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Job Safety Analysis integrate con il D.V.R.: un metodo innovativo per la valutazione del rischio e per la formazione specifica del personale.

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(1)

D

IPARTIMENTO DI

DEL

T

RELAZIONE PER IL CON

LAUREA MAGISTRALE IN

Job Safety Analysis integrate con il D

innovativo per la

formazione specifica del personale

RELATORI

Prof. Ing. Gionata Carmignani

Dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi del Territorio e delle Costruzioni

Ing. Vincenzo Manzione

Health Safety Environment Manager WEPA Lucca S.r.l.

IPARTIMENTO DI

I

NGEGNERIA DELL

’E

NERGIA

,

T

ERRITORIO E DELLE

C

OSTRUZIONI

RELAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO DELLA

LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA GESTIONAL

nalysis integrate con il D.V.R

innovativo per la valutazione del rischio e per la

formazione specifica del personale

Gionata Carmignani

di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi morelli.marco88 ostruzioni

ment Manager WEPA Lucca S.r.l.

Sessione di Laurea del 19/02/2014 Anno Accademico 2012/2013 Consultazione consentita

DEI

S

ISTEMI

,

OSTRUZIONI

SEGUIMENTO DELLA

INGEGNERIA GESTIONALE

R.: un metodo

valutazione del rischio e per la

formazione specifica del personale

IL CANDIDATO Marco Morelli

(2)

1

INDICE

SOMMARIO ... 3

INTRODUZIONE ... 4

PARTE 1 – L'AZIENDA WEPA ... 6

1. IL GRUPPO WEPA ... 6

1.1. WEPALUCCAS.R.L. ... 10

1.1.1. STABILIMENTO DI FOSSO RALLETTA ... 12

1.1.2. STABILIMENTO DI SALANETTI ... 14

2. IL PROCESSO PRODUTTIVO ... 16

2.1. PRODUZIONEDICARTATISSUE ... 16

2.1.1. STOCCAGGIO E IMMAGAZZINAGGIO MATERIE PRIME ... 18

2.1.2. PREPARAZIONE IMPASTO ... 19

2.1.3. ASCIUGATURA ED AVVOLGITURA IN MACCHINA CONTINUA ... 20

2.1.4. ALLESTIMENTO FINALE... 22

2.1.5. ANOMALIE DEL CICLO LAVORATIVO ... 22

2.2. CONVERTING ... 24

2.2.1. LINEE ROTOLI ... 25

2.2.2. LINEE PIEGATI ... 28

2.2.3. AREA FASCIATORI E IMMAGAZZINAGGIO PRODOTTO FINITO ... 30

3. ANALISI E VALUTAZIONE DEI RISCHI ... 31

3.1. INTRODUZIONEALLAVALUTAZIONEDEIRISCHI ... 31

3.2. DOCUMENTODIVALUTAZIONEDEIRISCHI ... 32

3.3. ANALISIDELRISCHIO:INDIVIDUAZIONEDEIPERICOLIE CATEGORIZZAZIONEDEIRISCHI ... 33

3.4. STIMAEVALUTAZIONEDELRISCHIO ... 34

PARTE 2 – IL CASO WEPA ... 38

4. METODOLOGIA DI VALUTAZIONE DEI RISCHI ADOTTATA DALL’AZIENDA NEL DVR ... 38

4.1. IDENTIFICAZIONEDEIPERICOLI ... 39

4.2. STIMADELRISCHIO ... 41

4.2.1. DEFINIZIONE GRAVITA’ ... 41

4.2.2. PROBABILITA’ DI ACCADIMENTO ... 43

4.2.3. EVITABILITÀ ... 47

4.2.4. INDICE DI RISCHIO ... 49

4.3. VALUTAZIONEDELRISCHIO ... 50

5. JOB SAFETY ANALYSIS INTEGRATE CON IL DVR ... 52

5.1. INTRODUZIONELAVOROSVOLTOPRESSOWEPALUCCA ... 53

5.2. JOBSAFETYANALYSIS ... 54

5.3. NUOVOFORMATOJOBSAFETYANALYSIS ... 55

5.4. INDIVIDUAZIONEDEIPERICOLIEDEIRISCHICORRELATI ... 58

5.5. APPLICAZIONEDELMETODODIVALUTAZIONEDELRISCHIO UTILIZZATONELDVRALLEJSA ... 61

5.6. PROBLEMATICHEEMERSEINPARALLELOALLOSVOLGIMENTODEL LAVORO ... 64

(3)

2 5.8. LEJSACOMESTRUMENTOPERLAFORMAZIONESPECIFICADEL

PERSONALE ... 76

6. CONCLUSIONI E POSSIBILI SVILUPPI FUTURI ... 81

7. ALLEGATO A - ESTRATTO DELLE JSA ELABORATE PER WEPA LUCCA S.R.L. ... 83

7.1. JSAELABORATEPERLACARTIERADIFOSSORALLETTA ... 83

7.2. JSAELABORATEPERILCONVERTINGDISALANETTI ... 100

8. BIBLIOGRAFIA ... 128

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3

SOMMARIO

Questa tesi è il risultato di un progetto sviluppato durante il tirocinio svolto presso WEPA Lucca S.r.l., azienda produttrice di carta tissue con sedi a Capannori, a Porcari (LU) e a Cassino (FR). L'attività è consistita nell'elaborazione di un metodo innovativo per l'analisi e la valutazione dei rischi basato sulle attività svolte dai lavoratori. Per realizzare il lavoro è stato ideato un modello ibrido impostato sulle Job Safety Analysis e sulla metodologia di valutazione del rischio adottata dall'azienda nella nuova versione del DVR. Le Job Safety Analysis consentono di integrare i principi e le pratiche riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori in ogni particolare attività lavorativa. La valutazione del rischio è uno strumento che permette al datore di lavoro di individuare le misure di prevenzione e di pianificarne l’attuazione, il miglioramento ed il controllo al fine di verificarne l’efficacia e l’efficienza. Il risultato è un sistema strutturato per la gestione del rischio e per la formazione specifica dei lavoratori e costituisce un passo iniziale verso la certificazione OHSAS 18001:2007 che l'azienda ha intenzione di ottenere in futuro.

ABSTRACT

This thesis is the result of a project, that has been developed during the period of internship at WEPA Lucca S.r.l., a tissue paper product manufacturer with branch offices in Capannori, Porcari (LU) and Cassino (FR).

The task consisted in the development of an innovative method for the analysis and risk assessment based on the activities undertaken by the workers. This led to the creation of a hybrid model performed implementing the job safety analysis and risk assessment methodology adopted by the company in the new version of the DVR. The Job Safety Analysis permit to integrate the principles and practices concerning the health and safety of workers in each particular job. Risk assessment is a tool that allows the employer to identify the measures of prevention and schedule of implementation, improvement and control in order to verify its effectiveness and efficiency. The result is a structured system for risk management and for specific training of workers and represents an initial step towards the OHSAS 18001:2007 certification that the company intends to achieve in the future.

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4

INTRODUZIONE

Il gruppo WEPA è attualmente uno dei quattro principali produttori di carta tissue in Europa e detiene il 25% della quota di mercato in Germania e l’8% in Europa. L'azienda dispone di 10 stabilimenti produttivi in Europa: 5 in Germania, 2 in Italia, 1 in Francia, Polonia e Spagna per un totale di 16 macchine continue e più di 70 linee di converting per la produzione di rotoli e piegati.

In Italia il Gruppo WEPA è presente con la società WEPA Lucca S.r.l., la cui attività consiste nella produzione di carta tissue e nella sua trasformazione in vari prodotti per uso igienico-sanitario pronti alla vendita (carta igienica, fazzoletti, tovaglioli, asciugatutto da cucina e rotoloni industriali), utilizzando principalmente come materia prima la fibra vergine (cellulosa) e solo in alcuni casi gli scarti proveniente dal converting.

L'azienda Wepa Lucca S.r.l. dispone di una cartiera a Fosso Ralletta nel comune di Porcari (LU), di una cartotecnica situata a Salanetti nel comune di Capannori (LU) e di uno stabilimento nel comune di Cassino (FR) comprendente una cartiera ed una cartotecnica. Il sito produttivo di Fosso Ralletta è composto da due macchine continue in grado di produrre bobine di carta tissue che possono essere direttamente commercializzate, oppure trasferite al sito del converting di Salanetti. In questo stabilimento si provvede al taglio a misura della carta, al confezionamento e all’imballaggio del prodotto finito, in base alle esigenze del cliente, attraverso 4 linee per la produzione ed il confezionamento di rotoli e 10 linee per la produzione ed il confezionamento di piegati.

