi, stanno discutendo se sia meglio far proseguire

17 Intervista privata concessa da Maruyama Masao, Tokyo, 27 giugno 2013. 18 “早く夢から覚めなさい。”, Eri, Perfect Blue, min. 63:30.

(17)

alla giovane la carriera di cantante oppure interromperla per far sì che si dedichi a una nuova carriera come attrice. Giunti a una decisione senza tener conto dell’opinione della ragazza, le impongono di lasciare il gruppo; Mima comunica quindi tale verdetto durante il suo ultimo concerto,

lasciando nello sconforto i suoi ammiratori, tra i quali spicca un pallido e grottesco ragazzo.

Mima inizia così la sua nuova vita di attrice recitando in un drama intitolato Doppio Legame, in cui la psichiatra Asamiya e il detective Yamashiro indagano su di una serie di efferati omicidi, condotti in una modalità simile a quella del killer di The silence of the Lambs (Il silenzio

degli innocenti, 1991, Jonathan Demme). La parte di Mima nel drama è

quella di Yoko, sorella di una delle vittime; inizialmente le vengono affidate solo poche battute, ma tra le insistenze di Tadokoro con lo

sceneggiatore della serie Shibuya, il suo personaggio nel corso della storia acquista sempre più spazio.

Nel frattempo, alcuni misteriosi accadimenti iniziano a susseguirsi: Mima riceve diverse minacce, sia tramite un messaggio via fax che la accusa di essere una traditrice, sia tramite una lettera bomba anonima (che però colpisce Tadokoro, ferendolo in maniera non grave). Inoltre, la

protagonista scopre l'esistenza di un sito internet chiamato “La stanza di Mima” in cui le sue giornate vengono descritte con maniacale e

inquietante dovizia di particolari.

Tuttavia la carriera di attrice sembra proseguire senza intoppi, finché la ragazza non deve interpretare una scena di stupro di gruppo: lo sconcerto di Rumi, così come quello di alcuni fan di Mima, non sembrano

(18)

preoccupare la ragazza, che con spirito indefesso si cimenta anche in questa dura prova. Ciononostante, la ragazza ne rimane molto scossa: si è vista strappata per sempre dall’immagine candida e innocente dell’idol a favore di una più sexy, spregiudicata e disinvolta Lo shock, aumentato dal fatto di essere stata costretta suo malgrado ad interpretare la scena di

stupro, fa quindi vacillare molte delle certezze della ragazza: sente di aver tradito se stessa e il senso di colpa, manifestatosi nel suo io in vesti da idol, comincia a perseguitarla ripetendole quanto sia diventata sporca e indegna. Sempre più incapace di distinguere tra sogno e realtà, Mima si trova a dover combattere con un’incedente stanchezza, ingigantita dal carico di lavoro sul set, dato che la carriera di attrice prosegue sempre meglio. Le precarie condizioni fisiche e mentali della protagonista peggiorano ancora nel momento in cui alcune persone a lei più vicine – il suo agente, lo

sceneggiatore e un fotografo – vengono trovate massacrate e alcuni indizi conducono a lei. All’intricata faccenda si aggiunge un ulteriore elemento di confusione: Yoko, ovvero il personaggio che la protagonista interpreta nel drama, con il proseguire delle puntate si rivela essere la fautrice degli efferati omicidi su cui la dottoressa Asamiya e Yamashiro stanno

indagando, poiché affetta da una grave forma di personalità multipla.

Questo elemento, unito alle violente allucinazioni di cui Mima è vittima, la convince di avere lo stesso problema di Yoko e di essere la colpevole del massacro dei tre uomini. La situazione sembra districarsi solamente nel momento in cui l’inquietante ragazzo intravisto nelle scene iniziali del concerto delle CHAM e comparso in svariate altre occasioni nel corso della pellicola, si palesa a lei. È lui quindi lo stalker colpevole delle

(19)

minacce e degli omicidi avvenuti nei giorni precedenti. Egli le rivela altresì di doverla uccidere come promesso alla vera Mima, che l’aveva contattato tramite mail e gli aveva chiesto di eliminare colei che le stava rovinando l’immagine. Mima riesce a sfuggire al tentativo di omicidio e di stupro (in un necessario richiamo a quello subito per finta nella scena del

drama) colpendo quasi mortalmente l’aggressore e venendo assistita da

Rumi, che la porta a casa propria. Ripresi i sensi, Mima scopre che

l’appartamento nel quale si trova è identico al proprio e quando vede la sua manager vestita da Mima Rin capisce di essere finita nella tana del lupo: dietro tutto c’è Rumi: è lei la stalker, mentre il ragazzo era stato solo una marionetta nelle sue deliranti mani. Accusandola di aver macchiato l’onore di Mima Rin, Rumi tenta di uccidere la ragazza, in una scena di

inseguimento in bilico tra il reale e l’irreale. Questa si interrompe solo quando la donna, privata della parrucca – elemento del suo completo da

idol –, cade in confusione e si getta in mezzo alla strada dove rischia di

essere investita, ma viene tratta in salvo dalla giovane all’ultimo momento. Rinchiusa in una casa di cura, Rumi non è più in grado di ritornare alla sua personalità originaria, mentre Mima, conclusosi l’incubo, può finalmente essere sicura di chi vede riflessa nello specchio.

Il sogno come incubo

È evidente come il fulcro del film sia costituito dal rapporto tra fantasia e realtà, instaurato su svariati livelli, tessuti dal regista come un gioco tra continui parallelismi.

