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La credibilità dell’apparato amministrativo come valore costituzionale e riferimento per il dibattito sulle riforme istituzionali

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di Sergio Foà

Professore ordinario di Diritto amministrativo

Università degli Studi di Torino

La credibilità dell’apparato

amministrativo come valore

costituzionale e riferimento per il

dibattito sulle riforme istituzionali

(2)

La credibilità dell’apparato amministrativo come

valore costituzionale e riferimento per il dibattito

sulle riforme istituzionali

di Sergio Foà

Professore ordinario di Diritto amministrativo

Università degli Studi di Torino

Sommario: 1. L’Assemblea Costituente: indirizzo politico a “persone di valore” e Stato “buon

amministratore”. 1.1. Autorevolezza delle cariche istituzionali e “modificazioni di costume”. 1.2. L’indebito ottimismo a escludere interventi di moralizzazione sulla pubblica amministrazione. 1.3. Anticipazioni della legge anticorruzione in Assemblea Costituente: i “rapporti di affari” dei funzionari dello Stato che hanno lasciato il servizio. 1.4. Il controllo popolare sull’Amministrazione. 2. La giurisprudenza costituzionale sulla “credibilità” della p.a. e la “fiducia” degli amministrati. 3. La giurisprudenza e la giurisdizione amministrativa tra “legislazione confusa” e “debolezza della P.a.”. 4. L’iper-regolazione richiesta dal ceto burocratico e la tendenza alla relativa deresponsabilizzazione.

1. L’Assemblea Costituente: indirizzo politico a “persone di valore” e Stato “buon amministratore”.

La concezione “dialettica-drammatica” della pubblica amministrazione1 insita nel testo costituzionale rafforza nell’interprete odierno la necessità di riproporre una riflessione sulla credibilità dell’apparato istituzionale nel suo complesso, soprattutto considerando il profondo, ancorché problematico, processo di riforma condotto nella Legislatura appena conclusasi.

Del resto, è forse la stessa disomogeneità del modello amministrativo originario a sollecitare tali esigenze di approfondimento.

Da un lato, infatti, i lavori preparatori testimoniano una certa lungimiranza dei costituenti nell’offrire una sintesi tra il modello di amministrazione «apparato servente» del Governo e quello dell’amministrazione come apparato a sé, regolato direttamente dalla legge ed espressione di un’ottica istituzionale autonomistica.

1 Secondo la nota definizione di M. NIGRO, La pubblica amministrazione fra costituzione e formale e costituzione materiale,

in Rivista trimestrale di diritto e processuale civile, 1985, p. 171: “Recependo in sé istanze dissimili o addirittura divergenti (...) la Costituzione ha, realisticamente, accolto una concezione dialettica, anzi drammatica dell’amministrazione”. La letteratura sul punto è amplissima: per i dovuti richiami bibliografici e una ricostruzione di sistema, da ultimo, N. LONGOBARDI, La posizione istituzionale dell'amministrazione pubblica e la Costituzione, in amministrazioneincammino.luiss.it, 12 maggio 2017; C. NAPOLI, Spoils system e Costituzione. Contributo allo studio dei rapporti tra politica ed amministrazione, Torino, Giappichelli, 2017, passim.

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Questo connubio, d’altra parte, non impedì l’emersione di numerose tensioni che, però, in quella fase della storia repubblicana, vennero considerate, “entro certi limiti”, accettabili oltre che inevitabili. Questa scelta, che fu anche il frutto della difficoltà di delineare un chiaro rapporto gerarchico tra i modelli costituzionali di apparato amministrativo allora conosciuti2, ciascuno dei quali poteva essere inteso come lo strumento per la realizzazione “di esigenze parimenti essenziali della nostra Costituzione: il principio personalista, il garantismo giuridico, l’eguaglianza sostanziale, ecc.”3, ha al giorno d’oggi notevoli ripercussioni sul sistema amministrativo italiano, sul suo funzionamento e sulla sua autorevolezza presso la società civile.

Ferme tali premesse, in questa sede si vuole sostenere che l’esigenza, progressivamente avvertita come valore costituzionale, di garantire la credibilità delle Istituzioni politiche ed amministrative nei confronti della collettività costituisce un riferimento ineludibile per superare le principali aporie del rapporto fra dipendenza politica dell’amministrazione, sua “autocefalia” ovvero auto-responsabilità, e tensione tra accentramento e pluralismo della sua organizzazione4.

Del resto, anche nel momento in cui la pubblica amministrazione agisce come apparato servente dell’indirizzo politico, essa mantiene comunque una posizione autonoma in diretto collegamento con la società per la realizzazione delle “finalità pubbliche obiettivate dall’ordinamento”5. Allo stesso tempo, senza addentrarsi nel tema della riserva di amministrazione, il “collegamento con la società” riferito all’apparato burocratico eleva quest’ultimo a primario attore istituzionale per la collettività, non confinabile all’esercizio di compiti meramente esecutivi e perciò ancora più doverosamente “credibile”6. La rafforzata attenzione del più recente legislatore verso vere e proprie operazioni di moralizzazione delle istituzioni suggerisce poi un’attenta rilettura del quadro costituzionale nel quale venne elaborato al fine di orientare l’apparato pubblico, di indirizzo politico e di amministrazione, al conseguimento di finalità pubbliche “obiettivate” a monte, mediante l’autorevolezza delle scelte di indirizzo ai vertici

2 V. BACHELET, Evoluzione del ruolo e delle strutture della pubblica amministrazione, in Scritti giuridici, Milano, Giuffrè,

1981, 452 ss., ricorda che le linee ispiratrici della pubblica amministrazione presenti in Costituzione sono diverse, ma non necessariamente contraddittorie ed incoerenti: benché non se ne indichi espressamente il collegamento, esse risultano coesistenti e del pari doverose.

