Stefano Marangoni, Ilaria Mariani, Umberto Tolino Eds
Hacking
meanings
Interfacce e
interazioni
che alterano
il senso delle
cose.
THINGK STUDIES!Direzione
Stefano Marangoni
Comitato editoriale
Stefano Marangoni, Ilaria Mariani, Umberto Tolino
Progetto grafico
Tommaso Livio
Il presente volume è pubblicato in Open Access, ed è liberamente scaricabile dal sito www.thingk.design Hacking meanings. Interfacce e interazioni che alterano il senso delle cose
Stefano Marangoni, Ilaria Mariani, Umberto Tolino (Eds.) ISBN Open Access: 9788894567915
Prima edizione: Feb 2020 Via Durando 38, 20158 Milano www.thingk.design
Copyright © 2020 by Thingk s.r.l., Milano, Italia
Quest’opera, e ogni sua parte, è protetta dalla legge sul diritto d’autore ed è pubblicata in questa versione digitale sotto la licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale (CC BY-NC-ND 4.0).
Sei libero di condividere, alle seguenti condizioni:
Attribuzione — Riconosci una menzione di attribuzione adeguata, fornisci un link alla licenza e indica se sono state effettuate delle
modifiche. Puoi fare ciò in qualsiasi maniera ragionevole possibile, ma non con modalità tali da suggerire che il licenziante avalli te o il tuo utilizzo del materiale.
Non commerciale — Non puoi utilizzare il materiale per scopi commerciali.
Non opere derivate — Se remixi, trasformi il materiale o ti basi su di esso, non puoi distribuire il materiale così modificato. THINGK STUDIES!
IND IC E Introduzione Stefano Marangoni Contesto di riferimento
Interfacce, oggetti smart ed esperienza utente
Stefano Marangoni, Ilaria Mariani, Umberto Tolino, Tommaso Livio
Metodo progettuale
Un percorso con l’utente al centro
Umberto Tolino, Ilaria Mariani
Interfacce utente Naturali, tangibili e vocali
Stefano Marangoni, Ilaria Mariani, Umberto Tolino, Tommaso Livio
Smart textile
Materiali tradizionali e tecnologie digitali
Ilaria Mariani, Stefano Marangoni, Umberto Tolino
Hacking meanings
Nuovi significati per oggetti e interazioni
Ilaria Mariani, Umberto Tolino
Drawing User Interfaces Interazioni situate e variabili
5 7 29 61 87 113 137
IN TR O D U ZI O NE
St ef an o M ar an go ni
Il progetto editoriale Studies! si sviluppa all’inter-no dell’attività di ricerca di THINGK, spin-off del Po-litecnico di Milano. I contributi di questa collana seguono la produzione scientifica e le tematiche affrontate dal gruppo di ricerca, affrontando delle ri-flessioni sul processo di design introdotto, sulla filoso-fia e le contaminazioni disciplinari alla base della pro-pria produzione e su alcuni casi emblematici che hanno permesso alla startup di evolvere i propri prodotti attra-verso una vigile osservazione del contesto circostante. In tale prospettiva, questa pubblicazione deve essere considerata come una raccolta di saggi correlati tra loro in modo asincrono, mediante una sequenza che ne favorisce il collegamento logico ma non necessaria-mente sequenziale. Ogni contributo può essere inter-secato con gli altri al fine di fornire un inquadramento critico sul primo quinquennio di sperimentazioni, fon-date su un principio di pratica riflessiva con cui la star-tup ha esplorato la propria natura accademica orien-tata al trasferimento tecnologico di conoscenza. I riferimenti e i casi studio a supporto del pensiero teorico, le sperimentazioni e la bibliografia, rappre-sentano il bagaglio culturale degli autori: fondatori e designer, quotidianamente alla ricerca di nuovi
Contesto di
riferimento
Interfacce,
oggetti smart
ed esperienza
utente
Stefano Marangoni Thingk, Milano
Ilaria Mariani Thingk & Dipartimento di Design, Politecnico di Milano
C ont es to d i r if er im ent o
Abstract. Il progresso tecnologico e la trasformazione digitale stanno svol-gendo un ruolo fondamentale nell’influenzare il modo in cui percepiamo il mondo, viviamo e agiamo. Dal punto di vista dell’utente, ha alimentato tra-sformazioni rilevanti fornendo accesso diffuso a dati e strumenti. La stessa natura pervasiva dell’informazione e della comunicazione ha ridisegnato i nostri usi e abitudini. Questo saggio presenta casi studio significativi a di-verso titolo, che riteniamo di ispirazione e connotanti le sperimentazioni in corso.
Keyword. Interfacce utente, smart object, user experience, IoT.
In uno scenario in continuo cambiamento
Siamo in un momento storico che si caratterizza per un co-stante progresso tecnologico che influenza il nostro modo di interagire con ciò che ci circonda. Che si parli di relazione con gli altri, con gli oggetti, o con l’ambiente, ci troviamo di fronte ad una serie incessante di cambiamenti che in modo più o meno evidente ci stanno portando a rivedere le nostre modalità di interazione, imbrigliandoci in un flusso di adat-tamenti, apprendimento, rivisitazione che non possiamo che considerare come evoluzione culturale. Pensiamo ad esem-pio alla pervasività tecnologica che caratterizza un numero crescente di dispositivi, e a come ciò abbia portato i nostri ambienti a essere più intelligenti, interattivi e dialoganti tra loro, con il contesto circostante, e con noi. Il risultato è una serie di esperienze innovative e avanzate che si traducono in altrettanti modelli e modelli d’uso, basati sulla
reinterpreta-zione del rapporto tra uomo e tecnologia (Latour, 1996).
Gli avanzamenti tecnologici e la trasformazione digitale in atto stanno svolgendo un ruolo fondamentale nell’influenza-re il modo in cui viviamo e agiamo (Castells, 2004). L’obiettivo alla loro base è una progressiva semplificazione della nostra
In te rfa cc e, o gg et ti sm ar t e d e sp er ie nz a u te nt e
do risposte ai bisogni che spesso la tecnologia stessa ha cre-ato (McLuhan, 1964). Ci troviamo in uno scenario in continua evoluzione, che mostra una marcata tendenza a includere e porre in relazione persone, oggetti e sistemi in ecosistemi più o meno complessi. Così facendo, la tecnologia ha di fatto influenzato – e sta tutt’ora influenzando – in modo significa-tivo il modo in cui percepiamo il mondo.
Una molteplicità di dispositivi diffusi e pervasivi dotati di sen-sori e capacità di calcolo ha reso le nostre interazioni onni-presenti, dinamiche e immediate, talvolta persino invisibili. Nel campo dell’HCI questo cambiamento è corrisposto a un significativo spostamento da una prospettiva che considera persone e computer come separati e distinti verso una pro-spettiva che guarda a persone, materiali intelligenti e com-putazionali, e quindi alla tecnologia nel suo complesso, come un insieme (Wiberg et al., 2012; Wiberg & Robles, 2010). La pervasività stessa dell’informazione e della comunicazione sta ridisegnando i nostri usi e le nostre abitudini. Inoltre il ruolo della tecnologia all’interno della società è progressi-vamente mutato, passando dall’essere risolutore di proble-mi, al soddisfare bisogni percepiti (Hassenzahl & Tractinsky, 2006), al diventare attivatore di nuovi bisogni.
L’integrazione di capacità computazionale nelle nostre vite e nelle attività che svolgiamo ogni giorno ha raggiunto un livel-lo tale da consentire di concettualizzare la tecnologia stessa
come materiale di progettazione che opera in simbiosi con
altri materiali fisici, in un ecosistema integrato che consen-te nuove esperienze e pratiche di utilizzo. Lo scopo è quello di ottenere interazioni soddisfacenti senza dover fornire in-formazioni, in quanto queste vengono colte e processate da macchine intelligenti, in grado di comprendere, prevedere,
C ont es to d i r if er im ent o
e interagire con noi e con altre macchine dotate di potere computazionale. L’attenzione è rivolta al progettare e imma-ginare artefatti sensibili rispetto a ciò che li circonda, con-nessi a Internet e/o tra di loro, regolati da un codice che ne governa i comportamenti, e che ne definisce di conseguenza il modo in cui interagiscono con altri oggetti e applicazioni e persino ambienti, anch’essi connessi. Incorporare potere computazionale in oggetti e connetterli in rete significa do-tarli di intelligenza e abilido-tarli ad interazioni. Il considerare e implementare questi aspetti delineano un campo di indagi-ne impegnativo che richiede approcci interdisciplinari ibridi, in cui il Design incontra, si confronta, per arrivare spesso a fondersi con l’ingegneria.
