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Controllo Attivo Per La Diminuzione della Coppia di Cogging in Motori Brushless

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Academic year: 2021

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Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Robotica e

dell’Automazione

Controllo in retroazione per la

diminuzione dell’impuntamento

in motori Brushless

Tesi di Laurea in Controllo dei Processi

Relatore :

Prof. Ing. Landi Alberto

Correlatore : Candidato :

Prof. Ing. Sani Luca Dini Pierpaolo

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Indice

Sommario….………...I

1 Introduzione : Aspetti Generali degli Azionamenti Elettrici………...…...1

1.1 Struttura di un azionamento elettrico………..1

1.2 La macchina elettrica………2

1.3 Il raddrizzatore……….6

1.3.1Raddrizzatore a semionda………6

1.3.2Raddrizzatore ad onda intera………...7

1.3.3Raddrizzatore trifase………7

1.4 L’Inverter………..8

1.4.1Inverter monofase……….9

1.4.2Inverter trifase……….10

1.5Modulazione………10

1.5.1Modulazione ad isteresi………...13

1.5.2 Modulazione PWM……….15

1.6Architettura di controllo………18

1.7Dispositivi di misura………19

1.7.1Sensori di Corrente………20

1.7.2Sensori di posizione angolare……….21

1.8Accoppiamento Motore-Carico………24

1.9 Comportamento termico e tipi di servizio………25

2 Servo Azionamenti Brushless………31

2.1 Generalità sui Servo Azionamenti Brushless……….31

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2.3 Calcolo delle componenti del flusso concatenato………39

2.4 Espressione Generale della Coppia Elettromagnetica………42

2.5 Vettore spaziale e riferimento 𝛼𝛽………...43

2.5.1 Convenzione per invarianza delle Ampiezze……….44

2.5.2 Convenzione per invarianza della potenza………45

2.5.3 Equazioni nel riferimento 𝛼𝛽………46

2.6 Modello in assi dq………..47

2.7 Riferimenti per l’anello di controllo………...49

2.8 Estensione al caso IPM………..51

2.9 Regioni di funzionamento delle Macchine Brushless………55

2.9.1 Rotore Isotropo………...57

2.9.2 Rotore Anisotropo………..59

2.10 Controllo Sensorless……….62

3 Il Problema dell’Impuntamento………66

3.1 Analisi del problema della Coppia di Impuntamento……….66

3.2 Misura dell’impuntamento………70

3.3 Possibili algoritmi di stima dell’impuntamento……….73

4 Controllo in Retroazione per la riduzione dell’Impuntamento…………..76

4.1 Introduzione alla Feedback Linearizzazione………...76

4.1.1 caso SISO………76

4.1.2 caso MIMO………78

4.2 Controllo di Coppia………85

4.3 Controllo di Velocità………100

(5)

4.5 Analisi di Robustezza………132

4.5.1 Anello di Posizione……….132

4.5.2 Anello di velocità……….138

4.5.3 Anello ci Corrente………...145

Conclusioni……….155

Appendice A………...158

Bibliografia……….169

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Sommario

Il controllo di macchina (elettrica) è una delle principali problematiche di cui si occupa la branca dell’Ingegneria Elettrica che va sotto il nome di Azionamenti Elettrici , la quale risulta essere una materia del tutto interdisciplinare e quindi di interesse anche nell’ambito dell’Ingegneria dell’Automazione .

Le macchine elettriche sono una delle principali applicazioni delle leggi fisiche

dell’elettromagnetismo di interesse ingegneristico , le quali hanno un funzionamento che presenta delle non linearità che nella maggior parte dei casi interferisce con le aspettative di progetto sia per quello che riguarda gli aspetti costruttivi (ad esempio flussi di

dispersione al traferro legati al modo in cui le linee di campo attraversano realmente il materiale di statore e rotore o l’inevitabile attrito viscoso lungo l’asse di rotazione del motore che aggiunge perdite di energia) sia per quello che riguarda il controllo di

macchina e/o di azionamento (ad esempio le armoniche di alta frequenza che rendono gli andamenti delle grandezze fisiche in gioco “spurio” rispetto ad una modellazione

matematica) .

In questo contesto ovviamente non si analizzano gli aspetti costruttivi in quanto l’obiettivo è quello di dare un contributo in termini di tecniche di controllo automatico per la

compensazione di alcuni effetti derivanti per l’appunto dalla fisica del problema ed in particolare alla diminuzione di effetti oscillatori in termini di coppia erogata dalla macchina elettrica .

La presenza di non idealità viene tipicamente trattata inserendo nel loop di controllo delle funzioni opportunamente scelte che rappresentano il legame tra le grandezze fisiche in modo da poter tener conto degli aspetti più realistici sul funzionamento globale della macchina e quindi dell’intero azionamento .

L’approccio tipico è quello di progettare dei controllori con tecniche classiche di Controlli Automatici facendo alcune ipotesi sulle condizioni operative di interesse ed

approssimando il funzionamento della macchina in un intorno di queste condizioni di funzionamento per arrivare a trattare un sistema che nel complesso sia lineare .

Questo approccio presenta alcuni limiti importanti in quanto è difficile gestire delle non linearità oppure degli ingressi aleatori all’interno del loop di controllo perché le tecniche di valutazione della robustezza e della precisione del sistema complessivo non sono del tutto sistematiche soprattutto quando i sistemi hanno più ingressi e più uscite .

Il contributo maggiore da parte dell’ingegnere dell’Automazione è quello di poter mettere a disposizione la conoscenza di tecniche di controllo avanzate progettabili direttamente su un modello non lineare senza la necessità di fare ipotesi sulle condizioni operative .

(8)

Gli aspetti sopracitati sono del tutto comuni in qualsiasi azionamento elettrico

indipendentemente dal tipo di macchina elettrica utilizzato in esso , ad ogni modo in questo lavoro di tesi si concentra l’attenzione sulla soluzione di alcuni problemi riguardanti le macchine trifase sincrone a magneti permanenti o Bruschless A.C . Nel Capitolo 1 , vengono presentati in maniera piuttosto semplicistica gli aspetti più generali delle macchine elettriche e degli azionamenti elettrici stessi in modo da fissare le idee sui punti in comune e far capire qual è il piano d’azione per il controllo delle

grandezze fisiche elettromagnetiche (correnti elettriche e flussi magnetici) e meccaniche (posizione e velocità).

Nel Capitolo 2 , si focalizza l’attenzione sui servo-azionamenti di tipo Brushless

presentando la struttura generale dell’azionamento e le sue varianti in base agli obiettivi di controllo ed in base a caratteristiche fisiche della macchina stessa , presentando poi il principio di funzionamento soffermandosi molto brevemente sul comportamento magnetico dei magneti permanenti per poi arrivare alla modellazione matematica che richiederà anche l’introduzione di alcuni strumenti matematici specifici .

Nel Capitolo 3 , si presenta il problema dell’oscillazione di coppia dovuta al fenomeno dell’impuntamento , descrivendolo da un punto di vista elettromagnetico e giustificando la scelta di progettare un controllore in retroazione al posto di modifiche fisiche della macchina .

Nel Capitolo 4 , si presenta la tecnica di controllo in feedback linearizzation da un punto di vista teorico , elencando vantaggi e svantaggi del caso e la si applica nel contesto di un azionamento Brushless al fine di attenuare il disturbo descritto nel capitolo precedente , confrontando il caso in cui è possibile sfruttare una stima di detto disturbo col caso in cui non è ha disposizione tale stima , verificando la robustezza richiesta sui parametri per avere un risultato soddisfacente , il tutto ponendosi come obiettivo la soluzione di alcuni task di interesse pratico .

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Capitolo 1

Introduzione : Generalità sugli Azionamenti Elettrici

In questo capitolo si riportano in modo abbastanza schematico e sintetico quali sono le componenti che costituiscono un qualsiasi azionamento elettrico , in modo da poter fissare le idee sulle problematiche che effettivamente interessano chi si occupa di progettare le leggi di controllo del moto di una macchina elettrica inserita in tale contesto . Nei capitoli successivi verrà descritto il motore Sincrono a Magneti Permanenti quindi verrà rivolta maggiore attenzione al caso di componenti elettronici di potenza per azionamenti di tipo trifase .

