Giacomo Treves dei Bonfili (1788-‐1885) collezionista e mecenate: la raccolta di un filantropo patriota Martina Massaro 1
Giacomo Treves dei Bonfili (1788-‐1885)
collezionista e mecenate: la raccolta di un
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Introduzione
L’interesse per Giacomo Treves dei Bonfili1 (1788-‐1885) è nato nell’ambito dei miei
studi sulla committenza dell’Ottocento. La straordinaria ricorrenza del nome di questo munifico mecenate nelle cronache dell’epoca, unita alla fitta rete di relazioni e connessioni che sistematicamente riconducono alla sua influenza in contesti diversi hanno acceso in me un vivo interesse. I riferimenti inevitabili poi in molti studi recenti alla figura di quest’uomo, di cui spesso si è scritto senza mai però condurre uno studio sistematico su quanto ebbe merito di compiere, hanno alimentato ulteriormente la mia curiosità.
Posso dire senza esitazione che in questi anni di studio l’entusiasmo iniziale per la ricerca che ho scelto di intraprendere non è mai venuto meno, neppure per un solo momento, al contrario se possibile si è accresciuto nel tempo grazie a quelle piccole, grandi soddisfazioni che può comprendere solo chi subisce il fascino del passato. Questo lavoro costituisce una tappa importante di un percorso di ricerca non ancora concluso. Dovendo procedere a un bilancio, pur autocritico e soggettivo, mi sembra opportuno sottolineare la complessità di un personaggio chiave dell'Ottocento veneziano e quindi anche degli orizzonti aperti da questo studio. I numerosi indizi raccolti per motivare una ricerca monografica su Giacomo Treves dei Bonfili come collezionista e mecenate hanno lasciato emergere la sua evanescenza nel panorama attuale degli studi. Così l’obiettivo sul piano storiografico è stato fin dall'inizio restituire una fisionomia definita che desse corpo al peso specifico che egli ebbe nel panorama storico, artistico e culturale della sua epoca.2
1 Vale la pena di chiarire qui e una volta per tutte che nonostante il nome del protagonista di questo studio sia stato editato in
diversi modi, si è scelto per aderenza alla sua volontà di nominarlo come egli stesso volle firmarsi nei documenti autografi, «Giacomo» e non Jacopo, «Treves dei Bonfili», unendo così in un solo nome l’eredità della famiglia del padre Iseppo Treves e della madre, Benedetta, ultima discendente dei Bonfil.
2 Va a Donatella Calabi tutta la mia gratitudine per aver creduto nelle potenzialità di questo lavoro di ricerca e per aver saputo
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Ho lavorato prevalentemente in archivi pubblici, senza tuttavia rinunciare a coltivare con determinazione le relazioni con quanti sono depositari della memoria familiare. L’articolazione delle informazioni raccolte, la molteplicità dei filoni di ricerca che mi è parso necessario seguire, l’intreccio dei saperi mobilitati mi hanno suggerito di aprire le questioni da trattare a 360 gradi. Quale postulato imprescindibile per
descrivere Giacomo Treves dei Bonfili come collezionista3 a tuttotondo è stato dare
voce alla polifonia delle sue suggestioni culturali.
La ricca sedimentazione documentaria negli archivi pubblici determinata dallo straordinario fervore imprenditoriale, unita alle recensioni della stampa su un personaggio che aveva una schietta e ben delimitata dimensione pubblica, hanno permesso di tracciare solo un canovaccio biografico che, seppur soddisfacente, necessitava di essere arricchito di quell’anima che solo le carte private possono restituire.4
La suggestione metodologica che ha dipanato questo momento di crisi è venuta anche dall’incontro con gli studi di Sabina Loriga e il suo approccio esposto nel saggio per me illuminante su La petit x. De la biographie à l’histoire.5 Da qui si sono
tratti gli spunti per decidere di intraprendere la via di una restituizione storica attraverso i tempi e i modi del racconto biografico. Le premesse della Loriga, infatti erano perfettamente attagliate e sincronizzate con lo spirito dell’epoca che avevo tratto dalle vicissitudini di vita Giacomo Treves dei Bonfili.
3 Ringrazio Francesca Castellani che da storica dell’arte ha difeso e sostenuto questo tipo di approccio vedendo le incursioni
fuori dall’ambito disciplinare storico artistico come potenziali spunti di arricchimento della prospettiva storica.
4 L’impossibilità di accedere alle carte private ha inizialmente causato una battuta d’arresto, una forma di ansia latente dovuta
al fatto di non poter controllare il programma di lavoro, sino a quando Giovanni Levi da maestro di storia mi parlò con comprensione e fermezza mettendo fine alle mie titubanze e mi scrisse: «[…] le ricerche si fanno sui documenti che si trovano e non quelli che non si trovano che, anche trovati, rimandano comunque all'infinito ad altri documenti che non si trovano». Da qui è partito il lavoro di ricerca documentaria vero e proprio con un entusiasmo e una determinazione che sino a oggi non si sono ancora esauriti.
5 Seminario Sulla Biografia, mercoledì 4 aprile 2012, dipartimento di Studi Umanistici Università Ca’ Foscari di Venezia, Gli
storici e il problema della biografia, Giovanni Levi e Simon Levis Sullam discutono con Sabina Loriga (EHESS, Paris), del suo libro Le petit x. De la biographie à l’histoire, Seuil, Paris 2010.
