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La viticoltura biologica, un esempio concreto con la Tenuta Fanti.

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Academic year: 2021

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in collaborazione con

La viticoltura biologica,

un esempio concreto con la

Tenuta Fanti.

Autore

Giulia Zarrilli

Tutor Scientifico

Prof.ssa Eloisa Cristiani

Tutor Aziendale –

Tenuta Fanti

Dott.ssa Elisa Fanti

Master Universitario di I livello Vini Italiani e mercati mondiali V Edizione

Anno Accademico

2019/20

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Indice

INTRODUZIONE ... 3

1. LA VITICOLTURA BIOLOGICA ... 4

1.1 Viticoltura Bio: cos’è e quali sono gli obiettivi ... 4

1.2 Viticoltura biologica in numeri ... 6

2. IL BIOLOGICO IN CAMPO ... 7

2.1 Gestione del suolo ... 7

2.2 Gestione della pianta ... 10

3. LA VITICOLTURA BIOLOGICA E LE SUE “LEGGI” ... 11

3.1 Normativa in vigore ... 11

3.1 Adempimenti amministrativi, certificazione e sistema di controllo ... 16

4. LA TENUTA FANTI E IL BIOLOGICO ... 18

5. CONCLUSIONI... 23

BIBLIOGRAFIA ... 24

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INTRODUZIONE

La viticoltura biologica sta diventando, in misura sempre maggiore, il punto cardine con cui sempre più viticoltori s’interfacciano nelle loro produzioni. Con gli anni, data anche la maggiore attenzione data in ambito europeo a questo tipo di agricoltura, ha visto salire di molto i suoi numeri. Ma cosa vuol dire fare viticoltura biologica? Ci sono delle regole da seguire? Come si mettono in pratica?

In questo mio lavoro di tesi vorrei cercare di rispondere a questi quesiti, toccando i punti principali che a mio avviso ruotano intorno alla viticoltura biologica e che risultano essere il fondamento per arrivare ad avere una comprensione più completa di cosa significa oggi fare viticoltura biologica.

Vorrei iniziare delineando in termini generali i punti cardine di questo tipo di viticoltura, cosa si intenda esattamente per “biologico” e capire quali sono gli obiettivi di chi fa viticoltura biologica.

Questo passa necessariamente dal vedere come si concretizza il fare biologico in campo, dalla gestione del suolo alla gestione della pianta, quali sono le pratiche adottate e le prassi che vengono utilizzate dai viticoltori biologici.

Tutto questo va però inquadrato all’interno dei regolamenti comunitari che disciplinano questa materia, a cui sottosta necessariamente anche il nostro paese in quanto paese membro. Analizzare i principali regolamenti emanati in ambito comunitario è necessario per capire il contesto in cui il disciplinare di produzione biologica si concretizza.

Il lavoro si conclude andando a vedere come quanto detto si realizza a livello pratico, prendendo come esempio quanto fatto presso Tenuta Fanti, azienda vitivinicola di Castelnuovo dell’Abate a Montalcino, in cui ho svolto il mio tirocinio.

Il mio interesse nasce proprio da qui, dalla vista dei loro vigneti pieni di verde e dalla volontà di capire cosa ci fosse dietro.

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1. LA VITICOLTURA BIOLOGICA

1.1 Viticoltura Bio: cos’è e quali sono gli obiettivi

La viticoltura biologica, pur assumendo oggigiorno connotati di innovazione e in qualche modo quasi di avanguardia, è un “mestiere” che viene praticato già da tempo. La riflessione sulla sostenibilità dell’agricoltura e del suo impatto inizia nel secolo scorso. Si inizia a parlare di “sviluppo sostenibile” già a partire dalla fine degli anni ’80, quando il Presidente della Commissione mondiale su Ambiente e Sviluppo presenta alle Nazioni Unite il rapporto “Our common future”. Qui per la prima volta si inizia a parlare di “sustainable development”, sviluppo sostenibile, definendone le linee guida. Questo concetto viene poi negli anni riportato anche all’agricoltura, date le crescenti preoccupazioni riguardo il consumo massivo del territorio che la sempre maggiore estensione dei vigneti ha portato avanti e il largo consumo di pesticidi e inquinanti di cui si è fatto sempre più uso.

Ad oggi si ha una più chiara visione di quello che rappresenta concretamente l’agricoltura e la viticoltura biologica, anche grazie ai regolamenti che l’Unione Europea ha via via approvato, con le relative linee guida. La definizione vera e propria di produzione biologica si può leggere nel regolamento della Commissione Europea, il 2018/848, che la definisce come:

un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione alimentare basato sull’interazione tra le migliori prassi in materia di ambiente ed azione per il clima, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali e l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e norme rigorose di produzione confacenti alle preferenze di un numero crescente di consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali1.

Partendo da questa definizione si può affermare che fare agricoltura biologica significa accostarsi all’ambiente, intenso non solo come territorio, ma come macrosistema in cui interagiscono elementi endogeni ed esogeni e a cui l’uomo deve necessariamente porgere la sua attenzione. Sulla linea della definizione data dall’Unione Europea parlare di “bio” significa parlare di biodiversità, di benessere e di cura che si allontani da tutto ciò che non è naturale. Questo porta inevitabilmente all’introduzione di un altro concetto, che sempre più spesso accompagna il termine “bio”, ovvero quello della sostenibilità e che ci riporta al già citato concetto di sviluppo sostenibile

1 Regolamento (UE) 848/2018 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alla produzione biologica e

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del Rapporto del 1987 presentato alle Nazioni unite. Una viticoltura sostenibile è una viticoltura che si prende cura del territorio, che ha come obiettivo principale quello di allontanarsi dal suo deterioramento e adottare un tipo di coltivazione che vada sempre di più verso quella che è l’autoregolazione della pianta stessa, in modo da non avere interventi esterni per difenderla da agenti patogeni. Ruggero Mazzilli, agronomo piemontese specializzato in viticoltura, afferma che «la sostenibilità è il punto di incontro tra l’oggi e il domani»2. Alla base di una viticoltura biologica che sia al tempo stesso sostenibile, ci deve essere una salda programmazione e previsione che guardi al lungo periodo, soggetta inevitabilmente a una profonda conoscenza del territorio e che possa carpire le possibili conseguenze future e prevenirle. Tutto questo deve essere fatto partendo dalla gestione del suolo in primis e dalla gestione della pianta.

