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La biblioteca di Ludovico Rezzonico

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale

in

Storia dal Medioevo

all’Età Contemporanea

Tesi di Laurea

LA BIBLIOTECA DI LUDOVICO

REZZONICO

Relatore

Ch. Prof. Mario Infelise

Laureando

Giorgia Longo

Matricola 812338

Anno Accademico

2012 / 2013

(2)

Dedicato a chi mi

vuole bene

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INDICE

INTRODUZIONE

7

PARTE I: LUDOVICO REZZONICO E LA SUA

BIBLIOTECA

9

1. LA FAMIGLIA REZZONICO

9

1.1. Le origini della famiglia 9 1.2. Carlo Rezzonico 11 1.3. Ludovico Rezzonico 17 1.4. I fratelli e la moglie di Ludovico 18 1.5. L’albero genealogico della famiglia 21

2. EDITORI E LUOGHI DI STAMPA

22

2.1. I luoghi 22

2.2. Gli editori 25

3. ANNI DI PUBBLICAZIONE 29

4. I LIBRI DELLA BIBLIOTECA 31

5. LA FIGURA DI LUDOVICO REZZONICO 33

PARTE II: L’INVENTARIO DEI LIBRI

41

1. IL LAVORO DI RICERCA

41

2. L’INVENTARIO

42

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7

INTRODUZIONE

Il presente lavoro si propone di studiare l’imponente biblioteca di Ludovico Rezzonico.

L’elenco delle opere di cui si compone è consultabile presso l’Archivio di Stato di Venezia, inserito nell’inventario post mortem redatto nel 1786. A muovere inizialmente questa ricerca è stato l’articolo di Enrico Noè Rezzonicorum cineres. Ricerche sulla collezione Rezzonico, pubblicato nella Rivista dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte. In un ampio studio sui gusti e sui beni artistici della famiglia Rezzonico attraverso le varie generazioni, egli cita l’inventario del 1786 e lo riporta parzialmente. Essendo infatti l’aspetto artistico il focus del suo lavoro, tralascia di pubblicare la parte riguardante la biblioteca, rimasta quindi inedita, concentrandosi sull’elenco completo dei quadri e delle statue. Il primo passo perciò è stato rintracciare e trascrivere l’ultimo pezzo dell’inventario.

La prima cosa che balzava agli occhi era l’elevato numero di opere e di volumi e l’elemento strano era dato dal fatto che fossero tutte pubblicazioni in francese, o perché questa è la lingua originale in cui l’opera era stata scritta o perché si trattava di traduzioni di lavori redatti in altre lingue, tra cui anche l’italiano. A questo punto, usando i cataloghi online si è tentato di identificare le opere. Gli elementi che potevano aiutare in questa operazione erano il titolo, talvolta l’autore e il numero di volumi che le componevano. Le identificazioni sono quasi sempre andata a buon fine, tranne i rari casi in cui esistevano opere diverse con il medesimo titolo o in cui probabili errori di chi ha redatto l’inventario ci hanno trasmesso titoli inesistenti. Si tratta comunque di casi sporadici.

A questo punto si è cercato di ricostruire le vicende familiari dei Rezzonico, dalla loro origine come famigli patrizia comasca nella prima metà del Seicento, fino alla loro affermazione a Venezia un secolo dopo e all’estinzione del ramo con Abbondio, fratello di Ludovico, morto nel 1810. Aiutati principalmente dall’opera del Giussani, I fasti della famiglia patrizia comasca dei Rezzonico in Como, Genova, Venezia, Bassano e Roma, e dalla vastissima bibliografia su Clemente XIII, papa della famiglia Rezzonico, è stato possibile raccogliere

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8

sufficienti informazioni su quasi tutti i componenti della casa. Purtroppo però l’elemento più sfuggente è proprio Ludovico, citato quasi per nulla nelle fonti prese in esame. Si è allora entrati più in profondità nella sua biblioteca. Ci si è chiesti quali fossero i libri posseduti e quali fossero gli argomenti principalmente trattati, chi fossero gli editori e a che periodo storico risalissero. Si è lavorato dunque sull’inventario, ritrovandovi un gran numero di testi filosofici e altri testi proibiti, sui quali si è ritenuto di soffermarsi.

Infine si è cercato di dare un’interpretazione a questa biblioteca, che appare strana per i suoi titoli e per l’unica presenza della lingua francese.

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9

PARTE I:

LUDOVICO REZZONICO E LA SUA BIBLIOTECA

1. LA FAMIGLIA REZZONICO

1.1 Le origini della famiglia

Per tracciare un ritratto della famiglia patrizia dei Rezzonico, è necessario spostarsi da Venezia a Como. Da qui infatti, nella prima metà del Seicento, partirono Carlo e Aurelio, figli di Francesco Abbondio della Torre di Rezzonico, alla volta di Genova, per esercitarvi la mercatura1. Da questo mestiere riuscirono a ottenere guadagni così proficui che nel novembre 1665 l’imperatore Leopoldo I conferì loro il titolo di baroni del Sacro Romano Impero per i compiti svolti a suo nome2.

Carlo si sposa una prima volta nel 1650 con Maria Eugenia Sedevolpe3 e l’anno dopo da quest’unione nacque Quintiliano, che circa trent’anni dopo sarebbe succeduto al padre nella conduzione dell’attività di famiglia. Carlo sposò poi, in seconde nozze, Maria Aurelia Nascio, che gli darà sette figli4, tra cui Abbondio Antonio e Giovanni Battista. Questi, assieme a Quintiliano, vennero chiamati dallo zio Aurelio a Venezia, dove egli si era precedentemente spostato con l’intenzione di ampliare i guadagni e riuscendo nell’impresa.

1

A.GIUSSANI, I fasti della famiglia patrizia comasca dei Rezzonico in Como – Genova –Venezia –

Bassano e Roma, Como, Tip. Edit. Ostinelli di C. Nani, 1931, p. 18. 2

E.NOÉ, Rezzonicorum cineres. Ricerche sulla collezione Rezzonico, “Rivista dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte”, S. III, III (1998), p175. Cfr. A.GIUSSANI, I fasti, cit., p. 21.

3

GIUSSANI, I fasti, cit., p. 17.

4

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10

I tre fratelli si inserirono così bene nel panorama economico veneziano che nell’aprile 1687 riuscirono ad acquistarsi la nobiltà. Elargirono alla Repubblica di Venezia l’ingente somma di centomila ducati, di cui 60.000 in dono e a fondo perduto e 40.000 in deposito al 4%5. La somma aveva lo scopo di sostenere la città nella guerra contro i Turchi e l’iscrizione della famiglia nel libro d’oro era il segno della gratitudine della Repubblica.

Nel 1690 Giovanni Battista sposò Vittoria Barbarigo6, e nel giro di tre anni nacquero due figli, Carlo e Aurelio. Il primo sarebbe divenuto poi papa con il nome di Clemente XIII, mentre il secondo sposò nel 1721 Anna Giustinian. La coppia ebbe almeno quattro figli maschi e una femmina (non sempre i registri riportano con esattezza il numero delle figlie femmine o gli eventuali bambini morti prematuramente): Ludovico, Carlo, Abbondio, Quintiliano e Quintilia. Nel 17507 la famiglia Rezzonico aveva raggiunto un tale stato di benessere economico da potersi permettere di lasciare la loro abitazione a San Felice per una dimora più sfarzosa. La scelta cadde sul palazzo che la famiglia Bon stava costruendo, su disegno dell’architetto Longhena, presso San Barnaba, sulla riva del Canal Grande, ma alle cui spese già da molto tempo non era più in grado di far fronte, poiché ormai erano decaduti economicamente.

I lavori erano già a uno stadio avanzato, sebbene da molto trascurati, quando i nuovi proprietari ne affidarono la direzione a Giorgio Massari8, che quindi dovette mantenere la struttura originaria dell’edificio, limitandosi ad aggiungere un piano. Lo sforzo finanziario, oltre che tecnico e artistico, dovette essere

5

G.DAMERINI, Settecento veneziano in Palazzo Rezzonico, Venezia, Le tre Venezie, 1936, p. 7.

6

GIUSSANI, I fasti, cit., p. 30.

7

NOÉ, Rezzonicorum cineres, cit., p. 209. Cfr. GIUSSANI, I fasti, cit., p. 31.

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11

enorme, considerato che fu possibile concludere i lavori entro pochi anni, uno sforzo finanziario cui è necessario aggiungere anche la spesa iniziale di 60.000 ducati9. Nel 1756 la famiglia Rezzonico entrò nella nuova casa10.

