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Le misure contro la violenza negli stadi: persistenti criticità e nuovi interrogativi

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

LE MISURE CONTRO LA VIOLENZA NEGLI STADI: PERSISTENTI CRITICITA E NUOVI INTERROGATIVI

Candidata Relatore Alessandra Petrini Chiar.mo Prof.

Domenico Notaro

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INDICE

CAPITOLO I

Il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive (D.a.spo.)………7

1.1 Origini del sistema antiviolenza e considerazioni generali………..8 1.2 Il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono

manifestazioni sportive (D.a.spo.): la sua natura

giuridica e il suo fondamento costituzionale………...11 1.3 L’ambito spaziale del D.a.spo. e la nozione di

manifestazioni sportive………...16 1.4 Le condotte indizianti e i destinatari della misura…..25 1.5 L’autorità competente ad irrogare il D.a.spo………..32 1.6 I presupposti applicativi del D.a.spo………..34 1.7 La durata del D.a.spo………..41 1.8 I richiami all’articolo 6 della legge 401 del

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4 CAPITOLO II

L’obbligo di comparizione presso gli uffici di polizia………52

2.1 La prescrizione di comparizione personale presso gli uffici di polizia: natura giuridica e fondamento

costituzionale………53 2.2 I presupposti applicativi dell’obbligo di comparizione:

applicazione facoltativa e applicazione automatica….60 2.3 Il giudizio di convalida………64 2.3.1 Il potere di impulso del pubblico ministero.….66 2.3.2 La fase davanti al giudice per le indagini

preliminari………67 2.3.3 La modifica della prescrizione di comparizione

personale nell’ambito del giudizio di

convalida………..72 2.4 Revoca, modifica e riabilitazione………...75

CAPITOLO III

L’inosservanza delle misure……….80

3.1 L’evoluzione della fattispecie di inosservanza del D.a.spo. e della prescrizione di comparizione

personale………..81

3.2 La fattispecie penale………87

3.3 Il coordinamento del principio della riserva di legge in materia penale con la fattispecie di inosservanza.…...92

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3.4 Le conseguenze della inosservanza delle misure.…..95 3.5 Il regime delle cautele personali………98

CAPITOLO IV

Profili critici e dubbi di costituzionalità………104

4.1 La poliedricità delle misure e la sollecitazione di diverse nature giuridiche……….105 4.2 La sovrapposizione degli effetti delle misure……….109 4.3 Le criticità condivise con il sistema generale delle

misure di prevenzione……….114 4.4 Le criticità relative alla fattispecie del D.a.spo. di

gruppo……….130 4.5 Le garanzie difensive nel giudizio di convalida

dell’obbligo di comparizione………..137 4.6 Il dibattito attorno al concetto di flagranza

differita………...149

Conclusioni………..154 Bibliografia………..160

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CAPITOLO I

Il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive (D.a.spo.)

1.1 Origini del sistema antiviolenza e considerazioni generali. 1.2 Il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive: la sua natura giuridica e il suo fondamento costituzionale. 1.3 L’ambito spaziale del D.a.spo. e la nozione di manifestazioni sportive. 1.4 Le condotte indizianti e i destinatari della misura. 1.5 L’autorità competente ad irrogare il D.a.spo. 1.6 I presupposti applicativi del D.a.spo. 1.7 La durata del D.a.spo. 1.8 I richiami all’articolo 6 della legge 401 del 1989.

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1.1 Origini del sistema antiviolenza e considerazioni generali

L’introduzione nel nostro ordinamento di un sistema di prevenzione e repressione dei fenomeni di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive prende le mosse dalla risoluzione emanata dal Parlamento Europeo l’11 luglio 1985, in reazione ai gravissimi fatti di violenza verificatisi in occasione della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, tenutasi a Bruxelles nel maggio dello stesso anno1,

con la quale si invitavano le autorità politiche a prendere coscienza delle problematiche legate allo svolgimento delle competizioni sportive e ad elaborare efficaci strumenti di contrasto alla violenza. Alla risoluzione citata seguì la Convenzione Europea di Strasburgo del 19 agosto, con la quale le parti firmatarie si impegnavano a predisporre un sistema di prevenzione e repressione di tali fenomeni.

Le misure elaborate a tale scopo dal nostro legislatore, sono contenute nella l. 13 dicembre del 1989, n. 401 la quale, originariamente, attribuiva loro un ruolo marginale nell’ambito di un impianto normativo concepito per far fronte principalmente a problematiche diverse, legate ad esigenze di repressione del gioco e delle scommesse clandestine2. Il

legislatore mai ha ritenuto opportuno creare un apparato normativo autonomo in materia di repressione e prevenzione dei fenomeni di violenza da stadio, ma è regolarmente intervenuto a modificare ed aggiornare il testo di legge originario, avvalendosi sistematicamente dello strumento del decreto-legge. La stabile attenzione dedicata in sede legislativa all’argomento deriva dal progressivo affermarsi dello sport

1 Il 29 maggio 1985, presso lo Stade du Heysel si giocò la finale di Coppa dei Campioni. Ciò che avvenne nel “pre-partita” viene ricordato oggi come “la strage dell’Heysel” in quanto, a causa di disordini scatenati dai tifosi inglesi, persero la vita 39 persone e oltre 600 rimasero ferite.

2 Gli scandali del calcioscommesse avevano colpito il calcio italiano due volte nel corso degli anni 80, dapprima con la vicenda nota anche come “Totonero”, poi con il cosiddetto “Totonero-bis”. Queste vicende coinvolsero clubs dalla serie A alla serie C2.

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come fondamentale momento di aggregazione sociale, dalla sua conseguente capacità di attrarre un numero ingente di spettatori, dall’attenzione mediatica che gli viene riservata, dal ruolo che ormai esso gioca anche nell’economia del paese3.

L’utilizzo costante della decretazione d’urgenza evidenzia la tendenza a privilegiare risposte di tipo emergenziale, che peraltro finiscono ben presto per palesare ambiguità, contraddizioni e persino sviste, rispetto a soluzioni più ragionate e caratterizzate da una armonizzazione tra la materia in oggetto e l’ordinamento giuridico in cui essa si inserisce. Tale tendenza ha alla propria base l’allarme sociale, veicolato anche dagli organi di informazione, generato dai tragici e inquietanti episodi di violenza verificatisi in occasione di manifestazioni sportive, soprattutto incontri di calcio4.

3 Prendendo in considerazione soltanto il Gioco Calcio, basti pensare che nel 2016 il movimento economico complessivo del calcio italiano produceva un giro d’affari stimabile in circa 13,7 miliardi di euro (è quanto emerge dalla sesta edizione del “ReportCalcio”, lo studio della FIGC elaborato in collaborazione con Arel e PwC). 4 Osserviamo, tra le norme che si sono succedute nel tempo a modifica della legge 401 del 1989, che:

- Il Decreto-legge 22 dicembre 1994, n. 717, convertito con legge 24 febbraio 1995, n. 45, è stato emanato ad un mese di distanza dai disordini del 20 novembre, occasionati dalle partite Brescia-Roma e Genoa-Milan e dall’accoltellamento del vicequestore Selmin; tre mesi dopo, poco prima della conversione in legge del decreto, altri gravi disordini portarono all’uccisione del tifoso genoano Vincenzo Spagnolo.

- Il Decreto-legge 20 agosto 2001, n. 336, convertito con legge 19 ottobre 2001, n. 377, è seguito ai tragici fatti avvenuti in occasione del derby Messina-Catania a seguito dei quali perse la vita il ventiquattrenne Antonino Currò, colpito da una bomba carta; pochi giorni prima vi erano stati gravi disordini a Napoli, in occasione della partita Napoli-Roma che avevano causato il ferimento di 58 persone con 6 arresti.

- Il Decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28, convertito con legge 4 aprile 2003, n. 88, ha reagito alle allarmanti statistiche diffuse dalla polizia di Stato a inizio anno circa l’escalation degli episodi di violenza negli stadi. - Il Decreto-legge 17 agosto 2005, n. 162, convertito con legge 17 ottobre

2005, n. 210 (legge Pisanu), è stato conseguenza della diffusione di dati preoccupanti sul numero di partite calcistiche con scontri e feriti anche appartenenti alle forze dell’ordine.