Molti produttori sono spaventati dall’idea di convertire la propria produzione al biologico per la paura di andare incontro a costi maggiori e manutenzioni più dispendiose. Questo è vero nel breve termine, in quanto le azioni necessarie alla conversione al biologico, comportano necessariamente un dispendio maggiore di denaro e di energie. Una volta avviato, portato avanti il processo di conversione e lavorato alla programmazione nel lungo periodo, fare viticoltura biologica significa lavorare in previsione e non in cura, andando sì a spendere inizialmente di più, ma avendo ben chiaro in testa l’obiettivo principale, ovvero quello di avere una pianta in simbiosi con l’ecosistema che sarà più resistente e per cui sarà sempre meno necessario spendere in prodotti per la sua protezione.

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1.2 Viticoltura biologica in numeri

La viticoltura biologica ha visto crescere i suoi numeri radicalmente negli ultimi anni confermando la volontà da parte di sempre più agricoltori e viticoltori di volgersi alla sostenibilità e al sempre maggiore rispetto della nostra terra.

Nel rapporto “Bio in cifre 2020” del SINAB, il Sistema di Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica realizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, si apprende che “la superficie biologica raggiunge quota 1.993.236 ettari, segnando, rispetto al 2018, un +35 mila ettari con una crescita contenuta al 2%”3.

Dai dati del rapporto si nota come ci sia stato un incremento del 2,8% della superficie vitata dal 2018 al 2019, passando dai 106.447 ettari ai 109.423, di cui 25.599 in conversione e 83.825 già convertiti alla produzione biologica.

I viticoltori che si “convertono” al biologico sono sempre di più e questo anche per i maggiori incentivi promossi a livello comunitario dalla stessa Commissione dell’Unione Europea,

che nel corso degli anni ha intensificato anche il supporto finanziario a pratiche agronomiche a ridotto impatto ambientale. Questo, insieme alla progressiva domanda dei consumatori che pongono sempre maggiore attenzione ad aspetti relativi al cambiamento climatico e al relativo impatto su di esso, hanno spinto sempre di più gli operatori del settore a investire nel biologico.

Le regioni dove si concentra maggiormente la superficie agricola destinata al biologico sono cinque: al primo posto la Sicilia, seguita da Puglia, Toscana, Veneto e Marche.

3 Sinab, Bio in Cifre, pag. 6; http://www.sinab.it/sites/default/files/share/BIO%20IN%20CIFRE%202020_2.pdf; ultima

consultazione il 15.01.2021.

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2. IL BIOLOGICO IN CAMPO

2.1 Gestione del suolo

La viticoltura biologica ha come suo punto cardine e di partenza il suolo, che si accompagna in seconda battuta alla pianta. Conoscere il terreno che si andrà a coltivare è un primo passo fondamentale per pianificare e programmare la sua gestione che deve essere svolta non solo in ottica ecologico-ambientale ma anche dal punto di vista dell’equilibrio vegeto-produttivo della pianta stessa.

La viticoltura convenzionale ha sempre fatto largo uso di lavorazioni meccaniche. Si tratta di lavorazioni che vanno a smuovere la parte superficiale del terreno con l’obiettivo primario di lasciarlo libero dalle infestanti, concimarlo e gestire le sue risorse idriche. Nel corso degli anni, però si è visto come queste tipologie di lavorazioni possono in qualche modo danneggiare il suolo, specialmente se fatte in maniera intensiva. Il danno sostanziale è quello relativo all’erosione, soprattutto per quei vigneti che si trovano in collina, ma anche di un impoverimento di sostanza organica e un sostanziale peggioramento della struttura del terreno stesso4. A partire dal secolo scorso c’è stata quindi una riflessione su quanto questo tipo di approccio ai nostri suoli e terreni potesse danneggiarli e distruggerli. Ecco allora che in ottica di viticoltura biologica la gestione del terreno in cui si trova un vigneto deve essere quanto meno impattante possibile e sostenibile. Questi obiettivi primari vengono raggiunti tramite una gestione del suolo che ha come punto di partenza gli elementi interni della natura stessa, facendo leva su quello che la natura ha da offrire. Tra le tipologie di gestione del suolo fatte in ambito di biologico troviamo l’inerbimento.

L’inerbimento viene definito come «uno strumento agronomico fondamentale per regolare il comportamento delle piante e la qualità dei vini»5. Di fatto, con questa tecnica il terreno tra i filari delle viti viene ricoperto da una copertura erbacea, chiamata cotico erboso, che può essere spontanea oppure seminata. Nel primo caso il manto erboso nasce spontaneamente, in questo caso si deve andare solo a colmare quelle eventuali zone scoperte attraverso delle semine. Nel secondo caso, invece, si va a compiere una vera e propria semina, generalmente in autunno subito dopo la vendemmia. Questa pratica consente di sfruttare gli elementi endogeni del terreno per nutrire il suolo stesso, in quanto il cotico erboso fa da “effetto ponte” in quanto stimola l’attività microbiologica del terreno sottostante, ne assorbe gli elementi nutritivi e li trasporta negli strati più

4 Cfr. A. Palliotti, S. Poni, O. Silvestroni, Manuale di viticoltura, Milano, Edagricole 2018, pp. 282. 5 Ivi, pag. 69.

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profondi6. Tra i vantaggi portati dall’inerbimento c’è quello di protezione dall’erosione data dalle piogge, aumentandone così la sua conservazione, ma si va anche ad aumentare la biodiversità del terreno, che assorbirà tutte le sue peculiarità andando inevitabilmente ad accrescere il legame tra suolo e vite.

Tra le tipologie di inerbimento troviamo le cosiddette cover crops. Queste vengono definite come “colture non redditizie, realizzate in consociazione con una coltura principale, arborea o erbacea, al fine di migliorare le prestazioni agro-ecologiche dei sistemi colturali e, quindi, i risultati agronomici delle colture da reddito in essi inserite”7. Si tratta di vere e proprie coperture di terreno che così facendo vanno a proteggere il suolo sottostante dall’immediata erosione. Si annoverano anche altri benefici dati da queste colture, tra cui quello del contenimento delle infestanti, che potrebbero andare a danneggiare il suolo. Con le cover crop questo avviene in misura minore per due ragioni: innanzitutto la copertura erbacea fa sì che vi sia meno luce che consente alle infestanti di svilupparsi, dopodiché vi sono alcune tipologie di cover crop, come ad esempio la senape, che inibiscono la crescita spontanea di questo tipo di piante. Avendo la funzione di vere e proprie attivatrice biochimiche, questo tipo di colture vanno ad aumentare la sostanza organica e l’attività microbiologica del terreno, aumentando di fatto il nutrimento di quest’ultimo e allo stesso tempo potenziandone la struttura8.

