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Vissuti di donne scrittrici durante la dittatura di Ceauşescu e il fascismo italiano

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN ITALIANISTICA

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Vissuti di donne scrittrici

durante la dittatura di Ceauşescu e il fascismo italiano

CANDIDATO

RELATORE

Giorgia Baldi

Chiar.ma Prof.ssa Emilia David

CONTRORELATORE

Chiar.mo Prof. Stefano Brugnolo

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INDICE

1.

RILIEVI STORICI SULLA STORIA, LA SOCIETÀ E LA CULTURA

ROMENA ... 3

1.1. Introduzione ... 3

1.2. La Prima guerra mondiale, una guerra per ottenere l’unità nazionale ... 4

1.3. Le riforme e la crisi ... 6

1.4. La grande Romania tra le due guerre ... 8

1.5. La dittatura politica del re Carol II (1938-1940) e quella fascista della Guardia di Ferro (1940-1941). 11 1.6. La dittatura di Ion Antonescu (1941-1944) ...15

1.7. Il regime comunista in Romania ...16

1.8. Le purghe ...17

1.9. La destalinizzazione...18

1.10. La dittatura di Nicolae Ceauşescu ...20

1.11. La rivoluzione del 1989 e la Romania postcomunista ...27

1.12. “Nati a comando, i figli del decreto”: la politica demografica sotto Nicolae Ceauşescu ...30

2.

LA LETTERATURA IN ROMANIA AI TEMPI DELLA DITTATURA ... 38

2.1. La poesia ai tempi del regime: Ana Blandiana, Mariana Marin e Herta Müller ...38

2.1.1 Ana Blandiana ...44

2.1.1.1 Un tempo gli alberi avevano gli occhi ...49

2.1.1.2 Tutto ...50

2.1.1.3 Io credo ...52

2.1.1.4 La crociata dei bambini ...53

2.1.2. Mariana Marin ...54

2.1.2.1 Sonderkommando* ...57

2.1.2.2 Prinsengracht 263 ...59

2.1.2.3 La casa della morte ...62

2.1.3 Herta Müller ...63

2.1.3.1 Essere o non essere Ion ...67

2.2. La prosa romena del periodo postcomunista: la letteratura e la società fra traumi del passato e progetti del presente ...69

2.2.1 Radu Pavel Gheo ...69

2.2.1.1. Buona notte, bambini! Tra il romanzo e la storia totale ...71

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2

2.2.1.1.2 Le abilità letterarie di Radu Pavel Gheo...73

2.2.1.1.3. Il ritorno di Marius in Romania ...74

2.2.1.1.4. La fuga e la violenza subita da Cristina ...76

2.2.1.1.5 Il triangolo amoroso e l’arrivo in America ...79

2.2.1.1.6 Marius e Marcel, l’ultimo confronto ...82

2.2.1.1.7 La signora Mariana ...86

2.2.1.1.8 Paul e l’idea del metaromanzo ...89

2.2.1.1.9 Un’ infanzia tra musica e regole...93

2.2.1.1.10 Conclusioni ...95

2.2.1.2 Compagne di viaggio. Racconti di donne ai tempi del comunismo ...96

2.2.1.2.1 L’introduzione di Monica Joiţa ...99

2.2.1.2.2 Rodica Binder e Proprio così? ...101

2.2.1.2.3 Ioana Ocneanu-Thierry e Quanto a me, non ho sofferto! ...103

2.2.1.2.4 Doina Ruşti e I miei ginecologi ...106

2.2.1.2.5 Otilia Vieru-Baraboi e A-ha ...109

2.2.1.2.6 Anamaria Beligan e La vestaglia di Veronica ...111

2.2.1.2.7 Adriana Bittel e Severus, Regina! ...112

2.2.1.2.8 Conclusioni ...114

3. UN CONFRONTO TRA LA MODESTA DI GOLIARDA SAPIENZA E LA

CRISTINA DI RADU PAVEL GHEO... 117

3.1 Il profilo biografico ...117

3.2 L’arte della gioia ...119

3.2.1 Storia editoriale dell’Arte della gioia e le altre opere ...119

3.2.2 Prefazione ...120 3.2.3 Trama ...124 3.2.3.1 Prima parte ...125 3.2.3.2 Seconda parte ...128 3.2.3.3 Parte terza ...129 3.2.3.4 Parte quarta ...130 3.2.4 Conclusione...131

CONCLUSIONI FINALI ... 134

BIBLIOGRAFIA ... 141

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3

1. RILIEVI STORICI SULLA STORIA, LA SOCIETÀ E

LA CULTURA ROMENA

1.1. Introduzione

Lo storico Gheorghe Brӑtianu definisce la Romania un miracolo

storico poiché è riuscita a mantenere la propria identità nonostante le

difficoltà riscontrate nel corso della storia dovute ai molti popoli con cui essa si è più volte “scontrata”. Tra tutti ce n’è uno che fin dai tempi più antichi ha intrecciato la propria strada con quella della Romania ed è riuscito influenzarla su aspetti importanti quali la lingua. Stiamo parlando del dominio romano che fu esercitato nelle terre romene dall’inizio del II secolo fino al 250 d.C. Dal latino volgare, o popolare, ovvero parlato dal vulgo, si andò a formare la lingua romena e, nonostante a un certo punto la Dacia fu isolata dal dominio di Roma, il legame con il mondo neolatino è rimasto.

I romeni continuano tutt’oggi a guardare paesi e culture neolatine con interesse, soprattutto l’Italia viene percepita come una realtà di spessore intellettuale e artistico e un luogo che ha attratto poeti e uomini di cultura. Invece, per un italiano, la Romania viene vista molte volte come un mondo lontano, una terra balcanica con il proprio fascino ma ai più sconosciuta. Un paese che nel corso della storia ha subito qualche volta scelte politiche sfavorevoli ma che è stata sempre in cerca della propria identità.

In realtà, la Romania presenta alcuni aspetti della sua storia che non divergono molto da quelli italiani e che, a mio avviso, sarebbe necessario approfondire o, quanto meno, considerare più da vicino. Entrambi sono paesi che hanno vissuto un periodo di dittatura e di totalitarismo e sempre entrambi sono riusciti ad uscirne nonostante le molte vittime e i molti sacrifici.

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4

La presente tesi ha come obbiettivo quello di dare la parola a quelle vittime concentrandosi principalmente sugli indifesi, su coloro che molte volte non sono riusciti a far sentire la propria voce e su quelli che alla fine ce l’hanno fatta, ma non hanno ricevuto il giusto riconoscimento. Questo percorso vuole approfondire la conoscenza che si ha della Romania, dimostrando che all’interno delle nostre storie ci sono stati elementi comuni, partendo da un’analisi storica che si sofferma, in particolare, sul regime di Ceauşescu e sul movimento legionario, un movimento di estrema destra, ideologicamente fascista,

cristiano-integralista, ultranazionalista, antibolscevico e anticapitalista che si era manifestato negli anni Trenta del XX secolo, conosciuto con il nome Guardia di Ferro, nome datogli da CorneliuZeleaCodreanu.

Questa introduzione di stampo storico sarà utile per mostrare analisi e approfondimenti di tipo letterario che interessano la letteratura italiana e quella romena.

1.2. La Prima guerra mondiale, una guerra per ottenere l’unità nazionale

All’alba del XX secolo lo Stato romeno si trovava in una difficile situazione al punto che era ancora limitato territorialmente tanto da non potersi definire ancora una media Potenza. Gli uomini politici palesarono fin da subito il desiderio di mantenere l’autonomia e la libertà del paese, motivi che andarono a influenzare tutte le decisioni future riguardanti l’intero secolo.

La Prima guerra mondiale, infatti, fu l’evento che preannunciò il mutamento della geografia politica non solo in Romania ma in tutto il continente. Fu una guerra che colse il popolo romeno impreparato, il quale inizialmente dichiarò la propria neutralità consultandosi anche con l’Italia riguardo alcune decisioni.

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5

Nel frattempo, il paese iniziò a prepararsi alla guerra, una predisposizione che non fu solo militare, ma anche diplomatica e psicologica, viste le molteplici pressioni che riceveva dalle altre potenze belligeranti.

Decisiva fu la scelta dell’Italia di entrare in guerra e il 1°di ottobre 1914 il governo russo riconobbe l’integrità territoriale della Romania e il diritto su territori austroungarici abitati da romeni in cambio della neutralità.

