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La Sicilia e la sua rinascita enologica. Ruolo e prospettive future di “Feudi del Pisciotto”

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in collaborazione con

La Sicilia e la sua rinascita enologica.

Ruolo e prospettive future di “Feudi

del Pisciotto”

Master Universitario di I livello Vini Italiani e mercati mondiali IV Edizione

Anno Accademico

2018/19

Autore

Simone Tomarchio

Tutor Scientifico

Alessandro Balducci

Tutor Aziendale –

Feudi del Pisciotto

(2)

2

Sommario

Titolo

... 1

Introduzione ed obiettivi raggiunti ... 3

La rinascita siciliana ... 4

Feudi del Pisciotto ... 12

Analisi dei principali mercati di riferimento ... 16

Conclusioni ... 26

Bibliografia ... 28

(3)

3

Introduzione ed obiettivi raggiunti

Durante il periodo formativo trascorso a Feudi del Pisciotto, le attività svolte hanno spaziato da quelle – tradizionalmente – attinenti al lavoro in cantina, alla collaborazione con l’enologo e con il cantiniere, fino poi ad arrivare alle attività di hospitality, vendita diretta e servizio spedizioni. Come approfondirò in seguito, ciò che contraddistingue questa azienda consiste nel poter contare sulla presenza di un ristorante, di un wineshop e di un boutique hotel che possono garantire una “wine immersion” - a 360 gradi - a tutti gli appassionati amanti del vino (e non) che raggiungono la tenuta. Potermi relazionare quotidianamente a ospiti di varia provenienza, di diverse vedute culturali è – senz’altro – giovato perché potessi adottare un approccio elastico rispetto a differenti sensibilità ed esigenze. Inoltre, ho maturato l’idea secondo cui la Sicilia può esprimere ancora tanto sotto il profilo enologico ed enoturistico, grazie alla appassionata curiosità che contraddistingueva i winelovers, giunti in azienda da ogni dove. È anche per questa ragione che ho voluto focalizzare il project work partendo da un’analisi della storia vitivinicola regionale recente, dimostrando – numeri alla mano – quanto di buono è stato realizzato - durante gli ultimi anni – da parte di vari attori economici. Su tutti ho citato l’Etna, dimostrazione cristallina dello sviluppo enologico regionale; ho poi brevemente accennato alle meritevoli attività svolte dal consorzio SICILIA DOC, che tanta visibilità sta regalando alla regione. Ho cercato poi di calare “Feudi del Pisciotto” all’interno del contesto appena descritto, evidenziando analogie, trend e singole specificità aziendali (sia in ambito produttivo che in ambito commerciale). In conclusione, ho tracciato una breve panoramica degli obiettivi a medio-lungo termine che l’azienda si è posta in prospettiva futura.

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4

La rinascita siciliana

La Sicilia – si sa – rappresenta uno dei principali territori tra quelli che hanno favorito l’antico binomio uomo-vino.1 Ciononostante – sino agli anni Ottanta del secolo scorso – l’isola dedicava ben 200.000 ettari alla produzione viticola, finalizzata quasi esclusivamente alla massimizzazione delle rese, attraverso ampie coltivazioni (principalmente a tendone). Si potevano contare più di 160 cantine sociali che manipolavano circa l’85% delle uve. Dai porti isolani milioni di ettolitri di vino sfuso partivano alla volta di Toscana, Piemonte e Francia, dove vi era la necessità di tagliare i propri vini con quelli meridionali, tradizionalmente più concentrati, più ricchi di sostanze polifenoliche e non solo. Si può legittimamente affermare che l’Europa, sì, era inondata di vino siciliano, ma che in Sicilia - ironia della sorte - non si beveva proprio benissimo. Una delle eccezioni era rappresentata dall’azienda “Duca di Salaparuta” che intorno agli anni Sessanta si affidò all’enologo piemontese Franco Giacosa. Egli iniziò ad occuparsi di un vitigno che non aveva ancora assunto il marcato valore identitario che lo contraddistingue oggigiorno: il Nero d’Avola. Nell’ambiente contadino era conosciuto con il nome di “Calabrese”2 ed era la principale uva da taglio coltivata sull’isola. La tenuta

Duca di Salaparuta fu tra le prime a vinificarlo e ad imbottigliarlo, iniziando così a “nobilitare” il vitigno. Intorno agli anni Novanta la Sicilia aprì un nuovo capitolo della propria storia enologica. Il principale merito è senz’altro da attribuire a Giacomo Tachis3 - anche lui enologo piemontese – a cui

Diego Planeta (allora vertice dell’Istituto regionale della vite e del vino) affidò il compito di trainare una vera e propria “rivoluzione” della viticoltura siciliana, iniziando proprio da quello che diverrà principe dei vitigni isolani. A tal proposito, il giornalista Bruno Donati nel volume “Giacomo Tachis.