Soprattutto l’abbattimento dei costi delle componenti elet-troniche cui abbiamo assistito negli ultimi decenni ha ali-mentato una nuova fase di elettrificazione e digitalizzazione, che ha incontrato un rapido sviluppo soprattutto in ambito domestico (Røpke et al., 2010). Soprattutto nel segmento delle Smart Home Appliances (Bansal et al., 2011) si sono fatte strada nuove interazioni destinate migliorare, ripensa-re o soppiantaripensa-re le esperienze esistenti (Balta-Ozkan et al., 2013; Cook, 2012; Firth et al., 2013; Lin et al., 2002; Park et al., 2003). Seguendo un principio per cui il sistema è da pen-sarsi come olistico e interconnesso, stiamo assistendo a una riprogettazione dei nostri ambienti che acquisiscono intelli-genza in quanto ospitanti tecnologie distribuite (Miraz et al., 2015; Wilson et al., 2015) che formano reti di dispositivi e di oggetti dotati di sensori, attuatori e controllori che con-sentono di processare e scambiare informazioni, e agire di conseguenza.
In te rfa cc e, o gg et ti sm ar t e d e sp er ie nz a u te nt e
Un caso studio significativo è dato dalle lampadine intelli-genti. Nel corso degli ultimi anni, abbiamo assistito a un pro-gressivo interesse del mercato nei confronti delle lampadi-ne smart, che non solo sono più efficienti dal punto di vista energetico, ma che riescono ad accendersi senza il bisogno di interagire/premere un interruttore. Philips Hue è tra gli esempi più noti, soprattutto per la sua capacità di dialogare senza soluzione di continuità con hub domestici come
Ama-zon Alexa e Google Home. Questa tipologia di lampadine ci
consente di definire routine per gestire l’accensione e lo spe-gnimento in determinati momenti e/o a determinate condi-zioni, e persino di variare i suoi colori sfruttando una vasta gamma cromatica.
Indagando ulteriormente sulle possibilità offerte in termi-ni di illuminazione “più intelligente”, non si può non citare
LIFX Switch1. Alla base dell’innovazione di prodotto promosso
dall’azienda australiana troviamo un approccio lungimirante che guarda ad incorporare sensori destinati oltre al coman-dare l’accensione e lo spegnimento della luce. Le implemen-tazioni tecnologiche riguardano sensori di luce ambientale, accelerometri, infrarossi e altri componenti volti a far evolve-re la lampadina in un dispositivo intelligente dotato di poteevolve-re decisionale. LIFX Switch è infatti da considerarsi uno smart
switch con funzioni da hub IoT. Tra le sue capacità, quella di
riconoscere le nostre abitudini, interpretando ciò che i sen-sori stanno rilevando – senza ricorrere allo smartphone. Dal sensore a infrarossi delle lampadine all’accelerometro per azionare altri smart object, ai sensori che le rendono capaci di gestire la loro stessa intensità sulla base del valore di
illu-C ont es to d i r if er im ent o
minazione ambientale, senza ricevere comandi: LIFX Switch vuole andare ben oltre il sostituire il tradizionale interruttore della luce di casa trasformando gli switch in hub che gover-nano lampadine non smart, lampadine intelligenti, e altri og-getti smart presenti nell’ambiente domestico.
L’Internet delle cose nei nostri oggetti e nelle nostre case
In senso lato, il termine Internet of Things (IoT) viene usato per indicare tutto ciò che è connesso a internet. Tuttavia l’u-so più frequente si è estel’u-so, diventando sinonimo di oggetti che “parlano” tra loro. L’IoT si vede quindi costituito da di-spositivi di diversa scala, con diverse funzioni, collegati tra loro. Ben presto però questa definizione è diventata stretta per gli usi in atto: la connessione tra gli oggetti ha sfondato la barriera degli oggetti stessi, e si è ulteriormente allargata, espandendosi al contesto in cui si trovano, e all’ambiente in generale. Ciò ha richiesto l’introduzione di un nuovo concet-to, quello ancora un più inclusivo di Internet of Everything
(IoE) (Evans, 2012).
Il concetto di IoE guarda quindi al quadro più ampio in cui si inserisce l’IoT, abbracciando una visione di una rete distri-buita che pone crescente attenzione al decentramento delle attività. Quindi, se l’IoT abbraccia principalmente il punto di vista dei dispositivi collegati, delle loro capacità di rilevamen-to, comunicazione e trasmissione di dati prodotti dai disposi-tivi per guidare/informare specifici processi, il concetto di IoE vuole offrire una visione più ampia.
L’IoT è costituito dal fatto che gli oggetti possono imparare dall’ambiente circostante e interagire con gli altri elementi integrati nell’ambiente e che compongono l’ecosistema
digi-In te rfa cc e, o gg et ti sm ar t e d e sp er ie nz a u te nt e
tale (Vermesan & Friess, 2013) Tali ecosistemi sono in realtà progettati per ruotare intorno all’utente senza richiedere una performance ingombrante o una presenza costante (come nel caso delle Interfacce a linea di comando, CLI). In effetti, si adattano automaticamente alle circostanze. In tale conte-sto, alle macchine viene affidato il compito molto più com-plesso di raccogliere dati, analizzarli e agire di conseguenza, mentre l’utente può dedicare l’attenzione alla supervisione/ sorveglianza del processo. Il potenziamento di computer e device con sistemi che gli permettano la raccolta delle infor-mazioni consente agli oggetti di interpretare il mondo circo-stante, otrepassando il limite del ricevere dati unicamente per mano degli utenti (Ashton, 2009). In parallelo, il vantag-gio significativo di un progressivo aumento della capacità di calcolo (ubiquitous computing) risiede nella diminuzione delle informazioni che gli utenti devono elaborare e tenere a men-te duranmen-te le attività, ricordando quello che Sweller definisce come carico cognitivo (Sweller, 1994).
Il primo caso studio che presentiamo per tracciare lo sta-to dell’arte sull’evoluzione delle interfacce unitamente alla diffusione dell’IoT, che lo ha reso possibile, è la BMW Vision
iNEXT2. Il concept sviluppato da Qualcomm descrive la prima
macchina a guida autonoma connessa con rete 5G, e dota-ta di sistemi IoT per migliorare l’esperienza di guida stessa, che affianca ad una rivisitazione delle tradizionali interfacce grafiche attraverso l’uso dei materiali. In questo concept gli interni sono stati completamente ripensati per reinventare la qualità dell’esperienza di spostamento in auto.
https://www.bmw.it/it/topics/mondo-bmw/bmw-concept/bmw-vision-i-C ont es to d i r if er im ent o
lo integra tecnologia a comando vocale e gestuale nel legno del bracciolo e nell’impiego di smart textile3. La superficie del bracciolo posto nella console centrale fa trasparire punti luminosi che seguono le interazioni dell’utente attraver-so l’impiallacciatura del legno stesattraver-so, fornendo importan-ti feedback visivi. La tecnologia che BMW rinomina come “ShyTech” – nome che fa risuonare l’affinità concettuale con la calm technology (Case, 2015; Weiser & Brown, 1996) su cui si basa – affiora dalla console centrale senza necessità di af-fidarsi a ulteriori schermi. Inoltre le superfici in smart textile consentono la gestione e riproduzione musicale interagen-do tramite gesti sul sedile posteriore. Anche in questo caso l’interazione viene sottolineata introducendo un ulteriore feedback visivo a segnalare l’avvenuto dialogo. La comuni-cazione visiva è data da LED che si illuminano attraverso il tessuto. Le superfici sono quindi immaginate per ospitare tecnologie digitali che emergono dai materiali e diventano visibili solo quando l’utente ne desidera l’uso.
La realtà che conosciamo si delinea come sempre più connes-sa e interconnesconnes-sa. Ciò offre a designer, ingegneri e impren-ditori nuove opportunità in termini di innovazione e sviluppo. Tuttavia, accanto alla varietà di intriganti possibilità e sfide, è nostro dovere porci continuamente nuove domande e soprat-tutto riflettere sulle implicazioni ne derivano, tanto dal punto di vista economico, quanto da quello sociale e culturale. Non è un caso che la nascita dell’IoT sia stata accompagnata dalla stesura di un codice di condotta, in cui sono contenuti dieci principi volti ad aiutare chi progetta a creare prodotti
In te rfa cc e, o gg et ti sm ar t e d e sp er ie nz a u te nt e
che siano equilibrati all’interno del contesto in cui si situano, rispettosi tanto delle unicità quanto delle diversità, e onesti (van der Vleuten et al., n.d.).