(20)

intreccia di continuo con quella principale e all’interno del quale la

protagonista si trova a interpretare un ruolo che va a influenzare sempre di più anche la sua vita. Infatti, man mano che proseguiamo nella storia, ci rendiamo conto di come la trama interna coincida in più punti con quella esterna. Tuttavia questa è solo l’impressione dello spettatore, consolidata volutamente dalle battute che vengono recitate dagli attori di Doppio

Legame: le frasi di Mima/Yoko sarebbero potute essere dette anche da

Mima nella realtà (“Non capisco più nulla di me stessa”, “Ho paura che

l’altra me stessa faccia qualcosa che io non voglio [...]”19), mentre molte delle battute dei detective (“L’assassino è un’illusione creata da lei [...]”20, “E se l’illusione avesse trovato qualcuno da possedere e tramite il quale

uccidere?”21), con la loro convincente razionalità, sembrano suggerire le soluzioni che scioglieranno poco a poco i vari misteri, non solo quelli del

drama.

Risulta inoltre evidente come, tra la scena dello stupro e il successivo reale tentativo di violenza da parte di Me-Mania (come lo stalker si fa chiamare nel mondo della rete), la prima abbia un ruolo fondamentale nello svolgimento della storia, diventando un segno della trasformazione dalla candida e innocente Mima Rin nella sua versione più adulta. Durante tutto il film l’idol viene intesa come attraente perché pura e candida,

mentre l’attrice coincide con un personaggio “sporco” (Mima Rin accuserà la Mima reale, aggiungendo: “D’ora in poi tu sarai il buio ed io la

19 “私…もう自分のことが分からない!”, Yoko, Perfect Blue, min. 49:20.

“先生、私怖いんです。私の知らないところでもう一人のあたしが勝手に…。”, Yoko, Ibid., min. 49:47 20 “それじゃあ…殺人鬼は彼女が作り出した幻影なんですか。”, ispettore Yamashiro, Ibid., min. 55:34 21 “でも、幻影の依代みつけたとしたら?”, dottoressa Asamiya, Ibid., min. 55:51

(21)

luce”22). Quest’ulteriore parallelismo, avviene attraverso una

rappresentazione più gaia, leggera e luminosa del primo, contrapposta a una cupa e sempre più in penombra del secondo. Nella scena della

violenza carnale potremmo anche leggere più in generale una critica alle violenze perpetrate dagli stessi manager verso gli idol cui impongono le proprie scelte. Quello appena citato non è esattamente il caso di Mima, in quanto Rumi le chiede la sua opinione sul cambiare rotta professionale e diventare attrice; sembrerebbe tuttavia che la ragazza non possa sottrarsi alla decisione presa, per non creare problemi, benché il suo desiderio sia di proseguire la carriera di cantante. La considerazione verso gli altri, in certi frangenti estremizzata fino all’annullamento di sé, è un aspetto tipico della mentalità giapponese che molte volte crea conflitti interiori nel singolo, sempre diviso fra le scelte imposte dalla società e quelle che seguono i desideri personali. L’impossibilità di decidere circa il proprio futuro

costituisce non pochi problemi nella mente di Mima: infatti, il tentativo di auto-convincimento che ciò che prova non sia la cosa giusta/vera sarà la molla che dà il via alla serie di eventi successivi.

Il parallelismo più importante tra finzione e realtà lo troviamo quindi all’interno della mente della protagonista, già dall’inizio “sdoppiata” nelle due identità della ragazza Mima Kirigoe e dell’idol Mima Rin, per poi proseguire in un ulteriore sdoppiamento nei panni della serial killer con problemi di personalità multipla Takakura Yoko (il personaggio del

drama). Nel primo caso, il fatto che ci siano due entità distinte non sarebbe

da considerarsi un impedimento, quanto piuttosto una possibilità per la

(22)

protagonista di mantenere le distanze fra lavoro e vita privata, se non fosse probabilmente per l’entusiasmo esagerato di alcuni fan nei confronti

dell’entità “inventata”. Sovente accade anche nel mondo del cinema, o piuttosto delle serie televisive, in cui un attore impersona talmente a lungo un personaggio da essere identificato con esso anche quando interpreta altre parti; i fan tendono a far coincidere le due identità, finendo talora per confondere ciò che è la sua vita reale e ciò che invece è finzione. Il

continuo utilizzo di identità traslate è qualcosa che può avvenire

quotidianamente all’interno di qualunque contesto, tuttavia nel caso del mondo dello spettacolo il confine fra lavoro e vita reale è decisamente labile. Così è anche per Mima, la quale come personaggio pubblico si trova a dover affrontare l’insistenza dei fan che vogliono morbosamente sapere ogni minuzia della sua quotidianità. L’essere seguita in ogni

momento della giornata, oppure fotografata mentre si dedica allo shopping nel tempo libero, è spesso il prezzo da pagare per la popolarità.

Maruyama racconta come l’idea della idol come protagonista si fosse rivelato un ottimo spunto per la creazione di un’atmosfera isolante e soffocante allo stesso tempo. La visione della idol come costantemente incentrata su stessa aiuta a trasmettere l’idea della solitudine provata da un personaggio famoso. Al contempo, l’essere sempre al centro

dell’attenzione crea un’inquietudine che permane anche quando la situazione viene completamente rovesciata, ovvero quando nessuno la ammira o la segue più23.

Il senso di solitudine aumenta con l’annullamento del personaggio privato a favore di quello pubblico: il momento in cui Mima trova la propria voce

(23)

registrata e caricata sul sito web a lei dedicato – per quanto ne sanno i fan, compilato da lei stessa – sembra quindi assottigliare ulteriormente la

distanza fra la Mima-idol e la sua versione nella vita reale. Lo stalker di Mima porta all’estremo questa sovrapposizione, al punto da rovesciarla: il ragazzo infatti si convince che la protagonista rappresenti solo

un’impostura e che invece la vera Mima sia la persona che compila il sito web. La sua convinzione viene ulteriormente consolidata dall’invio da parte della presunta vera Mima di mail contenenti richieste di aiuto per eliminare la sua menzognera controfigura: richieste accolte dal giovane, lusingato dalle moine rivoltegli dalla sua divina.