3 M. NIGRO, La pubblica amministrazione, cit.; S. CASSESE, Il sistema amministrativo italiano, Bologna, il Mulino,1983,

p. 59 ss.

4 Tensione da ultimo ribadita da N. LONGOBARDI, La posizione istituzionale, cit.

5 Corte cost., sentenza n. 1 del 1999, sul principio concorsuale per l’accesso all’impiego pubblico, ove si legge che

il nostro ordinamento democratico “affida all'azione dell'amministrazione, separata nettamente da quella di governo (politica per definizione), il perseguimento delle finalità pubbliche obiettivate dall'ordinamento”.

6 Sull’indiscutibile e indissolubile collegamento tra indirizzo e gestione, già L. CARLASSARE, Amministrazione e

potere politico, Padova, Cedam, 1974, p. 101. Sui “confini dell’ingerenza” della politica dall’attività all’organizzazione amministrativa secondo la giurisprudenza costituzionale, da ultimo, C. NAPOLI, Spoils system e Costituzione, cit., p. 83 ss.

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dell’ordinamento, così come a valle, mediante l’edificazione di un’amministrazione capace di sostenere il peso della pericolosa diarchia “legalità-efficienza”7 nell’interesse comune dei consociati.

In linea generale, presso l’Assemblea Costituente vennero individuati almeno quattro “nodi” attinenti al tema in analisi: il ruolo e l’autorevolezza della figura del Presidente del Consiglio dei Ministri nella forma di governo italiana; la moralizzazione dei funzionari pubblici per la buona amministrazione dello Stato; l’opportunità di approntare una legislazione di prevenzione dei fenomeni corruttivi; la questione del controllo popolare sulla pubblica amministrazione.

1.1. Autorevolezza delle cariche istituzionali e “modificazioni di costume”.

Per quanto riguarda gli elementi costitutivi del Governo e la funzione del Presidente del Consiglio dei Ministri, i Costituenti dimostrarono di saper cogliere le peculiarità del quadro politico ed istituzionale italiano.

In questo senso, già l’On. La Rocca, Relatore della corrispondente disposizione sul Governo, aveva avvertito la difficoltà di “tradurre in atto la pratica inglese e più esattamente quella pratica che, senza essere sancita dalla Costituzione, è possibile in Inghilterra per il particolare clima politico che ivi esiste e che non è facile riprodurre in altri Paesi”8. In quel contesto istituzionale, secondo il Relatore, l'autorità del Primo Ministro “è la conseguenza non di una norma scritta, ma del valore personale di alcuni uomini di

Stato e del fatto che tale carica è ricoperta dal leader del partito di maggioranza. Finché una tale situazione

non potrà riprodursi in Italia e finché non si affacceranno sulla scena politica personalità di primo piano, è inutile illudersi che si possa ottenere lo stesso risultato attraverso una disposizione costituzionale” (corsivi nostri). In tutta evidenza il tema incrocia, almeno parzialmente, quello dei sistemi elettorali e della loro proiezione sulla forma di governo.

Lo stesso relatore si era dichiarato contrario all’espressione del testo originario: «Il Primo Ministro è responsabile della politica generale del Governo», con cui, a suo avviso, si sarebbe rischiato di “dare poteri

eccessivi ad uomini che potrebbero non meritarlo”.

L’On. Mortati, all'obiezione che “non è il caso di conferire tali poteri a persone che potrebbero non avere le qualità per esercitarli”, replicò affermando l’impossibilità per la Costituzione di fare riferimento alle attitudini e alle capacità personali. La stessa Costituzione prevede un determinato funzionamento e un rapporto di forze: “s'intende che i poteri che essa conferisce al capo di un organo potranno giovare soltanto

7 Cfr. già F. BENVENUTI, L’azione amministrativa tra garanzia e efficienza, 1981, oggi in Scritti giuridici, vol. I, Milano,

Vita e Pensiero, 2006, p. 3647 ss.

8 On. LAROCCA, Prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, 4

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in quanto questi sia una persona di valore”. Nel difendere il testo della disposizione in esame, Mortati ricordò

che “una determinata situazione politica è la risultante di un costume” e che “la Costituzione è uno degli elementi che possono influire di più nel determinare un costume”, sicché una norma in essa contenuta costituisce “un impegno, garantito dalle forze stesse, a promuovere quelle lente modificazioni del costume che possono condurre alla realizzazione di un sistema politico”. Il “perfetto funzionamento del meccanismo” sarebbe stato perseguito “se a capo del Governo vi sarà un uomo che abbia le doti necessarie, mentre daranno risultati meno buoni in caso contrario”9.