Osservando le pratiche nell’ambiente domestico, è un dato di fatto che i sistemi e i dispositivi quotidiani di tipo smart si siano ampiamente diffusi (Cook, 2012; Park et al., 2003). L’essenza di una casa smart è la presenza di tecnologie di informazione e comunicazione intelligenti, distribuite tra le stanze: oggetti elettronici tra loro connessi che creano si-stemi in rete capaci di trasmettere informazioni agli utenti, percepirne i comandi e agire in modo indipendente al fine di ottimizzare e facilitare la gestione dell’ambiente domesti-co (Cook, 2012; Firth et al., 2013). La gestione del domesti-consumo energetico rappresenta un ambito particolarmente cruciale e di interesse per le tecnologie domestiche intelligenti, di-ventano oggetto di numerosi progetti di ricerca (Froehlich et al., 2010, 2010; Gupta et al., 2009; Scott et al., 2011) e di offer-te commerciali4. In questo settore, accanto alla ricerca di in-terazioni fluide e interfunzionalità (Lin et al., 2002), è centrale la questione delle alte prestazioni. Inoltre i dispositivi smart non solo devono essere dotati di processori dalle sofisticate capacità di comunicazione, che li rendono capaci di comuni-care tra loro e con il mondo esterno, ma devono avere un’in-frastruttura facile da installare e configurare, che richieda poco impegno per la manutenzione e la propria gestione. Questi aspetti hanno supportato lo sviluppo di interfacce
minimal che tendono progressivamente a scomparire
(Bru-gnoli, 2015). Per comprendere meglio le sfide legate all’im-plementazione di sistemi intelligenti che operano sul nostro
C ont es to d i r if er im ent o
ambiente domestico, presentiamo il caso studio del Learning
Thermostat Nest5, un termostato che impiega la tecnologia di
apprendimento automatico, rilevamento e connettività, uni-tamente a funzionalità di eco-feedback. Introdotto sul finire del 2011, Nest è stato fin da subito al centro delle attenzioni tanto da parte dei media6, quanto da parte di ricercatori. Il
Nest è di fatto un interessante fenomeno da analizzare,
es-sendo il primo termostato per il mercato di massa negli Stati Uniti con apprendimento automatico adattivo che consente di generare programmi di riscaldamento e raffreddamen-to personalizzati sulla base delle abitudini degli utenti della casa, promuovendo il risparmio energetico.
Riconoscendo che la maggior parte delle ricerche sull’espe-rienza utente in ambito domestico di oggetti di tipo smart e con capacità adattive o di apprendimento tendono a essere condotte in laboratorio impiegando prototipi e contesti di-versi dallo spazio a cui sono destinati, i ricercatori Yang e Newman (2013) decidono di attivare uno studio a lungo ter-mine che indaga l’adozione e l’uso del termostato nella pro-pria casa. L’obiettivo è analizzare l’esperienza di vivere con un simile oggetto smart, osservando la reazione degli utenti alla sua capacità di apprendere e adattarsi tipica di Nest. I ricercatori hanno quindi condotto uno studio su 10 famiglie con un Nest nella loro casa, accompagnato da interviste con 23 partecipanti. I risultati che emergono da tale studio mo-strano una generale benevola accoglienza, sebbene accom-pagnata da un lato oscuro non trascurabile. Dalla ricerca è infatti emerso che le caratteristiche smart di Nest non erano state percepite in modo favorevole, risultando meno utili o
In te rfa cc e, o gg et ti sm ar t e d e sp er ie nz a u te nt e
intuitive del previsto. In particolare sono emerse difficoltà da parte degli utenti nella comprensione del funzionamento del sistema di apprendimento, e quindi le motivazioni alla base dell’adozione di specifici comportamenti. Alcuni partecipanti sono arrivati a dover mettere in pratica soluzioni alternative atte a colmare alcune ”carenze” riscontrate. Questi risulta-ti mostrando in modo inevitabile una necessità dell’utente, che è il bisogno di sapere cosa sta accadendo, o perlomeno capire su quali basi un oggetto smart arrivi a prendere deter-minate decisioni. Mentre l’interazione, l’interfaccia grafica, il controllo da telecomando e le informazioni riguardanti i con-sumi energetici sono risultate tutte positive, i partecipanti hanno inteso diversamente la capacità di l’apprendimento le routine quotidiane e le abitudini legate all’occupazione degli spazi. I risultati dello studio condotto sul primo modello di
Nest possono essere sintetizzati e semplificati affermando
che il sistema di apprendimento non è riuscito a compren-dere l’intento dell’utente, e viceversa7. Ciò accadeva nel 2013. Oggi Nest Learning Thermostat è alla terza generazione, e ha migliorato notevolmente la sua comunicazione, così come la sua capacità di capire e interpretare gli utenti e le loro abi-tudini. Nest è oggi incluso tra i prodotti Google8, e arriva a far risparmiare agli utenti fino al 60% dei consumi di energia elettrica. Un’informazione che viene condivisa tramite l’app dedicata e l’Home Report, che mostra quando viene utilizzata più energia, consigliando su come fare per ridurre i consumi.
7 Per un approfondimento con l’analisi del caso studio integrale svolto
da Yang e Newman, rimandiamo all’articolo Learning from a Learning Thermostat: Lessons for Intelligent Systems for the Home.
C ont es to d i r if er im ent o
Nel seguire un analogo approccio innovation-driven, Nike ha scelto di adottare fin dal principio una direzione user-cente-red. Il mercato dei sistemi di monitoraggio per il fitness e in particolare sulle prestazioni si è fatto velocemente ambito di sperimentazione e adozione di sistemi IoT, intravedendone fin da subito gli ampi vantaggi e benefici. È così che si è rapi-damente popolato di vari dispositivi. In particolare, il brand ha deciso di incentrare il proprio programma di innovazione non sulla tecnologia, bensì sulle esigenze uniche dei suoi uti-lizzatori. Oltre ai sistemi di monitoraggio all’interno del suo programma Nike+ 2019 ha promosso un paio di scarpe da ginnastica autoportanti capaci di adattarsi alla forma unica del piede di chi le indossa, e controllabili tramite uno smar-tphone. Aspetto non da sottovalutare, soprattutto a fronte delle lezioni apprese dal caso studio precedente.
Analizzando gli usi dei suoi utenti nel tempo, l’azienda ha colto come le esigenze del piede cambino nel tempo, e di-pendano dallo sport praticato, dalla sua durata e intensità dell’attività, e dai movimenti specifici compiuti. Nike riporta come nel corso di una partita professionale di basket, per esempio, non è insolito che il piede si allarghi di quasi mezza misura, portando l’utente a rivalutare una calzata, che fino a quel momento era percepita come adatta e comoda, costrit-tiva solo mezz’ora dopo. Le scarpe IoT progettate vogliono incontrare e rispondere a questo preciso bisogno, per que-sto quando sono indossate, un motore e un ingranaggio per-cepiscono la tensione necessaria al piede e si auto-regolano, lasciando comunque agli utenti la possibilità di modificare le impostazioni di calzata inserendo nuovi parametri più adatti alle loro abitudini e ai diversi momenti delle loro attività – un esempio è il desiderio di allentare i lacci durante le pause
In te rfa cc e, o gg et ti sm ar t e d e sp er ie nz a u te nt e
e stringendo prima di iniziare a giocare. L’intero sistema si appoggia a un’app che rende visibile e gestibile l’attività in corso, permettendo di poter capire le decisioni intraprese ed eventualmente intervenire.