Ritornando alla scena dello stupro, il cambio troppo repentino e netto tra passato e presente costituisce per Mima uno shock tale da indurla a sentirsi inadeguata per la sua nuova immagine, troppo lontana dalla precedente. Inoltre, l’aver dovuto rinunciare alla sua carriera di idol e cambiare contro il proprio volere – a un certo punto assistiamo alla scena in cui il manager Tadokoro si dice disposto a cambiare totalmente l’immagine di Mima pur di farla emergere come attrice –, sulla base del senso di dovere, susciterà in lei un forte senso di squilibrio e incertezza sulla sua identità. Infine, l’aver permesso che la sua figura di idol venisse “profanata” in quel modo le provoca un forte senso di colpa verso il proprio passato, ovvero nei

confronti di Mima Rin. Per tutti i motivi sopracitati, la ragazza crea nella propria mente un’altra se stessa, che vive una vita parallela come idol, ovvero proseguendo ciò che Mima avrebbe voluto fare. Questa seconda identità, benché illusoria, diviene così la voce della sua coscienza: pronta a ricordarle ciò che lei desidera veramente e quanto ciò si discosti da quello

(24)

che invece tenta di far credere, risulta essere lo stimolo che fa poi perdere a Mima la percezione della realtà ma che, anzi, la capovolge completamente – aggiungendo il fatto che la nuova realtà di Mima come attrice si è ridotta alle scene che deve recitare sul set, all’interno di un mondo di finzione –. Il suo io, benché vesta i panni della non più esistente Mima Rin, sembra l’unica fonte di verità a cui la ragazza non vuole dare ascolto, ma dalla quale non smette di essere perseguitata.

Casualmente, le sue illusioni dell’esistenza di una seconda se stessa in versione idol come parte della propria volontà che ha acquisito sembianze concrete, viene rafforzata dalla scoperta del sito “La stanza di Mima”: qui una sedicente Mima Rin descrive in prima persona le proprie giornate e i propri pensieri in maniera talmente dettagliata da far inizialmente

sorridere, ma poi spaventare, la protagonista. La perfetta coincidenza dei suoi reali sentimenti con ciò che trova scritto nel blog, unita alla

confusione tra realtà e finzione che la porterà allo stremo nel corso della storia, le fanno sospettare veramente dell’esistenza di un altro io

indipendente da lei. Per tali ragioni, Mima arriva a non capire più quali siano le sue azioni durante il giorno e a doverle leggere sul blog. Fattore che gioca un ruolo fondamentale sull’incrinatura dell’equilibrio mentale della protagonista, in quanto ci mostra quanto l’identità sia labile se celata da un mezzo anonimo come internet. Benché Kon avesse dichiarato di essere ben poco a conoscenza del mondo della rete all’epoca della preparazione di Perfect Blue e di essersi cimentato in vista di ciò

nell’apertura di un blog24, abbiamo però l’impressione che sia consapevole

24 Tom MES, intervista a Kon Satoshi per il sito Midnight Eye, 11 febbraio 2002, in (segue nota) www.midnighteye.com/interviews/satoshi-kon/, 28 settembre 2013.

(25)

del doppio volto di internet, ritenendolo l’elemento più adatto per creare confusione nella mente della protagonista. A questo proposito, il regista commenta come la rete, malgrado sia il luogo dietro al quale celare la propria identità, possa essere allo stesso tempo anche un ambiente perfetto per l’espressione (benché, precisa, non la spiegazione) di sé25. E’ quindi utile al fine di avere una versione di Mima più vicina alla sua pubblica immagine, più di quanto non lo sia quella vera; Kon ritiene necessario avere un luogo dove una più autentica versione di Mima possa apparire26, per cui il web si rivela infine la migliore soluzione per soddisfare tutte le esigenze di copione.

Qualche anno più tardi, in un’intervista avvenuta in occasione di Paprika, Kon risponde così a una domanda riguardante il potere ambiguo e

potenzialmente pericoloso della rete: “Con la diffusione di internet, si

tende a vedere solo il suo lato negativo, come cattiva influenza verso i giovani, oppure il suo utilizzo per commettere crimini. Eppure io non credo ci sia molta differenza con quella che è la società odierna. Non credo nella visione dualistica virtuale/reale, quanto piuttosto a una realtà infusa di virtualità.”27

Una simile consapevolezza non è stata tuttavia ancora acquisita

dall’inesperta Mima, che vede internet come un semplice veicolo di verità: in una delle scene iniziali, la protagonista legge per la prima volta de “La

25 Ibid. 26 Ibid.

27 HASEGAWA, Izumi, intervista per Hollywood News Wire, 17 aprile 2007, in

http://www.hollywoodnewswire.net/pubPages/interviews/specific.php?id=237, 26 dicembre 2013. Testo originale: “ネットの普及に伴って、青少年への悪影響や無責任な誹謗中傷、犯罪に利用されるなど、ネットの不健 全な面ばかりが取り上げられますが、それらは現実といわれる社会と大差ないものだと思っています。 そもそもバーチャルとか現実といった二元論そのものを私は懐疑していますし、いい加減「バーチャル 込みの現実」が前提にされるべきではないかと思っています。”.

(26)

stanza di Mima” nella lettera di un fan; l’utilizzo di un linguaggio

informatico ancora poco conosciuto (“Anche oggi mi sono collegato alla

stanza di Mima”28), può far sì che nella mente di Mima e dello spettatore meno esperto scaturisca di primo acchito l’idea che si tratti del messaggio di un voyeur. Poco dopo, quasi come a confermare i nostri sospetti, Mima riceve una telefonata muta in cui si sente solo ansimare e subito dopo le giunge un fax che riporta la scritta “traditrice” (in riferimento al suo abbandono del gruppo CHAM). Si può leggere in tale scena un

avvertimento non solo nei confronti di quello che all’epoca è il nuovo mezzo di comunicazione, ma più in generale una critica al pericolo sotteso alla tecnologia.