Enologo corsaro” fa cenno ad un episodio denso di significato. Un Nero d’Avola (in purezza) ebbe

modo di primeggiare e vincere i “tre bicchieri” durante una degustazione e ciò scatenò un aspro dibattito tra Carlo Petrini (fondatore di Slow Food) e Daniele Cernilli. Il primo riteneva inappropriato - se non “incauto” - premiare una regione ancora poco pronta a misurarsi su certi palcoscenici. Nonostante – da quel frangente – siano trascorsi alcuni decenni, oggi i fattori in campo sono sostanzialmente cambiati, nuovi scenari si sono imposti e nuovi mercati hanno generato opportunità inimmaginabili solo 20 anni addietro. L’isola è senza dubbio uno dei territori più chiacchierati, più attenzionati da appassionati e studiosi. Ciò è dovuto alla ricca varietà ampelografica, microclimatica e pedologica che contraddistingue la regione. La vendemmia si protrae da luglio - nelle zone più calde

1 In una grotta nei pressi di Monte Kronio, a Sciacca (Agrigento), su una antica giara è stata rilevata la presenza di

acido tartarico la cui datazione risale a circa 6 mila anni fa.

2 Il termine “calabrese” verosimilmente nasce dalla corruzione di “cala aulisi”, ovvero “pianura avolese”. 3 Tachis ha ricoperto un ruolo fondamentale anche in merito a diverse scelte enologiche effettuate da “Feudi del

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5

- fino ad arrivare a ottobre inoltrato sull’Etna. Il celebre vulcano è tornato alla ribalta nell’ultima decade grazie alla sorprendente, longeva eleganza che Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Carricante sanno donare agli Etna DOC e grazie a varietà internazionali che inaspettatamente riescono a dare il meglio di sé, come il Pinot Nero.4 Inoltre, dal 2010 ad oggi si è assistito ad un’ulteriore crescita nella ricerca della qualità, con conseguente calo nella produzione di vino sfuso e di mosto. Il seguente grafico evidenzia nette inversioni di tendenza da un punto di vista strutturale: dal 2010 al 2018 la produzione regionale di vino da tavola si è ridotta del 64,4%. La produzione IGT è rimasta sostanzialmente invariata, mentre le denominazioni di origine controllata (DOC) – nello stesso arco di tempo – hanno subito un incremento dell’89,34%.

Grafico n. 1

Fonte: ISTAT 2018

Come mostra il grafico seguente, se il mosto totale prodotto nel 2013 ammontava a circa 1.040.000 ettolitri, nel 2018 ci si attestava a soli 600 mila ettolitri (circa il 40% in meno).

4 Gaetano Savatteri in “Non c’è più la Sicilia di una volta” cita l’aneddoto secondo cui Tachis, avendo servito un Nerello

Mascalese ad un opinion leader californiano chiese poi che vino fosse. Quest’ultimo credette di trovarsi difronte ad un eccellente Borgogna. 170 149 164 226 445 1334 1331 1260 1595 2366 2385 3027 4206 2237 2921 2904 2510 2552 2364 1513 1312 1810 1143 1221 1100 955 842 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018

Produzione vino escluso mosti (hl/1000)

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6

Grafico n.2

Fonte: ISTAT 2018

Quello relativo alla produzione di vino da tavola (o comune, che dir si voglia) rimane un settore molto presente sull’isola, ma sta affrontando costanti problematiche che coinvolgono l’intera filiera. Il trend negativo coinvolge anche la produzione di mosti concentrati (mcr) e molte imprese del comparto vivono sofferenze bancarie non trascurabili. Ciò ha spinto e sta tutt’ora spingendo il tessuto imprenditoriale a modificare gli orizzonti delle imprese. Abbracciando tale visione - in un’intervista dell’aprile 2019 – l’assessore all’Agricoltura Edy Bandiera afferma: “L’orientamento del Governo

Musumeci è di ridurre al minimo la superficie a ‘vino da tavola’, migliorando pertanto la qualità per incrementare la competitività sui mercati dei prodotti siciliani”. C’è da dire che la Sicilia ne ha bisogno, se si considera che i prodotti certificati nel comparto vitivinicolo sono davvero pochi rispetto ad altre realtà che hanno superfici vitate inferiori. Per riuscire ad aiutare il comparto il governo regionale sta puntando molto sui bandi dell’Ocm vino, per cui sono in ballo qualcosa come 55 milioni di euro: 34,5 per la ristrutturazione e riconversione dei vigneti, 8,8 per la promozione presso i Paesi terzi, 11 per gli investimenti e 700 mila euro per la vendemmia verde.” 5

5 https://qds.it/il-vino-da-tavola-siciliano-marcisce-nelle-cantine-export-per-72-mln-e-contro-il-miliardo-del-veneto/?refresh_ce 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2013 2014 2015 2016 2017 2018

Produzione DOC e mosti (hl/1000)

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7

È paradossale il fatto che una regione con oltre 100.000 ettari di superfici vitate nel I semestre del 2018 abbia esportato vino per un valore di 72 milioni di euro, mentre il Piemonte (eccellenza vinicola mondiale), con la metà della superficie vitata ha raggiunto 457 milioni di euro.