L’On. Einaudi, in replica a Mortati, espresse dubbi sulla idoneità dell'espressione «Il Primo Ministro è responsabile della politica generale del Governo» a “creare quel tale costume che è nell'aspirazione di tutti”, temendo piuttosto che potesse costituire un ostacolo al raggiungimento di siffatta meta, ed “un mezzo offerto ad uomini di secondo piano per fare una politica personale”. A favore di un’impostazione collegiale, Einaudi sollecitò la necessità di prevedere esclusivamente una politica generale del Governo, “di cui il Primo Ministro non è che l'interprete”10.

Necessaria autorevolezza (“persone di valore”, “personalità di primo piano”) della figura del Presidente del Consiglio dei Ministri, primazia della politica generale (collegiale) del Governo, strumentalità dell’autorevolezza della carica istituzionale alla realizzazione del dell’indirizzo politico furono dunque i principi che sostennero la definizione dei vertici dell’amministrazione dello Stato. Si può aggiungere, valorizzando le sollecitazioni di Mortati, strumentalità della forma di governo a promuovere le “modificazioni di costume” necessarie alla realizzazione e alla tenuta del sistema politico-istituzionale. Il riferimento alla “lentezza” di tali modificazioni non dovrebbe più trovare sostegno, ma potrebbe essere replicato a fronte di riforme costituzionali sulla forma di governo e sui rapporti tra poteri e apparato amministrativo.

1.2. L’indebito ottimismo a escludere interventi di moralizzazione sulla pubblica amministrazione.

Con riferimento alla pubblica amministrazione statale, i Costituenti furono impegnati in un’approfondita discussione sull’“opera moralizzatrice della vita pubblica”, con specifico riferimento ai rapporti di pubblico impiego11.

9 On. MORTATI, Prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, 4

gennaio 1947, seduta pomeridiana.

10 On. EINAUDI, Prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, 4

gennaio 1947, seduta pomeridiana.

11 Prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, seduta del 14 gennaio

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L’On. Mortati, Relatore, aveva proposto le seguenti formulazioni dell’articolato:

1) «Ogni Ministro dirige l'amministrazione ad esso affidata. Nell'ambito delle sue direttive, i funzionari dirigenti dei vari

servizi assumono la diretta responsabilità per gli atti inerenti ai medesimi».

2) «I pubblici impiegati sono al servizio della Nazione ed è garantita la loro piena indipendenza da influenze politiche». 3) «I pubblici impiegati che siano membri del Parlamento non possono, durante il mandato, conseguire promozioni, se non

per anzianità. Essi devono fornire, a richiesta dell'Amministrazione della quale fanno parte, le giustificazioni degli accrescimenti patrimoniali conseguiti durante la permanenza in servizio».

A sostegno della terza formulazione proposta, il Relatore aveva invocato “una delle esigenze più profondamente sentite nel momento presente”: attuare “un'opera moralizzatrice specialmente nel campo della

vita pubblica”.

Sul punto, è interessante ricordare le eccezioni sollevate da alcuni componenti della Sottocommissione, riferite a tale previsione: con essa “i pubblici impiegati sarebbero messi in una condizione di inferiorità di fronte agli altri cittadini”12; con essa “implicitamente si verrebbe a gettare il discredito sulla pubblica

Amministrazione del Paese. Per quegli impiegati che, nell'esercizio delle loro funzioni, compiano atti non

giustificabili di fronte alla legge e alle regole del buon costume, e per i quali le Amministrazioni potranno sempre adottare i provvedimenti del caso, non si può in una Costituzione introdurre una norma che sarebbe

oltremodo offensiva per tutta la pubblica Amministrazione” (corsivo nostro)13.

Decisiva, in senso contrario, fu l’obiezione di Einaudi, secondo il quale con tale formulazione “si verrebbe per la prima volta a chiedere ai funzionari di provare l'onestà con cui esplicano le loro funzioni”14. A fronte di tali obiezioni, Mortati ritirò per “ragioni di opportunità” la proposta relativa all'obbligo dei funzionari di fornire giustificazioni degli incrementi patrimoniali conseguiti durante la permanenza in servizio. Lo stesso relatore non condivise tuttavia la censura sulla sua potenzialità lesiva della dignità dei funzionari: gli stessi, infatti, per “la natura dei compiti loro affidati, sono soggetti ad obblighi diversi dagli altri cittadini, estensibili anche alla loro vita privata”.

Per Mortati “solo una concezione troppo ottimistica della realtà presente può indurre ad escludere la necessità di interventi diretti a moralizzare la pubblica amministrazione”15.

La storia e il legislatore hanno evidentemente dato ragione al Relatore.

12 On. FUSCHINI, Prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, seduta

del 14 gennaio 1947 sui rapporti di pubblico impiego.

13 On. P.ROSSI, Prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, seduta

del 14 gennaio 1947 sui rapporti di pubblico impiego.

14 On. EINAUDI, Prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, seduta

del 14 gennaio 1947 sui rapporti di pubblico impiego.