Tale tecnofobia altro non è che uno strascico delle paure post atomiche radicate nell’immaginario giapponese a partire dal secondo dopoguerra. Nel tentativo di domare la natura piuttosto che comprenderla, l’Occidente è fautore di una tecnologia affascinante ma al contempo figlia di un

approccio freddo e violento, contrapposto alla visione giapponese, nella quale invece uomo e natura convivono in armonia come elementi necessari di un ordine universale. Agli occhi dei giapponesi, l’ideologia del mondo occidentale sembra voler contrastare quest’ordine, alterandolo fino a raggiungere conseguenze irrimediabili. Nonostante le incursioni

dall’esterno siano state sempre frenate e paventate da secoli di sakoku29,

esse giungono infine in maniera violenta e sconvolgente attraverso le due esplosioni atomiche. L’eco che scaturisce dai profondi sconvolgimenti di un paese messo in ginocchio dalla guerra, dalla demilitarizzazione e

28 “いつも「未麻の部屋」のぞいてるからね!”, fan, Perfect Blue, min. 09:13

29 Termine che indica il lungo periodo (dalla metà del XVII secolo alla metà del XIX) in cui il Giappone adottò una politica di quasi totale isolazionismo.

(27)

dall’occupazione delle forze alleate, non fa che aumentare il senso di sconfitta, oltre che alimentare i dubbi verso la necessità di un uso talvolta sconsiderato della scienza. Gli sconvolgimenti di quel periodo si riflettono anche all’interno della cinematografia: si dà inizio alla creazione di storie che denunciano l’uso dell’energia atomica e delle sue disastrose

conseguenze sugli esseri viventi come ad esempio Gojira (Godzilla, 1954, Honda Ishiro), da considerarsi il capostipite del fortunato filone dei kaiju

eiga30. Ad esse seguono, a partire dagli anni Settanta – con un secondo

boom negli anni Novanta, come conseguenza dell’esplosione della “bolla economica” –, le storie sui maestosi mecha eroi31: l’eccitazione per il dilagante benessere economico porta con la sua repentina conclusione conseguenze ancora più gravi, trasposte nella cinematografia d’animazione in pellicole di ambientazioni post-apocalittiche, in cui la seconda ondata di rapido e inarrestabile progresso tecnologico introduce nuove riflessioni etiche e morali sull’esagerata fiducia nelle macchine32.

Kon è quindi cosciente del potere della rete come mezzo di diffusione delle informazioni su larga scala e affida alla manager Rumi, ex idol e personaggio chiave della storia, un ruolo fondamentale in tal senso. La sua importanza non è subito evidente, poiché l’attenzione si concentra su di un ragazzo dall’aspetto pallido e vagamente deforme, fan ossessionato da Mima al punto da seguirla dovunque, consultare il suo blog, fino ad arrivare a uccidere per lei: tutto farebbe sospettare come sia lui lo stalker

30 Letteralmente “film di mostri”, il termine indica quei film in cui enormi esseri geneticamente modificati a causa degli esperimenti atomici disseminano il panico nelle città.

31 Risultato del giusto utilizzo della tecnologia poiché ideati per proteggere il pianeta (e quindi al servizio dell’uomo e della natura).

32 Per un approfondimento sulla visione della tecnologia e delle sue conseguenze nell’immaginario cinematografico giapponese, un’esauriente spiegazione viene data nel saggio METAMORFOSI - Schegge di violenza nel nuovo

(28)

della protagonista. Solo alla fine del film si rivela invece essere Rumi la reale minaccia per Mima, mentre il grottesco ragazzo altro non è che un tramite, una maschera, un burattino di Rumi/Mima Rin secondo un altro interessante gioco di specchi.

Come Mima, anche Rumi ha un ruolo multiplo da interpretare: mentre la ragazza subisce svariati sdoppiamenti fra Mima Kirigoe/Mima Rin, Mima-attrice/Mima-cantante e Mima/Yoko (sempre in contrasto tranne

quest’ultimo), anche Rumi veste ufficialmente i panni della manager e in segreto quelli della sua protetta Mima Rin. Non conosciamo il motivo del suo desiderio di farle continuare la carriera da idol al punto da

immedesimarsi in lei, ma dalle informazioni che ci vengono fornite sulla donna, veniamo a conoscenza di un passato come idol. Non è perciò improbabile che avesse riposto tutte le sue speranze in Mima e sulla sua carriera di cantante. Tutti particolari che non vengono riferiti allo

spettatore, ma che possono essere facilmente dedotti dalla sua

considerazione nei confronti di Mima (essendo l’unica a preoccuparsi della sua opinione sulla propria carriera senza imporle nulla), oltre che

dall’atteggiamento protettivo per la sua immagine e salute. Capiamo più avanti come in realtà Rumi faccia tutto ciò per se stessa, desiderando che almeno la sua pupilla riesca dove lei ha fallito. Riscontriamo in ciò una visione di Rumi non come carnefice, ma come una vittima dello spietato mondo dello spettacolo che l’ha gettata via e verso il quale lei cerca un riscatto, proponendo la nuova stella che credeva di aver trovato in Mima, ma dalla quale invece viene nuovamente “tradita”.

(29)

confronti di se stessa e che le fa visualizzare se stessa nei panni della Mima-idol; è per puro caso che la sua manager, nel proprio delirante progetto di far proseguire la carriera da cantante alla ragazza, coincida in pensieri, parole e immagini con l’illusione creata da Mima. È come se, in qualche modo, le due donne condividano lo stesso sogno, traducibile in speranza per l’una, in persecuzione per l’altra. Rumi ottiene quindi un nuovo ruolo, ovvero quello di coscienza della protagonista; infatti, la donna non fa altro che tentare di far ragionare Mima sulle proprie scelte professionali, sperando che decida di continuare a fare la cantante; la ragazza sceglie diversamente e Rumi dovrà farsene una ragione, ma così non è per quell’idol frustrata che è rimasta in lei e della quale non si è mai liberata. Essa va a confondersi con l’identità più simile al passato di Rumi, ovvero Mima Rin, portandola a identificarsi in tutto con lei (alla fine del film ci viene riferito come ormai la vera personalità della donna sia stata quasi completamente sostituita da quella dell’idol). Le sensazioni che Rumi prova sono infatti le stesse provate da Mima: la scena dello stupro è un trauma per entrambe, poiché Rumi vi individua la brusca e violenta fine di Mima come idol e decide quindi di sostituirla, mentre quest’ultima – già traumatizzata e ossessionata dalla sua controparte immaginaria – subisce l’ascendente delle due versioni della stessa illusione.

