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AlmaDL Journals: challenges and opportunities for an open access publishing service

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Academic year: 2021

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Bibliothecae.it, 7 (2018), 2, 398-418 DOI <10.6092/issn.2283-9364/8953>

AlmaDL Journals:

sfide e opportunità di un servizio

editoriale ad accesso aperto

I

l servizio AlmaDL Journals1 è uno dei tanti servizi editoriali

offerti dalla biblioteca digitale dell’Università di Bologna. AlmaDigitalLibrary2 nasce originariamente come progetto

unitario di infrastrutture e servizi destinati alla comunità accademica e studentesca per la pubblicazione e la preservazione di contenuti digitali nativi e digitalizzati, con un forte committment per l’Open Access come modalità ideale di condivisione delle conoscenze scientifiche.

L’attività editoriale rappresenta oggi una delle frontiere più innovative per le biblioteche accademiche.3 Per colmare le aporie

dell’industria editoriale scientifica commerciale e per offrire soluzioni alternative più funzionali e vicine ai bisogni delle comunità scientifiche, molte biblioteche accademiche hanno attivato fin dai primi anni del 2000 servizi di repository e piattaforme per la preservazione e la pubblicazione in rete di contenuti digitali.

Il digitale ha un potenziale che gli editori tradizionali non sono

1 <https://journals.unibo.it/>. 2 <https://sba.unibo.it/it/almadl>. 3 Lippincott 2016.

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stati sempre in grado di sfruttare o perché vi hanno investito poco e male – come nel caso di molti editori italiani – o perché, avendone avuto paura, hanno cercato di rafforzare il loro business innalzando barriere fatte di tecnologie sempre più sofisticate e diritti esclusivi che ostacolano invece di favorire la circolazione, l’accesso e il riuso delle conoscenze privando proprio le biblioteche del loro ruolo di bilanciamento fra interessi della collettività e interessi privati.

Elementi fondamentali per l’avvio delle iniziative di editoria digitale a cura delle biblioteche sono lo spirito di servizio e la consueta capacità di ascolto delle esigenze dei propri utenti, la conoscenza dei processi della comunicazione scientifica, le competenze in materia di metadati e indicizzazione, l’attenzione alle problematiche legate alla cura e alla preservazione del digitale, la vocazione democratica all’apertura e al riuso delle informazioni. Ci piace pensare che con il collasso in ambiente digitale di molte componenti della catena del valore della produzione e distribuzione editoriale, la filiera si sia accorciata e gli autori accademici abbiano trovato nei professionisti esperti di mediazione bibliografica, accesso e conservazione delle conoscenze, degli alleati preziosi per gestire gli aspetti strumentali collegati alla disseminazione, registrazione e archiviazione dei risultati della ricerca scientifica.

Fattore non meno rilevante per il successo delle attività editoriali curate dalle biblioteche è il diffondersi dell’Open Access.4 Molte

istituzioni hanno adottato policy a favore dell’accesso aperto e numerose agenzie di finanziamento hanno introdotto l’obbligo di disseminare in gold e green open access i risultati delle ricerche finanziate con fondi pubblici, anche come forma di restituzione alla collettività.

AlmaDL Journals è stato attivato nel 2006 in un contesto tutto sommato ancora acerbo. La versione online veniva in genere affiancata dalla versione a stampa perché c’era molta diffidenza da parte delle comunità scientifiche verso le pubblicazioni digitali diffuse

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in rete. La stampa veniva usata per promuovere l’online e conferirgli autorevolezza e dignità. Oggi avviene il contrario: i blog, i siti web, i social network servono per segnalare il cartaceo dove questo viene ancora prodotto.

Il paradigma normativo era obsoleto sia per il deposito legale sia per la registrazione in tribunale. Oggi purtroppo si attende ancora il regolamento attuativo per il deposito del digitale previsto dalla legge di riforma del deposito legale5; inoltre la questione della registrazione

in tribunale e del direttore responsabile, istituti nati in altri tempi e per altre esigenze, ben prima della rivoluzione digitale, sono ancora causa di confusione. Fortunatamente è in corso la sperimentazione per il deposito digitale nell’ambito del progetto Magazzini digitali ed è cambiato l’atteggiamento delle comunità scientifiche e delle istituzioni che hanno finalmente accettato la scientificità delle pubblicazioni elettroniche e non richiedono più certi requisiti per la valutazione dei titoli ai fini concorsuali.