- Il Decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito con legge 4 aprile 2007, n. 41 (legge Amato), è stato emanato a seguito dell’uccisione dell’ispettore Raciti in occasione della partita Catania-Palermo del 2 febbraio 2007. - Il Decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, convertito con legge 17 ottobre

2014, n. 146, segue a mesi in cui si era assistito a casi di striscioni a sfondo razzista, oltre agli episodi di violenza culminati con l’uccisione del tifoso napoletano Ciro Esposito.

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Nonostante sia certamente condivisibile la necessità di intervenire in modo rigoroso per reprimere questi fenomeni di delinquenza, che spesso trovano sfogo in occasione di manifestazioni sportive5, e

nonostante la incisività di talune disposizioni abbia in certa misura funzionato6, la predisposizione di queste di misure dovrebbe essere

ispirata ad un bilanciamento tra il risultato utile ed il vulnus arrecato alle garanzie costituzionali di cui gode il destinatario. L’abiezione che trova cittadinanza in queste forme di espressione della violenza e i livelli di brutalità raggiunti non possono giustificare il sacrificio o la degradazione dei principi cardine del nostro ordinamento e in generale di una società civile, che di fatto invece si palesano, in varia guisa, nella disciplina attuale7. In tal senso, si rintraccia invero la predisposizione

di norme dal forte impatto simbolico, sorrette da un accentuato intento general-preventivo. Basti prendere ad esempio la messa a punto di fattispecie incriminatrici ad hoc, relative al ristretto ambito delle

5 Sul punto, S. CRIMI, Diritto penale dello sport, in Digesto delle discipline

penalistiche 2016, 64: <<Si può osservare che lo svolgimento di manifestazioni

sportive sprigiona aspettative e desideri di vittoria, che talora si sostituiscono ai fallimenti della vita di tutti i giorni oppure che ne completano l’assetto, con la conseguenza che se tra la folla, auspicabilmente composta anche di donne, vecchi e bambini, si trovino soggetti con sentimenti e temperamenti di violenza, questi potrebbero scatenarsi in momenti di follia, ai danni degli incolpevoli innocenti>>. 6 Secondo il rapporto dell’Osservatorio Nazionale sulle manifestazioni sportive dell’anno 2013-2014, il raffronto con i dati della stagione calcistica 2005-2006 (precedente alla morte dell’ispettore Raciti e dunque all’intervento del 2007) mostrava indicazioni incoraggianti riguardo gli effetti di lungo periodo: il numero degli incontri con feriti era diminuito del 60,1% (da 148 a 59); il numero di feriti tra i civili era diminuito del 49,2% (da 189 a 96); il numero di feriti tra le forze

dell’ordine era diminuito delle 85,0% (da 414 a 62); il numero dei denunciati era aumentato del 40,0% (da 716 a 1003); il numero degli arrestati era diminuito della 59,4% (da 259 a 105); il personale delle forze di polizia impiegato era diminuito del 36,5% (da 243.315 a 154.410). Sulla base dei dati riportati nel rapporto relativo alla stagione 2015-2016 possiamo inoltre notare un ulteriore miglioramento (incontri con feriti diminuiti a 44; feriti tra civili diminuiti a 44; feriti tra le forze dell’ordine diminuiti a 51; denunciati diminuiti a 159; arrestati diminuiti a 78).

7 Su degradazione o sacrificio dei principi cardine F. CURI, <<La fretta, che

l’onestade ad ogni atto dismaga>>: alcune osservazioni sulla recente legislazione in tema di violenza negli stadi, in Cass. Pen. 2007, 2261; S. CAMPANELLA – D.

NOTARO, Testi sotto obiettivo, Misure urgenti per la prevenzione e la repressione

di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, nonché norme a sostegno della diffusione dello sport e della partecipazione gratuita dei minori alle manifestazioni sportive, in L.P. 2008, 217.

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manifestazioni sportive, la previsione di reati a tutela fortemente anticipata che privilegiano la dimensione astratta del pericolo, l’utilizzo di speciali misure di prevenzione, che già nella loro formulazione generale costituiscono un’anomalia per il sistema penale, la specialità degli istituti di diritto processuale, che hanno privilegiato obiettivi di celerità rispetto ad esigenze di garanzia. Né si può tacere poi il fatto che, nel raggiungimento di un obiettivo di prevenzione, sarebbe necessario approntare, anche in collaborazione con le società sportive, un sistema finalizzato all’insegnamento dei valori dello sport e del rispetto dell’avversario nonché alla eventuale rieducazione di chi si sia già reso protagonista di episodi spiacevoli, contrari a tali valori.

L’attuale normativa in materia può essere considerata alla stregua di un microsistema avente il carattere della specialità8, rispetto al quale

rimangono dubbi circa la coerenza sistematica, l’efficacia e la tenuta costituzionale.

1.2 Il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive (D.a.spo.): natura giuridica e fondamento costituzionale

Il cardine del sistema elaborato a contrasto della violenza in ambito sportivo è rappresentato dalle misure di cui all’art. 6 della legge 401 del 1989, la cui attuale formulazione è frutto, come già accennato, di una lunga stratificazione che ha portato ad una disciplina ampia e complessa. Il comma 1 attribuisce al questore la facoltà di imporre, a determinate

8 Così F. CURI, <<La fretta, che l’onestade ad ogni atto dismaga>>, cit., 2260. V. anche P. V. MOLINARI – U. PAPADIA, Le misure di prevenzione nella legge

fondamentale, nelle leggi antimafia e nella legge antiviolenza nelle manifestazioni sportive, Giuffré, 2002, 786.

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categorie di soggetti, il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive o ai luoghi adibiti alla sosta, al transito o al trasporto dei soggetti che partecipano o assistono alle manifestazioni stesse. Ad esso può aggiungersi come prescrizione accessoria l’obbligo di comparizione personale presso gli uffici di polizia competenti, previsto dal comma 2 e di cui si tratterà nel capitolo successivo. È dalla genesi normativa del divieto di accesso che probabilmente discende la comprensione circa la sua natura. Tralasciando la fase più risalente, relativa all’originario disegno di legge presentato alla Camera dei deputati il 14 novembre del 1987, nel quale era previsto l’utilizzo dell’istituto della diffida, poi abrogato con l. 327 del 1988, è importante ricordare che nei lavori preparatori alla l. 401 del 1989 il divieto di accesso era configurato come prescrizione accessoria rispetto alla sorveglianza speciale e come tale era inserito nell’art. 3 della legge 1423 del 19569. Soltanto in sede di approvazione gli fu attribuita una

posizione di autonomia nel sistema espungendolo dalla disciplina generale delle misure di prevenzione e prevedendo una specifica sanzione penale per la sua inosservanza (arresto da tre mesi ad un anno). Proprio in forza di questa genesi, la dottrina quasi unanime10 ha

qualificato il Daspo, sin dalla emanazione della l. 401, come misura di

9 S. DEL CORSO, Commenti articolo per articolo, l. 13/12/1989, n. 401, in L.P. 1990, 113.

10 S. DEL CORSO, Commenti articolo per articolo, cit., 114.; P. V. MOLINARI, La

nuova formulazione delle atipiche misure di prevenzione personali in tema di fenomeni di violenza in occasione di competizioni agonistiche, in Cass. Pen., 1995,

2745-2746; F. NUZZO, Una nuova normativa con divieti e sanzioni. Resta il

“nodo” delle società sportive, in Guida al dir., 1995, 11, 17; P. V. MOLINARI – U.

PAPADIA, Le misure di prevenzione, cit., 787; E. MARZADURI – L.

BRESCIANI, Commenti articolo per articolo, d.l.22/12/1994, n. 717, convertito con

modificazioni con l. 24/02/1995, n. 45, in L.P. 1995, 209; M. F. CORTESI – L.

FILIPPI, Il codice delle misure di prevenzione, Giappichelli, 2011, 39ss; A. BONOMI – G. PAVICH, Daspo e problemi di costituzionalità, in Dir. Pen. Cont., 2015, 1. Contra, un’isolata opinione che considera il Daspo una sanzione

amministrativa C. VENTURI, Sull’applicabilità del divieto di accesso agli stadi in

caso di patteggiamento e sospensione condizionale della pena, in Foro It., 1992, II,

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prevenzione di competenza amministrativa11. Si tratta infatti di una

misura che prescinde dal previo accertamento giudiziale circa la responsabilità a titolo definitivo del destinatario, irrogabile anche sulla base di una mera denuncia e che è evidentemente finalizzata ad evitare la commissione di reati da parte di determinati soggetti considerati pericolosi, palesando uno spiccato intento special-preventivo.