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L’ipotesi di lavorare all’interno del solco segnato da Droysen nel 1863 e condiviso su diversi fronti da storici come Humboldt e Meinecke, da un capo saldo per la storia dell’arte come Jakob Burckhardt o da uno scrittore dello spessore di Tolstoï è stato un modello di riferimento.
Così è apparso facile applicare l’equazione della «petit x» [A=a+x]. Dove A, ovvero il genio individuale che sta a significare tutto quello che un uomo è, possiede e fa, è determinita da a+x, dove a contiene tutto ciò che deriva dalle circostanze esterne: il paese, il popolo, l’epoca, e x rappresenta il contributo personale, l’opera della volontà del singolo. Quale migliore caso di studio cui applicare gli assunti della microstoria se non quella di un ricco veneziano di origine israelita con una solida formazione umanistica e finanziaria sul crinale degli anni dell’emancipazione, nel bel mezzo di un cambiamento epocale dovuto agli effetti del tramonto dell’ancien régime?
Solo dopo aver steso la traccia del racconto biografico e aver dimostrato di aver colto e restituito il significato del portato culturale di Giacomo Treves dei Bonfili è stato possibile aprire un dialogo con coloro che gelosamente tutelano e onorano la memoria famigliare. Gli accessi, sebbene per lo più controllati, a quelle collezioni private contenenti documenti e testimonianze determinanti per gli esiti della ricerca, mi hanno permesso di confermare e a volte di completare la ricostruzione dei fatti. La disponibilità che ho riscontrato nel corso delle mie ricerche e la collaborazione offertami da quasi tutti, non possono che meritare il mio impegno di restituire la
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Capitolo I
A proposito delle origini della famiglia Treves. Verso il tramonto della Repubblica: una famiglia di armatori nel Ghetto di Venezia
1.1. Prologo
La ricostruzione del ritratto di Giacomo Treves dei Bonfili come collezionista rimane intimamente collegata a molti aspetti che esulano da un ragionamento circoscritto all’ambito storico artistico. È così emersa la necessità di investigare fonti eterogenee che contribuissero a delineare i caratteri biografici di un personaggio a tutto tondo, restituendolo nella sua interezza e complessità, senza isolare quegli aspetti che riguardano in modo precipuo le strategie collezionistiche. Ciò, in particolare, perché i comportamenti collezionistici di un esponente dell’élite ebraica, in questo preciso periodo storico, non possono essere osservati e ben compresi, se disgiunti dalle dinamiche politico-‐socio-‐economiche che hanno scandito le fasi di affermazione civile, ovvero di emancipazione, di questa minoranza della popolazione.6 Così si è
ritenuto opportuno vagliare anche quelle circostanze che permettessero di ricostruire, per sommi capi, la storia della famiglia Treves, al fine di dar conto delle origini del protagonista di questo studio,7 scandagliando gli eventi legati alla famiglia
lungo un arco temporale compreso tra la seconda metà del XVII e la fine del XVIII secolo. Nel dipanarsi di tali vicissitudini si sono individuate le cause di alcuni suoi comportamenti sociali, politici e culturali. Seppur si tratti di un quadro parziale, a
causa dell’esiguità delle informazioni accessibili,8 è stato possibile ricostruire i fatti
6 Per un quadro di riferimento sulle fasi dell’emancipazione ebraica si rimanda a G. LUZZATTO VOGHERA, Il pregiudizio
dell’eguaglianza. Il dibattito sull’emancipazione degli ebrei in Italia (1781-‐1848), Milano, Franco Angeli, 1998.
7 Va chiarito che la presente ricerca non ha alcuna pretesa di approfondimento o di sistematicità rispetto ai temi di carattere
storico-‐economico che in questo capitolo verranno solamente accennati, strumentalmente alla restituzione dello spaccato famigliare, o meglio non esiste alcuna volontà di sovrapposizione con le complesse tematiche affrontate dalle ricerche attualmente in corso sulle dinamiche del commercio veneziano nel XVIII secolo.
8 Si rammenta che il presente studio ha investigato in modo approfondito tutte le fonti documentarie sulla famiglia Treves
depositate presso i pubblici istituti di conservazione, ma non ha potuto avvalersi della documentazione conservata negli archivi della famiglia, oggi ancora presso gli eredi a Venezia.
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salienti, inerenti soprattutto alle imprese mercantili delle tre generazioni che hanno preceduto Giacomo, e che hanno costituito il capitale di cui egli si è trovato a essere l’erede legittimo e naturale. Una volta ricostruito chi furono i predecessori di Giacomo, quali le loro vicissitudini, e quale la consistenza della loro eredità economica e imprenditoriale, apparirà del tutto chiaro il solco sul quale egli si è mosso. In particolare, come egli sia riuscito non solo a mantenere la cospicua fortuna avuta in eredità dal padre, ma come sia stato capace di incrementarla.