L'attività di tirocinio è stata svolta presso gli stabilimenti di Salanetti e di Fosso Ralletta ed ha portato alla creazione di uno strumento di valutazione del rischio basato sulle attività dei lavoratori e integrato con la nuova versione del DVR redatto dall’azienda. Si è partiti dall'analisi della situazione iniziale esaminando la documentazione esistente ed effettuando sopralluoghi direttamente sulle linee produttive, passando poi allo studio delle normative attualmente vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, al fine di individuare il gap esistente tra la situazione as is e la situazione to be. Si è quindi provveduto alla creazione di un nuovo metodo strutturato che rispondesse nel miglior modo possibile alle esigenze dell'azienda in materia di salute e sicurezza sul lavoro. A tale scopo sono state create delle Job Safety Analysis contenenti una valutazione del rischio per ogni singola attività svolta dai lavoratori nei siti produttivi della cartiera e del converting. Attraverso tali procedure di lavoro è stato possibile analizzare in modo sequenziale tutte le operazioni specifiche svolte dagli operatori, studiarne i pericoli e valutarne il rischio connesso. Dopodichè sono stati definiti i

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5 metodi di lavoro ritenuti più appropriati per eliminare il rischio e, dove ciò non sia stato possibile, per ridurlo al minimo e comunque ad un livello almeno tollerabile dall’azienda.

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6

PARTE 1 – L'AZIENDA WEPA

1.

IL GRUPPO WEPA

Figura 1: Logo gruppo WEPA.

Il gruppo WEPA è attualmente uno dei quattro principali produttori di carta tissue in Europa e detiene il 25% della quota di mercato in Germania e l’8% in Europa.

Il tissue si differenzia dalle altre tipologie di carta per la bassa grammatura, la morbidezza e l’elevata assorbenza. Dalla lavorazione della carta tissue è possibile ottenere prodotti:

• idroresistenti: ad esempio fazzoletti, tovaglioli, veline facciali, asciugatutto e rotoloni industriali. Questi prodotti sono caratterizzati da una relativa resistenza alla decomposizione in acqua e perciò consentono l’utilizzo del prodotto stesso (ad es. il rotolo asciugatutto che può essere utilizzato per la pulizia di superfici bagnate). La caratteristica di idroresistenza viene fornita tramite l’aggiunta, nel processo di produzione, di una resina idonea al contatto con gli alimenti.

• non idroresistenti: ne è un esempio la carta igienica che deve risultare facilmente disperdibile in acqua in modo da evitare fenomeni di intasamento delle fosse settiche. Le basi per il successo del gruppo WEPA Hygieneprodukte GmbH furono gettate nel 1948, quando Paul Krengel fondò una società commerciale nella regione del Sauerland, ad Arnsberg con il nome di “Westfälische Papierfabrik”, specializzata nella grande distribuzione di carta per armadi, da imballaggio e da regalo. Successivamente, nel 1953, l'azienda venne trasformata in società di produzione per la lavorazione di carta ad uso igienico e nel 1958 venne costruito il primo macchinario per la produzione di carta crespata; WEPA cominciò così a creare i propri prodotti cartari. In seguito, grazie alla costante espansione e ad investimenti per milioni di euro che hanno portato all’acquisizione e alla costruzione di

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7 stabilimenti in varie nazioni europee, il gruppo WEPA è diventato uno dei quattro principali produttori di carta tissue in Europa.

Attualmente il gruppo WEPA è la più grande azienda tedesca di medie dimensioni, a conduzione familiare, nel settore della carta tissue e la stretta connessione tra valori e profitto, insieme all’innovazione, unità e spirito di squadra orientati alla produzione di prodotti di alta qualità, hanno reso WEPA uno dei quattro maggiori fornitori di carta tissue in Europa.

La casa madre ha ancora sede ad Arnsberg ed è strutturata secondo la forma giuridica GmbH, paragonabile alla società a responsabilità limitata italiana ed è gestita da tre fratelli Krengel, insieme al management.

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8 Nella tabella seguente è riportata, in sintesi, la scheda informativa del gruppo WEPA.

RAGIONE SOCIALE WEPA GmbH

INDIRIZZO

WEPA Hygieneprodukte GmbH Plant Müschede Rönkhauser Straße 26 59757

Arnsberg

SITO WEB http://www.WEPA.de/startseite.html

DIPENDENTI 2700 c.a

PRODOTTI

Carta igienica, asciugatutto da cucina, fazzoletti, tovaglioli, rotoli di carta

industriali.

FATTURATO 900 milioni €

MERCATO DI RIFERIMENTO Carta Tissue

QUOTA DI MERCATO 25% in Germania

8% in Europa

SITI PRODUTTIVI

5 stabilimenti in Germania 2 stabilimenti in Italia

1 stabilimento in Francia, Polonia e Spagna.

MACCHINARI

16 Macchine continue

Più di 70 macchine di converting per linee rotoli e piegati

CERTIFICAZIONI ISO 9001, ISO 14001, ISO 50001

PEFC e FSC

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9 Il gruppo WEPA dispone attualmente in Europa di 10 stabilimenti produttivi: 5 In Germania, 2 in Italia, 1 in Francia, Polonia e Spagna per un totale di 16 macchine continue e più di 70 macchine di converting per linee rotoli e piegati. Con questa organizzazione WEPA si pone come obiettivi principali, per il presente e per il futuro prossimo:

• proseguire il processo di concentrazione del Trade in Europa;

• continuare la crescita delle Private Labels;

• estendere la propria presenza nei mercati dell'Est Europa, che garantiscono una prospettiva di crescita maggiore.

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10

1.1.

WEPA LUCCA S.R.L.

In Italia WEPA è presente sotto il nome di WEPA Lucca S.r.l. ed ha sede legale ad Appiano sulla strada del vino (BZ), sede amministrativa a Salanetti (LU) e due complessi produttivi a Salanetti-Porcari (LU) e Cassino (FR).

WEPA Lucca è da molti anni un fornitore affidabile per le principali Catene Distributive italiane ed europee; i prodotti Private Label sono realizzati in collaborazione con il Cliente e sono frutto di avanzate ricerche tecnologiche.

Figura 4: Principali clienti WEPA.

L’attività degli stabilimenti di WEPA Lucca S.r.l. consiste nella produzione di carta tissue e nella sua trasformazione in vari prodotti per uso igienico-sanitario pronti alla vendita (carta igienica, fazzoletti, tovaglioli, asciugatutto da cucina, rotoloni industriali), utilizzando come materia prima principalmente fibra vergine (cellulosa) e in alcuni casi scarti provenienti dal converting.

WEPA Lucca S.r.l. produce queste tipologie di prodotti, in parte minore con i propri marchi (PERLA e SCALA), in larga parte per Private Label ed è attualmente presente in vari mercati europei ed extraeuropei: Albania, Algeria, Armenia, Australia, Austria, Bulgaria, Camerun,

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11 Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Ungheria, Israele, Malta, Marocco, Moldavia, Polonia, Romania, Russia, San Marino, Serbia, Slovenia e Spagna.

In Particolare la sede di Lucca è caratterizzata da una cartiera collocata a Fosso Ralletta, nel territorio del comune di Porcari ed una cartotecnica, situata a Salanetti nel Comune di Capannori per un totale di 341 dipendenti.

L'organizzazione aziendale per quanto riguarda WEPA Lucca S.r.l. è riassumibile con il seguente organigramma:

MANAGING DIRECTOR

C.F.O. SALES & MARKETING SUPPLY CHAIN HUMAN RESOURCES PURCHASING & B2B LUCCA PLANT MANAGEMENT CASSINO PLANT MANAGEMENT CONTINUOUS IMPROVEMENT PROCESS PROJECT & INVESTIMENTS HSE RSPP QUALITY SALANETTI PLANT MANAGER FOSSO RALLETTA PLANT MANAGER QUALITY ASSURANCE RAW MATERIALS WAREHOUSE MANAGER PRODUCTION MANAGER MAINTENANCE MANAGER MAINTENANCE MANAGER LOGISTIC & SUPPLY CHAIN PRODUCTION MANAGER

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12

1.1.1. STABILIMENTO DI FOSSO RALLETTA

Figura 6: Stabilimento di Fosso Ralletta.