Anche le tecnologie erano meno sviluppate e all’inizio erano un po’ sperimentali. Le prime riviste vennero pubblicate mediante il software EPrints6 diffusosi in particolare per i repository istituzionali, ma, già nel

2008, AlmaDL Journals si è dotato di una piattaforma multi-istanza di Open Journal Systems (OJS), software open source sviluppato da Public Knowledge Project e concepito per la pubblicazione di riviste accademiche referate.7

A livello di servizi offerti, abbiamo puntato, dapprincipio, sulla tecnologia che è stata abilitante e che, grazie alla sua semplicità e alla modularità delle funzioni, poteva facilmente adattarsi ai workflow

5 Il Regolamento emanato come D.P.R. 252/2006, attuativo della l. 106/2004

pre-vede un ulteriore regolamento per il deposto legale digitale a seguito di un periodo di sperimentazione.

6 <http://www.eprints.org/>; la prima rivista attivata su EPrints è stata Ricerche di

Pedagogia e Didattica, <https://rpd.unibo.it>

7 Public Knowledge Project. Open Journal Systems, <https://pkp.sfu.ca/ojs/>;

attualmente tutte le riviste del servizio sono ospitate su una installazione di OJS versione 2.4

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tradizionali delle redazioni. Abbiamo tuttavia integrato il portfolio con attività di formazione e di orientamento per la gestione dei profili del diritto d’autore e l’inserimento dei metadati. Successivamente ci siamo preoccupati di altri importanti servizi a valore aggiunto come l’identificazione persistente e l’archiviazione a lungo termine. Nel 2012 abbiamo stipulato una convenzione con la Biblioteche Nazionale Centrale di Firenze per il deposito legale e l’archiviazione a lungo termine delle riviste di AlmaDL Journals.8 Nel 2013 abbiamo aderito

al progetto della CRUI per l’attribuzione di DOI non commerciali9

agli articoli delle nostre riviste Open Access in modo da renderli facilmente citabili e tracciabili in rete in modo permanente.

Maturazione del servizio e nuovi sviluppi

Nel frattempo anche il mondo della valutazione ha cominciato ad esercitare un forte impatto sul servizio. Il CUN ha perfezionato i criteri di scientificità per le pubblicazioni e ANVUR ha cominciato a valutare la produzione scientifica nazionale avvalendosi di indicatori bibliometrici per le scienze dure e di un ranking di riviste eccellenti per quelle umanistiche o non bibliometriche introducendo requisiti di qualità sempre più stringenti e impegnativi. Le richieste di servizio si sono sempre più spostate dalla tecnologia agli aspetti qualificanti per la certificazione della scientificità e la reputazione, finalizzati ai processi di valutazione effettuati da ANVUR e dalle banche dati citazionali.

Queste novità sul fronte normativo italiano si sono intrecciate con una evoluzione più ampia del panorama editoriale scientifico: ai frequenti aggiornamenti del regolamento per la classificazione delle riviste di area non bibliometrica dell’ANVUR – che hanno dato una nuova centralità dei database bibliometrici Scopus e Web of Science – si sono infatti accompagnate evoluzioni nei criteri di valutazione di

8 <http://www.depositolegale.it/>

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Scopus nonché un nuovo prodotto di Web of Science particolarmente orientato verso le novità editoriali ad accesso aperto (Emerging Sources Citation Index – ESCI). Di fronte al crescente fenomeno del

predatory publishing, un nuovo soggetto si è imposto di fatto come

guardiano della cura editoriale nelle pubblicazioni ad accesso aperto: la Directory of Open Access Journals (DOAJ) ha infatti intrapreso una revisione dei criteri di inclusione delle riviste, a partire dal 2012, che ha avuto un importante ruolo nell’innalzamento dei requisiti e nel miglioramento delle policy di ciascuna rivista.

A seguito di queste spinte verso qualità e trasparenza, il servizio ha iniziato a coprire in maniera più completa la consulenza e cura delle policy per ciascuna rivista: particolare attenzione è stata rivolta alla Open Access policy – includente le possibilità di autoarchivazione per gli autori, al diritto d’autore, al codice etico e alla descrizione della peer review. Proprio su quest’ultimo punto si è cercato, in particolare negli ultimi anni, di assistere le redazioni nell’adozione del flusso di lavoro interno alla piattaforma OJS, che garantisce il tracciamento delle proposte di articolo e che offre una più robusta gestione del doppio cieco, email precompilate e minori rischi di errori, nonché più trasparenza nei confronti degli autori.