Il periodo storico durante il quale la famiglia Treves si radica e sviluppa i suoi interessi commerciali a Venezia è contraddistinto, in prima istanza, da una profonda crisi9 che riguarda, dapprima, l’economia e i traffici mercantili, e poi, per fasi
successive, investe e travolge il sistema politico e burocratico che aveva, sino a quel
momento, retto le sorti dello Stato veneziano.10 Sebbene vada indicato, come
espongono chiaramente gli studi di storia economica a questo proposito, che l’ultimo secolo di vita della Repubblica non fu certo contraddistinto da un deragliamento fragoroso del sistema mercantile. Si tratta, di contro, di un «declino relativo»,
contraddistinto da una «generale tenuta e in alcuni casi di crescita»,11 che
rappresentano nel loro insieme la sintomatologia dell’incurabile malattia che affliggeva Venezia, proprio se comparata sincronicamente allo straordinario sviluppo economico dei centri europei. Effetti questi di un processo avviato, da oltre due secoli, dalle scoperte geografiche che determinarono il progressivo spostamento del baricentro dei traffici mercantili sulle rotte atlantiche. Tutti indizi questi utili a comprendere e a circostanziare le condizioni dell’ascesa economica dei Treves, che
9 D. BELTRAMI, La crisi della marina mercantile veneziana e i provvedimenti del 1736 per fronteggiarla, «Rivista internazionale
di scienze sociali», a. L. (1942); E. EINAUDI, l’economia pubblica veneziana dal 1736 al 1755, «La riforma sociale», a. XIV (1904); G. OCCIONI-‐BONAFFONS, Del commercio di Venezia nel secolo XVIII, Venezia, Antonelli, 1891.
10 Proprio durante questo spaccato cronologico vanno letti i sintomi della “profonda e insanabile decadenza” del sistema
economico veneziano, vedi: G. LUZZATO, Storia economica dell’età moderna e contemporanea. L’età moderna, vol. I, Padova, CEDAM, 1955, p. 115.
11 M. COSTANTINI, Commercio e Marina, VIII, Storia di Venezia. L’ultima fase della Serenissima, Treccani 1998, pp. 555-‐556 (pp.
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rimangono a tutti gli effetti la maggiore ditta mercantile sulla piazza realtina per quasi un secolo.
La complessità delle vicissitudini storiche, e la crisi innervata sino ai gangli del sistema economico veneziano, esponeva tutti in egual misura, a maggior ragione coloro i quali per nascita erano vincolati e limitati nelle libertà personali, come una famiglia di appartenenza ebraica. Il sovvertimento della Repubblica e il suo smantellamento, aggravato ancor più dall’incalzante susseguirsi e alternarsi dei diversi dominatori, nonché il lacerante processo volto all’unificazione degli Stati italiani, ha reso particolarmente travagliato quel periodo trascorso prima che Venezia giungesse a una, seppur vaga, forma di assestamento politico ed economico. All’interno di questo spaccato non è forse scontato sottolineare come i Treves, proprio in ragione dei loro interessi coinvolti, o più che altro compromessi, nell’attività creditizia, non fossero nella posizione di potersi giovare del progressivo indebitamento dello Stato veneziano. Lo scarto decisivo che condiziona fortemente gli eventi di questo periodo, con effetti a caduta lungo tutto il XIX secolo, è determinato dai provvedimenti napoleonici che diedero libero accesso al mercato immobiliare e fondiario alla componente ebraica della popolazione cittadina, sdoganando una liquidità che sino a quel momento era rimasta congelata dentro le strette spire dell’ormai compromesso sistema economico della Serenissima.
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1.2. Le origini della ditta Treves. Isaac Treves (1693-‐1757)
Gli studi condotti da Lucien Wolf 12 tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del
Novecento sono cruciali per la ricostruzione della storia famigliare dei Treves, in particolare per quanto concerne il ramo della famiglia che si è radicato in Inghilterra intorno alla metà del XVIII secolo. Proprio perché focalizzati sul ramo anglosassone della famiglia, gli scritti di Wolf presentano alcune piccole discrasie rispetto a quanto riscontrato durante la ricerca condotta da chi scrive, e molte delle figure dominanti del ramo veneziano risultano alquanto sfuocate; nonostante ciò, rimangono un giacimento di notizie. Inoltre, da questa traccia, ovvero il legame dei Treves con l’Inghilterra, è forse possibile dedurre alcuni elementi significativi per ricostruire e svelare da dove derivino molte delle scelte, riconoscibili anche nella conduzione di Giacomo in materia di politica economica e commerciale.