Le cover crop sono anche definite “colture da sovescio”, ovvero colture destinate ad essere interrate, che non danno però origine a una produzione9. Il sovescio è di fatto una pratica agronomica che vede porre tra gli interfilari del vigneto varie tipologie di semine, in base alle necessità che quel determinato terreno richiede. Se le cover crop vengono fatte nel momento in cui il terreno è libero dalla coltura principale, il sovescio, in quanto posto nell’intefilare del vigneto non ha limitazioni di tempistica particolari. Entrambi hanno lo scopo di mantenere o aumentare la fertilità del terreno, andando a stimolare quegli elementi endogeni che fanno già parte della vita microbiologica del terreno stesso.

Oltre ai già citati obiettivi e vantaggi delle cover crops, ce n’è uno che fa particolare riferimento al nutrimento che queste colture riescono a dare al terreno in cui cono impiantate.

6 Cfr. Manuale di viticoltura biologica, a cura di R. Mazzilli e P. Braccini, Arsia:

https://www.regione.toscana.it/documents/10180/12352035/Arsia+M_ViticolturaBIO.pdf/eb93649a-8735-48c8-aa9e-ba2f2267461e; ultima consultazione il 02.01.2021.

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R. Mauro, A. Restuccia, A. Occhipinti, G. Mauromicale, Il ruolo delle cover crop nella gestione degli agro ecosistemi, Tecnica Agricola, p. 38.

8 Cfr. Cover Crop e Inerbimenti. Soluzioni per un’agricoltura sostenibile, Padana Sementi.

9 Cover Crops: cosa sono, come si fanno e quali benefici apportano:

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Particolari semine hanno infatti la capacità di ridurre la perdita di azoto fino all’80%, in questo caso si parla di catch crop o “coltura da cattura”. L’azoto, infatti, è insieme al fosforo e al potassio, un elemento chiave per il nutrimento della pianta nel vigneto10, in quanto stimola la crescita dei germogli e la compattezza dei grappoli; evitandone la perdita fanno sì che si concentri nel suolo aumentandone di conseguenza la struttura e la resistenza.

Soffermandoci sulla parte di nutrimento della pianta, in ottica di viticoltura biologica e di conseguente sostenibilità, il miglior metodo utilizzabile è quello del compostaggio autoprodotto in azienda. Così facendo si ha un vigneto che si nutre delle sue stesse sostanze e allo stesso tempo si va a rivitalizzare il suolo11.

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La nutrizione del vigneto è su base CHO, questo vuol dire che i principali elementi costituenti il nutrimento per la vite sono carbonio (C), idrogeno (H) e ossigeno (O). Ci sono però altri elementi altrettanto fondamentali per la vite, tra questi l’azoto (N), il fosforo (P) e il potassio (K), anch’essi altrettanti fondamentali per lo sviluppo della pianta.

Cfr. R. Mazzilli, op. cit. p.112; A. Palliotti, S. Poni, O. Silvestroni, op. cit., p. 298.

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2.2 Gestione della pianta

La gestione della pianta di vite riguarda tutta quella serie di azioni agronomiche che vengono svolte nei vari periodi dell’anno per gestire la pianta e proteggerla dai vari patogeni. In viticoltura biologica l’obiettivo è quello di raggiungere l’autoregolazione della pianta così che questa sia autosufficiente e di conseguenza richiedente di sempre minori interventi esterni; questo lo si può fare partendo dalla gestione della vigoria della vite che è alla base del raggiungimento dell’equilibrio vegeto-produttivo. La vite, nelle sue fasi fenologiche ha una forte spinta vegetativa durante la primavera, quando, nella prima parte della stagione, ha a disposizione tutte le risorse idriche necessarie. Se questa spinta in vigoria non viene gestita nel modo migliore, può dare scompensi nelle fasi successive e può scombussolare l’equilibrio della pianta stessa che si troverà a dover combattere con sostanze di riserva scarse o insufficienti. Se si lavora tempestivamente nel controllo della vigoria della pianta, si controlla di conseguenza anche l’eventuale stress idrico che si potrebbe verificare in estate. Sfogliature e cimature, entrambi pratiche agronomiche che fanno parte della cosiddetta potatura verde, vengono svolte nel periodo tra la primavera e l’estate. La prima riguarda l’eliminazione di una parte o di tutte le foglie basali, adiacenti ai grappoli, in modo da arieggiare la parte aerea della pianta; la seconda riguarda, invece, la rimozione dell’apice vegetativo con lo scopo di contenere le dimensioni della chioma.

In viticoltura biologica, nell’ottica di seguire quella volontà di contenimento della vigoria sopra citata si può pensare di apportare una sfogliatura in tempi più precoci rispetto ai regolari tempi dell’agricoltura convenzionale, così facendo si limita la spinta vegetativa sul nascere e si ridimensiona la parte epigea della pianta che può prosciugare precocemente le risorse accumulate in inverno. Allo stesso modo, si può pensare di non apportare cimature, in modo da risvegliare gli apici vegetativi come avviene in viticoltura convenzionale, che andrebbero inevitabilmente a richiedere immediatamente risorse di accumulo che sono invece necessarie per il periodo estivo.

Un elemento fondamentale in viticoltura è quello riguardante la difesa dalla pianta dagli agenti patogeni o dalle malattie. In questo, l’approccio biologico cerca di scostarsi dalla difesa diretta, ovvero attraverso l’utilizzo di fitofarmaci e prodotti chimici, ma segue la via della prevenzione e solo nel momento in cui questa non è più percorribile e solo come ultima risorsa si può fare ricorso ad alternative inserite nei relativi disciplinari di produzione. Lo zolfo e il rame sono due sostanze fortemente utilizzate in viticoltura convenzionale e si sta cercando in misura sempre maggiore di ridurne l’impiego, ma al momento non ci sono delle basi naturali senza queste due molecole che abbiano la loro stessa efficacia nella protezione fitorsanitaria. Lo zolfo protegge la pianta dall’oidio e il rame dalla peronospora. In viticoltura biologica però sono ammesse delle forme diverse di questi due agenti, ad esempio per il rame sono ammesse le formulazioni chimiche

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quali l’ossicloruro, l’idrossido, il solfato tribasico mentre lo zolfo può essere utilizzato in polvere o in soluzione12. Tutte queste sostanze, con le relative limitazioni e quantitativi, sono inseriti all’interno dei disciplinari di produzione.