1.1 Struttura di un Azionamento Elettrico

Prima di tutto chiariamo cosa si intende effettivamente per “azionamento elettrico” e per farlo facciamo riferimento all’acronimo inglese P.D.S , che sta per “Power Drive System” , cioè intendiamo di fatto l’insieme dei dispositivi elettronici di potenza ed elettromeccanici deputati al comando del moto di una generica macchina elettrica .In Fig.1 è riportato una schematizzazione , a cui possiamo fare riferimento per il collegamento dei vari

componenti per lo meno da un punto di vista logico :

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2

È presente una rete di alimentazione trifase che viene elaborata dai Raddrizzatori i quali “convertono” delle grandezze trifase in grandezze monofase , che servono come

riferimento per le operazioni che deve compiere l’Inverter per alimentare di fatto la

macchina (se la macchina è trifase esso riporterà nel dominio trifase le grandezze elettriche gestite dai Raddrizzatori) con le tensioni opportune , in base anche alla logica di controllo , la quale si basa sul modello della macchina stessa e sulle misure rilevate in termini di grandezze elettromeccaniche (correnti di fase , posizione e velocità se necessari).La macchina ed il convertitore(Raddrizzatore + Inverter) sono poi sottoposti ad un

monitoraggio “anti guasto” gestito dai sistemi di protezione e di diagnostica che evitano che la macchina e quindi l’intero sistema di azionamento vada in sovraccarico .Inoltre la macchina non è solitamente collegata al carico in modo diretto , ma attraverso un organo di trasmissione che rende sostanzialmente possibile “scalare” la velocità effettivamente erogata dalla macchina stessa . Vediamo più nel dettaglio le componenti sopra descritte in modo semplicistico .

1.2 La Macchina Elettrica

Le macchine elettriche sono dispositivi atti a convertire una tipologia di energia in

un'altra, di cui almeno una di esse è elettrica, o a modificare le forme dell'energia elettrica. Le macchine elettriche vengono tradizionalmente divise in due grandi gruppi: macchine statiche e macchine rotanti. Le macchine statiche, così dette perché prive di parti in movimento, modificano il valore della corrente o della tensione alternata forniti in

ingresso mantenendo pressoché inalterato il valore della potenza: a questa prima categoria appartiene, senza dubbio, il trasformatore.

Si annovera in tale ultimo caso il trasformatore, che è una macchina magnetica, statica (senza parti mobili), volta a modificare i parametri dell'energia elettrica, nella forma

particolare di corrente alternata. Macchine di conversione statica diverse dai trasformatori, basate su semiconduttori , non vengono di norma annoverate tra le "macchine elettriche", ma si parla invece di "convertitori statici"

Le macchine rotanti, nelle quali è presente una parte che ruota attorno ad un asse, appartengono a tre tipi fondamentali: il tipo sincrono, che opera in regime sinusoidale e con velocità di rotazione costante; il tipo asincrono, che funziona sempre in regime sinusoidale con una velocità di rotazione dipendente dal campo magnetico interno alla macchina e variabile con il carico; il tipo a corrente continua, che opera in regime stazionario, poiché l’energia viene fornita o prodotta in corrente continua.

Lo schema che segue riassume in forma grafica le principali classificazioni delle macchine elettriche date in precedenza :

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Fig.1.2 : Classificazione delle macchine elettriche rotanti

Per macchina elettrica si intende un dispositivo reversibile il cui funzionamento è basato sulle leggi:

dell'induzione magnetica  delle azioni elettrodinamiche

Quindi la macchina elettrica è quel dispositivo in cui le trasformazioni energetiche coinvolgono, nello stato iniziale e in quello finale, l'energia elettrica e l'energia meccanica, oppure la sola energia elettrica.

Una macchina elettrica comprende le seguenti parti fondamentali:

 struttura magnetica, o nucleo, in materiale ferromagnetico

 avvolgimenti

isolamenti

 strutture meccaniche

Il nucleo e gli avvolgimenti costituiscono la parte attiva, mentre le strutture metalliche sono dette massa e normalmente non sono in tensione.

I nuclei delle macchine elettriche sono realizzati mediante materiali magnetici i quali si possono suddividere in:

Materiale diamagnetico: presentano un permeabilità magnetica prossima, anche se

sempre inferiore, all'unità

 Materiale paramagnetico: presentano un permeabilità magnetica prossima, anche se sempre superiore, all'unità

OSS: I materiali diamagnetici e paramagnetici di fatto non modificano i campi magnetici che si manifestano nel "vuoto"

Materiale ferromagnetico: presentano una permeabilità magnetica relativa molto

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questi materiali presentano il fenomeno della magnetizzazione residua e sono caratterizzate mediante le curve di magnetizzazione; si dividono in due gruppi:

ferromagnetici dolci : vengono impiegati quando interessa limitare al massimo le

correnti necessarie per produrre e controllare i flussi di induzione

 ferromagnetici duri : sono caratterizzati da elevati valori della induzione residua e vengono impiegati quando interessa realizzare flussi magnetici costanti nel tempo e pertanto conviene ricorrere al magnetismo permanente che a circuiti percorsi da corrente

Il nucleo, essendo presente un campo magnetico variabile nel tempo, è sede di correnti parassite che sono dannose perché associate a fenomeni dissipativi per effetto Joule. Altro problema che conduce a perdite nel nucleo, è l'isteresi magnetica. In molte applicazioni per porre rimedio a queste perdite si ricorre a costruire il nucleo mediante l'affiancamento di lamierini di materiale ferromagnetico, impacchettati e tenuti mediante viti passanti opportunamente isolate.

In una macchina elettrica gli avvolgimenti sono realizzati mediante opportune interconnessioni di bobine induttive.

Possono essere avvolgimenti induttori e indotti, ed essere posizionati indifferentemente su statore-rotore e viceversa. Si fa eccezione per i trasformatori in cui gli avvolgimenti sono detti primario e secondario.

Dal punto di vista costruttivo possono essere concentrati (poli salienti) e distribuiti (a gabbia).

I materiali isolanti hanno la funzione di mantenere separati elettricamente conduttori in tensione. Devono presentare alta rigidità dielettrica, buona resistenza alle temperatura e stabilità in funzione della tensione a cui sono sottoposti.

Gli isolanti possono essere allo stato:

 gassoso (aria, idrogeno)

 liquido (oli minerali)

solido (resine poliestere)

Strutture meccaniche : sono tutte quelle parti che non sono in tensione ma che hanno funzione strutturale, come alberi, cuscinetti e carcasse.

Per la realizzazione di queste parti si utilizzano leghe di ferro con alta concentrazione di carbonio, ossia ghisa grigia per la costruzione delle carcasse, e ghisa malleabile per i pezzi di piccolo spessore e di forma complessa.

Per usi particolari con specifiche più spinte vengono impiegati acciai speciali.

Le macchine dinamiche (con parti mobili) sono usualmente rotanti (presenza di statore e rotore) ma possono essere anche lineari (presenza di statore e traslatore). Esse sono basate su trasformazioni di energia ad opera del campo magnetico (macchine magnetiche) in tutti i casi tranne che nelle applicazioni microscopiche dove si preferisce affidare lo scambio energetico al campo elettrico (macchine elettrostatiche, nella quasi totalità dei casi

macchine ultrasoniche). Le macchine magnetiche, in genere chiamate tout court macchine elettriche, sono classificate in tipologie con caratteristiche funzionali e geometriche

omogenee. Le tipologie di interesse odierno sono: Macchine a collettore (provviste di spazzole e collettore) in corrente continua (solo rotanti). Macchine a collettore (provviste di spazzole e collettore) in corrente alternata monofase (solo rotanti). Macchine asincrone.

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Da un punto di vista costruttivo, didattico e di principio non c'è distinzione tra motore (entra energia elettrica) e generatore (entra energia meccanica). Distinzioni invece nascono a causa della varie applicazioni che producono ulteriori differenziazioni.

Nel caso in cui sia l'ingresso che l'uscita siano di tipo elettrico si hanno i convertitori, in particolare nel caso della corrente alternata si ha il trasformatore. Nel caso in cui l'ingresso sia di tipo elettrico e l'uscita sia di tipo meccanico si hanno i motori, in particolare si parla di motori asincroni e motori sincroniper la corrente alternata e di motori in corrente continua per la corrente continua. Nel caso in cui l'ingresso sia di tipo meccanico e l'uscita sia di tipo elettrico si hanno i generatori, in particolare si parla di alternatori per la corrente alternata e di dinamo per la corrente continua. Le macchine elettriche si dividono inoltre in statiche, ovvero senza organi in movimento, caso del trasformatore, o rotanti, caso dei motori e generatori .

Da un punto di visto del tutto funzionale possiamo vedere una generica macchina elettrica come rappresentata dal seguente schema a blocchi :

Fig.1.3 : Schema funzionale di una generica macchina elettrica

Infatti alimentando le fasi di macchina con una differenza di potenziale , si genrano delle correnti che a loro volta sono causa dei campi magnetici di rotore e statore che interagendo danno origine alla coppia elettromagnetica che a sua volta da origine alla rotazione

dell’asse di rotore , ancora causa di forze elettro motrici .