In merito alle vere e proprie radici della famiglia esse affondano, a quanto pare, in tempi molto remoti, intorno all’anno 1000, e si agganciano alle sorti di un illustre capostipite, l’esegeta Salomon Ben Isaac, noto come Rashi, della città di Troyes, da cui la corruzione del nome in Treves.13 Risalendo così indietro nel tempo, risulta
assai arduo ricostruire fedelmente la discendenza, che viene a essere complicata dalle molteplici ramificazioni dovute ai cambi di residenza dei componenti, che si
12 Lucien Wolf (Londra 1858-‐1930) fu un giornalista, uno storico e un avvocato esperto in diritto ebraico. Iniziò la sua carriera
di giornalista nel 1874, quando aveva solo 17 anni, occupandosi in modo precipuo di argomenti ebraici. Tra il 1890 e il 1909 sotto lo pseudonimo di Diplomaticus fu redattore della cronaca estera per il «Daily Graphic» e del «Fortnightly Review» dal 1895 al 1905. Come suggerisce il suo pseudonimo si occupò essenzialmente di polica estera e di questioni diplomatiche, campi nei quali divenne una vera e propria autorità. Nel 1893 fu il fondatore e il primo presidente della Jewish Historical Society of England. Non va escluso che Lucien Wolf abbia avuto accesso all’archivio della famiglia Treves nell’anno 1895, quando stava preparando lo scritto The Treves Family in England : A Genealogical Sketch, uscito nel 1896 sulla rivista «Jewish Chronicle». Sebbene non vi siano prove circostanziate a sostegno di questa tesi è probabile che Lucien Wolf fosse in contatto diretto con Alberto Treves de’ Bonfili allora attivo in politica. Sappiamo che rimane tra le carte di famiglia un manoscritto in lingua francese, datato 11 novembre 1895, senza firma, che è la traduzione fedele di alcuni brani del libro di Wolf, pubblicato postumo nel 1934, sulla storia delle maggiori famiglie ebraiche Essays in Jewish history.
13 L’opinione condivisa è che il nome Treves derivi dalla forma francese (Trèves) – di Trier – Treviri, città della Prussia. Diffusi
specialmente a Venezia e in Piemonte: MORTARA, Indice, p. 66, cit. in V. COLORNI, Cognomi ebraici italiani a base toponomastica straniera, in Italia judaica. Gli ebrei in Italia dalla segregazione alla prima emancipazione, Atti del III Convegno internazionale, Tel Aviv, 15-‐20 giugno 1986, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali pubblicazioni degli Archivi di Stato, 1989, pp. 31-‐47.
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sono radicati in diversi paesi europei.14
Le prime notizie commerciali in ambito veneziano che ci sono giunte sui Treves, riconducibili al ramo di Giacomo, risalgono al 1724, quando Isaac Treves (1693-‐ 1757) di Venezia e un certo Brown di Londra fondarono con capitale iniziale di 10.000 ducati un’impresa commerciale, che venne in seguito integralmente assorbita, anche per la quota parte del socio, dallo stesso Isaac.15 In quel periodo egli
giunse e si stabilì a Venezia da Costantinopoli, dove il padre Mandolin Emanuel (1652-‐1740) si era stabilito nel corso della seconda metà del Seicento, e lì aveva fondato un’importante ditta attiva nei traffici mercantili giovandosi dell’influenza del
cognato, Israel Conegliano,16 allora segretario del Bailo17 della Repubblica di Venezia
a Costantinopoli.
Il dipinto di Bartolomeo Nazzari,18 intitolato Isaac Treves e i suoi capitani realizzato
intorno al 1735, ritrae l’armatore veneziano quando aveva circa quarantotto anni. Egli è ritratto seduto sulla destra del quadro, mentre poggia la mano sulla spalla del
primo genito al suo fianco, probabilmente Emanuel19 raffigurato all’età di circa dieci
anni (1725 ca.-‐1760 ca.). Un valletto fa capolino alle spalle del giovinetto per sistemargli la marsina, a testimoniare la cura per l’erede che succederà al padre nella conduzione della ditta mercantile. La rappresentazione della committenza nel
14 «The Jewish family of Treves, members of which may be found in almost every country of Europe, holds a conspicuous place
in Jewish history, both by reason of its illustrious lineage and the phenomenal number of distinguished men it has produced. The name is said to be a corruption of Troyes, -‐ the home of the famous Rabbi Salomon ben Isaac, better known as Rashi or Jarchi, from whom the Treves family claim descent. Rashi, who was born at Troyes about 1040, was the greatest Bible commentator and exegete produced by post Biblical Hebrews». In L. WOLF , Essays in Jewish history, Edited by C. Roth, London, The Jewish Historical Society of England , 1934, p. 147.
15 L. WOLF , Essays…, cit., 1934, pp. 153-‐163.
16 Secondo le notizie riportate da ivi, p. 155: «Israel Conegliano, the famous Jewish diplomatist who was Secretary to the
venetian Embassy at the Sublime Porte and assisted to negotiate the peace of Carlowitz».
17 G. MIGLIARDI O’ RIORDAN, L'archivio del bailo a Costantinopoli conservato presso l’Archivio di Stato di Venezia, in Venezia e
Istanbul. Incontri, confronti e scambi, a cura di E. Concina con la collaborazione di E. Molteni e A. David, catalogo della mostra I turchi in Europa. Civiltà a confronto, Udine, Forum, 2006, pp. 67-‐68; G. MIGLIARDI O’ RIORDAN, La documentazione consolare e le funzioni del Bailo a Costantinopoli, in Fonti diplomatiche in età moderna e contemporanea (Atti del convegno internazionale, Lucca 20-‐25 gennaio 1989), Pubblicazione degli Archivi di Stato, Saggi n. 33, Roma 1995, pp. 602-‐605; G. MIGLIARDI O' RIORDAN, Présentation des archives du baile à Constantinople, «Turcica», n. 33 (2001), pp. 339-‐367.