Analogamente, un altro caso interessante di IoT nello sport arriva dalla società britannica per l’innovazione sportiva SportScientia, che ha presentato una soletta wireless intel-ligente, progettata per migliorare significativamente le pre-stazioni dei giocatori di calcio. La società è specializzata nel-la raccolta e nell’interpretazione di dati biometrici dinamici nelle performance tramite wearable technology, che risponda alle esigenze analizzate. In questo caso la sperimentazione ha portato alla progettazione e realizzazione tramite stampa 3D di una serie di solette smart: solette intelligenti wireless che raccolgono dati in tempo reale per apprendere lo svi-luppo della performance di un giocatore durante la partita, e analizzare la distribuzione del carico di allenamento, il re-cupero e le prestazioni. I dati ottenuti oltre che essere fun-zionali alla definizione della forma della soletta, possono poi essere impiegati dal giocatore, dall’allenatore e dal fisiotera-pista per monitorare, prevedere e prevenire eventuali infor-tuni. Diventa sempre più evidente come i progressi nei cam-pi dell’Internet of Things (Evans, 2011; Miraz et al., 2015) e dell’Internet of Everything (Evans, 2012) abbiano portato allo sviluppo sempre più diffuso di (eco)sistemi interconnessi
in cui oggetti intelligenti e sensoriali imparano dall’ambien-te circostandall’ambien-te e dialogano, sia tra di loro che con gli esseri umani. Questo ponte tra il mondo fisico e quello digitale è diventato possibile grazie all’introduzione di sensori, micro-controllori e attuatori che rendono le macchine sensibili e reattive agli stimoli esterni. In questo modo, oggetti prima
C ont es to d i r if er im ent o
isolati diventano parte di una rete più ampia, cui contribu-iscono con la loro capacità di catturare caratteristiche e va-riazioni trasmettendole. I dati raccolti vengono poi elaborati dai microcontrollori e restituite all’oggetto attraverso l’uso di attuatori, che generano feedback comprensibili – dal suono agli effetti di luce alle vibrazioni, per fare qualche esempio. Ciò che caratterizza questi ecosistemi è la ridotta complessi-tà del rapporto uomo-macchina (HCI), che ha portato e sta alimentando studi volti a facilitare le interazioni. Una conse-guenza è stato lo sviluppo di interfacce più semplici, più in-tuitive, progettate per controllare attività complesse in modo semplice e immediato.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a diverse sperimentazioni di oggetti smart e hub di gestione che utilizzano interfacce progettate per essere discrete. Questo concetto di
interfac-ce nascoste si traduce nel loro celarsi fino al momento del
bisogno, per poi manifestarsi. Seguendo la tendenza della tecnologia a dissolversi nel cloud, nell’ambiente e negli og-getti, anche le interfacce sono mutate, tendendo spesso a scomparire (Brugnoli, 2015; Hui & Sherratt, 2017). Questo ragionamento non considera volutamente i vari assistenti vocali personali disponibili sul mercato sebbene non pre-sentino interfacce visive. La retorica della scomparsa della tecnologia a favore dell’ubiquitous computing è infatti perfet-tamente incarnata negli assistenti vocali personali. Tuttavia il focus sugli assistenti vocali personali va oltre lo scopo di questo saggio. Prendiamo come caso studio per la discussio-ne lo smart display mui di Mui Lab9, l’hub per controllare gli elementi smart della casa costruito in legno naturale, e che
In te rfa cc e, o gg et ti sm ar t e d e sp er ie nz a u te nt e
basa il suo concetto sulla calm technology (Case, 2015; Weiser & Brown, 1996). Mui è un termine giapponese che indica uno stato d’animo rilassato, e che ben descrive l’idea alla base di questo prodotto: integrarsi perfettamente nel nostro spazio vitale, in modo però discreto ed elegante.
Il dispositivo, in stato di riposo, ha le sembianze di una su-perficie in legno. Quando un tocco o un comando avviano l’interazione, il display posto sotto l’impiallacciatura si illu-mina con pulsanti o messaggi che vengono visualizzati di-rettamente sulla matericità del legno. Il dispositivo utilizza un display digitale affogato sotto la superficie del legno, che compare al tocco della mano o tramite conversazione. In qualità di hub permette di inviare/ricevere messaggi, anche audio, leggere le notizie, il meteo e controllare i dispositivi smart (illuminazione, termostati, ecc.). Terminata l’interazio-ne il display scompare nuovamente, ri-acquisendo le sem-bianze di un semplice pezzo di legno. Seguendo i principi di una tecnologia che si palesa al bisogno, mui non richiede costantemente l’attenzione dell’utente, ma rimane “muto” finché non ne sono richieste le prestazioni.
L’obiettivo è quindi una comunicazione digitale senza
di-strazioni, volta a lasciare ai suoi utenti spazio per le normali
attività, senza imporre la propria presenza. L’interazione av-viene sia via touch che via comando vocale, andando a ri-spondere a diverse esigenze che si alternano durante la gior-nata. Diversi casi d’uso dimostrano come il controllo vocale non sia adatto o apprezzato, mentre un’interazione tangibile risulta più consona, e viceversa. Ad esempio, le interazioni basate sulla conversazione soffrono gli ambienti rumorosi, in cui i suoni di sottofondo o la co-presenza di più voci influ-iscono su una chiara comprensione dei comandi. Altrimenti,
C ont es to d i r if er im ent o
il comando vocale risulta un’ottima soluzione quando l’inte-razione avviene a distanza, permettendo in modo semplice di controllare i dispositivi collegati, inclusi altoparlanti intelli-genti ed elettrodomestici smart.
L’attenzione riguarda quindi non l’impianto tecnologico, ben-sì l’aspetto estetico, basti pensare che per impostare il timer non è possibile agire sui numeri; si traccia invece una linea sulla superficie dello smart display, dove la lunghezza del tratto rappresenta l’intervallo di tempo. Una volta interrotto il disegno della linea, il timer si avvia e si può notare la linea che si accorcia progressivamente al passare del tempo, per-mettendo di avere una rappresentazione di quanto manca allo scadere del timer.
Aumentare i prodotti e i servizi quotidiani introducendo mo-dalità di interazione “non-tradizionali” significa mettere in discussione i presupposti impliciti che sottendono le nostre comuni esperienze con gli oggetti. Il conseguente aumento di prodotti e servizi con interfacce intuitive porta a un chiaro spostamento verso il coinvolgimento degli utenti con diverse
ecologie di interazione. Modi d’uso che attivano nuovi rituali
a livello sociale e culturale. Ciò necessita di ripensare al modo di costruire e utilizzare artefatti tecnologici, considerando i benefici dal punto di vista di chi utilizza tali prodotti/servizi, oltre che il desiderio di innovazione che spinge i progettisti. E quindi la reale questione si articola in una varietà di aspet-ti altrettanto fondamentali. Quali sono le conseguenze che derivano dall’introduzione di interazioni che si basano su grammatiche altre rispetto a quelle che abbiamo imparato a utilizzare e gestire fin’ora? Fino a che punto siamo disposti a cedere i nostri dati e quindi la nostra privacy a fronte di maggiore comfort?
C ont es to d i r if er im ent o Riferimenti bibliografici
Ashton, K. (2009). That “Internet of Things” Thing. RFID Journal,
Journal Article. https://www.rfidjournal.com/articles/
view?4986
Balta-Ozkan, N., Davidson, R., Bicket, M., & Whitmarsh, L. (2013). Social barriers to the adoption of smart homes.
Ener-gy Policy, 63, 363–374.
https://doi.org/10.1016/j.en-pol.2013.08.043
Bansal, P., Vineyard, E., & Abdelaziz, O. (2011). Advances in hou-sehold appliances- A review. Applied Thermal Engineering,
31(17), 3748–3760.
https://doi.org/10.1016/j.appltherma-leng.2011.07.023
Brugnoli, G. (2015). Designing Smart Experiences The smart and invisible future of interactions and services. Medium,
Journal, Electronic. https://medium.com/@lowresolution/
designing-smart-experiences-a6e675b414ec
Case, A. (2015). Calm technology: Principles and patterns for
non-in-trusive design. O’Reilly Media.
Castells, M. (2004). The network society: A cross-cultural perspective. Edward Elgar.
Cook, D. J. (2012). How smart is your home? Science, 335(6076), 1579–1581. https://doi.org/10.1126/science.1217640 Evans, D. (2011). The internet of things: How the next evolution of
the internet is changing everything. Cisco Internet Business
Solutions Group (IBSG), 1–11.
Evans, D. (2012). The internet of everything: How more relevant and valuable connections will change the world. Cisco
In te rfa cc e, o gg et ti sm ar t e d e sp er ie nz a u te nt e
Firth, S. K., Fouchal, F., Kane, T., Dimitriou, V., & Hassan, T. M. (2013). Decision support systems for domestic retrofit provision using smart home data streams. Proceedings of
the 30th International Conference on Applications of IT in the AEC Industry. Move Towards Smart Buildings: Infrastructures and Cities., Beijing, China.
Froehlich, J., Findlater, L., & Landay, J. (2010). The design of eco-fe-edback technology. Proceedings of the SIGCHI Conference
on Human Factors in Computing Systems, 1999–2008.
Gupta, M., Intille, S. S., & Larson, K. (2009). Adding gps-control to traditional thermostats: An exploration of potential ener-gy savings and design challenges. International Conference
on Pervasive Computing, 95–114.
Hassenzahl, M., & Tractinsky, N. (2006). User experience-a rese-arch agenda. Behaviour & Information Technology, 25(2), 91–97.