Il sito produttivo di Fosso Ralletta si trova nel comune di Porcari ed è una cartiera composta da due macchine continue in grado di produrre bobine di carta tissue che possono essere direttamente commercializzate oppure trasferite al sito di converting, dove vengono trasformate in prodotti finiti, in base alle esigenze del cliente.

Le aree produttive sono due, PM1 installata nel 1992 e PM2 avviata nel 1997, entrambe occupano una superficie di 4100 mq e sono caratterizzate da:

• zona pulper, adibita alla preparazione dell’impasto, comprendente tine e raffinazione;

• zona macchina continua; le postazioni di lavoro ordinarie sono costituite da una cabina di controllo insonorizzata e climatizzata (una per macchina) e da un’area di caricamento delle bobine sulla ribobinatrice;

• zona cappe;

• zona ribobinatrice; in contiguità a entrambe le macchine continue sono installate le ribobinatrici con annessi piani mobili per la movimentazione delle bobine, le fasciatrici ed i discensori. Le zone ordinarie di lavoro sono costituite da: un’area di controllo della ribobinatrice, dotata di schermi d’insonorizzazione; dall’area contenente pesa, fasciatore e discensore delle bobine.

Inoltre a supporto delle macchine PM1 e PM2 vi sono le seguenti aree:

• zona depuratore, collocata all’esterno dei locali macchine (2 flottatori con annessi impianti di filtrazione);

• zona sotto-macchina, dove vengono effettuate operazioni di manutenzione giornaliera e pulizia dei filtri. In tale area sono dislocati i componenti tecnologici di ciascuna macchina.

(14)

13 Figura 7: Layout cartiera di Fosso Ralletta.

Lo stabilimento di Fosso Ralletta è anche dotato di aree accessorie all’attività produttiva, quali:

• impianto di ricevimento e distribuzione del gas naturale: è costituito da una serie di apparecchiature per misurare la quantità di gas in ingresso, ridurre la pressione e mantenerla nella rete di distribuzione interna;

• impianto di ricevimento e distribuzione dell’energia elettrica: è costituito da una cabina di ricevimento, misura, trasformazione (rifasamento) dell’energia elettrica e da vari quadri di distribuzione;

• impianto di cogenerazione termoelettrica per la produzione di energia elettrica e di vapore e caldaia a olio diatermico di supporto;

• impianto di addolcimento delle acque di caldaia (prima dell’ingresso in centrale termica l’acqua subisce alcuni trattamenti di depurazione e condizionamento: deferrizzazione con permanganato di potassio, filtrazione su carboni attivi, addolcimento con cloruro di sodio, aggiunta di un antincrostante, depurazione per mezzo di osmosi inversa, aggiunta di un battericida);

• generatore elettrogeno di emergenza;

• bruciatori per la produzione di aria calda (utilizzata nelle cappe di essiccamento delle macchine continue): il combustibile è il metano e si utilizza il calore di combustione per riscaldare l’aria fino a 520°;

• pompe a vuoto;

• impianti di produzione e distribuzione dell’aria compressa (cabine contenenti compressori con relative attrezzature di raffreddamento e di deumidificazione

(15)

14 dell'aria);

• impianti di condizionamento dei locali tecnici;

• officine (meccanica ed elettrica);

• trasporti interni.

Esistono poi anche dei servizi civili, un impianto per il condizionamento ed uno per il riscaldamento degli uffici.

Per quanto riguarda l'organizzazione del personale, i dipendenti della cartiera di Fosso Ralletta sono 70, di cui 69 sesso maschile ed 1 di sesso femminile e sono suddivisi nel modo seguente:

• 4 hanno mansioni impiegatizie;

• 11 con mansioni a giornata (manutenzione elettrica, meccanica e magazzino);

• 51 con mansioni operative in produzione, su tre turni di lavoro.

L’attività lavorativa è a ciclo continuo su tre turni di lavoro con orario 06:00/14:00, 14:00/22:00, 22:00/06:00 per 7 giorni settimanali corrispondenti indicativamente a 350 giorni annui.

1.1.2. STABILIMENTO DI SALANETTI

Figura 8: Stabilimento di Salanetti.

Il sito produttivo di Salanetti si trova nel comune di Capannori ed è una cartotecnica che si estende su una superficie pari a circa 91.871 mq, di cui:

• 43.813 mq coperti adibiti al converting, magazzini materie prime, prodotto finito, sede amministrativa di WEPA Lucca S.r.l. ed uffici;

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15

• 48.058 mq adibiti a parcheggi, transito, carico e scarico merci e di cui un’area di 8000 mq dotata di pavimentazione industriale per la manipolazione di prodotti chimici. Si riporta di seguito una breve ma dettagliata descrizione di ciascuna area costituente il sito produttivo di Salanetti:

• Area converting. E’ caratterizzata da 4 linee rotoli per produzione di carta ad uso igienico, asciugatutto e rotoli industriali e da 10 linee piegati per la produzione di fazzoletti, tovaglioli e veline facciali;

• Area locali tecnici e servizi ausiliari. L’area locali tecnici è composta da: cabina per la decompressione del metano, centrale termica, sala compressori, cabine elettriche, zona filtri, gruppo elettrogeno, punto di consegna enel, cabina idrica, locale pompe a vuoto, sala carica batterie dei muletti. Mentre le aree riguardanti i servizi ausiliari comprendono: sala lavaggio, sala colle, sala presse, officina meccanica ed elettrica, magazzino ricambi meccanici, elettrici, stampe e magazzino oli.

• Aree esterne. Adibite a: transito dei mezzi di trasporto per lo scarico delle materie prime e carico dei prodotti finiti, stoccaggio dei materiali ausiliari e dei rifiuti derivati dalla produzione (es. cartone, legno e polietilene).

• Parcheggi. Questa area è adibita al parcheggio auto per dipendenti e visitatori.

• Uffici amministrativi e tecnici. Lo stabilimento dispone di uffici direzionali, amministrativi e tecnici annessi al fabbricato.

• Magazzini materie prime. Adibiti allo stoccaggio delle materie prime in attesa che vengano trasformate sulle linee del converting in prodotto finito.

Per quanto riguarda l'organizzazione del personale i dipendenti della cartotecnica sono 271, di cui 237 sesso maschile, 34 di sesso femminile e sono suddivisi nel modo seguente:

• 70 hanno mansioni impiegatizie;

• 35 con mansioni a giornata (manutenzione elettrica, meccanica e magazzino);

• 166 con mansioni operative in produzione su tre turni di lavoro.

L’attività lavorativa per quanto riguarda le mansioni operative è su tre turni di lavoro con orario 06:00/14:00, 14:00/22:00, 22:00/06:00 seguendo il turno 5/2 o il 4/2 a seconda delle disposizioni aziendali.

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16

2.

IL PROCESSO PRODUTTIVO

2.1.

PRODUZIONE DI CARTA TISSUE

La cartiera di Fosso Ralletta produce bobine di pura cellulosa e bobine contenenti una percentuale di carta riciclata (macero) proveniente dal converting, destinate alla vendita e/o alla trasformazione interna all’azienda in: carta igienica, asciugatutto, tovaglioli, fazzoletti, rotoli industriali e veline facciali.

Le due linee produttive dello stabilimento sono caratterizzate dalle seguenti tecnologie: 1) Doppia Tela (PM1):

La formazione del foglio avviene tra due tele.

(18)

17 2) Crescent Former (PM2):

La formazione del foglio avviene tra tela e feltro.

Figura 10: Schema macchina continua con tecnologia Crescent Former.

Per entrambe le macchine la lavorazione prevede che l’impasto uscente dalla cassa d’afflusso venga pressato contro una tela, mentre l’acqua in eccesso viene rilasciata con forza per effetto della forza centrifuga.

Il ciclo produttivo in cartiera inizia dal caricamento delle balle di cellulosa sul nastro trasportatore del pulper e termina con la pesatura, l’etichettatura e l’immagazzinamento delle bobine. Tale ciclo può essere schematizzato nel modo seguente:

Figura 11: Schema ciclo produttivo della cartiera.