18 Bartolomeo Nazzari (Nazari)(Clusone, 31 maggio 1693 -‐ Milano, 24 agosto 1758).
19 Sebbene non si conosca la data esatta della nascita di Emanuel, il fatto che il dipinto sia passato alla sua discendenza lascia
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dipinto rispecchia a pieno le modalità iconografiche della moda dell’epoca. La figura femminile sul fondo si ritiene probabile possa essere la moglie di Isacco, Ricca Treves, la quale assiste alla scena leggermente defilata, ma non per questo esclusa dal contesto. La scena ideata dal pittore trova una soluzione soddisfacente anche per rappresentare il doppio fronte dell’impresa famigliare dei Treves, attiva sia nei commerci, che nel settore creditizio. Infatti, seduto al tavolo di lavoro vi è un segretario che ha le caratteristiche salienti del “banchiere”, descritto secondo l’iconografia classica tramandata da Giovanni Grevembroch nei suoi Costumi Veneziani.20 Sospettoso, egli sembra intento ad ascoltare con attenzione, e a
trascrivere quanto viene detto dai presenti; appesa alla parete fa da sfondo la raffigurazione di una nave, forse proprio uno dei bastimenti di Isaac, mentre sulla sinistra, un fitto gruppo costituito da quattro personaggi, assai eterogenei tra loro per età e abbigliamento, si fanno appresso per conferire con il protagonista della scena. L’individuo, tra i quattro, posto in primo piano reca con sé dei borselli, mentre quello alle sue spalle è intento a leggere una lettera. Ai loro piedi, nell’angolo in basso a sinistra è raffigurato un cane,21simbolo di fedeltà, mentre in basso al centro,
sotto il tavolo, fa capolino dal bordo della tovaglia un gatto,22 ritenuto invece simbolo
di ingratitudine. Sopra il tavolo accatastati in modo disordinato dei volumi, forse proprio i libri contabili, nei quali venivano rendicontate le entrate e le uscite della ditta. Questa è forse la testimonianza più vivida che si potesse conservare del mercante veneziano. Egli fu l’ideatore e commissario della «Compagnia veneziana
20 G. GREVEMBROCH: Gli abiti de veneziani di quasi ogni età con diligenza raccolti e dipinti nel secolo 18°, introduzione di G.
Mariacher, Venezia, Filippi, 1981.
21 C. RIPA, Iconologia del Cavalier Cesare Ripa Perugino, tomo II, Perugia 1765, p. 25: «Per terra da una parte vi si mette il Cane
per segno di fedeltà (del quale ne è simbolo questo animale, come abbiamo detto in altri luoghi) perciocché chi si confessa sacramentalmente conviene essere fedele in narrare tutti i suoi peccati colle lor circostanze, non tacendo quello che haj fatto, e non dicendo quello che non ha fatto».
22 Ivi, p. 63: «Il Gatto per essere Geroglifico dell’ingratitudine, giacché per quanto si accarezzi sempre sgraffia, denota che per
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del Baltico per la Russia, la Svezia e la Danimarca», conquistando un settore dei commerci nel quale la ditta Treves rimase leader per oltre un secolo.
Appare opportuno qui far menzione del rapporto economico che legava l’armatore ai suoi capitani, che non avevano il semplice mandato di condurre le imbarcazioni, ma agivano in tutto e per tutto in sua vece, come testimoniano le numerose procure stilate dal notaio di fiducia della famiglia e intestate ai capitani della ditta Treves; i loro incarichi riguardavano sia le trattative commerciali relative al carico trasportato, sia eventuali responsabilità di carattere giuridico, alla stessa stregua di un “rappresentante legale” come: presenziare dinnanzi a tribunale, o esigere crediti per conto del loro titolare secondo termini ricorrenti:
stabilire qualunque contratto di Noleggio, liquidar conti, esigere ogni somma, e quantità di denaro, e rilasciar dello scosso le debite ricevute, e cauzioni, ottener al bisogno le Patenti, ed altri requisiti necessarj per la navigazione della mede.ma, sostener le azioni e le ragioni di detto cost.te suèra in qualunque Città o luogo innanzi cadun giudice, Tribunale, ed autorità costituita, ed ivi far istanze per ricorsi, ottener decreti, e suffragi, far seguire sentenze, appellarsi, prestar giuramento, e colla clausula generale ad Lites, nonché di convenire, ed in qualunque forma …, e colla facoltà altresì di poter passare alla vendita nelle debite forme della sud.ta Nave […], per qual prezzo, patti, modi, e condizioni, che detto Proc. riterrà migliori, con divenire a qualunque privata scr.a, o pubblica [...] incassar prezzo, e quietar. Sostituire uno o più Proc.ri, ed in generale far ed operar in ogni rapporto relativo ad essa nave […], etiam nel caso di vendita come sopra, tutto quello sì rendesse necessario ed opportuno ancorché nel prestare mandato non espresso, e come far potrebbe dott. Cost.te ut supra se personalmente intervenisse [...]23
Sembra di notevole interesse la comparazione con un’altra opera di Nazzari, dello stesso periodo e assai affine dal punto di vista compositivo a quello di proprietà degli eredi Treves: si tratta del dipinto intitolato Lord Boyne nella cabina della sua nave (1731).24 Esso è conservato nella collezione Boyne e, in una copia di dimensioni più