Hui, T. K., & Sherratt, R. S. (2017). Towards disappearing user in-terfaces for ubiquitous computing: Human enhancement from sixth sense to super senses. Journal of Ambient
Intel-ligence and Humanized Computing, 8(3), 449–465. https://
doi.org/10.1007/s12652-016-0409-9
Kuniavsky, M. (2010). Smart Things, Ubiquitous Computing User
Expe-rience Design. Elsevier.
Latour, B. (1996). On interobjectivity. Mind, Culture, and Activity,
3(4), 228–245.
Lin, Y.-J., Latchman, H. A., Lee, M., & Katar, S. (2002). A power line communication network infrastructure for the smart home. IEEE Wireless Communications, 9(6), 104–111. McLuhan, M. (1964). Understanding Media: The Extensions of Man.
C ont es to d i r if er im ent o
Miraz, M. H., Ali, M., Excell, P. S., & Picking, R. (2015). A review on Internet of Things (IoT), Internet of everything (IoE) and Internet of nano things (IoNT). 2015 Internet Technologies
and Applications (ITA), 219–224.
Park, S. H., Won, S. H., Lee, J. B., & Kim, S. W. (2003). Smart home– digitally engineered domestic life. Personal and Ubiquitous
Computing, 7(3–4), 189–196. http://dinfroi.org//10.1007/
s00779-003-0228-9
Røpke, I., Christensen, T. H., & Jensen, J. O. (2010). Information and communication technologies–A new round of household electrification. Energy Policy, 38(4), 1764–1773. https://doi. org/10.1016/j.enpol.2009.11.052
Scott, J., Bernheim Brush, A., Krumm, J., Meyers, B., Hazas, M., Hodges, S., & Villar, N. (2011). PreHeat: Controlling home heating using occupancy prediction. Proceedings of the
13th International Conference on Ubiquitous Computing,
281–290.
Sweller, J. (1994). Cognitive load theory, learning difficulty, and in-structional design. Learning and Instruction, 4(4), 295–312. van der Vleuten, R., Spitz, A., van Beek, H., Schouwenaar, M.,
Verelst, K., Tiete, A., Belon, J., van Heist, M., & Robbins, H. (n.d.). IoT Design Manifesto 1.0. Guidelines for responsible
design in a connected world. IoT Design Manifesto 1.0.
https://www.iotmanifesto.com/
Vermesan, O., & Friess, P. (2013). Internet of things: Converging
tech-nologies for smart environments and integrated ecosystems.
River publishers.
Weiser, M., & Brown, J. S. (1996). Designing calm technology.
PowerGrid Journal, 1(1), 75–85.
Wiberg, M., Ishii, H., Dourish, P., Rosner, D., Vallgårda, A., Sund-ström, P., Kerridge, T., & Rolston, M. (2012). Material interactions: From atoms & bits to entangled practices.
CHI’12 Extended Abstracts on Human Factors in Computing Systems, 1147–1150.
In te rfa cc e, o gg et ti sm ar t e d e sp er ie nz a u te nt e
Wiberg, M., & Robles, E. (2010). Computational compositions: Aesthetics, materials, and interaction design. International
Journal of Design, 4(2), 65–76.
Wilson, C., Hargreaves, T., & Hauxwell-Baldwin, R. (2015). Smart homes and their users: A systematic analysis and key challenges. Personal and Ubiquitous Computing, 19(2), 463–476. https://doi.org/10.1007/s00779-014-0813-0 Yang, R., & Newman, M. W. (2013). Learning from a Learning
Ther-mostat: Lessons for Intelligent Systems for the Home.
Proceedings of the 2013 ACM International Joint Conference on Pervasive and Ubiquitous Computing, 93–102. https://
Metodo
progettuale
Un percorso
con l’utente
al centro
M et od o p ro ge ttua le
Abstract. Thingk progetta prodotti all’apparenza tradizionali, ma dotati di “superpoteri”. Questo saggio ne illustra il processo di design nelle sue di-verse fasi: dalla ricerca e progettazione innovation-driven e user-centered, allo sviluppo, fino alla produzione. Particolare attenzione è posta su come le diverse competenze della startup si integrino per attingere ai molteplici am-biti del design e dell’ingegneria, includendo pratiche di analisi che derivano dagli ambiti della sociologia, antropologia ed etnografia. Il metodo proget-tuale è quindi presentato utilizzando un nostro prodotto come caso studio. Keywords. Tangible User Interfaces, IoT, interaction design, user cen-tered design, processo di design, gesture-based interaction, tecnologia integrata
La tecnologia produce trasformazione.
Proprio l’evoluzione digitale cui stiamo assistendo, e che ha portato la tecnologia ad essere progressivamente più acces-sibile e quindi onnipresente, ma anche più umana e abilitan-te (Kuniavsky, 2010), ha rimodellato abitudini e modi d’uso degli utenti (Turkle, 2011), ridisegnando il tessuto industria-le. In particolare, ciò che si nota è che la direzione dell’in-novazione oggi è alimentata dal concetto di desiderabilità
piuttosto che di funzionalità. Ciò considerando che la fun-zionalità non viene meno, ma è anzi inclusa e ormai data per scontata. Desiderata comune sono interazioni immediate,
semplici, invisibili, che innescano esperienze utente (UX) più
naturali e continue, capaci di ridurre il carico cognitivo richie-sto all’utente per attivare e gestire un’interazione, accorcian-do la distanza tra artefatto e destinatario. Lo sviluppo degli attuali oggetti e sistemi smart sta privilegiando l’impiego di interfacce che sono appena accennate (come nel caso di
Be-oSound Moment di Bang & Olufsen), dissolte (ne è un
esem-pio OSound di Digital Habits), o persino inesistenti (pensiamo ai nostri assistenti vocali personali).
U n p er co rs o c on l ’u te nt e a l c en tr o
Come spin-off del Politecnico di Milano, abbiamo fin da subi-to esplorasubi-to questa particolare e sfidante direzione, e abbia-mo deciso di condurre ricerca e sviluppo incrociando il filone di indagine “interfacce che scompaiono” con l’applicazione ad artefatti all’estetica che rimanda a forme morfologiche se-manticamente connesse ad una dimensione analogica. Ab-bracciando e capitalizzando proprio su questa frizione cogni-tiva, ci siamo focalizzati sulla progettazione di artefatti solo all’apparenza tradizionali, ma dotati di “superpoteri”. Speri-mentiamo tecnologie interattive applicandole a prodotti nel segmento Smart Home – e Smart Home Appliances in parti-colare –, introducendo sul mercato oggetti che si presenta-no “sotto mentite spoglie”: oggetti apparentemente semplici e minimali (forma) tecnologicamente aumentati (funzione). In questi artefatti interfacce incorporate e invisibili fino al momento dell’uso innescano interazioni in oggetti apparen-temente statici ma in realtà tecnologicamente potenziati e interattivi.
Nel settore Smart Home, partendo dalla lettura e interpreta-zione dei fenomeni contemporanei, progettiamo oggetti di uso quotidiano. Partiamo dall individuare archetipi affermati in termini di funzioni, e li ripensiamo dotandoli di funziona-lità altre o nuove, in relazione all’oggetto in discussione. Il tutto mantenendo pressappoco inalterate le proprie morfo-logie geometriche essenziali.
M et od o p ro ge ttua le
Slab! è una bilancia da cucina, un timer digitale e un
dispo-sitivo IoT con connettività Bluetooth per future integrazioni con altri dispositivi smart: nasconde complessità funziona-le con un’estetica minimafunziona-le e naturafunziona-le. Abbiamo progettato qualcosa di semplice con la consapevolezza che la scelta del materiale naturale arricchito di una componente elettronica nascosta sia in grado di sorprendere alle diverse interazioni dell’utente. In posizione orizzontale si comporta come una bilancia, in verticale muta in un timer e sui lati permette l’av-vio del bluetooth o il cambio della scala di misura, sfruttando unicamente il singolo display digitale posto al di sotto di uno strato di legno fresato a meno di un millimetro di spessore.
Disc! è una base di ricarica wireless realizzata
completamen-te in legno naturale fresato che permetcompletamen-te il passaggio della carica elettrica verso uno smartphone. Nella sua versione avanzata “XL” raddoppia le sue dimensioni aggiungendo un powerbank che consente il trasporto di una ricarica aggiun-tiva senza la necessità di una presa elettrica.
Desk! è un elegante sottomano realizzato con il cuoio
U n p er co rs o c on l ’u te nt e a l c en tr o
sua preziosa copertura nasconde due zone di ricarica wire-less che reagiscono solo al contatto con uno smartphone ap-poggiato sopra di esse, sfruttando la tecnologia di ricarica QI standard . Questo oggetto mantiene invariato il proprio stile originale aumentando le sue capacità solo nel momento di necessità.