Per entrambe le macchine continue presenti nella cartiera di Fosso Ralletta è possibile individuare le seguenti fasi principali che caratterizzano il ciclo produttivo:

• stoccaggio delle materie prime;

• preparazione dell’impasto;

• formazione del foglio;

• asciugatura ed avvolgitura in macchina; Cellulosa Preparazione impasto Macchina continua Ribobinatrice Magazzino Prodotto Finito Passaggio monovelo

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18

• eventuale passaggio in ribobinatrice per l'accoppiamento dei veli ed il successivo taglio in modo da ottenere il formato richiesto;

• allestimento finale nell'area bilancia;

• stoccaggio nel magazzino prodotto finito.

2.1.1. STOCCAGGIO E IMMAGAZZINAGGIO MATERIE PRIME

La cellulosa viene consegnata tramite automezzi in balle (di fogli) di circa 200 kg ciascuna, a loro volta accorpate in multipli detti “legacci”. Questi vengono immagazzinati in gruppi omogenei per qualità, fornitore e tempo di consegna, definiti “stive”.

Lo stoccaggio viene fatto nel “magazzino cellulosa”, coperto ed al riparo da agenti atmosferici, che è posto nelle immediate vicinanze del reparto di preparazione impasti, dove è collocato lo spappolatore (o pulper). La movimentazione della cellulosa avviene per mezzo di carrelli elevatori elettrici.

Le materie prime ausiliarie vengono immagazzinate con varie modalità. In particolare all’interno dello stabilimento sono state individuate delle aree principali per lo stoccaggio di questi prodotti e sono classificabili in:

• stoccaggio prodotti chimici generici, policloruro, oli, gasolio;

• stoccaggio prodotti chimici con necessità di protezione da luce solare e basse temperature;

• stoccaggio colori;

• stoccaggio prodotti chimici con necessità di luoghi asciutti;

• stoccaggio delle cisterne a piano terra, su vasche di contenimento, per evitare la fuoriuscita accidentale del prodotto in caso di perdita.

I vari prodotti vengono movimentati con carrelli elevatori e, se necessario, mediante i discensori, per essere portati dalla zona di stoccaggio a quella di produzione/utilizzo. I prodotti chimici vengono dosati prevalentemente da pompe automatiche e le sostanze vengono inviate in produzione direttamente dalla zona di stoccaggio, nella quale vengono poste dal personale appositamente addetto.

(20)

19

2.1.2. PREPARAZIONE IMPASTO

La preparazione dell’impasto avviene grazie ad una serie di macchinari in grado di trattare la fibra di cellulosa per renderla idonea alla fabbricazione della carta, in base alle caratteristiche volute.

Nel caso in cui si produca carta tissue ottenuta da cellulosa di fibra vergine, la preparazione dell’impasto può essere semplificata nel diagramma seguente:

Figura 12: Schema preparazione impasto.

Dal magazzino vengono prelevate, tramite carrelli elevatori, le balle dei diversi tipi di cellulosa necessarie, in base alla ricetta del tissue che si deve produrre. Dopodiché vengono rimossi i fili di ferro di legatura delle “stive” e le singole balle vengono trasportate, sempre per mezzo di carrelli elevatori, sul nastro di caricamento del pulper. A questo punto vengono rimossi manualmente i fili di ferro dalle singole balle e si avvia il nastro che confluisce allo spappolatore (o pulper), dove avviene la preparazione dell’impasto.

Nel pulper la cellulosa viene ridotta in un impasto omogeneo di fibre ed acqua di riciclo, proveniente dal flottatore esterno, sotto l’azione della girante e del mutuo sfregamento dovuto al moto circolare che la girante stessa imprime; gli eventuali inquinanti grossolani (fili di ferro e sassi) sono trattenuti da una piastra forata posizionata sul fondo del pulper, mentre la sospensione fibrosa ottenuta viene scaricata nelle tine di stoccaggio.

Dalle tine di stoccaggio l’impasto viene inviato prima alla fase di epurazione e successivamente alla raffinazione.

La raffinazione è un’operazione fondamentale, che nello stabilimento si realizza con macchinari a dischi rotanti d’acciaio, i quali permettono di conferire alle fibre, tramite il mutuo sfregamento imposto, le caratteristiche necessarie per una buona formazione del foglio. L’impasto raffinato viene indirizzato, attraverso il cassetto a livello costante (una vasca posta prima della fan pump), alla fan pump, una pompa ad alta portata e di idonea prevalenza, il cui compito è, sia quello di miscelare la sospensione fibrosa con l’acqua di diluizione per raggiungere la consistenza (concentrazione) richiesta, sia quello di alimentare l’impasto nella cassa d’afflusso.

Prima di giungere nella macchina l’impasto diluito viene spinto attraverso i selettori, (macchine ad azione centrifuga con un cestello rotante), che costituiscono l'ultimo sistema di pulizia dell’impasto e di protezione della tela di formazione.

Magazzino cellulosa Pulper Rimozione contaminanti Raffina zione Fan pump Screening Macchina continua

(21)

20

2.1.3. ASCIUGATURA ED AVVOLGITURA IN MACCHINA CONTINUA

La macchina continua può essere rappresentata con la sequenza di operazioni riportata di seguito:

Figura 13: Schema macchina continua.

Nei paragrafi successivi si riporta una breve descrizione delle varie fasi che compongono la formazione, l'asciugatura e l'avvolgitura del foglio all'interno della macchina continua.

1) CASSA D’AFFLUSSO

La cassa d’afflusso è l’apparecchiatura che convoglia l’impasto nella zona di formazione (fra due tele o fra tela e feltro) ed è perciò il primo componente della macchina continua.

Dalle fan pump l’impasto giunge attraverso un distributore ed una serie di tubazioni al corpo della cassa: la camera di equalizzazione, da questo punto la pasta viene convogliata, attraverso una serie di lastre, fino alla deposizione sulla tela.

2) FORMAZIONE DEL FOGLIO

La zona di formazione del foglio ha subìto nel tempo profonde variazioni finalizzate ad incrementare la produttività e a migliorare la qualità dei prodotti: le macchine per tissue, hanno raggiunto nel corso di pochi anni velocità molto elevate (fino a 2200 m/min.), grazie soprattutto ai miglioramenti apportati nella zona umida (l’area della macchina continua che va dalla cassa d'afflusso alle presse).

Le macchine continue per carta tissue di cui dispone l'azienda sono del tipo:

• Doppia tela, consente il drenaggio dell'acqua da entrambi i lati del foglio;

• Crescent former, la cassa d’afflusso alimenta l’impasto fra una tela ed un feltro che, immediatamente a valle del punto di ricezione del getto, si congiungono favorendo la separazione dell’acqua dalla fibra. L’area di drenaggio è a ridosso del formatore e normalmente, riferendosi all’intera superficie del formatore, interessa un angolo di 90-100°. Quest’ultima tecnologia migliora fortemente il drenaggio dell’acqua (per l’effetto del feltro), la ritenzione della fibra e degli elementi fibrosi secondari detti “fini” e la qualità del foglio, in particolare per quanto riguarda la morbidezza. Sia la tela che il feltro vengono costruiti con materiali sintetici, ma con caratteristiche e Cassa

d’afflusso Formazione Pressatura Essiccamento Crespatura

Avvolgi mento

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21 modalità di fabbricazione completamente differenti l’una dall’altro, in particolare per quanto riguarda la permeabilità.

3) PRESSE

Il foglio viene trasferito sul monolucido, il grande cilindro della macchina continua, tramite delle presse; queste sono due per entrambe le macchine e si distinguono in:

• pressa aspirante (con settore aspirante e mantello in gomma con fori passanti per il passaggio dell’acqua), che aspira l’acqua in eccesso e fa in modo che il tissue lasci il feltro e si depositi sul monolucido;

• pressa a fori ciechi (con cavità non passanti scolpite sul mantello), asporta ulteriormente acqua al tissue, che ormai si è trasferito sul monolucido, e la rilascia sul feltro.