Sulla scorta della revisione promossa da DOAJ e della volontà di maggiore trasparenza abbiamo inoltre coinvolto le redazioni in una revisione complessiva dei metadati esposti, promuovendo maggiore precisione e correttezza dei metadati riguardanti la tipologia di contributo, autori e affiliazioni, etc.

Una ulteriore spinta è giunta a seguito delle prime esperienze di alcune redazioni con accuse di plagio in materiali pubblicati. Questi primi casi hanno ribadito l’importanza del tracciamento delle proposte di articolo, nonché la centralità del codice etico nell’operato di una rivista. Grazie infatti al codice etico e con il supporto delle checklist predisposte dal Committee on Publication Ethics (COPE), le redazioni sono state in grado di prendere provvedimenti adeguati nelle varie situazioni, indagando le accuse e, in un caso, provvedendo

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alla retraction del materiale pubblicato.10 Anche in seguito a queste

esperienze AlmaDL Journals ha deciso l’adozione di un servizio antiplagio – iThenticate – offerto alle redazioni come ausilio durante il processo di peer review.

Le rapide evoluzioni delle tecnologie web riguardano naturalmente anche le pubblicazioni ad accesso aperto, che fanno di Internet il mezzo primario per interfacciarsi con il pubblico. Gli sviluppi nella comunicazione web, le strategie riguardanti l’usabilità e la user

experience (UX), nonché le attenzioni nei confronti dei motori di

ricerca (search engine optimization – SEO) costituiscono un patrimonio di competenze che non può essere ignorato dalla comunicazione scientifica Open Access. Tuttavia questo settore – soprattutto in Italia – si è dimostrato scarsamente permeabile a tali novità; davanti alla relativa lentezza nell’adattamento alle nuove tecnologie web si possono formulare varie ipotesi: tra queste la scarsità di risorse che colpisce soprattutto i servizi di pubblicazione accademici, e l’esigenza di investimenti tecnologici specifici per la letteratura scientifica quali la preservazione a lungo termine, l’identificazione e la disseminazione dei metadati, che è prioritaria sul resto.

Una spiegazione che riteniamo superata è invece quella che svaluta l’attenzione degli ultimi anni verso la fruibilità dei siti web a prescindere dal dispositivo del lettore (un concetto che si può riassumere come responsive design). Questo scarso interesse viene motivato sostenendo che il pubblico di riferimento delle riviste scientifiche e la tipologia dell’articolo scientifico non siano fruibili da dispositivi mobili, ma richiedano necessariamente una lettura tramite un computer tradizionale o mediante stampa.

Osservando il traffico web delle riviste del servizio, ricavati tramite Google Analytics, si nota che effettivamente la fruizione prevalente resta quella da dispositivi di tipo desktop (computer fissi o portatili), mentre quella da tablet o smartphone rimane minoritaria; tuttavia la percentuale di accessi tramite dispositivi mobili conta al 2018 una

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media per rivista del 22% degli utenti: una porzione di pubblico non trascurabile e soprattutto in continua ascesa, anche se presenta significative variazioni da rivista a rivista (con un gruppo di sei riviste aventi meno del 15% degli accessi da dispositivi mobili ed uno di sette aventi oltre il 30% degli accessi da smartphone e tablet). Analogamente, nel corso degli anni appare ridursi la forbice tra utenti desktop e utenti da mobile rispetto alla durata media della sessione e al numero medio di pagine viste per sessione, segno che la fruizione di quel segmento di pubblico è sempre meno fugace ed occasionale.

Purtroppo la versione di OJS attualmente usata dal servizio, nonché tuttora la più diffusa nei servizi accademici italiani, la 2.4, non offre in maniera predefinita una interfaccia responsive e presenta un impianto grafico antiquato. Per garantire una adeguata fruizione delle riviste a prescindere dal dispositivo in uso, e per offrire un complessivo miglioramento dell’interfaccia, ad AlmaDL Journals abbiamo approntato una soluzione grafica standardizzata, dotata di parametri che consentono di generare un foglio di stile per ciascuna rivista, gestendo specifiche personalizzazioni. Questa soluzione, votata alla replicabilità, è stata offerta e applicata finora a 21 riviste, ed è disponibile a sorgente aperto.11 Una parziale conferma della

bontà dell’investimento può essere valutata nell’andamento dei dati di Google Analytics, dai quali si osserva che la media degli accessi da tablet e smartphone passa dal 22%, considerando il solo campione di riviste responsive, a più del 25%, mentre cala a meno del 19% considerando le riviste non responsive.