Grafico n. 3

FONTE: serie ateco ISTAT

Grafico n. 4

FONTE: WineMonitor su dati ISTAT

72

457

1000

0 200 400 600 800 1000 1200 export (mln €)

Valore export I° semestre 2018

Sicilia (99mila ha) Piemonte (48mila ha) Veneto (80mila ha)

Veneto

36%

Piemonte

16%

Toscana

16%

Trentino-A.A.

9%

Emilia-Romagna

5%

Lombardia

4%

Abruzzo

3%

Sicilia

2%

altre regioni

9%

EXPORT 2018 (VALORE €)

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8

La strada da percorrere è ancora lunga, ma i trend relativi alla crescita del valore delle esportazioni fanno ben sperare per il futuro.

Grafico n. 5

FONTE: WineMonitor su dati ISTAT

È doveroso sottolineare il ruolo svolto dal Consorzio di tutela vini DOC Sicilia. (A tal proposito vi è da riportare come – ad oggi - Feudi del Pisciotto abbia tra le sue etichette due vini destinati a tale DOC: “Versace” Nero d’Avola e “Marengo” Grillo). Nel corso degli ultimi anni l’istituto è riuscito a coinvolgere molteplici attori economici in modo tale che un’ampia denominazione territoriale potesse fare breccia nei mercati più difficili ed impenetrabili, attraverso campagne di marketing massicce e attraverso la messa in gioco di un brand facilmente spendibile e riconoscibile, ben accolto dai medesimi produttori. Lo stesso consorzio annunciò di aver chiuso il 2018 con un bilancio incredibile: 80 milioni di bottiglie prodotte, con un aumento del 173% rispetto all’anno precedente.6

Il ritmo di crescita che ha investito la denominazione è enormemente maggiore rispetto a quello di qualunque altro distretto intra-regionale. Se l’Etna è passata dai 26.700 ettolitri nel 2014 ai 35.900 nel 2017 (+34,46%), la DOC Sicilia ha registrato un balzo del 172,1%, passando da 448.000 ettolitri a 1.219.000 nel medesimo intervallo di tempo.

6 Tali dati sono stati pubblicati dal quotidiano nazionale “La Repubblica”:

https://palermo.repubblica.it/cronaca/2019/01/22/news/boom_dei_vini_doc_sicilia_merito_del_nero_d_avola_e_de l_grillo-217190102/ 98805 98233 101517 115341 127293 138348 2013 2014 2015 2016 2017 2018

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9

Grafico n. 6

Fonte: FEDERDOC

L’impegno consortile si è esteso anche in ambito “educational”, con particolare focus su Cina e Stati Uniti. Secondo alcune indagini svolte da Nielsen (commissionate dal presidente Rallo) l’apprezzamento per la DOC si sta allargando, anche fuori confine. Le impegnative campagne promozionali in USA e l’organizzazione di seminari e masterclass tra Pechino, Xi’an, Guangzhou hanno fatto in modo che il composito mondo enologico siciliano iniziasse ad essere scoperto ed apprezzato.7 È ragionevole ritenere che uno dei fattori decisivi risieda nella facile - e più o meno immediata - riconoscibilità che il brand “Sicilia” sa veicolare, per le ragioni più disparate. Tornando al mondo enoico, è interessante porre in evidenza un’indagine svolta da Wine Intelligence nel 2018. Preso in esame un campione di 2000 bevitori cinesi, è stata valutata la “brand awareness” (tradotto: “consapevolezza”) del campione, in relazione ai territori vinicoli di tutto il mondo. Il grafico seguente mostra in maniera lampante il predominio francese all’interno dell’immaginario collettivo cinese. Sono stati nominati ben 16 distretti territoriali francesi. L’Italia viene fuori con 4 territori. Ciò che sorprende riguarda proprio la Sicilia: essa rappresenta la denominazione territoriale italiana più frequentemente nominata dai consumatori cinesi (nel 36% dei casi). Seguono a ruota Toscana (20%), Barolo (17%) e Chianti (14%). 7https://qds.it/vino-consorzio-doc-sicilia-in-vetrina-negli-usa-e-in-cina/?refresh_ce 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 2014 2015 2016 2017

Produzione DOC (hl/1000)

(10)

10

Grafico n. 7

(Il campione è composto da individui che abitualmente consumano vini di importazione)

Fonte: WINE INTELLIGENCE/VINEX

La stessa indagine è stata svolta negli Stati Uniti. Anche in questo caso la Francia fa la voce grossa, nonostante i dati relativi all’export italiano nei due paesi sotto esame siano tra loro molto diversi. In USA la Toscana supera Bordeaux di 2 punti percentuali, rappresentando la prima denominazione estera conosciuta dai winelovers statunitensi. La Sicilia - in questa classifica - si posiziona al secondo posto (tra le regioni italiane), con il 45% di individui che hanno menzionato l’isola.