Nel corso del tempo, tuttavia, la giurisprudenza ha assunto posizioni oscillanti. La variabilità di opinioni riscontrata in tema di individuazione della natura del divieto di accesso può essere ricondotta al fatto che il legislatore ha fatto uso della misura anche in occasioni differenti e come conseguenza di ipotesi diverse12.

Alcune decisioni della Corte di Cassazione hanno qualificato il Daspo come <<atipica misura interdittiva di competenza dell’autorità di pubblica sicurezza per la salvaguardia di finalità inerenti all’ordine pubblico13>>. Ad oggi però, può ritenersi consolidata l’opinione

giurisprudenziale che inserisce il divieto di accesso nel novero delle misure di prevenzione14 insieme all’accessorio obbligo di comparizione

11 S. DEL CORSO, Commenti articolo per articolo, cit., 114 propone una distinzione tra misure di prevenzione “giurisdizionalizzate” che incidono

direttamente sulla libertà personale e di fatto completamente devolute all’esclusiva cognizione del giudice penale e misure di prevenzione di “competenza

amministrativa” irrogate direttamente e soltanto dall’autorità amministrativa e soggette ai ricorsi amministrativi (gerarchico e giurisdizionale).

12 Ad esempio: art. 5, art. 6, comma7 e art. 8, l. 401 del 1989; artt. sexies e 1-septies, d.l. 28 del 2003. Sarebbe più opportuno individuare caso per caso la natura della misura, della cui poliedricità si tratterà al § 4.1.

13 Cass. Pen., Sez. I, 9/04/1997, n. 284, in Cass. Pen., 1998, 240; Cass. Pen., Sez. I, 21/02/1996, n. 1165, in Cass. Pen., 1997, 550.

14 Fondamentale, al riguardo la sentenza delle Sezioni Unite del 27/10/2004, n. 44273, in Guida al dir., 2004, 46, 91ss. che in realtà qualifica in un primo momento il divieto di accesso come misura interdittiva atipica, salvo poi nel prosieguo riferirsi ad entrambi gli istituti come misure di prevenzione: <<sotto diverso profilo

conferma la natura di misura di prevenzione di questi provvedimenti (omissis) come del resto riconosciuto dalla prevalente giurisprudenza di legittimità>>. Questo riferimento comporta quindi una apertura verso le teorie che qualificano entrambi i provvedimenti come misure di prevenzione. A dire il vero, la Corte Costituzionale aveva già provveduto con sentenza n. 144/1997 a qualificare entrambe le

prescrizioni come misure di prevenzione. Così come in Cassazione c’erano già state diverse pronunce che si erano espresse in tal senso: Cass. Pen., Sez. I, 13/02/2002, n. 11097, in Cass. Pen., 2002, 3867; Cass. Pen., Sez. I, 24/03/1998, Amici, in Cass.

Pen., 1998, 3095; Cass. Pen., Sez. IV, 20/03/1996, Valbusa, in Cass. Pen., 1997,

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presso gli uffici di polizia, seppur con la dovuta specificazione di una loro atipicità sistematica 15 . Infatti, le misure de quibus si

contraddistinguono rispetto alle misure ordinarie di prevenzione, sia perché non sono previste nell’ambito della legge 1423 del 1956 e successive modificazioni, sia per il diverso atteggiarsi della pericolosità sociale, qualificabile come specifica, dato che essa viene in considerazione solo con riferimento a comportamenti violenti legati allo svolgimento di manifestazioni sportive16.

Tirando le somme, possiamo affermare che il Daspo è una misura di prevenzione di competenza amministrativa, connotata da caratteri di atipicità, che vieta l’accesso a taluni luoghi in determinati momenti, lasciando libero il soggetto di circolare in zone diverse da quelle oggetto del provvedimento. Dunque, ci troviamo dinanzi ad una misura che sembra incidere sulla libertà di circolazione, riconosciuta dall’art. 16 Cost., più che sulla libertà personale. In proposito, la Corte Costituzionale 17 , pronunciandosi sulla razionalità della mancata

previsione della convalida giurisdizionale per il Daspo, richiesta invece per l’accessoria prescrizione di comparizione personale, ha affermato che i due provvedimenti in questione sono caratterizzati da portata ed effetti tra loro differenti, atti ad incidere in grado diverso sulla libertà del destinatario. Quanto al divieto di accesso, ha affermato che questo assume un contenuto <<consistente più semplicemente nell’interdizione all’accedere agli stadi o agli altri luoghi dove si

Ha dato seguito a tale qualificazione la giurisprudenza amministrativa: C.D.S., Sez. III, 4/02/2019, n. 866, in Guida al diritto 2019, 10, 42; T.A.R. Napoli, Sez. V, 8/03/2016, n. 1246, in Redazione Giuffré amm. 2016; T.A.R. Reggio Calabria, Sez. I, 26/01/2016, n. 85, in Redazione Giuffré 2016; T.A.R. Brescia, Sez. I, 23/10/2015, n. 1347, in Redazione Giuffré 2016.

15 Atipicità rilevata da Sez. Un. Pen. 27/10/2004, n. 44273, cit. Sull’atipicità concordano in dottrina L. M. FLAMINI, Violenza negli stadi, cit., 2; D. USAI,

Riflessioni su presupposti e contenuto del Daspo e della prescrizione di

comparizione personale, commento a Cass. Pen., Sez. III, 6/11/2013, n. 3648, in Resp. Civ. e Prev. 2014, 4, 1211; M. F. CORTESI, D.A.SPO., cit., 1-2; A. BONOMI

– G. PAVICH, Daspo e problemi di costituzionalità, cit., 22.

16 Sez. Un. Pen., 27/10/2004, n. 44273, cit. ha sottolineato che solitamente i destinatari delle stesse sono estranei ai circuiti criminali.

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svolgono le previste manifestazioni sportive, con una minore incidenza sulla sfera della libertà del soggetto>>. Si può dunque dedurre che il Daspo incide sulla libertà di circolazione del soggetto, garantita dall’art. 16 Cost., inibendogli di frequentare determinati luoghi in specifici momenti18.

L’art. 16, stabilisce che <<Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.

Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge>>.

Si tratta di una libertà che può essere limitata dall’autorità pubblica soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge, i quali devono necessariamente rispondere ad esigenze di sanità o di sicurezza. Sotto questo primo aspetto, non sembrano esserci dubbi sul fatto che le preclusioni conseguenti all’irrogazione del Daspo siano previste per legge ed abbiano come finalità la prevenzione dei reati e la tutela della sicurezza dei cittadini, le quali evidentemente rientrano nei “motivi di sicurezza” previsti dall’art. 16. In secondo luogo, la norma costituzionale pone a presidio della libertà di circolazione soltanto la garanzia della riserva di legge e non anche quella della riserva di giurisdizione. Ne discende che è incensurabile, sul piano della costituzionalità, la mancata previsione della convalida giudiziaria per il

18 Così L. M. FLAMINI, Violenza negli stadi, cit., 2; A. BONOMI – G. PAVICH,

Daspo e problemi di costituzionalità, cit., 23. Anche Sez. Un. Pen. 27/10/2004, n.

44273, con commento di F. ALONZI, in Dir. Pen. e Proc. 2005, 433, hanno esplicitamente affermato che il Daspo incide esclusivamente sulla libertà di circolazione. Seppur definendolo come misura interdittiva atipica, già Cass. Pen., Sez. I, 13/05/1996, n. 1165, cit. aveva ricollegato il D.a.spo. all’art. 16 Cost.

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divieto di accesso19, tanto più se si considera che esso <<è suscettibile

di autonomo controllo da parte del giudice amministrativo20>>.