23 Archivio di Stato di Venezia, da qui in poi ASVE, Notarile Atti, b. 10012, n. 166.
24 D.B. REDFORD, Dilettanti: The Antic and the Antique in Eighteenth-‐Century England, Los Angeles (CA), J. Paul Getty Museum
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modeste, presso il National Maritime Museum di Greenwich. Gustavus Hamilton, secondo visconte di Boyne, è ritratto a figura intera di profilo seduto al tavolo, al lato sinistro della tela, nella cabina principale del suo vascello in compagnia di un gruppo di sodali, durante una delle tratte del viaggio in Europa, che lo condusse da Venezia a Lisbona. Il dipinto Boyne, eseguito durante la tappa veneziana tra la primavera e l’autunno del 1731, nasconde con ogni probabilità un significato politico. Tra i personaggi coinvolti nella conversazione è stato riconosciuto Charles Howard, il terzo conte di Carlisle,25 con i capelli bianchi, in piedi sulla sinistra, egli tiene in mano
un bicchiere; mentre Sir Francis Dashwood sta indicando sulla carta lo stretto di Bonifacio, una delle possibili strade da percorrere per giungere a Lisbona da Venezia.
Insieme al dipinto che doveva celebrare la casa commerciale dei Treves, Isaac commissionò a Nazzari26 un altro quadro in pendant, dove si ritrae un quartetto
impegnato in un concerto di musica da camera. Questa seconda opera va datata sempre intorno al 1735, e testimonia la sensibilità dei Treves per l’argomento musicale, una passione famigliare che affonda le sue radici lontano nel tempo. Se resta valida anche qui la sincronizzazione della scena al tempo dell’altro dipinto a pendant, Isaac Treves e i suoi capitani, allora il quartetto porta i volti ritratti di Emanuel e del fratello Salomon entrambi al violino, e della madre Ricca, seduta alla spinetta, mentre si crede opportuno supporre che il personaggio sul fondo possa essere uno dei musicisti e compositori che frequentavano la casa dei Treves. Essi disponevano di repertorio musicale significativo, di cui restano numerosi spartiti per
25 F.J.B. WATSON, The Nazari – a forgotten family of Venetian portrait painters, «Burlington Magazine», a. III (1949), pp. 75-‐79.
La tesi di Watson è discussa da N. JEFFARES, Rosalba Carriera, Gustavus, Viscount Boyne, in Pastels & pastellists, 2011.
26 Dopo la divisione patrimoniale tra i cinque figli del senatore Alberto Treves, nipote di Giacomo, i due dipinti del Nazzari
andarono in eredità al secondogenito Giacomo Treves dei Bonfili, mentre in corte Barozzi restarono due copie commissionate all’artista Gino Ghedina dalla vedova: «Lì 25 agosto 1824, Signor Cav. Avv. Giacomo Treves de’ Bonfili / Venezia / In relazione ai precedenti accordi chiedo che il pittore Sig. Gino Ghedina sia autorizzato a copiare per mio conto i noti due quadri del 700 rappresentanti personaggi di famiglia Treves. B.ssa Ortensia Treves de’ Bonfili». Lettera di Ortensia Treves de’ Bonfili a Giacomo Treves de’ Bonfili, 25 agosto 1924, Raccolta privata.
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trii e quartetti a testimoniare la consuetudine famigliare di suonare in casa. Questo insieme è costituito da certo numero di spartiti manoscritti dei maggiori compositori della metà del Settecento. Vi sono alcune sinfonie di Franz Joseph Haydn (1732-‐ 1809), altre di Pierre Van Maldere (1729-‐1768) e di Carlo Federico Abel (1723-‐ 1787), diversi quartetti di Taddeo Huber (1742-‐1798) dedicati a «Is. Treves», altri di Kautz, e di Pierre Vachon (1738-‐1803), oltre a un componimento di Giuseppe Tartini (1692-‐1770) esteso Pfeifer; altri quartetti di Antonín Kammel (1730-‐1788); e dei trii
del bolognese Luigi Marescalchi (1745-‐1810)27 e di Franz Anton Hoffmeister (1754-‐
1812).
Isaac Treves morì il 24 aprile 175728 all’età di sessantaquattro anni per una «febbre
Maligna infiammatoria» nella sua dimora nel Ghetto Vecchio di Venezia, lasciando ai suoi eredi una fortuna cospicua e un nome commerciale ormai riconosciuto. Egli ebbe quattro figli maschi: Giuseppe e Pellegrino si stabilirono a Londra e furono i capostipiti della famiglia residente in Inghilterra,29 mentre gli altri due, Emanuel e
Salomon, restarono a Venezia con il padre. Essi erano soci in parti uguali di una società commerciale di un certo rilievo, attiva nel traffico marittimo delle merci.30 La
società ponte costituita dai quattro fratelli Treves tra Venezia e Londra lascia supporre che essi avessero una strategia mercantile per superare l’impasse dei traffici nel bacino Mediterraneo. Si presume, infatti, che proprio durante la seconda
27 Luigi Marescalchi [trii, V/1, v/2, v/a / v/c] Sei trio, e una Serenata / per due Violini, e Violoncello Obbligato / con una parte di
più da eseguirsi con la Viola invece del Violoncello / Dedicati / A sua Eccellenza / il signor Conte Carlo Borromeo / di Colloredo, Wals e Melzt / Cav = e dell’Insigne Ordine Teutonico, Gran Com. = / mendatore di tutto il gran Baliaggio d’Austria, / Lintz, Gratz, Naistadt, Consigliere intimo attuale / di Stato, Tenente. Feld Maresciallo, Generale, e Colonnello / proprietario di un Regimento d’infanteria al servizio delle LLMMIRA / composti da Luigi Marescalchi / Bolognese / dell’Accademia Reale / di Santa Cecilia / di / Lisbona ca. 1775.