Nel 1751 Aurelio diventa senatore con 430 voti favorevoli e 20 contrari11, a dimostrazione del peso che la famiglia stava assumendo nel panorama veneziano. Si tratta infatti di un evento significativo perché la loro nobiltà era recente ed era stata acquistata a peso d’oro. Giungere a queste cariche in così breve tempo doveva senz’altro significare l’apprezzamento della Repubblica verso la famiglia. Si apriva così il decennio più felice della casa, con il completamento e l’apertura del palazzo, il matrimonio di Ludovico, figlio di Aurelio, e l’elezione al soglio pontificio di Carlo, fratello di quest’ultimo. L’unica ombra è rappresentata dalla morte del capofamiglia Giovanni Battista, nel 175612, che era giunto a Venezia per trovare fortuna, l’aveva trovata e usciva di scena nel momento del massimo splendore per la sua famiglia.

1.2 Carlo Rezzonico

Carlo Rezzonico, figlio di Giovanni Battista e di Vittoria Barbarigo, nacque a Venezia il 7 marzo 169313, quando ancora la famiglia viveva a San Felice. Quando ebbe dieci anni fu mandato a studiare presso i gesuiti a Bologna, dove rimase per otto anni, studiando lettere e filosofia. Tornato a Venezia intraprese gli

9

GIUSSANI, I fasti, cit., p. 31. 10

L.LIVAN, Notizie d’arte tratte dai notatori e dagli annali del N. H. Pietro Gradenigo, Venezia, La reale deputazione editrice, 1942, p. 22.

11

E.MORELLI, Le lettere di Benedetto XIV al card. De Tencin dai testi originali. Vol. II, 1748-1752, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1965, p. 380.

12

NOÉ, Rezzonicorum cineres, cit., p. 209.

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12

studi di giurisprudenza e teologia dogmatica all’università di Padova, dove si laureò nel 171314.

Cominciò allora la sua carriera curiale. Si spostò a Roma, dove entrò nell’Accademia Ecclesiastica e il 28 maggio 1716 fece il suo ingresso in prelatura come protonotario apostolico partecipante; lo stesso anno Clemente XI lo nominò governatore di Rieti15. La stessa carica la ricoprì a Fano dal 172116. Dal 1723 è di nuovo a Roma, prima nella Congregazione della Sacra Consulta e poi, dal 172817, come Uditore veneto alla Sacra Rota. Fu creato cardinale il 20 dicembre 1737 da papa Clemente XII18. Nel successivo conclave del 1740 è uno dei sostenitori dell’elezione al soglio pontificio di Prospero Lambertini19

, che effettivamente diventa papa il 17 agosto col nome di Benedetto XIV. Il nuovo papa lo nomina vescovo di Padova nel marzo 174320, poiché l’altro candidato, il cardinal Querini, non era disposto a rinunciare a nessuno dei suoi altri benefici. Nei quindici anni del suo episcopato rispettò l’obbligo di residenza nella sua diocesi, ricostruì il seminario di Padova, indisse una visita pastorale nel 1744 che attuò nei due anni successivi e tenne un sinodo diocesano. I suoi contemporanei ne lodarono il lavoro e la dirittura morale e lo stesso pontefice ne testimonia le qualità. Scrive, infatti, nel 1746:

il card. Rezzonico, vescovo di Padova, è assolutamente il prelato più degno che abbiamo in Italia. Vive con i suoi beni patrimoniali; le rendite ecclesiastiche

14

E.PESENTI, ibidem.

15

L.CAJANI –A. FOA, Clemente XIII, papa, in Dizionario biografico degli italiani, vol XXVI, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana Treccani, 1982, p. 328

16

CAJANI –FOA, ibidem.

17

CAJANI –FOA, ibidem.

18

PESENTI, Il conclave, cit., p. 52.

19

PESENTI, ibidem.

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13 unicamente si spendono in beneficio de' poveri e della Chiesa. Nonostante la gracile complessione, è indefesso alle visite ed a tutte le altre funzioni episcopali; nel suo palazzo si vive come in un chiostro, in tal maniera che la sua elezione, che non fu nel principio applaudita dai veneziani per essere esso di famiglia novamente aggregata alla loro nobiltà, oggi a coro pieno viene benedetta dalla Repubblica21

In seguito il cardinal Rezzonico dovette recarsi a Roma per dirimere una questione riguardante Aquileia22. Questa era storicamente un feudo imperiale, ma il suo patriarca risiedeva a Udine, cioè in territorio veneto. Veniva pertanto richiesta dall’impero l’abolizione del patriarcato e l’erezione di un vescovado con sede a Gorizia. Il papa aveva provvisoriamente accolto questa proposta ma la Repubblica di Venezia mandò a Roma il Rezzonico e il cardinal Querini per ristabilire l’unico patriarcato di Aquileia. Ma mentre quest’ultimo aveva le idee molto chiare in proposito, il Rezzonico si muoveva con tanta incertezza che Benedetto XIV si trovò a scrivere che egli agiva «con tanta riserva e cautela che avrà paura della sola ombra23». Tuttavia fu proprio la sua cautela che gli permise di giungere a un compromesso con il cardinal Millini, ambasciatore austriaco, che prevedeva la soppressione del patriarcato di Aquileia e la creazione dei due vescovadi di Udine e Gorizia, sancita poi dalla bolla papale Iniuncta nobis del 6 luglio 175124.

21

E.MORELLI, Le lettere di Benedetto XIV al card. De Tencin dai testi originali. Vol. I, 1740-1747, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1955, p. 355.

22

CAJANI –FOA, Clemente XIII, cit., pp. 329-330.

23

E.MORELLI, Le lettere di Benedetto XIV al card. De Tencin dai testi originali. Vol. II, 1748-1752, cit., p. 313.

24

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14

Il 3 maggio 1758 morì Benedetto XIV e il 15 maggio si aprì il nuovo conclave, cui si recò anche il cardinal Rezzonico.

Il conclave procedeva lentamente e la candidatura di Carlo Rezzonico cominciò a raccogliere consensi in quanto la sua figura poteva rappresentare una sorta di compromesso fra le varie posizioni25. Poco conosciuto a Roma e con fama di essere soprattutto uomo pio, senza propensioni per una parte politica rispetto ad un’altra, lo si riteneva in grado di comprendere il pericolo del giurisdizionalismo dilagante e di contrastarlo adeguatamente e questo era l’aspetto che riusciva a mettere d’accordo le due fazioni in cui era diviso il conclave. Doveva poi essere nota la sua simpatia per i gesuiti, senza che questa fosse però tratto distintivo della sua personalità e questa sua ambiguità permetteva alle due correnti in contrasto di sperare di trarlo ognuna dalla propria parte dopo la sua elezione. Il modo in cui poi il Rezzonico era riuscito a risolvere la questione riguardante il patriarcato di Aquileia lo rendeva gradito anche alla parte austriaca e questo fece definitivamente pendere l’ago della bilancia in suo favore.

Carlo Rezzonico fu quindi eletto papa il 6 luglio 1758 e prese il nome di Clemente XIII26.

In poco tempo, sebbene inizialmente con molta cautela, apparve chiaro che il nuovo papa era favorevole alla fazione sostenitrice dei gesuiti, ma né lui né i suoi collaboratori riuscirono a comprendere il pericolo che la Compagnia correva nei vari Paesi europei e nei loro possedimenti oltreoceano. Tre gesuiti in Portogallo vennero accusati di attentare alla vita del re e furono condannati a morte nel

25

CAJANI –FOA, Clemente XIII, cit., pp. 330-331. Cfr. PESENTI, Il conclave, cit., pp. 56-60.

26

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15

175827; nell’ottobre dell’anno successivo vennero espulsi dal Portogallo tutti i gesuiti, che ripararono nello Stato della Chiesa. Si tentarono delle trattative per giungere a una riappacificazione, ma senza risultati.

Allo stesso risultato ma per altre vie si giunse in Francia28. A screditare i gesuiti erano il parlamento di Parigi e quelli provinciali, ma a sostenerli c’era re Luigi XV, appoggiato anche dalla Santa Sede. Da parte sua, Luigi sembrava essere riuscito a pervenire a un compromesso in grado di risolvere la questione, chiedendo ai gesuiti di firmare un documento in cui rigettavano esplicitamente le tesi tirannicide e aderivano ai quattro articoli gallicani. Tuttavia a Roma rifiutarono questa soluzione e dimostrarono notevole intransigenza, impedendo di fatto ulteriori mediazioni. Il primo dicembre 1764 la Compagnia di Gesù venne sciolta in tutta la nazione; ai suoi membri fu concesso di rimanere in Francia, ma solo come preti secolari alle dipendenze dei vescovi. Clemente XIII rispose con la bolla Apostolicum pascendi il 7 gennaio 1765, scatenando reazioni in tutta Europa, dove fu bruciata o furono previste pene severissime per la sua pubblicazione, vendita o semplice detenzione.