20%

22%

25%

25%

26%

27%

27%

33%

36%

36%

38%

39%

40%

43%

52%

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% Toscana Marlborough Mendoza Barossa V. Napa V. Loira V. Catalogna Cotes du Rhone SICILIA Champagne Borgogna Vin de Pays d'Oc Provenza Ningxia Bordeaux

(11)

11

Grafico n. 8

Fonte: WINE INTELLIGENCE/VINEX

Cina e Stati Uniti sono – senza ombra di dubbio – le destinazioni verso cui l’export sta crescendo maggiormente, ma i margini di miglioramento in Cina (così come in molti altri paesi) sono ancora ampi. Si consideri che il peso dell’export siciliano in USA corrisponde a circa il 18,6% del totale; in Germania al 16,7% e in Gran Bretagna al 9,4%. Questi tre paesi costituiscono circa un terzo dell’intero business regionale e ciò rende l’idea di quanto sia urgente andare ad aggredire nuovi mercati, per diversificare – così - le esportazioni. Quest’ultimo rappresenta – come vedremo – uno degli obiettivi a medio-lungo termine dell’azienda – oggetto dello stage - che andremo a presentare.

27%

30%

33%

35%

41%

43%

44%

45%

45%

46%

54%

56%

59%

60%

62%

73%

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% Piemonte Beaujolais Prosecco Provenza Oregon Chianti Chablis Washington State SICILIA New York State Sonoma Borgogna Champagne Bordeaux Toscana Napa V.

(12)

12

Feudi del Pisciotto

“Feudi del Pisciotto” ha rappresentato negli anni un monumento alla civiltà contadina, un museo a cielo aperto con 300 anni di storia alle spalle. L’intero progetto del gruppo “Domini di Castellare” nasce e si sviluppa nel tentativo di preservare la bellezza, il fascino che contraddistinguono questo luogo. Su un altopiano tufaceo si stagliano l’antico palmento del 1700 (tra i più grandi della Sicilia) ed il baglio, una tipica costruzione locale, legata al mondo feudatario/latifondista che caratterizzava l’isola durante la dominazione spagnola. Si tratta di un gruppo unico di abitazioni, fortificato da alte mura, con al centro un ampio cortile. Lì si svolgevano le varie attività delle famiglie e delle maestranze che gestivano il latifondo di riferimento. Oggi – in seguito ad un complesso restauro – il palmento ospita un wine relais ed un ristorante, attività inesorabilmente legate alla produzione vitivinicola. Ai piedi delle due costruzioni nasce la nuova cantina, e tutt’attorno si estendono circa 20 ettari di vigneto (dei 45 ettari vitati in totale). A fare da cornice alla tenuta vi è una sughereta molto antica, che nel 1997 è divenuta riserva naturale protetta. I vigneti reimpiantati si trovano a circa 270-300 metri s.l.m. e a meno di 7 km dal mare. Essi comprendono varietà locali quali Nero d’Avola, Frappato, Grillo, Inzolia, Catarratto e varietà internazionali (Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrah, Viognier, Chardonnay, Gewürztraminer, Semillon). L’area si estende su terreni compositi, a medio impasto, abbastanza sabbiosi da garantire un buon drenaggio delle piogge. Ciò permette ai vini di preservare un livello di acidità ottimale, a dispetto delle alte temperature che caratterizzano l’areale. “Feudi del Pisciotto” è un’azienda relativamente giovane, diretta da Alessandro Cellai, (enologo e direttore del gruppo DCC) ed è attualmente gestita dall’enologo Marco Parisi. La prima vendemmia – infatti – risale al 2007, e fin da allora i vini si sono contraddistinti per la capacità di saper giocare tra muscolarità ed eleganza, tra potenza e raffinatezza, elementi apparentemente antitetici. Una delle visioni - chiara fin da subito nei progetti di Paolo Panerai - è stata quella di veicolare un messaggio vincente fuori confine: l’idea è stata quella di coniugare moda e vino e ciò ha contribuito al successo dell’azienda sui mercati mondiali (USA e Cina in testa). La produzione si suddivide in una prima linea entry, detta “Baglio del Sole” e in una seconda, definita “Collezione Grandi Stilisti”. Ciò che principalmente distingue le due produzioni sono il luogo e la durata dell’affinamento: nel primo caso questo avviene in acciaio, mentre nel secondo caso avviene in barrique di rovere francese per più o meno 1 anno. “La Collezione Grandi Stilisti” nasce dalla collaborazione con alcuni stilisti italiani, i quali – autonomamente gli uni dagli altri – si sono occupati di disegnare le etichette di 7 produzioni monovarietali e di un passito (Gewürztraminer e Semillon):

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13

• Cerasuolo di Vittoria DOCG (Giambattista Valli) • Nero d’Avola (Versace)

• Merlot (Valentino)

• Cabernet Sauvignon (Missoni)

• Frappato – Grillo (Carolina Marengo) • Chardonnay (Alberta Ferretti)

• Passito (Gianfranco Ferrè).