In Romania vigeva una monarchia costituzionale, una tipologia di governo che tutt’oggi viene ricordato dai cittadini romeni quasi come un mito per la sua bellezza. Alla fine, il re Ferdinando,1 uomo facilmente influenzabile, si mostrò bendisposto verso l’Intesa e tutto il paese iniziò ad aspettare il momento più favorevole per entrare in guerra pur senza un’adeguata preparazione.

Il 17 agosto del 1916 fu firmato il patto di alleanza a Londra che sancì l’ingresso della Romania in guerra, tra le conquiste più importanti vi fu quello riguardante la Transilvania, insieme di regioni estese e ricche con insediamenti urbani con abitanti romeni al suo interno. La guerra, infatti, permise alla Romania di allargare i propri confini e, al termine del conflitto, oltre che la Transilvania del nord dall’Ungheria, anche la Bassabia dalla Russia e la Bucovina dall’Austria rientrarono tra le province riconquistate dalla Romania. La ripresa delle vecchie province portò a un raddoppiamento del territorio romeno e triplicò il numero degli ebrei: dai ventiseimila iniziali se ne aggiunsero cinquecento mila.2

Ai vantaggi territoriali seguirono anche degli impegni internazionali come l’obbligo di accordare agli ebrei il diritto di cittadinanza. Nel 1918, anno in cui ci fu l’Unità politica, venne varata

1 Figlio di Leopoldo di Hohenzollern-Sigmaringen, nipote di Carlo I, gli successe al trono poco dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale e riuscì a ritardare l’entrata in guerra della Romania sino al 1916.

2 Emilia David, Intellettuali romeni e nazismo. Tristan Tzara e Norman Manea, in «Dossier ANED » costituito da una serie di lezioni tenute da professori dell’Università di Torino presso il Museo della Resistenza di Torino, ciclo denominato “Il valore della Memoria della letteratura della Shoah”, Torino, 2007. p. 73.

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una legge per cui venivano naturalizzati gli ebrei nati in Romania e l’anno successivo la cittadinanza venne concessa anche agli ebrei che non avevano altre nazionalità.

In Romania iniziarono a diffondersi manifestazioni antiebraiche portando un forte sentimento di intolleranza che sfociò nell’allontanamento degli ebrei dalla scuola primaria e alla negazione di altri diritti umani nei loro confronti in quanto comunità etnica e nuova minoranza romena. Questo è il risultato di un grande problema che è sempre stato presente all’interno del paese fin dalle sue origini, ma che dopo l’Unione si fece sempre più grave, il problema delle minoranze. Il censimento del 1930 dimostra come su un totale di 18.057.028 di abitanti il 71,9% erano romeni, mentre il restante 28,1% era composto dalle minoranze: tedeschi, ungheresi, ebrei, russi, bulgari e rom.3

Il dopoguerra non fu un periodo facile per la Romania, che fu messa in ginocchio da epidemie quali il vaiolo, la febbre spagnola e il tifo a cui si sono aggiunte da agitazioni e scioperi nel settore petrolifero e agrario a causa delle difficili condizioni lavorative.

1.3. Le riforme e la crisi

Il partito nazional liberale era in crisi e i dirigenti trovarono un alleato nella figura di Alexandru Averescu, politico e militare facente parte della Lega del Popolo, che riuscì a mantenere l’ordine e successivamente a far varare effettuate delle riforme sia agrarie che elettorali in favore del popolo. Averescu viene ricordato nella storia per il duro confronto che ebbe con i sindacati, ma dal quale riuscì a uscirne vincitore.

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Nel 1919 il partito liberale fu relegato all’opposizione da una coalizione di partiti delle nuove e vecchie province: il Partito comunista e la Federazione dei partiti socialisti.4

La cultura romena vede nel primo Novecento un periodo di rivalsa e di crescita intellettuale riuscendo a stare al passo con i canoni modernisti europei. È un periodo molto fecondo in cui politica e letteratura si intrecciano premettendo di aprire nuove strade e nuove possibilità di confronto con l’emergere di personalità. Gli intellettuali si mostrarono attratti dalle idee nazionaliste ma, dopo poco tempo, rivelarono la propria frustrazione dal momento che la nascita di un ceto politico di professione ridimensionò il ruolo di suggeritori politici. Tra i più importanti intellettuali di questo periodo vi sono: Tristan Tzara e Mircea Eliade. Tristan Tzara, romeno di origine ebraiche della Moldavia, viene ricordato soprattutto come fondatore del dadaismo mentre poco lo si conosce per la sua passione civile e politica. Tzara, infatti, incarna appieno la figura dell’intellettuale di sinistra coinvolto nell’attività clandestina. Eliade, storico delle religioni e orientalista, insieme a Emil Cioran e Nae Ionescu, era un sostenitore delle teorie della Guardia di Ferro e di quei principi di destra simili al fascismo italiano e prese parte al Criterion.

Il Criterion fu una rivista culturale intorno alla quale si riunirono molti intellettuali esponenti dell’ideologia antisemita che pubblicavano articoli e organizzavano conferenze alle quali partecipava l’ambiente universitario. All’interno del Criterion si svilupparono da un lato teorie e idee filosofiche, spirituali e metafisiche al pari dell’Occidente, ma dall’altro sono state prese posizioni antisemite nocive al paese. Il loro più grande errore è stato schierarsi dalla parte del movimento estremista legionario poiché la Legione si mostravano portavoce di una purificazione morale che era proprio l’aspirazione di questi giovani e fu il motivo che li portò all’adesione. Eliade stesso vedeva nel movimento

4 Costituita nel giugno del 1921 a Ploieşti da militanti che non avevano voluto accettare l’affiliazione al Comintern.

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legionario un movimento spirituale per creare un nuovo uomo e redimere il popolo.5

Il nazionalismo postbellico accentuò l’associazione con la fede cristiana, ponendo la chiesta ortodossa come istituzione di riferimento e dalle correnti nazionaliste nacquero vari movimenti e partiti di destra radicale, incluso il fascismo romeno della guardia di Ferro. Tutte queste formazioni non poterono prescindere dalla matrice religiosa. Il partito destinato a ottenere maggior consenso popolare era il Partito nazional-contadino, nato nel 1926 dalla fusione del Partito Nazionale Romeno di Transilvania e del Partito contadino (PNŢ).6

1.4. La grande Romania tra le due guerre

La modernizzazione della società romena si ebbe dal 1900 al 1930. Il modernismo è un fenomeno sociale che si concluse con la dittatura comunista in seguito all’abdicazione del re nel 1947 e alla nascita della Repubblica Popolare.

Dall’Unità politica del 1918 la Romania si dirigeva verso l’Europa della industrializzazione, delle istituzioni democratiche e del rinnovamento culturale. Il 1° ottobre 1918 vi fu la formazione di un solo paese, la “grande Romania”, e, per la prima volta, venne utilizzata la denominazione Romania.

Dopo la Prima guerra mondiale i governi in Romania si erano succeduti con molta rapidità. Nel 1922 si assistette a una stabilizzazione del paese grazie alla vittoria del governo liberale, il quale aveva come obiettivo la realizzazione di una Costituzione per la Romania e vi riuscì

5 Emilia David, Intellettuali romeni e nazismo…, cit. pp. 77-78.

6Il Partito Nazionale dei Contadini è stato un partito politico fondato in Romania nel 1926 dalla fusione di due distinti soggetti politici: il Partito Nazionale Romeno della Transilvania e il Partito Contadino.

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tra il 26 e 27 marzo del 1923 (8 titoli e 138 articoli). Questa Costituzione si mostra come una delle più liberali in tutta Europa in quel periodo, soprattutto perché concedeva alla popolazione ebraica il diritto di rappresentanza in Parlamento attraverso i senatori e i deputati, il diritto di proprietà e il diritto di libera espressione. La Costituzione, inoltre, si concentrava sullo sviluppo di industrie, del sistema bancario e del commercio, con una moneta nazionale tra le più stabili in Europa. Le novità furono: la concessione della cittadinanza generalizzata, il suffragio universale per gli uomini, il bilanciamento tra diritto di proprietà e interesse pubblico e il ruolo dello stato in ambito economico. Ovviamente non mancarono le critiche, ad esempio da Londra venne disapprovato l’articolo 133, che riconosceva come romeni gli ebrei già residenti in Romania nel 1914.7

Vi furono delle azioni rivolte verso l’economia, la legislazione e venne rivolta un’attenzione particolare verso il consolidarsi delle istituzioni democratiche e culturali con un’evoluzione dei rapporti esterni fino al 1937, considerato l’anno di punta della prosperità e riconoscimento internazionale del paese.

