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Il Picentino : giornale della Real Società economica ed organo del Comizio agrario di Salerno. 8. serie, A.14(1871)

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IL FIOTTINO

GIORNALE DELL* HEAL SOCIETÀ’ ECONOMICA

ED ORGANO DEL COMIZIO AGRARIO

SA L E R N O

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I N D I C E

DELLE MATERIE CONTENUTE

I N Q U E S T ’ O T T A V O V O L U M E

OTTAVA SERIE — ANNO 1871.

Agricoltura Della causa di riscaldamento nel frum ento N e

cessità di c o m b a tterla dei m ezzi proposti ed usati a tale s c o p o ... Pag. 12

Della produzione degli A lizza ri e delle Carube in Cipro

Rapporto del R . Console Cav. Colucci . . . » 67

M inaccia di u n nuovo aum ento sulle imposte dirette . » 99 P rim a relazione sullo stato delle campagne del Circondario di

Salerno dell’ anno 48*14 . . . . 133

S u lla raccolta del 4874 e sullo stato presente delle campagne » 257 Relazione annuale sullo stato dell’ agricoltura nel Circondario

di S a l e r n o ...» 323 — — ­ — — — — — — —

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Quesiti intorno all' agricoltura . . . 135 Associazione Industriale Ita lia n a . . . . » 197 Esposizione di a g rico ltu ra , in d u stria e belle a rti nel 1874 in

F o r l ì ...» 200

Della diffusione degli a ra tri A m ericani nelle varie regioni del

R e g n o ...» 262

Circolare del M inistero di A g ric o ltu ra , In d u stria e Commer

cio sulle condotte veterinarie . . . . . » 266

Cronaca agricola del M andam ento di P olla. . . » 336 Decreto di approvazione della B anca Agricola N azionale » 361 S ta tu to della B anca Agricola Nazionale . . . » 365 L ’ E conom ia Nazionale e V A gricoltura 19 5 5 83

116 149 187 211

Apicoltura Prim o congresso apistico Italiano in M ilano . » 368

Appendice Due conferenze dettate ai m aestri elem entari di T erra

di Lavoro dal Socio corrispondente D ott. Carlo Ohlsen » 28

S u lla inefficacia del Contatore meccanico ( M em oria del Socio

Alessandro Zecca ) 90 120 153 189 217

Tentativo di u n a Biografia di G. B . della P o rla e di u n '

e-sposizione della sua magia naturale ( P el Socio G. Palmie

ri ) 203 241 2 7 5 308 343 372

B

Bachicoltura Congresso bacologico in Udine . . . » 177

P rogram m a p e r la seconda sessione del congresso internazionale ba

cologico. . . . » 178

P rim o congresso bacologico internazionale tenuto in G orizia

V anno 4810 . . . . » 227

Secondo congresso bacologico internazionale da celebrarsi in

Udine nel settembre \ 8 H . . . . . » 237

Conclusioni del secondo Congresso bacologico internazionale » 297 Bibliografia Di alcuni scritti economici del Senatore Arrivabene » 114

Della fabbricazione degli olii d' ulivi per Domenico Capponi » 214

Di due operette agronomiche del P r o f. Cappi . . » 240

B ulleltino meteorologico dei mesi del Ì8 1 L 32 6 4 96

128 160 192 2 2 4 2 5 6 288 320 352 384 — — — — — ­ — — — — — — — — — — — — — — — — — — — ­ — — — — — — — ­ — — — — — — — — — — — - — — — — — —

(7)

Comizio Agì'ario Verbali delle tornate. . . » 4 5 164

Dell' Istitu to Agrario di C aserta. . . . . » 106

Cenni sulla legislazione A graria di P russia . » 109 143

Relazione del Comizio A grario sullo stato delle Campagne » 133

Biblioteche agrarie circolanti . . . 269

Relazione annuale del Comizio A grario sullo stato dell’ agri

coltura nel nostro Circondario . . . . » 323

Relazione sul p ra n zo agrario tenuto nella Sala della Società

Econom ica il due febbraio 4871 . . . . » 33

Quinto p ra n zo degli Agricoltori Italiani . . . » 181

D i alcune opere agronomiche del P r o f. Cappi . . » 24 0

Relazione annuale del Comizio A grario di Salerno intorno al lo stalo dell' A gricoltura del Circondario medesimo . » 323

E

Enologia Della conservazione del vino mediante V applicazione

del tannino dei vinaccioli » 8

Statuto della Società Enologica di Salerno . . . » 39

Necessità di favorire il commercio dei vini . . . » 101

S u dì un a sofisticazione della m ateria colorante dei vini » 103 Del commercio dei vini e della Società Enologica di Salerno » 171 Metodi Gali e Pétiot p er supplire alla m ancanza di zucchero

nel mosto e migliorare il vino. . . . . » 302

V im portazione dei vin i italiani in Inghilterra Documenti

Ufficiali. . . . 341

Epizoozia Del tifo bovino e di u n efficace provvedim ento . » 140 Documenti Ufficiali intorno al tifo bovino . . . » 176 Istru zio n e intorno al modo di applicare la terapia solfitica

nell' epizoozie, e principalm ente nell' a fta epizootica ( taglio ne ), nella febbre carbonchiosa ( antrace ), e nel tifo bovino

( peste bovina ) . . . . . . » 270 I Introduzione . . . »

1

— — — — — — — — ­ — — — -— ­ — — — — — — — — — — — ­

(8)

321 - 353

N

Necrologia del B . F . Giordano . . . . . • » 211

P

Di u n a spiacevole p o l e m i c a ... » • 89 P rogram m a di concorso a prem io . . . . » 201

R

R eai Società E conom ica Verbali delle tornate 2 65 97

129 161 193 225 2 8 9

R ivista dei giornali D i u n metodo speciale per la conservazione

del vino . . . 8

Delle cause che producono il riscaldam ento nel fru m e n to » 12

DelV ir r ig a z io n e . . . . » 4 7 73

Una nuova m alattia dei castagni . . . . » 104

Le maioliche del Marchese G inori e i vetri del Salviati all'E

sposizione m arittim a di N apoli . . . . » 136

Di u n buon servigio fa tto all' A g rico ltu ra italiana . » 262

T

Della scoperta del tabacco Del m odo di coltivarlo e dell' uso cui

è destinato . . . » 291 92

Delle regioni in cui tal p ia n ta è meglio coltivata , della ga bella im postavi p e r la p rim a volta nel regno di Napoli; proi bizioni Ecclesiastiche , Bolle P o n tifìcie, e rigori de' governi

civili p er fi uso del tabacco . . » 293 9 4 95

Delle tabacchiere, de' sigari e delle pipe . . . » 296 — — — — — — — — — — — — — — — — — -— — — — — — —

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.

'

.

*

.

. '

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-A’ CORTESI LETTORI

11 Picentino coll’ anno 1871 m ette piede nel suo

X IV anno di vita colla stessa m odestia onde venne la

prima volta in luce , ma con m aggiore fiducia non

n elle sue fo r z e , ma nella benevolenza de’ suoi lettori

già da lunga pezza sperimentata. E gli non ha bisogno

di far larghe prom esse : il suo passato sarà arra e si­

curtà per 1’ avvenire. Tenendosi nella stessa via in cui

si m ise da prim a, non senza speranza di poter anche

m igliorare la sua opera coll’ aiuto degli a m ic i, prose­

guirà a m antenersi lontano egualm ente da vani astrat-

tumi, che a nulla approdano, e dal cieco em p irism o,

per il quale gl’ Italiani per lungo tempo sono stati in ­

feriori agli altri popoli assai m eno di essi dalla natura

privilegiati. O n d e , com e innanzi ha p raticato, a rad­

drizzar le inutili pratiche e i vecchi m e to d i, esporrà

le ultim e conclusioni della scienza agraria e le più pro­

fittevoli esperienze fatte dagli altri, nè om etterà di ri­

portare i verbali del Comizio Agrario e della Società

E co n o m ica , dove e per lo scambio vicen d evole delle

idee e per la m antenuta discussione i principii e le

teoriche dell’ agricoltura si veggono m eglio definite e

individuate. Questo è in breve il programma del

110

(12)

stro giornale. Così potesse essergli agevolato il compi­

to eh’ è F increm ento dell’ agricoltura p rovin ciale, dal-

F opera e da’ consigli de’ soci ed am ici; da’ quali s im ­

prom ette che nel nuovo anno più spesso vorranno a-

iutarlo colle loro corrispondenze, e colla parola e più

ancora co ll’ esem pio confortare i loro coloni e cono­

scenti a smettere una buona volta le viete pratiche e

a lasciarsi governare da m etodi più razionali ! Chè così

vedrebbesi crescere anche fra noi la prosperità mate­

riale, e il popolo m esso a parte de’ benefìcii de’ nuovi

o r d in i, prenderebbe davvero ad averli in pregio e ad

am arli. Con tali auguri e con tali speranze il Picen-

tino augura il nuovo anno.