Il potere di tale combinazione arriva al suo apice quando non solo i desideri, ma anche le paure di Mima vengono concretizzate nelle azioni efferate di Rumi/Mima Rin: infatti tutte le persone che “costringono” la ragazza a fare qualcosa contro la sua volontà (rinunciare alla carriera di cantante, interpretare una scena di stupro, posare nuda per un servizio

(30)

fotografico, tra le altre cose) stanno morendo e questa serie di eventi porta la ragazza a credere inizialmente che esista una seconda lei, una

personificazione dei suoi pensieri, per poi sospettare di essere lei stessa la causa degli omicidi. Esemplificativa è la scena dell’assassinio del

fotografo artefice del servizio di Mima senza veli: dopo essere stato

massacrato a colpi di punteruolo dal ragazzo della pizza, si scopre poi che egli altri non è che la stessa Mima, travestita; alla fine della scena abbiamo un improvviso stacco sulla ragazza, nel letto della propria camera,

svegliatasi di colpo come se avesse fatto un brutto sogno. Si tratta di un ulteriore espediente per gettare sabbia negli occhi dello spettatore, poiché anche in questo caso risulta difficile capire se la scena precedente sia frutto di un sogno o meno; la confusione viene meno nel momento in cui la

protagonista si reca verso l’armadio e vi trova i vestiti insanguinati

indossati dall’assassino la sera precedente, convincendosi così di essere la colpevole.

Entra qui in gioco il ruolo del sogno, elemento di considerevole influenza all’interno delle opere di Kon: il sogno è tutto ciò che noi pensiamo,

immaginiamo, che vediamo e viviamo durante il giorno e che viene rielaborato dal nostro subconscio durante la notte. La nostra mente vaga, sogna, si illude, spera, ma la maggior parte delle volte riesce a capire i confini di quella dimensione e di ciò che invece è reale; a meno che la nostra percezione della realtà non venga indebolita per esempio dalla stanchezza, dalla malattia mentale, o da un forte trauma.

(31)

Doppio Legame a Mima/Yoko33. In Perfect Blue il sogno è inteso per Mima come coscienza, ma anche come inganno, elemento che ne modifica le percezioni, rendendola incapace di reagire alla situazione. La sua

debolezza e confusione mentale, vengono rappresentate dal regista tramite un montaggio veloce fatto di continui passaggi tra scene del drama, i sogni e le illusioni di Mima e la vita vera. Talune situazioni vengono sottolineate da luci accecanti (come flash o luci di scena), che impediscono a Mima di “vedere la realtà”. Esse provocano un abbaglio simile a quello del sole mattutino, il quale risveglia ma crea al contempo l’illusione che ciò che si sta vivendo sia la prosecuzione del sogno. Allo stesso modo lo spettatore, non riuscendo mai ad afferrare la realtà della scena appena conclusa,

condivide la stessa febbricitante confusione della protagonista. Il continuo sovrapporsi di paure, sensi di colpa e del dovere, nonché la stanchezza, impediscono a Mima stessa di distinguere tra i vari livelli di realtà: sia il

blog che descrive minuziosamente le sue giornate, sia il drama che

parrebbe riprodurre le paure recondite nell’animo di Mima, hanno già la “colpa” di essere difficilmente definibili, in quanto fanno tutti riferimento alla sua vita personale. Come riferisce Kon: “For an outsider, the dreams and the film within a film are easy to separate from the real world. But for the person who is experiencing them, everything is real. I wanted to

describe that kind of situation, so I applied it in Perfect Blue”34.

Così come la percezione è complicata per lei, allo stesso modo lo è per lo spettatore: il film lo pone spesso nella stessa prospettiva della protagonista e l’esteso uso della soggettiva gli fa anche vivere analoghe sensazioni:

33 “大丈夫。幻想が実体化するなんてあり得ない物。”, dottoressa Asamiya, Perfect Blue, min. 49:51. 34 Intervista a Kon Satoshi a cura di T. Mes, in www.midnighteye.com/interviews/satoshi-kon/, 28 settembre 2013.

(32)

limitando volutamente la visione del contesto generale e attraverso i

numerosi ravvicinati su Mima, si porta il pubblico a condividerne il senso di ansia e incertezza. Tale disequilibrio aumenta con un utilizzo distorto degli angoli di ripresa, oltre ai continui salti da una scena all’altra in un costante gioco di sottrazione di immagini da una parte – Kon ammette di essere stato costretto a tagliare delle scene per ridurre la lunghezza del film – e allungamento di scene dall’altra, per deviare il nostro sguardo e la nostra attenzione.