Nei primi anni del Novecento la monarchia costituzionale rappresentava un pilastro della modernità e alla morte del re Ferdinand nel 1927, data la giovane età del figlio di Carlo II, venne istituita la reggenza.

Il mercato culturale iniziò a sincronizzarsi con quello occidentale, la stampa e il sistema editoriale si rafforzarono lasciando nomi veramente importanti all’interno delle case editrici. È proprio in questo periodo che la Romania riuscì a dimostrare una vivacità straordinaria condizione che non sarà più eguagliata negli anni successivi.

Per quanto riguarda l’economia l’agricoltura ricoprì un ruolo centrale occupando l’85% delle esportazioni, soprattutto perché la grande Romania era un paese di proprietari medio-piccoli. L’industria

7 Francesco Guida, Storia d’Europa del XX secolo, Romania, Edizioni Unicopli, Milano, 2009, p. 108.

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del petrolio, invece, nel 1930 si posizionava al 6° posto nel mondo grazie alle estrazioni a Bucureşti, Ploieşti e i porti sul Danubio.

Vi furono però anche dei movimenti contrari alla modernizzazione da parte di nazionalisti che rivendicavano valori locali, rurali e reazionari. Si assistette persino alla nascita di una serie di orientamenti specifici quali l’ortodossismo, seminatorismo e

poporanismo.

L’ortodossismo, che riconosceva come cittadini romeni solo quelli di fede cristiana, si sviluppò all’interno della rivista Gîndirea [Il Pensiero] dal 1926. La dottrina si fondava sull’idea che la spiritualità romena e l’idea di nazione dovevano essere legate al cristianesimo ortodosso, privilegiando la ruralità e lo spirito del popolo. L’ortodossismo venne a costituire la base per la specificità nazionale con la pubblicazione, da parte della rivista, di letteratura religiosa di un certo spessore permettendo anche la pubblicazione di altre esperienze moderniste.

Il seminatorismo si sviluppò intorno alla rivista Sămanătorul a partire dal 1901, fu un movimento letterario e ideologico sviluppato anche in ambito politico. I suoi rappresentanti recuperarono i concetti tradizionalisti, come quello di “anima” del popolo, mostrando come il passato rurale fosse preferibile al presente urbano considerato importato e quindi immorale.

Il poporanismo si ergeva su uno sfondo di emergenza socialista a partire dal 1906 nella rivista Viaţa românescȃ come orientamento simile al seminatorismo, ma con vedute più ampie: educare il popolo con una simpatia specifica per la classe contadina. “Lo specifico nazionale” rappresentava il punto centrale dell’ideologia, una letteratura vera e propria legata a questa ideologia non c’è mai stata, infatti, si è trattato principalmente di una dottrina sociale.

La letteratura romena si sincronizzò con quella europea in piena libertà e un esempio concreto lo si può vedere nelle figure di Hélène Vacaresco e Anna de Noailles, vere e proprie “ambasciatrici della cultura romena” in Francia e nel mondo. Queste due personalità,

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attraverso la loro attività, hanno rivestito importanti ruoli culturali, sociali, politici e civili in qualità di voci femminili in rappresentanza della Romania all’estero, intessendo rapporti diretti con Marinetti stesso che dedicò perfino versi meravigliosi a entrambe nella rivista

Poesia di Milano, che ha diretto, negli anni attorno alla fondazione del

futurismo.

Questi due esempi presentano delle scrittrici che da Parigi illustrano in piena libertà la cultura romena, mentre, per quanto riguarda voci che si esprimono dall’interno, nel secondo Novecento, verranno fatti degli esempi nei successivi capitoli, in cui verrà mostrata come la figura dello scrittore e più nel dettaglio della scrittrice cambierà sotto i regimi dittatoriali.

1.5. La dittatura politica del re Carol II (1938-1940) e quella fascista della Guardia di Ferro (1940-1941).

In seguito a quella che è stata la prosperità nei decenni precedenti, agli inizi degli anni Trenta si assistette a un periodo di crisi economica in Romania.

Nel 1927 nacque un movimento politico che si ispirava e seguiva i dogmi fascismo italiano. Il gruppo che ne faceva parte prese il nome di “Lega dell’Arcangelo Michele” e si concentrò intorno alla figura di Corneliu Zelea Codreanu. I membri erano tutti credenti e si facevano chiamare legionari, in riferimento a Roma, e la preghiera faceva parte del cerimoniale quotidiano.

Codreanu, attraverso i testi divulgativi pubblicati sul giornale

Pӑmȋntul Strӑmoşesc [La terra ancestrale], forniva informazioni sia da

un punto di vista spirituale sia riguardanti gli ideali da seguire, il suo era un messaggio rivolto a tutta la nazione. Il leader verrà seguito senza indugio dai suoi discepoli, anche quando iniziò a predicare la morte dei legionari stessi come sacrificio per i valori cristiani.

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È necessario effettuare una breve analisi comparativa del fascismo italiano e di quello romeno. Nelle lettere private di Codreanu compare più volte il termine “camaranzi”, da “camerata” in italiano, compagni romeni e venne anche ripreso il tipico saluto romano dai romeni. In Italia tra il 1927 e il 1942 usciranno diversi articoli riguardanti la Guardia di Ferro per l’interesse che essa suscitava nel governo italiano poiché la stessa milizia legionaria veniva organizzata similarmente a quella fascista con una forte sintonia ideologica.

Nel dicembre del 1937 ci furono le elezioni politiche ritenute le più libere del periodo interbellico. Il risultato dimostrava che il tradizionale controllo governativo sulle elezioni non era assoluto e, infatti, due liste non omogenee tra di loro si affermarono con un accordo di desistenza e sorveglianza sui brogli: il PNŢ e il Partito Legionario (che si presentò con il nome “Tutto per la patria”). Non combattendosi riuscirono a non sottrarsi i voti e a rafforzarsi davanti ai candidati nazional-liberali, ponendo così fine al loro dominio. Il Partito Legionario riuscì a ottenere il 16% dei voti.8

Carol II interpretò la nuova situazione politica a suo modo e diede l’incarico di costituire un governo a Octavian Goga, membro del Partito nazional contadino, temendo che le destre nazionaliste potessero assumere il controllo della situazione e instaurare un regime di tipo italiano o tedesco.9

Questo governo durò poco, dal dicembre del 1937 al febbraio del 1938, ma riuscì ad applicare una politica antisemita, togliendo agli ebrei i diritti riconosciuti negli anni precedenti ed emarginandoli sempre di più sul modello che si imponeva in Italia con le leggi razziali.10

8 F. Guida, Storia dell’Europa del XX secolo. Romania, cit., p. 150.

9 Carlo II di Romania, nato Carlo di Hohenzollern-Sigmaringen a Sinaia, 15 ottobre 1893 e morto a Estoril il 4 aprile 1953, regnò come re di Romania dall'8 giugno 1930 fino al 6 settembre 1940.

10 Le leggi razziali fasciste furono sia provvedimenti legislativi che amministrativi applicati in Italia tra il 1938 e il primo quinquennio degli anni Quaranta. Furono rivolte principalmente contro gli ebrei. Il loro contenuto venne annunciato per la prima volta il 18 settembre del 1938 da Benito Mussolini a Trieste in Piazza Unità d’Italia.

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Goga avviò trattative con il movimento legionario cercando di ergersi in difesa della Costituzione. Il governo varò misure antiebraiche o di “romanizzazione” e con un decreto del 22 gennaio del 1938 venne annullato il riconoscimento della cittadinanza agli ebrei, se concessa dopo il 1914: ben 225.000 ebrei furono considerati stranieri residenti. La Legione mantenne verso l’esecutivo un riservato e prudente consenso, persino quando due legionari furono uccisi all’interno di due villaggi e nonostante la presenza all’Interno di Armand Călinescu, esponente dell’ala contadinista del PNŢ, considerata nemica della Legione.

Carol II allora decise di “attaccare” e nel febbraio del 1938 sciolse il Parlamento e i partiti e di assumere lui stesso tutti i poteri. La Grande Romania aveva già terminato la sua esistenza come idea politica e democratica.

Il successo della destra radicale o antisemita era molto più che un campanello d’allarme, molti romeni erano disposti a sacrificare parte della propria libertà pur di ottenere benessere, ordine e soddisfazione del sentimento nazionale.

Venne varata una nuova Costituzione, che cancellava i principi ispiratori della precedente e questo provocò l’opposizione di qualche partito, anche se nessuno materialmente si mostrò contrario all’imposizione di un regime autoritario.