Bit! Apparentemente può sembrare un fermacarte o un
og-getto decorativo realizzato in pietra lavorata. Ma, a partire dall’idea che le pietre celino la memoria del luogo in cui sono collocate, attraverso una tecnologia wireless Bit! permette di archiviare e scambiare file a un massimo di 5 utenti con-temporaneamente, collegati tramite smartphone, tablet o laptop. La sua forma, ottenuta per colata di resine mesco-late con polveri di pietre a diversa porosità, nasconde anco-ra una volta i propri super poteri, che vengono attivati solo dopo un’interazione volontaria dell’utente.
Innovazione design-driven e approccio user-centred
Introdurre potere computazionale in oggetti apparentemen-te analogici ci consenapparentemen-te di immaginare esperienze dalla na-tura ibrida, che si articolano tra le dimensioni del fisico e del digitale. Per fare ciò seguiamo un’innovazione design-driven (Verganti, 2009) che ci permette di immaginare e interpre-tare le esigenze degli utenti, cui associamo una direzione
user-centered, che si traduce nell’inclusione degli utenti nelle
varie fasi della progettazione (Abras et al., 2004; Kraft, 2012; Wright & McCarthy, 2010). Questa particolare combinazione, ci permette di anticipare le richieste del mercato, facendo convergere nuove tecnologie in prodotti distintivi.
M et od o p ro ge ttua le
Alla luce di necessità quali il costante aggiornamento tecno-logico e una lettura del mercato che guarda ad anticipare le tendenze, la disciplina progettuale stessa è chiamata a modi-ficarsi, reinventarsi, aprirsi alla diversità, richiedendo ibrida-zione di saperi che comportano una revisione del tradiziona-le processo di progettazione, verso una maggiore inclusività
di prospettive e saperi interdisciplinari e transdisciplinari. Il
contesto attuale sottolinea e premia le opportunità che de-rivano dall’intrecciare design, ingegneria e altre discipline, al fine di progettare e sviluppare prodotti capaci di coniuga-re la risposta alle esigenze in termini di pconiuga-restazioni digitali con un’estetica elegante e discreta, basata su una raffinata ricerca sui materiali. Per rispondere a questi aspetti fonda-mentali, la start-up si è costruita attorno a un team in cui competenze che spaziano tra i molteplici ambiti del design e dell’ingegneria si integrano a pratiche che derivano dalla so-ciologia, antropologia ed etnografia, e dal marketing.Il risul-tato è una serie di artefatti smart caratterizzati da un aspetto apparentemente analogico e statico, ma in realtà tecnologi-camente aumentati e interattivi, che rivelano la loro natura digitale solo al momento dell’interazione (fig. 1). Di seguito presentiamo il processo di design alla base di questi oggetti e delle loro interfacce, nelle sue diverse fasi: dalla ricerca e progettazione innovation-driven e user-centered, allo sviluppo con processi iterativi, alla produzione. Ciò anticipando di ri-conoscere i limiti di un approccio centrato unicamente sull’u-tente e sul suo essere consapevole di sapere cosa desidera. Nel descrivere il processo dietro alla progettazione di ogget-ti o sistemi smart dotaogget-ti di un’esteogget-tica che cela una natura aumentata, riteniamo fondamentale abbracciare una
dupli-U n p er co rs o c on l ’u te nt e a l c en tr o
ce prospettiva: quella del designer che concepisce prodotti
muovendosi tra limiti e potenzialità, e quella dell’utente che interagisce con un prodotto alle potenzialità nascoste. Alla luce di questo ragionamento, descriviamo il processo dietro alla progettazione e realizzazione dei nostri artefatti; artefatti concepiti seguendo un’idea di interazione intuitiva basata su manipolazione, gesti, posizione nel contesto e re-lazione con altri elementi, applicata su morfologie essenziali, che tradiscono la loro dimensione digitale.
Il processo di design e le sue fasi
L’innovazione design-driven con un approccio che pone l’utente al centro, avvengono all’interno di un processo di progettazione volto a concepire e realizzare oggetti dal si-gnificato mutevole, il cui linguaggio non può essere dato per scontato. Gli oggetti che produciamo sono privati per scelta di un’interfaccia esplicita, e pertanto possono essere pensati come dotati di un duplice livello semantico, che varia a se-conda del fatto che l’interfaccia sia silente o visibile perché l’oggetto è interagito.
Il processo di design che sottende la ricerca e sviluppo di questi oggetti restituisce nella sua struttura il fatto che fun-zioni quiescenti nascoste sotto la superficie emergano al bi-sogno, e le implicazioni che ne derivano.
Il processo si struttura in due macro fasi. In ciascuna è evi-dente come le competenze e i saperi multi e trans-disciplina-ri della startup giochino un ruolo fondamentale nel nuttrans-disciplina-rire creatività e pratiche innovative, attingendo contemporane-amente dai settori del design e dell’ingegneria ed integran-dole con conoscenze e metodologie che derivano da settori più umanistici. Nel far ciò diventa evidente anche il ruolo
del marketing, che ricopre l’importante compito di recepire e includere strategicamente i segnali del mercato nella pro-gettazione di nuovi prodotti. Inoltre, che sia durante l’analisi del segmento di mercato e i suoi desiderata, per una prima interazione con un’idea di progetto o prototipo, o per test e raccolta dati sull’uso: a diverso modo e livello, gli utenti sono coinvolti lungo l’intero processo.
La prima fase è dedicata alla (1) ricerca e (2) progettazione di
una innovazione di significato radicale, che unisce
l’introdu-zione di una tecnologia in un oggetto così da farne ripensare il senso, per rispondere a un bisogno del mercato in modo inaspettato. La seconda riguarda lo (3) sviluppo e la (4) pro-duzione (fig. 2).
Ricerca. La fase di ricerca si svolge a partire dalla
consape-volezza del ruolo della tecnologia nello sviluppo di prodotti competitivi. Il potere computazionale di cui possono essere dotati gli oggetti e il poterli connettere in rete offrono
oppor-U n p er co rs o c on l ’u te nt e a l c en tr o
tunità tra cui funzionalità aggiuntive e maggior affidabilità. Chiaramente, progettare prodotti considerandoli come do-tati di funzionalità anche variabili nel tempo, implica di ripen-sare le catene del valore, con importanti impatti sul mercato e sulle economie future (Porter & Heppelmann, 2014). La natura stessa degli smart object ha alterato la struttura del settore, richiedendo l’inclusione armonica di saperi apparte-nenti a diversi campi. In questo contesto il valore della ricer-ca è cruciale per poter produrre un vantaggio competitivo. Il contesto in cui svolgiamo le nostre esplorazioni è quel-lo descritto nel primo saggio di questa raccolta. In questo panorama gli studi del settore mostrano la tendenza della tecnologia a dissolversi nel corpo, nell’ambiente e nel cloud (Sutton, 2014), alimentando la ricerca di interazioni che trag-gano vantaggio proprio da questa possibilità (Ballmer, 2010; Giaccardi, 2015; Kuniavsky, 2010; Shaer et al., 2010). Tali ten-denze sono confermate dall’analisi dello stato dell’arte, che mostra rilevanti sperimentazioni in merito: da oggetti inte-rattivi in cui l’estetica rende tangibile l’interazione, a oggetti con interfacce naturali che si affidano al controllo gestuale per gestire i comandi, fino ad artefatti che nascondono la loro funzione dietro un’interfaccia muta che emerge solo al momento del bisogno. Un aspetto prominente riguarda poi l’integrazione della componente tecnologica di tipo IoT che ripensa agli oggetti come ecosistemi estesi e interconnessi, capaci di interpretare i contesti, dialogare con altri oggetti e sistemi, in un’ottica di progressiva semplificazione e spesso persino predizione.
Alla base della fase di ricerca, una approfondita e allargata
ten-M et od o p ro ge ttua le
denze in termini di tecnologia e lifestyle, al fine di identificare direzioni promettenti. Quest’analisi è volta a esplorare spe-rimentazioni e suggestioni in termini di funzionalità e usabi-lità, linguaggio e significato, con la consapevolezza che per vocazione ci collochiamo in un’area di attrito dove l’interfac-cia tende a scomparire per fondersi con l’oggetto. All’interno delle aree di interesse identificate come strategiche traccia-mo lo stato dell’arte, e con questo i perimetri delle sperimen-tazioni attualmente in atto, al fine di identificare aree in cui poter condurre esplorazioni e sviluppare prodotti. Nel fare ciò è per noi fondamentale tenere in considerazione al con-tempo gli avanzamenti in termini di elettronica, interaction design e ricerca sui materiali – soprattutto guardando a pos-sibilità di fondere estetiche tradizionali con materiali smart che ne riscrivono significato e funzioni.