3. LA VITICOLTURA BIOLOGICA E LE SUE “LEGGI”

3.1 Normativa in vigore

Le normative principali in merito all’agricoltura biologica in cui può essere inserito anche l’ambito della viticoltura sono i seguenti:

- Il Regolamento (CEE) n. 2092/1991 del Consiglio; - Il Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio; - Il Regolamento (CE) n. 889/2008 della Commissione; - Il Regolamento (UE) n. 203/2012 della Commissione;

- Il Regolamento (UE) 248/2018 del Parlamento Europeo e del Consiglio.

La legislazione italiana riguardante la viticoltura biologica fa capo alla legislazione comunitaria, in quanto Stato membro e deve per questo sottostare ai principi e agli obiettivi fissati all’interno di tali regolamenti. Quelli attualmente in vigore, a cui è inevitabilmente soggetto chi vuol fare biologico, sono il regolamento n. 834 del 2007 e il regolamento n. 889 del 2008. Il regolamento n. 248 del 2018, invece, sarebbe dovuto entrare in vigore il 1° gennaio 2021, ma la situazione sanitaria che è esplosa a causa del covid-19, ha reso tutto molto difficile. La pandemia ha messo a dura prova i produttori biologici e la loro possibilità di soddisfare, in termini di procedure e processi di produzione, quanto richiesto anche all’interno del più recente regolamento, ancora non entrato in vigore. Per questo motivo, l’11 novembre del 2020 è stato pubblicato un ulteriore regolamento, il n. 1693 del 2020, che modifica quello del 2018 prevedendo uno slittamento della sua entrata in vigore al 1° gennaio 2022. Attualmente quindi, la regolamentazione di riferimento rimane la n. 834/2007 e la n. 889/2008 entrambi “relativi alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici”.

A tal proposito, come si legge dal sito della Commissione europea, la nuova normativa avrà l’obiettivo di avere norme di produzione più snelle, sistemi di controllo rafforzati, certificazioni più facili da ottenere e un ventaglio di prodotti più ampio13.

12 Cfr. Disciplinare Biologico: https://semplicemente-vino.com/disciplinare-biologico/; ultima consultazione

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Volendo fare una disamina dei regolamenti comunitari c’è la necessità di iniziare dal regolamento che per primo ha dato il via all’avvento del termine biologico, ovvero il 2092 del 1991, “relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo su prodotti agricoli”. In questo primo testo troviamo riferimento solamente ai prodotti di origine vegetale, che siano essi trasformati o non trasformati, senza nessun tipo di accenno alla viticoltura. In questo primo regolamento si da una visione molto semplicista di quello che può essere considerato “prodotto agricolo”, e questo va forse ricercato anche nei tempi, sicuramente diversi e precoci per avere un approccio alla sostenibilità e all’attenzione al biologico come viene inteso in questi ultimi anni. All’articolo 2 di tale regolamento, si legge:

si considera che un prodotto reca indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico, quando, nell’etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali, il prodotto stesso, i suoi ingredienti o le materie prime per mangimi sono descritti con termini che suggeriscono all’acquirente che il prodotto, i suoi ingredienti o le materie prime per mangimi sono stati ottenuti conformemente alle norme di produzione di cui all’articolo 6.14

Si afferma semplicemente che un prodotto agricolo è tale se suggerisce al produttore che è stato ottenuto con metodo di produzione biologico, rimandando all’articolo 6 per ulteriori approfondimenti. Qui, vi è un ulteriore rimando all’allegato I dove sono elencati i prodotti utilizzabili e quelli non autorizzati, le modalità di nutrimento del terreno e tutte quelle pratiche che posso essere utilizzate in ambito di agricoltura biologica.

Il regolamento tratta, all’articolo 8 e all’articolo 9, anche il tema relativo al sistema di controllo. Una volta che un’azienda è votata all’agricoltura così come alla viticoltura biologica, deve sottostare a periodici controlli per far sì che siano rispettati i metodi di produzione, e quanto stabilito dai regolamenti in materia per poter continuare ad avvalersi della certificazione. Come si legge al paragrafo 1 dell’articolo 8:

gli operatori che producono, preparano, immagazzinano […] devono: a) notificare tale attività all’autorità competente dello Stato membro in cui l’attività è esercitata […]; b) assoggettare la loro azienda al sistema di controllo15.

13 Cfr. L’agricoltura biologica dopo il 2022:

https://ec.europa.eu/info/food-farming-fisheries/farming/organic-farming/organics-glance_it#organicfarmingafter2022, ultima consultazione il 14.01.2021.

14 Regolamento (CEE) n. 2092/1991 del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli. 15 Ibidem.

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13 Il paragrafo 2 continua così:

Gli Stati membri designano un’autorità o un organismo per la ricezione delle notifiche […]. L’autorità competente ha cura che un elenco aggiornato contenente i nomi e gli indirizzi degli operatori soggetti al sistema di controllo sia reso disponibile agli interessati16.

L’articolo successivo, il 9, va poi a definire con maggiore precisione quelli che sono le autorità di controllo o gli organismi provati e tutto quanto ne concerne.

Le procedure del sistema di controllo vengono riprese anche nel regolamento 834/2007 del Consiglio “relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici”, agli articoli 27, 28 e 29. Se i primi due ricalcano pressappoco quanto definito già nel regolamento 2092/1991, è giusto soffermarsi sull’articolo 29, che introduce un argomento non trattato nel regolamento precedente, quello relativo al “documento giustificativo”. Al paragrafo 1 di tale regolamento si legge:

Le autorità di controllo e gli organismi di controllo […] rilasciano un documento giustificativo agli operatori soggetti al loro controllo i quali, nella sfera delle proprie attività, soddisfano i requisiti stabiliti nel presente regolamento. Il documento giustificativo consente almeno l’identificazione dell’operatore e del tipo o della gamma di prodotti nonché del periodo di validità17.