1.3 L’ambito spaziale del D.a.spo. e il concetto di manifestazioni sportive

Il divieto di accesso previsto all’art. 6, comma 1 può avere ad oggetto sia i luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, sia i luoghi, anch’essi specificamente indicati, adibiti alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime. L’estensione dell’ambito oggettivo del Daspo a questi spazi ulteriori rispetto alla struttura in cui l’evento si svolge, stabilita dalla novella del 1995, è quanto mai opportuna dato che, come risulta dalla cronaca, questi luoghi sono spesso teatro degli episodi di violenza che la legge 401 si propone di prevenire e reprimere21.

In sede di irrogazione del provvedimento, al questore è richiesta la specifica indicazione delle manifestazioni e dei luoghi cui la misura si riferisce, requisito che ha la funzione di contemperare l’incisività della misura con l’interesse del destinatario ad un effettivo esercizio delle libertà fondamentali che la Costituzione gli garantisce. Perseguendo dunque lo scopo di rendere razionale e concreto il divieto, nonché

19 Contra S. DEL CORSO, Commenti articolo per articolo, cit., 115 il quale ritiene, tesi abbastanza risalente, che tale mancata previsione configuri una violazione dell’art. 13 della Costituzione, qualificando implicitamente il divieto di accesso agli stadi come restrizione della libertà personale e non di circolazione.

20 Specificazione in sent. C. Cost., n. 193/1996, cit.

21 Come sostenuto da P.V. MOLINARI – U. PAPADIA, Le misure di prevenzione cit., 803.

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esigibile il rispetto dello stesso da parte del destinatario22, la specifica

indicazione dei luoghi oggetto del divieto è <<da intendersi come sicura determinabilità degli stessi23>> e deve essere <<tale da consentire

all'interessato una agevole ed univoca percezione dell'ambito di applicazione del divieto24>>.Nel dettaglio, si ritiene non necessaria una

elencazione analitica delle singole manifestazioni, apparendo sufficiente una sicura determinabilità delle stesse attraverso anche una indicazione per relationem, ad esempio facendo riferimento a tutte le partite giocate da una certa squadra in un determinato periodo di tempo, alla stregua del calendario ufficiale25.

Come accennato, il divieto di accesso può avere ad oggetto anche gli spazi esterni all’impianto sportivo, rispetto ai quali la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto opportuna un’indicazione altrettanto precisa26. In proposito, è stato puntualizzato che un’individuazione

generica tale da non permettere al destinatario della misura di riconoscere le aree di volta in volta interessate dal divieto, lo avrebbe costretto a non lasciare la propria abitazione provocando una ingiustificata compressione della libertà di circolazione di cui all’art 16 Cost. e conseguente illegittimità del provvedimento27.

Influisce in modo sostanziale sull’individuazione specifica dei luoghi oggetto del provvedimento il significato che si attribuisce alla nozione di manifestazioni sportive. Proprio al fine di delimitare l’area di

22 In tal senso si sono pronunciati T.A.R. Reggio Calabria, Sez. I, 3/10/2018, n. 590, in Foro amm. (II) 2018, 10, 1779; T.A.R. Bologna, Sez. I, 15/02/2017, n. 112, in

Foro amm. (II) 2017, 2, 357; T.A.R Bologna, Sez. I, 23/03/2016, n. 343, in Foro amm. (II) 2016, 3, 692; T.A.R. Roma, Sez. I, 3/11/2014, n. 10985, in Redazione Giuffré amm. 2014.

23 Cass. Pen. Sez. III, 29/11/2007 n. 9793, in Guida al dir., 2007, 16, 102. 24 T.A.R. Parma, Sez. I, 17/02/2014, n. 53, in Redazione Giuffré amm. 2014. 25 Cass. Pen., Sez. III, 29/11/2006, n. 9793, in Cass. Pen. 2008, 3, 1176; Trib. Napoli, Sez. IV, 20/09/2010, n. 10172, in Redazione Giuffré 2011; T.A.R. Roma, Sez. I, 5/4/2012, n. 3156, in Foro amm. TAR 2012, 4, 1216.

26 T.A.R. Reggio Calabria, Sez. I, 3/10/2018, n. 590, cit.; T.A.R. Bologna, Sez. I, 15/02/2017, n. 112, cit.; T.A.R Bologna, Sez. I, 23/03/2016, n. 343, cit.

27 T.A.R. Reggio Calabria, Sez. I, 3/10/2018, n. 590, cit; T.A.R. Firenze, Sez. II, 14/06/2011, n. 1060, in Foro amm. TAR 2011, 6, 1908; T.A.R. Milano, Sez. III, 12/12/2011, n. 3142, in Foro amm. TAR 2011, 12, 3844.

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operatività degli istituti previsti dalla l. 40128 e quindi anche quella del

Daspo, è intervenuto il legislatore in via di interpretazione autentica con l’art 2-bis della l. 19 ottobre 2001, n. 377, stabilendo che sono considerate manifestazioni sportive <<le competizioni che si svolgono nell’ambito delle attività previste dalle federazioni sportive e dagli enti e organizzazioni riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)>>.

Non rientrano dunque nell’ambito delineato dalla definizione riportata le manifestazioni sportive che non implicano una competizione tra i partecipanti, le gare organizzate da enti scolastici o privati per scopi educativi o di propaganda, i tornei a carattere localistico che non sono previsti dalle federazioni nazionali o dal CONI, nonché le “partitelle tra amici”, essendo del tutto assente l’interesse diffuso per la competizione che funge da richiamo per gli appassionati29.Sono comprese invece nel

concetto di manifestazioni sportive le “partite amichevoli”30 giocate da

squadre professionistiche che sono invece idonee a richiamare un numero considerevole di tifosi e suscettibili di generare problemi per la sicurezza31. Stessa considerazione per gli allenamenti delle squadre

partecipanti alle competizioni previste dalle federazioni sportive32,

28 Sui fini perseguiti dal legislatore con la disposizione di interpretazione autentica, D. NOTARO, Commenti articolo per articolo d.l 20/8/2001 n. 336, conv., con

modificazioni, in l. 19/10/2001 n. 377, in L.P. 2003, 52.

29 P. V. MOLINARI – U. PAPADIA, Le misure di prevenzione, cit., 804; L. M. FLAMINI, Violenza negli stadi, cit., 6; E. LO MONTE, Considerazioni sulla

recente normativa in tema di violenza negli stadi: un calcio ai teppisti e due principi dello Stato di diritto, in Cass. Pen. 2005, 1465; L. FILIPPI - M. F. CORTESI, Il codice delle misure, cit., 42-43.; M. F. CORTESI, La Cassazione delimita l’efficacia del “D.A.SPO.” nota a Cass. Pen., Sez. III, 8/01/2014, n. 3713, in Dir. Pen. e Proc.,

2015, 3, 325.

30 Sulle partite amichevoli alla stregua di manifestazioni sportive Cass. Pen. Sez. III, 29/11/2007 n. 9793, cit., la quale ha stabilito che esse, per rilevare, debbano essere preventivamente ed adeguatamente pubblicizzate.

31 Di tale avviso D. NOTARO, Commenti articolo per articolo, d.l 20/8/2001 n. 336, cit., 54 e M. F. CORTESI, La Cassazione delimita l’efficacia del “D.A.SPO.”, cit, 325.

32 In tal senso ha statuito C.D.S., Sez. III, 8/11/2011, n. 5886, in Foro amm. CDS 2011, 11, 3359; T.A.R. Reggio Calabria, Sez. I, 25/02/2016, n. 241, in Redazione

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ritenuti eventi strettamente collegati con le manifestazioni sportive da un nesso diretto di causalità.

Prima della recente entrata in vigore del Decreto sicurezza bis, intervenuto a riformare la legge 401 e, in particolare, anche il comma 1, dell’art. 6, si rendeva necessaria, sempre al fine di delimitare l’ambito oggettivo di applicazione delle misure di cui alla l. 401 del 1989, una precisazione in ordine all’espressione <<in occasione o a causa di manifestazioni sportive>>. La collocazione sistematica di questa espressione all’interno dell’art. 6, comma 133 sembrava riferire il

requisito, tra tutte le condotte elencate nel comma, soltanto a quelle di partecipazione attiva ad episodi di violenza su persone o cose e di incitamento, inneggiamento e induzione alla violenza. Sennonché, una tale linea interpretativa appariva inammissibile34, in quanto avrebbe

determinato l’estensione delle misure anche a soggetti del tutto estranei all’ambiente sportivo ed una conseguente frustrazione dei fini specifici che la legge 401 si pone35. Da ciò sembrava potersi trarre la conclusione

33 La prima parte dell’art. 6, comma 1, così recitava: <<Nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati di cui all'articolo 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, all'articolo 6-bis, commi 1 e 2, e all'articolo 6-ter, della presente legge, nonché per il reato di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, e per uno dei delitti contro l'ordine pubblico e dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro II, titolo V e titolo VI, capo I, del codice penale, nonché per i delitti di cui all'articolo 380, comma 2, lettere f) ed h) del codice di procedura penale ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono

manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime>>.