Infine, dopo qualche anno di scaramucce, anche la Spagna si decise per l’espulsione della Compagnia di Gesù, complici le rivolte scoppiate a Madrid nel 1766 e della cui istigazione furono accusati proprio i gesuiti29.

Nel 1768 anche Malta e Parma seguirono gli esempi degli altri Paesi30.

In quello stesso anno tutte le potenze borboniche dichiararono sciolta la Compagnia di Gesù in un monitorio cui il papa fu chiamato a rispondere nel

27

CAJANI –FOA, Clemente XIII, cit., pp. 332-333.

28

CAJANI –FOA, Clemente XIII, cit., pp. 333-334.

29

CAJANI –FOA, Clemente XIII, cit., 334.

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16

febbraio successivo. Ma prima di quella data, Clemente XIII morì, e ciò avvenne in modo così repentino che l’agente lucchese a Roma Buonamici ebbe a dire che «benché il caso sia compassionevole, con tutto ciò le presenti circostanze che si affacciano al pensiero di ciascuno fanno credere essere questa morte anche per lui medesimo opportuna31».

Il pontificato di Clemente XIII si colloca in un momento molto difficile per la Chiesa, duramente attaccata dalle dottrine illuministiche che stavano prendendo sempre più piede e che il Rezzonico non esitò a rigettare. In continuità con il suo predecessore, Clemente XIII prima mise all’indice il De l’Esprit di Helvetius, l’Encyclopédie e l’Emile di Rousseau e poi condannò in modo definitivo tutte le pubblicazioni non in linea con il dogma cattolico nell’enciclica Christianae reipublicae del 25 novembre 176632. La sua rigidità è riscontrabile anche in campo artistico. La maggior parte delle grandi opere che portano la firma di Clemente XIII sono, infatti, completamenti di opere iniziate dai suoi predecessori, come nel caso della Fontana di Trevi33. Il suo senso del pudore fu portato all’eccesso quando fece coprire tutte le statue classiche del Vaticano con foglie di fico34.

Grande nepotista, Clemente XIII creò cardinale suo nipote Carlo già due mesi dopo la propria elezione, l’11 settembre 1758 e nominò l’altro suo nipote, Ludovico, Gonfaloniere di Santa Romana Chiesa e Principe assistente al soglio35.

31

G.SFORZA, Papa Rezzonico studiato ne' dispacci inediti d'un diplomatico lucchese , Torino, Fratelli Bocca, 1915, p. 54.

32

CAJANI –FOA, Clemente XIII, cit., p. 339.

33

CAJANI –FOA, Clemente XIII, cit., p. 341.

34

CAJANI –FOA, ibidem.

35

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1.3 Ludovico Rezzonico

Figlio di Aurelio, Ludovico nasce il 19 settembre 172636. Nel gennaio del 175837 sposa Faustina Savorgnan, ma il matrimonio non darà eredi alla casa. Nello stesso anno, dopo che lo zio Carlo viene eletto papa, per onorare la famiglia del nuovo pontefice e ricercarne il favore, la Repubblica insignirà lui e il padre col titolo di Cavalieri38. Nel 1761, a due anni dalla morte di Aurelio, Ludovico ne erediterà anche la carica di Procuratore di San Marco39; oltre a questa, potrà vantare l’incarico di Principe assistente al soglio pontificio, conferitogli da Clemente XIII. Nel dicembre 1760 raggiunge lo zio a Roma, insieme ai fratelli e alla moglie40, e vi si soffermerà per due anni. Nel 1762 Ludovico e Faustina rientrano a Venezia, mentre i fratelli preferiscono rimanere con lo zio. Qui, ultimo Rezzonico rimasto, Ludovico diviene l’indiscusso signore della casa, una casa il cui prestigio gli consentirà di intrattenere ospiti illustri. Nel 1764, infatti, Ca’ Rezzonico ospita il duca di York e nel 1769 è onorata della visita in incognito dell’imperatore Giuseppe II41.

Ludovico muore il 2 gennaio 1786.

Dai dati che si possono estrapolare dall’inventario post mortem di Ludovico (datato 31 maggio 1786), questi appare come un uomo ricco, ma dai gusti artistici discutibili, incapace di riconoscere e attribuire il giusto valore alle opere artistiche più raffinate, e riservando invece il posto d’onore in casa sua a opere di second’ordine. Ma guardando la sua straordinaria biblioteca questo giudizio deve

36

GIUSSANI, I fasti, cit., p. 45. 37

GIUSSANI, ibidem. 38

GIUSSANI, I fasti, cit., p. 39. 39

DAMERINI, Settecento veneziano, cit., p.7.

40

SFORZA, Papa Rezzonico, cit., p. 23.

41

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essere almeno in parte riaggiustato. Basandosi sui suoi titoli, lo si può inquadrare come perfetto uomo del suo tempo, guidato da idee illuministiche in cui il concreto messaggio che si deve comunicare conta più della forma che lo veicola. Ecco allora i suoi quasi seicento titoli, raccolti in quasi 2500 volumi, tutti esclusivamente scritti o ritradotti in francese, tra cui figurano i più grandi autori illuministi, come Voltaire, Diderot e Rousseau. In sé la cosa potrebbe non voler dire nulla, poiché al tempo si trattava di certo di una cosa normale nelle case dei nobili. Ma la posizione di Ludovico è ben più delicata, essendo lui il nipote di quel pontefice che aveva così duramente condannato la svolta che aveva intrapreso la filosofia Settecentesca.

1.4 I fratelli e la moglie di Ludovico

Carlo, fratello maggiore di Ludovico, nacque il 25 aprile 172442. Iniziato alla vita ecclesiastica, ottenne prima il chiericato di camera nel 1753 e fu poi creato cardinale dallo zio Clemente XIII nel 1758, appena un paio di mesi dopo la sua elezione. Stabilitosi a Roma, vi restò fino alla morte avvenuta il 26 gennaio 179943; fino a questa data, a partire dal 1763 aveva ricoperto il ruolo di camerlengo di Santa Romana Chiesa.

Giovanni Battista nacque nel 172944. Anche lui, come il fratello Carlo, intraprese la carriera ecclesiastica. Gran Priore del Sovrano Militare Ordine di Malta a Roma dal gennaio del 1763, divenne Prefetto del Palazzo Apostolico con la qualifica di maggiordomo dal 21 luglio 1766, incarico che gli venne confermato

42

GIUSSANI, I fasti, cit., p. 44. 43

GIUSSANI, ibidem. 44

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19

da papa Clemente XIV. Quest’ultimo lo creò cardinale nel 1770. Visse a Roma, assieme al fratello minore, fino alla propria morte, avvenuta nel 178345.

Il minore dei figli maschi di Aurelio è Abbondio, nato nel 174146. Come i fratelli raggiunse lo zio Carlo a Roma quando questi fu eletto papa e lì si stabilì. Nel 1765 Clemente XIII lo nominò Senatore di Roma47 e per lui rese la carica ereditaria. La decisione fu ininfluente poiché, come già era stato per Ludovico, anche il matrimonio di Abbondio, contratto a Roma con la principessa Ippolita Boncompagni Ludovisi, non portò alla nascita di alcun figlio. Con la morte di Abbondio, avvenuta nel 181048, si estinse la potente famiglia dei Rezzonico. Il palazzo veneziano passò, attraverso Quintilia, sorella di Ludovico, alla famiglia Widmann. Quintilia, infatti, sposò Ludovico Widmann nel 174049 e dal matrimonio nacquero i figli Giovanni, Carlo Aurelio e Francesco.

Si ipotizza che la famiglia Rezzonico contasse almeno altre due figlie femmine, meno ricordate di Quintilia e dei suoi fratelli maschi perché entrambe votate alla vita consacrata. Una è Quintilia Maria, per la cui monacazione Carlo Goldoni scrisse l’Esopo alla grata; un’altra figlia è Angiola Maria, che divenne monaca nel 1757 e ispirò, sempre al Goldoni, un’Anacreontica50

.