Altri lavori, seppur più acerbi, hanno riguardato il miglioramento dell’indicizzazione nei motori di ricerca generalisti, mentre restano in sospeso interventi più strutturali per introdurre in OJS il supporto a linguaggi semantici specifici per la diffusione su motori di ricerca e sui social network, quali Open Graph Protocol e Schema.org.12

11 AlmaDL Journals Layout <https://github.com/piero-g/almadl-journals-layout> 12 Open Graph Protocol <http://ogp.me/> è un protocollo per l’arricchimento

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In questa serie di interventi si deve tenere comunque conto del fatto che l’attuale piattaforma OJS dovrà subire un complesso aggiornamento alla nuova versione 3, non ancora pianificato. L’adozione di OJS 3, ancora scarsa in Italia, rappresenterà un passaggio fondamentale dei servizi, sia per la complessità nell’aggiornamento e nei cambiamenti del flusso di lavoro, sia per i miglioramenti previsti riguardo usabilità, grafica, standard web. Un ambito nel quale l’offerta è ancora nel complesso carente è invece quello della cura – gestione, presentazione, disseminazione e preservazione – dei prodotti della ricerca non tradizionali, quali file supplementari, video, dataset etc. Da questo punto di vista le stesse riviste tendono ancora molto spesso ad avere come riferimento dei modelli di fruizione e pubblicazione molto tradizionali.

Un altro punto nel quale abbiamo voluto sperimentare è stato infatti quello dei formati di pubblicazione. Inizialmente il servizio non forniva assistenza alle redazioni in questa parte fondamentale del flusso di lavoro, lasciando che ciascuna redazione individuasse la propria soluzione alla lavorazione degli articoli e alla preparazione dei file di pubblicazione, quasi esclusivamente PDF. A partire dal 2017 è infine partita una sperimentazione per l’individuazione di un flusso di impaginazione degli articoli. Il lavoro è stato in parte mosso dalle criticità riscontrate in molte redazioni nel trattamento degli articoli e la generazione dei PDF, e in parte spinto dalla ricerca di soluzioni più idonee al web e potenzialmente più innovative, come la pubblicazione multiformato.

Una iniziale fase di studio e valutazione delle varie soluzioni esistenti, stanti le limitazioni nella forza lavoro del servizio – tanto nelle ore lavorabili quanto nelle competenze disponibili, è servita per individuare la soluzione più sostenibile per poter avviare uno sviluppo e sperimentazione. Un requisito primario riguardava la possibilità delle

la generazione di anteprime; Schema.org <https://schema.org/> è un vocabolario generalista per l’annotazione semantica dei contenuti web, particolarmente orien-tato ai motori di ricerca.

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redazioni di mantenere un ruolo primario nel lavoro di preparazione degli articoli, dovendo quindi contenere il più possibile la barriera rappresentata da linguaggi e strumenti complessi. La scelta è dunque ricaduta sull’impiego di uno strumento di conversione tra formati di testo, pandoc, sviluppato da John MacFarlane, che offre una ampia flessibilità d’uso convertendo testi da e in molteplici formati. All’adozione di questo strumento ha contribuito anche la possibilità di far lavorare le redazioni con una accoppiata di linguaggi altamente semplificati per la gestione dei testi: Markdown e YAML.13

Markdown è un linguaggio di marcatura di ampia adozione per la formattazione di testi, originariamente pensato per la conversione in HTML; la sintassi semplificata consente di lavorare direttamente visualizzando le marcature, senza che ciò ostacoli la lettura del testo come avverrebbe visualizzando il codice HTML o XML. Lo YAML è un linguaggio pensato invece per i dati strutturati che condivide con il Markdown la vocazione alla semplicità. Insieme questi due linguaggi consentono di gestire, in un unico file, sia il testo dell’articolo che i suoi metadati, che tramite pandoc possono essere convertiti in vari formati con una flessibilità analoga a quella degli XML ma con una maggiore semplicità d’uso. Nel tempo sono state sperimentate soluzioni analoghe, vertenti sull’impiego di pandoc e della scrittura in Markdown, come ad esempio il progetto Pandoc Scholar, proprio in virtù della semplicità d’uso della sintassi e della flessibilità di pandoc, che consentirebbe una corretta gestione dei vari elementi di un articolo scientifico.14