Questo fatto suggerisce una sorta di priorità tra le grandezze meccaniche ovvero :

dalla coppia(correnti) otteniamo la velocità cje integrata resituisce la posizione : 𝑇𝑒𝑚 − 𝑇𝑟 = 𝐽𝑚𝜔̇𝑚 → 𝜔𝑚 = ∫ 𝑇𝑒𝑚(𝜏) − 𝑇𝑟(𝜏) 𝐽𝑚 𝑑𝜏 𝑡 −∞ 𝜃̇𝑚 = 𝜔𝑚 → 𝜃𝑚 = ∫ 𝜔𝑚(𝜏)𝑑𝜏 𝑡 −∞

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6 1.3 Il Raddrizzatore

Come anticipato essi sono deputati alla conversione delle tensioni di alimentazione dal dominio trifase a monofase (in continua) . In questo contesto facciamo riferimento ai raddrizzatori composti da un ponte a diodi (non ci interessa il caso di flusso bidirezionale dell’energia con ritorno in rete) . In generale tali dispositivi fanno uso delle caratteristiche dei diodi , che riportiamo di seguito :

Fig.1.4 : Trans-caratteristica di un diodo e suo simbolo circuitale

Riprendendo le nozioni di elettronica di base , il diodo conduce quando la tensione 𝑉𝐴𝐾

supera un certo livello (solitamente 0.7 V) , quindi sfruttando questo fatto si può trasformare una tensione trifase in una tensione continua.

Descriviamo di seguito in modo schematico , il funzionamento dei principali tipi di raddrizzatore per gli azionamenti elettrici .

1.3.1 Raddrizzatore a semionda

Facciamo riferimento al circuito seguente :

Fig.1.5 Circuito di un raddrizzatore a semionda

Il valore medio 𝑉𝐷𝐶 della tensione raddrizzata è circa uguale a Vp

π mentre il suo valore

efficace V è uguale a Vp

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il fattore di ripple Fr = Vr

VDC , dove Vr è la tensione di ondulazione (o di ripple) ed è

definita come Vr = √V2 − VDC2 e per il circuito proposto in Fig.3 vale Fr = 1,21.

1.3.2 Raddrizzatore ad onda intera

In figura è riportato il circuito che permette di ottenere in uscita la doppia semionda :

Fig.1.6 : Circuito di un raddrizzatore ad onda intera

Anche in questo caso è possibile dimostrare che la tensione media in uscita è circauguale a 2𝑉𝑝

𝜋 mentre il suo valore efficace è uguale a 𝑉𝑝

√2 .Da queste due espressioni è possibile

determinare il fattore di ripple che risulta essere uguale a circa 0,483 e cioè molto inferiore allo stesso ottenuto con il raddrizzatore a singola semionda.

1.3.3 Raddrizzatore trifase

In figura abbiamo il circuito relativo a tale soluzione :

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Il principio di funzionamento del raddrizzatore trifase è lo stesso di quello monofase; ciascun diodo conduce quando la tensione tra l’anodo e il catodo è maggiore di zero (nei diodi reali la tensione 𝑉𝑎𝑘 deve essere maggiore di 0.7V) e risulta interdetto nel caso

contrario.

Nelle figure sottostanti viene mostrato in dettaglio lo stato di ciascun diodo in funzione delle tre tensioni di ingresso e mostra, inoltre, l’andamento della tensione in uscita (tra i punti P-N) in assenza del condensatore che normalmente viene inserito in uscita per livellare la tensione .

Fig.1.8:Andamento della terna di tensioni e relativa configurazione dei diodi

Fig.1.9 : Risultato del Raddrizzamento

Il valore medio della tensione in uscita al raddrizzatore trifase può essere calcolato mediante la relazione seguente : 𝑉𝑑 = 𝐴𝜋𝑑 3 = √2𝑉𝜋𝐿𝐿 3 ≅ 1.35𝑉𝐿𝐿 1.4 Inverter

Analogamente al caso del Raddrizzatore vediamo alcune soluzioni tipiche riportando sinteticamente il principio di funzionamento .

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9 1.4.1 Inverter Monofase

Uno schema tipicamente utilizzato è quello a ponte con interruttori ideali :

Fig.1.10:Circuito semplificato ed andamento delle correnti con tensioni costanti a tratti

Se si ipotizza di realizzare la sequenza:

 per un tempo pari a T/2 chiusura della coppia di interruttori SA’ e SB”,

mantenendo aperti SA” e SB’, allora si applica al carico la tensione costante fornita dal generatore (u = Ui = E)

 per un tempo pari a T/2 apertura della coppia di interruttori SA’ e SB”, chiudendo simultaneamente gli interruttori SA” e SB’, allora si applica al carico la tensione costante fornita dal generatore ma invertita (u = -Ui = -E);

In questo modo si ottiene in uscita una tensione alternata anche se “rettangolare”;

l’andamento della corrente negli istanti iniziali ed a regime dipende dal fatto che il carico è un R-L che si carica e scarica ad ogni periodo. Per ottenere una forma d’onda sinusoidale si usano appositi filtri. Gli interruttori ideali ipotizzati nello schema a ponte si possono realizzare mediante interruttori elettronici costituiti da transistori (si portano in

conduzione ed interdizione “comandando” la base) :

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Dato che la corrente che attraversa ciascun transistore a regime si inverte durante la fase di conduzione (se il carico è R-L), e questo non sarebbe accettabile per un transistore che ammette solo corrente nel verso collettore - emettitore, è necessario realizzare

l’interruttore statico combinando in parallelo un interruttore ed un diodo in controfase (diodo di libera circolazione). In tal modo quando il transistore è comandato in accensione e la corrente è ancora negativa questa viene condotta dal diodo; al momento del cambio di segno della corrente, questa inizierà a percorrere il transistore ed il diodo terminerà

spontaneamente di condurre. Attraverso un opportuno circuito di controllo (realizzato mediante opportuni amplificatori operazionali ovvero con microprocessori dedicati) si effettua il comando delle coppie di transistori in conduzione ovvero in interdizione ad ogni intervallo di tempo (T/2).

1.4.2 Inverter Trifase

In analogia con gli schemi realizzati per il raddrizzamento, è possibile realizzare un invertitore trifase, sempre nella configurazione a ponte:

Fig.1.12 : Circuito di un inverter trifase

Se si vuole regolare anche il valore della tensione di uscita si debbono adottare delle tecniche di controllo dell’accensione e dello spegnimento degli interruttori elettronici differenti da quelle proposte.

In particolare una tecnica molto utilizzata è quella del PWM (Pulse Width Modulation) che prevede diverse commutazioni degli interruttori nel semiperiodo (T/2) realizzando forme d’onda che possono essere “filtrate con facilità” per ottenere sinusoidi e con valore efficace variabile con continuità.

1.5 Modulazione

Per introdurre il concetto di modulazione possiamo fare riferimento alla singola gamba di inverter , analizzando il controllo di corrente di un semplice circuito RL serie , che

rappresenta abbastanza bene una fase di macchina elettrica .

L’ideale sarebbe alimentare le fase di macchina direttamente con dei generatori di corrente come in figura :

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Fig.1.13:Alimentazione in corrente

in verità però è più facile costruire un convertitore a tensione impressa che non uno a corrente impressa , quindi faremo riferimento ad una situazione di interesse tecnico che prevede un inverter VSI ed un modulatore .

Possiamo rappresentare schematicamente la situazione come segue :

Fig.1.14 : Alimentazione a tensione impressa pilotata in corrente

Prendiamo quindi il circuito RL serie per fare alcune considerazioni di base :

Fig.1.15 : Circuito RL serie

e richiamiamo i risultati della sua analisi per tensioni costanti a tratti . L’equilibrio dinamico è rappresentato dall’equazione differenziale :

𝑣(𝑡) = 𝑅𝑖(𝑡) + 𝐿𝑑𝑖(𝑡)

𝑑𝑡 , 𝑖(0) = 𝑖0

Sappiamo scrivere la soluzione come la combinazione lineare di una risposta di regime ed una relativa l transitorio nel seguente modo :

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 A regime 𝑑𝑡𝑑𝑖 = 0 quindi 𝑖𝑟𝑒𝑔𝑖𝑚𝑒 = 𝑣/𝑅

 Per il principio delle funzioni simili , nel transitorio imponiamo 𝑖𝑡𝑟𝑎𝑛𝑠 = 𝐴𝑒𝑝𝑡 e

posso ricavare A e p studiando l’omogenea associata :

0 = 𝑅𝐴𝑒𝑝𝑡+ 𝐿𝑝𝐴𝑒𝑝𝑡 = 𝑒𝑝𝑡𝐴(𝑅 + 𝐿𝑝) → 𝑝 = −𝑅/𝐿

ed imponendo la condizione di Cauchy ottengo : 𝑖0 = 𝑣

𝑅+ 𝐴 → 𝐴 = 𝑖0− 𝑣/𝑅 Da cui la soluzione dell’equazione :

𝑖(𝑡) = 𝑣/𝑅 + (𝑖0− 𝑣/𝑅)𝑒−(𝑅/𝐿)𝑡

di cui mi interessa la deriva in quanto siamo interessati alla dinamica della corrente a fronte di tensioni costanti a tratti :

𝑑𝑖(𝑡) 𝑑𝑡 = 𝑑 𝑑𝑡( 𝑣 𝑅+ (𝑖0− 𝑣 𝑅) 𝑒 −𝑅𝐿𝑡 ) = 𝑅 𝐿( 𝑣 𝑅− 𝑖0) 𝑒 −𝑅𝐿𝑡

Possiamo studiarne il segno per capire le condizioni di salita/discesa della corrente :

 𝑑𝑖

𝑑𝑡> 0 𝑖𝑓 𝑣 > 𝑅𝑖0 → 𝑖 𝑐𝑟𝑒𝑠𝑐𝑒𝑛𝑡𝑒

 𝑑𝑖

𝑑𝑡< 0 𝑖𝑓 𝑣 < 𝑅𝑖0 → 𝑖 𝑑𝑒𝑐𝑟𝑒𝑠𝑐𝑒𝑛𝑡𝑒

Inoltre per ulteriore semplicità possiamo studiare il caso R=0 in quanto spesso le macchina elettriche presentano R<<L .