R E A L S O C I E T À ’ E C O N O M I C A

DELLA PROVINCIA DI SALERNO

Verbale della to rn a ta ordinaria del A Gennaio 487L

Alle ore 3 lf2 p. m. del giorno 4 Gennaio si raccolgono nel so lito luogo delle ordinarie r iu n io n i i Socii S ig n o ri:

Centola Cav. Giovanni P resid en te Napoli Prof. Francesco V ice P residente Olivieri Prof. Giuseppe Segretario

Lanzara Raffaele Tajani Domenico Rellotti Giuseppe Zecca Alessandro.

11 P re s id e n te , dichiarando aperta la tornata, propone che a fin di ridestare lo spirito di associazione fra la classe dei proprietarii e degli agricoltori pel progresso dell’ A gricoltura e dell’ in d u s trie , che ne dipen dono , reputa opportuno tentare un mezzo che in altri pnesi è riuscito con buon successo. E ’ vorrebbe che in un giorno del prossimo carne vale s 'im b a n d is s e un pranzo agrario, a cui partecipassero non solo quei nostri Socii, ai quali piacesse, ma ancora i più egregi agricoltori del vicinato. Scopo di tal modesta riu n io n e sarebbe quello di prescegliere

­ — — ­ — ­ ­

(13)

qualche argomento speciale e di maggiore e più pratica im portanza e discuterlo cosi alla buona e festevolm ente; il quale tem a a suo avviso verrebbe naturalm ente porto dall’ occasione del pranzo, e sarebbe questo di trovar modo come migliorare e smerciare i nostri vini. L’ elezione di siffatta materia vien pure raccomandata dalle speciali co n d izio n i, in cui versiamo per rispetto alla viticoltura e alla produzione del vin o , eh’ è il più rilevante fra tu tti i prodotti ed a cui si ha particolare te n denza così dai p roprietarii come dagli agricoltori, estendendosi ogni anno di più le piantagioni di viti anche in lu o g h i, che per postura geografica e per qualità di te rre n o , non paiono gran fatto acconci alla coltura e prosperità della vite.

In ta n to le can tin e son piene, rare le ricerche e , com’ è naturale, vilissimo il prezzo. E pure da noi quasi non si cerca nessun rim edio ed espediente per dar la via del commercio a sì grande quantità di vino, e forse n o n si potrà trovare questa via senza prepararli a modo i no stri v i n i , sì eli’ essi possano avventurarsi al mare e g iu n g e r e , dove ce n’ è bisogno, buoni, lim pidi e gustosi. Adunque l’ intendersi insiem e in un festevole convito un buon num ero di p e rso n e , aventi cura a soste nere il prezzo di un tal prodotto, gli sembra cosa non solo opportuna, ma di rilevata importanza. E se altro non è da s p e ra rn e , varrà certa mente a richiamare 1’ attenzione degl’ intervenuti e degli a l t r i , che ne sentiranno a discorrere, sul tema che sarà soggetto della discussione. I più pratici potranno illuminare i meno e s p e rti; e poi c’ è da cavarne partito per fare a tu tti comprendere che per rendere commerciabile il vino salernitano sia di somma importanza non solo di preparare i vini in modo, che si possano serbare, ma badare allresì alla scelta delle va

rietà dei vitigni, più rispondenti al disegno di quel v i n o , che si vuol preparare, ed uscire una buona volta da quella confusione di uve diver sissime ; le quali non possono dar per risultam ento che vini diversi e non già quei tipi costanti che voglionsi offrire al commercio ed ai lon­ tani consum atori.

Conchiude ch’egli si augura che un pranzo agrario, inteso a racco­ gliere un buon num ero di persone interessate nella produzion del vino, debba tornare accetto e che il saggio che si farà dei nostri migliori vini ed una discussione ben diretta sulle varie quistioni enologiche deb ba riuscire di somma utilità e per questo ne raccomanda alla Società l’ iniziativa.

Il Socio Signor Bellotti, approvando la proposta, che trova oppor­ tuna ed utile, vorrebbe che gl’ inviti fossero num erosi e che si esten

dessero ancora ai proprietarii ed agricoltori degli altri circondarli della Provincia, come forse più bisognosi d’ istruzione e di buoni metodi per ottenere pregiati e squisiti vini. Comprende che la ristrettezza del lo cale non si presti ad accogliere molta gente; ma dove la prova riesca fe ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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lice questa prima volta, come non ne d u b i t a , potrebbesi poi ritentarla u n ’ altra volta e chiamarvi allora persone degli altri C ircondarli della Provincia.

La Società, plaudendo alla proposta del Presidente, incarica i Socii Signori L a n za ra e B ellotti di m andare attorno le lettere d’ invito e di provvedere a q u a n t’ altro faccia bisogno, fermandosi, che ciascun convi tato debba pagare da sei in setto lire per le spese occorrenti.

In seguito il Socio Signor L a n z a r a , invitato dal P resid en te a ri ferire intorno al nuovo metodo attuato nella Città di Casale per 1’ e- spurgo inodoro dei pozzi neri, fa la seguente relazione:

« La Società dei coltivatori casalesi per 1’ espurgo inodoro dei pozzi neri, ha risoluto con successo il difficile problema di conciliare gl’ i n teressi dell’ agricoltura insieme con 1’ igiene pubblica.

La città, che in Italia meglio di ogni altra ha provveduto allo e spurgo inodoro delle fogne, è stata Milano. In fatti fui dal 1861 il Mu nicipio di questa città sussidiava con 100 mila lire la società anonim a che si costituiva per questo scopo. In seguito altre società, per lo stesso scopo si stabilivano, e la città ne avvantaggiò assai sotto il rapporto igie nico; ma i coltivatori dovettero sottostare al monopolio di queste diverse società.

Ora i Casalesi guardando questi gravi in c o n v e n ie n ti, e volendoli cansare, hanno saputo, con loro speciale provvedim ento, salvare da p ri ma 1’ igiene pubblica, in secondo rispettare la borsa degli agricoltori. E considerando il grande dispendio che sarebbesi dovuto sostenere per tra sportare le fecce umane dalla città in sito distante dall’ abitato, pen sa rono invece di stabilire nella città stessa una fogna collettiva costruita in m u ra tu ra e perfettam ente chiusa all’ am biente esterno. Le fecce si vanno raccogliendo in botte metalliche , sistem a atmosferico dell’ ing. mecc. Pietro Pfau, e giunte che sono sulla fogna si scaricano in essa per mezzo di un tubo che le mette in comunicazione. L’ aria che di conseguenza ne deve uscire per l’ entrata delle fecce, si fa uscire per altro tubo che innestandosi per un estrem o nella parte superiore delia volta mette capo coll’ altro in un fornello: per tal modo prima che l’ a­ ria metifica si spanda nell’ atmosfera, si purifica bruciando nel fornel­ lo. In un modo analogo si procede per rie m p ire dalla fogna le botti pel consumo dei coltivatori.

P e r prevenire poi 1’ esclusivismo di una società estranea al paese, i Casalesi si sono riuniti loro stessi in società p e r .a z io n i, e così ogni socio proporzionatamente al suo capitale, ritira un n um ero di botti piene del prezioso ingrasso.

Il vantaggio, che ha conseguito questa società in tal modo costituita, è grande, come assai acconciamenle il Signor Massanza Evasio ha espresso nel suo opuscolo testé pubblicato.