LINEA “Baglio del Sole”

• Vinificazione: in acciaio

• Affinamento: in acciaio

• Durata affinamento: 6 mesi

• Affinamento in bottiglia: 4 mesi

• Malolattica: svolta

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14

“Collezione Grandi Stilisti”

• Vinificazione: in acciaio

• Affinamento: in acciaio

• Durata affinamento in barrique: 8/10 mesi

• Affinamento in bottiglia: 8/12 mesi

• Malolattica: svolta

A completamento della gamma produttiva (che oggi vanta 15 etichette) concorrono:

• L’”Alaziza” (l’ultimo arrivato tra i vini dell’azienda, composto da Zibbibbo e Viognier); • Il “Davolarosa” (un rosato Metodo Charmat prodotto da uve Nero d’Avola);

• Il “Tirsat” (Viognier e Chardonnay);

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TIRSAT

Viene prodotto nella seconda azienda siciliana della compagnia DCC, “Gurra di Mare”. È un blend di Chardonnay e Viognier in egual misura, capace di conservare eleganza ed acidità sorprendenti, specie se si pensa che i vigneti si trovano su terreni sabbiosi a ridosso delle spiagge di Portopalo di Menfi, sulla costa agrigentina. Ci troviamo ai confini d’Europa. (La vinificazione avviene a FdP).

ETERNO

Pinot Nero 100%. Rappresenta una sfida enologica per l’azienda (su suggerimento di Giacomo Tachis). È facile immaginare come il sud della Sicilia non sia la terra d’elezione di questo vitigno. L’etichetta – inoltre – è frutto di uno specifico progetto: la produzione di questo vino è legata alla volontà di restaurare il trittico “Eterno”, dello scultore palermitano Giacomo Serpotta (metà ‘700) e l’etichetta - per l’appunto - riprende un tratto della scultura.

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16

Analisi dei principali mercati di riferimento

L’azienda nasce forte dell’esperienza e dei successi già raggiunti negli anni precedenti dalle due aziende toscane che fanno parte della compagnia: “Castellare di Castellina” e “Rocca di Frassinello”. Ciò ha posto “Feudi del Pisciotto” in una posizione privilegiata rispetto ad altre giovani aziende, in quanto ha immediatamente goduto di una visibilità importante, contribuendo alla diversificazione dell’offerta proposta dalla compagnia sui mercati in cui DCC era già presente. La produzione – oggi – consta in circa 400.000 bottiglie all’anno e quasi l’80% degli affari viene realizzato all’estero, in più o meno 50 paesi.8 I 9 mercati presenti nei grafici che seguiranno rappresentano i principali partner commerciali. Rielaborando alcuni dati aziendali, risulta lampante l’apprezzamento goduto in Cina. Questa rappresenta – di gran lunga – il primo partner: dal 2015 al 2019 – infatti – sono state vendute quasi 735.000 bottiglie e ciò è notevole se si pensa che la vendita nei rimanenti 8 maggiori paesi ha riguardato 440.112 bottiglie. Se – com’è stato affermato – Stati Uniti, Germania e Regno Unito coprono circa il 33% dell’export regionale, mettendo a nudo la difficoltà di penetrare i mercati asiatici con efficacia, lo stesso non si può dire di “FdP”. Quest’ultima realizza con la Cina più del 60% dei propri affari.9

Grafico n. 9

*Il grafico si riferisce alle bottiglie vendute nei paesi menzionati, nell’intervallo di tempo 2015-2019. Circa il 62,5% del volume d’affari ha riguardato la sola Cina.

8 Le stime di riferimento sono rielaborazioni di dati aziendali. 9 Chiaramente, in termini di bottiglie esportate.

734.864

139.188 108.454

81.846 60.273

33.149 19.548 9.720 1.908

0 100.000 200.000 300.000 400.000 500.000 600.000 700.000 800.000

Totale bottiglie <1.188.960>*

(17)

17

Il successivo dato balzato all’occhio riguarda il notevole successo riscosso dal Nero d’Avola “Versace”.

• ETICHETTA (MODA)

• CARATTERISTICHE

ORGANOLETTICHE

• RICONOSCIBILITÀ

BRAND “SICILIA”

• PREMI

INTERNAZIONALI

(TOP 100 WINE

SPECTATOR)

10

10 È la prima volta che il vitigno siciliano entra a far

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18

Le 415.957 bottiglie “Versace” trattate nel quinquennio ’15 -’19 rappresentano quasi il 35% del totale dei vini venduti nei principali 9 paesi presi in considerazione.