Una testimonianza sui fratelli di Ludovico ci viene dalle lettere di Antonio Maria Borini, frate servita e confessore apostolico fino alla morte del papa51. I suoi giudizi sono tutt’altro che favorevoli. Descrive il cardinal Carlo come un uomo

45

E.GIUNTELLA, Roma nel Settecento, Bologna, Cappelli, 1971, p. 295.

46

GIUSSANI, I fasti, cit., p. 45. 47

SFORZA, Papa Rezzonico, cit., p. 39.

48

DAMERINI, Settecento veneziano, cit., p. 8.

49

DAMERINI, ibidem.

50

A.MOSCHETTI, Venezia e l’elezione di Clemente 13, Venezia, a spese della Società, 1890, p. 14.

51

B.BETTO, Papa Rezzonico attraverso le lettere inedite del confessore apostolico, “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, Vol. XXVIII, 1975, p. 395.

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dal «carattere chiuso e misticheggiante52», poco adatto alla carica che ricopriva; gli attribuiva pietà e rettitudine, ma gli rimproverava la poca simpatia che dimostrava verso i veneziani che risiedevano a Roma. Era inoltre perennemente insicuro, incapace di prendere le proprie decisioni e così ostinato da rifiutare anche i consigli che gli sarebbero invece stati di vantaggio53. Il suo rapporto con il papa mancava di confidenza e i due mostravano di essere in soggezione l’uno dell’altro.

Anche per i due fratelli più giovani le parole non sono incoraggianti. Biasima spesso i loro atteggiamenti, leggeri e frivoli, frequentano donne di basso rango e poco raccomandabili e conducono una vita sregolata54. In particolare Abbondio, coi suoi dodici anni in meno del fratello Giovanni Battista, è considerato troppo giovane e portato a divertirsi in modo eccessivo55.

Infine quello su Faustina è un giudizio altrettanto negativo: la sua condotta è considerata alquanto discutibile, sprezzante della nobiltà romana, che non degna della sua presenza in alcuna occasione e non manca di offendere con il suo comportamento maleducato. Arriva a giudicarla «più pazza che savia56».

L’unico per cui nutre una sincera stima e simpatia e con cui apprezza conversare è Ludovico57, al punto da dichiarare nelle sue lettere di «soffrire per la sua partenza58», pur ammettendo che ormai i comportamenti dei suoi congiunti dovevano apparirgli intollerabili.

52

B.BETTO, Papa Rezzonico, ibidem.

53

B.BETTO, Papa Rezzonico, cit., p. 409.

54

B.BETTO, Papa Rezzonico, cit., p. 416.

55

B.BETTO, ibidem.

56

B.BETTO, Papa Rezzonico, cit., p. 402.

57

B.BETTO, Papa Rezzonico, cit., p. 395.

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1.5 L’albero genealogico della famiglia

N ell ’immagine è r ipr odott o l’ alber o ge ne alogi co de ll a famigl ia R ez zonico

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2. EDITORI E LUOGHI DI STAMPA

2.1 I luoghi

Quasi la metà delle prime edizioni delle opere possedute da Ludovico Rezzonico risultano stampate a Parigi e circa un sesto ad Amsterdam. I restanti due terzi delle opere vengono pubblicate un po’ in tutta Europa, ma tra città reali e credibili come L’Aia, Londra e Lione, ci sono posti che, pur esistendo realmente, difficilmente possono essere considerati luoghi di stampa plausibili, come nel caso di Pechino o di Gaznah, e in alcuni casi i luoghi sono chiaramente di fantasia, ad esempio Irocopolis e Eleutheropolis. A questo vanno aggiunti i casi di stampatori e luoghi fittizi, come spesso accade per le opere che si vuole far credere come stampate a Londra o ad Amsterdam.

99 15 36 46 118 237 0 50 100 150 200 250 ALTRO GINEVRA LONDRA L'AIA AMSTERDAM PARIGI

LUOGHI DI STAMPA

Il grafico riporta i luoghi di stampa delle prime edizioni delle opere possedute da Ludovico Rezzonico.

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I motivi per cui gli stampatori ricorrono a pseudonimi o falsificano in qualche modo i dati del frontespizio è evidentemente quello di celare la propria identità nelle pubblicazioni pericolose o problematiche e mettersi al riparo dalle conseguenze che inevitabilmente li colpirebbero per aver sfidato le autorità. La censura era infatti un elemento da non sottovalutare perché la pubblicazione di libri proibiti poteva comportare pene severissime. I motivi per cui un’opera veniva proibita potevano essere diversi. Entravano in gioco la moralità, il rispetto del pudore e il senso di religione o in altri casi gli scritti non erano in linea con i principi fondativi dei governi costituiti, anche rispetto a Stati diversi da quello in cui il libro veniva effettivamente stampato59. Motivazioni religiose o politiche, quindi, ma poteva anche dipendere dalla fama dell’autore, che, resosi già noto per la sua condotta spregiudicata o le sue posizioni poco concilianti su temi considerati delicati (quando non si trattava di vere e proprie polemiche), si vedeva censurare in blocco tutte le opere. È il caso, per esempio, di Jean Jacques Rousseau. Eppure questo non impedì l’incredibile diffusione dei suoi scritti e la circolazione delle sue idee, tanto in Francia quanto all’estero60, fino alla Repubblica di Venezia, il tutto attraverso il commercio clandestino, che gli permise di diventare al contempo l’autore più proibito e sequestrato e quello più letto.

Un altro valido motivo per proibire determinati libri, nel caso di Venezia, era la salvaguardia dei privilegi locali, per proteggere i quali si impedì l’importazione delle opere che già venivano stampate in città61.

59

M.BERENGO, La società veneta alla fine del Settecento, Firenze, Sansoni, 1956, p. 136.

60

M.BERENGO, La società veneta, cit., pp. 137-138.

61

(23)

24

Eppure, nonostante i divieti e i pericoli, il commercio clandestino prese sempre più piede, al punto che nella seconda metà del Settecento era pressoché equivalente a quello legale62.

Per aggirare i controlli si ricorreva a diversi espedienti, come la pubblicazione sotto falsa data o riportando falsi luoghi di pubblicazione.

Ma la distinzione tra legale e illegale non era sempre così netta. Riconoscendo l’impossibilità di proibire ogni opera che non fosse del tutto allineata con l’ortodossia statale, in Francia si riconosceva una gradazione di sfumature che andava dal massimo grado di liceità, sancita dal privilegio concesso dal re e riportato sul frontespizio, al massimo grado di illegalità, passando attraverso vari gradi di tolleranza (permissions tacites, permissions simples, permissions de police e simple tolérances)63.

Dopo essere stati stampati e usciti da lla Francia, i libri dovevano entrare a Venezia.

Prima di riuscirci però dovevano affrontare i controlli doganali e superare l’esame dei Riformatori dello Studio di Padova, cui appunto spettava il compito di analizzare le opere e decidere se licenziarle o meno. Nel primo caso i libri potevano proseguire il loro viaggio e giungere ai destinatari, nel secondo venivano invece fermati64. Tuttavia i controlli non sempre erano scrupolosi, forse a causa della grande quantità di libri che arrivava in città, e anzi l’«introduzione furtiva65» era molto frequente.

62

M.INFELISE, I libri proibiti da Gutenberg all'Encyclopédie, Roma, Editori Laterza, 1999, p. 75.

63

R.DARNTON, I libri proibiti. Pornografia, satira e utopia all’origine della Rivoluzione francese, Milano, Mondadori, 1997, p. 6.

64

F.PIVA, Cultura francese e censura a Venezia nel secondo Settecento,Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 1973, pp. 12-13.

65

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25

Va inoltre riportato che molte delle opere presenti nella biblioteca di Ludovico Rezzonico erano reperibili a Venezia tradotte in italiano e anzi, i lavori di traduzione erano molto ricorrenti, specie per gli autori più noti66.

Contemporaneamente a questo fenomeno, però, va notato che copie di molte opere francesi venivano stampate a Venezia mantenendo la loro lingua originale e apponendo sul frontespizio «data e luogo esteri», perché la traduzione era «“privilegiata” [...] o il cui contenuto era inviso all’autorità ecclesiastica che in tal modo non poteva opporre alcuna resistenza, sembrando opere importate67».

2.2 Gli editori

66

PIVA, Cultura francese, cit., pp. 170-171.

67

PIVA, Cultura francese, cit., p. 171.