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È veramente doloroso per noi altri agricoltori salernitani di non poterci giovare di una pratica che ha dato sì vantaggiosi risultati ai col­ tivatori Casalesi, e questo per la mancanza assoluta di pozzi n eri nella nostra città. E non posso darm i ragione perchè il nostro M u n ic ip io , non so con quanto accorgimento, costrinse i proprietarii di case a sop­ primere i pochi pozzi neri rim asti, ed im m ettere nei corsi delle nuove strade i condotti luridi ».

Il Presidente, accettando le conchiusioni del relatore Signor L a n za

r a , dice che se non è a sperare che per la cattiva costruzione de’ pub

blici condotti luridi si possano conciliare gl’ interessi agricoli con gl’ ig ie nici nella nostra città e quindi non si possa almeno per ora im itare il metodo della Società Casalese, s’ invitino almeno gli a ltri Municipi! più popolosi della Provincia a far tesoro del nuovo ingegnoso m eccanism o, ed a richiam are la loro attenzione su di una faccenda, che im porta as sai così alla prosperità agricola come all’ igiene pubblica.

11 Socio Signor B ellolli, considerata 1’ im portanza dell’ argomento , dice che anche da noi si potrebbe cavar partito dalle materie fecali, modificando il sistema presente de’ condotti luridi e obbligando per di­ sposizione municipale i proprietarii di case a costruire in fondo dei cessi delle fogne o conserve, che col metodo dell’ ingegnere Pfau ver­ rebbero poi evacuate. Aggiunge altre considerazioni sul proposito e r i

sponde a qualche obbiezione che gli vien mossa.

Il Socio Signor Tajani troverebbe impossibile 1’ attuazione di una seconda conduttura per la città di Salerno che accogliesse le sole m a terie fe c a li, sia per la spesa che per la difficile fluenza delle materie una volta che le acque di pioggia andassero per altro meato. E la spe­ sa diventerebbe maggiorm ente poco sopportabile quando si rifletta che tali appositi cunicoli per la maggior parte delle strade dovrebbero col­ locarsi in entram be le sponde per accogliere le fecce di ciascuna adia cenza.

Trova poi che sia a suo parere opportunissim a la proposta Bellotti che cioè per ordinanza municipale in ogni abitato si prescriva ad ogni pro prietario di case la costruzione di speciali pozzi (ieri, erm eticam ente chiusi, che verrebbero poi di notte ed a cura dì una Società vuotati col metodo inodoro. Ma l’attuazione di un simile provvedimento, non potrebbe ottenersi sì pronto da salvare i cittadini dal fetore, e la ricca sostanza fecondatrice all' agricoltura. Q uindi è che per la Città di Salerno egli, il Tajani, crederebbe indispensabile un espediente più pronto che f a cesse immediamente ottenere un ris u lta to , senza trascurarsi il provve­ dimento amministrativo saggiamente propugnato dal collega Bellotti. Potrebbe questo espediente consistere n e l tagliare ogni emissario, a poca distanza del suo punto d’ arrivo, e farlo versare in una galleria so tte r ra n e a , che sarebbe a costruirsi rivestita a b a s o l i , e coperta d ilig e n te

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o

no m ente da boccagli di pietra in e n tram b i i lati dell’ e m i s s a r i o , che da rebbero il mezzo alla estrazione del m ateriale versato.

I rifiuti acquosi poi sarebbero immessi nell' ultim o fram m en to tronco conservato sotto la corrente del meato sino al m a r e , e prim a dello sbocco vi potrebb’essere costruito un portellone a valvola che desse luogo all’ uscita del liquido, senza p erm ettere la introduzione dei m arosi.

Con ciò il m ateriale sarebbe in gran parte salvato all’ A gricoltura senza aggiungere nuovi inconvenienti a quelli che si deplorano. Ma se p u r volesse rip ararsi ai danni attuali della igiene potrebbero chiudersi tu tte le saracinesche in generale che sono nei basolati e sostituire al di sotto de’ passeggiatoi, nei siti p r o p r i i , de’ pozzi di a sso rb im e n to , con boccagli forati, profondi e bislunghi pel facile loro espurgo, e che m e diante sifoni in tubi ricurvi di terra cotta di grosso diam etro, con i n nesto molto superiore al f o n d o , potrebbero com unicare coll’ emissario fetido, ove le acque entrerebbero per pressione e non potrebbe so rtirn e alito qualunque.

Ha quindi conchiuso, che queste non sarebbero che delle semplici idee, ma confiderebbe che gli egregi Ingegneri adibiti dal Municipio di Salerno potrebbero, col solito senno pratico, perfezionare in artistiche e studiate p roposizioni, alle quali sarebbe d’ uopo che il Municipio di S a l e r n o , meglio che ogni altro rivolgesse le sue provvide cure, bastando solo nello interesse della Società Economica che non si continui a sperdere nel m are tutto quello che la terra richiede per restitu irlo di nuovo a noi m e desimi per compiere un’ orbita ora troncata nel suo sviluppo.

I Socii Signori L a n z a r a , Bellolti e N apoli successivamente piglia la parola e fanno osservazioni in vario s e n s o , e prolungandosi la di­ scussione, il Presidente richiam a alla Società le cose poco innanzi dette, che cioè la Società deve tenersi contenta di aver fatto quanto era in lei p er richiam are la pubblica attenzione e specialmente quella dei M unici pii sull’ im portante argomento dei p o zzi neri, ora m assim am ente che un metodo facile ed economico in una piccola città d’ Italia è stato felice­ mente messo in opera. R iguardo alla città nostra, quantunque le osser­ vazioni del Socio Signor Tajani gli sembrassero giudiziose, pure egli n u tre poca fiducia che sieno accettate dal M u n ic ip io , che gravato, co m ’ è, di tante spese, non si mostra poi molto tenero nè degl’ interessi dell’ A g r i c o l t u r a , nè di quelli dell’ igiene pubblica. Conchiude col fare eccitamenti alle am m inistrazioni comunali degli altri paesi più popolosi di volersi pigliare m aggior cura del concio umano e di voler attuare il sistema casalese per 1’ espurgo inodoro dei p o zzi neri.

Da ultimo il Socio Signor Zecca dà lettura di u n ’ im p o rtan te m e

m oria, y k cui coi principii della meccanica applicata alle macchine in

dustriali dim ostra essere, il contatore, messo p er la esazione della tassa sul m a c in a to , inefficace allo scopo. P oiché, considerando i molteplici

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fattori di questa produzione,

ha fatto notare che se col

sistema

passato dell’ appalto coi m ugnai si ebbe una concorrenza fra e s s i, il contatore poi applicato ai singoli palm enti non p rodurrà risultati migliori

e

di­ versi e sarà cagione di molte controversie e lamenti.

Questo concetto del contatore meccanico esige, dice il Socio Signor

Zecca, un controllo inattuabile per sopperire o tecnicamente a tanti e

lementi variabili del calcolo, o praticamente per d eterm inare la quantità di sfarinato in relazione del contatore; quantità dipendente dalla q u a n

tità disponibile del motore, dalla mola del palm ento, dal peso di que sta o dal c o n su m o , ed in fine dalla qualità del cereale che si sfarina in rig u a r d o alla sua durezza ed al suo stato igrom etrico ; non senza sconoscere come elemento della quantità di macinato le particolari e s i genze degli avventori.

Da ultimo il Socio Signor Z ecca, facendo risaltare tutti gl’ incon venienti di questo inesatto e dispendioso agente finanziario, esprime il desiderio di vederlo ben presto abbandonato, surrogandogli la sovratassa governativa ai Comuni in ragione di popolazione, potendosi annualm ente ottenere 1’ introito nelle casse dello Stato di una somma superiore ai cento milioni di lire.

Questo è il concetto generale svolto dall’ on. Socio nel suo lungo ed elaborato lavoro.

La Società , congratulandosi con 1’ autore e riconoscendo l’ im por tanza della memoria letta, la quale si maneggia in torno ad un argomento in parte tecnico ed in parte economico, invita il Socio Signor Zecca a volerla rendere di pubblica r a g io n e , inserendola nel nostro Periodico: la quale proposta ed invito è accettato con ringraziam enti dall’on. Socio.

Alle 5 1/2 p. m. si scioglie 1’ adunanza. Il Segretario Prof. OLIVIEKI Il Presidente Cav. CENTOLA -­ ­ ­ ­ ­

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C O N SE R V A Z IO N E D E I V IN I

M E D IA N T E L’ A PPLICAZIONE DEL TANNINO ESTRA TTO DAI VINACCIUOLI.