Il successivo regolamento della Commissione, il n. 889/2008 “relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici” esplica in maniera molto chiara e coincisa quello che si deve aspettare un’azienda qualora volgesse la sua produzione al biologico, entrando nel dettaglio di quello che è il sistema di controllo. Si legge all’articolo 63:

Alla prima applicazione del regime di controllo, l’operatore redige e successivamente aggiorna: a) una descrizione completa dell’unità e/o del sito e/o dell’attività; b) tutte le misure concrete da prendere al livello di unità e/o del sito e/o dell’attività per garantire il rispetto delle norme di produzione biologica; c) le misure precauzionali da prendere per ridurre il rischio di contaminazione da parte dei prodotti o sostanze non autorizzati e le misure di pulizia da prendere nei luoghi di magazzinaggio e lungo tutta la filiera di produzione dell’operatore18.

16

Ibidem.

17 Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti

biologici.

18 Regolamento (CE) n. 889/2009 della Commissione relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti

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Una volta che si entra all’interno del sistema di controllo questo risulta essere serrato, si devono descrivere tutte le unità produttive e gli stabilimenti, così come tutte le attività aziendali e i programmi di produzione. Dopodiché, l’organismo adibito alla funzione di controllo compie delle visite, sia annuali, che a campione, dove l’azienda deve mettere a disposizione quanto necessario per favorire il controllo delle attività produttive.

Si fa riferimento al sistema di certificazione anche nel regolamento n. 848/2018. Al Capo V, articolo 34, paragrafo 1 si enuncia che:

prima di immettere sul mercato prodotti come «biologici» o «in conversione» o prima del periodo di conversione, gli operatori e i gruppi di operatori […] che producono, preparano, distribuiscono o immagazzinano prodotti biologici […] notificano la loro attività alle autorità competenti dello Stato membro in cui questa è esercitata e in cui la loro impresa è soggetta al sistema di controllo19.

Una volta entrati nel sistema di controllo e data la relativa prassi già citata, si fa riferimento non più al documento giustificativo come precedentemente fatto nei regolamenti antecedenti, ma si parla di certificato. All’articolo 35 si legge infatti:

Le autorità competenti oppure, ove del caso, le autorità di controllo o gli organismi di controllo rilasciano un certificato a qualsiasi operatore o gruppi di operatori che abbia notificato la propria attività. […] Il certificato: a) è rilasciato ove possibile in formato elettronico; b) consente almeno l’identificazione dell’operatore o del gruppo di operatori, compreso l’elenco dei membri, la categoria di prodotti coperti dal certificato e il periodo di validità; c) attesta che l’attività notificata è conforme al presente regolamento20.

Una volta che un’azienda si certifica biologica e produce quindi prodotti biologici può inserire in etichetta il logo apposito, chiamato anche “eurofoglia”. Il logo che certifica la produzione biologica, è divenuto operativo a partire dal 1° luglio 2012, scelto dai cittadini dell’Unione Europea tra più di tremila proposte.

19 Regolamento (UE) 2018/848 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alla produzione biologica e

all’etichettatura dei prodotti biologici.

20 Ibidem.

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L’obiettivo di avere un logo che sia equivalente per tutti i paesi membri, permette al consumatore di avere una maggiore garanzia della qualità dei prodotti, infatti può essere utilizzato solo per i prodotti che sono stati precedentemente certificati attraverso il relativo sistema di controllo. Il logo diventa quindi garanzia del pieno raggiungimento del percorso biologico prima dell’azienda e poi del prodotto stesso, che soddisfa precise condizioni; può essere utilizzato infatti solo su prodotti che contengono almeno il 95% di ingredienti biologici, una limitazione restringente sinonimo di garanzia e sicurezza per il consumatore finale. L’obiettivo primario che ha spinto l’Unione Europea a promuovere un logo unitario è quello di garantire una sempre maggiore tutela del consumatore, evitando di utilizzare termini o elementi che “possano indurre in errore il consumatore”21.

La spinta al biologico si è registrata soprattutto negli ultimi anni e ancora oggi rappresenta un elemento di forza del nostro paese e della stessa Unione Europea, questo anche grazie alla cosiddetta PAC, Politica Agricola Comune, varata nel 1962 all’interno del Trattato di Roma e che rappresenta ancora oggi l’ancora per tutti gli agricoltori alla produzione di qualità e all’assicurazione di una produzione equa e sostenibile. Tra gli obiettivi della PAC ci sono quelli del sostegno degli agricoltori col miglioramento della produttività agricola, la tutela di questi ultimi affinché abbiano un tenore di vita ragionevole, ma anche l’affrontare i cambiamenti climatici con una gestione sostenibile delle risorse naturali e il preservazione delle zone rurali22.

La PAC prevede dei finanziamenti concreti agli agricoltori dei paesi membri che, come si può vedere nell’immagine, nel 2019 hanno ammontato a 58,82 miliardi di euro. Si tratta di un modo concreto con cui l’Unione Europea supporta l’agricoltura e i suoi lavoratori.

21 Ibidem.

22Cfr. Obiettivi della politica agricola comune:

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3.1 Adempimenti amministrativi, certificazione e sistema di controllo

Avere la possibilità di inserire il logo “bio” con l’eurofoglia sul proprio prodotto, sottosta a degli adempimenti amministrativi e a un sistema di controllo serrato.

Il primo passo da compiere è quello di essere immessi nel sistema di controllo attraverso la presentazione di una notifica informatizzata che può essere fatta utilizzando il Sistema Informativo Biologico (SIB) sulla piattaforma SIAN, all’Organismo di Controllo (OdC) prescelto e alla Regione di competenza. Si richiede di fatto di rientrare all’interno del meccanismo di controllo che porterà o meno al raggiungimento della certificazione. La notifica sopra menzionata deve essere accompagnata da una documentazione molto dettagliata di tutte le attività aziendali, allegando a tale documentazione anche tutta una serie di informazioni relative alla struttura, allo statuto amministrativo e informazioni relative alla produzione compiuta all’interno dell’azienda. La notifica, insieme alla documentazione, deve essere accompagnata dal cosiddetto PMP, Piano delle misure concrete e precauzionali, dove si garantisce il rispetto delle normative in vigore.