12 11 9 7 7 7 9 12 21 7 7 8 0 5 10 15 20 25 Editore sconosciuto/ compagnia

Prault Nyon Marbre-Cramoisy Herissant Durand Duchesne Didot Desaint & Saillant Debure Briasson Barbin

EDITORI DI PARIGI

Il grafico riporta gli editori parigini più ricorrenti nelle prime edizioni delle opere inventariate

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26

Osservando i nomi di questi editori e cercando informazioni su di loro nel catalogo online della Bibliothèque nationale de France emergono alcune informazioni interessanti.

Alcuni di questi infatti sono riusciti a creare un’attività che si è tramandata negli anni, di padre in figlio, stabilendo delle tipografie con una lunga storia, riscontrabile anche attraverso i dati dell’inventario, dove si trovano opere pubblicate ora dal padre, ora dal figlio di questa o quella famiglia. È il caso, in particolare della famiglia Prault, dei Didot o della realtà, ancora più composita, dell’associazione Desaint, Saillant e Nyon, legati tra loro da rapporti di lavoro o da matrimoni.

Nel primo caso, Pierre Prault, nato nel 1685, stabilisce la sua attività nel 1711, trasmessa prima al figlio Laurent François e poi passata al nipote Louis-Laurent, che la chiuderà nel 1806, anno della sua morte.

La famiglia Didot segue delle vicende simili. Il padre François inizia la sua attività nei primi anni del secolo e nel 1757 la cede al figlio pochi mesi prima di morire. A causa di alcune pubblicazioni diffamatorie, era anche stato in carcere alla Bastiglia tra il 1742 e il 1743. La moglie, rimasta vedova, prosegue il suo lavoro assieme al figlio François-Ambroise che nel 1789 cede l’attivà ai figli, i quali fonderanno la Firmin Didot.

Interessante è la vicenda che vede l’associazione Desaint e Saillant, la cui lunga collaborazione si riscontra anche nell’inventario dei libri di Ludovico Rezzonico. L’attività di Jean Desaint (1692-1776) inizia nel 1720. Dal 1741 al 1758 pubblica libri in uso nella diocesi di Beauvais assieme al fratello François con il nome di Frères (o fratres) Desaint. Ma la collaborazione più importante è quella, appunto,

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27

con Charles Saillant, che era già suo apprendista, iniziata nel 1740 e conclusasi nel 1764. Charles Saillant (1716-1786) comincerà poi una collaborazione con Jean Luc III Nyon, suo genero, nel 1768. Quest’ultimo, infine, si assocerà col figlio a partire dal 1788.

Un altro aspetto interessante che emerge è l’uso che si fa degli pseudonimi. Molti dei nomi delle tue tabelle, di editori, quindi, sia parigini che di altre città, risultano essere sia reali che fittizi. È ciò che avviene per la famiglia Prault, che stampa opere a Parigi spacciondole per pubblicate ad Avignone, L’Aia, Nancy e

7 7 11 17 11 7 7 16 8 9 7 8 6 24 8 0 5 10 15 20 25 30 L'AIA Gosse L'AIA Moetjens L'AIA Jean Neaulme AMSTERDAM s.e./ compagnia AMSTRRDAMArkstee & Merkus AMSTERDAM Changuion AMSTERDAM Desbordes AMSTERDAM Marc Michel Rey AMSTERDAM Mortier AMSTERDAM Westsein COLONIA Marteau GINEVRA Cramer LIONE Bruyset-Ponthus LONDRA s.e/ compagnia LONDRA Nourse

EDITORI – ALTRE CITTÀ

Il grafico riporta gli editori non parigini più ricorrenti nelle prime edizioni delle opere inventariate

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secondo il nome di Gosse o di Neaulme, entrambi editori esistenti e attivi a l’Aia il primo dal 1740 e il secondo già dal 1720. Marc Michel Rey (1720-1780) comincia la sua attività nel 1746, proseguendola poi fino alla morte. Nato a Ginevra, muove i primi passi presso la tipografia di Marc Michel Bousquet ad Amsterdam. È l’editore di Rousseau e dal 1752 di Voltaire. Tuttavia, anche in questo caso, il suo nome diventa uno pseudonimo usato dai fratelli Cramer (e non solo) per celare alcune loro pubblicazioni stampate nel periodo tra il 1752 e il 1789. Stessa sorte per la società Arkstee et Merkus, editori realmente esistenti e attivi ad Amstrdam dagli anni Trenta agli anni Ottanta del Settecento, ma il cui nome era spessissimo usato per celare le pubblicazioni pericolose nel periodo 1753-1774.

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3. ANNI DI PUBBLICAZIONE

I libri della biblioteca di Ludovico sono tutti moderni e nella maggior parte dei casi si tratta di opere la cui prima edizione vide la luce nel Settecento. Solo una settantina di opere risalgono al XVII secolo.

I decenni più ricchi di prime edizioni sono quelli centrali, con 134 titoli tra il 1750 e il 1759 e 121 tra il 1760 e il 1769, per un totale di 255 opere che costituiscono quasi la metà dell'intera biblioteca.

9 8 10 21 25 21 26 38 42 60 121 134 58 7 0 20 40 60 80 100 120 140 160 Precedenti al 1659 1660-1669 1670-1679 1680-1689 1690-1699 1700-1709 1710-1719 1720-1729 1730-1739 1740-1749 1750-1759 1760-1769 1770-1779 1780-1785

ANNI DI PUBBLICAZIONE

Nel grafico si riportano le date di pubblicazione delle prime edizioni dei libri inventariati divise per decenni

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L'interesse di Ludovico era quindi principalmente incentrato sulle opere di recente pubblicazione, più che in quelle di lunga tradizione.

9 8 11 13 21 14 24 15 8 11 0 5 10 15 20 25 30 1760 1761 1762 1763 1764 1765 1766 1767 1768 1769

DECENNIO 1760-1769

11 11 9 10 10 12 14 12 19 13 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 1750 1751 1752 1753 1754 1755 1756 1757 1758 1759

DECENNIO 1750-1759

I due grafici riportano in dettaglio gli anni di pubblicazione delle opere nei due decenni più significativi

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4. I LIBRI DELLA BIBLIOTECA

Per quanto riguarda gli argomenti, gli interessi di Ludovico paiono molto vari, ma alcuni spiccano sugli altri.

Numerosissimi, con 136 titoli, sono i testi di filosofia e religione. Tra questi ultimi, alcuni sono trattati teologici veri e propri, mentre altri riguardano la questione dei gesuiti, che durante il pontificato dello zio Clemente XIII si era dimostrata una questione spinosa in seno alla Chiesa.

Tra i testi filosofici, invece, innumerevoli sono i testi che risultavano messi all'indice. Ci sono tutti gli autori di spicco dell'Illuminismo, Rousseau, Voltaire, Montesquieu, Diderot, cui vanno aggiunti moltissimi autori minori. Forse l'unico grande a mancare all'appello è Helvetius. Il possesso di questi libri era proibito e le conseguenze potevano essere gravi; chiunque ne conservasse delle copie in casa, cercava di nasconderlo in tutti i modi, come fece Caterina Dolfin Tron, che nascose alcuni libri pericolosi sotto il letto della sua cameriera Lucietta68. Una volta rinvenuti, furono sequestrati e dati alle fiamme.

68

G.DAMERINI, La vita avventurosa di Caterina Dolfin-Tron, Milano, Mondadori, 1929, p. 81. 23% 6% 15% 8% 24% 24% 48%

ARGOMENTI

Filosofia e religione Romanzi

Altro Geografia, viaggi, storia naturale Storia Biografie, memorie, lettere

Nel grafico si riporta la distribuzione degli argomenti tra le opere della biblioteca. In particolare si distingue, all’interno dell’argomento storico, tra i testi storici e le biografie o

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Il loro ingresso a Venezia era vietato e al confine i controlli doganali erano severi. Per riuscire a introdurre ugualmente questo materiale scottante in città si ricorreva ad ogni genere di sotterfugio, dall'imballaggio dei libri insieme ad altre merci, alla loro spedizione assieme alla posta degli svizzeri69. Ludovico esponeva quindi se stesso e il buon nome della sua famiglia a un rischio notevole.

Un altro argomento preponderante, tanto che da solo occupa quasi la metà della biblioteca è la storia. Se ne trovano tantissimi titoli, riguardanti i Paesi europei e qualche Paese extraeuropeo come ad esempio il Giappone, la Giamaica, la California e altri ancora. Si tratta di raccolte di annali o di testi su specifici periodi storici, battaglie o accordi di pace. Troviamo storie di vite di personaggi importanti o saggi sull’operato di chi ha ricoperto importanti cariche statali. Oltre a queste, trovano spazio numerose raccolte di memorie o di lettere di varie personalità.