28 Archivio della Comunità Ebraica di Venezia, da qui in poi ACEVE, Registro dei morti n. 12, «24 aprile 1757, è morto Isach qm
Mandolin Treves d’anni 64 circa di febbre Maligna infiammatoria ammalato, il medico ecc. Conigliano, sta in ghetto vechio fa sepelir suoi figlioli».
29 L. WOLF , The Treves Family in England : A Genealogical Sketch , «Jewish Chronicle», office , 1896.
30 L. WOLF , Essays..., cit., 1934, p. 155 : «Joseph and Pellegrin Treves were the sons of Isaac Treves. They had two brothers
resident in Venice named Emanuel and Salomon with whom they were partners in a “house of great business”, of which each brother possessed a quater share. Their grandfather, Mandolin or Emanuel [Menahem], had emigrated to Costantinople, in the middle of the seventeenth century, where, thanks to the influence of his brother in law, Israel Conegliano, the famous Jewish diplomatist who was Secretary to the venetian Embassy at the Sublime Porte and assisted to negotiate the peace of Carlowitz, he had founded an important trading concern. Mandolin’s second son Isaac returned to Venice and established there».
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metà del Settecento essi fossero operativi anche sulla tratta transatlantica verso le Americhe. Ad avvalorare questa ipotesi si conservano alcune notizie in letteratura
che lasciano supporre una sua conferma,31 così come puntualmente descrive De
Lalande:
Des Juifs et des merchands Anglois ètablis à Venise, avoient entrepris d’envoyer de vaisseaux directement en Amérique; mais la course est trop longue et les hasard trop grands, ce qui rend les profits médiocres. Les Négociants les plus riches actuellement sont les Tamozzi, Testori, Trevese, Uzeli, Bonfil, Camuzzi, ect. 32
Un estesissimo studio e ben documentato di Tullio Pizzetti,33 purtroppo non
sufficientemente diramato dalla distribuzione libraria, rendiconta con grande dovizia di particolari la grandezza della casa commerciale dei Treves e della sua flotta durante la Serenissima, e dà notizia anche delle rotte atlantiche, nonché di altre ancor più esotiche.
31 Uno studio conservato tra le carte della famiglia, commissionato con ogni probabilità dalla baronessa Elsa Treves de’ Bonfili e
datato: «Venezia, novembre 1974», ha indagato le fonti archivistiche su tre specifiche tematiche: «A. Indagini archivistiche se esiste qualche notizia dei viaggi effettuati da navi mercantili che i Treves e i Bonfil, in società con armatori inglesi, avrebbero inviato direttamente da Venezia in America e viceversa, nella seconda metà del sec. XVIII e quali merci sarebbero state oggetto del traffico. B. Estensione dell’indagine per conoscere se anche le navi di Iseppo Treves q. Emanuel (delle quali esistono i disegni acquerellati in Palazzo Treves a San Moisè), trovino memoria in documenti pubblici relativi al commercio marittimo veneziano nel periodo 1780-‐1797. C. Raccolta di notizie sulle navi e sui traffici dei Bonfil nello stesso periodo, e prima ancora». Lo studio riferisce come in nessuno dei fondi riguardanti le magistrature competenti in materia mercantile depositati presso l’Archivio di Stato di Venezia, si è rintracciata notizia a proposito del punto A, ovvero: «Cinque Savi alla Mercanzia»; «Deputati alla Regolazione delle tariffe»; Senato: Mar, Rettori, Corti, ect.
32 J.J. LE FRANÇAIS DE LALANDE, Voyage d’un François en Italie: fait dans les années 1765-‐1766, ed. 1769, vol. VIII, pp. 234-‐235. 33 T. PIZZETTI, Con la bandiera del protettor San Marco. La marineria della Serenissima nel Settecento e il contributo di Lussino, 4
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1.3. Emanuel e Salomon Treves e la ditta Solomon Treves e Nipoti (1763-‐1785)
Wolf, ma non solo, riferisce che Emanuel venne a mancare prematuramente, poco dopo il padre Isaac, indicativamente dopo il 1760 e prima del 1764,34 di modo che
solamente Salomon restò a Venezia con i suoi nipoti Isacco (1753-‐1819) e Giuseppe (1759-‐1825) – figli appunto di Emanuel – e che da allora (1760) l’azienda prese il nome di Salomon Treves e Nipoti35 e tale rimase, secondo Wolf, sino al 1785/86.36
Questa ditta fu attiva parallelamente a quella intestata al solo Salomon Treves [quondam] Isach, e si ritrova citata in modo ricorrente sia negli atti notarili, che nella documentazione relativa ai traffici delle merci. Nonostante la compartimentazione degli affari dei Treves sembri suddivisa tra le due ditte, di fatto, le procure intestate a Isacco e Iseppo sin dagli anni Settanta testimoniano che i traffici e gli interessi furono cogestiti anche dai nipoti, appena ebbero un’età consona ad entrare in affari, inoltre i magazzini di stoccaggio delle merci erano comuni. L’ingresso anticipato negli affari del giovane Iseppo, del resto, rimase cosa nota, e impresso nella sua immagine pubblica, tanto da essere tra le note d’avvio della sua memoria sulla «Gazzetta Privilegiata di Venezia»: «egli si vide in sin da’ più giovani anni chiamato a sostenere con la sua saviezza e con tutte le sue virtù quello splendore di commerciale reputazione, che i suoi maggiori gli avevano come eredità tramandato».37
34 A questa data va fissato il termine post quem in base a quanto emerso da: ACEVE, Registro dei morti, n. 12, dove in data «26
luglio 1764» si registra la morte di «Ricca consorte del qm Isach Treves d’anni settantadue circa di febbre infiammatoria, amalata giorni sette medico Conegliano, in Gheto Vechio fa sepelir suo figlio»; infatti qui si testimonia la presenza di uno solo dei figli, probabilmente Salomon.