Il Re fece costruire il Fronte di rinascita nazionale, un organismo che difficilmente si può definire un partito, ma che era l’unica formazione politica autorizzata e pretese che il popolo vi aderisse in forma massiccia. Nel gennaio del 1939 il Fronte contava già tre milioni e mezzo di iscritti (l’iscrizione era necessaria per avere lavoro e fare carriera).11

Il regime di Carol II durò dal 1938 al 1940 e solo in apparenza sembrava essere in linea con l’ideologia legionaria e, per questo motivo, lo scontro non tardò ad arrivare mostrandosi violentissimo. Il sovrano

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romeno scelse di eliminare numerosi militanti della Legione nella speranza di rimuovere il pericolo interno, temeva la Legione e da tempo cercava un modo per renderla innocua. Il partito venne sciolto e si dette alla clandestinità con il nome di Movimento Legionario e si registrarono molte rappresaglie nei confronti degli ebrei ritenuti gli ispiratori della repressione governativa.

Corneliu Zelea Codreanu, fondatore e capo del Movimento Legionario, venne arrestato e poi fucilato in prigione con il pretesto di aver tentato la fuga insieme ai suoi. La lotta politica era così giunta a un livello inaudito, soprattutto perché la violenza era stata compiuta da chi doveva rappresentare lo Stato, ma il re pensava che non ci fosse altro modo per sconfiggere il movimento legionario.

Nel 1939 il Reich diventò il primo interlocutore della Romania e il patto di non aggressione tedesco-sovietico rappresentò l’ultimo stadio del processo che avrebbe portato la Romania a trovarsi isolata tra due grandi potenze: la Germania e la Russia.

Nel 1940 venne mandato un ultimatum dall’URSS alla Romania, in cui le venivano date quarantotto ore per evacuare la Bassabia e la Bucovina e Carol II accettò alleandosi poi successivamente con l’Asse, poiché credeva nella sua vittoria. Inutile dire che i romeni rimasero molto scontenti della decisione presa senza lottare di lasciare le regioni e iniziarono a manifestarsi proteste popolari in molte città. Militanti legionari circondarono il palazzo reale volendo far abdicare il re, ma il tentativo fallì poiché Carol II chiamò in suo aiuto il generale Ion Antonescu, figura che si era distinta durante la Prima guerra mondiale per molte operazioni militari.

Alla fine, il re fu costretto ad abdicare in favore del figlio Michele appena diciannovenne ma, in realtà, il potere entrò nelle mani di Antonescu, la monarchia autoritaria era definitivamente fallita.

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1.6. La dittatura di Ion Antonescu (1941-1944)

Per l’Occidente Ion Antonescu è stato un alleato di Hitler, ma per la Romania del suo tempo, invece, è stato il capo di stato che non acconsentì all’invio degli ebrei nei campi di sterminio e, quando lo fece, fu perché gli ebrei avevano tradito la Romania collaborando con i russi. Il 4 settembre del 1940 Antonescu assunse il potere ponendosi come capo dello stato nazional-legionario con il nome di conducӑtor (significato simile a quello del duce e del führer) e riconobbe la Guardia di Ferro come unico partito ufficiale. Il vero obiettivo di Antonescu era quello di recuperare i territori perduti a causa dell’indecisione di Carlo II, che aveva scelto di mantenersi neutrale tra gli Alleati e l’Asse italo-tedesca, scegliendo di allearsi con i nazisti.12

L’alleanza con i legionari però era destinata ad avere vita breve e in poco tempo cominciarono i primi attriti. I legionari volevano che nel paese ci fosse un regime totalitario, un “ordine nuovo”, così decisero di affiancare una propria polizia a quella statale. La notte tra il 26 e il 27 di novembre i legionari uccisero sessantasei detenuti della prigione di Jilava e decine di ebrei e ciò costrinse Antonescu a intervenire.

Nel gennaio del 1941 i legionari vennero catturati, arrestati e poi giudicati. Con la propria vittoria Antonescu mise il movimento fuori legge e dette inizio alla dittatura militare che durò fino al 1944. Il

conducător accettò di far entrare in Romania le truppe tedesche per

poter riprendere le regioni cedute e far terminare le aggressioni ricevute dalla parte sovietica. Le truppe romene in poco più di un mese riuscirono a riprendere le due province facendo aumentare la politica antiebraica.

Molti cittadini, che avevano accettato l’ingresso in guerra della Romania, iniziarono a criticare le scelte prese successivamente e

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persino il giovane sovrano iniziò a manifestare il suo dissenso verso la conduzione del paese e del conflitto da parte di Antonescu.

Intorno al giovane Michele iniziò la manovra per licenziare il

conducător e ciò si realizzò il 23 agosto del 1944, data in cui venne

arrestato. Il 20 agosto l’Armata Rossa aveva scatenato l’offensiva sulla Moldavia e la Romania si trovò così davanti a due alternative: uscire dalla guerra o essere occupata dai russi.

Tramite il colpo di stato si giunse a una rapida concretizzazione di entrambe le possibilità, l’Armata Rossa prese sotto controllo la Romania che diventò uno dei primi paesi in cui si sentì la volontà di Stalin e in cui iniziò una sovietizzazione.

1.7. Il regime comunista in Romania

Il re Michele fu costretto ad abdicare il 30 dicembre del 1947 e la Romania venne dichiarata una Repubblica Popolare. Vennero nazionalizzate le principali imprese industriali, le banche, i trasporti e le assicurazioni e anche in campo culturale fu applicato un modello sovietico e le relazioni con l’Occidente furono completamente interrotte.

I comunisti romeni affermarono la propria libertà di movimento con una Dichiarazione nella quale sostenevano il diritto di indipendenza di ogni Partito Comunista, la parità di diritti e la non-ingerenza nelle questioni interne. In seguito, i comunisti romeni cercarono di legittimare il proprio potere politico basandosi sul sentimento nazionale e cominciando a non appoggiarsi più alle truppe sovietiche, nel tentativo di creare maggiore credibilità del regime.

I primi anni Cinquanta furono i più duri del regime comunista: vi fu la persecuzione delle chiese, tra cui soprattutto quella Unita, gli intellettuali vennero considerati pericolosi ma allo stesso modo importanti per legittimare il potere politico e ottenere consenso. Tutto

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peggiorato dalla difficile situazione postbellica a cui la Romania veniva sottoposta.

La modernizzazione economica non portò grandi risultati, poiché il paese restò essenzialmente agricolo e il tasso di crescita demografica non salì facendo rimanere le condizioni di vita precarie.

1.8. Le purghe

Il gulag romeno forse non è passato alla storia come quello sovietico e come i campi di sterminio nazisti, forse a causa delle sue modeste dimensioni, nonostante questo, a causa della gravità delle azioni compiutesi al suo interno, non deve essere sottovalutato rispetto ai totalitarismi maggiori del Novecento.

I destini degli ebrei romeni dipesero dal fatto che Antonescu decise di allearsi con Adolf Hitler anche se mantenne sempre una certa distanza dalla tesi naziste, motivo per cui decise di non soddisfare le richieste del führer riguardo la deportazione di ebrei residenti nei confini del vecchio regno della Romania.

Tra il 1941 e il 1942 i nazisti iniziarono a esercitare pressioni sul governo romeno, ma Antonescu non accettò le deportazioni. Vennero realizzate settantacinque prigioni con almeno 250.000 detenuti politici e vi furono innumerevoli morti tra cui anche militanti del partito comunista caduti in disgrazia. Furono un vero e proprio regolamento di conti.

Nell’ultima settimana di luglio i romeni di propria iniziativa trasferirono 25 mila ebrei dalla Bessarabia del Nord oltre il fiume Dnestr (Nistru), in Transnistria, una regione che a quel tempo era area militare tedesca. Il 4 ottobre 1941 Antonescu ordinò di deportare in dieci giorni al di là del Nistru tutti gli ebrei della Bucovina, mentre in Bessarabia non ne erano rimasti più di 10 mila. Quelli di Cernăuţi, in Bucovina, vennero ghettizzati il 9 ottobre e si ritrovarono a vivere in condizioni disumane. Il leader ebreo Filderman protestò presso Antonescu ma il dittatore accusò quegli ebrei di aver tradito la Romania collaborando con i russi. In ottobre e novembre treni carichi di ebrei varcarono il Nistru. In Transnistria arrivarono vivi circa 135 mila ebrei sui 160 mila

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deportati da Bessarabia, Bucovina e dalla città di Dorohoi. Gli altri morirono di stenti e maltrattamenti durante il trasferimento.13

Le testimonianze sulle violenze compiute sono molte ma la più significativa riguarda la “rieducazione dei prigionieri” che consisteva nella scelta di un gruppo di essi che veniva posto in una posizione privilegiata a condizione che i prescelti fossero pronti ad attuare la rieducazione di altri detenuti. Una volta che il detenuto, con torture e privazioni, veniva ritenuto rieducato poteva a sua volta ricoprire la posizione privilegiata e torturare a sua volta nuovi prigionieri.