Un ultimo argomento che è massicciamente presente nella biblioteca è la geografia, accompagnata da racconti di viaggio in ogni parte del mondo. Come ci ricorda Noè, la letteratura di viaggio

dal Seicento fino a tutto il sec. XVIII fu uno dei principali nutrimenti e un continuo stimolo intellettuale e fantastico per il pensiero libertino e poi per quello illuministico; tanto che il ‘mito del buon selvaggio’[...] diventa un riferimento perfino ovvio. [...] Eppure, più che ai Tropici, alle praterie americane o alle isole del Pacifico (le terre in cui il buon selvaggio viveva e prosperava)70

sembra che l’immaginario Ludovico tendesse a spingersi verso i panorami gelidi dei paesi nordici e siberiani. Come Noè riscontra, questo interesse non si limita ai libri, ma lo si ritrova anche in alcuni elementi decorativi della villa di famiglia a Bassano71.

69

BERENGO, La società veneta, cit., p. 145.

70

NOÉ, Rezzonicorum cineres, cit., p. 260.

71

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33

5. LA FIGURA DI LUDOVICO REZZONICO

A questo punto non resta che cercare di rispondere ad alcune domande. Perché tutti questi libri? Perché tutti in francese? Perché quest’incredibile quantità di libri proibiti?

Ludovico Rezzonico, nonostante tutte le sue cariche, l’essere Cavaliere, Procuratore di San Marco, Principe assistente al soglio pontificio, nonostante il ruolo della sua famiglia a Venezia e la vetrina garantitagli dallo zio pontefice, è citato pochissimo dalle fonti. Al contrario, i suoi familiari sembrano in qualche modo più avvicinabili e rintracciabili, più accessibili, fino ad arrivare al caso particolare della vastissima bibliografia su Clemente XIII. Basandoci perciò su una frammentaria ricostruzione possiamo solo arrischiare qualche ipotesi.

Una prima possibilità ci viene offerta da Enrico Noè nel suo articolo.

A partire dall’inventario di quadri e statue che si trovavano in Ca’ Rezzonico egli riscontra una certa mancanza di gusto artistico, addirittura deludente72.

L’impressione di trovarci di fronte ad un signore ricco ma di scarso talento nel giudicare dell’arte, facile ad acquistare paccottiglia anche banale, che però desse in qualche modo la sensazione di mettere le mani su qualcosa di raro e prezioso (i mosaici portatili, gli arazzi...; mentre il Tiepolo è confinato al secondo piano), è dunque legittima73.

Allo stesso tempo i suoi libri ci danno un’immagine del tutto diversa, che

qualificano Ludovico come personalità [...] aggiornata, membro di una società ‘illuminata’ e propensa a vedere l’arte come il semplice, quasi accidentale veicolo delle idee74.

L’autore dà poca importanza al fatto che tutte le opere siano scritte o tradotte in francese, senza alcuna eccezione, per quanto invece appare poco comprensibile che non esistesse in tutta la casa un solo volume in italiano o in una qualsiasi altra

72

NOÉ, Rezzonicorum cineres, cit., p. 258.

73

NOÉ, ibidem.

74

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34

lingua. Si sofferma invece sull’aspetto tematico dei libri, sulla presenza di tutte le maggiori opere dei «philosophes75» dell’Illuminismo.

Noè sottolinea che il carattere anticristiano di quel genere di opere poco si adatta al fatto che a possederle fosse il nipote del papa e di un papa, come si è visto, decisamente avverso alle nuove idee che stavano circolando per tutta l’Europa. Inoltre, come si è ricordato poc’anzi, Ludovico ricopriva anche una carica di una certa importanza per la Chiesa, in quanto Principe assistente al soglio pontificio, oltre che Gonfaloniere della Chiesa. Noè interpreta questa ambiguità come una questione di «costume, più che di ideologia76» e chiama in causa il gesuita Pellegrini, che in una predica sull’Insicerità pubblicata nel 1787, si lancia in un’invettiva contro quei nobili che professano le dottrine illuministiche nel segreto delle loro case, e pubblicamente fingono di rigettarle in favore di una totale adesione alla religione77. Una figura che di solito era impersonata proprio da quei nobili e borghesi di buon livello sociale e culturale che le nuove idee influenzavano a livello profondo, psciologicamente e culturalmente, al punto di portarli ad atteggiamenti ostili alla tradizione cattolica78. Tuttavia si tentava proprio verso di loro un’opera di riconversione, ritenendoli, nella maggior parte dei casi, più attratti da una nuova moda che realmente e intimamente convinti della veridicità delle teorie illuministiche.

Noè si dichiara favorevole ad un’interpretazione di questo tipo, poiché, egli dichiara, non è possibile

collegare, in modo esplicito, il nome di Ludovico a qualche circolo ‘illuminato’ allora operante a Venezia: né a quello del console Smith, o del Memmo, o dell’Ortes79

.

È pur vero che, da un certo punto di vista, il possesso di libri di stampo illuminista fosse abbastanza comune per i tempi in cui visse Ludovico, e a darcene conferma è uno scritto autografo di Giacomo Casanova citato da Franco

75 NOÉ, ibidem. 76 NOÉ, ibidem. 77

NOÉ, Rezzonicorum cineres, cit., pp. 259-260.

78

NOÉ, Rezzonicorum cineres, cit., p. 260.

79

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35

Piva nel suo lavoro80: l’illustre ex carcerato, divenuto confidente per gli Inquisitori e da questi incaricato di indagare sul possesso di libri proibiti a Venezia, ammette che l’impegno è molto gravoso poiché questo tipo di testi era estremamente diffuso presso tutti i ceti i sociali e l’indagine si rivelava così vasta da non poter essere inclusa in un solo scritto. Tuttavia pare che oltre a questa prima lettera non ve ne siano state altre, forse, dichiara il Piva, perché gli Inquisitori, ormai disillusi di poter debellare il problema, abbandonarono il progetto81.

Un’altra ipotesi ci viene da Marino Zorzi e dal suo lavoro sulla Biblioteca di San Marco.

Se nel Settecento Venezia era uno dei «più grandi mercati antiquari del mondo82» ed era possibile formare in fretta vaste collezioni di libri, nella Biblioteca di San Marco la Repubblica preferiva raccogliere codici singolari ed edizioni rare, rendedola così celebre per la letteratura greca, latina ed italiana. La collezione di testi scientifici veniva invece delegata alla città di Padova e alla sua Università, insieme a tutte le opere moderne. Ciò non significava comunque lasciare Venezia priva di questo genere di titoli; vi supplivano infatti le poderose biblioteche degli ordini religiosi e le molte biblioteche dei privati cittadini83. In tale ambito possiamo quindi inserire anche Ludovico Rezzonico84.

Zorzi nota che i patrizi veneziani mettevano minuziosa cura nella raccolta di libri antichi ma soprattutto di quelli moderni, cui destinavano una sala della loro casa che aprivano per amici e studiosi.

Accanto ai libri di pregio antiquario si accumulavano [...] libri moderni, francesi e inglesi, che diffondevano la nuova cultura85.

Biblioteche che sotto il dominio francese sarebbero state in molti casi svendute «sotto il pungolo della necessità economica86».

80

PIVA, Cultura francese, cit.,, pp. 175-180.

81

PIVA, ibidem, p. 175.

82

M.ZORZI, La libreria di San Marco. Libri, lettori, società nella Venezia dei dogi, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1987, p. 320.

83

ZORZI, ibidem.

84

ZORZI, La libreria di San Marco, cit., p. 343.

85

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36

La raccolta di libri di Ca’ Rezzonico possedeva un’enorme quantità di testi di difficile reperibilità e pericolosi per chi li conservava, e in questo senso avrebbe potuto fungere da polo di attrazione per gli studiosi. Non abbiamo fonti che possano confermarlo o smentirlo, ma certo è che se davvero fosse stato questo lo scopo di Ludovico, egli avrebbe messo se stesso sotto la luce dei riflettori e rivelato tutta l’ambiguità della sua posizione, rischiando di perdere la reputazione e forse anche di più. A meno che Ludovico non disponesse di una licenza speciale, di un privilegio, come già era per altre famiglie; è il caso, ad esempio, della famiglia Pisani87.

Questo genere di licenze era nominale, andava cioè a specificare, titolo per titolo, di quali testi si liberalizzava il possesso e veniva periodicamente rinnovato.