Si può considerare a questo punto il potere dello sguardo, veicolo

razionale tra noi e la realtà, ma che a volte può ingannare. Consapevole di ciò, Kon si diverte a tormentare le certezze dello spettatore trascinandolo nel vortice di illusioni create dallo sguardo distorto dei personaggi. Non solo Mima e Rumi sono vittime delle proprie illusioni, anche lo stalker ne viene inghiottito: l’ossessione per Mima Rin, che lui segue morbosamente con la sua inseparabile videocamera, surrogato dell’occhio umano, lo porta a cedere alle lusinghe di una falsa Mima Rin su internet, fino a rifiutare l’idea che la protagonista sia la vera Mima e a macchiarsi degli efferati omicidi al posto della sua istigatrice. È interessante, nello specifico, notare come tutte le sue vittime vengano colpite agli occhi: un modo per privarli del potere di vedere la realtà e impedire così che assistano al cambiamento di Mima. Quanto allo spettatore, egli non viene posto in una condizione di onniscenza, eppure ha a disposizione più informazioni dei personaggi; pur costretto nella prospettiva della protagonista, egli sospetta quindi fin

dall’inizio che qualcosa non rientra nei ranghi della logica e che sarebbe meglio non credere a tutto quello che viene mostrato; dai messaggi e le

(33)

foto all’interno del blog, alla presentazione dello stalker sin dalle prime scene del film, tutto è un inganno. Pur tuttavia, non si può fare altro che credere a ciò che si vede, almeno finché non viene (di)mostrato il

contrario.

Ad aprire gli occhi verso la verità è l’artefice e allo stesso tempo

l’antidoto per eccellenza delle illusioni: lo specchio. Durante tutto il film si può osservare come l’immaginazione di Mima si proietti sulle pareti

riflettenti, creando quei parallelismi fra identità di cui si parlava in

precedenza: la Mima-idol si manifesta a quella reale sotto forma di riflesso sul finestrino della metropolitana, oppure sullo schermo del computer; allo stesso tempo, anche la seconda identità di Rumi resta celata dietro l’altro strumento di illusioni, ovvero internet. A smascherare entrambe è lo

specchio, l’oggetto che mostra in immagini lo sdoppiamento di personalità delle due protagoniste, altrimenti difficilmente descrivibile. Tuttavia, se per Mima è ciò che le mostra i propri pensieri e sentimenti reali (gli stessi che la ragazza tenta di nascondere), per Rumi è ciò che mostra allo

spettatore la vera identità della Mima-idol, allo stesso tempo manipolatrice della mente della donna, di Mima e di Me-Mania, in uno spettacolare capovolgimento di potere nel quale personaggi reali sono sottomessi a una follia generale apparentemente creata da un personaggio fittizio. La

differenza fra la realtà e il modo in cui essa viene percepita dai personaggi è ancora più evidente in Rumi, soprattutto quando la vediamo “strizzata” nel costume da idol che indossa nelle scene finali, nel momento in cui esce allo scoperto svelando di essere “la vera Mima Rin” e si lancia

(34)

infranto: quasi si trattasse del mito di Medusa, lo specchio ci rivela la realtà delle cose, risvegliando sia Mima che il pubblico da quello che forse era solo un brutto sogno.

(35)

MILLENNIUM ACTRESS

千年女優

Sennen joyu

Edito dalla Madhouse, la casa di produzione che sempre sostenne i lavori

di Kon, la preparazione di Sennen joyu iniziò l’anno successivo all’opera prima Perfect Blue e venne distribuito nel 2002. A differenza del lavoro precedente, si trattava di un soggetto originale, ideato dallo stesso Kon, che si avvalse anche questa volta della preziosa collaborazione di Murai Sadayuki per la stesura della sceneggiatura. E’ curioso come l’idea iniziale fosse stata offerta dal produttore esecutivo Maki Taro, il quale definì il continuo intrecciarsi tra illusione e realtà in Perfect Blue come un trompe

l’œil: così come in tale tecnica artistica un dipinto cambia aspetto a

seconda del punto dal quale lo si osserva, secondo Maki un effetto analogo fu suscitato dalla visione del primo lungometraggio di Kon35. Per Sennen

joyu venne quindi deciso che quello fosse il punto di partenza, il concetto

attorno al quale costruire l’intera narrazione: si voleva una storia “alla

trompe l’œil”. Nell’intervista contenuta negli extra del DVD di Millennium Actress, Kon rivela come inizialmente avesse pensato a una storia nella

quale il protagonista fosse un personaggio maschile, eventualmente

ambientato nel futuro. Solo in seguito ebbe l’idea del film nel film, così da giustificare senza forzature i vari salti nel tempo: “A quel punto, un’attrice

è stata la cosa più naturale alla quale pensare”36.

35 Millennium Actress, contenuti extra del DVD italiano rilasciato da Passworld Srl, 2008. 36 Ibid.

(36)

Messosi quindi a lavorare alla stesura assieme a Murai, i due si

accordarono poco a poco sulle varie epoche da ritrarre: dal periodo Heian allo Showa, per arrivare fino ai giorni nostri, coprendo circa un millennio di storia del Giappone. Per la maggior parte delle epoche passate, in

quanto parte dei vari film interpretati dalla protagonista Chiyoko, non sarebbe stata necessaria un’aderenza completa alla realtà, quanto piuttosto una delineazione dei tratti caratteristici. Di contro, Kon ammise di aver dovuto lavorare duramente e a lungo per le epoche vissute dalla

protagonista (inclusa quella contemporanea), studiando scenari, modi di abbigliamento e comportamento dei giapponesi dell’era Showa o del secondo dopoguerra. Oltre a ciò, un’ulteriore difficoltà consisté nel

ricreare i colori originali: molti dei cimeli dell’ultimo secolo sono riportati in immagini in bianco e nero, per cui era difficile sceglierne una

colorazione e renderla allo stesso tempo credibile e realistica. Kon spiegò la scelta di colorare solo ciò che rimaneva più impresso nei ricordi di Chiyoko – ad esempio il rosso delle bandiere giapponesi durante la guerra in Manciuria, oppure il rosa dei ciliegi durante la scena centrale della corsa in carrozza –, mentre tutto il resto sarebbe stato lasciato in bianco e nero. In tal modo i ricordi divennero “come una di quelle vecchie fotografie

colorate dopo la stampa, ma in versione personalizzata per la protagonista”37: si sarebbe creato così nello spettatore un senso di

realismo, dando l’illusione di assistere a vecchi filmati d’epoca. Allo stesso modo, le svariate sequenze di film che compongono la storia interna