34 Così si esprime M. F. CORTESI, La Cassazione delimita l’efficacia del

“D.a.spo.”, cit., 325. Di parere contrario D. NOTARO, Testi sotto obiettivo, Lo sport che non diverte: frode sportiva e violenza negli stadi ancora al vaglio del legislatore, in L.P. 2014, 316.

35Cass. Pen., Sez. III, 8/01/2014, n. 3713, in Dir. Pen. e Proc., 2015 ha richiamato

Cass. Pen., Sez. III, 30/11/2011, n. 44431 la quale riferendosi all’art. 6 ha precisato che <<il fine perseguito dalla disposizione è quello della sicurezza in occasione delle manifestazioni sportive e non anche in occasione di una qualsivoglia

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che, nonostante il tenore letterale, fosse da ritenersi imprescindibile un <<collegamento oggettivo tra la condotta tenuta e la manifestazione sportiva36>>.

A sostegno di questo orientamento, si era espressa anche la giurisprudenza, attraverso numerose sentenze che avevano escluso l’applicabilità del Daspo per le condotte violente verificatesi al di fuori di manifestazioni sportive. Ci limitiamo qui a citarne alcune tra le più significative: la Corte di Cassazione37 aveva annullato l'ordinanza del

GIP che convalidava il provvedimento questorile emesso nei confronti di una persona responsabile di atti di violenza commessi, nel centro di Torino, successivamente ad una commemorazione delle vittime dell'Heysel; con altra sentenza38 la stessa Corte aveva deciso in favore

dell’annullamento dei provvedimenti di convalida delle misure emesse a carico di alcuni soggetti che si erano resi responsabili di atti di provocazione alla violenza, non in occasione di una gara sportiva, ma nei confronti di un corteo religioso.

Significativa è, inoltre, una pronuncia del Tar di Venezia39 con la quale

è stato affermato che <<nel caso di un’aggressione compiuta da un leader della tifoseria di una squadra di calcio a un avventore di un bar, la denuncia a carico dell’aggressore per il possesso di un piccolo pugnale (art. 4, l. 110/1975) non risulta correlata a una manifestazione sportiva con la conseguenza che essa non può costituire, di per sé, un presupposto idoneo a legittimare l’applicazione del Daspo>> e, ancora, che <<è illegittimo il provvedimento di Daspo adottato nel caso di

manifestazione collegata all'attività sportiva>>. T.A.R. Genova, Sez. I, 26/03/2018, n. 241, in Redazione Giuffré 2018 ha optato per l’applicazione del Daspo in senso restrittivo <<in quanto, viceversa, trascende le finalità del sistema di prevenzione disciplinato dalla legge 401, chiaramente preordinato a fronteggiare, non una pericolosità “generica” del soggetto, ma la pericolosità “specifica” che si manifesta nell’ambito sportivo>>.

36È quanto afferma T.A.R. Genova, Sez. I, 26/03/2018, n. 241, cit., che richiama a

sostegno anche T.A.R. Firenze, Sez. II, 20/12/2016, n. 1792; T.A.R. Firenze, Sez. II, 20 dicembre 2016, n. 1808.

37 Cass. Pen., Sez. III, 10/05/2017, n. 50921, in Dir. e Giust. 2017, 8 novembre. 38 Cass. Pen., Sez. III, 9/11/2017, n. 50928, in Foro it., 2, II, 128.

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un’aggressione compiuta da un leader della tifoseria della squadra all’avventore di un bar, (omissis) in presenza di cori da stadio intonati dall’aggressore e del fatto che il soggetto aggredito indossasse un berrettino con i colori sociali di una squadra di calcio, che non costituiscono elementi idonei a ricondurre l’accaduto ad una manifestazione sportiva>>.

In dottrina, si era puntualizzato comunque che, anche nel caso in cui ci si fosse voluti attenere ad una interpretazione più rispettosa del dato letterale, la mancanza di un collegamento tra condotta e manifestazione sportiva non avrebbe potuto tradursi nella applicazione indiscriminata della misura de qua anche a chi non frequentasse le manifestazioni sportive, ma avrebbe dovuto trovare un contrappeso nella più accurata valutazione circa la pericolosità del destinatario, alla stregua di una sua propensione a delinquere nel contesto degli eventi sportivi40.

È proprio quest’ultimo assunto che diviene particolarmente apprezzabile e acquisisce un ruolo determinante quando si giunge ad analizzare le modifiche apportate in materia dal Decreto sicurezza bis. Con questa novella si è infatti optato per svincolare esplicitamente gran parte dei reati presupposto del Daspo dalla condizione, avallata in via interpretativa, di essere commessi necessariamente in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Quindi, nell’attuale disposto si attribuisce espressamente al questore il potere di irrogare il divieto di accesso nei confronti di soggetti che si siano resi responsabili di determinati reati tra quelli elencati, anche qualora questi non siano stati posti in essere in occasione o a causa dell’evento sportivo.

In mancanza di opere e commenti in proposito, sembra, a chi scrive, che l’intento del legislatore sia quello di inasprire ulteriormente la disciplina per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di violenza da stadio e quindi quello di superare in modo definitivo l’orientamento

40 Così S. CAMPANELLA in Commento articolo per articolo d.l 20/8/2001 n. 33, cit., 16.

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della giurisprudenza citata, spingendosi fino a svincolare le misure di prevenzione previste dalla l. 401 da una connessione con le manifestazioni sportive. Tuttavia, risulta abbastanza evidente che la norma, così come novellata, rischia di porsi in contrasto con quelli che sono i precipui fini dell’apparato preventivo: la prevenzione, appunto, e la repressione di fenomeni di violenza che mettano in pericolo l’ordine pubblico e la sicurezza nello specifico ambito delle manifestazioni sportive.

In attesa che le nuove disposizioni trovino concreta applicazione, si ritiene di poter asserire che le autorità competenti dovranno comunque controbilanciare – come detto in precedenza – questo inasprimento con una ancora più accurata valutazione circa la pericolosità del soggetto, alla stregua di una sua propensione a delinquere nel contesto sportivo a cui si riferisce evidentemente la legge 40141.

Inoltre, incide sull’ambito spaziale del Daspo anche il disposto dell’art. 8-ter della l. 401 del 1989, il quale stabilisce che <<Le norme della presente legge si applicano anche ai fatti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni>>. Si può ritenere che tale norma, mancando specifiche indicazioni in tal senso, comprenda sia i trasferimenti collettivi organizzati delle tifoserie, che i trasferimenti singoli ed indipendenti dei tifosi.

Tra le manifestazioni sportive oggetto dell’atto del questore possono essere comprese anche quelle che si svolgono all’estero, anch’esse da indicare specificamente; allo stesso modo, il divieto irrogato dalle autorità competenti degli altri Stati membri dell’Unione Europea, con i

41 Tuttavia, è complicato comprendere come un comportamento tenuto da un soggetto al di fuori dello specifico ambito sportivo possa agevolmente porsi alla base di un positivo riscontro della citata propensione a delinquere nello stesso ambito. Pertanto, si può pensare che o vi saranno delle grosse difficoltà applicative delle misure relativamente a tali fattispecie, o si propenderà per una interpretazione che ritenga l’individuo, responsabile dei fatti in circostanze diverse, incline alla commissione di reati in occasione di eventi sportivi “a maggior ragione”, data l’alta concentrazione di persone nei luoghi in cui essi si svolgono.