Nonostante la rieducazione fosse il caso più grave di violenze compiute nel gulag, essa ebbe un impatto assai limitato sull’insieme della popolazione carceraria. Furono realizzati in questo periodo anche molti processi-farsa in cui gli imputati, alla fine, venivano costretti a confessare colpe di cui non si erano macchiati.

Va sottolineato che il re e la regina ebbero un ruolo molto importante per la salvaguardia degli ebrei.14

Durante la dittatura molte questioni, come ad esempio quella delle minoranze, vennero occultate, quindi per cinque decenni, la questione dell’Olocausto non venne conosciuta per la sua complessità e la sua gravità.

1.9. La destalinizzazione

Con il Patto di Varsavia si stabilì l’amicizia, la collaborazione e l’assistenza tra gli Stati firmatari: Unione Sovietica, Polonia, Germania dell’est, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria e Albania.

13 Gabriele Eschenazi – G. Nissim, cap. Romania, Ebrei invisibili. I sopravvissuti dell’Europa orientale dal comunismo a oggi, Milano, Arnoldo Mondadori Editore,

1995, p. 287. 14 Ivi, p. 220.

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Gheorghiu Dej15, al momento al comando del paese, aveva dimostrato attaccamento al potere ma acconsentì all’emergere di un nuovo ceto politico al fianco dei dirigenti della vecchia guardia. L’aver compreso che il regime aveva bisogno di una linfa nuova dimostrò l’abilità di Dej, il nuovo apporto consistette nella scoperta che il regime sarebbe stato più solido se dotato di maggior consenso tra la popolazione e il risultato poteva essere raggiunto recuperando e strumentalizzando il sentimento nazionale.

Nel 1956 venne sciolta l’ultima società mista sovietico-romena,

a dimostrazione del superamento di quella fase storica e nel luglio del 1958 l’Armata Rossa si ritirò dal territorio romeno. Il gruppo dirigente assunse una posizione critica nei confronti della “divisione internazionale del lavoro” e seguì due idee: la difesa dell’indipendenza nazionale nei fatti e l’applicazione del marxismo-leninismo in quanto ideologia del proletariato.16 I dirigenti comunisti romeni tennero presente l’ideologia marxista-leninista, la quale disegnava una società che procedeva progressivamente verso il primato dell’industria, con la crescita numerica e politica del proletariato.

Sul piano interno le novità ricollegabili a una tradizione destalinizzata furono forse più numerose di quelle nel campo delle relazioni internazionali: tra il 1962 e il 1964 tornarono in libertà 5.000 prigionieri politici, portando vantaggi dovuti alla visione positiva del paese ricevuta dall’estero. Nel 1964 venne deciso di venire incontro a richieste di maggior benessere, investendo nell’aumento dei salari e innalzamento dei tetti di reddito per poter accedere agli asili nido.

15 E’ stato un politico e ferroviere romeno, fu capo dello Stato dal 21 marzo 1961 al 18 marzo 1965. Entrò giovanissimo nel Partito Comunista Romeno, fu arrestato più volte dopo il 1933 e fu liberato solo dopo la fine del regime del maresciallo Ion Antonescu nel 1944. Segretario del PCR, Gheorghiu-Dej aderì al Fronte Nazionale Democratico (1945) e appoggiò il governo di Petru Groza, per il quale fu presidente del Consiglio Economico (responsabile della vita economica del Paese). Dopo la fondazione del Partito Operaio Romeno (1948), ne fu segretario generale e, dal 1948 al 1952, vicepresidente del Consiglio dei ministri con incarichi economici.

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Dej morì nel 1965 a causa di un cancro diffuso e tardivamente scoperto e il ventidue di marzo fu necessario eleggere un nuovo primo segretario: Nicolae Ceauşescu.

1.10. La dittatura di Nicolae Ceauşescu

Nicolae Ceauşescu nacque il 26 gennaio del 1918nel villaggio di Scornicești, nel distretto di Olt, da una famiglia di poveri contadini. Nel 1932 entrò molto giovane nell’allora illegale Partito Comunista Romeno, ma l’anno successivo venne arrestato a soli quindici anni con l’accusa di essere un agitatore durante uno sciopero.

Venne arrestato altre volte tra il 1936 e il 1940 e fu proprio in questo periodo che incontrò fuori dal carcere Elena Petrescu17, di due anni più giovane, che nel 1947 divenne sua moglie e, successivamente, figura emblematica del suo governo. In carcere conobbe Gheorghiu-Dej e ne diventò il protetto. Così ha potuto scalare le più alte cariche politiche: segretario dell’Unione e della Gioventù Comunista (1944-45), capo del Ministero dell’Agricoltura nel 1947 e viceministro delle Forze Armate dal 1948 al 1950.

Nel 1952 Gheorghiu-Dej lo inserì nel Comitato Centrale e due anni dopo si trovò a occupare la più importante carica del partito cosicché, alla morte di Dej, nel marzo del 1965 divenne primo segretario del Partito Romeno dei Lavoratori a soli quarantasette anni. Molto probabilmente i suoi compagni decisero di eleggerlo perché sicuri di poter esercitare un potere decisionale di carattere collegiale e di poter manovrare il giovane nuovo segretario considerato inesperto.

L’atmosfera politica nella Romania degli anni Sessanta e nell’intero blocco sovietico lasciava adito a speranze ma, almeno in 17 Elena Ceaușescu, nata Lenuța Petrescu a Petrești, il 7 gennaio 1916, e morta a Târgoviște il 25 dicembre 1989, è stata moglie del dittatore comunista Nicolae Ceaușescu, nonché vice Primo ministro della Romania. Vera ‘eminenza grigia’ del regime, morì fucilata insieme al marito durante la rivoluzione romena del 1989.

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terra romena, non trovarono riscontro nella realtà. Nel 1965 ci fu il congresso del partito che riassunse il nome di Partito Comunista Romeno e venne varata una nuova Costituzione.18

La popolazione all’interno delle scuole, università, nei propri posti di lavoro e nella vita privata poteva esercitare ancora un po’ di libertà e il processo di derussificazione della cultura e dell’istituzione proseguì in forma decisa. Lo studio della storia iniziò ad assumere sempre più importanza e la lingua e la cultura russa, introdotte negli anni Cinquanta, furono soppresse. Per pochi anni i romeni riuscirono a godere di migliori condizioni sia rispetto al passato, ma anche al futuro. Lo Stato cercò di ottimizzare la situazione economica prestando maggior attenzione all’industria, ma anche all’agricoltura e abolendo le consegne obbligatorie. Fu nuovamente concesso di acquistare o costruire una propria casa e fu permesso di recarsi all’estero anche se i rapporti con gli stranieri venivano sempre guardati con sospetto per via dei turisti che giungevano a conoscere le tradizioni e le donne romene. I giovani romeni, in particolare, si mostrarono interessati ai simboli più banali della way of life occidentale, dalle sigarette americane alle calze in nylon, tutto quel mondo gli appariva come magico e favoloso.19

La Romania era ben lontana da una liberalizzazione concreta, ma circa dieci anni i suoi cittadini poterono illudersi di essere alla vigilia di un futuro più prospero e libero.

Ceauşescu si mostrò subito come un politico amabile e astuto, un uomo dotato di una grande energia e, appena salito al potere, si sbarazzò dei collaboratori del suo predecessore aprendosi la strada verso il dominio assoluto.20

La Primavera di Praga21 fu il banco di prova per le relazioni romeno-sovietiche e per l’evoluzione dei rapporti interni al Patto di

18 Francesco Guida, Storia d’Europa nel XX secolo. Romania, cit., p. 254. 19 Ivi, p. 257.

20 Ion Bulei, Breve storia dei romeni, cit., p. 173.

21 La Primavera di Praga è stato un periodo storico di liberalizzazione politica avvenuto in Cecoslovacchia durante il periodo in cui questa era sottoposta al controllo dell'Unione Sovietica, dopo gli eventi successivi alla seconda guerra mondiale e

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Varsavia22. Ceauşescu, appena insediatosi, pronunciò un discorso in cui non riservò nessuno spazio al Patto di Varsavia, mentre nella nuova costituzione del 1965 una clausola escludeva la possibilità che la Romania entrasse in guerra per fedeltà al patto. Inoltre, senza consultare gli alleati di Bucarest, decise di diminuire il numero dei militari da 240.000 a 2000.000 e preferì non inviare le proprie truppe per le esercitazioni congiunte.