Grafico n. 10

FONTE: dati aziendali

415.957 248.017 151.285 82.451 71.832 68.712 49.819 48.035 25.688 19.523 2.972 2.020 1.974 675 50.000 100.000 150.000 200.000 250.000 300.000 350.000 400.000 450.000

NUMERO BOTTIGLIE

NUMERO BOTTIGLIE

(19)

19

Grafico n. 11

FONTE: dati aziendali

Non è assolutamente casuale se Cina, Russia e Stati Uniti inglobano più dell’80% dell’export aziendale, paesi in cui il celebre “made in Italy”, il design e lo stile italiano vengono notoriamente apprezzati. Per queste ragioni è utile ribadire come la scelta di associare il prodotto “vino” alle maggiori case di moda della penisola si sia verificata azzeccata, sotto il profilo marketing. I grafici che seguiranno rappresentano la distribuzione delle etichette nei 3 paesi menzionati, con l’aggiunta del Giappone e della Germania (primo importatore europeo).

Il confronto tra Cina e ogni altro paese risulta avere poco senso, a causa della (già evidenziata) forbice che la allontana rispetto ad ogni altro partner commerciale. Tuttavia, vanno sottolineate alcune specificità.

GIAPPONE

1%

GERMANIA

2%

Altri

3%

RUSSIA

3%

USA

6%

CINA

85%

DISTRIBUZ. VERSACE

(415.957 BOTTIGLIE)

'15-'19

(20)

20

Grafico n. 12

FONTE: dati aziendali

• Il Nero d’Avola è il vino più apprezzato dai cinesi (entrambe le linee produttive primeggiano e costituiscono circa il 69% dell’intera vendita nel paese).

• I rossi – come quasi sempre accade in Cina – la fanno da padrone. In questo caso si arriva al 98,5% del totale.11

• Sembra riscuotere successo anche il “Carolina Marengo Frappato” che con 34.702 bottiglie vendute rappresenta la prima destinazione estera del prodotto in questione (72,4% sul totale di Frappato esportato).

• Nonostante la linea cosiddetta “entry” costituisca - per le aziende - il grosso del volume d’affari, in Cina (e non solo) le cose sembrano andare diversamente. Tra le prime 6 posizioni troviamo 5 vini della collezione “Grandi Stilisti”.

11 Secondo Huiqin Ma - professoressa del dipartimento di Scienze dell’albero da frutto presso la China Agricultural

University e vice-Segretario Generale della “Chinese Society of Viticulture” – oggi il consumo di bianchi sta comunque crescendo, per via dell’ingresso di nuove categorie di bevitori, specie giovani che ricercano freschezza e facilità di beva.

- 50.000 100.000 150.000 200.000 250.000 300.000 350.000 400.000 TIRSAT DAVOLAROSA FERRETTI CHARD. ETERNO P.NERO FERRE' PASSITO BDS INZOLIA MARENGO GRILLO BDS M/S MISSONI C.S. VALLI CdV MARENGO FRAPP. VALENTINO MERLOT BDS NdA VERSACE NdA

CINA (2015-2019)*

(21)

21

• Con 720 bottiglie importate (su 1.974 bottiglie esportate nei 9 paesi in questione), il mercato cinese costituisce il primo acquirente di Passito “Gianfranco Ferrè” (al pari degli USA). • Anche il top di gamma dell’azienda – “Eterno” Pinot Nero – riesce a trovare discreto spazio.

Quasi il 50% del totale esportato – infatti – viene destinato al mercato cinese. Curiosamente, il secondo acquirente risulta essere la Svizzera (261 bottiglie) che si trova in sesta posizione tra i maggiori partner dell’azienda.

Grafico n. 13

FONTE: dati aziendali

• In Russia la linea BdS (bianchi e rossi) occupa i primi 3 posti nelle vendite e (con 90.300 bottiglie) rappresenta quasi il 65% del totale.

• Con 960 bottiglie di “Davolarosa” importate, risulta il primo acquirente dello sparkling aziendale (il 47,5% del totale prodotto va in Russia).

• Contrariamente a quanto avviene in Cina, il mercato dei bianchi sembra (al netto dei valori assoluti) più importante: quasi il 30% delle esportazioni nell’ex Unione Sovietica – infatti – riguarda proprio vini bianchi.