Successivamente, l’organismo di controllo di competenza ha il compito di redigere una valutazione iniziale della documentazione, seguita da una prima visita ispettiva in modo da poter verificare che quanto notificato corrisponda effettivamente da quanto dichiarato e fatto dall’azienda. A questo punto viene emesso il Documento giustificativo con tutte le informazioni dell’azienda, della sua produzione, dei metodi da essa utilizzati, comprese le date di validità di ogni attività e le informazioni relative alla data di emissione e scadenza del documento stesso, che solitamente si aggira a non più di 36 mesi. Una volta emesso tale documento di fatto l’azienda entra nel circuito del sistema di controllo e viene registrata su SIB la sua idoneità, solitamente entro 120 giorni dalla prima notifica che risulta essere consultabile all’Elenco degli Operatori Biologici Italiani (https://www.sian.it/aBiologicoPubb/start.do).

A questo punto, il sistema di controllo e certificazione prevede che entro il 31 gennaio di ogni anno un’azienda biologica presenti il cosiddetto PAP, ovvero Programma Annuale di Produzione, da inserire anch’esso sulla piattaforma SIB. Compiute tutte queste procedure amministrative e portati avanti i relativi controlli da parte dell’organismo di controllo competente, l’azienda può richiedere l’emissione delle certificazioni relative.

Una volta inseriti nel sistema di controllo appena previsto, però, per l’azienda non termina qui. Come si può leggere nell’articolo 65 del regolamento 889/2008:

1. L’autorità o l’organismo di controllo effettua almeno una volta all’anno un’ispezione fisica presso tutti gli operatori.

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2. L’autorità o l’organismo di controllo può prelevare campioni da analizzare per la ricerca di prodotti non autorizzati nella produzione biologica o per verificare la conformità delle tecniche di produzione con le norme di produzione biologica. […]

3. Dopo ogni visita è compilata una relazione di controllo, controfirmata dall’operatore responsabile dell’unità o dal suo rappresentante.

4. Inoltre, l’autorità o l’organismo di controllo effettua visite di controllo a campione, di norma senza preavviso, sulla base di una valutazione generale del rischio di inosservanza delle norme di produzione biologica […]23.

I controlli e le visite da parte dell’organismo relativo sono fatte sia annualmente che a campione, è necessario pertanto che l’azienda abbia sempre la documentazione necessaria aggiornata e in regola affinché l’organismo di controllo possa verificare che quanto certificato continui ad essere veritiero. L’azienda ha l’obbligo di conservare e aggiornare tutti i documenti, tra cui rientrano i registri aziendali e quelli relativi alla contabilità per almeno 5 anni, comunicare il PAP sopramenzionato nei tempi richiesti, e infine garantire libero accesso ai tecnici per le relative verifiche e controlli.

Il sistema di controllo appena descritto porta con se una gerarchia che fa capo al MIPAAF, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Questo Ministero controlla le attività agricole e fa sì che quanto stabilito a livello comunitario venga attuato, avvalendosi degli organismi di controllo, svolgendo tramite il loro operato e in coordinamento con la Regione attività di vigilanza. Gli organismi di controllo rendicontano annualmente quanto ispezionato presso le aziende di loro competenze al ICQRF, il dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi del MIPAAF. Il lavoro degli organismi di controllo è volto a esaminare le aziende che gli competono, verificandone l’idoneità del processo produttivo adottato, la coerenza con quanto riportato nei registri aziendali, e controllano tutta la documentazione relativa per poi riportare quanto appreso prima alle Regione e poi al MIPAAF24.

Ogni Regione ha sul proprio territorio vari organismi di controllo operativi. In Toscana ne registriamo 13.

23 Regolamento (CE) n. 889/2008 della Commissione, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti

biologici, per quanto riguarda la produzione biologica, l’etichettatura e i controlli.

24 Cfr. Arsial, Linee guida per la conversione alla produzione biologica,

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4. LA TENUTA FANTI E IL BIOLOGICO

La Tenuta Fanti si trova nel comune di Castelnuovo dell’Abate, piccola frazione di Montalcino e appartiene alla famiglia Fanti dai primi anni del 1800. La proprietà oggi è composta da 260 ettari, di cui 55 a vigneto e 60 di oliveto con 8500 piante, guidata dal proprietario Filippo Fanti e dalla figlia Elisa. Fin dagli anni ’70 la famiglia Fanti ha prodotto vini seguendo la tradizione, puntando sempre alla qualità, ma allo stesso tempo avendo cura di rispettare la propria terra.

Dentro le nostre bottiglie c’è la nostra passione e la nostra anima. I vini che produciamo devono raccontare il territorio ed esprimere la particolarità di ogni annata, così da valorizzare quelle che le vigne ci regalano - Filippo ed Elisa Fanti.

Nel 2011 la Tenuta Fanti è entrata a far parte del sistema di certificazione “Agriqualità”, “marchio registrato della regione Toscana per identificare e promuovere prodotti agroalimentari ottenuti con tecniche di agricoltura integrata”25. Quest’ultima non è altro che un sistema di coltivazione che si pone a metà strada tra l’agricoltura convenzionale e quella biologica, apportando

25 https://www.ccpb.it/blog/certificazione/regione-toscana-agriqualita/; ultima consultazione il 19.01.2021.

Vista della Tenuta Fanti (fotografia di Tenuta Fanti ©)

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alcuni elementi dell’una e dell’altra. Si tratta di un metodo di coltivazione a basso impatto ambientale e che ricorre a mezzi chimici solo nel momento in cui c’è una necessità grave di utilizzo. Tra i prodotti scelti c’è comunque sempre attenzione all’alternativa meno inquinante e meno impattante sia per la pianta che per la vita microbiologica all’interno del suolo.

Lo scorso anno i proprietari, Filippo ed Elisa Fanti, hanno deciso di compiere un ulteriore passo in avanti verso la sostenibilità, iniziando il percorso verso la conversione biologica vera e propria. È una scelta fatta per amore del proprio territorio ma che porta con se anche dei risvolti commerciali. Molti paesi del nord Europa, infatti, stanno puntando in misura sempre maggiore a questo tipologica di viticoltura, mostrando sempre più interesse verso quei vini che rappresentino la sostenibilità e il biologico. Ecco allora che la conversione completa alla viticoltura biologica diventa anche una scelta commerciale, al fine di aumentare quote di mercato e piazzarsi su quei mercati che ne sono sempre più interessati.