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provvedimenti previsti dai rispettivi ordinamenti, potrà riferirsi anche a eventi sportivi che si tengono in Italia. In questo modo si procede ad un mutuo riconoscimento, ad una equiparazione del valore dei due provvedimenti: in Italia è riconosciuta l’operatività della misura preventiva imposta all’estero e lo stesso succederà all’estero per quella imposta dall’autorità italiana.

La possibilità, sia per le autorità italiane che per quelle degli altri Paesi dell’UE, di estendere il divieto di accesso oltre il confine del proprio territorio non era prevista nel testo originario ma è stata introdotta con la l. 210 del 200542. Per quanto riguarda l’estensione dell’ambito

oggettivo del Daspo emesso dal questore italiano, l’aggiunta in commento rischia di essere ridondante43: nella formulazione precedente,

invero, nulla vietava che fossero ricompresi nel divieto anche i luoghi situati all’estero, qualora la squadra italiana vi si recasse per disputare una partita, a condizione che il luogo della manifestazione fosse indicato specificamente, in modo sufficientemente dettagliato. Tale interpolazione deve, dunque, essere apprezzata sotto il profilo di un rigoroso rispetto del principio di tassatività.

Per quanto concerne invece l’attribuzione alle autorità straniere della facoltà di includere nel provvedimento anche le manifestazioni che si svolgono in Italia, si tratta di un aspetto che dà adito a numerose perplessità44: optando per un’interpretazione letterale del testo, sembra

di trovarsi dinanzi ad una condizione di reciprocità, che consente all’autorità straniera di fare ciò che può fare quella italiana; vista quindi come una sostanziale autorizzazione nei confronti dell’ente straniero, risulta complicato rintracciarne il fondamento giuridico, visto che il legislatore italiano non ha alcun potere che lo legittimi ad attribuire o meno prerogative alle autorità degli altri Stati dell’Unione Europea. La lettura più plausibile è, dunque, quella che porta a qualificare il disposto

42 Che ha convertito in l., con modificazioni, il d.l. 17/08/2005, n. 162. 43 F. CURI, <<La fretta, che l’onestade ad ogni atto dismaga>>, cit., 2266. 44 F. CURI, <<La fretta, che l’onestade ad ogni atto dismaga>>, cit., 2267.

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in esame come una autolimitazione della sovranità interna, finalizzata a favorire la collaborazione tra Stati per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di violenza da stadio.

Si tratta, in effetti, di una disposizione avente valore ricognitivo di quanto stabilito in determinati provvedimenti sovranazionali: con la Risoluzione 1997/C 193/0145, il Consiglio UE aveva auspicato che il

divieto di accesso imposto in uno Stato membro assumesse valore anche per le gare in programma in altri Stati membri. Questo “auspicio” è stato poi ribadito, con toni maggiormente precettivi, nella Risoluzione 2003/C 281/01.

Per quanto attiene al destinatario della misura di prevenzione irrogata dall’ente straniero, è evidente che si può trattare soltanto del cittadino dello Stato di appartenenza dell’autorità e non anche del cittadino italiano: contrariamente, si ammetterebbe una totale dismissione delle prerogative essenziali ancora assegnate ai singoli Stati. A questa conclusione si giunge, tuttavia, attraverso un notevole sforzo ermeneutico, poiché nel nuovo comma 1-ter46, così come nella

precedente formulazione, non è specificato chi sia il destinatario del provvedimento straniero e tale lacuna darebbe adito ad avallare la duplice interpretazione.

45 Si tratta della Risoluzione 9/07/1997 <<Sulla prevenzione e repressione di atti di teppismo in occasione delle partite di calcio, mediante lo scambio di esperienze, il divieto di accedere agli stadi e una politica in materia di mezzi di comunicazione di massa>>.

46 Il Decreto sicurezza bis (d.l. 14/06/2019, n. 53) ha riformato in particolare il comma 1, art. 6 ed ha spostato nel comma 1-ter il disposto relativo al reciproco riconoscimento del Daspo tra paesi UE.

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1.4 Le condotte indizianti e i destinatari della misura

I potenziali destinatari del divieto di accesso ed eventualmente dell’obbligo di comparizione personale negli uffici di polizia sono individuati all’art. 6, comma 1 della l. 401 del 1989 sulla base di un ampio novero di condotte ritenute dal legislatore come sintomatiche della loro pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica. Il quadro delle condotte indizianti è andato ampliandosi progressivamente, grazie alle numerose modifiche intervenute nel corso degli anni e ad oggi, in seguito alle interpolazioni operate con il Decreto sicurezza bis, si può compiere una distinzione tra due categorie di condotte: quelle che, per legittimare l’irrogazione del Daspo, devono verificarsi in occasione o a causa di manifestazioni sportive e quelle per le quali tale condizione non è richiesta.

Le condotte appartenenti alla prima categoria sono previste alle lettere a) e b) del comma 1, dove si stabilisce che il questore può irrogare il divieto di accesso nei confronti di:

a) coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza;

b) coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all'estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lettera a).

Analizzando la fattispecie di cui alla lettera a) c’è da specificare che, con funzione di chiarimento, è intervenuto il legislatore in via di interpretazione autentica con l’art 2-bis, comma 2, l. 19 ottobre del 2001,

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n. 377, stabilendo che <<per incitamento, inneggiamento e induzione alla violenza deve intendersi la specifica istigazione alla violenza in relazione a tutte le circostanze indicate nella prima parte del comma>> (comma 1, art. 6). Dopo la modifica dell’intero comma 1 dell’art. 6 ad opera del Decreto sicurezza bis, è necessario chiarire che per individuare <<tutte le circostanze indicate nella prima parte del comma>> si deve fare oggi riferimento alla lettera c), del comma 1. Nondimeno, la norma di interpretazione autentica non appare risolutiva. In giurisprudenza è stato infatti affermato che l’art. 6, al comma 1 (oggi alla lettera a) del comma 1), <<adopera una formulazione volutamente generica atta comunque a ricomprendervi tutti i casi in cui, a prescindere dai mezzi impiegati, si inciti alla violenza: sono oggetto di “DASPO” i fatti di incitazione alla violenza che abbiano concreta attitudine a recare pericolo all’ordine pubblico47>>. Inoltre, di recente,

la Corte di Cassazione48, occupandosi di un caso di affissione di uno

striscione, ha avuto modo di affermare la legittimità dell’adozione del Daspo anche laddove non si apprezzi in concreto un incitamento alla violenza esplicito, se le frasi denigratorie ed oltraggiose, per contenuto e contesto, risultano idonee a suscitare passioni intense e a originare episodi di violenza.

Altra parte della giurisprudenza, onde evitare l’irrogazione della misura a fronte di comportamenti privi di una reale carica di pericolosità, ha cercato di ancorare maggiormente la fattispecie al riscontro di una specifica istigazione alla violenza49. La Suprema Corte50 ha stabilito,

riferendosi all’esposizione di striscioni, che la condotta in questo caso,

47 T.A.R. Genova, Sez. II, 31/03/2011, n. 471, in Foro amm. TAR 2011, 3, 793. V. anche T.A.R. Milano, Sez. III, 1/03/2013, n. 561, in Foro amm. TAR 2013, 3, 771, e in 15/02/2013, n. 457, in Foro amm. TAR 2013, 2, 422.

48 Cass. Pen. 20/02/2019, n. 7648, con commento di F. Crimi, in Quotidiano

Giuridico, Diritto penale dello sport.

49 Cass. Pen., Sez. I, 17/01/2002, Marinelli, in Cass. Pen. 2002, 3553; T.A.R. Lecce, Sez. I, 13/04/2012, n. 641, in Foro amm TAR (II) 2012, 4, 1387; T.A.R. Firenze, Sez. II, 19/01/2011, n. 109, in Foro amm TAR 2011, 1, 73.