Se può to r n a r utile la cognizione di que’ rim e d ii che dai più e- sperti vinicultori opportunam ente si adoperano per co rreg g ere le mol­ teplici alterazioni cui vanno soggetti i v in i, più utile ancora è senza dubbio il conoscere i mezzi coi quali si possono le stesse alterazioni prevenire. Uno di questi mezzi, assai facile, poco dispendioso e di certa riuscita, consisterebbe nella applicazione del tannino estratto dai vinac ciuoli. Intorno a ciò il M oniteur vinicole ha dato u ltim a m e n te un i n teressante a rtico lo , del quale il periodico milanese L a vite ed il Vino offre il sunto che segue :

« A tutti coloro che s 'i n t e r e s s a n o di cose riflettenti 1’ enologia so no orm ai noti gl’ in teressantissim i lavori dell’ illustre P a s t e u r ; il quale a mezzo del microscopio, avrebbe constatato, che tutte le m aterie dei vini sono indipendenti dalla moltiplicazione di vegetazioni p a ra s s ita n e , i cui germ i esistono probabilmente in tu tti i v in i, ma in quantità va r ia b ile , secondochè la fermentazione nei tini è stata più o meno per fettam ente condotta a term in e. Questi germ i organizzati non si svilup­ pano e non si moltiplicano che in certe condizioni ancora sconosciute e solamente quando trovano nel vino degli elem enti p ro p ri alla loro nutrizione ed alla loro moltiplicazione. Nei vini in cui mancano questi elem enti, questi germ i restano i n e r t i , s’ atrofizzano e vengono precipi tati nelle feccie , colle quali vengono elim inati per mezzo dei travasa m e n e . In questo caso i vini di tal fatta percorrono la loro carriera senza punto in d e b o lirsi, e pervengono alla vecchiaia senza subire altri cangiam enti all’ infuori di quelli che risultano dalla loro età più o m e no inoltrata.

Da quanto procede risulterebbe che il problema della conservazio­ ne dei vini sarebbe in tieram en te riposto nel trovare un mezzo capace di o pporsi, senza indebolire la qualità dei vini stessi, al germ ogliare di questi vegetali parassiti distruggendo la vitalità dei loro g e rm i. Più conveniente ancora riescirebbe quel mezzo c h e , sviluppando le qualità dal vino, godesse della proprietà d’ elim inare i germ i ed i mycodermi stessi. Questa proprietà è precisamente quella che dal sig nor P a re n t venne constatata nel tannino ricavato dai vin a ccu io li, del quale racco­ manda caldamente l’ uso a qu an ti vogliono conservare i loro vini.

il metodo preconizzato dal signor P a ste u r per prevenire le malat tie dei vini e che consisterebbe, come ognun sa, nel distruggere la vi talità dei germ i dei mycodermi portando il v in o , non fosse che per

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pochi m inuti, ad una tem p eratu ra di 50 a 60 gradi, m entre da taluni, all’ appoggio di rip etu ti esperim enti, non sarebbe creduto bastantem ente efficace, verrebbe da altri sentenziato siccome atto ad affievolire le più pregevoli qualità dei vini, quali l’ arom a, la freschezza e la finezza.

Molto tempo prima di aver cognizione dell’ esistenza dei mycoder- mi il sig n o r Paren t era d’ avviso che tutte le malattie dei vini traes sero la loro origine dalla mancanza di una sufficiente proporzione di tannino. Partendo da questo p rin c ip io , ogni qual volta avea da spedir vino in lontane reg io n i era solito chiarificarlo, al m om ento della par tenza, con una soluzione alcoolica di tannino di vinaccioli. Mercè una tale precauzione il vino sopportò mai sempre i più lontani tra sp o r t i , sì per t e r r a , clic per m a r e , senza mai provare la più piccola alte razione.

Quando poi il signor P a re n t venne a conoscenza degl’ interessanti lavori del signor Pasteur, fu sollecito a rapportarsi ad un abile micro scopista, il signor Nodot di Dijon, il quale lo coadjuvò efficamente nelle sue ricerche , e gli apprese che un campione di vino del 1 8 0 8 , a lui consegnato per essere sottomesso all’esame microscopico, conteneva una gran quantità di mycodermi. Le osservazioni microscopiche gli provaro no eziandio, che di due saggi dello stesso vino, di cui uno chiarificato al bianco d’ uovo e l’ altro sottomesso all’ azione del tannino di vinac­ cioli, il primo conteneva ancora dopo un certo tempo una grande q u a n tità di mycodermi, m entre il secondo ne era affatto privo.

Che più, tanto il signor P a re n t quanto il suo bottajo, hanno tosto potuto convincersi che il vino chiarificato col tannino era sensibilmente superiore a quello trattato col bianco d ’uovo. Non è già che 1’ addizio­ ne di tannino avesse comunicato al liquido alcun sapore particolare che ne rivelasse la presenza: il vino aveva soltanto acquistato più marcato vigore, maggior limpidezza, ed il colore ne era divenuto più brillante.

Non si sarebbe ottenuto un risultato così splendido quando, invece del tannino d ’ uva, si fosse impiegato quello o rd in a rio , estratto dalla noce di galla. Quest’ ultimo potrebbe probabilmente eliminare i myco­ dermi, ma la sua preparazione richiedendo, per ottenerlo affatto p u r o , l’ uso dell’ e te re , conserva sempre un sapore ed un odore sui generis, sgradevole, che non mancherebbe di venir comunicato al vino, siccome venne constatato da coloro che lo vollero sperim entare.

Soddisfatto dei risultati o tte n u ti sopra il vino trattato col ta nnino, ha sottomessi tutti quelli della sua cantina alla stessa operazione. L’ef­ fetto fu identico su tutta la massa di detti v i n i , i q u a l i , degustati a più liprese nel corso dell’ estate da persone assai co m p e te n ti, furono ritrovati, senza eccezione, superiori a tu tti gli altri vini della stessa classe. U loro vigore, la loro finezza e la loro trasparenza si sono m an tenuti ad un grado assai elevato. Nel mese di ottobre volle il s ig n o r

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P a re n t assicurarsi se si fossero riprodotti dei nuovi m y c o d e rm i, ed a questo scopo ha fatto esam inare dallo stesso osservatore campioni delle singole botti. P e r mezzo di tali indagini fu impossibile scoprire in al­ cuno di detti saggi la più piccola traccia di mycodermi. I germ i erano stati, non v’ ha d u b b io , completamente d istru tti, o piuttosto elim inati.

Nella visita che fece al signor Nodot erasi m u n ito di due campioni di vino di un proprietario di sua conoscenza, fatto con uve raccolte nelle stesse condizioni di quelle del signor P a re n t sotto il rapporto della qualità. Tale vino, che era stato chiarificato col solo bianco d’ uovo, trovavasi sbiadito ed anche un po’ torbido in paragone di quello del si gnor Parent. Sottomesso all’ esame microscopico, si riconobbe che con­ teneva in gran quantità un miscuglio di mycodermi di forme diverse e confuse, rassom iglianti gli uni al mycoderm a vini e gli altri in più gran numero al mycoderma dell’ am aro. Tuttavia la sensazione dell’ amaro non si rendeva palese alla degustazione. 11 vino di cui è parola era d i venuto torbido dopo 24 ore di soggiorno nel campione. Senza dubb io , potevasi da sim ili indizi in fe rire che detto vino abbandonato a sè stesso era minacciato da una prossima decadenza. Reso di ciò avvertito il p ro prietario s’ è deciso a ricorrere al tannino d’ uva per chiarificare tutta la quantità che possedeva, operazione per lui affatto nuova , che venne tosto susseguita da altra chiarificazione fatta al bianco d’ uovo. 11 suc­ cesso fu completo, al pari di quello ottenuto dal signor P a re n t.