4) ESSICAMENTO (MONOLUCIDO E CAPPE)

Il monolucido è un cilindro di grande diametro su cui la pressa aspirante trasferisce il foglio. La superficie del cilindro è riscaldata dal vapore in pressione che è contenuto al suo interno ed il calore viene trasmesso alla carta per conduzione. Le cappe integrano (per convezione) l’azione del monolucido soffiando aria calda e asciutta sul foglio di carta, aspirando l’aria resa umida dall’acqua evaporata dal foglio. Le cappe sono posizionate nella parte superiore del cilindro monolucido e avvolgono quest’ultimo per circa 180°.

5) CRESPATURA

La crespatura è tipica della produzione del tissue e si realizza con l’azione di una lama in acciaio che, posta a contatto col monolucido, stacca il foglio ormai asciutto da quest’ultimo. Sulla carta restano impresse una serie di “piccole onde”, che la rendono più soffice e voluminosa.

6) AVVOLGIMENTO (POPE)

L’avvolgimento rappresenta l’ultima operazione realizzata sulla macchina continua. Il foglio, distaccato dal monolucido, viene arrotolato su rulli (o pali) che costituiscono l’anima della bobina monovelo dalla lunghezzadesiderata. La velocità di avvolgimento del pope è minore della velocità del monolucido (per evitare di perdere l’effetto della crespatura) ed è determinata in base alla percentuale di allungamento desiderata per la carta.

(23)

22

2.1.4. ALLESTIMENTO FINALE

Le macchine utilizzate in questa fase sono la ribobinatrice e il fasciatore. Le bobine formate dal pope vengono trasferite tramite carroponte direttamente al fasciatore, oppure alla ribobinatrice, dove il foglio viene riavvolto per ottenere bobine di vario diametro, altezza e numero di veli, variabili a seconda delle specifiche del prodotto finito. In particolare nella ribobinatrice avviene lo svolgimento della bobina, la rifilatura dei bordi del foglio, il taglio longitudinale (se necessario), l’eventuale avvolgimento in veli e l’imballaggio. La ribobinatrice è costituita essenzialmente da: nastri svolgitori, coltelli per la rifilatura e per il taglio longitudinale, avvolgitore.

Le bobine ultimate vengono confezionate con film estensibile, per mezzo del fasciatore. Il prodotto finito viene calato nell'area sottomacchina attraverso il discensore e stoccato nel magazzino interno, attraverso carrelli elevatori elettrici, per essere poi spedito al cliente o al converting tramite automezzi.

2.1.5. ANOMALIE DEL CICLO LAVORATIVO

Le principali situazioni anomale identificate per le due macchine continue riguardano:

• le due fermate programmate per l’esecuzione della manutenzione estiva e invernale, durante le quali vengono effettuati sia interventi preventivi, consistenti in sostituzione di alcuni pezzi, sia una generale attività di lavaggio degli impianti;

• la sostituzione dei feltri e delle tele, che avviene con una periodicità non stabilita, ma a seconda dello stato di usura o in seguito alla rottura degli stessi;

(24)

Figura 14: Schema di flusso della preparazione impasto.

M a ga z z in o c e llu lo s a

C lea ner R a ffina to re

F eltr o T ela V a s ca s otto m ac c h ina 0.2 5 % V a po re es s ic c am e nto C ap p e a ria c a lda A r ro to lato re P u lpe r s otto m ac c h in a R ibo bina tric e

M a ga z z in o pr o do tto fin ito

D e p u ra to re c him ic o -fis ic o F iltri a s ab b ia L a v ag g i v ar i V a s ca ac qu a lav a gg io te la / fe ltri S e rb atoio a n tin c e ndio

A d d olc ito re

pe r c a ld aia C ald a ia v ap or e

R a ffre dd am e nti o lio , rid u ttri, e c c . P o z zo

La v ag g io S p u rg o P u lper

V a s ca ac qu a c hia rific ata V a s ca ac qu a fre s ca T in a d i s to c c a g g io 4 .5 % T in a d i s to c c a g g io 4 .5 % F og n atu re

(25)

24

2.2.

CONVERTING

Lo stabilimento di Salanetti è una cartotecnica che svolge l’attività di trasformazione (converting) delle bobine di tissue in prodotti quali: carta igienica, asciugatutto, rotoli industriali, tovaglioli, fazzoletti e veline.

Le bobine prodotte dalle macchine continue dello stabilimento di Fosso Ralletta e di Cassino vengono inviate al magazzino bobine (jumbo rolls), attraverso automezzi. All’interno del magazzino le bobine vengono trasferite mediante carrelli elettrici alle linee di trasformazione del converting, dove si provvede al taglio a misura della carta, al confezionamento e all’imballaggio del prodotto finito.

All’interno del fabbricato sono installate due tipologie di linee:

• 4 linee per la produzione e il confezionamento di rotoli (carta igienica, asciugatutto da cucina, e rotoli industriali);

• 10 linee per la produzione e il confezionamento di piegati (tovaglioli, fazzoletti e veline).

Nonostante l’enorme differenza esistente tra le tipologie di linee appena descritte, è possibile individuare uno schema generale del ciclo produttivo valido per entrambe e riportato di seguito:

1. Ricevimento merci con identificazione della varie codifiche.

2. Immagazzinamento dei prodotti ausiliari nei vari magazzini per le materie prime. 3. Organizzazione delle varie produzioni tra il planning e la produzione.

4. Approvvigionamento delle materie prime in vicinanza delle linee. 5. Trasformazione del prodotto.

(26)

25

2.2.1. LINEE ROTOLI

Le 4 linee per la produzione ed il confezionamento di rotoli presenti nello stabilimento di Salanetti sono suddivise nel modo seguente:

• 1 linea dedicata alla produzione di rotoli industriali (N10);

• 1 linea destinata alla produzione di rotoli asciugatutto (N7);

• 2 linee per produzione di carta igienica (N6 e N3).

Nella figura seguente sono rappresentate le 4 linee rotoli con indicate in rosso le Ribobinatrici, i troncatori e le tubiere; in verde, rosa e celeste le linee confezionatrici, ed infine in blu le aree di pallettizazione.

Figura 15: Planimetria linee rotoli.

Per quanto riguarda la struttura fisica delle linee in questione, ciascuna è composta da:

• Ribobinatrice, comprende due svolgitori, due gruppi goffratori o, un gruppo stampa e un goffratore, una ribobinatrice, un incollatore, un accumulo log ed uno scarico log.

(27)

26

• Tubiera, dedicata alla formazione delle anime dei log, a partire da strisce di cartoncino.

• Troncatore, uno o due troncatori per il taglio dei log in rotoli.

• Confezionatrice ed insaccatrice, comprendenti una manigliatrice e due linee di confezionamento ed insaccamento (per facilitare i vari cambi formato per le varie tipologie dei prodotti).

• Area di pallettizazione.

Durante la produzione dei rotoli vengono utilizzati i seguenti materiali:

• bobine di carta tissue bianche e colorate;

• bobine di cartoncino per la formazione dell’anima;

• colle;

• colori;

• essenze di profumi e lozioni;

• bobine di polietilene per confezioni e buste;

• bobine di polietilene per imballi;

• bobine di film estensibile per la fasciatura dei pallet;

• etichette per la codifica.

Ripercorrendo brevemente il ciclo produttivo del converting per quanto riguarda le linee rotoli, la bobina viene svolta, goffrata ed incollata a 2-3-4 veli o godronata e a seconda dei prodotti richiesti viene inserito un decoro colorato, sia per la carta igienica che per i prodotti asciugatutto.

Ad esempio, per quanto riguarda i prodotti asciugatutto, è possibile fare dei decori a due colori o in quadricomia; mentre per la carta igienica questi possono essere fatti ad un colore o a due colori o in goffra-incolla decorato con l’inserimento di colori, di profumi e lozioni direttamente nella colla.

Successivamente la carta viene ribobinata in un log ed una volta che questo è stato formato, viene incollato per l’apertura del lembo, trasferito al polmone di accumulo log ed inviato al troncatore, dove viene tagliato in base all’altezza del rotolo, sulla base delle specifiche del prodotto richiesto.

A questo punto i rotoli, vengono trasferiti tramite rulliere alla confezionatrice, dove vengono inseriti nelle varie confezioni, che possono essere da 2-4-6-8 o 10 rotoli, ecc.. in base al formato richiesto. Se previsto le confezioni vengono inviate alla manigliatrice, dove vi viene posta la maniglia. Infine le confezioni vengono trasportate, sempre attraverso rulliere, all’insaccatrice e quindi pallettizzate.