Pur non avendo testimonianze che ci confermino che Ludovico possedesse tale privilegio, possiamo quasi dare per scontato che così fosse. Da una parte, basti pensare a quanto i Rezzonico fossero una famiglia ricca, di spicco e influente a Venezia e chi meglio di loro poteva garantirsi dei privilegi di cui già altri godevano? Dall’altro lato, il solo inventario, in qualche modo, ci dimostra la verosimiglianza di quest’ipotesi. Infatti, se a Ludovico non fosse stato esplicitamente concesso di conservare i titoli proibiti, non potremmo trovarne traccia: o i suoi parenti si sarebbero assicurati di farli preventivamente sparire, oppure il funzionario incaricato di redigere l’inventario avrebbe passato sotto silenzio tale irregolarità. E questo è uno dei motivi per cui non sempre gli inventari possono rivelarsi testimonianze attendibili.

Appurato quindi che Ludovico avesse il permesso esplicito di conservare libri proibiti nella sua biblioteca, l’ipotesi di una libreria aperta al pubblico o semi-pubblica, trova ancor maggior credibilità.

Questo ci rimanda al saggio di Dorit Raines e di quelle che lei ha definito biblioteche-museo. Nel suo saggio lei dimostra come il libro sia considerabile uno status symbol, «elemento indispensabile all’immagine della casata88». Tuttavia

86

M. ZORZI, ibidem.

87

D.RAINES, La biblioteca-museo patrizia e il suo “capitale sociale” – modelli illuministici veneziani

e l’imitazione dei nuovi aggregati, in Arte, storia, cultura e musica in Friuli nell’età del Tiepolo. Atti del convegno internazionale di studi, Udine, 19-20 dicembre 1996, a cura di Caterina Furlan, Udine,

Forum, 1997, pp. 74-75.

88

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37

ciò è possibile solo in «presenza di una quantità di libri» di varie materie e «insieme ad un luogo adatto all’esposizione di essi89

».

Perciò il libro conta solo se inserito in una vasta collezione, che sia il più ampia possibile.

Il libro, per quanto centrale nella vita culturale, non può rendere lo stesso ‘capitale sociale’ di un’opera d’arte, se si valuta l’aspetto utilitario: solamente se riunito a molti altri in un processo di scelta ragionata e erudita, può impressionare al pari di una singola opera d’arte90

.

E questo perché

Il collezionismo, fenomeno talvolta ‘consumistico’, è diffusissimo a Venezia e nel Veneto già dal Trecento. Il collezionista [...] è considerato serio solamente quando spende somme di denaro impressionanti. E le famiglie aggregate ‘aderiscono’ completamente a questo ritratto, che non fa che confermare l’aspetto ‘consumistico’ del fenomeno91

.

Le biblioteche private divennero allora elemento chiave nella società veneziana e le famiglie aggregate vedevano in esse, e negli aspetti culturali in generale, il mezzo più rapido e vantaggioso per distinguersi, considerando che a livello politico e sociale erano molto ostacolate dalle famiglie di antico lignaggio92. È il medesimo procedimento che si verifica a livello architettonico nella costruzione o nel restauro dei palazzi patrizi,

luogo per eccellenza dove viene rappresentata l’immagine della famiglia. Di conseguenza verrà abbellito e preparato ad accogliere la simbologia dell’apoteosi familiare nelle sue varie forme, e secondo i mezzi e i gusti della casata: affreschi, mobili, statue, quadri, stoffe pregiate per coprire le pareti, etc93.

89

RAINES, ibidem.

90

RAINES, La biblioteca-museo patrizia, cit., p. 79.

91

RAINES, La biblioteca-museo patrizia, cit., p. 76.

92

RAINES, La biblioteca-museo patrizia, cit., p. 75.

93

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38

Secondo l’opinione di Giuseppe Pavanello nel suo articolo sulla committenza artistica e il collezionismo, i Rezzonico rientrano proprio in quella categoria di patrizi in cui l’esibizione delle insegne della casata non è solo comune, ma arriva ad un’ostentazione ossessiva, «quasi paranoica94

». Lo stemma della famiglia era presentato ovunque fosse possibile, nell’incisione che celebrava l’elezione di Clemente XIII (dove addirittura è sorretto dall’allegoria della Fede), sull’arco di ingresso della cappella nella chiesa “veneziana” di San Marco in Roma, nel salone di Ca’ Rezzonico a Venezia, negli affreschi di villa Barbarigo a Noventa Vicentina, per citare alcuni esempi. E in effetti, il palazzo di famiglia a Venezia non è solo dimostrazione della ricchezza e del prestigio acquisiti, è una vera e propria lettera di intenti, al punto, come già si è detto, da guadagnarsi l’onore (e l’onere) di ricevere gli ospiti più illustri che si trovavano a passare in città. Si tratta proprio dell’espressione di quell’

autoglorificazione familiare (nata in seguito alle aggregazioni di nuove famiglie al ceto dirigente a partire del 1646, che ebbe come conseguenza una guerra di immagine fra le vecchie e le nuove case), che trasforma il nucleo abitativo patrizio in una celebrazione dell’apoteosi familiare95

.

Tuttavia, le famiglie aggregate hanno bisogno, nella costruzione dell’immagine che vogliono dare di sé, di un punto di riferimento «per operare delle scelte ‘giuste’» , dato, di solito, «dai membri del rango a cui si aspira ad appartenere96

». In tal caso, però, inevitabilmente, «la scelta dei singoli prodotti » sarà

il frutto di quello che si ritiene il gusto dell’epoca e non il risultato di un processo di assimilazione del valore intrinseco dell’opera. Questa «appropriazione dell’opera d’arte» sarà tipica del comportamento delle famiglie aggregate97.

94

G.PAVANELLO, I Rezzonico: committenza e collezionismo fra Venezia e Roma, “Arte veneta. Rivista trimestrale di storia”, n. 52, 1998, p.87.

95

RAINES, La biblioteca-museo patrizia, cit., p. 64.

96

RAINES, La biblioteca-museo patrizia, cit., p. 76.

97

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Purtroppo la data della morte di Ludovico Rezzonico ci impedisce di avere un’immagine più chiara della sua personalità.

Solo tre anni dopo infatti sarebbe scoppiata la Rivoluzione francese e Ludovico sarebbe stato chiamato a prendere una posizione netta al riguardo: condannarla o esaltarla, sostenere la “libertà” o far prevalere la “reazione”.

Nella sua analisi, Noè sottolinea un’ambiguità che non sembra possibile chiarire o tradurre in quanto intrinseca nel personaggio e per lui stesso imprescindibile. Dal punto di vista artistico, infatti, l’autore nota la continua commistione di stili e di temi, di tendenze nuove e di richiami al passato98. Ciò sembra emergere anche dall’osservazione della sua biblioteca, con la coesistenza di due spinte contrapposte, una verso ciò che è moderno, verso le teorie illuministiche e le idee che si stavano diffondendo in tutta Europa e una verso l’antico e i tempi andati, come dimostra l’enorme quantità di libri a carattere storico che possedeva. Come dice Noè, in

Ludovico troviamo svariati indizi di una ‘forma mentis’ [...] contorta e smarrita99.

Uno smarrimento dovuto forse alle novità e ai cambiamenti del periodo storico che egli si trovava a vivere e che non si sentiva attrezzato ad affrontare. In questo senso, i continui richiami al passato, presenti nei suoi libri, nei dettagli architettonici e nelle opere d’arte della sua abitazione potevano fungere per lui da «bussola morale», per quanto modesta, «per uno stato d’animo desideroso di quiete e di ‘aurea mediocritas’100

» 98

NOÉ, Rezzonicorum cineres, cit., p. 268.

99

NOÉ, ibidem. 100

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41

PARTE II:

L’INVENTARIO DEI LIBRI

1. IL LAVORO DI RICERCA

Nella trascrizione dell’inventario e nell’identificazione delle opere si è deciso di operare in questo modo:

a) In elenco numerato si è riportato il titolo così come è scritto nell’inventario originale, comprensivo di eventuali errori. I numeri a destra, anch’essi presenti nell’inventario, indicano in quanti volumi era sudddivisa l’opera.

b) Per l’identificazione si sono indicati - l’autore con il nome completo,

- il titolo dell’opera così come è riportata nel frontespizio laddove è stato possibile indicarlo con precisione,

- il luogo e la data di stampa, l’editore e il formato, qualora questi dati fossero reperibili dalle fonti.

In caso di più di un’edizione si è deciso di riportare i dati della prima edizione e di quella più prossima alla data della morte di Ludovico, avvenuta il 2 gennaio 1786.

Se non diversamente indicato, le ricerce si sono svolte sul catalogo online della

Bibliothèque nationale de France.