Oltre alle citate esperienze , ed altre che per umore di brevità ci dispensiamo dal riportare, ma che furono tutte susseguite da ottimi r i sultati, il signor P a re n t si accinse ad applicare la chiarificazione per mezzo del tannino d’ uva sopra vini divenuti am ari per vecchiaia , sui quali si riconoscevano al microscopio i mycodermi dell’ amaro segnalati dal signor Pasteur. L’ amaro ne fu di ben poco d i m i n u i t o , ma tutti i mycodermi vennero precipitati nel deposito feccioso, che era as^ai a b b o n d an te, m en tre il vino non ne offriva più traccia alcuna. Tuttavia dopo quest’ operarazione, una miscela d’ un terzo, oppure della metà di tale vino rim asto amaro con altro più giovine e s a n o , diede luogo ad un composto perfetto e senza alcun sapore di a m a r o , m e n tre che p r i ma un miscuglio dello stesso vino affetto dall’ alterazione in d is c o r s o , con tre quarti di altro vino buono, bastava per rendere am ara tutta la massa.

Q uanto poi all’ influenza del tannino sulla conservazione del vino, sarebbe, secondo 1’ asserzione del signor P aren t, fuori di contestazione. Appoggiato all’ esperienza di parecchi anni, egli asserisce che mediante 1’ addizione di una dose di tannino ai vino, si può assolutamente r i n u n ziare all’ uso dello spirito, che in generale vien considerato siccome i n dispensabile per comunicare ai vini il vigore di cui hanno bisogno per

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vivere lungo tempo, e sopratutto per re s is te r e , senza d e t e r i o r a r e , agli strapazzi di un lungo viaggio.

P e r ultimo il sig nor P a re n t mette gli enologi in avvertenza, che sebbene il tannino che si riscontra in un gran num ero di vegetali sia stato per lungo tempo considerato siccome identico a quello d’ uva, og

gigiorno però venne da recenti lavori comprovato che il medesimo dif ferisce essenzialmente da un vegetale ad un altro. Egli è adunque a quello ottenuto dai vinaccioli che bisogna dare esclusivamente la prefe renza, se si desidera evitare d’ in trodurre nel vino degli elementi clic gli siano estranei e tali da alterarne il sapore naturale.

P e r la provvista del tannino occorrente pei propri usi il signor Pa- rent ricorre al signor F i s y , farmacista chimico di P a r i g i , il quale lo ricava dai vinaccioli di uve di B o rd e a u x , assai ricche di ta n n in o , con un processo suo proprio, pel quale ha chiesto un brevetto d 'inventore.

Da quanto precede il sig nor P a re n t deduce le seguenti conclusioni, che letteralm ente traduciamo.

S’ egli è vero, dice 1’ enologo francese :

1. Che nel sugo d’ uva o mosto, messo in fermentazione per pro durre del vino, possa esistere un eccesso di sostanza azotata, o ferm en to, che non si consumi perfèttamente nel corso della fermentazione vi­ nosa, perchè non vi si riscontra una quantità di zuccaro sufficiente;

2. Che quest’ eccesso di ferm ento non distrutto e rim asto nel vi no ingeneri dei mycodermi o piante parassitarle che in certe condizioni ed in certi vini si sviluppano e si moltiplicano all’ in finito;

3. Che lo sviluppo e la moltiplicazione eccessiva di questi myco dermi sia la causa unica di tutte le malattie dei v i n i , come sembra risultare dagli interessantissim i stu di del signor P a s te u r ;

Se è vero altresì:

Che il tannino di vinaccioli d’ uva, addizionato al vino in q uantità sufficiente, formi con questi germi o questi mycodermi un tannato in solubile, che precipitandosi li trascini nella feccia, con cui vengono e- liminati per mezzo di tra v a sa m c n ti, siccome vien dim ostrato dai fatti sopracitati.

Si può con fondamento conchiudere :

1. Che la chiarificazione del vino eseguita col tannino d’ uva, ope­ razione semplice e p ra tic a , che lungi dall’ affievolire le qualità le più squisite dei vini più pregiati, loro comunica al contrario maggior brio, debb’ essere considerato come il preservativo per eccellenza, di tutte le malattie a cui sono i vini generalm ente esposti ;

2. Che per conseguenza il tannino di vinaccioli d’ uva può a buon diritto venir proposto come il mezzo più sicuro e più potente per la conservazione e la du rata dei vini.

In grazia delle riportate comunicazioni crede il signor P a r e n t , e ­ ­ ­ ­ ­ - ­ ­ ­

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noi siamo del suo avviso, d’ aver reso un gran servizio ai p ro d u tto ri di vini, al commercio ed ai consum atori »,

R IV IS T A D E I G IO R N A LI

SUL RISCA LD A M EN TO D E L F R U M EN TO DELLA CAUSA DI RISCALDAM ENTO NEL FRU M EN TO

Necessità di com batterla, dei m ezzi proposti ed usali a tale scopo. D i alcuni giudizi sul fenom eno di riscaldam ento. Per chi è al corrente di quanto qua e colà fu brevemente pubblicato dacché questa malattia va sviluppandosi ognora più con danno sem pre crescente dei pro p rietari, sarà facile com prendere come la malattia stessa sia ancora molto oscura. Questo riscaldamento che si produce nella massa di f r u mento ed il contemporaneo o di poco successivo sviluppo delle farfalle dai grani del medesim o, non si sa come spiegare. E infatti chi sa pro d u rre una ragione accettabile che valga a rischiararci d’ alquanto nella ricerca della causa di questo riscaldamento ? È forse 1’ alucita la causa di esso o piuttosto questa ne è 1* effetto?

D’ in to rn o a queste due sole e fondamentali d o m a n d e , molte e molte altre ancora si potrebbero proporre , ed alle quali tu tte poco o nulla di buono si saprebbe rispondere. Ragionando però nel modo or dinario parrebbe doversi venire alla seguente conclusione. L’ alucita quale insetto ritie n si debba la sua o rig in e all’ uovo da cui deriva. L’ uo vo per noi è incomprensibile come possa essere prodotto da un f e n o meno t u t t ’ altro che vitale, quale si crede il riscaldamento nel f r u m e n to* Q uindi detto riscaldam ento parrebbe non potersi asserire quale causa di produzione dell’ insetto alucita.

A ltri forse ragionando in modo alquanto insolito potrebbe essere tormentato dal seguente dubbio. Oram ai la chimica e le altre scienze n aturali sono giunte a tale progresso da poterci provare con molti fatti una certa vitalità negli atomi della materia ; ed è da questi atomi che tu tti gli esseri organici od inorganici, anim ati od in an im ati sono com posti o costituiti. Sicché sebbene gli elem enti costituenti la sostanza del grano di frum ento fossero ancora per rin v en irsi in quella quantità e qualità che già da tempo riscontravam o, non potrebbero a ttu alm en te gli elementi stessi ritrovarsi in circostanze tali di combinazione o m e glio di alterazione o disorganizzazione per cui possa aver luogo un fe nom eno veram ente strano nell’ uso com une? Tanto più che 1’ alucita d i cesi da molto tempo e s is te r e , e non sempre si è moltiplicata a tanta m is u ra , nò ha prodotto continuam ente quéi guài che ora cagiona.

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Così aprirebbesi strada ancora una volta al famoso tema della ge

nerazione spontanea. Nò i o , oltrecchè avvezzo a rispettare le opinioni

ed i giudizi di tu tti, avrei argom enti validi ad opporre. Solo però a m mettendo certe favorevoli circostanze e condizioni a noi ancora ignote per le quali i’ al licita possa ora da noi moltiplicarsi sempre più oltre il consueto, troverei spiegazione del fenomeno di riscaldamento nel g ra no col seguente ragionam ento.