Trattando di interazione e comunicazione, proprio i materiali ricoprono una funzione centrale, e il concetto di materialità
in particolare (Wiberg et al., 2012; Wiberg & Robles, 2010). Sviluppatasi nella dimensione semantica dell’interazione manuale con gli artefatti, la materialità e il ruolo dell’espe-rienza tattile acquisiscono nuovi significati. Le superfici degli artefatti diventano il punto di passaggio dal mondo fisico e quello digitale, e l’informazione che deriva dagli aspetti tan-gibili degli oggetti si estende dal contesto analogico per vei-colare l’immaterialità.
Design e prototipazione. I risultati della fase di ricerca
indi-rizzano la progettazione, che beneficia di contaminazioni de-rivanti dallo svolgersi in un team interdisciplinare i cui saperi e know-how si estendono trasversalmente alle diverse aree
U n p er co rs o c on l ’u te nt e a l c en tr o
del design e dell’ingegneria. Nel team tendiamo ad esplorare e valorizzare soprattutto direzioni alternative per interazioni capaci di suscitare esperienze utente non convenzionali, ma anzi sorprendenti e ricercate.
Abbracciando soprattutto una tendenza all’ibridazione tec-nologica, nel progettare propendiamo a far collidere dimen-sione analogica e immaterialità del digitale: privilegiamo l’im-piego di materiali naturali unitamente alla ricerca di forme essenziali che, come risultato, ha l’indagare la percezione ap-tica degli artefatti, che nel nostro caso specifico alimenta una costante frizione cognitiva. Seguendo una ricerca di appa-rente semplicità, tale dimensione aptica dell’oggetto orien-ta le aspetorien-tative degli utenti verso determinate interazioni, basate su abitudini d’uso consolidate suggerite dalla forma e dalla stessa materialità degli artefatti. Tuttavia, la semplici-tà che si deduce dall’aspetto dei prodotti nasconde voluta-mente una complessità dovuta a un’intelligenza inattesa che emerge dalla superficie al momento del bisogno. Tale
sem-plessità si sviluppa a partire dall’unione di forme
archetipi-che, geometriche e minimali, coniugate a materiali ricercati, resi smart grazie all’inclusione della tecnologia. Ne sono un esempio il legno fresato di un tagliere che in realtà nasconde l’essere una bilancia/timer smart, un sottomano che svolge funzione di caricatore wifi in cuoio lavorato a mano, e una pietra levigata che contiene un sistema di archiviazione di dati wireless.
Seguiamo quindi i principi di un’innovazione design-driven (Utterback et al., 2006; Verganti, 2009) alimentato da una ricerca approfondita e distribuita in un contesto popolato da interpreti di diversi domini disciplinari, capaci di cogliere tendenze culturali e tecnologiche e tradurle in contributi
si-M et od o p ro ge ttua le
gnificativi e creativi che prendono la forma di nuovi oggetti dalle inaspettate funzioni. Per la fase di prototipazione, ab-bracciamo invece un approccio con al centro l’utente (Abras et al., 2004; Wright & McCarthy, 2010). Alla realizzazione del prototipo segue la sperimentazione con gli utenti, che con-duciamo con il metodo etnografico dell’osservazione parte-cipante, ponendo attenzione a catturare indizi e informazio-ni relativamente a come gli utenti rispondo all’interazione con oggetti che nascono la loro vera natura sotto mentite spoglie, accorpando aspetti fisici e digitali. Il fatto di agire sul-la forma e introdurre tecnologia che hackera i significati
de-gli oggetti richiede di valutare attentamente come gli utenti
percepiscono, interagiscono e “traducono” l’artefatto. Pro-prio per ottenere informazioni chiare e dettagliate, preferia-mo condurre un’osservazione prolungata nel tempo, basata su attività reali e non necessariamente task guidati, con una partecipazione alle attività degli utenti osservati.
Sebbene si tenda ad associare l’innovazione radicale
(Ver-ganti, 2008, 2009) alla dimensione tecnologica, il suo domi-nio è ben più vasto. Anche se meno frequente, infatti, può avvenire nella sfera dei significati. Progettare seguendo un’innovazione guidata dal significato – meaning-driven
inno-vation (Norman & Verganti, 2014) – richiede di partire da
un’attenta osservazione del tessuto culturale in cui si situa, al fine di cogliere dinamiche sottili e ancora non esplicite nei modelli socio-culturali e identificare i cambiamenti in atto o potenziali al suo interno. Nell’osservare il contesto diventa più che mai fondamentale prestare attenzione ad identifi-care accelerazioni che riguardano transizioni socio-econo-miche, variazioni demografiche e modificazioni degli stili di vita (Norman & Verganti, 2014). In questo caso specifico, è
U n p er co rs o c on l ’u te nt e a l c en tr o
evidente come risulti controproducente la possibilità di farsi guidare dagli utenti, soprattutto in fase di ricerca e proget-tazione, con la consapevolezza che difficilmente una propo-sta di innovazione profonda possa svilupparsi in chi detiene un’idea chiara in termini di funzione e senso. Diversamente, nelle fasi di sviluppo e testing, è invece auspicabile coinvol-gere gli utenti in modo da osservare la ricezione di un ogget-to risultaogget-to di un’innovazione di tipo radicale, che ha indotogget-to un cambiamento in termini di significato.
Svolgere questa analisi in fase prototipale ci permette di agi-re per tempo su eventuali discagi-repanze o incompagi-rensioni, e quindi procedere a nuovi cicli di implementazione e testing da reiterare fino al risolvimento delle criticità riscontrate. Sia in termini di usabilità che di UX un’osservazione fin dalle fasi iniziali della prototipazione, permette di intercettare even-tuali problematiche ricorrenti nell’uso dell’oggetto o nelle interazioni con la sua interfaccia – un concetto che diventa molto più chiaro nel momento in cui il metodo progettuale viene mostrato applicato a un caso studio, come proposto di seguito. Ottenere una chiara e affidabile valutazione del prodotto dal punto di vista della sua usabilità, dell’estetica, ed in particolare rispetto agli aspetti di matericità, propor-zioni, forme, e le loro affordance, così come dell’esperienza utente che suscita, considerando aspetti anche simbolico ed emotivi, è per noi di assoluta rilevanza. Per poter svolgere questa valutazione in modo ottimale, quando possibile cer-chiamo di coinvolgere comunità di prosumer, fin dall’indagi-ne qualitativa che svolgiamo dall’indagi-nella fase di ricerca. Attraverso sessioni creative di brainstorming, focus group e interviste, cerchiamo fin da principio di capire come la tipologia di in-novazione pensata possa essere accolta e percepita,
predili-M et od o p ro ge ttua le
gendo l’inclusione di designer per confronti e analisi critiche. Di fatto, sebbene precoce, per noi l’inclusione dell’utente non coincide con l’avvio del processo di ricerca; al contrario, corrisponde con le sue fasi finali, quando svolgiamo focus group ed eventuali interviste mirate, e si interrompe nuo-vamente durante le fasi iniziali di progettazione. Riteniamo infatti che entrambi questi momenti siano delicati e per la natura delle attività creative che richiedono, pensiamo sof-frirebbero dell’inclusione precoce degli utenti in quanto ra-ramente contribuiscono ad anticipare potenziali innovazioni (Dell’Era et al., 2017). Diversamente dai progettisti che hanno la predisposizione a svolgere attività di envisioning e design
thinking, gli utenti tendono a essere molto legati al presente
e alle sue possibilità; una caratteristica che preclude la pos-sibilità di immaginare usi che ancora non esistono. L’inclu-sione soprattutto di prosumer diventa invece cruciale nella fase di testing e validazione del processo iterativo (Tolino & Mariani, 2018).
Sviluppo. Nello sviluppare i nostri prodotti tendiamo ad
adottare logiche produttive flessibili e riconfigurabili. Siamo infatti consapevoli della rapida obsolescenza che caratteriz-za le componenti elettroniche e tecnologiche (hardware e soprattutto software), e della conseguente necessità di pre-vedere modelli di aggiornamento agili e dal basso impatto sulla catena di produzione. Così facendo possiamo garantire competitività unitamente ad una elevata capacità di adatta-mento al mercato. Progettare con una prospettiva di flessibi-lità piuttosto che di standardizzazione implica ingegnerizza-re la forma e l’elettronica dei prodotti così da pingegnerizza-redisporingegnerizza-re a probabili cambiamenti strutturali (Bianchini & Maffei, 2013).