A fronte di v(t) costante a tratti quindi avremo :

Fig.1.16:Andamento della corrente nel ramo di inverter a fronte di tensioni costanti a tratti

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Fig.1.17 : Rappresentazione schematica della singola gamba d’inverter

Con le condizioni :

 𝑆1 𝑂𝑁 𝑎𝑛𝑑 𝑆2 𝑂𝐹𝐹 𝑖𝑓 𝑣 = 𝑉𝑑𝑐/2

 𝑆1 𝑂𝐹𝐹 𝑎𝑛𝑑 𝑆2 𝑂𝑁 𝑖𝑓 𝑣 = −𝑉𝑑𝑐/2

Inoltre facciamo l’ipotesi che le commutazioni siano istantanee , ovvero istante per istante si ha 𝑆1 = 𝑆̅2 .

1.5.1 Modulazione ad isteresi

In questo tipo di tecnica di modulazione si agisce confrontando la misura della corrente dagli shunt resistivi con un andamento desiderato , in uscita dal controllore in questo caso fissando una logica di apertura/chiusura dei tasti dell’inverter in modo tale che la corrente non si discosti troppo da detto riferimento .

Dunque possiamo definire delle condizioni limite per la corrente in funzione di un certo parametro ∆ come di seguito per generare la sequenza degli impulsi necessari a

comandare i tasti dell’inverter :

 𝑆1 𝑂𝐹𝐹 & 𝑆2 𝑂𝑁 𝑖𝑓 𝑖 = 𝑖𝑟𝑖𝑓+ ∆

 𝑆1 𝑂𝐹𝐹 & 𝑆2 𝑂𝑁 𝑖𝑓 𝑖 = 𝑖𝑟𝑖𝑓+ ∆

 Nessuna commutazione se 𝑖𝑟𝑖𝑓− ∆< 𝑖 < 𝑖𝑟𝑖𝑓+ ∆

Per comprendere meglio facciamo riferimento alla figura sottostante , dove viene rappresentato lo “switch” della corrente dovuto ai limiti imposti su di essa per non allontanarsi dal riferimento , e la conseguente generazione del segnale logico per la commutazione dei tasti dell’Inveter :

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Fig.1.18: Rappresentazione grafica dei limiti di commutazione nella modulazione ad isteresi

Si può intuire che il numero di commutazioni dipende dal parametro ∆ , e sarà tanto più elevato tanto più è piccolo ∆ stesso .

Le perdite avvengono solo ne transitori di commutazione perché ho sia tensione che corrente sul ramo dell’inverter.

Il limite di questa tecnica è legato al contenuto in frequenza della corrente effettivamente misurata , che introduce di fatto delle armoniche in alta frequenza che possono essere filtrate dall’inerzia della macchina stessa, vista la presenza del termine (𝑠𝐽+𝑏1 ) nelle equazioni , ma solo se sono abbastanza in alta frequenza rispetto alla fondamentale . Come ultima cosa , ricaviamo le condizioni di isteresi , riscrivendo le condizioni di commutazione , includendo i valori anche al di fuori della banda ± ∆ :

 𝑖 ≥ 𝑖𝑟𝑖𝑓+ ∆ → 𝑖𝑟𝑖𝑓− 𝑖 ≤ −∆ → 𝑆1 𝑂𝐹𝐹 𝑎𝑛𝑑 𝑆2 𝑂𝑁

 𝑖 ≤ 𝑖𝑟𝑖𝑓− ∆ → 𝑖𝑟𝑖𝑓− 𝑖 ≥ ∆ → 𝑆1 𝑂𝑁 𝑎𝑛𝑑 𝑆2 𝑂𝐹𝐹

da un punto di vista implementativo possiamo pensare di fare riferimento alla seguente figura :

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Fig.1.19 : Implementazione della modulazione ad isteresi sulla singola gamba d’inverter

1.5.2 Modulazione PWM

In questo caso la logica di modulazione prevede il confronto tra segnali in termini di tensione . In particolare si fa il confronto tra un segnale “portante” 𝑉𝑝 ed un segnale

“modulante” 𝑉𝑐 .

Il segnale 𝑉𝑝 è una triangola con frequenza molto maggiore della modulante 𝑉𝑐 (ed

ampiezza almeno uguale) che nel contesto dell’azionamento elettrico è il segnale di tensione in uscita dal controllore .

Le regole di apertura/chiusura dei tasti in questo caso sono :

 𝑣 = 𝑉𝑑𝑐/2 𝑖𝑓 𝑉𝑐 ≥ 𝑉𝑝

 𝑣 = −𝑉𝑑𝑐/2 𝑖𝑓 𝑉𝑐 ≤ 𝑉𝑝

Sostanzialmente abbiamo la seguente situazione :

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In questo caso , la tecnica stabilisce degli opportuni istanti in cui deve avvenire la commutazione .

Studiamo un poco più nel dettaglio il risultato di questa comparazione , assumendo l’ipotesi che in un periodo della triangola , il segnale modulante rimanga costante in quanto la frequenza della portante è molto maggiore .

Facciamo riferimento alla seguente figura :

Fig.1.21: Particolare di un periodo del segnale portante

Siamo interessati valutare il valore medio della forma d’onda risultante (in verde) , quindi per convenienza definiamo alcune grandezze :

 𝑡𝑜𝑛 = 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑉𝑐 > 𝑉𝑝

 𝑡𝑜𝑓𝑓 = 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑡𝑎𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑉𝑐 < 𝑉𝑝

 𝛿 = "𝑑𝑢𝑡𝑦 𝑐𝑖𝑐𝑙𝑒" = 𝑡𝑜𝑛/𝑇

Chiaramente 𝑇 = 𝑡𝑜𝑛+ 𝑡𝑜𝑓𝑓 quindi vale anche 1 − 𝛿 = 𝑡𝑜𝑓𝑓/𝑇.

Sfruttando la definizione di valore medio avremo :

𝑉𝑚𝑒𝑎𝑛 = 1 𝑇∫ 𝑣𝑑𝑡 𝑇 0 = 1 𝑇∫ 𝑉𝑑𝑐 2 𝑑𝑡 𝑡𝑜𝑛 0 +1 𝑇 ∫ (− 𝑉𝑑𝑐 2 ) 𝑑𝑡 𝑡𝑜𝑓𝑓 𝑡𝑜𝑛 = 𝑡𝑜𝑛 𝑇 𝑉𝑑𝑐 2 − 𝑡𝑜𝑓𝑓 𝑇 𝑉𝑑𝑐 2 = 𝑉𝑑𝑐 2 (2𝛿 − 1)

(26)

17

Vogliamo ora manipolare il risultato ricavato per avere tra le mani un 𝑉𝑚𝑒𝑎𝑛 che sia

funzione dell’ampiezza della modulante 𝑉𝑐 .

Cominciamo col notare che per motivi di simmetria vale la relazione 𝑡𝑜𝑛 = 2𝑡1 e che

possiamo scrivere l’espressione della portante nel tratto 0-T/2 come la seguente retta : 𝑣𝑝(𝑡) = −𝑉𝑝𝑚+ 4𝑉𝑝𝑚

𝑇 𝑡

da cui otteniamo 𝑡1 imponendo che in quell’istante si intersechi con la modulante , ovvero:

𝑡1 = 𝑇 4(

𝑉𝑐

𝑉𝑝𝑚+ 1) ed inserendo nell’espressione del valor medio abbiamo :

𝑉𝑚𝑒𝑎𝑛 = 𝑉𝑑𝑐 2 (2𝛿 − 1) = 𝑉𝑑𝑐 2 (2 𝑡𝑜𝑛 𝑇 − 1) = 𝑉𝑑𝑐 2 𝑉𝑐 𝑉𝑝𝑚 = 𝐾𝑉𝑐

Il risultato molto importante è che il risultato della comparazione è si un segnale tempo variante , ma che di fatto ha una ampiezza proporzionale alla modulante.