Le larve di alucita mentre trovansi racchiuse nei grani di fru m e n to, oltrccchè dalla farina del medesim o traggono partito per la loro vi ta e sviluppo anche dagli agenti e s te r n i, dall’ aria cioè e dall’ umidità in essa principalm ente. Di che massim amente chi volesse avere una prova più che m ateriale, senza aver riguardo al fenomeno della re sp i razione necessaria alla vita del verme, la potrebbe ricavare dal fatto pel quale, schiacciando alcuni di questi vermi ovvero delle loro crisalidi, si ottiene un u m o re biancastro, viscido, analogo affatto a quello che ci si rappresenta dal glutine disciolto nell’ acqua. E questo in quantità tale da farci tosto comprendere come sia impossibile che detto umore derivi nella sua totalità dall’ acqua principalm ente, la quale nel g r a n o , quan tunque da noi ritenuto secco, sempre in piccola dose rinviensi. R iflet tendo poi al fenomeno della respirazione di esso verme parrebbe facile comprendere la possibilità per cui nel grano in c o n se g u e n z a di ciò ven­

ga a radunarsi maggior quantità di ossigeno specialmente e fors’ anco maggior copia di altri elementi nell’ aria e nell’ acqua c o n te n u ti, sem pre che si consideri come la funzione di respirazione del verme avven­ ga in modo alquanto differente da quello con cui lo stesso fenomeno compiesi negli animali d’ ordine superiore. Il fatto però della p er dita di peso che realmente subisce una certa q uantità di grano infetto dall'alucila, perdita che va aum entando dal 5 al 1 0 , 2 0 , 30 e fino al 50 0;o del peso primitivo col progredire delle fasi delle alucite e collo svolgersi delle medesime dai grani di cui si n u triro n o le loro larve, starebbe a provarci come la presenza di esse nei grani di f r u m e n to , anziché di òumento sarebbe efficacissima causa di perdita di peso ossia di materiale od elementi del grano stesso ; e quindi parrebbe assurdo l’ ammettere che 1’ alucita approfitti e com penetri in sè e gli elem enti della materia componente il grano e parte di quelli che sono negli a genti esterni. Ma d’ altra parte è ammessibile come gli elementi stessi compenetrati nel corpo dell’ insetto vengano dal medesimo elaborati e cioè variamente scomposti e successivamente in diversi modi combinati, ed infine in gran parte emessi dal corpo d ell’ insetto stesso sotto forma ed in modi non ben conosciuti, ed anco in maggior copia in peso di quello sotto cui fossero primitivamente dall’ insetto medesimo ingeriti pure approfittando dogli agenti esterni. Ad ogni modo anche questo fatto varrebbe a convalidare maggiormente l’ idea di una certa alterazione o di­

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-di

sorganizzazione nel grano stesso, e quindi d’ una causa probabilissim a di fermentazione in esso.

Ma forse m iglior ragione si potrebbe ricavare dalla considerazione seguente. E noto come allorché le crisalidi in genere si avvicinano alla loro m atu rità em anino dal proprio corpo una specie di trasudam ento di particolari u m o ri. Questi, m assim e quando il g ra n o sia am m ucchiato e quindi im pedita d’ assai la diffusione del colore, potrebbero essere causa di sviluppo d’ una speciale fermentazione accompagnata da una più o m e no sentita tem peratura (1). Di tale verità gli agricoltori ponno avere una prova più che evidente portandosi a considerare il fatto pel quale , se dopo il raccolto dei bozzoli avviene di lasciare quésti ammucchiali un po’ inavvertitamente, dopo un certo tempo tra essi si sviluppa un più che sensibile elevamento di tem p eratu ra, e in pari tempo si veggono i loro bozzoli ram m olliti quasi fossero stati esposti ad emanazioni di vapor ac queo ; nè tardano dopo ciò a svilupparsi dai bozzoli stessi le farfalle : contro di che e bachicultori e filatori specialmente si prendono partico lar cura e rig uardo col far distendere i bozzoli in is tra ti sottili ed in luoghi il più possibile freschi ed asciutti.

E ciò com preso non sarebbe egli evidente c o m e , oltracchè essere l’ elevamento di tem peratura nella massa del grano dipendente dalla pre

senza dell’ alucita, questo stesso c ontribuirebbe alla m aggior propagazio ne di essa e sia col far p ercorrere a questa con m aggior rapidità gli stadi da verm e a farfalla, e sia col far sbucciare precocem ente i vermi dai semi di alucita che si rinvenissero intorno ai g r a n i ?

A ttuale necessità di distruggere V alucita. Ma le rag io n i se anco fossero belle e plausibili, non tanto sono p e r to rn are gradite alla m ag

gior parte degli agricoltori; i quali am anti di cose reali preferiscono la sciare agli addottrinati l’ incarico dello svolgere le questioni che sono di loro interesse. Nè si può pertanto a loro addebitare gran to rto , se, pressati da danno qualsiasi amano tagliar corto , e con parca e molte volte più utile semplicità, saltano di botto al nodo principale della que stione.

P e r essi il danno che deriva dal male presente si è il rinvenire nella massa del loro frum ento gran quantità di grani bucati e corrosi. Questo effetto è prodotto d irettam ente dai verm i dell’ alucita che si in troducono nei grani del frum ento e di cui poi si n utrono. Quindi è che se noi giungiam o a distru g g ere questi vermi, ovvero le alucite e le loro uo v a , origine dei medesimi, noi saremmo salvi.

(1) D ella temperatura, come già da a lt r i, accompagnata da un debole senso umidore, fu da me verilìcala di 50° Reaumur in un mucchio di frumento da cui svolgevansi in copia le alucile. Tale temperatura corrisponde a quella delle ordina rie fermentazioni. ­ ­ -­ ­ — ­ ­ ­ ­ ­

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Ridotta la questione a questi t e r m in i, la soluzione può dirsi già compiuta. La chimica ci suggerisce tosto il rim edio ; giacché dcssa ci fa conoscere come vi sieno dei corpi assai nocivi anzi micidiali agli i n sulti. E tra questi principalm ente 1’ acido solforoso, il solfuro di carbo nio ed il cloro. L’ ultimo di questi corpi per molte ragioni che a nulla mi gioverebbero 1’ enum erare, è da a b b a n d o n a rsi, e degli altri due per molti motivi è da preferirsi il solfuro di carbonio quale già venne p r o posto dal Canonico Spreaflco (1) e degli effetti del quale sopra il p u n teruolo narrò di fresco il sig. ing. Scalini nella sua relazione: Il p u n

teruolo nel fru m en to (2).

L’ acido solforoso sarebbe facile a tu tti 1’ ottenerlo, giacché a tutti è noto come esso si produca abbruciando dello zolfo nell’ aria ; e pro

priamente è quel corpo gasoso ed incoloro che si ottiene e svolgesi al disopra della fiamma di solfo abbruciante, e che inspirato o per le nari o per la bocca produce in noi come un soffocamento ed in pari tempo eccita la tosse.

Ora di questo gas sarebbe necessario investire la massa del frum en to che noi vogliamo liberare dall’ olucita e sue produzioni. Perciò oc correrebbero apparecchi ed is tru m e n ti opportuni che tanto non potreb bero adattarsi alla pratica della maggior parte di coloro che ne abbiso­ gnano. Di più, per quanto a me consta, non è abbastanza affermato se l’ acido solforoso sia efficace al punto da uccidere non solo le a lu c ite , ma anco le larve e le uova delle medesim e, come all’ incontro è provalo da parte del solfuro di carbonio. E più ancora, non è lieve il pericolo per cui il grano che venga costretto a contatto dell’ acido solforoso possa contrarre un danno forse m a g g io re , quale sarebbe quello di rim anere infetto di un odore disgustosissimo di solfo; ovvero quello di rim an ere dall’ acido stesso intaccato. Un eccesso di solfo non abbruciato può pro babilmente produrre il prim o inconveniente; il secondo può sempre ac cadere a norma della durata in cui 1’ acido solforoso si costringe a con tatto col grano. Giacché 1’ acido solforoso per la sua non lieve energia a tramutarsi in acido solforico tende a togliere un’ opportuna quantità di ossigeno a ciò necessaria dai corpi con cui è posto a contatto: ed è appunto su questa proprietà che è basata la facoltà decolorante dell’ a­ cido solforoso stesso. Ciò stando parmi facile am m ettere come detta quan tità di ossigeno gli possa essere so m m inistrata dal grano stesso, m assi­ me dalla parte che ne costituisce la scorza la quale è sempre più o m e no colorata da colore suo particolare e a tutti noto. Cosi m e n tre da un lato la durata del contatto dell’ acido solforoso sarebbe giovevole prolun

(1) Sul riscaldamento del frumento, del Canonico Spreafico; estratto dal B allet

tino dell'Agricoltura N . 31 del 51 luglio 1869.

(2) Veggasi il N. 26 della Gazzetta delle Campagne, 8 luglio 1870.