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<<a seguito dell’introduzione della normadi cui all'art. 2-bis della l. n. 377 del 2001, deve consistere nell'esposizione di scritte o striscioni in grado di turbare il tranquillo svolgimento delle manifestazioni sportive per il loro contenuto direttamente istigatorio o inneggiante alla violenza e non meramente offensivo, denigratorio o diffamatorio come tale solo indirettamente inducente alla violenza>>. Il Tar di Roma51 ha giudicato

illegittima l’applicazione del Daspo per l’esposizione di uno striscione contenente frasi alle quali non può essere attribuito univoco significato di induzione alla violenza (quali, in particolare, “vincete o scappate” e “dopo un’altra stagione con l’amaro in bocca l’unico imperativo è vincere la coppa”). Il Tar di Firenze52 ha affermato che <<è da ritenersi

illegittima la misura del divieto di accesso a manifestazioni sportive nei confronti del tifoso che ha utilizzato espressioni che, ancorché sommamente sgradevoli, non si può sostenere costituiscano un’induzione e/o un incitamento diretto e specifico alla violenza>>. Per quanto riguarda la fattispecie di cui alla lettera b), il cosiddetto “Daspo di gruppo”, la formula utilizzata è suscettibile di ampliare considerevolmente l’ambito applicativo del divieto di accesso53,

andando a colpire anche situazioni prodromiche rispetto ad una effettiva lesione dei beni giuridici protetti, cioè la sicurezza e l’ordine pubblico. A dimostrazione di questa considerazione si pongono numerose pronunce della giurisprudenza amministrativa54 nelle quali si

afferma che, addirittura, <<la misura può essere disposta non solo nel caso di accertata lesione, ma anche di pericolo di lesione dell’ordine

51 T.A.R. Roma, Sez. I, 28/06/2018, n. 7233, in Foro it. 2018, 10, III, 526. 52 T.A.R. Firenze, Sez. II, 12/06/2017, n. 807, in Foro amm. (II) 2017, 6, 1371. 53 Su tale ampliamento D. NOTARO, Testi sotto obiettivo, d.l. 8/2/2007, n. 8, conv.,

con modif., in l. 4/4/2007, n. 41, in L.P. 2008, 220.

54 C.D.S. Sez. III, 29/11/2012, n. 6089, in Foro amm. CDS 2012, 11, 2812; T.A.R. Firenze, Sez. II, 8/11/2016, n. 1598, in Redazione Giuffré amm. 2016; T.A.R. L’Aquila, Sez. I, 11/02/2016, n. 60, in Redazione Giuffré 2016; T.A.R. Pescara, Sez. I, 25/01/2016, n. 13, in Redazione Giuffré amm. 2016.; T.A.R. Venezia, Sez. III, 21/05/2015, n. 560, in Redazione Giuffré amm. 2015; T.A.R. Milano, Sez. III, 15/02/2013, n.457, cit.; T.A.R. Lecce, Sez. I, 25/10/2012, n. 1796, in Foro amm. TAR 2012, 10, 3332.

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pubblico, come nel caso di semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo>> e ancora che <<il divieto di accesso negli stadi non richiede un oggettivo e accertato fatto specifico di violenza, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di tenere una condotta scevra da episodi di violenza>>. Inoltre, il Tar di Catania, nel 201855 ha definito questa specifica

fattispecie come “D.a.spo. preventivo” affermando che <<non richiede come suo presupposto essenziale l’esistenza di una denuncia o di condanna dell’autorità giudiziaria>>, anche perché essa ha ad oggetto condotte non riconducibili a puntuali fattispecie di reato. Rispetto alla fattispecie appena esaminata sussistono grossi dubbi di legittimità (in riferimento ai principi di determinatezza-tassatività e di materialità della fattispecie) che saranno analizzati nel dettaglio al § 4.4.

I reati che, invece, legittimano l’adozione della misura a prescindere dal fatto che il soggetto li ponga in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive sono elencati alle lettere c) e d). La lettera c) comprende: il porto abusivo di armi o di oggetti atti ad offendere (art. 4, commi 1 e 2, l. 18 aprile 1975, n. 110), l’uso di caschi protettivi o di qualunque mezzo renda difficile il riconoscimento (art. 5, l. 22 maggio 1975, n. 152), l’essersi recati in luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche con simboli ed emblemi di carattere discriminatorio (art. 2, comma 2, d.l. 26 aprile 1993, n. 122), l’introduzione e l’esposizione di striscioni incitanti alla violenza o contenenti ingiurie o minacce (art. 2-bis, d.l. 8 febbraio 2007, n. 8), i delitti contro l’ordine pubblico (artt. 414-419 c.p.), i delitti di comune pericolo mediante violenza (artt. 422-437 c.p.), il delitto di rissa (art. 588 c.p.), i delitti di rapina, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti per cui è obbligatorio l’arresto in flagranza (art 380, comma 2, lettera f) e h) c.p.p.). I soggetti che si rendono responsabili dei reati elencati devono risultare denunciati o

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condannati, anche con sentenza non definitiva, per uno di essi nel corso degli ultimi cinque anni.

La lettera d) fa rientrare nel novero dei soggetti passivi coloro che pongono in essere atti preparatori diretti a sovvertire l’ordinamento dello stato con la commissione di specifici reati o volti alla commissione di reati con finalità di terrorismo (art. 4, comma 1, lettera d), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159).

È una scelta dubbia, o quanto meno complicata da comprendere, quella di inserire nella lettera c), e quindi nel novero di quei reati che, per giustificare l’irrogazione del Daspo, non necessitano di essere compiuti in occasione o a causa di manifestazioni sportive, anche i reati “da stadio” previsti dalla stessa legge 401 agli articoli 6-bis e 6-ter, i quali puniscono rispettivamente il lancio di materiale pericoloso, lo scavalcamento e l’invasione di campo in modo da creare un pericolo concreto per le persone e il possesso di artifizi pirotecnici o oggetti atti ad offendere. Si tratta infatti di fattispecie incriminatrici ad hoc, relative al ristretto ambito degli eventi sportivi, che tra i loro elementi costitutivi constano del necessario collegamento tra le condotte e le manifestazioni sportive: entrambe le norme, per l’appunto, prevedono che le condotte individuate siano punibili soltanto qualora si verifichino <<nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito, o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime o, comunque, nelle immediate adiacenze di essi, nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva, e a condizione che i fatti avvengano in relazione alla manifestazione sportiva stessa>>. Si ritiene, dunque, che l’inserimento di queste fattispecie nell’elenco predetto non possa che essere il frutto di una svista del legislatore, in quanto non è possibile, tramite un semplice rinvio, elidere un elemento costitutivo della fattispecie, un presupposto necessario per suo il perfezionamento.

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Malgrado le due condotte disciplinate alle lettere a) e b) del comma 1 siano suscettibili di ampliare concretamente l’area soggettiva di operatività del divieto a causa della loro formulazione eccessivamente vaga56, l’elenco di condotte contenuto nell’art. 6, comma 1 deve essere

considerato tassativo (fatti salvi i richiami operati in altre leggi, di cui al § 1.8). Il questore può irrogare il Daspo e l’eventuale prescrizione accessoria di comparire presso gli uffici di polizia soltanto per una di queste condotte. La tassatività di tale elencazione è stata dapprima affermata dalla Corte Costituzionale57 e poi ribadita dalla Corte di

Cassazione con due pronunce58.

La Consulta esplicitamente dice che la legge ha <<definito tassativamente i casi in cui il questore può imporre l’obbligo di comparizione>>. Tale statuizione riguarda anche il Daspo, nonostante essa si riferisca soltanto alla prescrizione di comparizione, dato che quest’ultima per poter essere applicata necessita della previa irrogazione del divieto di accesso, costituendo un obbligo meramente aggiuntivo.

Da parte sua, la Cassazione ribadisce la tassatività dell’elencazione una prima volta59 in modo indiretto, escludendo che l’inottemperanza ad

un’ordinanza prefettizia costituisca presupposto per l’irrogazione del Daspo e dell’obbligo accessorio; una seconda volta60 affermando

espressamente che l’art. 6 dispone tassativamente le condotte che giustificano l’emissione della prescrizione di comparizione presso gli uffici di polizia. Rispetto a quest’ultima statuizione, vale la stessa considerazione fatta relativamente alla pronuncia della Corte Costituzionale, ossia essa si estende anche al divieto di accesso, per lo stesso motivo.

56 Su questo aspetto ci soffermeremo al § 4.4. 57 C. Cost., 4/12/2002, n. 512, in Giur. It. 2004, 590.

58 Cass. Pen., Sez. III, 27/05/2009, n. 30779, in CED Cass. Pen 2009; Cass. Pen., Sez. III, 15/06/2010, n. 27284, in CED Cass. Pen. 2010.