La conversione, con tutti gli adempimenti che questa comporta, è risultata più semplice del previsto, dati i passati dieci anni in Agriqualità. Le basi c’erano e sono state portate avanti per poter arrivare a una piena conversione nel giro di qualche anno. La strada è molto più impegnativa rispetto a quella intrapresa con l’agricoltura integrata, ma il fatto di aver adottato già alcune prassi facenti parte del disciplinare del biologico, ha fatto sì che la strada fosse meno ripida. Da oltre 15 anni infatti la tenuta Fanti ha abolito l’utilizzo di diserbanti chimici e ridotto al minimo (2 volte all’anno) l’utilizzo di fitofarmaci sistemici, così come di concimi chimici, a favore di pratiche agronomiche come l’inerbimento e specifiche lavorazioni meccaniche.

La gestione del suolo e della pianta viene fatta secondo una sola parola d’ordine: tempestività. Analizzare i vigneti, quello che succede intorno, controllare l’andamento climatico stagionale e non solo, permette di pianificare gli interventi che sono sempre in previsione e non dopo, come cura. Nei vigneti dell’azienda sono state impiantate delle specifiche capannine metereologiche per controllare giornalmente l’andamento del clima e capire passo passo gli interventi da fare per avere la miglior condizione sanitaria delle uve e del vigneto stesso.

Per quanto riguarda la gestione del suolo, presso Tenuta Fanti, si fa ricorso a una concimazione completamente organica. Al termine della vendemmia vengono seminate fra i vari vigneti colture quali cereali e leguminose come cover crops. Queste hanno l’obiettivo di nutrire il terreno partendo dagli elementi endogeni del terreno stesso; le leguminose, nello specifico, hanno la proprietà di incrementare la dotazione di azoto del terreno, fondamentale per la vigoria futura della pianta e per il mantenimento dell’equilibrio del suo ecosistema. Questo avviene perché le leguminose stimolano l’attività microbiologica all’interno del suolo, andando a smuovere i lombrichi che vanno poi a lavorare il terreno. L’utilizzo delle cover crops viene gestito in base al

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tipo di terreno che si ha di fronte: se si ha un terreno povero che produce poco si va ad utilizzare leguminose in misura maggiore in quanto producendo azoto stimolano l’arricchimento e il nutrimento della pianta, sopperendo alla povertà intrinseca di quel suolo; se, al contrario si hanno terreni più ricchi che possono dare produzioni di più bassa qualità si andrà ad utilizzare cereali, quali orzo e avena, e varie essenze come ad esempio il trifoglio, in quanto queste trattengono molti nutrimento e lo fanno al posto della vite, limitando la sua vigoria.

Cover Crop presso una delle vigne della Tenuta Fanti (fotografia di Tenuta Fanti ©)

Presso tenuta Fanti sono state piantate fave, orzo, così come trifoglio, papavero e altre erbe. Tutte queste colture svolgono una funzione di miglioramento e mantenimento della struttura del terreno e limitano la vigoria della pianta. Vengono poi praticati inerbimenti tra i filari che aiutano a fissare l’azoto e proteggono il terreno dall’erosione data dalle piogge.

Dopo aver seminato in autunno e passato l’inverno si procede con la potatura verde, quando la vite inizia a germogliare. Qui il lavoro si sposta dal suolo alla pianta. I vigneti della Tenuta Fanti sono esposti a sud/sud-est di Montalcino e come riportato dalla proprietaria, sono fortemente soggetti alla presenza di un insetto, molto pericoloso per la vite, ovvero la tignoletta. Si tratta di un lepidottero diffuso in Italia soprattutto nelle zone centro-merdionali, che con il cambiamento climatico risulta essere presente in misura maggiore. I bozzoletti di questi insetti superano l’inverno nascondendosi nelle fessure della corteccia oppure ai pali a sostegno della pianta, per poi schiudersi ad aprile, maggio. A questo punto si raggiunge l’accoppiamento e le femmine depongono le uova

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alla base dei grappolini fiorali, sui pedicelli e sul rachide. Da qui insetti adulti porteranno avanti la loro attività anche in estate, con varie generazioni che possono arrivare anche a 2-3 all’anno. Se nelle fasi iniziali il danno compiuto è sopportabile e prevede la perdita di alcuni fiori, l’attacco della seconda e terza generazione di insetti adulti, che solitamente corrisponde con la fase fenologica di maturazione del grappolo, è massiccio, con acini penetrati e svuotati, dal colore bruno e vizzo, e molto suscettibili anche all’attacco di altri agenti patogeni, in quanto più deboli26.

Presso Tenuta Fanti, per contrastare la tignoletta, viene praticata la cosiddetta “confusione sessuale”. All’interno della vigna vengono posti degli erogatori che diffondono feromoni di sintesi, che interferiscono con quelli emanati naturalmente dalle tignolette femmina. Il maschio non riesce più a distinguere la scia “giusta” e la fecondazione viene di fatto impedita. Si tratta di una pratica costosa che viene realizzata tutti gli anni, anche quando non vi è presenza di tignoletta in vigna, questo perché si cerca sempre di lavorare in prevenzione e mai in cura. Altri patogeni vengono poi combattuti con prodotti di contatto, tra cui il rame, lo zolfo e sostanze di origine naturale tutte facenti parte delle alternative ammesse dal disciplinare. Se col sistema Agriqualità si possono utilizzare fitofarmaci sistemici che vanno in circolo nella pianta, con l’obiettivo di disinfettarla, in agricoltura biologica, invece, si possono utilizzare solo prodotti di contatto, che rimangono attaccati alla foglia e non interferiscono con le uve.

Nell’arco di tempo che va da marzo al periodo poi di raccolta, vengono gestite le erbe infestanti, ridotte al minimo con le cover crops, attraverso lavorazioni meccaniche. Per quanto riguarda poi la gestione della pianta stessa si cerca di lasciare intorno al grappolo solo alcune foglie ombreggianti per evitare che si formi troppa umidità e si compiono cimature che vadano a contrastare il troppo affastellamento ed eventuali rischi di marciumi.