Il partito restava il solido detentore del potere e della verità dichiarandosi, solo a parole, portatore della volontà dei lavoratori e dei cittadini dal momento che le innovazioni non sembravano ancora mettere in discussione nessuno dei pilastri del modello politico e socioeconomico.23

Appena giunse la notizia dell’invasione della Cecoslovacchia, attuata senza la partecipazione di contingenti romeni, Ceauşescu apparve al bancone del palazzo del partito e dichiarò che condannava l’azione militare e che, se qualcuno pensava di poter ripeterla nei confronti della Romania, doveva tener di conto che avrebbe incontrato una forte resistenza popolare.

Nel suo messaggio il tema dell’indipendenza nazionale prevalse insieme al tema della difesa del territorio sulle considerazioni riguardanti la politica estera e il mantenimento del regime comunista e, per questo, il parlamento approvò la legge per la costituzione delle “guardie patriottiche”.24 Ceauşescu affermò che non doveva cambiare

il suo regime perché era stato approvato dal popolo e per diversi anni, lui e la Romania in generale, divennero particolarmente simpatici agli occhi dei paesi occidentali.

nell'ambito della guerra fredda. Essa iniziò il 5 gennaio 1968 e terminò il 20 agosto dello stesso anno, quando un corpo di spedizione militare dell'Unione Sovietica e degli alleati del Patto di Varsavia invase il paese.

22 Il Patto di Varsavia del 1955, detto anche Trattato di Varsavia, ufficialmente Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza, fu un’alleanza militare tra gli Stati comunisti del Blocco sovietico, nata come contrapposizione all’Alleanza del Patto Atlantico (NATO) fondata nel 1949.

23 Francesco Guida, Storia d’Europa nel XX secolo. Romania, cit., p. 259. 24 Ibid.

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Godette dei favori degli occidentali soltanto perché essi speravano di poter trasformare l’economia romena e con essa il regime. La diplomazia romena iniziò a offrire i suoi servigi per ulteriori mediazioni con il mondo arabo e si poneva come nuovo leader degli stati non allineati mentre in Occidente si sperava che si aprisse agli investimenti esteri e al commercio occidentale.

Nei primi anni dell’era di Ceauşescu tutto questo sembrò possibile con lo sviluppo dell’industria automobilistica (tutti i turisti occidentali potevano far conoscenza della Dacia e dell’Oltcit) e di altri sviluppi interni allo stato romeno, ma ciò non si ebbe.

Già nel IX congresso del partito, tenutosi nel 1965, iniziarono a emergere figure nuove vicine al segretario con una nuova ripartizione dei poteri.

Nel 1967 fu concesso a Ceauşescu il titolo di Presidente di Stato per cui la Romania iniziò ad avvicinarsi di più alla creazione del culto della personalità che avrebbe caratterizzato gli anni Settanta e Ottanta del paese.25 Ceauşescu introdusse un nuovo costume politico che prevedeva la rotazione dei responsabili alle varie cariche statali e, se a prima vista questo poteva sembrare corretto, in realtà, gli permise di poter controllare meglio tutti i quadri dirigenti e poter impedire che qualcuno tra di loro potesse costruirsi un proprio potere.

Il passo successivo fu quello di introdurre e far progredire nella carriera politica parte dei propri parenti e dal 1973, infatti, la moglie Elena cominciò a salire i ranghi del partito diventando con il tempo la seconda massima autorità in Romania. I fratelli e i figli, invece, poterono sperimentare, non tutti, una simile sorte. Era un fenomeno di per sé piuttosto nuovo all’interno di un regime comunista, ma lo fu maggiormente quando i membri della famiglia di Ceauşescu pretesero di abbinare a cariche politiche o amministrative titoli e incarichi culturali.

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In un discorso Ceauşescu spiegò la sintesi che era stata operata tra l’antico sentimento nazionale e la nuova ideologia marxista-leninista, rispondendo così alla domanda di alcuni giornalisti stranieri riguardante il perché la Romania avesse una così grande attenzione alla lotta patriottica e rivoluzionaria:

Noi comunisti riteniamo un dovere studiare, conoscere e onorare nel modo dovuto coloro che hanno contribuito alla creazione della nostra nazione, che si sono immolati per la liberazione, sul piano nazionale e sociale, del popolo romeno. Noi comunisti siamo i continuatori di tutto ciò che il popolo romeno ha di migliore. Il partito comunista in Romania non è nato per caso. Esso è il risultato di un intero processo storico di sviluppo economico-sociale che ha condotto alla maturazione della classe operaia, della lotta rivoluzionaria e alla costituzione del Partito comunista romeno. Come sarebbe possibile che un partito che si prefigge di dirigere il popolo verso la realizzazione di un ordinamento più giusto, socialista, non conoscesse il suo passato di lotta? Immagino che un partito del genere sarebbe povero, sarebbe privo di vigore e, senza alcun dubbio, non beneficerebbe né del sostegno né della fiducia del popolo.26

Con questo discorso Ceauşescu non si preoccupava certo di chiarire se il popolo romeno fosse composto da liberi cittadini, i quali potessero scegliere la propria sorte, o da una massa di sudditi.

Alcune caratteristiche della dittatura esistevano da tempo, gli ultimi quindici anni del regime comunista si potrebbero interpretare come un tentativo di “degenerazione burocratica del socialismo”.27

Il 1971 rappresenta un anno di svolta perché il leader rese note le ‘Tesi di luglio’28 con cui fu avviata una piccola rivoluzione culturale

dopo la sua visita in Cina e Corea del Nord. L’autoritarismo comunista

26 Ivi, pp. 266-267. 27 Ibid.

28 Per ‘Tesi di luglio’ s'intende un discorso pronunciato dal leader della Repubblica Socialista di Romania, Nicolae Ceaușescu, il 6 luglio 1971, davanti al Comitato esecutivo del Partito Comunista Romeno (PCR). Questo discorso segnò l’inizio di una “piccola rivoluzione culturale" all'interno della Romania comunista, lanciando un'offensiva neostalinista contro l'autonomia culturale, un ritorno alle rigide linee guida del realismo socialista e agli attacchi contro gli intellettuali dissidenti.

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asiatico era la premessa al culto della personalità e comportava una militanza di carattere rituale da parte dei membri del Partito. Il caso romeno si rivelava in parte simile a quello degli altri stati comunisti,

con la differenza che il gruppo dirigente aveva optato da tempo per una crescita accelerata con il sacrificio del benessere popolare.

Al Cremlino Ceauşescu si spinse sino ad alzare la voce agitato per le interferenze dei compagni sovietici i quali non giunsero a dichiarazioni di condanna della dittatura personale, ma sostennero i potenziali oppositori perché preparassero un cambio al vertice, che allineasse la Romania al regime sovietico.

Nel frattempo, il regime di Ceauşescu iniziava a toccare la vetta di assurdità, il pubblico romeno poteva godere di due ore il giorno di programmi televisivi, dominati dal culto della personalità del leader sempre insieme alla moglie Elena, così si potevano mescolare l’intento censorio e la necessità di comprimere i consumi elettrici.

I cittadini furono invitati a usare poco gli elettrodomestici e l’illuminazione iniziò ad essere carente per le strade e nelle abitazioni. Aumentarono i divieti di circolare in auto, ironico visto che la Romania le produceva, e fu richiesto di tornare a utilizzare le biciclette o i mezzi trainati da animali, un chiaro passo indietro del processo di modernizzazione.

Ogni possessore di macchina doveva essere schedato e non poteva prestare il proprio mezzo, né venderlo a nessuno, nessun cittadino romeno era autorizzato all’utilizzo di fotocopiatrici al di fuori degli uffici.

Anche i rapporti con l’estero si erano fatti sempre più difficili. Inoltre, chi aveva o aveva avuto un breve contatto con uno straniero, era costretto a comunicarlo tramite una relazione scritta alle autorità.