Si può inoltre dimostrare che quando 𝑉𝑐 è una sinusoide posso decidere dove spostare le

armoniche addizionali introdotte dall’andamento ù2segettato” della corrente , in modo da farle assorbire dall’inerzia del motore .

A questo punto possiamo introdurre la logica concettuale con cui si effettua il dimensionamento dei principali componenti dell’azionamento , per capire qual è la priorità generale e tra i componenti stessi .

Le principali cause di malfunzionamento di un azionamento sono dovute:

 errata selezione del motore

 errata selezione del convertitore

 errata impostazione dei parametri di controllo Il convertitore è selezionato correttamente se:

 il motore è scelto in modo adeguato Il motore è selezionato correttamente se:

 le caratteristiche del carico, del ciclo e dell’ambiente di lavoro sono definite in modo corretto.

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Altre considerazioni importanti possono essere :

 Per quanto riguarda il motore di solito è buona norma avere un margine del 5% sulla potenza in corrispondenza della velocità nominale.

 Se è richiesta una regione a coppia costante occorre scegliere un motore con raffreddamento separato.

 Se il carico è crescente con la velocità si può optare per un motore con ventola di raffreddamento calettata sull’albero.

Si può ritenere che il motore sia scelto in modo corretto se:

 la coppia di spunto supera quella richiesta dal carico a velocità nulla;

 può accelerare il carico da velocità nulla fino al punto di lavoro nel tempo prestabilito;

 in tutte le condizioni operative esiste la coppia motrice disponibile supera quella del carico con un adeguato margine;

 tutti i punti di lavoro in regime continuo sono all’interno della regione operativa S1. Per quello che può essere d’interesse di un’analisi del tutto generica degli azionamenti , si può considerare conclusa la parte riguardante la conversione statica dell’energia .

A questo punto è di interessa il modo in cui viene effettuato il controllo di macchina , ovvero viene elaborato il paradigma di controllo .

1.6 Architettura di controllo

Il paradigma del controllo prevede sostanzialmente la stabilizzazione mediante un opportuno dispositivo di regolazione , dell’errore tra segnali desiderati e misurati in termini di grandezze elettromeccaniche che nel caso di una macchina elettrica sono

correnti elettriche , posizione e velocità angolari , coppia erogata dalla macchina e potenza dissipata . Nell’ambito della regolazione delle macchine elettriche si fa uso di una struttura comune per il controllo di retroazione , che prevede un anello di controllo per ognuna

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delle grandezze fisiche in gioco , che viene detto “controllo in cascata”, indipendentemente dalla tipologia di macchina usata .

Possiamo rappresentare lo schema di retroazione nel seguente modo :

Fig.1.22 :Schema dell’architettura di controllo con anelli concentrici

La peculiarità di questa struttura è che il risultato della stabilizzazione degli anelli più esterni definisce il riferimento per quelli più interni , si intuisce dunque che in fase di dimensionamento di massima , una delle specifiche da rispettare è che la banda passante degli anelli esterni sia maggiore di quelli interni così che questi ultimi possano inseguire il loro riferimento velocemente .

Questo tipo di struttura viene mantenuta qualunque sia le tecnica di controllo utilizzata (lineare o non lineare).

Negli ultimi anni si è inoltre introdotta l’architettura sensorless , che nel caso di macchine elettriche significa mantenere la struttura di controllo con anelli concentrici , sostituendo però i sensori di posizione e di velocità con degli osservatori dello stato , questo perché l’inserimento di circuiteria aumenta i costi della macchina e dell’azionamento e quindi è nata l’esigenza di abbattere i costi di produzione lasciando al sistemista la problematica di ricavare alcune grandezze fisiche per completare la struttura di controllo .

In letteratura ormai ci sono soluzioni di tutti i tipi per la stima di posizione , velocità e flusso rotorico .

1.7 Dispositivi di misura

In questo contesto ci si limita a riportare alcune delle soluzione tecniche più utilizzate per la misura di correnti e grandezze meccaniche .

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20 1.7.1Sensori di corrente

Si riportano brevemente due tipologie di sensori che vengono utilizzate nel contesto di azionamenti elettrici.

La prima tipologia riguarda i sensori ad effetto Hall di cui riportiamo il principio di funzionamento .

In una lamina rettangolare di materiale conduttore o semiconduttore , opportunamente polarizzata, il flusso di elettroni avviene , in assenza di flusso magnetico incidente, in linea retta tra i bordi frontali, senza flusso di elettroni in direzione trasversale, cioè senza

corrente circolante nel circuito che collega i bordi laterali della lamina. In presenza di un campo magnetico incidente, il moto degli elettroni viene deviato per effetto delle forze di Lorentz, acquistando una componente di velocità non nulla in direzione trasversale. Nel circuito che collega i due bordi trasversali si ha circolazione di corrente, la cui intensità è proporzionale alla intensità del flusso concatenato alla lamina .

Il conduttore percorso dalla corrente Im da misurare costituisce l’avvolgimento di un nucleo ferromagnetico che presente un traferro. La corrente Im da origine ad un’induzione B. Nel traferro è inserita una barretta di silicio alimentata con una 𝐼𝑟𝑒𝑓. Ai capi della

barretta si manifesta una tensione 𝑉𝑜𝑢𝑡 proporzionale alla corrente Im.

Fig.1.23 : Schema di un sensore ad effetto Hall

La seconda tipologia è lo “shunt resistivo” la quale consiste in una semplice resistenza elettrica opportunamente collocata in modo alla quale applicare banalmente la seconda legge di Ohm per ricavare la corrente elettrica .

Il simbolo circuitale dello shunt resistivo è il seguente :

Fig.1.24 : Simbolo circuitale di un sensore resistivo

Nel contesto di una azionamento elettrico , la soluzione più efficace per ricavare le correnti che attraversano i circuiti magnetici che rappresentano la macchina elettrica è la seguente :

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Fig.1.25 : Configurazione dei sensori resistivi nell’inverter

Il più grande vantaggio di questa seconda tipologia di sensore è la semplicità di

montaggio ed il bassissimo costo economico , di contro non c’è la possibilità di separare galvanicamente la circuiteria di potenza da quella di utilizzo quindi si va incontro a problemi di compatibilità elettromagnetica .

1.7.2 Sensori di Posizione Angolare

Anche in questo caso si riportano brevemente un paio di tipologie normalmente sfruttate nel contesto di un azionamento elettrico .

La prima tipologia riguarda gli Encodere , che a loro volta si suddividono in due grandi famiglie : assoluti ed incrementali .

Partiamo con gli Encoder assoluti facendo riferimento alla seguente figura :

Fig.1.26 : Schematizzazione di un Encoder Assoluto

È un sensore di posizione angolare. È un sensore di posizione angolare. Le strisce opache sono disposte su corone circolari, ad ogni corona circolare corrisponde un bit di

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risoluzione del dispositivo. Le strisce opache e trasparenti si alternano in modo da codificare la posizione corrente in una configurazione binaria.

La posizione corrente viene acquisita mediante una batteria di sensori fotovoltaici pari al numero di bit di risoluzione dell’encoder. Tali sensori sono in corrispondenza ad un uguale numero di sorgenti luminose, da cui sono separati dal disco dell’encoder. Ad ogni posizione del disco corrisponde una configurazione binaria di strisce opache e trasparenti, acquisite dalla batteria di sensori fotovoltaici. Se N è il numero di piste circolari il numero di settori in cui è suddiviso il disco è 2𝑁. La risoluzione angolare è 360°/2𝑁.

La codifica binaria dei settori angolari viene fatta tramite codice Gray per evitare problemi di ambiguità nelle transizioni tra settori adiacenti .

Nell’encoder incrementale le N strisce trasparenti si trovano su di una sola corona

circolare, alternate a strisce opache. La distanza tra due strisce trasparenti si chiama passo dell’encoder. Non essendoci una relazione tra una posizione e la configurazione di settori opachi e trasparenti, l’encoder incrementale non può fornire una informazione di

posizione diretta, ma necessita di un circuito di conteggio che tenga il conto del numero di transizioni tra settori opachi e trasparenti avvenuti durante il movimento del

sensore a partire da una posizione di zero.

Fig.1.27 : Schematizzazione di un Encoder Incrementale

Il sistema di rivelazione del segnale dell’encoder incrementale è analogo al caso

precedente: vi è una sorgente luminosa e tre sensori fotovoltaici, uno per rilevare la tacca di zero e due per determinare il verso di rotazione dell’encoder.

La tacca di zero è una striscia trasparente posta in corrispondenza dello zero

convenzionale dell’angolo di rotazione dell’encoder. Il rilevamento di questa posizione è molto importante in quanto consente di stabilire lo stato iniziale necessario per il circuito di conteggio. I due sensori fotovoltaici (A e B) di rilevazione del verso sono sfasati di 1/4 di passo tra di loro.