U n p er co rs o c on l ’u te nt e a l c en tr o
Di conseguenza, quella che adottiamo è una logica di con-tro-economia di scala, che ci consente però di sviluppare dal punto di vista ingegneristico e progettuale oggetti capaci di riconfigurarsi rispetto alle esigenze. Aggiornamenti tecnolo-gici di tipo hardware, per esempio, possono innescare a di-verso livello esigenze che implicano il rivedere aspetti come la forma e l’alloggio simultaneo di più elementi in spazi ridot-to. Diversamente gli aggiornamenti software non comporta-no questa tipologia di implicazioni, anche se possocomporta-no avere impatti ben più complessi a livello sistemico. Soprattutto quando si tratta di oggetti smart che impiegano tecnologie IoT e sono connessi in un sistema più ampio di elementi, il ragionamento presenta ulteriori aspetti di complicazione le-gati alla compatibilità post-aggiornamento.
Produzione. Dopo aver completato lo sviluppo e
l’ingegne-rizzazione dei componenti elettronici, la produzione segue due differenti filiere produttive. Il corpo del prodotto viene realizzato da artigiani locali specializzati nella lavorazione del materiale di cui è costituito l’oggetto; artigiani con cui poter condurre sperimentazione e realizzare campioni di studio per testare le diverse opzioni. In parallelo, aziende che ope-rano nel settore elettronico vengono impegnate nella pro-duzione dei componenti tecnologici. Una volta identificate le soluzioni ottimali, viene prodotta, promossa e testata una prima serie limitata di artefatti.
A questo punto del processo si identifica, coinvolge e osserva una community di utenti che ci permette di verificare come viene percepito un oggetto il cui significato è stato ridefini-to, proprio mentre è in uso, direttamente con gli end-user (Bogers et al., 2010; Herstatt & Von Hippel, 1992; Lüthje &
M et od o p ro ge ttua le
Herstatt, 2004), quindi sia in termini di usabilità che intelli-gibilità. Quanto raccogliamo da questa attività innesca una ri-progettazione puntuale che alimenta l’implementazione. Per concretizzare questo processo, di seguito discutiamo
lo specifico caso applicativo di Slab!, un prodotto concepito
secondo un’idea di interazione intuitiva e gestuale. Analiz-ziamo criticamente come l’interfaccia è stata percepita dagli early-adopter coinvolti durante il processo di progettazione, esplicitando i cambiamenti che gli insight ottenuti hanno ge-nerato sul prodotto finale.
Slab! Il processo di Thingk applicato a un caso studio
Attraverso l’analisi critica di Slab!, una bilancia da cucina in-telligente che è contemporaneamente anche tagliere e timer digitale (fig. 3), esaminiamo come gli utenti percepiscono
Fig 3. Le principali funzioni di Slab! descritte attraverso alcuni frame
di un video che mostra la bilancia smart in uso. Fonte: https://vimeo. com/211579872
U n p er co rs o c on l ’u te nt e a l c en tr o
e come interagiscono con un prodotto dotato di un’esteti-ca che suggerisce affordances signifiun’esteti-cativamente più ridotte rispetto alla funzione che effettivamente svolge, facendo emergere la questione di come le nostre costruzioni culturali vengano messe in discussione da tali artefatti, non esplicita-mente interattivi.
Fig 4. Schematizzazione delle funzioni di Slab!, attivate attraverso
un’inter-zione gestuale o una manipolaun’inter-zione
Slab! è il primo oggetto progettato dalla startup. È una
bilan-cia da cucina, un timer digitale e un dispositivo IoT predispo-sto per poter comunicare con altri dispositivi smart. Questa bilancia da cucina smart è concepita per creare un’esperien-za utente che sovrappone la sfera fisica con quella digitale. Il suo aspetto (fig. 3) è essenziale e naturale. Il legno di alta qualità ne caratterizza un profilo elegante e minimale. Que-sto aspetto apparentemente analogico nasconde una natura
M et od o p ro ge ttua le
digitale e una complessità funzionale, che emergono lette-ralmente dalla superficie dell’oggetto. Nel suo stato non in-teragito, l’oggetto sembra un tagliere; quando però l’utente agisce sull’oggetto e ne cambia la posizione o l’orientamen-to, dal piano in legno affiorano informazioni che svelano le sue reali funzioni di bilancia e timer. Inoltre i lati nascondono sensori che permettono l’avvio del bluetooth, il cambio della scala di misura, la tara. In particolare, un display a LED posto sotto il legno fresato fa trasparire il peso del cibo se l’oggetto è posto in posizione orizzontale, e attiva la funzione timer quando orientato verticalmente. Tuttavia, per arrivare all’at-tuale forma estetica, Slab! è stata sottoposta a una serie di testing e implementazioni, che hanno coinvolto direttamen-te udirettamen-tenti lungo l’indirettamen-tero processo di design.
U n p er co rs o c on l ’u te nt e a l c en tr o
Ricerca. Slab! utilizza un’interfaccia utente concepita per
emergere quanto il prodotto è oggetto di interazione, e per restare silente quando a riposo. Questo prodotto persegue un ideale di interazione naturale e intuitiva che si fonda sui principi della calm technology (Case, 2015; Weiser & Brown, 1996), unitamente a un desiderio di rendere non solo le in-formazioni, ma la funzione stessa legata al concetto di esse-re situata e contestualizzata.
Design. Il primo concept di Slab! nasce nel 2014,
risponden-do all’ambizione di progettare un oggetto esteticamente minimale e tecnologicamente aumentato. Dall’analisi dello stato dell’arte e delle possibilità tecnologiche deriva l’idea di prodotto dalle informazioni localizzate nello spazio e l’idea di renderle responsive rispetto alla manipolazione e all’orienta-mento dell’oggetto stesso. In particolare, osservando la ten-denza delle interfacce a dissolversi negli prodotti, abbiamo optato per progettare un oggetto che nascondesse la sua vera natura. All’apparenza Slab! sembra un tagliere. Nulla di più. Tuttavia basta una pressione o un cambio di orienta-mento per rendere manifeste le sue reali funzioni.
Per finanziarne lo sviluppo e al contempo raggiungere una comunità di utenti ampia e attiva che ci aiutasse nel com-pito, abbiamo avviato una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Indiegogo. Questa campagna ci ha permesso di raggiungere e costruire un’importante comunità di prosu-mer (Gonzalez et al., 2014) con cui abbiamo condotto speri-mentazioni volte a esplorare le potenzialità e implicazioni di un prodotto dal design per natura ambiguo, mentre il pro-dotto si trovava ancora nella sua fase di prototipo. In seguito alla campagna, da ottobre 2014, più di 200 Slab! sono state
M et od o p ro ge ttua le
inviate ad una comunità internazionale collocata in 19 paesi nel mondo. Per sei mesi abbiamo chiesto a coloro che han-no preso parte al crowdfunding e ricevuto la bilancia smart di aiutarci a capire come questo oggetto fosse interpretato, come avessero reagito all’artefatto la prima volta che ci han-no interagito, e quali funzioni comunicasse.
Abbiamo chiesto loro di contattarci per dirci qualcosa su di loro e darci la loro opinione sul prodotto. Nel giro di pochi giorni abbiamo cominciato a ricevere feedback che ci resti-tuivano svariate prospettive sul nostro prodotto e su come fosse stato interpretato e utilizzato. I dati raccolti sono quin-di stati analizzati per capire se, come e anche in che misura la tecnologia incorporata, una volta rivelatasi, abbia informato riguardo alle funzionalità dell’oggetto. Proprio le informazio-ni raccolte ci hanno portato ad attuare una serie di modi-fiche, poi diventate oggetto di un’ulteriore sperimentazione con un gruppo selezionato di end-user sulla versione attuale di Slab!. Quanto accaduto nel caso di Slab! è divenuta prassi nel nostro processo di design: l’analisi d’uso svolta attraver-so dati e feedback dalla comunità di prosumer, opportuna-mente interpretati, ci ha portato a rivedere alcuni aspetti del prodotto – nel caso di Slab! al riposizionamento del display LED, alla variazione delle funzioni rispetto all’orientamento, e al ridimensionamento dell’oggetto percepito come troppo grande. Analogamente, l’osservazione su un campione più contenuto che ha interagito con il prodotto implementato, ci ha poi consentito di validare le scelte progettuali intrapre-se. In generale, la raccolta dei feedback ci ha restituito una chiara visione di come il nostro prototipo prima, e il nostro prodotto poi, fosse usato coerentemente alle nostre aspet-tative, dimostrando il ruolo fondamentale dei dati per