Negli anni Ottanta vennero prese decisioni politiche in più campi: per l’agricoltura vennero abbassati i prezzi e tornarono le consegne obbligatorie, venne stabilita la ristrutturazione del territorio provinciale e vennero uniti i villaggi e, infine, i culti religiosi vennero sottomessi all’autorità statale.

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Nel centro della capitale sorse un nuovo gigantesco palazzo che diventò la sede del potere e fu denominato “La casa del popolo”. Venne inserita la tessera alimentare, come accadde nel dopoguerra fino al 1954 e si cercò di eliminare il debito nazionale sulla pelle del popolo.

La crescita demografica, che avrebbe dovuto portare nell’anno 2000 la popolazione a quaranta milioni, registrò una stagnazione o una diminuzione dovuta alle cospicue emigrazioni.

Non vennero registrate massicce opposizioni al regime e ciò fu dovuto al fatto che si temevano i pericoli che qualunque oppositore avrebbe corso, anche se si sono manifestati tuttavia fenomeni di esplosioni di rabbia popolare con uomini e donne coraggiosi che misero in gioco la propria vita.

Gli scrittori si divisero in correnti e opinioni diverse: un numero importante di loro, unito a critici letterari e di arte, non aderirono all’obbedienza e al servilismo nei confronti dell’autorità del tempo mantenendo un certo margine di libertà. Comunque sia, la libertà degli intellettuali sotto il regime era ancora incerta.

La manifestazione più nota che si ebbe in questo periodo fu quella del 1977, in cui scioperarono i minatori della valle dello Jiu29 portando grandi cambiamenti nelle relazioni con gli Stati Uniti e, più in generale, con l’Occidente.

Ceauşescu aveva ormai condannato la Romania all’isolamento, forse non comprese che i governi occidentali non avevano più bisogno delle sue mediazioni diplomatiche e preferivano trattare direttamente con la nuova dirigenza riformista del Cremlino, né volevano fare da scudo a un regime che consideravano ormai superato.

Pochi giorni prima del XIV Congresso, il trenta di ottobre del 1989, il centro dell’Onu per i diritti dell’uomo inviò una Nota al

29 Una delegazione di alti esponenti del partito fu presa in ostaggio e qualcuno ricorda persino che venne presa a calci la macchina personale di Ceauşescu, costretto a recarsi di persona sul luogo per risolvere la questione. I minatori sono sempre stati considerati una categoria particolare di lavoratori a causa dei compiti fondamentali per l’economia romena, per il loro numero e per la loro compattezza, che si è potuta sperimentare anche in epoca postcomunista.

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Ministero degli Esteri romeno per lamentare ben centotrenta casi di violazione di quei diritti in Romania. Il governo di Ceauşescu ormai andava verso la sua fine.

1.11. La rivoluzione del 1989 e la Romania postcomunista

Molto probabilmente Ceauşescu era realmente convinto che la sua persona e il socialismo romeno fossero una cosa sola, oppure non riuscì a trovare nessuna via di uscita dalla situazione creatasi nel regime. La società romena della fine degli anni ’80 ormai presentava tutti i sintomi della decadenza: crisi economica, energie sociali bloccate e un crescente deterioramento.

Le ragioni per cui il regime di Ceauşescu venne rovesciato furono portate con l’intervento di forze esterne che incoraggiarono la rivoluzione popolare.

Alla vigilia del XIV congresso del PCR venne fatto circolare un documento anonimo nel quale era scritto che se i delegati non avessero fatto la scelta politica di estromettere la dirigenza in carica, la parola sarebbe passata in piazza e sarebbe stato pagato un prezzo più alto per il cambiamento, e così fu.

A ottobre iniziarono le prime manifestazioni alla frontiera ungherese e a Timişoara, che riuscirono a ottenere l’attenzione dei mezzi di comunicazione di massa. Queste azioni ebbero come conseguenza la persecuzione di un pastore ungherese portato via unicamente per le attività di antiregime nonostante le proteste dei suoi parrocchiani e ciò divenne un pretesto che tutta la popolazione utilizzò per scendere in piazza a esprimere il proprio malessere.

Gli scontri con le forze dell’ordine furono duri e portarono addirittura a richiedere l’intervento dei militari autorizzati a sparare. Le vittime furono inizialmente solo alcune decine, ma la televisione

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riprodusse molti più morti per intimorire i cittadini, mostrando numerosi cadaveri di madri e figli appena nati.

Ceauşescu, nonostante la difficile situazione, non rinunciò a un viaggio in Iran programmato da tempo per avviare una collaborazione commerciale nel settore petrolifero per rendere la Romania un paese di raffinerie. In assenza del leader fu affidato alla moglie Elena il compito di governare il paese, anche se il vero potere decisionale non fu mai nelle sue mani.

Nella capitale il 21 dicembre fu organizzata una manifestazione dello stesso governo che, in maniera inattesa, si trasformò in protesta contro di esso. Il discorso del dittatore venne interrotto da fischi e urla e la televisione riuscì a immortalare la sua sorpresa che in pochi minuti diventò sgomento, insieme alla sua collera per quelle impudenze.

È da pensare che quel sentimento di rivalsa, per tanto tempo sopito, della popolazione fosse ormai esploso e le ore che seguirono si rivelarono particolarmente difficili. Durante le giornate del 21 e 22 proseguirono le manifestazioni antiregime e Ceauşescu, finalmente resosi conto della gravità della situazione, il 22 fuggì con la moglie in elicottero dalla sede del Comitato Centrale, mentre a Bucarest continuavano i combattimenti tra elementi della Securitate (la Polizia Politica del regime) e le forze armate.30

La Romania era ormai un paese in piena guerra civile, con un regime deciso a non lasciare facilmente il proprio potere. Ceauşescu fu catturato il 22 di dicembre e il 25 fu sottoposto a un processo al seguito del quale venne giustiziato, dopo un frettoloso giudizio, insieme alla moglie Elena, nonostante la loro richiesta di rispondere davanti all’Assemblea nazionale, come la Costituzione dettava. Questa velocità nell’esecuzione sembra sia stata dettata dalla paura che il leader potesse costituire un nuovo pericolo, o semplicemente per vendetta.

Rimangono ancora oscuri alcuni aspetti della vicenda, la “detronizzazione” e la successiva uccisione furono opera di un gruppo

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organizzatosi all’interno del partito e delle forze armate e ciò può aiutare a capire i motivi degli sviluppi poco positivi della successiva democratizzazione lenta e zoppicante. L’abbattimento del regime costò molte vittime: più di un migliaio di morti e tremila feriti e ciò può far riflettere dal momento che, dopo la cattura di Ceauşescu, il numero delle persone uccise non si arrestò.

Eliminato il dittatore, si assistette a un periodo politicamente confuso, che vide il tentativo di uomini provenienti dal PCR di salire al potere. Il 9 febbraio 1990 fu costituito un consiglio provvisorio di Unione Nazionale con centottanta membri provenienti per metà dal FSN31 e da altre formazioni neocostituite. La realizzazione del nuovo quadro politico fu molto difficile e attirò gli osservatori internazionali. In Romania come negli altri paesi ex comunisti, ma in maniera più pesante, si presentarono una serie di problematiche riguardanti la transizione verso l’economia di mercato che trovò degli avversari e comportò molta fatica e molte spese per il paese.

Non avendo debito estero, la Romania del 1990 attirò l’interesse di molti investitori e prestiti stranieri e, anche se la popolazione poté iniziare a trovare finalmente le merci all’interno dei negozi, l’aumento impressionante dei prezzi provocò proteste di piazza.

La Romania fu l’ultimo dei paesi ex comunisti a vedere l’allontanamento dei membri del PCR e il ricambio ritardato delle forze al potere, che non fu così semplice. Essi credevano che l’eliminazione di Ceauşescu fosse sufficiente per cambiare il regime e migliorare la situazione generale del paese, ma così non fu poiché la Romania era stata per molti anni in crisi e in una posizione difficile e gli sforzi da fare per uscirne furono molti, tanto che qualche persona guardava con rimpianto e nostalgia il periodo della dittatura.

I nuovi politici romeni, per accelerare i tempi di integrazione della Romania in Occidente, insistettero col sottolineare i tratti caratterizzanti del loro paese che si erano già affermati con il modello occidentale o

31 Il Fronte di Salvezza Nazionale (in romeno Frontul Salvării Naționale, FSN) è stato un partito politico romeno creato all’indomani della caduta del regime.

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che erano in via di realizzazione, ma con scarsi risultati per quanto riguarda il benessere della popolazione romena, che soffrì anni molto difficili.