Se l'encoder ruota in senso orario il treno di impulsi di A anticipa quello di B. Se la rotazione è antioraria B anticipa A , come si può capire con la seguente figura :

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Fig.1.28 : Posizione reciproca tra i due treni di impulsi per stabilire il senso di ortazione

La seconda tipologia di sensore di posizione è il Resolver , Sensore di posizione che si basa sulla variazione dell’accoppiamento (trasformatorico) tra due sistemi di avvolgimenti elettrici ruotanti l’uno rispetto all’altro. Il primo sistema (il sistema Generatore) genera un flusso magnetico che si accoppia con il secondo sistema (il sistema Rivelatore) creando una tensione indotta che dipende dalla posizione relativa dei due sistemi.

Fig.1.29 : Schematizzazione di un Resolver

Il resolver è un trasduttore rotante con due avvolgimenti statorici , sfasati tra loro di 90° elettrici, ed uno rotorico. Alimentando il circuito interno con una tensione del tipo :

𝑉𝑟(𝑡) = 𝑉𝑅𝑠𝑖𝑛𝜔𝑅𝑡

Si ottengono , per scomposizione , due segnali , uno per le ascisse ed uno per le ordinate se si fa riferimento alla fig.23 , così fatti :

𝑉𝑠1(𝑡) = 𝑉𝑅sin (𝜔𝑅𝑡)𝑐𝑜𝑠𝜃

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Ovviamente non sappiamo l’angolo 𝜃 ma elaborando opportunamente 𝑉𝑠1𝑒𝑉𝑠2 possiamo

risalirci .

In generale possiamo sfruttare la misura di posizione per risalire alla misura di velocità angolare del rotore , la quale però non sarà mai precisa in quanto richiede

l’approssimazione dell’operatore di derivata continua tramite un rapporto incrementale , il quale a sua volta richiede la distinzione tra campo di velocità fissando il numero di

campioni o il tempo di campionamento nel caso di velocità elevate o basse rispettivamente.

1.8 Accoppiamento motore-carico

Si riportano brevemente le tipologia di organi di trasmissione normalmente sfruttate per accoppiare l’albero del motore elettrico (nel caso macchina rotante) con il carico

meccanico.

In generale si possono avere due scelte : “direct drive” (accoppiando direttamente motore e carico) oppure sfruttando un riduttore.

Possiamo schematizzare il caso di pilotaggio diretto come :

Fig.1.30 : Accoppiamento Motore-Carico tipo Diretto

Si tratta di una soluzione non sempre possibile, dipende principalmente dalle caratteristiche del carico. I motori commerciali (quelli asincroni in particolare) sono generalmente dimensionati per ruotare a velocità elevate sviluppando quindi coppie contenute. Con un carico con caratteristiche simili l’accoppiamento diretto è sempre possibile e sicuramente conveniente. Se viceversa è richiesta una coppia elevata a bassa velocità, in una soluzione direct drive, occorre ricorrere a motori specifici (torque motor ad elevato numero di coppie polari) che hanno costi molto più alti di quelli commerciali. volume disponibile (essendo possibili varie configurazioni, come quelli a flusso radiale o assiale e con rotore interno o esterno) e riducendo quindi l’ingombro complessivo.

Una soluzione direct-drive presenta i seguenti vantaggi:

 si semplifica la catena cinematica;

 la geometria del motore brushless si può adattare al volume

disponibile (essendo possibili varie configurazioni, come quelli a flusso radiale o assiale e con rotore interno o esterno), riducendo quindi l’ingombro complessivo. Per un’applicazione direct-drive occorre tenere conto delle seguenti criticità:

 non esistono toque motor di tipo asincrono e per limiti costruttivi,

 si deve ricorrere a soluzioni custom con motori brushless;

 un motore per applicazioni direct-drive ha sicuramente un rendimento più basso;

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25

 in generale la coppia sviluppata da un motore elettrico è proporzionale al volume del rotore: all’aumentare della coppia aumenta sensibilmente la massa della macchina;

 la coppia sviluppata è proporzionale alla corrente assorbita e quindi occorre dimensionare il convertitore in funzione della massima corrente assorbita, piuttosto che per la potenza richiesta. Ciò porta ad un sovradimensionamento dell’inverter.

Generalmente i parametri della coppia elettromagnetica del motore (coppia di spunto, coppia massima e range di velocità) non si sovrappongono a quelli della coppia resistente del carico. Di solito il carico opera a basse velocità con elevati valori della coppia di spunto e coppia massima. Un motore elettrico è viceversa dimensionato per operare ad alte

velocità e di conseguenza (a parità di potenza) con coppie basse. Questo perché la coppia che può sviluppare il motore è proporzionale al volume del rotore. Una macchine in grado di sviluppare coppie elevate è un motore (a parità di potenza) di elevate dimensione e questo non compatibile con l’ambiente in cui viene inserito e i costi sarebbero eccessivi. Può essere quindi necessario interporre tra motore e carico un ‘trasformatore meccanico’ capace di modificare i parametri (coppia e velocità) della potenza meccanica. Tale

dispositivo è il riduttore meccanico.

Fig.1.31 : Accoppiamento Motore-Carico con Riduttore di velocità

Con il riduttore di velocità vengono introdotti giochi sulla catena di trasmissione. Questi possono condizionare l’errore di posizionamento della macchina. Quando è richiesta un’elevata precisione di posizionamento occorre misurare la velocità e la posizione a valle del riduttore in modo da compensare i giochi.

1.9Comportamento termico e tipologie di Servizio

La determinazione della temperatura delle diverse parti di una macchina elettrica durante il suo funzionamento è un problema assai complesso . Tuttavia, al fine di discutere alcuni aspetti di principio, si prenda in esame il semplice problema del riscaldamento di un corpo omogeneo, dotato di conducibilità interna grande, tanto da poter considerare che tutti i suoi punti siano alla stessa temperatura. Si supponga ancora che all’interno di esso venga dissipata una certa potenza producendo un uguale flusso di calore Q.

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26

Se il corpo fosse termicamente isolato dall’ambiente circostante, il flusso Q produrrebbe un innalzamento continuo della temperatura del corpo, detto riscaldamento adiabatico. In pratica, gli scambi con l’ambiente circostante non sono nulli ed una parte del calore prodotto nel corpo viene ceduta all’ambiente esterno: questa cessione di calore è tanto più elevata, quanto più è grande la temperatura del corpo rispetto all’ambiente.

Possiamo studiare in maniera seppure semplicistica il transitorio con argomentazioni analitiche di tipo energetico .

Definiamo la potenza dissipata come il contributo di quella dissipata all’esterno della macchina e di quella accumulata nel materiale della macchina :

𝑃𝑑 = 𝑃𝑒+ 𝑃𝑎 = 𝑘𝑇𝐴𝑇 + 𝑚𝑐𝑝𝑑𝑇 𝑑𝑡 = 𝑇 𝑅+ 𝐶 𝑑𝑇 𝑑𝑡

Che sappiamo avere soluzioni sia per il transitorio di riscaldamento che di raffreddamento date dalle seguenti espressioni :

 riscaldamento : 𝑇(𝑡) = 𝑇𝑅(1 − 𝑒−𝑡/𝜏)

Fig.1.32 : Transitorio di Riscaldamento

 raffreddamento : 𝑇(𝑡) = 𝑇𝑅𝑒−𝑡/𝜏

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Per mantenere un certo margine di sicurezza si impone il vincolo termico dato dalla temperatura massima tollerata dagli isolanti :

Fig.1.34 : Imposizione del limite termico degli isolanti al transitorio temrico

Lo studio dei transitori termici è importante quando la macchina è sottoposta a certi tipi di lavori o servizi , che la sottopongono a continue e ripetute alternanze di riscaldamenti e raffreddamenti. Possiamo individuare le seguenti tipologie di servizio indetta dalle normative CEI 2-3 :

Vediamoli in modo molto schematico.

 S1 :Funzionamento con carico costante di durata tale da consentire alla macchina di raggiungere l’equilibrio termico. Ciò si verifica quando la macchina lavora con carico costante per un tempo ΔT > 3 ≏ 4T, se con T si indica la costate di tempo termica della macchina. I dati di targa di una macchina elettrica sono sempre riferiti al servizio S1.

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Fig.1.35 : Servizio S1

 S2 : Funzionamento con carico costante di durata tale che la macchina non

raggiunge le sue condizioni di equilibrio termico(ΔTC < 3T), seguito da una pausa di durata (ΔT0 > 3 ≏ 4T)sufficiente a ristabilire le sue condizioni di regime freddo, durante la quale, la macchina è distaccata dalla rete.

Fig.1.36 : Servizio S2

 S3…S5 : si possono distinguere 3 casi all’interno dello stesso ciclo di lavoro :

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 S6-S7 : Ciclo di carico di tipo periodico, nel quale anche durante la fase di riposo il motore continua ad essere alimentato. Si possono distinguere 2 casi.