(28)

27 Durante la fase di confezionamento tutti i prodotti vengono codificati, mediante etichette o timbrature, sia sulla confezione, che sul pallet finale e a seconda delle richieste del cliente viene codificata anche l’anima ed inserito anche un eventuale codice sul collo.

Il processo di trasformazione sulle linee rotoli varia in base tipologia del prodotto, ma generalmente le attività che vengono svolte possono essere sintetizzabili in:

• svolgitura delle bobine composte da uno o più veli;

• eventuale stampa;

• eventuale goffratura;

• incollaggio dei veli (2, 3, 4 veli a seconda del prodotto);

• ribobinatura in log (cioè riarrotolatura della carta lavorata);

• taglio dei log in singoli rotoli;

• confezionamento;

• insaccamento;

(29)

28

2.2.2. LINEE PIEGATI

Le 10 linee per la produzione ed il confezionamento di piegati, presenti nello stabilimento di Salanetti, sono suddivise nel modo seguente:

• 6 linee per la produzione di tovaglioli (Bretting 1, 2, 4, HT, PCMC e OMET1);

• 3 linee dedicate alla produzione di fazzoletti (Winkler 1, 2 e 4);

• 1 linea destinata alla produzione di veline facciali (MTC).

Figura 16: Planimetria linee piegati.

Le linee dei piegati possono essere composte dai seguenti macchinari:

• svolgitore/i;

• piegatrice, comprendente gruppo calandra e goffratore, gruppo di taglio, di piega e separatore;

• gruppo di confezionamento;

• eventuale steccatrice;

(30)

29 Durante la produzione dei piegati vengono utilizzati i seguenti materiali:

• bobine di carta tissue idonee alla produzione di fazzoletti, veline facciali, tovaglioli bianchi e colorati;

• essenze di profumi e lozioni;

• bobine di polietilene per confezioni singole e stecche;

• astucci in cartoncino e scatole di cartone.

Per quanto riguarda il ciclo produttivo, nonostante le differenze esistenti tra le tipologie di prodotti dei piegati, è possibile darne una descrizione unica, come riportato di seguito.

Durante la produzione la bobina viene svolta, calandrata, tagliata a metà o in quattro parti, per poi essere goffrata e godronata. Dopo questa fase la carta viene nuovamente tagliata e piegata in base alle dimensioni del prodotto che si vuole realizzare (ad esempio i fazzoletti e i tovaglioli vengono separati, contati, inseriti nell’apposita confezione ed in seguito vengono formate le "stecche" per i fazzoletti, le confezioni singole in astucci per le veline e le confezioni in polietilene singole o doppie per i tovaglioli). Successivamente le confezioni vengono trasferite tramite rulliere alle inscatolatrici. Una volta che le confezioni sono state inserite nelle scatole, su queste viene applicata un’etichetta per la codifica del prodotto ed in seguito vengono convogliate, tramite trasporto a rulli, all’area dei robot dove avviene la pallettizzazione. Come già detto in precedenza il processo di trasformazione varia a seconda della tipologia del prodotto, ma è possibile riassumerlo per tutte le linee produttive, come riportato di seguito:

• svolgitura della bobina, composta da uno o più veli;

• eventuale profumazione o balsamo (nel caso dei fazzoletti o delle veline);

• stampa attraverso la goffratura;

• taglio e piega delle singole unità (fazzoletti, tovaglioli, veline facciali);

• formazione della confezione contenente più unità (numero variabile a seconda dei formati);

(31)

30

2.2.3. AREA FASCIATORI E IMMAGAZZINAGGIO PRODOTTO FINITO

I prodotti pallettizzati, sia per le linee rotoli che per i piegati, vengono trasportati tramite navette Laser Guided Vehicle (LGV) all’area di fasciatura per essere fasciati, codificati e poi trasportati tramite navette “caronte” e carrelli elettrici, all’area di immagazzinamento per il carico in magazzino dei prodotti finiti, o per la spedizione ed il trasporto a depositi esterni, per la distribuzione finale sul mercato. Durante il confezionamento e la fasciatura tutti i prodotti vengono codificati sulla confezione e sul pallet finale, queste codifiche aiutano a rintracciare il prodotto nel caso di imperfezioni durante la produzione, e nel caso il cliente verifichi delle anomalie sul prodotto e per una miglior organizzazione nella gestione dei magazzini.

(32)

31

3.

ANALISI E VALUTAZIONE DEI RISCHI

3.1.

INTRODUZIONE ALLA VALUTAZIONE DEI RISCHI

L’espressione valutazione dei rischi viene utilizzata per indicare sinteticamente un processo che in realtà comprende più fasi. Con riferimento anche alla terminologia inglese, la valutazione dei rischi (risk assessment) comprende almeno le seguenti fasi distinte:

1) identificazione dei pericoli (hazard identification);

2) individuazione dei possibili eventi incidentali associati ai suddetti pericoli: si tratta di incidenti semplici, o di scenari incidentali complessi costituiti da più eventi in sequenza (per scenario incidentale o sequenza incidentale si intende un evento o una sequenza di eventi non pianificati che danno luogo a conseguenze indesiderate); 3) quantificazione o stima del rischio (risk estimation), che a sua volta comporta la stima

della probabilità di accadimento degli scenari incidentali individuati, la stima della gravità delle conseguenze associate a detti scenari ed infine la quantificazione del rischio come combinazione della probabilità e della gravità delle conseguenze;

4) valutazione del rischio in senso stretto (risk evaluation), cioè confronto con i criteri di accettabilità definiti.

Le fasi da 1) a 3) nel loro complesso costituiscono la fase di analisi del rischio (risk analysis). Il processo complessivo comprendente l’analisi del rischio e la valutazione del rischio in senso stretto (cioè la risk analysis e la risk evaluation) è la valutazione dei rischi in senso lato (risk assessment), eventualmente seguito dalla riduzione dei rischi (risk reduction).

La valutazione dei rischi relativamente ad un processo, ad un’attività o ad una macchina (o in generale ad un sistema) può essere definita come una procedura mediante la quale la conoscenza e l’esperienza su progettazione, uso, incidenti, infortuni e danni (relativi al sistema considerato) sono associati, al fine di valutare i rischi durante tutte le fasi di vita del sistema.

Il giudizio sul conseguimento degli obiettivi di riduzione dei rischi può essere effettuato sulla base di una stima del rischio qualitativa o, quando possibile, quantitativa. I metodi quantitativi sono particolarmente appropriati quando la gravità e l'entità prevedibili del danno sono elevate. Essi sono utili per valutare misure di sicurezza alternative e per determinare quale tra queste fornisce la migliore protezione. La loro applicazione tuttavia è limitata dal numero di dati utili dei quali si dispone e/o dalle risorse limitate a disposizione di chi effettua la

(33)

32 valutazione. In numerose applicazioni pertanto sarà possibile effettuare soltanto una valutazione dei rischi qualitativa.

3.2.

DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI

L’obiettivo della Valutazione dei Rischi, ai sensi dell’art. 17 comma 1 lettera a) del D. Lgs. n. 81/2008, come modificato dal D. Lgs. 106/09, è “predisporre tutti i provvedimenti necessari per la salvaguardia della sicurezza e salute dei lavoratori”.

Per tutelare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro è necessaria “la valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori … finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza” (D. Lgs. n. 81/2008, art. 2).

La valutazione dei rischi e la conseguente elaborazione del documento di valutazione dei rischi (DVR) costituiscono un obbligo non delegabile del datore di lavoro ed è finalizzato a:

1) individuare tutte le fonti di pericolo e valutarne la possibile incidenza sui lavoratori; 2) eliminare alla fonte i fattori di rischio o almeno ridurli;

3) dove il rischio non sia eliminabile, fornire adeguati Dispositivi di Protezione Individuale ai singoli lavoratori esposti;

4) programmare ed attuare i necessari percorsi di informazione e formazione sui rischi; ovvero fornire a tutti i soggetti coinvolti i mezzi, gli strumenti, le informazioni, la formazione e l’addestramento adeguati a tutelare l’attività lavorativa.

5) predisporre tutte le attività necessarie per ottemperare alla normativa vigente in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

La valutazione dei rischi può essere svolta per oggetti, mansioni o per attività e deve riguardare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui quelli collegati allo stress lavoro correlato e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età (lavoratori minori e lavoratori con elevata anzianità lavorativa), alla provenienza da altri paesi ed alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro.