(ovvero quella di Chiyoko, contenuta nella trama principale) sono facilmente ricollegabili a film realmente facenti parte della storia del

(37)

cinema giapponese e non. Nonostante Kon avesse ammesso di non aver pensato a nessuna pellicola in particolare, bensì solamente all’idea di qualche scena o immagine che gli era rimasta impressa – fatta eccezione per alcuni riferimenti espliciti, come ad esempio Kumonosujō (Il trono di

sangue, 1957, Kurosawa Akira) oppure Slaughterhouse Five (Mattatoio 5,

1972, George Roy Hill)38 –, l’escamotage della storia raccontata attraverso le interpretazioni cinematografiche della protagonista permise al regista di rendere omaggio alla settima arte. All’interno delle varie scene di cui Chiyoko è protagonista indiscussa, è facile scorgere più di un riferimento a opere famose: possiamo respirare le atmosfere di Ozu Yasujiro nei dialoghi familiari attorno al tavolo del soggiorno, oppure di Kurosawa nei jidaigeki

eiga39, di Muhomatsu no issho (L’uomo del riksciò, 1958, Inagaki Hiroshi)

nel costante utilizzo della ruota come elemento che richiama il ripetersi degli eventi, fino a scorgere Gojira nel primitivo e minaccioso mostro col quale la protagonista posa per una foto alla prima del film. Quanto al cinema occidentale, Kon commenta: “I’ve never really thought about

“Eastern thoughts” per se. Being Japanese, I must be taking for granted such a thing. But when I saw the finished film, I felt some Eastern flavor. That surprised me since I have been influenced mostly by the Western films, particularly by the American films in order to have my own formula of filmmaking. Most of American films are well structured. They are

simpler. They are easier to follow. Therefore, while being influenced by American films, my own film turned out to be very Eastern, which is

38 Vedi nota 46.

39 Traducibile come “film d’epoca, in costume”, nello specifico quelli di ambientazione antecedente alla restaurazione Meiji.

(38)

interesting to me.”40

All’occhio di un osservatore attento è quindi possibile scorgere diversi riferimenti, tanto alle grandi opere cinematografiche quanto a titoli minori, ma importanti per il regista. Nella scena iniziale per esempio, quella in cui il personaggio interpretato da Chiyoko sta per imbarcarsi su una navicella spaziale, incurante delle esortazioni a ripensarci da parte del suo collega (parrebbe trattarsi di una missione senza ritorno) e le porte della

piattaforma di lancio immersa nello spazio si aprono come la corolla di un fiore. In questo frangente sembra quasi di ritornare a una delle scene

dell’opera animata nella quale un ancora poco conosciuto Kon aveva lavorato come sceneggiatore per Otomo Katsuhiro, ovvero Kanojo no

omoide41, opera della quale si rivelano altre similitudini in scene

successive. Vi si potrebbe leggere una certa autoreferenzialità, o piuttosto un omaggio del regista al proprio benefattore42. Eppure non possiamo considerarlo un riferimento sterile, poiché molti sono i parallelismi

riscontrabili: anche in quell’opera si trova infatti un’ex diva alle prese col proprio passato e con il ricordo del suo perduto amore. In Kanojo no

omoide, però, la donna è consunta dalla passione per quell’uomo che lei

stessa ha ucciso, accecata dalla paura di perderlo e dal timore di veder sfiorire la propria bellezza e fama. La sua vita si trascina così nella solitudine per molti anni, per poi spegnersi in preda ai vecchi ricordi di gloria. Storie simili ci vengono suggerite da Alessia Spagnoli nel saggio

40 KON Satoshi, Comments from interview with Dreamworks DVD producer, in http://www.dvdvisionjapan.com/actress2.html, 28 settembre 2013.

41 Primo di tre episodi contenuti nel lungometraggio di animazione Memorizu (Memories, 1995), ideato, scritto e diretto da Otomo assieme Morimoto Koji e Okamura Tensai per la regia, a Kon Satoshi per la sceneggiatura. 42 Come già accennato nel primo capitolo, dopo alcune collaborazioni con Kon, Otomo si premurerà di proporlo per la

(39)

Satoshi Kon – Il cinema attraverso lo specchio, secondo la quale in

Sennen joyu possiamo trovare dei riferimenti ai più celebri Letter from an Unknown Woman (Lettera da una sconosciuta, 1948) di Max Ophüls, oltre

che L'histoire d'Adèle H. (Adele H. - Una storia d’amore, 1975) di

François Truffaut. Anche qui abbiamo storie di amori in continua fuga e inseguimento, ma che purtroppo vedono le protagoniste Lisa e Adèle soccombere a un sentimento che le logora fino alla pazzia o alla morte. In maniera totalmente differente sia da Kanojo no omoide, che dalle altre due opere appena citate, abbiamo in Sennen joyu un’attrice del passato che si è volutamente ritirata a vita privata e che solo su insistenza del suo

intervistatore Tachibana Gen’ya racconta del proprio passato e del suo amore. Benché non si tratti di una storia a lieto fine, in quanto non troverà mai l’uomo da sempre agognato e rincorso, la donna non ne fa un veleno che la corrode internamente, quanto piuttosto una molla che invece la spinge verso l’oggetto desiderato e di conseguenza verso la vita.43

Al di là di una possibile autoreferenzialità, l’esteso numero di omaggi e citazioni da parte di Kon permette di comprendere il suo profondo amore per il cinema; da notare inoltre come il “prestito” non fosse solo delle scene e degli sfondi, ma anche degli attori e delle parti da essi recitate, dentro e fuori dallo schermo. Ad esempio, per la decisione di ritirarsi a una vita appartata a dispetto della fama che ancora la illuminava, possiamo paragonare Chiyoko a Hara Setsuko, uno dei volti più celebri del

panorama cinematografico degli anni Cinquanta, nonché tra gli attori-feticcio di Ozu. Paragone che venne confermato dallo stesso Kon, il quale

43 Alessia SPAGNOLI, “Millennium Actress ovvero l’Arte che imita l’Arte che imita l’Arte...” in Enrico Azzano, Andrea Fontana, Davide Tarò (a cura di), Satoshi Kon – Il cinema attraverso lo specchio, Piombino, Il Foglio, 2009, pagg. 66-67.