Fig.1.38 : Servizio S6-S7

 S8 : ciclo di lavoro periodico costituito da una serie di periodi a carico costante senza riposo

Fig.1.39 : Servizio S8

 S9 : variazione sia del carico che della velocità :

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Capitolo 2

Servo Azionamenti Brushless

2.1 Generalità sui servo azionamenti Brushless

Si vuole scendere più nel dettaglio degli azionamenti elettrici in cui viene applicata come macchina elettrica il motore sincrono A.C a magneti permanenti o Brushless .

Il motore Brushless (senza spazzole) è un motore sincrono a commutazione elettronica ed è nato negli anni 80’, anche se solo nell’ultimo decennio si è assistito ad una capillare diffusione in molti settori dell’industria.

È stato sviluppato per sostituire nell’ambito degli azionamenti i motori in continua, eliminando alcuni difetti di questi ultimi , in particolare :

 la presenza del sistema collettore-spazzole che necessita di una continua manutenzione;

 la limitata capacità di raffreddamento della parte di potenza , che si trova sul rotore;

 il momento d’inerzia non trascurabile che era causa di una ridotta dinamica meccanica;

I fattori che hanno contribuito allo sviluppo e alla diffusione di questa tipologia di macchina sono stati lo sviluppo recente dell’elettronica di potenza e di controllo e la disponibilità di materiali magnetici ad elevate prestazioni ed a costi sempre più bassi. Originariamente limitati in potenza, ora riescono a raggiungere potenze di diverse centinaia di kW.

Tra le caratteristiche vantaggiose si hanno potenze massime nell’ordine del MW, elevata densità di coppia , elevata capacità di accelerazione , momento di inerzia rotorico basso, elevate prestazioni nel controllo del moto , rumorosità bassa e velocità elevata(oltre 100000 rpm) .

Ed in particolare rispetto alle altre tipologia di macchina elettrica si ha eliminazione delle perdite nel rame di rotore , alta densità di potenza e elevato rendimento , bassa inerzia , elevato traferro , elevata coppia anche a velocità bassa (Direct drive) , possibilità di essere utilizzati in ambienti esplosivi , possibilità di adattare la forma alla conformazione dello spazio disponibile.

I principali campi di impiego sono :

 Azionamenti ad elevata dinamica (macchine CN e robotica)

 Azionamenti a bassa velocità e elevata coppia

 Trazione (automotive e ferroviaria)

I Brushless sono motori in alternata con uno statore simile a quello di un motore asincrono in cui è presente un avvolgimento trifase . Il campo statorico è di tipo rotante ed è

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originato dalla terna di corrente che circolano nelle tre fasi . Il campo magnetico rotorico è generato da magneti permanenti inseriti nella struttura di rotore . Questi motori possono essere classificati come macchine sincrone dato che la velocità del campo magnetico coincide con quella meccanica del rotore . Sono di costruzione più complessa rispetto ai motori asincroni, e risultano più costosi, soprattutto per la presenza appunto dei magneti . Schematicamente una macchina Brushless si presenta come nella seguente figura :

Fig.2.1 : Rappresentazione dei componenti fisici di un motore Brushless

In base all’andamento della f.e.m indotta negli avvolgimenti statorici i Brushless a flusso radiale si classificano in :

 Trapezoidale

 Sinusoidale (PMSM)

Fig.2.2 : Distinzione tra Brushless Sinusoidale e Trapezio

inoltre , in base alla disposizione dei magneti si classificano:

 magneti superficiali (SPM)

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Fig.2.3 : Distinzione tra Brushless SPM e IPM

in base alla direzione del campo prodotto dai magneti

 a flusso radiale

 a flusso assiale

Fig.2.3 : Distinzione schematica tra macchina a flusso radiale ed assiale

in base alla disposizione degli avvolgimenti in :

 ad avvolgimenti distribuiti

 ad avvolgimenti concentrati

inoltre , per la presenza della gabbia sul rotore si dicono “Line start Permanent Magnet” (LSPM) , mentre per l’assenza dei denti di statore si dicono “Slotless Permanent Magnet”. Il motore brushless è costituito da un rotore su cui alloggiano dei magneti permanenti e da uno statore su cui sono disposte , ad esempio , tre fasi . Se si alimentano le tre fasi di statore con tre correnti alternate di frequenza f , opportunamente sfasate , si avrà in ogni avvolgimento un campo magnetico alternativo . La risultante dei tre campi sarà un campo magnetico costante in modulo e ruotante con una velocità angolare :

𝜔𝑚 =

2𝜋𝑓 𝑝

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Schematicamente si avrà una situazione del tipo :

Fig.2.4 : Schema di interazione tra campo magnetico di rotore e statore

Nota (o stimata) la posizione angolare del rotore (e quindi del 𝜙𝑅) è possibile, regolando la

corrente negli avvolgimenti statorici, rendere i due campi ortogonali e controllare la coppia , che come visto nel caso generico ha un’espressione del tipo :

𝑇𝑒𝑚 = 𝑘|𝜙𝑅||𝜙𝑠| sin 𝜃

L’architettura di un azionamento Brushless è da un punto di vista funzionale del tutto analoga a quella di un qualsiasi altro azionamento elettrico , infatti( in modo molto semplicistico) si ha una struttura del tipo :

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35 2.2 Modellazione di una macchina Brushless SPM

Scendiamo nel dettaglio per quanto riguarda la modellazione matematica della macchina sincrona a magneti permanenti , prendendo in considerazione il caso SPM per arrivare alle equazioni dinamiche necessarie alle azioni di controllo .

Si considera una macchina Brushless di tipo sinusoidale , che come visto in precedenza vuol dire che la forma delle f.e.m e delle correnti di fase è di tipo sinusoidale .

Per avere questa caratteristica si parte già dalla fase costruttiva con la definizione della distribuzione degli avvolgimenti e con la distribuzione di induzione al traferro , che per motivi pratici non potrà mai essere effettivamente di forma sinusoidale , anche se è una buona approssimazione (soprattutto nel contesto del controllo di macchina elettrica) . Le due distribuzioni di fatto descrivono in modo analitico , sotto le ipotesi appena citate , le due parti principali della macchina ovvero lo statore , dove sono disposti gli avvolgimenti nelle cave , ed il rotore , su cui giacciono i magneti permanenti ; definiamo due coordinate , una di statore 𝛼 ed una di rotore 𝛽 come in figura :

Fig.2.6 : Riferimenti per le ascisse curvilinee di rotore e statore

L’angolo α descrive la posizione sullo statore a partire dall’asse di simmetria della fase1. Le altre fasi sono sfalsate di 120°. L’angolo ξ è la coordinata polare che rappresenta la posizione del rotore, prendiamo come posizione iniziale la mezzeria del polo N del magnete, questa è anche la direzione del flusso nel magnete.

Inoltre nell’ambito delle macchine elettriche si fa uso di una ulteriore approssimazione alle prime armoniche , quindi senza scendere in dettagli riguardanti aspetti dell’analisi

armonica delle distribuzioni possiamo semplicemente scrivere tali distribuzioni nel seguente modo :

 distribuzione degli avvolgimenti : 𝐹(𝛼) ≡ ∑ 𝐹𝑘cos 𝑘𝛼

+∞

𝑘=0

≅ 𝐹1𝑐𝑜𝑠𝛼

 distribuzione di induzione al traferro prodotta dai magneti : 𝐵𝑚(𝜉) ≡ ∑ 𝐵𝑚𝑘cos 𝑘𝜉

+∞

𝑘=0

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36

L’asse α è fisso mentre l’asse ξ è un asse rotante, si definisce θ come la posizione angolare del riferimento di rotore rispetto al riferimento di statore, ne segue che ξ= α-θ :

Fig.2.7 : Relazione tra le ascisse curvilinee

Su Bm(ξ) si agisce giocando sull’ampiezza del vano tra i poli del magnete: un vano di 1/6

del passo polare riduce la 5° e la 7° armonica.

La figura indica il vano raddrizzando l’arco del rotore:

Fig.2.7 : Rappresentazione dell’arco di rotore

Su F(α) si agisce spostando una parte dei conduttori di una fase sulle cave adiacenti, in questo modo però nasce il problema di isolare elettricamente dei conduttori di fasi diverse nella stessa cava :

Fig.2.8 :Distribuzione degli avvolgimenti nelle cave di statore

Nella figura sopra si fa riferimento ad una fase con due cave (2 per l’andata e 2 per il ritorno) invece di avere tutti i conduttori di una fase nelle 2 cave (N/2 per ciascuna cava) togliamo 1/4 di N/2 per ciascuna delle cave e lo avvolgiamo nelle cave adiacenti dove ci sono i conduttori delle altre fasi.

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37

Nel controllo di tipo sinusoidale invece, si riempiono le cave parzialmente e parte dei conduttori si mettono nelle cave adiacenti (nelle proporzioni viste in precedenza), questo viene detto avvolgimento a “passo raccorciato” .