La biblioteca di Ludovico Rezzonico raccoglie 587 opere in 2477 volumi.

ABBREVIAZIONI:

s.l. – senza luogo di pubblicazione s.e. – senza nome dell’editore

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2. L’INVENTARIO

(ASV, Giudici di Petizion, Inventari, f. 481)

A

1. Anecdotes Russes par C. F. S. della March 1

Autore: Christian Friedrich Schwan de la Marche

(1733-1815)

Titolo: Anecdotes russes ou lettres d'un officier allemand à

un gentilhomme livonien, écrites de Petersbourg en 1762. Tems du règne et du détrônement de Pierre III, empereur de Russie, recueillies et publiées par C. F. S. de La Marche

Pubblicazione e descrizione fisica: Londra, aux dépens de la

Compagnie, 1764, 8°

2. Anecdotes, ou Histoire de la Maison Ottomane 4

Autore: Madame Madeleine-Angélique de Gomez

(1684-1770)

Titolo: Anecdotes ou histoire de la maison ottomane Pubblicazione e descrizione fisica:

Marcellin Duplain, 1722, 12°

Amsterdam, par la Compagnie, 1740, 12°

Note: opera di quattro tomi in due volumi

3. Anecdotes historiques, militaires, politiques de l’Europe

par Mr Raynal 3

Autore: Guillaume-Thomas Raynal (1713-1796)

Titolo: Anecdotes historiques, militaires et politiques de

l’Europe depuis l'élevation de Charles-Quint au thrône de l'empire, jusqu'au traité d'Aix-la-Chapelle en 1748. Par l'abbé Raynal, de l'Académie des sciences & belles lettres de Prusse

(42)

43

Pubblicazione e descrizione fisica: Amsterdam, T.

Crajenschot, 1754-1756, 12°

[SBN]

4. Antiquites Romaine 1

Autore: Comte de B***

Titolo: Antiquités romaines expliquées dans les memoires du

comte de B***, contenant ses avantures, un grand nombre d'histoires & anecdotes du tems très-curieuses, ses recherches & ses découvertes sur les antiquités de la ville de Rome & autres curiosités de l'Italie

Pubblicazione e descrizione fisica: L’Aia, Jean Neaulme

(1694-1780), 1750, 4°

Note: Opera generalmente attribuita a umbarac ba Ahmet

Pa a, Comte de Bonneval

5. Avvertissmens de l’Eveque de Soissons 3

Autore: Jean-Joseph Languet de Gergy (1677-1753) Titolo:

 Avertissement de monseigneur l'évêque de Soissons à ceux qui, dans son diocèse, se sont déclares appelans de la constitution "Unigenitus”

 Second avertissement de monseigneur l'évêque de Soissons à ceux qui, se sont déclarés appelans de la constitution "Unigenitus"

Pubblicazione e descrizione fisica: s.l., 1718, 4°

6. Adelaide de Witobury par la P. Marin. 1

Autore: Michel-Ange Marin (1697-1767)

Titolo: Adelaïde de Witsbury, ou la pieuse pensionnaire, avec

sa retraite spirituelle de huit jours

(43)

44

 Avignone, 1750, Giroud, 12°

 Avignone, 1763, Giroud, 12°

Note: L’opera ha visto tre diverse edizioni

7. Anecdotes (Recueil d’) 19

Non è stato possibile identificare l’opera a causa del titolo estremamente vago

8. Almoran et Hamet 2

Autore: John Hawkesworth (1715?-1773) Titolo: Almoran et Hamet, anecdote orientale

Pubblicazione e descrizione fisica: Londra, 1763, 12°

Note: Tradotto da l’abbé Prevost; opera composta di due parti

in un unico volume

9. Annale d’Espagne e de Portugal par Don Juan Alvarez de Colmenar 8

Autore: Don Juan Alvarez de Colmenar Titolo: Annales d’Espagne et de Portugal

Pubblicazione e descrizione fisica: Amsterdam, F. L.

Honoré, 1741, 4°

Note: Tradotto da Pierre Massuet (1698-1776)

10. Abeillard (le nouvel) 4

Autore: Nicolas-Edme Rétif de La Bretonne (1734-1806) Titolo: Le Nouvel Abeilard, ou lettres de deux amans qui ne

se sont jamais vus

Pubblicazione e descrizione fisica: Parigi, veuve Duchesne,

1778, 12°

11. Aventures de Roderix Random 2

(44)

45

Titolo: Aventures de Roderik Random, traduites de l'anglois

de Fielding Smollet

Pubblicazione e descrizione fisica: Londra, Jean Nourse

1762, 12°

12. Aventures de la Marquise de Fierval ou la Belle Berrusguere 2

Titolo: La belle Berruyere ou aventures de la marquise de

Fierval

Pubblicazione e descrizione fisica: Londra, Jean Nourse,

1765, 12°

13. Adele de Comm . . . ou Lettres d’una fille a son Pere 4

Autore: Nicolas-Edme Rétif de La Bretonne (1734-1806) Titolo: Adele de Comm . . . [sic] ou lettres d’una fille a son

père

Pubblicazione e descrizione fisica: Francia, Edme Rapenot,

1772, 12°

14. Amours de Theagenes et de Chariclee 1

Autore: Eliodoro di Emesa

Titolo: Amours de Theagénes et de Chariclée Pubblicazione e descrizione fisica:

 Parigi, P. Champenois et P. Trichard, 1633, 8°

 Amsterdam ,J.-F. Bernard, 1716, 12°

15. Anecdotes de la Bienfaisance ou annales du Regne de Marie Therese

par Mr Fromageot 1

Autore: Pierre Fromageot (1738-1794)

Titolo: Anecdotes de la Bienfaisance ou annales du règne de

Marie Thérèse

Pubblicazione e descrizione fisica: Parigi, Jean-Luc Nyon,

(45)

46

16. Anecdotes du Ministere du Comte Duc d’Olivarez 1

Autore: Vittorio Siri (1608-1685)

Titolo: Anecdotes du ministère du comte duc d'Olivarès,

tirées et traduites de l'italien du Mercurio Siry par H. de Valdory

Pubblicazione e descrizione fisica: Parigi, J. Musier, 1722,

12°

17. Angola histoire Indienne 2

Autore: Jacques Rochette de La Morlière (1719-1785)

Titolo: Angola, histoire indienne ouvrage sans

vrai-semblance

Pubblicazione e descrizione fisica:

Agra [i.e. Parigi], s.e., 1746, 12°

Agra [i.e. Parigi], s.e., 1763, 18°

Note: Numerose le riedizioni

18. Aventures du Comte de Rossmond 2

Titolo: Les avantures [sic] du comte de Rosmond

Pubblicazione e descrizione fisica: Amsterdam, Jacques

Desbordes 1737, 12°

19. Anecdotes Persanes par Made de Gommez 2

Autore: Madeleine-Angélique de Gomez (1684-1770) Titolo: Anecdotes Persanes

Pubblicazione e descrizione fisica: Parigi, D. Mouchet,

1727, 12°

20. Amours de Catulle et de Tibulle par Mr de la Chapelle 4

(46)

47

Titolo: Amours de Catulle et de Tibulle avec quelques autres

pièces du même auteur

Pubblicazione e descrizione fisica: L’Aia, G. Neaulme,

1742, 12°

21. Amours de Zeokinizul Roi de Kofirans 1

Autore: Claude-Prosper de Crébillon (1707-1777)

Titolo: Amours de Zeokinizul roi de Kofirans, ouvrage

traduit de l'arabe du voyageur Krinelbol

Pubblicazione e descrizione fisica:

 Amsterdam, Michel, 1746, 8°

 Constantinopoli, l'Imprimerie de Sa Hautesse, 1770, 8°

22. Asiatique tolerant 1

Autore: Laurent Angliviel de La Beaumelle (1727-1773) Titolo: L'Asiatique tolérant, traité à l'usage de Zeokinizul roi

des Kofirans, surnommé le Chéri, ouvrage traduit de l'arabe du voïageur Bekrinol

Pubblicazione e descrizione fisica: Parigi, Durand, 1748, 8°

23. Avantages e desavantages des scienses et des Arts par

Mr J.J. Rousseau 2

Autore: Jean Jacques Rousseau (1712-1778)

Titolo: Les avantages et les désavantages des sciences et des

arts considérés par rapport aux mœurs, en plusieurs discours, lettres

Pubblicazione e descrizione fisica: Londra, aux dépens de la

Compagnie, 1756, 4°.

24. Amour (l’) Précepteur 2

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