I rischi da valutare sono quelli “presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui i lavoratori prestano la propria attività” (art. 2, comma 1, lett. q), D.Lgs. n. 81/2008).

La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, “… che vi provvede con obiettivi di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la

(34)

33 completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali di prevenzione …” (art. 28, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008).

3.3.

ANALISI DEL RISCHIO: INDIVIDUAZIONE DEI PERICOLI E

CATEGORIZZAZIONE DEI RISCHI

Per quanto riguarda le fasi di identificazione dei pericoli, individuazione degli scenari incidentali e di quantificazione del rischio, si sono affermate varie tecniche: in tabella 2 sono indicate le più diffuse, classificate in funzione del livello di approfondimento che si vuole conseguire e della fase di lavoro in cui esse possono essere applicate.

Fase iniziale Fase progettuale e gestionale Specifiche situazioni di rischio

Checklist Analysis Relative Ranking PHA (Preliminary Hazard Analysis) What-If Analysis What-If/Checklist Analysis HAZOP Analysis (Hazard and

Operability Analysis) FMEA (Failure Modes and Effects Analysis) o FMECA

(Failure Modes, Effects and Criticality Analysis)

Fault Tree Analysis Event Tree Analysis Cause-Consequence Analysis

Human Reliability Analysis

Tabella 2: Tecniche di identificazione dei pericoli e di valutazione dei rischi.

La scelta dell’una o dell'altra tecnica dipende principalmente dal fatto che vengano garantite la completezza e la correttezza dell’identificazione degli eventi incidentali, non trascurando l’aspetto di economicità, cioè tenendo conto del fatto che le risorse disponibili (risorse economiche, personale interno, tempo, ecc..) sono limitate e pertanto va effettuata una scelta delle situazioni che meritano un approfondimento d’indagine, sulle quali concentrare l’impegno e le risorse.

Ai fini dell’attività di valutazione dei rischi questi ultimi sono generalmente suddivisi in tre macrocategorie:

• RISCHI TRASVERSALI ED ORGANIZZATIVI, derivanti da criticità connesse all’organizzazione del lavoro e delle mansioni, turni di lavoro, monotonia delle

(35)

34 mansioni con azioni meccaniche ripetute e non differenziate, criticità derivanti dalle differenze di genere.

• RISCHI PER LA SICUREZZA, ovvero tutti quei fattori di rischio che possono compromettere la sicurezza dei lavoratori durante l’espletamento delle loro mansioni. Tra questi possono essere classificati il rischio d’incendio, rischio di crollo di parti di struttura, non conformità a carico di parti dell’immobile o dei singoli locali, allagamenti, terremoti, macchine che espongono a rischi di traumi, tagli o in generale di infortuni vari, esplosioni, impianti, e attrezzature di lavoro. In generale in questa classe rientrano quei rischi che possono comportare un grave danno fisico, menomazioni, infortuni e, nei casi più gravi, la morte.

• RISCHI PER LA SALUTE, in questa categoria sono raggruppati i rischi derivanti dalle esposizioni ad agenti chimici, fisici (rumore, vibrazioni, campi elettromagnetici, ecc..), o connessi ad esempio alla salubrità dei locali, condizioni igienico sanitarie, microclima ed in generale tutti quei fattori che possono compromettere la salute dei lavoratori in caso di esposizione prolungata agli agenti sopra menzionati.

Durante la fase di analisi e valutazione dei rischi vengono considerate le esposizioni dei singoli lavoratori ai rischi sopra elencati identificando in modo univoco l’origine dei potenziali pericoli ed elencando le opportune misure di prevenzione e protezione e dove necessario anche i mezzi di protezione individuali necessari.

3.4.

STIMA E VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Le tecniche per la stima e la valutazione dei rischi proposte dalla bibliografia del settore sono molteplici e si differenziano per i diversi livelli di approfondimento e di precisione, in relazione allo scopo del lavoro. Si passa infatti da tecniche di tipo quantitativo basate su una valutazione numerica, utilizzate per la valutazione dei rischi di grandi impianti industriali, a tecniche di carattere qualitativo.

Il livello di rischio (R) è definito dalla norma UNI EN ISO 12100-1 come “combinazione della probabilità (P) di accadimento di un danno e della gravità (G) di quel danno”, ovvero:

R = P x G

Dove:

R: livello di rischio.

(36)

35 G: gravità del possibile danno.

Un metodo classico per la valutazione dei rischi, partendo dalla definizione di cui sopra, definisce in termini quantitativi la probabilità di accadimento (P) e la gravità del danno (G) attraverso scale di probabilità e di gravità del danno riportate di seguito.

SCALA DELLE PROBABILITA’

VALORE LIVELLO CRITERI DI VALUTAZIONE

4

Altamente probabile

• Esiste una correlazione diretta tra la mancanza rilevata ed il verificarsi del danno ipotizzato per i lavoratori.

• Si sono già verificati danni per la stessa azienda o in aziende simili o in situazioni operative simili.

• Il verificarsi del danno conseguente la mancanza rilevata non susciterebbe alcuno stupore in azienda.

3 Probabile

• La mancanza rilevata può provocare un danno, anche se in modo automatico o diretto.

• È noto qualche episodio di cui alla mancanza ha fatto seguire il danno.

• Il verificarsi del danno ipotizzato susciterebbe una moderata sorpresa in azienda.

2 Poco

probabile

• La mancanza rilevata può provocare un danno solo in circostanze sfortunate di eventi.

• Sono noti solo rarissimi episodi già verificatisi.

• Il verificarsi del danno ipotizzato susciterebbe grande sorpresa.

1 Improbabile

• La mancanza rilevata può provocare un danno per la concomitanza di più eventi poco probabili indipendenti.

• Non sono noti episodi già verificatisi.

• Il verificarsi del danno susciterebbe incredulità.

(37)

36 SCALA DELLA GRAVITA’ DEL DANNO

VALORE LIVELLO CRITERI DI VALUTAZIONE

4 Gravissimo

• Infortunio o episodio di esposizione acuta con effetti letali o di invalidità totale.

• Esposizione cronica con effetti letali e/o totalmente invalidanti.

3 Grave

• Infortunio o episodio di esposizione acuta con effetti di invalidità parziale.

• Esposizione cronica con effetti irreversibili e/o parzialmente invalidanti.

2 Medio

• Infortunio o episodio di esposizione acuta con inabilità reversibile.

• Esposizione cronica con effetti reversibili.

1 Lieve

• Infortunio o episodio di esposizione acuta con inabilità rapidamente reversibile.

• Esposizione cronica con effetti rapidamente reversibili. Tabella 4: Scala della gravità del danno (G).

A ciascun rischio/pericolo individuato sarà assegnato un valore numerico in base alla gravità del danno ed alla probabilità di accadimento sulla base delle scale definite in precedenza. Una volta definite la gravità e la probabilità, il rischio viene automaticamente determinato mediante la formula R = P x G ed è indicato nella matrice seguente, avente in ordinata la gravità del danno atteso ed in ascissa la probabilità del suo verificarsi.

I rischi che possono provocare i danni più gravi occupano in tale matrice le caselle in basso a destra (alta probabilità, danno gravissimo), quelli minori le posizioni più vicine all’origine degli assi (improbabilità, danno lieve), con tutta la serie di posizioni intermedie facilmente individuabili.

(38)

37 P - Probabilità 1 2 3 4 G – Danno 1 1 2 3 4 2 2 4 6 8 3 3 6 9 12 4 4 8 12 16 Rischio inaccettabile Rischio tollerabile Rischio accettabile Rischio trascurabile

Tabella 5: Matrice Gravità-Probabilità.

Tale stima numerica costituisce un punto di partenza per identificare una scala di priorità degli interventi per ridurre il rischio, un esempio della quale è riportato nella figura seguente.

Livello di rischio Programmazione degli interventi R > 8 Azioni correttive indilazionabili.

4 ≤ R ≤ 8 Azioni correttive necessarie da programmare con urgenza.

2 ≤ R ≤ 3

Azioni correttive e/o migliorative da programmare

nel breve o medio termine.

R = 1

Azioni migliorative da programmare non richiedenti

un intervento immediato.