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gare sempre più per la completa distruzione dell’ insetto nocivo, dall’ a l tro sarebbe necessario d im inuire d’ assai, a danno perciò dello scopo a cui si m ira, onde evitare 1’ inconveniente citato della disorganizzazione parziale del grano e della conseguente produzione d ’ acido solforico.

S o lfu ro di carbonio utile allo scopo. P e r tu tte queste ragioni io ritengo assai più conveniente il trarre partito dal solfuro di c a rb o n io . Questo come corpo allo stato liquido è assai più maneggevole, e p e r una delle sue proprietà fisiche è altresì di facile applicazione allo scopo a cui m iriam o. Oltracciò, sebbene di odore molto disgustoso avendo la p r o prietà di volatilizzare con somma facilità, non induce pericolo alcuno di lasciare infetto il grano di minim o odore anche dopo che vi fu per qual che tempo a contatto. Unico inconveniente del solfuro di carbonio si è il pericolo di detonzioni, ma queste sempre si ponno e v i t a r e , schivando con ogni cura ed attenzione dall’in tro d u rsi nell’ am biente in cui vi sieno vapori di esso con corpi accesi od in ignizione,

Il solfuro di carbonio è un liquido limpido o leggerm ente azzurrognolo, oleaginoso e mobilissimo. R ifrange vivamente la luce, sicché tra g u a rd a n do per esso, massime quando sia in moto od agitato, scorgonsi i colori d e ll'ir id e . È più pesante dell' acqua, la quale perciò vi galleggia di so pra come farebbe l’olio sull’ acqua stessa. Alla te m p eratu ra o rd in aria e- vapora facilmente, epperò come ho già d e tto , sebbene dotato di odore disgustoso quale quello di verze putride, non lascia la m inim a infezione nel grano con cui sia posto a conlatto. Rolle alla sola te m p e ra tu ra di 4 8 ° e questa proprietà è pu r giovevole allo scopo. I suoi vapori poi sono p iù densi dell’ aria , sicché se nell' am biente in cui si sviluppano vi è questa, come ordinariam ente accade, essi si portano al basso. Coll’ eva porare produce un forte abbassamento di tem peratura, e questa pro p rie tà, oltre quella di essere velenoso agli insetti, giova non poco a procu rare la morte delle uova e delle larve dell’ alucita. I suoi vapori poi me scolati all’ aria danno luogo a miscele detotanti appena vengono in con tatto di un corpo acceso od in ignizione; contro di che come ho detto dovrà aversi unica precauzione. Delle sue proprietà venefiche contro gli in se tti chi volesse averne prova evidente non avrebbe che a prendere po ca quantità di esso in una boccetta qualunque, e questa sturata appres sarla, m antenendola alquanto inclinata, ed agitandola tratto tra tto , alle pareti o al mucchio di frum ento su cui si rinvengono alucite. I vapori di solfuro di carbonio, che in maggior copia avverranno di svolgersi se si procurerà di tener stretta nel palmo della mano la parte della boc cetta nella quale rinviensi adagiato il liquido, dalla bocca della medesi ma si riverseranno nell’ atm osfera cadendo al basso e non tarderanno a farsi sentire dalle alucite, le quali tosto tenteranno f u g g ir e : e per poco che si perseguitino le si vedranno cadere come asfissiate se non m orte veramente. ­ — ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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Nè a questo solo punto si fermano le proprietà venefiche del sol­ furo di carbonio, giacché stando all’ autorità di molti dotti s tra n ie ri e specialmente francesi (1) , è a ritenersi come esso sia anche energico contro le uova ed i vermi degli insetti stessi.

L' acido solforoso usato a queslo scopo. L’ acido solforoso fu e- sperimentato dal sig. A. F ro n tin i ili Lesmo (2) e pare con buon suc cesso; ma sia per le ragioni da me già indicate ed ancor più pel siste ma da lui adottato p e r ottenere gli effetti desiderati, p a n n i non possa convenire alla pluralità.

Egli prese u n a botte e ne attraversò i fondi con un travicello che sporgendo da ambo le parti e colle estrem ità arrotondate valesse a te

nerla sospesa mediante due cavalletti sottoposti ed a renderla girevole intorno al travicello stosso. Nella botte bruciando delle liste di tela sol fate procurò lo sviluppo di acido solforoso; indi introdusse il frumento per circa due terzi della capacità di essa e fece questa girare d ’ alquan to. Dappoi trascorse alcune ore produsse come prim a od insoffiò nuovo acido solforoso mediante la macchinetta del sig. Tubi; ed infine dice che dopo dieci o dodici ore il frum ento è bello e sanato. Conclude poi as­ serendo essere il sistema della più facile applicazione anche a grandi ammassi e dice che due uomini e due botti ponno bastare a risanare

un centinaio di moggia al giorno.

Se il metodo par semplice nell’ applicazione del solo rimedio cioè dell’ acido solforoso, anche sorpassando al pericolo da me cita to , non può però passarsi dall’ osservare come simile conclusione sia troppo a r dita. Dacché stante il giro di dieci o dodici ore che occorrono solo per risanare il grano in ciascuna botte, non potrebbe farsi a meno di am mettere nel granaio due botti della capacità di 50 moggia ciascuna, se vuoisi risa n a rn e 100 in un giorno; giacché come or ora dirò, il tempo che è necessario in ciò non è sol quello delle 10 o 12 ore di contatto del grano coll’ acido solforoso. Ora 50 moggia di fru m en to pesano al l’ incirca 5000 chilogrammi non contando il peso non lieve della botte stessa. Di qui arguiscasi qual dovrebbe essere la grossezza dell’ asse di sua rotazione che in quel caso bastò di un semplice tvavicello. Ed oltrac ciò considerisi il pericolo di guai probabilissimi ad accadere in conse guenza di un tanto peso che verrebbe sostenuto dal pavimento del g ra naio in soli due punti.

Ma sorpassiamo pure su ciò, portiamo piuttosto la nostra a tte n zione al tempo ed alla fatica che sarebbero necessari a c onsum arsi nel caricare quelle botti; nelle quali certam ente il grano credo si ab­ bia ad in tro d u rre pel cocchiume, posto tanto più alto quanto è m a g giore il diam etro della botte. Sarebbe quindi necessario sollevare tutto

(1) Veggasi Payen, Chimica industriale, Voi. II, Conservazione del grano. (2) Veggasi N. 55 Uulletlino d Agricoltura, 1870.

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quel grano a quell’ altezza e prim a di tutto raccogliere il grano stesso in opportuno num ero di sacca. Da ciò si m isurino le quantità di que gli elementi da me sopra indicati e che tanto influiscono sulla i n t e n sità delle spese di un dalo lavoro.

L uso dei pulcini. Ad altri poi parve giovevole di suggerire l’ uso dei pulcini onde salvare il frum ento dai guasti dell’ alu c ita : ed anzi ad amore del vero, dirò come io pure prim a che per mezzo altrui mi venisse in cognizione, simile idea volli sperim entarla in pratica. Ma se da una parte è un fatto che i pulcini con una, direi quasi, ridicola in g o r digia si pascelano delle farfalline senza punto curarsi del grano e ciò fan no con tanta rapidità da lasciarne in breve n eppure una a p a g a r l a , d’ altra parte per poco che si rifletta si potrebbe co ncludere: che se con tal mezzo noi credessimo di g u arire il male, meglio assai e più p re sto sarebbe curato col gettare il grano stesso d ire tta m e n te ai polli. Giacché è bensì vero che i pulcini durante il giorno si pascolano di tu tte le alucite che vi si trovano, ma la mattina successiva siamo da capo: altre alucite saranno comparse e di nuovo si dovrà ric o rre re ai pulcini, e così via via se il male p e rd u ra , come di solito avviene. Sic ché alla perfine e i pulcini sarebbero cresciuti veramente pingui, ma a noi del frumento non rim arrebbe che poco più della crusca.

Però i pulcini torneranno sempre molto opportuni, come dirò in se guito, per coadiuvarci nel nostro intento di completa distruzione dell’ a 1 ncita.

( C ontinua ) Ing. Ac h ill e Ve l in i

( D a ll Italia Agricola ) • ­ ­ — ­ ­ ­ ­ ­

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-L’ ECONOMIA NAZIONALE E -L’AGRICOLTURA

OSSIA

LA SCIENZA DE LL E L EG G I NATURALI ED ESS ENZIA LI D E L L A SOCIETÀ E DELLA VITA UMAN A.