Predisponendo degli appositi modelli per personalizzare l’output fornito da pandoc, prevedendo una serie di parametri per gestire le personalizzazioni e alcuni semplici script per automatizzare parte del processo, è stato così possibile impaginare vari articoli partendo dalle loro versioni in formato Word. Questi articoli vengono convertiti

13 Si segnala in particolare una specifica di Markdown: CommonMark <https://

commonmark.org/>; <http://yaml.org/>

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tramite pandoc nel formato Markdown, affinché la redazione si occupi della sistemazione della sintassi e del completamento dei metadati e delle opzioni espresse in YAML; successivamente questa versione degli articoli viene sottoposta a una seconda conversione tramite pandoc, sfruttando i modelli predisposti, per ottenere i formati di pubblicazione in PDF (generato tramite LaTeX) e HTML.15 Ulteriori

versioni in XML JATS (Journal Article Tag Suite) e XML TEI (Text

Encoding Initiative) sono possibili, ma per il momento non sono state

pubblicate.

La soluzione è stata gradualmente estesa e nei primi 8 mesi dall’adozione sono stati pubblicati nove fascicoli da sei riviste differenti, per quasi 150 tra articoli, editoriali e recensioni. In aggiunta altre due riviste provvedono autonomamente alla generazione degli HTML, in un caso tramite il framework RASH.16 I dati di accesso delle riviste che

hanno pubblicato almeno l’ultimo fascicolo nei due formati HTML e PDF suggeriscono un impatto positivo sulla fruibilità della rivista stessa dalle utenze non desktop (sfiorando quota 30% sul totale), mentre i dati fin qui disponibili tramite COUNTER mostrano come gli articoli in formato HTML siano nettamente preferiti: conteggiando i dati di accesso agli articoli aventi sia HTML che PDF risulta come l’80% degli accessi avvenga proprio sulla versione in HTML.

I risultati promettenti e le possibilità di sviluppo ulteriore, tra le ipotesi citiamo la generazione di fascicoli in formato ePub e l’annotazione semantica completa degli HTML in Schema.org tramite RDFa, si scontrano però con la sostenibilità del progetto, che necessita di risorse sia per lo sviluppo che per la formazione e l’assistenza alle redazioni. Pertanto è al momento improbabile una ulteriore estensione del progetto.

15 Codice e documentazione sono disponibili su GitHub: <https://github.com/

piero-g/markdown-workflow>

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Crescita del servizio e sostenibilità

Un aspetto critico per il servizio è dato dalla continua domanda di adesione da parte di redazioni, che ha riguardato tanto nuove iniziative editoriali, quanto riviste già attive che provenivano da esperienze di autopubblicazione o da editori che non prevedono il modello dell’Open Access. Nei primi quattro anni il servizio ha visto l’attivazione di 13 riviste, che sono salite a un totale di 20 nel 2014. Negli ultimi anni la tendenza è possibilmente aumentata, con l’attivazione di 10 riviste nel biennio 2014/2016, che potrebbe essere confermata nel biennio successivo: all’estate 2018 le riviste attive in piattaforma sono 38 con la prospettiva di arrivare a 40 per la fine dell’anno.

Questa crescita quantitativa, che corrisponde ad una evidente esigenza di servizi per il supporto editoriale ad accesso aperto, è andata ad affiancarsi alla già descritta maturazione del settore delle pubblicazioni Open Access, nonché allo sviluppo tecnologico per cercare di mantenere il servizio al passo con i tempi. È interessante notare inoltre come ad una radicale crescita delle riviste aderenti non vi sia stato un altrettanto radicale aumento delle pubblicazioni scientifiche: confrontando il numero di articoli pubblicati nel corso degli anni con il corrispondente numero di fascicoli e riviste, si nota infatti che il primo dato tende a crescere in maniera sensibilmente inferiore, segno che le riviste producono sempre meno articoli. Riteniamo che questo fenomeno non sia dovuto tanto alla giovinezza di alcuni progetti scientifici, quando che sia collegato soprattutto a fenomeni di affaticamento delle redazioni. Il loro carico di lavoro è infatti in crescita per il singolo articolo, in un contesto sempre più impegnativo dal punto di vista degli strumenti e delle norme. Inoltre il lavoro delle redazioni è normalmente gestito come attività extra curricolare e su base volontaria; una delle conseguenze è la difficoltà, specie dopo i primi anni, a garantire la continuità del presidio e una efficace rotazione nelle persone che si alternano nei ruoli più operativi.