15 On. MORTATI, Prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, seduta

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Quanto al testo finale dell’art. 97 Cost., nella relazione il Presidente della Commissione per la Costituzione Meuccio Ruini affermò quanto segue: “Brevi sono gli accenni, per la pubblica amministrazione, al buon andamento

ed alla sua imparzialità. Un testo di Costituzione non poteva dire di più; ma si avverte da tutti il bisogno che il Paese sia bene amministrato, che lo Stato non sia solo un essere politico, ma anche un buon amministratore secondo convenienza e secondo giustizia. E si sente la tacita invocazione ad una riforma profonda e semplificatrice”16. L’esigenza di lettura unitaria dello Stato quale “essere politico” e al contempo “buon amministratore” per il benessere della collettività fu, in questo senso, alquanto vivida. Allo stesso tempo, il costituente individuava nei criteri di “convenienza” e “giustizia” gli strumenti che il legislatore avrebbe dovuto utilizzare per ricomporre le tensioni tra letture distoniche dei principi di imparzialità e di buon andamento e tra principio di legalità e esigenze di efficienza dell’azione amministrativa17.

1.3. Anticipazioni della legge anticorruzione in Assemblea Costituente: i “rapporti di affari” dei funzionari dello Stato che hanno lasciato il servizio.

Durante la discussione sull’articolazione del potere esecutivo, l’On. Nobile sollevò una questione vicina al tema “della corruzione dilagante tra i dipendenti dello Stato”.

Più nel dettaglio, il riferimento era al fatto che “funzionari dello Stato, e in special modo ufficiali delle Forze armate, lasciato il servizio, [formavano] delle ditte o si [ponevano] alle dipendenze di aziende e, entrando in rapporti di affari con le Amministrazioni dello Stato, si [giovavano] delle conoscenze e delle aderenze presso i Ministeri e gli Uffici ai quali [erano appartenuti] per ottenere forniture e ordinativi”. Al riguardo, con sorprendente vicinanza al dato testuale dell’attuale legge anticorruzione, lo stesso proponente suggerì di integrare il dettato costituzionale con la seguente disposizione: «I funzionari dello Stato e gli ufficiali delle Forze armate che abbiano lasciato il servizio non possono aver rapporti di affari con le Amministrazioni alle quali appartenevano»18.

Sul punto, il Presidente Terracini ricordò che l'onorevole Mortati aveva ritirato la proposta presentata in proposito (sia pur non negandone la fondatezza), poiché l’orientamento complessivo aveva portato a ritenere che la sua eventuale approvazione sarebbe equivalsa ad una condanna del comportamento dei funzionari dello Stato, la cui condotta non autorizzava però a sollevare alcun sospetto.

16 Secondo U. ALLEGRETTI, Amministrazione pubblica e Costituzione, Padova, Cedam, 1996, p. 68 ss., una

costituzionalizzazione maggiore avrebbe provocato una consacrazione maggiore della “cultura di allora”.

17 Su cui A. MASSERA, I criteri di economicità, efficacia ed efficienza, in M. A. SANDULLI(a cura di), Codice dell’azione

amministrativa, Milano, Giuffrè, 2017, p. 22 ss.

18 On. NOBILE, Prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, 15

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L’On. Einaudi osservò che un problema simile si era già presentato frequentemente nell'Amministrazione delle finanze, dato che alcuni funzionari avevano domandato di esser posti in quiescenza e, successivamente, “giovandosi in parte delle proprie amicizie, ma specialmente della notevole esperienza acquistata al servizio dello Stato” si trasformarono “in professionisti, dedicandosi alla difesa delle ditte private che prima avevano combattuto come procuratori delle imposte”19. Dopo aver rilevato che ciò dipendeva, nella maggior parte dei casi, dal cattivo trattamento economico “che lo Stato fa ai suoi dipendenti”, egli poneva il quesito se si dovesse impedire che funzionari di valore utilizzassero in modo più remunerativo le proprie attitudini e le proprie cognizioni, anche se acquisite al servizio dello Stato. Dal canto suo, l’On. Nobile spiegò che il caso di funzionari “trasformatisi in professionisti” che si giovavano dell'esperienza precedentemente acquisita al servizio dello Stato poteva “anche ammettersi”: ciò che andava evitato era permettere ai funzionari agli ufficiali delle Forze armate, divenuti “rappresentanti di ditte fornitrici dello Stato”, di “esercitare una vera e propria corruzione al fine di ottenere commissioni per le ditte che rappresentano”.

Dinnanzi a questo dibattito, il Presidente Terracini ritenne opportuno limitare il divieto contenuto nella proposta ad un determinato periodo di tempo, trascorso il quale “evidentemente tali collusioni divengono quasi impossibili, anche in seguito agli spostamenti dei funzionari che ricoprono le varie cariche nei Ministeri”.

Quest’ultima proposta fu accolta come raccomandazione ed espressa nei seguenti termini: «La prima

Sezione della seconda Sottocommissione esprime l'avviso che le future leggi sullo stato giuridico degli impiegati pubblici dispongano che i funzionari dello Stato e gli ufficiali delle Forze armate che abbiano abbandonato il servizio non possano per un termine congruo aver rapporti di affari con le Amministrazioni alle quali appartenevano», la quale, solo di

recente, è stata recepita dal legislatore mediante l’istituto del divieto di pantouflage20.