1.12. “Nati a comando, i figli del decreto”32: la politica demografica sotto Nicolae Ceauşescu

Nel 1965 in Romania si assistette a un drastico calo della natalità, dovuto principalmente all’ammodernamento della vita e alla urbanizzazione forzata della società romena. Le cause di questa decrescita dipesero dal fatto che le donne iniziarono a lavorare in numero sempre maggiore, spinte dalle condizioni economiche precarie, dedicandosi sempre di più alla carriera e ciò provocò un cambiamento nei valori della società, trasformando i figli da risorsa a spesa.

Il 1966 fu l’anno in cui venne registrato il numero più basso di nascite e la colpa venne data al decreto del 1957, con il quale veniva legalizzato l’aborto, permettendo così alle donne di interrompere le gravidanze con più facilità.

Ceauşescu, appena salito al potere nel 1966, decise di cambiare la situazione demografica. Tra i suoi obiettivi, infatti, c’era quello di aumentare la produzione industriale in Romania e, l’unico modo per farlo ai suoi occhi, consisteva nell’aumentare la manodopera.

Da quel momento in poi la capacità femminile di procreare diventò un’arma da controllare e sfruttare per l’interesse dello Stato.

Il sogno di Ceauşescu era di passare da una popolazione di 19 milioni del 1965 a 24-25 milioni entro il 1990.33

32 Il titolo è stato ripreso dall’omonimo documentario del regista romeno Florin Iepan (Das Experiment 770: gebären auf Befehl, 2004) che ha come soggetto il decreto 770 di Ceasuşescu, il regista decidendo così di trattare sul grande schermo un tema molto importante per la Romania della seconda metà del Novecento, che non può essere dimenticato.

33 Trebici V., Romania’s population and demographic trends, Bucarest, 1976, p.134-135.

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Inizialmente lo Stato, per facilitare le procreazioni, si fece carico non solo della gestione delle faccende domestiche, ma anche dei figli stessi. Vennero creati dei centri appositi per lo svolgimento delle mansioni casalinghe quali: mense per la distribuzione di cibo, lavanderie e nurseries per i bambini. Questo progetto però non si sviluppò completamente a causa dei costi eccessivi, sia da un punto di vista economico che sociale.34

Lo Stato a quel punto decise di cambiare strada: da quel momento doveva essere la donna stessa a riuscire a gestire sia il lavoro che i figli, dedicandogli tutto l’amore e le cure necessarie. Inutile sottolineare come questa situazione pose le madri in una condizione di estremo stress e tensioni, dal momento che ci si aspettava moltissimo da loro.

La colpa più grande di Ceauşescu, nei confronti del suo popolo, fu quella di essere riuscito a distruggere ogni bene e ogni ricchezza che la Romania aveva a quell’epoca, portando, in pochi anni, la nazione al degrado e alla povertà. Per il dittatore la donna diventò una vera e propria ossessione che porterà lo Stato a entrare nella vita privata dei cittadini.

Nel 1966 fu emanato il decreto 770 con il quale Ceauşescu dichiarò l’aborto e la contraccezione illegali, affermando che il feto, da quel momento in poi, diventava una proprietà dello Stato e, in quanto tale, doveva essere tutelato. Le donne diventarono delle vere e proprie “eroine della produzione socialista” grazie all’ideazione di una propaganda che serviva a convincerle sulla brutalità dell’aborto e venne anche istituita una “polizia mestruale”.35

Questi agenti di governo possedevano un’adeguata formazione sanitaria, erano medici ginecologi, e sottoponevano le donne a visite ginecologiche mensili, monitorando costantemente le gravidanze.

34 Abbandono, istituzionalizzazione e adozione di minori in Romania prima e dopo Ceauşescu - Tesi di Laurea in Storia e istituzioni dei paesi dell’Europa orientale,

presentata da Maria Luisa Rioli, Sessione II, Anno Accademico 2006/2007, Univ. di Bologna, p. 21.

35Testo disponibile al sito: https://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/cibamente/2018/04/12/news/gli_orfanotrofi_lager_di_ceausescu-193654652/ [consultato il 12/05/2020].

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Le uniche donne che potevano non rispettare il decreto erano: quelle che avevano superato i quaranta anni di età, quelle che avevano tra i quattro e i cinque figli, quelle che mostravano delle complicazioni mediche e, infine, quelle che erano state vittime di stupro o di incesto.

Se la gravidanza non si fosse conclusa positivamente, “la paziente” avrebbe potuto subire un processo con il rischio di finire in carcere.

Si istituirono degli incentivi a favore delle nascite con i quali venivano aiutate le madri con molti figli, veniva fornito il congedo di maternità di sedici settimane e venivano forniti medicinali gratuiti. Accanto agli incentivi però, vi furono delle sanzioni per chi non ne aveva: “la tassa per i senza figli” veniva detratta mensilmente dal salario di uomini e donne con più di venticinque anni.36

Tutto questo portò le donne con poche possibilità economiche a una condizione di vita difficile e in realtà insostenibile, che le costrinse ad abbandonare, la maggior parte delle volte, i propri figli nelle mani dello Stato stesso.

L’abbandono dei minori è un fenomeno che già esisteva molto prima del XX secolo in Romania. La chiesa e le famiglie nobili accoglievano gli orfani e i trovatelli fino alla fine del XVIII secolo nel principato di Transilvania e dagli inizi del 1800 in quelli di Moldavia e Valacchia.37

Con il decreto 770 la situazione si fece più seria, oltre 170.000 bambini furono affidati allo Stato, poiché le famiglie non riuscivano a sfamargli e a consentirgli uno stile di vita adeguato.38 Tutti i bambini

abbandonati sotto il regime di Ceauşescu furono affidati agli istituti e, in un solo decennio, il numero dei letti aumentò del 66%: da 4452 a

36 David H., Wright N., Abortion legislation: the Romanian Experience. Studies in family planning, The population Concil, Vol. 2(10), 1971.

37 Roth-Szamoskozi M., Intersection of Tradition and Need of Change in Romanian Child Protection System, Open Society Institute, Center for Publishing Development,

1998.

38 Testo disponibile al sito: https://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/cibamente/2018/04/12/news/gli_orfanotrofi_lager_di_ceausescu-193654652/ [consultato il 12/05/2020].

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11047, mentre negli anni ’80 il numero dei minori abbandonati aumentò del 42% rispetto al decennio precedente.39

I piccoli furono letteralmente ammassati in circa 700 istituti, in luoghi remoti, con condizioni igieniche pessime e un’alimentazione insufficiente.

Non si hanno indicazioni dettagliate riguardo le condizioni di vita all’interno degli istituti, possediamo soltanto degli studi su casi specifici effettuati nei primi anni ’90 e, grazie a questi, è possibile ricreare parzialmente la vita al loro interno.

L’organizzazione non governativa internazionale Human Rights Watch nota che i più piccoli stavano sempre a letto in stanze che oscillavano dai dieci ai cinquanta posti letto, malnutriti e privi di vestiti adeguati e delle cure mediche necessarie.40

Tra il 1967 e il 1989 nacquero 10 milioni di bambini di cui 340 mila morirono prima di raggiungere il primo anno di età. Le cause sono riconducibili allo stress a cui erano sottoposte le madri, che provocava aborti spontanei, alla difficoltà di curare i bambini da parte di famiglie benestanti che preferivano investire sui figli sani.41

Alcune donne benestanti riuscirono a corrompere i medici e ottenere illegalmente dei contraccettivi, le meno ricche, invece, ricorrevano a metodi più primitivi e più rischiosi che potevano causare la morte, portando la Romania ad essere uno degli Stati con il numero più alto di mortalità tra le donne d’Europa.

Maurizio Peciccia, in un articolo del 2018 definisce la condizione dei bambini sotto il decreto 770: “una strage degli innocenti, nascosta

39 Abbandono, istituzionalizzazione e adozione di minori in Romania prima e dopo Ceauşescu - Tesi di Laurea in Storia e istituzioni dei paesi dell’Europa orientale,

presentata da Maria Luisa Rioli, Sessione II, Anno Accademico 2006/2007, Univ. di Bologna, p. 33.

40 Human Rights Watch 1998 Report, Abandoned to State Care: Cruelty and Neglect in Russian Orphanages.

41 Abbandono, istituzionalizzazione e adozione di minori in Romania prima e dopo Ceauşescu - Tesi di Laurea in Storia e istituzioni dei paesi dell’Europa orientale,

presentata da Maria Luisa Rioli, Sessione II, Anno Accademico 2006/2007, Univ. di Bologna, p. 26.

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