Nel tracciare un bilancio del servizio rileviamo quindi sia punti di forza sia alcune criticità. Fra gli aspetti positivi possiamo senz’altro

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annoverare l’adozione dell’Open Access come modello virtuoso di comunicazione scientifica. L’Open Access offre innumerevoli vantaggi in termini di visibilità e impatto17 ed è stato introdotto

come obbligatorio dalla maggior parte delle agenzie di finanziamento della ricerca sia pubbliche che private.18 Inoltre, grazie a servizi di

certificazione – come la già citata Directory of Open Access Journals (DOAJ) – e agli alti fattori di impatto raggiunti in poco tempo da numerose riviste ad accesso aperto, molte comunità scientifiche hanno del tutto superato la diffidenza verso questa modalità di comunicazione della ricerca che veniva considerata, fino a non molto tempo fa, come vanity press. DOAJ in particolare rappresenta oggi una white list autorevole di periodici scientifici ad accesso aperto di qualità dal momento che sottopone le riviste a un vero e proprio processo di revisione secondo criteri formalizzati e rigorosi prima di inserirne i titoli nel suo repertorio.

I servizi di pubblicazione sostenuti dalle biblioteche garantiscono la pluralità delle sedi editoriali e contrastano la concentrazione oligopolistica delle grandi piattaforme. È noto che il mercato dell’editoria scientifica ha subito una profonda trasformazione con l’introduzione delle tecnologie digitali. Molti piccoli editori, fra cui la maggior parte delle società scientifiche e delle university press hanno dovuto cedere la titolarità delle proprie pubblicazioni a pochi colossi dell’editoria accademica che dominano il mercato con grandi concentrazioni di contenuti e modelli di business aggressivi.19 Le

riviste pubblicate con l’ausilio delle biblioteche accademiche secondo il modello diamond open access in cui tutti i costi sono assorbiti

17 Vignocchi - Giglia 2009; Swan 2010; Archambault et al. 2014; Wagner 2014;

SPARC Europe 2015.

18 Si vedano ad esempio i bandi H2020, MIUR PRIN 2015 e successivi, SIR 2014

e il recente Plan-S sottoscritto da una coalizione di 11 agenzie di finanziamento per rendere ad accesso aperto i risultati dei progetti finanziati mediante la pub-blicazione in riviste gold open access o su piattaforme di pubpub-blicazione di nuova generazione.

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dall’istituzione, sono in genere gestite direttamente dai ricercatori che possono sviluppare ambiti di ricerca in piena autonomia e adottare soluzioni gestionali più funzionali alla circolazione e al riuso delle conoscenze scientifiche. Basti pensare alla gestione del copyright lasciato in capo agli autori liberi di riutilizzare, in modo etico e responsabile, la propria pubblicazione nei diversi contesti della ricerca e della didattica.

Un altro aspetto positivo del servizio è rappresentato dalle economie di scala realizzate grazie alla internalizzazione e centralizzazione delle attività gestionali comuni, in particolare quelle legate alla manutenzione e all’aggiornamento del software e ai servizi di indicizzazione, identificazione persistente e conservazione a lungo termine. La razionalizzazione delle risorse e lo sviluppo di competenze specialistiche che ne deriva rappresentano i maggiori punti di forza del servizio. Infine l’internalizzazione consente una migliore flessibilità delle soluzioni offerte che con alcuni limiti e vincoli possono adattarsi alle esigenze di comunità scientifiche differenti.

Fra le criticità si annovera purtroppo la difficoltà con cui l’istituzione è in grado di dimensionare le risorse umane del servizio centralizzato a fronte di una crescita esponenziale del numero di riviste che scelgono la piattaforma istituzionale. Il sotto-dimensionamento che ne deriva rischia di compromettere la qualità del servizio stesso rendendo difficile la conciliazione della gestione ordinaria con l’innovazione e le esigenze di assistenza personalizzata. Anche la carenza di supporto redazionale strutturato dedicato alle singole riviste rappresenta un aggravio del carico di lavoro del servizio centrale. Infatti, le redazioni costituite per lo più da volontari e soggette a frequenti turn-over, difficilmente raggiungono una completa autonomia nella gestione della piattaforma tecnologica ricorrendo spesso al servizio di assistenza centrale per la gestione dei workflow di pubblicazione. Questa fragilità colpisce e penalizza paradossalmente proprio le riviste di maggior successo con un alto numero di manoscritti proposti e un pubblico internazionale, limitandone lo sviluppo e innescando meccanismi di retrocessione.