19 On. EINAUDI, Prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, 15

gennaio 1947.

20 Art. 53, co. 16-ter, D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, Disposizioni per

la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione : “I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti”.

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1.4. Il controllo popolare sull’Amministrazione.

Infine, nell’ambito dei lavori dell’Assemblea Costituente trovò spazio anche la necessità di introdurre nel dettato costituzionale il “controllo popolare sulle pubbliche amministrazioni”: una formula per nulla lontana dalle attuali “forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche” che vengono attualmente accordate ai consociati per mezzo degli istituti della trasparenza21.

Sul punto, gli onorevoli La Rocca e Togliatti avevano proposto un comma aggiuntivo nel corpo dell’art. 91, poi diventato art. 97 della Costituzione: «La legge determina i modi e le forme in cui si esercita il controllo popolare sulle pubbliche amministrazioni»22.

L’emendamento era “basato su un concetto universalmente accolto”, che cioè dovesse essere esercitato un controllo sulla pubblica Amministrazione. Nessun dubbio che lo stesso controllo dovesse essere riconosciuto in Costituzione “a chi è la fonte, la sorgente della sovranità, del potere”, quindi al popolo23. Pur tuttavia, le reazioni furono ostili: ciò non tanto al contenuto (sul quale non mancarono opinioni critiche24), quanto per l’asserita inutilità di una riserva di legge in materia, in quanto un possibile intervento legislativo inteso ad aggiungere controlli popolari sull’amministrazione, oltre quelli già esistenti, venne ritenuto per lo più superfluo25.

21 Art. 1 Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi

di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, come modificato dall'art. 2, Decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Sul principio di trasparenza da ultimo, S. FOÀ, La nuova trasparenza amministrativa, in Diritto amministrativo, n. 1/2017, p. 65 ss.; AA.VV, Commento all’art. 1 della legge n. 241 del 1990, in M. A. SANDULLI (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, Giuffrè, 2017; F.DELEONARDIS, Commento all’art. 1 della legge n. 241 del 1990, in A. ROMANO (a cura di), L'azione amministrativa, Torino, Giappichelli, 2016.

22 Seduta del 24 ottobre 1947, Presidente Terracini.

23 On. LAROCCA: “Signor Presidente, a me parrebbe di ingiuriare l'Assemblea se illustrassi questo emendamento, che è basato

su un concetto universalmente accolto, che cioè debba essere esercitato un controllo sulla pubblica Amministrazione. Da chi? Evidentemente da chi è la fonte, la sorgente della sovranità, del potere. Noi, in sede costituzionale, non possiamo entrare in particolari e dobbiamo pertanto rinviare alla legge la determinazione dei modi e delle forme in cui questo controllo, quanto mai necessario, si esercita sulla pubblica Amministrazione”.

24 Così l’intervento dell’On. TOSATO: “Alla Commissione sembra che questo emendamento sia per lo meno superfluo, nel senso

che la legge può sempre stabilire forme di controllo non previste dalla Costituzione e non previste ancora dalle leggi vigenti. Vi sono d'altra parte già leggi fondamentali che assicurano un controllo popolare sulle pubbliche amministrazioni. Per l'Amministrazione centrale, vi sono infatti i controlli esercitati dai membri delle assemblee rappresentative; per quanto riguarda gli enti locali di pubblica amministrazione, sia regionali che provinciali e comunali, il controllo è esercitato attraverso gli organi rappresentativi di questi enti locali”.

25 On. TOSATO: “La possibilità di stabilire ulteriori forme di controlli popolari sulla pubblica Amministrazione, secondo le

esigenze fatte presenti dagli onorevoli presentatori, non è affatto esclusa; non essendovi alcuna disposizione costituzionale che ponga in materia divieti, una estensione e un ulteriore incremento dei controlli popolari è sempre possibile. Perciò l'emendamento proposto appare superfluo”.

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La presentazione di quell’emendamento, poi respinto, costrinse nei decenni successivi il legislatore e la giurisprudenza costituzionale a offrire una lettura orientata ad affermare il diritto dei consociati a supervisionare l’azione della pubblica amministrazione, ma, in posizione prodromica, anche il loro diritto a partecipare allo stesso svolgimento dell’attività amministrativa. Si trattò, in questo senso, di una sorta di “incoscienza costituzionale”: un rinvio nell’applicazione di principi impliciti nel testo fondamentale, secondo la nota formula di Calamandrei26.

D’altra parte, se il controllo è momento naturale dell’amministrazione, la partecipazione non può non estendersi anche al controllo27; la trasparenza diventa in tal modo strumento di partecipazione, ex ante, e di controllo, in itinere e ex post sull’esercizio del potere amministrativo28.

I più recenti tentativi di costituzionalizzazione del principio di trasparenza amministrativa, non espressamente riferiti al controllo popolare, sono naufragati per effetto dell’esito referendario29, sicché lo stesso può continuare ad assurgere a principio costituzionale implicito30, con le inevitabili oscillazioni impresse dal legislatore alla sua portata applicativa e alla relativa azionabilità dagli amministrati31.