- 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 30.000 35.000 ETERNO P.NERO FERRE' PASSITO TIRSAT DAVOLAROSA VALLI CdV MISSONI C.S. MARENGO GRILLO FERRETTI CHARD. VALENTINO MERLOT VERSACE NdA MARENGO FRAPP. BDS INZOLIA BDS NdA BDS M/S

RUSSIA (2015-2019)*

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Grafico n. 14

FONTE: dati aziendali

• Tra le varie indicazioni emerse, spicca su tutte l’apprezzamento rispetto al “Versace NdA” (26.455 bottiglie). Qui – più che in ogni altro luogo – il nome ed il design dell’etichetta risultano essere efficaci.

• Gli Stati Uniti – inoltre – sono il secondo paese importatore di “Missoni Cabernet S.” (21.100 bottiglie) e di “Carolina Marengo Frappato” (13.398 bottiglie).

• Come anticipato in precedenza, riscuote successo anche il Passito “Gianfranco Ferrè” (36,47% del totale passito esportato).

-

5.000

10.000

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30.000

BDS M/S ETERNO P.NERO DAVOLAROSA TIRSAT FERRE' PASSITO MARENGO GRILLO BDS INZOLIA VALLI CdV VALENTINO MERLOT FERRETTI CHARD. MARENGO FRAPP. BDS NdA MISSONI C.S. VERSACE NdA

USA (2015-2019)*

NUMERO BOTTIGLIE

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23

Grafico n. 15

FONTE: dati aziendali

• Il Giappone è uno dei maggiori estimatori di bianchi dell’azienda. Le 19.446 bottiglie di bianchi importate (Tirsat, Grillo, Chardonnay e Inzolia) costituiscono più del 20% di bianchi commercializzati all’estero.

• Il “Tirsat” (Chardonnay e Viognier) prodotto a “Gurra di Mare” gode di un discreto successo in Giappone, divenuto primo acquirente del prodotto (il 36% delle esportazioni hanno il paese del Sol Levante come destinazione).

• Oltretutto i nipponici sembrano apprezzare molto anche il “Davolarosa”, venendo subito dopo la Russia, tra i paesi importatori.

• Il Giappone si piazza al secondo posto tra i partner importatori del “Valentino” Merlot (dopo – neanche a dirlo – la Cina). Tolta questa – tuttavia – il 52% delle vendite estere vanno a finire proprio in Giappone (21.810 bottiglie).

- 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 BDS M/S ETERNO P.NERO FERRE' PASSITO DAVOLAROSA TIRSAT VALLI CdV MARENGO GRILLO VERSACE NdA BDS INZOLIA BDS NdA FERRETTI CHARD. MARENGO FRAPP. MISSONI C.S. VALENTINO MERLOT

GIAPPONE (2015-2019)*

NUMERO BOTTIGLIE

(24)

24

Grafico n. 16

FONTE: dati aziendali

• La Germania risulta essere il primo partner commerciale in Europa (come spesso accade per le aziende siciliane) con più di 60.000 bottiglie acquistate.

• Similmente a quanto avviene in Russia, la linea BdS viene molto apprezzata, in special modo i rossi: Nero d’Avola ed il blend Merlot/Syrah. I 3 prodotti BdS rappresentano il 62,45% delle esportazioni totali in Germania.

• I rossi – in generale – predominano: esclusa la Cina, il paese teutonico è il primo importatore del “Giambattista Valli” (Cerasuolo di Vittoria) (4.607 bottiglie).

- 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 ETERNO P.NERO DAVOLAROSA FERRE' PASSITO TIRSAT FERRETTI CHARD. MISSONI C.S. MARENGO GRILLO MARENGO FRAPP. VALENTINO MERLOT BDS INZOLIA VALLI CdV VERSACE NdA BDS M/S BDS NdA

GERMANIA (2015-2019)*

NUMERO BOTTIGLIE

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25

A conclusione di questa (seppur parziale) disamina, vanno menzionati i rimanenti 4 paesi presi sotto esame.

Grafico n. 17

FONTE: dati aziendali

• La Svizzera rappresenta il secondo partner commerciale all’interno del continente europeo con 33.149 bottiglie vendute. I rossi dominano le vendite, raggiungendo quasi il 93% del totale esportato. La linea entry level BdS costituisce più che il doppio rispetto alla linea “Grandi Stilisti”.

• Anche il Canada sembra protendere per i rossi. Tuttavia, in questo caso il “Valentino” Merlot supera – seppur di poco – l’onnipresente “Versace”. (Rispettivamente: 7.578 e 5.640 bottiglie). La linea “top” costituisce quasi l’intera totalità di etichette importate. • In Regno Unito “BdS” è la tipologia più importata con 6.846 bottiglie. Il “Tirsat” di “Gurra

di Mare” vede nella penisola britannica il secondo partner più importante dopo il Giappone.

• La Svezia e – in generale – i paesi scandinavi rappresentano un mercato dalle enormi potenzialità che andrebbe ulteriormente aggredito.