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editoriali istituzionali, è rappresentato dalla difficile gestione dei fisiologici cambiamenti che possono verificarsi nel corso del ciclo di vita di una rivista. Avvicendamenti nella direzione scientifica di una rivista possono comprometterne l’appoggio da parte dei dipartimenti che in alcuni casi scelgono di cedere la propria titolarità ad altre istituzioni, senza tenere conto degli aspetti tecnici legati alla gestione del pregresso e alle attività che garantiscono la continuità funzionale e la tracciabilità dei contenuti.

Infine un ultimo elemento che richiede attenzione è rappresentato dalle forti spinte innovative che riguardano la comunicazione della ricerca scientifica. Oggi si parla ormai di Open Science,20 concetto

divenuto il cuore di una strategia europea che estende il principio dell’accesso aperto a tutte le dimensioni della ricerca – ai dati, ai metodi e alle prassi, alla peer-review, alla valutazione – con l’obiettivo di incrementarne la qualità e massimizzarne l’impatto e la ricaduta economica e sociale. In questo contesto in forte cambiamento si sperimentano nuovi modelli di business e nuove forme editoriali nel tentativo di garantire la massima autonomia della ricerca, la piena accessibilità alle informazioni scientifiche e la massima trasparenza delle prassi.

Il riconoscimento che la ricerca è data-driven e che i dati anche grezzi costituiscono un valore è alla base del movimento dei FAIR

data21 che intende promuovere un cambiamento culturale nel modo

in cui i ricercatori gestiscono i dati su cui si basano le loro ricerche. Le evidenze che vengono raccolte in ogni campo del sapere per la ricerca scientifica, dai dati di laboratorio alle fonti documentali primarie edite e inedite, rappresentano informazioni utili sia ad assicurare

20 Si tratta della strategia lanciata nel 2015 dal commissario dell’Unione Europea

per la Ricerca e l’innovazione Carlos Moedas riassunta nel documento program-matico Open innovation, open science, open to the world – a vision for Europe.

21 L’acronimo elaborato dal gruppo Force11 (<https://www.force11.org/>)

signi-fica che i dati della ricerca devono essere gestiti in modo tale da essere «findable, accessible, interoperable, reusable beyond the purpose for which they were inten-ded».

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la qualità delle ricerche limitando i casi di frode sia a consentire l’avanzamento delle conoscenze e la riduzione delle duplicazioni nelle ricerche se preservati e condivisi in modo standardizzato e aperto. Idealmente tutti i dati, in particolare quelli che sottostanno ad una pubblicazione scientifica, dovrebbero essere metadatati e archiviati in modo permanente in appositi repository e resi disponibili al riuso per mezzo di licenze aperte. Molte riviste scientifiche richiedono ormai obbligatoriamente agli autori dichiarazioni di disponibilità dei dati e hanno stipulato delle partnership con i gestori di data repository per la conservazione, l’identificazione persistente e il cross-linking fra i dati e gli articoli che hanno pubblicato. Sempre in questo contesto di grande attenzione ai dati della ricerca sono nate delle riviste per la valorizzazione dei data set scientifici che pubblicano articoli in cui vengono descritti e documentati i data set realizzati nell’ambito dei progetti di ricerca.

Un altro elemento di novità sono le piattaforme di pubblicazione sperimentali realizzate dalle agenzie di finanziamento della ricerca che rappresentano un’evoluzione estrema del tradizionale format.22

Queste piattaforme pubblicano ad accesso aperto immediato gli articoli che riguardano le ricerche da loro finanziate prima della

peer-review formale che avviene attraverso la piattaforma stessa in modo

aperto e trasparente con la possibilità di tracciarne in modo pubblico le varie fasi. Solo dopo la revisione positiva di almeno due revisori su tre, il manoscritto acquisisce lo status di articolo peer-reviewed. Queste piattaforme rappresentano il tentativo di superare molti degli aspetti disfunzionali dell’editoria tradizionale accademica dai costi e i tempi di pubblicazione elevati, alla mancanza di trasparenza del processo di revisione. In particolare la forma della revisione aperta costituisce un’opportunità per valorizzare questa attività estremamente onerosa e sempre sommersa che si rivela fondamentale per la qualità della

22 Si vedano ad esempio le piattaforme presentate anche al convegno Open Science

Fair 2017 dalle fondazioni Wellcome Trust e The Bill and Melinda Gates

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ricerca.