2. La giurisprudenza costituzionale sulla “credibilità” della p.a. e la “fiducia” degli amministrati.

L’esigenza di recuperare la credibilità dell’apparato pubblico, evocando il “prestigio della pubblica amministrazione” è anche tema ricorrente della giurisprudenza costituzionale.

Secondo il Giudice delle leggi tale “valore”, impersonato dal titolare dell’ufficio, deve essere perseguito e valorizzato proprio dal legislatore ordinario in quanto corrisponde alla finalità del buon andamento amministrativo di cui all’art. 97 della Costituzione32.

26 P. CALAMANDREI, Incoscienza costituzionale, in Il Ponte, 1952, poi in ID., Costituzione e leggi di Antigone, Firenze,

Sansoni, 1996, p. 123 ss.

27 In tali termini, tra i pochi commenti al richiamato dibattito in Assemblea Costituente, U. ALLEGRETTI,

L’Amministrazione dall’attuazione costituzionale alla democrazia partecipativa, Milano, 2009, 334. Aveva colto le potenzialità degli istituti partecipativi M. P. CHITI, Partecipazione popolare e pubblica amministrazione, Pisa, Pacini editore, 1977, passim, ma spec. p. 123 ss.; ne valutava la scarsa applicazione G. BERTI, La parabola regionale dell’idea di partecipazione, in Le Regioni, n. 1/1974, p. 1 ss.

28 Mediante applicazione costituzionalmente orientata del diritto di accesso, nelle diverse accezioni oggi offerte dal

legislatore: cfr. I. A. NICOTRA, La trasparenza e la tensione verso i nuovi diritti di democrazia partecipativa, in I.A. NICOTRA(a cura di), L’Autorità nazionale anticorruzione. Tra prevenzione e attività regolatoria, Torino, Giappichelli, 2017, p.143 ss.

29 Il d.d.l. di riforma costituzionale approvato dalla Camera dei Deputati il 12 aprile 2016 (in G.U. n. 88 del 15

aprile 2016), non confermato dal referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, prevedeva l’aggiunta del principio di trasparenza nell’art. 97 Cost. e nel corpo dell’art. 118 Cost. con riferimento all’esercizio delle funzioni amministrative.

30 D. DONATI, Il principio di trasparenza in Costituzione, in F. MERLONI (a cura di), La trasparenza amministrativa,

Milano, Giuffrè, 2008, p. 83 ss.

31 Per un’analisi più approfondita, sia consentito rinviare a S. FOÀ, La nuova trasparenza amministrativa, cit., p. 65 ss. 32 Corte cost., sentenza 12 aprile 1980, n. 51 (Pres. Amadei, Rel. Volterra), con riferimento all'articolo 341 del

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Questa finalità non si riferisce esclusivamente alla fase organizzativa iniziale della pubblica amministrazione, ma ne investe il complessivo funzionamento33 ed è proprio in ragione di tale premessa che per l’oltraggio è previsto un regime penale più grave di quello riservato all'ingiuria, così come si può ammettere la disparità di trattamento del pubblico ufficiale - privato del potere di querela - rispetto a quella dei “comuni” cittadini.

Negli ultimi decenni, nella prospettiva di indicare la necessità di proteggere un principio “che supera quello della persona fisica e che trova fondamento nella Carta costituzionale”34, la Corte ha posto l’accento sulla credibilità e la fiducia di cui l'amministrazione deve godere presso i cittadini, affermando che le esigenze di trasparenza e di credibilità della pubblica amministrazione sono direttamente correlate al principio costituzionale di buon andamento degli uffici35.

Il legame tra la pubblica amministrazione ed il cittadino è stato qualificato dalla Corte come un “interesse della collettività meritevole di protezione dal punto di vista costituzionale, essendo riconducibile al principio di buon andamento dell’amministrazione (...), e in definitiva al rapporto “politico” che lega gli utenti e i destinatari dell’attività amministrativa a coloro che, occupando pubblici uffici, hanno il dovere di adempiere le funzioni pubbliche loro affidate “con disciplina ed onore” (art. 54, co. II, Cost.), ponendosi “al servizio esclusivo della Nazione” (art. 98, co. I, Cost.)36 (anche con riferimento all’accesso alle cariche elettive37).

Accanto a queste considerazioni trova poi menzione la sensibilità della Corte costituzionale al principio di efficienza dell’amministrazione, che si esprime attraverso la razionale organizzazione degli uffici ma

protezione del prestigio della pubblica amministrazione impersonata da quel titolare”. Per una prima lettura del principio di buona andamento secondo la giurisprudenza costituzionale, A. SATTA, Il principio di buon andamento della pubblica amministrazione della giurisprudenza costituzionale, in Diritto e Società, 1988, p. 53 ss.

33 Corte cost., sentenza 10 marzo 1966, n. 22 (Pres. Ambrosini; Rel. Castelli Avolio), secondo la quale l’art. 97,

primo comma, Cost. “non si riferisce (...) esclusivamente alla fase organizzativa iniziale della pubblica Amministrazione, ma ne investe piuttosto il funzionamento nel suo complesso aspetto”.