(40)

fece riferimento anche a Takamine Hideko, altra grande attrice degli anni d’oro del cinema giapponese. Tuttavia “There is no particular Japanese

actress, who performed after WWII (Seconda Guerra Mondiale, NdR), I had in my mind to depict Chiyoko’s character. In fact, I kind of reflected various Japanese actresses on Chiyoko”.44 In sostanza, in Sennen joyu si percepisce un vero e proprio omaggio al cinema, in particolare a quello giapponese.

Una volta scelta la soluzione del film nel film per giustificare la

rappresentazione delle diverse epoche storiche, l’elemento dell’attrice come protagonista sopraggiunse naturalmente. Venne annessa quindi l’idea di rappresentare, durante i vari avvenimenti storici dell’ultimo secolo, la storia personale di Chiyoko attraverso il cinema, ma al tempo stesso anche l’esatto opposto, in un costante rimbalzo tra due specchi che si riflettono a vicenda. Infatti, sia le storie dei film da lei interpretati che gli avvenimenti storici raccontati dal suo punto di vista, sembrano combaciare

perfettamente alle fasi della sua esistenza e alle sue sensazioni/emozioni. Murai spiegò come, ad esempio, la guerra in Manciura corrispondesse al periodo esagitato della preadolescenza, mentre la Seconda Guerra

Mondiale sia posta in parallelo al periodo di conflitti che Chiyoko

attraversava nella sua adolescenza, e così via45. Vi è dunque un perpetuo incrociarsi e sovrapporsi di episodi reali e non, accompagnato da un costante gioco di associazioni di immagini – tecnica cara a Kon –, tra i film interpretati da Chiyoko e la sua vita personale. Il tutto viene scandito dalla sola “logica” del tempo del racconto, in altre parole dalla successione

44 KON Satoshi, Comments from interview with Dreamworks DVD producer, in http://www.dvdvisionjapan.com/actress2.html, 28 settembre 2013.

(41)

di avvenimenti nella vita della protagonista.

Si respira infatti durante tutto il film un forte senso del tempo, non sempre lineare, ma non per questo meno logico. A tale proposito, Kon ammise di essere stato ispirato dalla pellicola Slaughterhouse Five, il cui protagonista vive come Chiyoko un perenne andirivieni dai vari luoghi e soprattutto dai vari tempi. A tale riguardo, raccontò di aver voluto che la protagonista, diversamente dalla gente comune secondo la quale il presente ed il passato restano fissi nella loro dimensione senza intralciarsi, li potesse invece pensare e vivere contemporaneamente46. Sotto questo aspetto, il

personaggio di Chiyoko riporta alla mente quello di Konno Makoto, protagonista di Toki o kakeru shojo (La ragazza che saltava nel tempo, 2006, Hosoda Mamoru), film di animazione tratto da un romanzo di Tsutsui Yasutaka47: la Spagnoli accomuna Makoto alla nostra “attrice del millennio” per il suo “mettersi in moto per modificare in corsa il proprio

destino”48. Un destino che pare segnato, preannunciato dalla maledizione dell’anziana signora che perseguiterà Chiyoko durante tutta la sua vita, ma al quale lei non si piegherà, continuando invece a fare ciò che ama di più: cercare il suo amore nei meandri del tempo e della vita.

Trama

“Eppure all’epoca per me erano più importanti le riviste per ragazzine e mentre le sfogliavo sognavo di incontrare il Principe Azzurro”49

46 KON Satoshi, Comments from interview with Dreamworks DVD producer, in http://www.dvdvisionjapan.com/actress2.html, 28 settembre 2013.

47 Autore di grande fama in territorio nazionale per le sue opere di science fiction, tra cui figura anche Paprika, romanzo da cui Kon prenderà spunto per il suo ultimo acclamatissimo lungometraggio.

48 Alessia SPAGNOLI, “Millennium Actress ovvero l’Arte che imita l’Arte che imita l’Arte...” in Enrico Azzano, Andrea Fontana, Davide Tarò (a cura di), Satoshi Kon – Il cinema attraverso lo specchio, Piombino, Il Foglio, 2009, pag. 69.

Riferimenti

Documenti correlati

Questo problema potrebbe essere risolto implementando nei sistemi di realt` a aumentata, la capacit` a di determinare lo stato corrente del mondo reale, determinando di conseguenza

Verrà poi eseguito in Cattedrale sabato 19 ottobre nel corso della cerimonia di beatificazione e per ulti- mo durante la Messa di ringraziamento che si celebrerà domenica 20

Non resta che individuare le venticinque coppie che per prime saranno coinvolte, ed entro questo mese prenderà il via anche in Italia la sperimentazione del braccialetto elettronico

Dunque, la storia ci insegna che non si può isolare la questione della violenza maschile contro le donne dal resto delle relazioni sociali e che, quindi, per comprendere le forme

The structure of these demands is further complicated by the fact that the Welsh Secretary of State is criticised for complete absence from the Council of

Al taglio del nastro del nuovo appartamento sono intervenuti, con il direttivo dell'Associazione Oncologica Pediatrica, il primario del Dipartimento Pediatria dell'Ospedale

Ancor più ampia è la forbice di genere per i casi mortali: oltre la metà delle denunce al femminile (54,5 per cento), contro il 22 per cento degli uomini; in cifre assolute

Questa foto di Autore sconosciuto è concesso in licenza da CC BY-NC-ND Questa foto di Autore. sconosciuto è concesso in licenza da