*Tutti i grafici realizzati si riferiscono alle bottiglie vendute solo nei 9 paesi menzionati, nell’intervallo di tempo 2015-2019. 0 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000

SVIZZERA CANADA REGNO UNITO SVEZIA

Distribuzione tipologie (2015-2019)

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Conclusioni

Durante il periodo formativo trascorso a Feudi del Pisciotto ho avuto modo di collaborare in diversi ambiti che vanno dal campo enologico e produttivo a quello legato all’hospitality, compresi i servizi e le attività ad essa annesse. La peculiarità dell’azienda è – senza dubbio – quella di poter contare su una struttura ricettiva degna di nota (boutique hotel, wine-shop, ristorante). Tra i progetti a lungo termine vi è quello di potenziare la ricezione turistica. Ad oggi la struttura vanta la presenza di 10 camere12, tuttavia in futuro verrà reso fruibile anche l’antico baglio adiacente al palmento

settecentesco. Si stima che – così facendo – il relais possa arrivare a comprendere anche più di 30 camere. Ciò fa pensare che si possa investire molto sulla promozione e sulla vendita diretta. Dal 2019 – infatti – l’azienda fornisce il servizio spedizioni nei confronti di chi soggiorna in hotel e decide di acquistare i vini della tenuta. Durante gli anni precedenti tale servizio era affidato a “Castellare di Castellina” in Toscana. Sarebbe importante – negli anni a venire - fare leva sul fascino e sull’accoglienza della location e sulla capacità di garantire agli ospiti una wine experience coinvolgente, anche attraverso l’organizzazione di tour tra i vigneti, attraverso il potenziamento dello staff dedicato alla spiegazione ed al racconto dei vini. Per apprezzare pienamente il prodotto “vino” è necessario comprenderlo. Inoltre - alla luce dei dati relativi all’export aziendale le riflessioni scaturite riguardano 3 obiettivi futuri e futuribili.

• Innanzitutto, diversificazione: vi è l’idea di parcellizzare maggiormente il prodotto sui mercati di riferimento: abbiamo evidenziato il ruolo strutturale ricoperto dalla Cina: circa il 60% delle vendite del quinquennio ’15 -’19 hanno riguardato la Repubblica Popolare. Visti – per sommi capi – gli indici di distribuzione delle varie etichette salta all’occhio il ruolo fortemente trainante esercitato dal “Versace” Nero d’Avola, specie in Cina, dove si raggiunge circa l’85% delle vendite totali. Essere tanto legati ad un singolo acquirente comporta l’accettazione di rischi dovuti ad eventuali shock economici e/o politici.

• Oltre ad una più equa distribuzione sui mercati già raggiunti, l’azienda vorrebbe imporsi su un maggior numero di paesi. Sono circa 50 le destinazioni odierne, ma si punta ad instaurare ulteriori partnership, fino ad arrivare a 70 paesi.

• Infine, se l’urgenza delle imprese siciliane – oggi – è quella di fare breccia in modo più pervasivo sui mercati asiatici, per “Feudi del Pisciotto” si prospetta l’idea di aggredire maggiormente i mercati europei. Eccezion fatta per la Germania (su cui si vanta una discreta

12 Su un’apertura di 9 mesi (da aprile a dicembre 2019) le cosiddette “room nights” ovvero le notti vendute sono state

1.868 e gli ospiti accolti dal reais circa 3.600. Il successo maggiore (in termini di provenienza degli ospiti) si è avuto con Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Svizzera.

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presenza), i paesi nord-europei, tra cui quelli scandinavi ed il Regno Unito potrebbero – senz’altro – garantire maggiori acquisizioni di quanto non facciano oggi. Tra le difficoltà che si riscontrano in paesi come la Svezia, vi sono quelle riferite alla struttura monopolistica delle importazioni di alcool e quelle riferite alle massicce campagne culturali di sensibilizzazione attorno a quest’ultimo. L’Europa (Italia compresa) permane un territorio dalle enormi potenzialità ancora inespresse.

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Bibliografia

Bruno Donati. 2005 Giacomo Tachis. Enologo corsaro. Dieci anni di rivoluzione siciliana. Treviso: Terra Ferma

Gaetano Savatteri. 2017. Non c’è più la Sicilia di una volta. Roma: Laterza

Sitografia

http://www.inumeridelvino.it/ https://qds.it/il-vino-da-tavola-siciliano-marcisce-nelle-cantine-export-per-72-mln-e-contro-il-miliardo-del-veneto/?refresh_ce https://palermo.repubblica.it/cronaca/2019/01/22/news/boom_dei_vini_doc_sicilia_merito_del_nero_d_a vola_e_del_grillo-217190102/ https://qds.it/vino-consorzio-doc-sicilia-in-vetrina-negli-usa-e-in-cina/?refresh_ce https://www.winemonitor.it/vino-e-numeri/export-regionale/#! https://www.istat.it/it/archivio/vino http://www.castellare.it/it/feudi-del-pisciotto/

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