34 Corte cost., sentenza 12 aprile 1980, n. 51, cit.

35 Corte cost., sentenza 4 maggio 2005, n. 172 (Pres. Contri - Rel. Neppi Modona), con riguardo alla legge regionale

Veneto n. 4/2004, recante «Norme per la trasparenza dell'attività amministrativa regionale». Per la stessa lettura, nell’ordinamento spagnolo, E. GARCÍADEENTERRÍA, Democracia, jueces y control de la administración; Madrid, Civitas edizione, 19973, che inquadra la credibilità dell’apparato pubblico come presupposto del principio

democratico.

36 Corte cost., sentenza 3 giugno 1999, n. 206 (Pres. Granata – Rel. Onida), in materia di sospensione cautelare ex

lege del dipendente pubblico; Corte cost., 3 maggio 2002, n. 145 (Pres. Vari – Rel. Marini); Corte cost., sentenza 4 maggio 2005, n. 172 (Pres. Contri – Rel. Neppi Modona) su analoga disposizione di legge regionale, che “offre dunque alla amministrazione regionale uno strumento volto a realizzare l’interesse pubblico di garantire la credibilità e la fiducia di cui l’amministrazione deve godere presso i cittadini (...); interesse leso dal discredito che la condanna, anche solo di primo grado, può recare all’immagine del corretto funzionamento dei pubblici uffici”.

37 Corte cost., sentenza 20 gennaio 1977, n. 44 (Pres. Rossi – Rel. Elia); sentenza 24 giugno 2003, n. 220 (Pres.

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anche tramite il corretto funzionamento, la regolarità e la continuità dell'azione amministrativa e la sottoposizione dei dirigenti a periodiche verifiche38.

Come si potrà ricordare, proprio in tale direzione è stata censurata la disciplina legislativa sugli incarichi dirigenziali statali che ne disponeva la decadenza secondo un sistema affine allo spoil system: in questo caso, l’incostituzionalità discendeva dalla “assenza di nesso causale” tra la prevista decadenza degli incarichi dirigenziali e la riorganizzazione prevista, e dunque con l’eventuale maggiore efficienza dell’azione amministrativa che da essa potesse derivare.

Più precisamente, la Corte ha ravvisato nella disciplina censurata una violazione dei principi posti dagli artt. 3, 97 e 98 Cost., laddove prevedeva un meccanismo di decadenza automatica da incarico dirigenziale che “incide negativamente sul buon andamento dell’amministrazione”39.

Ciò posto, il “nesso indissolubile” tra gli artt. 28 e 97, commi primo e secondo della Costituzione, coniuga la tempestività e la responsabilità della P.a. elevandoli a elementi essenziali per assicurare l'efficienza ed il buon andamento della sua azione40. Il quadro è poi completato dalla rilevanza del principio di pubblicità

38 Corte cost. sentenza 23 marzo 2007, n. 104 (Pres. Bile – Rel. Cassese), punto 2.9.

39 Corte cost., sentenza 24 gennaio 2017, n. 15 (Pres. Grossi – Rel. Prosperetti), punto 7 (corsivo nostro): “Sotto

altro profilo, l’assenza di un tale rapporto causale è confermata dalle riportate previsioni dell’ultimo periodo della disposizione censurata. Difatti, l’aver previsto che, successivamente alla data del 1° novembre 2012, possano essere nuovamente conferiti o rinnovati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri incarichi dirigenziali di cui al comma 6 dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001 (oltre che di cui al comma 5-bis del medesimo art. 19), implica che tali incarichi possano essere nuovamente conferiti, in sostituzione di quelli decaduti, anche senza che si sia realizzata la riorganizzazione amministrativa con la riduzione delle posizioni dirigenziali prevista e, conseguentemente, una riduzione della spesa pubblica. Del resto, quanto all’«immediato risparmio» che la norma censurata comporterebbe, questa Corte rileva che l’assunto non trova conforto nemmeno nei lavori parlamentari. Difatti nella relazione illustrativa concernente complessivamente l’art. 2 del d.l. n. 95 del 2012 non sono previsti né indicati immediati risparmi di spesa derivanti dall’intervento. Analogamente, in riferimento specifico all’attuale disposizione del comma 20 – risultante da un emendamento apportato al testo originario del decreto-legge, che non prevedeva la decadenza automatica degli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi dell’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 – nella relazione tecnica al maxi-emendamento del Governo si assume che, trattandosi di una disposizione di carattere ordinamentale, non si determinano effetti finanziari. In tale contesto il richiamo ai vincoli di carattere finanziario posti dall’art. 81 Cost. nel testo novellato dalla legge cost. n. 1 del 2012, così come quello effettuato nella memoria conclusionale, all’art. 97 Cost., evidentemente con riferimento al primo comma novellato, si risolvono in mere asserzioni”.

40 Corte cost., sentenza 17 dicembre 1997, n. 404 (Pres. Granata – Rel. Chieppa), in materia di silenzio-assenso (e

d.i.a.) urbanistici: “non è preclusa nel suddetto settore la previsione di ulteriori istituti di semplificazione amministrativa, come ad esempio la denuncia di inizio della attività, restando affidata ad una scelta di politica legislativa nell'obiettivo di tempestività ed efficienza dell'azione amministrativa e quindi di buon andamento”. È inoltre indispensabile per il rispetto del principio del buon andamento (...) “che siano esattamente individuati l'unità organizzativa ed il soggetto addetto - cioè chiamato a rispondere personalmente dei compiti e delle mansioni affidategli e degli adempimenti del settore - responsabile dell'istruttoria e degli adempimenti finali, di modo che non vi sia differenza sotto il profilo della responsabilità tra atto espresso e silenzio derivante da scelta consapevole di non esercitare il potere di intervento (repressivo o impeditivo)”.