Grazie a questa scelta si ottiene una F(α),che si avvicina molto a quella ideale :

Fig.2.9:Funzione di distribuzione degli avvolgimenti di sttore

La F(α) ideale, eliminando tutte le armoniche salvo che le terze, sarebbe:

Fig.2.10 : Approssimazione di prima armonica

Un andamento analogo si ottiene per la versione ideale di 𝐵𝑚(𝜉) che quindi ha una prima

armonica di ampiezza √32 𝐵𝑜 (dove 𝐵𝑜 deriva dalla caratteristica di magnetizzazione del

materiale con cui sono fatti i magneti permanenti):

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38

In accordo con la teoria unificata delle macchine elettriche , si può descrivere una generica macchina elettrica scrivendo tante equazioni differenziali di equilibrio dinamico tante quanti sono gli avvolgimenti in gioco (sia di statore che di rotore) . Le equazioni di equilibrio dinamico avranno tutte le seguente forme :

𝑣𝑗𝑁 = 𝑅𝑖𝑖𝑗+ 𝑑𝜙𝑗 𝑑𝑡

dove 𝑣𝑗𝑁 è la tensione della fase j-esima tra il morsetto di alimentazione ed il neutro , 𝑖𝑗 è la

corrente della fase j-esima , 𝑅𝑖 è la resistenza Ohmica di fase e 𝜙𝑗è il flusso concatenato con

la fase j-esima . In particolare nel caso del motore Brushless si hanno solo le equazioni relative agli avvolgimenti di statore (quindi tre) , mentre l’informazione sulla presenza dei magneti sulla superficie di rotore è contenuta nell’espressione del flusso che sarà la

combinazione lineare di tre contributi : quello prodotto dai magneti e quelli di auto e mutua induzione .

Scriviamo intanto le tre equazioni di equilibrio elettromagnetico per le tre fasi in assi di macchina : 𝑣𝑎𝑁 = 𝑅𝑖𝑎+ 𝑑𝜙𝑎 𝑑𝑡 𝑣𝑏𝑁 = 𝑅𝑖𝑏+ 𝑑𝜙𝑏 𝑑𝑡 𝑣𝑐𝑁 = 𝑅𝑖𝑐+ 𝑑𝜙𝑐 𝑑𝑡

e le equazioni di congruenza per i flussi sono date dalle seguenti espressioni : 𝜙𝑎 = 𝜙𝑝𝑚𝑎+ 𝜙𝐴𝑎+ 𝜙𝑀𝑎

𝜙𝑏= 𝜙𝑝𝑚𝑏+ 𝜙𝐴𝑏+ 𝜙𝑀𝑏 𝜙𝑐 = 𝜙𝑝𝑚𝑐+ 𝜙𝐴𝑐+ 𝜙𝑀𝑐 dove i vari termini indicano :

 𝜙𝑝𝑚𝑗 : flusso prodotto dai magneti concatenato con la fase j-esima  𝜙𝐴𝑗 : flusso di auto induzione con la fase j-esima dovuto alla corrente 𝑖𝑗  𝜙𝑀𝑗 : flusso di mutua induzione per la fase j-esima

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39

2.3 Calcolo delle componenti del flusso concatenato

Possiamo intanto ricavare il flusso prodotto dai magneti ; consideriamo dapprima la fase a e introduciamo la seguente relazione per il calcolo analitico del flusso , per una geometria cilindrica della macchina con r ed l , raggio e lunghezza rispettivamente :

𝜙𝑝𝑚𝑎 = 𝑟𝑙 ∫ 𝐹(𝛼)𝐵𝑚(𝛼 − 𝜃)𝑑𝛼

𝜋 −𝜋

Questa formula non richiede nessuna ipotesi sulle distribuzioni 𝐹(𝛼), 𝐵𝑚(𝜉) quindi è

valida in generale , visto però che facciamo l’assunzione di approssimare tutte le funzioni alla prima armonica , vale la pena ricordare qualche proprietà delle funzioni armoniche ed in particolare :

 Prodotto di funzioni armoniche è ancora un’armonica

 L’integrale del prodotto di due armoniche , esteso a tutto il periodo , è nullo indipendentemente dallo sfasamento reciproco

 Vale la seguente formula :

2 ∫ cos(𝑘𝑥) cos(ℎ𝑥 + 𝑙)𝑑𝑥 = ∫ cos [(𝑘 + ℎ)𝑥 + 𝑙]

𝜋 −𝜋 𝑑𝑥 + ∫ cos [(𝑘 − ℎ)𝑥 − 𝑙]𝑑𝑥 𝜋 −𝜋 𝜋 −𝜋

dove si distinguono i due casi :

 se 𝑘 ≠ ℎ entrambi gli integrali a secondo membro sono nulli per via delle proprietà elencate sopra

 se 𝑘 = ℎ il primo integrale a secondo membro continua ad essere nullo mentre il secondo vale esattamente 2𝜋cos (𝑙)

possiamo applicare quanto appena detto nel contesto del calcolo del flusso concatenato prodotto dai magneti permanenti .

Infatti avremo quanto segue :

𝜙𝑝𝑚𝑎 ≅ 𝑟𝑙 ∫ 𝐹1(𝛼)𝐵𝑚1(𝛼 − 𝜃)𝑑𝛼 𝜋 −𝜋 = 𝑟𝑙 𝑁 √3 2 √3𝐵0∫ cos(𝛼) cos(𝛼 − 𝜃) 𝑑𝛼 𝜋 −𝜋 = 𝑟𝑙2𝑁𝐵0 3 ( 1 2 ∫ cos(2𝛼 − 𝜃)𝑑𝛼 + 1 2 ∫ cos(𝜃) 𝑑𝛼 𝜋 −𝜋 𝜋 −𝜋 ) = 𝑘𝜙𝑐𝑜𝑠𝜃 dove : 𝑘𝜙 = 2 3𝜋𝑟𝑙𝑁𝐵0 .

Per ricavare il flusso concatenato prodotto dai magneti relativa alle altre due fasi è intuitivo che basta sfasare il coseno di ±120° elettrici , quindi abbiamo :

(49)

40 𝜙𝑝𝑚𝑏 = 𝑘𝜙𝑐𝑜𝑠 (𝜃 − 2 3𝜋) 𝜙𝑝𝑚𝑐 = 𝑘𝜙𝑐𝑜𝑠 (𝜃 − 4 3𝜋)

Per quello che riguarda il flusso magnetico di autoinduzione concatenato con la fase a , ad esempio , dobbiamo ricorrere alla definizione ovvero che è il flusso prodotto dalla corrente 𝑖𝑎 quando consideriamo assenti i magneti permanenti .

Questo significa che rimane invariata la funzione di distribuzione degli avvolgimenti di statore , ma va ridefinita la distribuzione di induzione .

In particolare si deve riprendere la definizione di forza magnetomotrice : 𝑓. 𝑚. 𝑚 = 𝐹(𝛼)𝑖

che ci permette di riscrivere l’induzione come segue :

𝐵(𝛼) = 𝑓. 𝑚. 𝑚 𝑡𝑟𝑎𝑓𝑒𝑟𝑟𝑜 =

𝐹(𝛼)𝑖 𝑡𝑚+ 𝑠𝑝𝑚

dove intendiamo con traferro la somma del traferro meccanico(𝑡𝑚) e dello spessore dei

magneti permanenti(𝑠𝑝𝑚) .

Quindi possiamo sfruttare la formula introdotta in precedenza anche per il calcolo del flusso di autoinduzione come segue :

𝜙𝐴𝑎 ≅ 𝑟𝑙 ∫ 𝐹1(𝛼)𝐵1(𝛼)𝑑𝛼 𝜋 −𝜋 = 𝑟𝑙 ∫ 𝐹1(𝛼)2 𝑖𝑎 𝑡𝑚+ 𝑠𝑝𝑚 𝜋 −𝜋 𝑑𝛼 = 𝑟𝑙𝑁 2 3 𝑖𝑎 𝑡𝑚+ 𝑠𝑝𝑚 ∫ 𝑐𝑜𝑠2(𝛼)𝑑𝛼 𝜋 −𝜋 = 𝑟𝑙𝑁 2 3 𝑖𝑎 𝑡𝑚+ 𝑠𝑝𝑚 2𝜋

in modo del tutto analogo ricavo il flusso di auto induzione per le altre due fasi che risulterà essere : 𝜙𝐵𝑏 = 𝑟𝑙𝑁 2 3 𝑖𝑏 𝑡𝑚+ 𝑠𝑝𝑚 2𝜋 𝜙𝐶𝑐 = 𝑟𝑙𝑁 2 3 𝑖𝑐 𝑡𝑚+ 𝑠𝑝𝑚 2𝜋

Essendo ogni fase di motore sfasata di ±120° elettrici l’una dall’altra è abbastanza intuitivo che per ricavare il flusso concatenato con la fase a prodotto dalle correnti 𝑖𝑏 e 𝑖𝑐

quindi il flusso di mutua induzione , basterà sfasare uno dei due coseni , in particolare si avrà :

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