26 Cfr. https://www.coltivazionebiologica.it/tignoletta-della-vite-lobesia-botrana/, ultima consultazione il 19.01.2021.

Lavorazioni presso una delle vigne dell’azienda (fotografia di Tenuta Fanti ©)

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Come già menzionato, Tenuta Fanti, fa parte del sistema di certificazione Agriqualità che fa capo al CCPB, Consorzio Controllo Prodotti Biologici, organismo di controllo e certificazione riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

Come da prassi del sistema di controllo, la proprietaria Elisa, gestisce tutti i registri relativi alla loro attività produttiva attestante la conversione al biologico, facendo uso di un programma, Fitogest, che gli permette di gestire tutti i quaderni di campagna. Le attività da registrare fanno rifermento a tutte le attività compiute in campo, dalle operazioni meccaniche, alle lavorazioni manuali, ai trattamenti utilizzati con relativi dettagli e informazioni sui prodotti impiegati. Tenuta Fanti si avvale di un consulente che periodicamente viene in azienda per analizzare il terreno e controllare soprattutto rame e zolfo, in quanto regolati da limiti di legge che devono essere necessariamente rispettati per poter continuare ad avvalersi della certificazione. Dopodiché viene redatta una relazione agronomica da consegnare all’ente certificatore che controlla i registri e tutti gli elementi presi in esame.

La conversione completa al biologico solitamente richiede tre anni per essere compiuta a pieno, la strada intrapresa da Tenuta Fanti sta cercando, con tutto quello che è necessario fare, di raggiungerla.

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5. CONCLUSIONI

Fare viticoltura biologica è una scelta fatta da sempre più viticoltori nel nostro territorio. Si tratta di una scelta fatta per amore della terra, per volontà di essere meno impattanti possibile sull’ambiente che ci circonda e per cercare di andare quanto più possibile al passo con la natura. Non è sicuramente una scelta facile da compiere, in quanto porta con se una maggiore manutenzione, una maggiore attenzione e cura dei propri vigneti e dei costi iniziali lievemente più alti rispetto a quanto invece si ha con la viticoltura convenzionale. Il sistema di controllo che porta alla certificazione e fa sì che questa sia mantenuta nel corso degli anni risulta essere serrato. È necessario tenere i registri appositi aggiornati, si deve lasciare libero spazio agli addetti dell’organismo di controllo apposito di fare i relativi controlli periodici e permettere loro di analizzare quanto necessario. Non è sicuramente una strada facile da seguire, fatta di limitazioni e regole, ma data la sempre maggiore attenzione dello stesso consumatore è una strada che se percorsa con le giuste intenzioni può dare molto. Come ho scritto nell’introduzione a questo mio lavoro, ho scelto di approfondire questo argomento in quanto incuriosita dal verde che circonda i vigneti di Tenuta Fanti. Nelle visite guidate che ho avuto modo di fare nel corso del mio tirocinio era una fra le domande più gettonate, “come mai tutto questo verde?”. Ecco allora che la mia curiosità risultava condivisa ed ecco allora la mia volontà di avere le basi per poter dare una risposta a questa domanda. Il verde tra le vigne, dato dagli inerbimenti fatti nell’interfilare e dalle cover crops, colpisce anche l’occhio di chi guarda la vigna. Il biologico si vede anche in questo e fa bene all’azienda, non solo da un punto di vista commerciale.

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BIBLIOGRAFIA

1. R. Mazzilli, Viticoltura biologica. Tecniche agronomiche e strategie di difesa., Milano, Edagricole, 2020;

2. A. Palliotti, S. Poni, O. Silvestroni, Manuale di viticoltura, Milano, Edagricole 2018.

SITOGRAFIA

1. https://www.tenutafanti.it/ ; 2. http://www.vininaturali.it/fare-il-vino/viticoltura/viticoltura-biologica/; 3. https://aiab.it/il-bio/; 4. https://www.regione.toscana.it/documents/10180/12352035/Arsia+M_ViticolturaBI O.pdf/eb93649a-8735-48c8-aa9e-ba2f2267461e; 5. http://projects.ifes.es/pdfs/eco/bio6.pdf; 6. https://aiab.it/il-bio/come-convertirsi-ad-agricoltore-bio/; 7. https://ec.europa.eu/info/food-farming-fisheries/farming/organic-farming/becoming- organic-farmer_it#:~:text=dell'agricoltura%20biologica-,Agricoltura%20biologica%20e%20PAC,destinati%20specificamente%20ai%20giov ani%20agricoltori.; 8. https://www.forigo.it/news/cover-crops-cosa-sono-come-si-fanno-e-quali-benefici-apportano; 9. http://www.prober.it/documentazione/download/monografie/mono_4.pdf; 10. https://www.venetoagricoltura.org/2008/09/editoria/la-gestione-del-suolo-in-agricoltura-biologica-2008librocod-e189esaurito/; 11. https://www.rivistadiagraria.org/articoli/anno-2012/linerbimento/; 12. https://www.informatoreagrario.it/filiere-produttive/vitevino/defogliazione-della- vite-intervenire/#:~:text=La%20sfogliatura%20o%20defogliazione%20della,a%20poche %20settimane%20dalla%20vendemmia.; 13. http://www.crpv.it/doc/5157/ViticolturaBio.pdf; 14. https://ec.europa.eu/info/food-farming-fisheries/farming/organic-farming/organic-logo_it; 15. https://wisesociety.it/alimentazione/biologico-il-logo-europeo-diventa-obbligatorio/;

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25 16. https://www.bimbisaniebelli.it/famiglia/vita-pratica/sai-che-differenza-ce-tra- agricoltura-biologica-integrata-e-biodinamica- 37701#:~:text=parassiti%20delle%20piante.-,Agricoltura%20integrata,corso%20dalle%20colture%20%C3%A8%20grave; 17. https://www.coltivazionebiologica.it/tignoletta-della-vite-lobesia-botrana/; 18. https://www.agraria.org/entomologia-agraria/tignoletta-della-vite.htm;

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RINGRAZIAMENTI

Ringrazio la Professoressa Cristiani che mi ha aiutato a districarmi nel mare dei regolamenti europei e a dare forma a questa tesi.

Ringrazio la Dottoressa Elisa Fanti, che ha aperto le porte nella sua azienda e ha risposto a tutte le mie domande; e ringrazio il suo meraviglioso team che mi ha sempre fatto sentire una di loro, aiutandomi a capire e ad imparare.

Ringrazio la mia famiglia, che continua a supportarmi e a sostenermi.

Ringrazio il mio compagno Mirko, per il suo amore e il suo infinito supporto.

E i miei contadiniS, amici enologici più una, che mi hanno regalato immense risate e infinite mangiate.

Figura

Figura 1 – Bio in cifre, pag. 9.

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