(39)

38

PARTE 2 – IL CASO WEPA

4.

METODOLOGIA DI VALUTAZIONE DEI RISCHI

ADOTTATA DALL’AZIENDA NEL DVR

Il processo di valutazione dei rischi, come ampiamente descritto nei capitoli precedenti, consiste in una serie di fasi che partono dall’esame della macchina, del reparto, delle attività, ecc.. e portano ad elencare gli interventi necessari a ridurre e, dove possibile, eliminare i rischi emersi. I criteri metodologici illustrati di seguito ed utilizzati per la valutazione del rischio nella nuova versione del DVR redatto dall'azienda derivano dell’applicazione della norma armonizzata UNI EN ISO 12100:2010.

Il flusso logico che sta alla base della valutazione dei rischi può essere schematizzato come segue:

(40)

39 In particolare si intende per:

Stima del rischio: definizione della probabile gravità del danno e della probabilità del suo accadimento attraverso la determinazione di un indice di rischio.

Valutazione del rischio: giudizio destinato a stabilire, sulla base del valore dell’indice di rischio determinato, che gli obiettivi aziendali di riduzione del rischio siano raggiunti.

4.1.

IDENTIFICAZIONE DEI PERICOLI

I pericoli (e i conseguenti rischi) che sono stati presi in considerazione nel DVR sono tutti quelli legati a luoghi di lavoro, mansioni, macchine o attività esterne.

I pericoli sono stati ricercati tramite la check-list proposta dalla normativa UNI EN ISO 12100:2010 opportunamente integrata con rischi legati agli ambienti di lavoro e alle mansioni ricavati dalle Linee guida CEE sulla valutazione dei rischi sul lavoro, e comunque tenendo conto delle famiglie di rischi definite dai titoli e dai capi del D.Lgs. 81/2008.

Di seguito si riporta l'indicazione dei pericoli individuati negli stabilimenti di WEPA Lucca:

PERICOLI

PRESENTI (SI/NO)

LUOGHI DI LAVORO SI

ATTREZZATURE DI LAVORO SI

MOVIMENTAZIONE MECCANICA DEI CARICHI SI

IMPIANTI E APPARECCHIATURE ELETTRICHE SI

MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI SI

VIDEOTERMINALI SI

RADIAZIONI OTTICHE ARTIFICIALI SI

RADIAZIONI IONIZZANTI SI

AGENTI BIOLOGICI SI

LAVORATRICI GESTANTI SI

MANUTENZIONE SI

(41)

40

PERICOLI

PRESENTI (SI/NO)

RISCHIO INCENDIO SI

MICROCLIMA SI

ATTIVITA’ SVOLTE ALL’ESTERNO SI

GENERE ETA’ PROVENIENZA SI

RUMORE SI

VIBRAZIONI SI

ATMOSFERE ESPLOSIVE SI

SOSTANZE PERICOLOSE (CHIMICHE,

CANCEROGENE E MUTAGENE) SI

ATTREZZATURE IN PRESSIONE SI

SPAZI CONFINATI SI

CAMPI ELETTROMAGNETICI SI

AMIANTO SI

STRESS LAVORO CORRELATO SI

ERGONOMIA SI

SOSTANZE STUPEFACENTI E PSICOTROPE SI

SEGNALETICA SI

LOCALI SEMINTERRATI E SOTTERRANEI

(RADON) NO

RISCHIO INCIDENTE RILEVANTE NO

(42)

41

4.2.

STIMA DEL RISCHIO

In seguito all’identificazione dei pericoli, è stata effettuata la stima del rischio associato ad ogni pericolo. Secondo la norma UNI EN ISO 12100:2010, i fattori che concorrono nella stima del livello di rischio sono i seguenti:

Figura 19: Fattori che concorrono nella stima del rischio.

La stima è stata effettuata tenendo anche conto di:

• norme di legge;

• principi generali della prevenzione;

• politica della salute e sicurezza;

• norme tecniche e linee guida;

• stato dell’arte della prevenzione.

4.2.1. DEFINIZIONE GRAVITA’

La gravità è il fattore che rappresenta l’entità delle conseguenze per le persone, che potrebbero presentarsi in caso di evento dannoso.

I livelli della gravità (G) sono stati estrapolati dal codice penale, con alcune ulteriori precisazioni.

Dal codice penale si hanno le seguenti indicazioni:

Art 583: “La lesione personale è grave e si applica la reclusione da tre a sette anni:

1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;

(43)

42 3) se la persona offesa è una donna incinta e dal fatto deriva l'acceleramento del parto. La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:

1) una malattia certamente o probabilmente insanabile; 2) la perdita di un senso;

3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;

4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso; 5) l'aborto della persona offesa.”

Art 582: “Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna

delle circostanze aggravanti previste negli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa.”

Pertanto sono stati individuati i seguenti livelli e relativi valori esponenziali per la gravità del danno:

GRAVITA’ DEL DANNO (G)

ETICHETTA VALORE DESCRIZIONE

Strage 1,00E+09 Morte di più persone. Morte 1,00E+06 Morte di una persona.

Danni

gravissimi 1,00E+05

Se si può verificare una o più delle seguenti condizioni:

• una malattia certamente o probabilmente insanabile;

• la perdita di un senso;

• la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;

• la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso.

Danni gravi 1,00E+02 Danni non gravissimi, irreversibili (anche parzialmente) e/o con prognosi superiore ai 40 giorni di assenza dal lavoro.

(44)

43

GRAVITA’ DEL DANNO (G)

Danni lievi 1,00E+00 Danni guaribili (reversibili) con prognosi inferiore ai 40 giorni di assenza dal lavoro.

Nessun danno 1,00E-06

La fonte del pericolo è inesistente o viene eliminata, pertanto non si ha possibilità di subire alcuna tipologia di

danno.

Tabella 8: Gravità del danno.

4.2.2. PROBABILITA’ DI ACCADIMENTO

Il metodo adottato considera il fattore Probabilità di accadimento dell’evento pericoloso della norma UNI EN ISO 12100-1, ovvero la probabilità che si manifesti l’evento pericoloso, pari a 1. Il fattore Esposizione della norma UNI EN ISO 12100-1, che rappresenta la possibilità che vi siano persone esposte all’evento pericoloso, è considerato in questa valutazione come prodotto di due sotto-fattori.

I sotto-fattori che concorrono alla generazione di tale parametro sono:

Fpe (Frequenza persona esposta): è la frequenza di accesso dell'operatore alla zona pericolosa.

Dp (Durata del pericolo): Durata della permanenza del pericolo = durata di lavoro al turno * frazione pericolosa in un ciclo di lavoro.

Dove per zona pericolosa si intende: zona limitrofa alla zona ove può avvenire il danno, non da essa separata fisicamente, e zona dove può avvenire il danno stesso. Per esempio: se si sta considerando il rischio meccanico dovuto alla presenza di organi in movimento, la zona pericolosa è la zona limitrofa a tali organi per cui si rende necessaria una protezione.

(45)

44

ACR.

NOME

DESCRIZIONE

FORMULA

UDM

Fpe

Frequenza persona esposta

Frequenza di accesso dell'operatore alla zona

pericolosa.

N° accessi/ al

turno Sec-1

Dp Durata

pericolo

Durata della permanenza del pericolo = durata di lavoro al turno * frazione pericolosa in un

ciclo di lavoro.

Min. /al turno Adimensionale

Tabella 9: Descrizione parametri Fpe e Dp.

Valori dei parametri:

Fpe: Frequenza di accesso dell’operatore alla zona pericolosa in N° accessi/al turno (sec-1),

ovvero considerando il turno di durata pari a 28800 sec. (8h).

FREQUENZA DI ACCESSO ALLA ZONA PERICOLOSA (Fpe)

ETICHETTA VALORE DESCRIZIONE

Più di 1 accesso ogni 2 min 1E-03 < Fpe < 1E-02 Tra 30 accessi e 300 accessi al turno.

Max 1 accesso ogni 15 min 5E-04 < Fpe < 1E-03 Tra 8 accessi e 30 accessi al turno.

Max 1 accesso ogni 60 min 5E-05 < Fpe < 5E-04 Tra 2 accessi e 8 accessi al turno.

Max 1 accesso ogni 4 ore 1E-05 < Fpe < 5E-05 Tra 1 accesso e 2 accessi al turno.

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