59 Cass. Pen., Sez. III, 27/05/2009, n. 30779, cit. 60 Cass. Pen., Sez. III, 15/06/2010, n. 27284, cit.

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Quindi, possiamo concludere che sono destinatari del divieto di accesso gli autori delle condotte indizianti esaminate. Tra questi sono opportunamente compresi anche i minori che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età61, in quanto non si può negare che non di

rado siano proprio costoro a rendersi responsabili di gravi atti in occasione delle manifestazioni sportive. Inoltre, sono destinatari anche i gruppi di persone (di cui si tratterà al § 4.4) e i tesserati che si rendono responsabili di condotte indizianti di pericolosità.

L’inserimento dei tesserati nel novero dei destinatari del Daspo è stato opera della giurisprudenza62, la quale è ormai stabile sul punto. Infatti,

è stato più volte ribadito che il questore deve valutare anche il comportamento di coloro che rappresentano le società sportive, come i giocatori o i dirigenti. Sono escluse da questo giudizio soltanto quelle condotte che, in campo, risultano finalisticamente inserite nel contesto di un’attività sportiva ed intimamente connesse con la pratica dello sport63. Questa interpretazione giurisprudenziale mette dunque i

membri delle società, soprattutto gli atleti, sullo stesso piano dei tifosi, <<a testimonianza di come sia ormai tramontata l’idea che tali soggetti siano spettatori passivi delle condotte poste in essere dai supporters violenti e nei confronti dei quali opererebbero, in via esclusiva, solo le sanzioni previste dai regolamenti sportivi64>>. A maggior ragione se si

tiene in considerazione il ruolo che i tesserati ricoprono nel mondo a cui appartengono: specialmente i giocatori, ma anche i dirigenti, sono elevati ad emblema di valori sportivi (ma anche di vita) nei quali gli appassionati si rispecchiano; i loro comportamenti sono dunque in grado di suggestionare e trascinare le tifoserie e perciò sarà richiesto

61 Come stabilito all’art. 6, comma 1-bis, l. 401/1989.

62 Cass. Pen., Sez. III, 1/07/2009, in CED Cass., n. 244238; Cass. Pen., Sez. III, 5/09/2009, in CED Cass., n. 237065. C.D.S., Sez. III, 28/11/2016, n. 5013, in

Redazione Giuffré amm. 2016 richiama come dato certo la possibilità che il Daspo

sia irrogato nei confronti dei tesserati, stabilendo che il questore è il titolare del potere discrezionale di valutare l’opportunità dell’irrogazione.

63 L. FILIPPI - M. F. CORTESI, Il codice delle misure di prevenzione cit., 53. 64 L. FILIPPI - M. F. CORTESI, Il codice delle misure di prevenzione cit., 53.

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loro un comportamento ancora più rispettoso della legge rispetto a quello degli spettatori.

1.5 L’autorità competente ad irrogare il D.a.spo.

La competenza ad emanare il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive (e l’eventuale obbligo di presentazione negli uffici di polizia) è attribuita all’autorità di pubblica sicurezza, nello specifico al questore.

L’art. 6 della l. 401 del 1989 nulla dice riguardo alla competenza territoriale. Tale lacuna legittimerebbe l’interprete a configurare una <<competenza territorialmente diffusa65>> legata sia al luogo in cui si

sono verificati i fatti che motivano l’erogazione del divieto, che al luogo di residenza o stabile dimora del soggetto destinatario della misura. Di talché, sarebbe attuale l’eventualità dell’emanazione di due distinti divieti di accesso (ed eventuali accessorie prescrizioni di comparizione) da parte dei questori di due luoghi diversi, nei confronti della stessa persona e relativamente al medesimo fatto66.

La giurisprudenza è intervenuta a fornire chiarimenti sul punto ed invero si riscontra un orientamento nettamente prevalente ed affermato che attribuisce la competenza al questore del luogo in cui si è verificato il fatto che legittima l’applicazione del Daspo al suo autore67. Questa

65 Così qualificata da D. NOTARO in Commenti articolo per articolo, d.l.

20/8/2001, n. 336, cit., 30.

66 D. NOTARO Commenti articolo per articolo, d.l. 20/8/2001, n. 336, cit., 30. 67 Cass. Pen., Sez. III, 23/09/2009, in CED Cass., n. 251886; Cass. Pen., Sez. III, 5/09/2007, Percolla, in Dir. Pen. e Processo, 2008, 52; Cass. Pen., Sez III, 13/12/2005, n. 2917, in CED Cass. Pen. 2006; Cass. Pen., Sez. III, 14/09/2005, in

Riv. Pen. 2005, 1340; Cass. Pen., Sez. I, 26/11/2004, La Colla, in CED Cass., n.

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interpretazione giurisprudenziale, oltre al fatto di non escludere la possibilità del doppio provvedimento nei confronti dello stesso soggetto nel caso le condotte sintomatiche della pericolosità siano poste in essere in momenti e luoghi diversi68, rende estremamente difficoltoso

l’esercizio del diritto di difesa alla stregua della presentazione di <<memorie o deduzioni>> al giudice della convalida del provvedimento.

Il g.i.p. ed il Procuratore della Repubblica che intervengono nella procedura di convalida richiesta per il provvedimento di Daspo accompagnato dalla prescrizione di comparizione personale, sono infatti quelli del luogo in cui ha sede l’ufficio di questura che lo ha emesso, con la conseguenza che, qualora il giudizio si svolga in luogo molto distante da quello di residenza o dimora del prevenuto, sarebbe eccessivamente complicato inserirsi nel contraddittorio cartolare entro il ristretto margine di tempo previsto dalla legge. Sarebbe dunque più opportuno propendere per l’altro criterio di competenza, quello del luogo di residenza del destinatario della misura, maggiormente rispondente alle esigenze del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost69.

Il criterio da ultimo menzionato opera invece, per espressa previsione del legislatore, allorquando il soggetto, residente in Italia, sia destinatario delle misure di cui all’art. 6, commi 1 e 2, l. 401 del 1989 per condotte poste in essere all’estero e accertate dalle autorità straniere competenti o dagli organi delle Forze di polizia italiane che assicurano, sulla base di rapporti di cooperazione, il supporto alle predette autorità nel luogo di svolgimento della manifestazione. È logico che in questo

Pen., Sez. I, 20/01/2004, n. 3875, in CED Cass., n. 226620; Cass. Pen., Sez. I, 2/12/2003, Capecchi, in CED Cass., n. 226626; Cass. Pen., Sez. I, 7/11/2003, Malfa, in CED Cass., n. 226361.

68 Come rilevato da L. M. FLAMINI, Violenza negli stadi, cit., 3.

69 Di tale avviso D. NOTARO, Commenti articolo per articolo, d.l. 20/8/2001, n.

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caso non possa operare l’ordinario criterio di competenza legato al luogo in cui i fatti si verificano.

Come già indicato al § 1.3, con la l. 210 del 2005, si è introdotta la speciale competenza delle autorità degli altri Stati membri dell’Unione Europea ad interdire l’accesso alle manifestazioni sportive che si svolgono in Italia, nei confronti dei tifosi stranieri.

1.6 I presupposti applicativi del D.a.spo.

Il questore ha la facoltà di irrogare il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive e l’eventuale, accessorio obbligo di comparizione personale presso gli uffici di polizia in presenza di determinati presupposti stabiliti dalla legge. Il provvedimento con cui il questore dispone il Daspo deve essere accompagnato dalla motivazione, nella quale deve dar conto del ricorrere di tali presupposti70. Nonostante sul punto la legge taccia, non possono esserci

dubbi circa la obbligatorietà della motivazione, da un lato perché, di norma, essa è una componente necessaria di tutti gli atti amministrativi che contengono un comando o impongono un divieto che incide sui diritti del cittadino; dall’altro perché essa discende dalla esigenza di determinare la durata del divieto, di indicare specificamente i luoghi cui esso si riferisce e di rendere comprensibili le ragioni della sua applicazione (cioè i presupposti su cui si basa).

Prendendo in considerazione il dato puramente testuale, sembra che sia sufficiente, affinché il questore possa prescrivere il divieto, che il

70 Sulla sussistenza dell’obbligo di motivazione sono unanimemente concordi dottrina e giurisprudenza.

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