L’apertura delle pubblicazioni scientifiche e del corredo di referenze rappresenta infine l’opportunità per rendere disponibili in modo più aperto e trasparente le statistiche di utilizzo e i dati citazionali utili non solo per le procedure di valutazione, ma soprattutto per la mappatura dei gruppi di ricerca e l’individuazione dei centri di eccellenza. Oggi queste informazioni sono quasi esclusivamente controllate da un paio di operatori commerciali dai quali dipendono università e istituti di ricerca per la strategia dei loro investimenti. Per questo oggi si guarda con grande interesse l’iniziativa OpenCitations.

In questo contesto complesso e in evoluzione come si posizionano e quale futuro possono avere i servizi editoriali istituzionali curati delle biblioteche? Come già notava Tyler Walters nel suo interessante studio sui possibili scenari evolutivi dei library publishing services (LPS),23 i

fattori di maggiore criticità sono rappresentati dal grado di sostenibilità del servizio nel lungo periodo e dalle forti spinte al cambiamento nel contesto dell’Open Science che richiedono un costante sviluppo delle competenze e investimenti infrastrutturali. Rivolgendo lo sguardo ad alcune esperienze internazionali è possibile trarre suggestioni utili per individuare dei percorsi evolutivi. Un caso di successo interessante per il problema della sostenibilità a lungo termine proviene dall’esperienza della biblioteca universitaria di Utrecht.24 Il servizio

di e-publishing si è evoluto in un servizio di incubazione che offre principalmente expertise, consulenza e sostegno anche finanziario per l’attivazione di nuove riviste di qualità. Al termine del periodo di tutoraggio che può durare dai 3 ai 6 anni, le riviste devono potersi sostenere anche economicamente in piena autonomia continuando ad avvalersi in modo autonomo della piattaforma istituzionale di pubblicazione o avvalendosi di servizi editoriali a mercato. In questo modo si ottimizza la ricaduta dell’expertise interna, si razionalizzano le risorse mediante meccanismi basati su una selezione di qualità delle

23 Walters 2012.

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iniziative editoriali e si garantisce la sostenibilità nel tempo alle riviste di successo. L’esperienza americana della Library Publishing Coalition costituisce invece un’importante punto di riferimento per coloro che si trovano ad operare in contesti con un forte appoggio istituzionale e cercano opportunità di sviluppo dei servizi editoriali gestiti in proprio dalle biblioteche universitarie. Il network che si è costituito nel 2013 ha come obiettivo la definizione delle caratteristiche peculiari dello

scholarly library publishing in rapporto all’editoria commerciale

tradizionale. Nel corso di questi anni ha intrapreso azioni di lobby e ha rafforzato il posizionamento dei servizi mediante percorsi di formazione e riqualificazione professionale e la condivisione di buone pratiche all’interno del network. L’esperienza latino americana ormai ventennale di SciELO è invece un caso di studio da considerare per un modello di gestione cooperativa di un’infrastruttura tecnologica condivisa che consente di superare i problemi legati alla manutenzione e innovazione delle infrastrutture e garantisce una continuità funzionale nel lungo periodo anche a fronte di fisiologici cambiamenti nella direzione e sponsorizzazione delle riviste.

Il successo del library publishing in Italia dipenderà quindi dalle scelte organizzative che si sapranno mettere in campo sia per raggiungere un equilibrio ottimale fra risorse disponibili e le richieste della comunità scientifica sia per attivare soluzioni di network e partnership al fine di far fronte alle spinte evolutive. Un primo passo per un raccordo a livello nazionale passa attraverso una mappatura dei servizi esistenti. Per questa ragione è necessario sostenere e dare un seguito alle indagini conoscitive lanciate in questi ultimi anni.25

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Bibliografia

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Abstract

L’articolo intende illustrare le caratteristiche del servizio AlmaDL Journals dell’Università di Bologna tracciandone un bilancio a 10 anni dalla sua attivazione. Partendo da una analisi dei punti di forza e dalle debolezze del servizio, si cercherà di evidenziare le linee di sviluppo dell’editoria periodica ad accesso aperto.

Università di Bologna; Open access; Biblioteca digitale; AlmaDL

The article aims to illustrate the characteristics of the AlmaDL Journals service of the University of Bologna, making an assessment 10 years after its activation. Starting from an analysis of the strengths and weaknesses of the service, we will try to highlight the lines of development of open access periodic publishing.

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