35 Nei documenti relativi alle tariffe dei dazii conservati presso l’Archivio di Stato di Venezia troviamo la dicitura Salomon
Treves q. Isach, segnata come la ditta con maggiori traffici. Cfr. Foglio che dimostra il Dazio fatto alla Dogana da Mar in pmo. Marzo 1777 a tutto Febb. 1779 dalle infraste Ditte.
36 «Emanuel and Salomon, who, together with their father, directed the parent house in Venice. Emanuel died young, leaving
two sons, Isaac and Joseph, who subsequently became partners with their uncle Solomon, under the name Solomon Treves and nephews. In 1786, Solomon and Isaac retired from business with large fortunes leaving Joseph in the firm alone», L. WOLF , Essays…,. cit.,1934, p. 164.
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I Treves avevano diversi magazzini in città: quelli in affitto di Ca’ Mocenigo alla Giudecca, altri in prossimità del Ghetto, e dal 1780 gli otto magazzini di proprietà all’interno del palazzo in Ghetto Novissimo. Informazioni queste comprovate da un gustoso inventario, stilato dal notaio Carlo Gabrieli, per tutelare i suoi clienti da eventuali ritorsioni del destinatario di un prezioso carico, danneggiato da un’inattesa acqua alta, che non aveva lasciato il tempo di mettere in sicurezza la mercanzia. Si tratta, come si evince dall’atto, di una spedizione proveniente dalla corte imperiale di
Pietroburgo,38 e destinata all’ambasciata russa di Venezia al conte Simon de
Wororijoni, consistente in più di mille volumi di vario formato, una cassa di porcellane, diverse pezze di tessuti d’arredo, un insieme che avrebbe arrecato un danno economico non irrilevante se il cliente avesse voluto essere risarcito per i danni occorsi.
Die Decima tertia My Marty 1783
Per ascendente escrescenza dell’acqua del mare successa prima dello spuntar del giorno delli 12 corrente non essendovi stata abitazione di questa città in cui nelli luochi terreni, e magazzini non sia penetrata l’acqua sud.a e cagionati gravissimi danni in ogni generi diverse, cos’allo stesso infortunio essendo andati soggetti anchie li magazzini di Kà Mocenigo alla Giudecca condotti in affitto da questo Sr. Salomon Treves e Nipoti qm Emanuel, in uno dei quali rittrovandosi quattro cassoni di legno coperti di theoja […] e due cassette simili di ragione di Sr E. Co. Simon de Wororijoni destinati amb. presso questa Ser.ma Repub. di Venezia da sua Maestà Imp. della Russia pervenuti da Peterburgo in questa dominante alla consegnazione del sud. S. Treves colla nave Enrichetta cap. Bene.to Adorno Veneto, perciò lo stesso Sr Treves a sua indennità età presenvar di ciò, che vi potesse essere contenuto stante il caso sudd.to e tanto più p. aver anco ricevuto dalla nave pred.ta li dti Cassoni e cassette molto poco assicurati, e mal diffesi, fatti tradurre li detti due cassoni e due cassette alla casa di sua abitazione posta in Ghetto Novissimo, dove conferitomi io. Io Nodaro Publico infratt. e così visitando il Sr Iseppo Treves uno dei rapp.tanti del sud. ditta Salomon Treves e Nipoti qm Emanuel
38 Questo episodio in qualche modo sottende alle vicende commerciali che legano i Treves alla Russia. Si rimanda a: G.
LUZZATTO, Armatori ebrei a Venezia negli ultimi 250 anni della Repubblica. Scritti in memoria di Federico Luzzatto, «La Rassegna mensile di Israel», vol. XXVIII (1962). Inoltre per meglio investigare le relazioni con l’ambasciata russa quanto all’iniziativa della ditta Treves di istituire un servizio di linea tra il porto di Venezia e quello di Kronstadt, inquadrata all’interno del piano economico del governo russo per incentivare i rapporti commerciali con l’Europa occidentale, si veda M. PETROCCHI, Tramonto della Repubblica di Venezia e l’assolutismo illuminato, Venezia, La Deputazione editrice , 1950.