CONVERSAZIONI FAMIGLI ARI

DI

GHERARDO FR ESC H I

( Continuazione Vedi il fascicolo 1 2 . )

Odoardo. Che cosa intendi per imposte indirette?

Proprietario. Tulte le contribuzioni che non sono direttamente r i

chieste al prodotto netto delle terre.

Carolina. E perchè le chiami ind irette?

Proprietario. Perchè, sebbene non domandate immediatamente al p ro

dotto netto, nondimeno è sempre desso cui tocca scontarle.

La Signora. E quali sono queste imposte indirette?

Proprietario. Tutte quelle che vanno sotto il nome d’ imposte sulla

ricchezza mobile e sui fabbricati, e tutte le tasse di qualsiasi specie, la cui lista è troppo lunga per noverarle. Queste imposte producono, o dovrebbero produrre all’ erario 780 m ilio n i, mentre ne dà 118 circa la fondiaria, che è la sola cha possa dirsi diretta a differenza delle altre, c o me quella che si ritiene partecipare direttam ente del prodotto della t e r ra. E la fondiaria, meglio ordinata che fosse nella sua fo rm a , dovrebbe unicamente fornire l’ erario dello Stato, perciocché l'im p o sta necessaria a sostenere le annue spese dello Stato, non può essere che una porzione pre sa nel reddito annuo della nazione; e reddito annuo d ’ una nazione, es senzialmente agricola, non sono che le produzioni della sua t e r r a , depu rate da tutte le spese del coltivatore, cioè il suo prodotto n e t t o ; unico fondo dei salari che ricevono tu tti gli altri mem bri della società in cam bio del loro lavoro. I redditi cosiddetti deila ricchezza mobile non sono redditi, ma spese della nazione, e condizioni necessarie dell’ esistenza dei lavoratori e de’ capitali.

= ° ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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Odoardo. Ma la proprietà fondiaria sarebbe eccessivamente aggrava

ta se sopportar dovesse tutto quel peso accumulato di quasi 900 milioni d ’ imposta.

Castaldo. Per dinci ! Sarebbero nientemeno di 4 decimi e mezzo della

entrata.

P roprietario. E non li pagano ugualmente per cento vie indirette,

ma con una sequela di danni tanto più disastrosi quanto sor» meno avver­ titi e previsti? Se non che questi 4 decimi e mezzo che tu calcoli, sono relativi all’ entrata presente, relativa ella stessa al valor venale d e 'p r o d o t ti, tenuto basso dalle imposte indirette; ma se, tolte queste di mezzo, ed aumentato in conseguenza il valor de’ prodotti, e cresciuti progressivamente i mezzi di spendere dei coltivatori, il reddito netto ascendesse, come do vrebbe e potrebbe ascendere in pochi a n n i , a 3 miliardi ; la proporzione dell’ aggravio si ridurrebbe a tre decim i, anche supponendo che le spese più improduttive dello Stato non venissero dim inuite da savie riforme amministrative.

La Signora. Secondo l’ abbaco non c’ ò che dire; ma perchè il fatto

rispondesse alla ragione aritmetica, bisognerebbe, signor mio, che 1’ ipo tesi del buon prezzo fosse una realtà.

Proprietario. E potreste dubitarne? Subito che que’ 780 milioni di

imposte in d irette, che ora sottraggono tanta parte dei redditi alla circo lazione, alla distribuzione ed alla riproduzione, prendessero, seuz’altri fal laci e sterili giri, la via del mercato, ove tendono fisicamente, v' assicuro che aumenterebbero più di un quarto il valore delle derrate alla vendita di prim a mano; e i fruttuosi effetti, che già vedemmo, di tale aumento non potrebbero mancare.

Carolina. Ma se al mercato non vanno a d ir ittu r a , ben ci debbono

alla perfine c a p ita re , giacché i prodotti delle imposte si spendono in sa lari, e i salari si spendono in consumi.

P io p riela rio . È vero; ma non è cosa indifferente, come tu credi, che

le spese prendano una strada non naturale, che allunghi di troppo la d i stanza fra i consumatori e i produttori. Non si violano impunemente le leggi dell’ ordine economico, ed è perciò appunto che I' imposta indiretta, sem pre arbitraria, riesce funesta all’ economia nazionale.

La Signora. Queste asserzioni e questi principii hanno d’ uopo, ami

co mio , d’ una rigorosa dimostrazione , giacché voi non ignorate esservi contraria l’ opinione generale di tutte le g enerazioni, come ne è prova l’ antichità dell’ imposta indiretta e la sua pratica costante presso tutte le nazioni. E a dirvi il vero, mi sembra che l'imposta indiretta abbia molte ragioni in suo favore.

Proprietario. Sentiamole.

La signora. In primo luogo l’ uomo si risolve difficilmente a coltiva

re, seminare e raccogliere per un altro. Se voi basate l’ imposta unica* ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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mente sul prodotto delle te rre , forza sarà senza dubbio che l’ imposta p re diale divenga enorme, per sostituire una moltitudine d ’ altre imposte, che bisogna sopprimere senza che il reddito dello Stato venga meno a’ suoi bisogni. L’ interesse del proprietario non si terrà forse leso profondamen te? Questi allora vedrà una grossa porzione della sua entrata avvinta og gimai ad un impiego fisso, e che a lui sembra straniero. Voi infeudate in certa guisa il suo fondo allo Stato, e da quel momento il suo diritto di proprietà gli parrà vacillante; quindi languore nella predilezione del suo campo, e nelle sue spese di manutenzione, nonché di miglioramenti.

Proprietario. Ma la sua e n t r a t a , vi ripeto, non è meno soprafatta

presentemente dalle imposte indirette, delle quali non ve n’ è una che non ricada su di essa, e con effetti molto peggiori che se la percuotesse d i rettamente.

La Signora. Sarà benissimo; ma conviene che ce Io proviate. Intanto

perm ettete eh’ io prosegua le mie obbiezioni. Se agli immensi ed urgen­ tissimi bisogni dello Stato non dovesse contribuire che la proprietà fondia ria, e nulla il coltivatore fortunato, nulla l’industre operaio, che sa fare risparmi, nulla, in una parola, la ricchezza m obile; voi vedreste l’ agri coltura cedere il campo alla pastorizia, perchè ciascuno cercherebbe di a r ricchirsi di bestiami, proprietà mobile, e di caparrare pascoli. Eccoci al­ lora convertili ben presto in un popolo pastore, e tutto il territorio in sodi, coperti da animali pascolanti d’ ogni genere e specie; quindi noi di­ verremmo dipendenti dai nostri vicini per le derrate di prima necessità; quindi la nostra popolazione scemerebbe, secondo i nostri stessi principii, in ragione della scemata produzione delle sussistenze; quindi ogni loca zione di terre si farebbe, secondo il rito pastorale, sulla parola, e di buo­ na fede, vale a dire senza contratti d’ affittanza, che garantissero allo Stato la sua parte. Nulla pagando il commercio, nè il commerciante, nè il ca pitalista, nè chiunque possiede redditi disponibili di ricchezza mobile, nè infine gli uomini che s* ingrassano nelle città della profusione di codesti redditi; avverrebbe di fatto che tutta la parte della nazione che vegeta negli ozi beati che le concede 1’ opulenza, offuscherebbe con questa la parte veramente laboriosa del popolo, e godrebbe d’ un’ immunità insultante; mentre quelli che colle loro assidue cure e lavori alimentano e sostengono tutta la società, sembrerebbero non lavorare che per l’ abbondanza e l’o zio immune de’ lor concittadini.

Or ditemi, in coscienza, se tutti codesti inconvenienti non sono evi tati dal metodo dell’ imposta indiretta, che si diffonde su tu tti, che viene in soccorso dell’ imposta fondiaria, e che procura il mezzo di sostenerla a un punto di moderazione che non offusca la proprietà? Tutte le imposte indirette, quant* esser si vogliano, si riducono, a me p a re , a tre specie: a una contribuzione personale che ciascuno paga sui suoi salari, o sui suoi redditi; a d iritti doganali sulle merci che vanno a cercare lo spaccio e la

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