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dell’azione amministrativa, che costituisce, del resto, parte integrante del patrimonio costituzionale comune dei Paesi membri dell’UE41.

Rispetto a questo quadro, il legislatore tende a utilizzare il principio di trasparenza per superare la tensione, financo la contrapposizione, tra principio di legalità e principio di efficienza dell’azione amministrativa42.

In questo senso, il legislatore persegue la “moralizzazione” dell’amministrazione a partire dalla costruzione dell’orizzonte “etico e morale” per il funzionario pubblico, per poter restituire ai consociati l’immagine di un apparato amministrativo innanzitutto credibile43.

Un orientamento, quello sopra descritto, che si inserisce nella prospettiva fatta propria dall’Agenda delle Nazioni Unite 2030 per lo sviluppo sostenibile, il Global Compact, nella quale si enfatizza il diritto di ciascuna persona a vivere in un ambiente legale e integro44, concetto prossimo al nostro diritto alla credibilità dell’apparato amministrativo, tratteggiato dalla Corte costituzionale.

3. La giurisprudenza e la giurisdizione amministrativa tra “legislazione confusa” e “debolezza della P.a.”.

Nella Relazione di inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2014 il Presidente del Consiglio di Stato ha affermato che: “Tutte o quasi tutte le grandi determinazioni amministrative finiscono per formare oggetto di impugnativa

nelle nostre aule. Il che denota anzitutto la debolezza delle amministrazioni pubbliche, le quali non sono evidentemente in

grado o, forse, non hanno la credibilità necessaria per assumere provvedimenti di una certa portata che restino incontestati

41 Corte cost. sentenza 17 marzo 2006, n. 104 (Pres. Marini – Rel. Cassese), punto 3.2.: “La pubblicità dell'azione

amministrativa ha assunto, specie dopo l'entrata in vigore della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), il valore di un principio generale, che attua sia i canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione (art. 97, primo comma, Cost.), sia la tutela di altri interessi costituzionalmente protetti, come il diritto di difesa nei confronti dell'amministrazione (artt. 24 e 113 Cost.)”. Punto 3.4.: “Infine, la pubblicità del procedimento amministrativo è un principio del patrimonio costituzionale comune dei Paesi europei; principio stabilito, tra l'altro, dall'art. 253 del Trattato istitutivo delle Comunità europee, che impone l'obbligo di motivazione degli atti comunitari (sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 2 aprile 1998 in causa C-367/95)”.

42 Sulla giuridificazione del principio di efficienza, da ultimo R. URSI, Le stagioni dell'efficienza. I paradigmi giuridici della

buona amministrazione, Rimini, Maggioli, 2016, passim, ed ivi la prefazione di G. PASTORI, Le stagioni dell’efficienza (un percorso), p. 11 ss. Cfr. anche R. FERRARA, L’interesse pubblico al buon andamento delle pubbliche amministrazioni: tra forma e sostanza, in Diritto e processo amministrativo, 2010, p. 31 ss.

43 B.G. MATTARELLA, Le regole dell’onestà, Bologna, il Mulino, 2007; F. MERLONI-R.CAVALLOPERIN (a

cura di), Al servizio della Nazione. Etica e statuto dei funzionari pubblici, Milano, Franco Angeli, 2009.

44 Cfr. in particolare UNODC, Guiding Principles on Business and Human Rights, 2011, richiamato dal Piano nazionale

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dai rispettivi destinatari. Del resto, quello del funzionamento delle pubbliche amministrazioni è problema nazionale antico,

più volte affrontato dal legislatore ma che tuttora appare largamente irrisolto”45.

Ormai da tempo la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha evidenziato il «primario valore giuridico» del buon andamento dell’amministrazione, posto a presidio della «credibilità degli uffici pubblici», in quanto “in assenza della fiducia dei cittadini”, “gli apparati burocratici non sarebbero in grado di conseguire in maniera adeguata, come loro dovere, gli obiettivi prefissati”46.

Al contempo, va detto che non sono mancati, anche in occasioni ufficiali, moniti e raccomandazioni al fine di aumentare gli sforzi per contrastare recuperare il rapporto di fiducia con i cittadini, tema ripreso da ultimo anche dal Presidente del Consiglio di Stato nel 2017, all’inaugurazione dell’anno giudiziario47. Da queste premesse, il ragionamento contemporaneo sui limiti e prospettive future dell’amministrazione italiana dovrebbe muoversi nella prospettiva di individuare le cause di ordine micro e macro che impediscono al rapporto tra amministrazione pubblica e comunità dei cittadini di svilupparsi compiutamente.

Tra queste, l’iper-regolazione si pone come problematica di assoluto rilievo. Nei termini odierni, essa è causata dalle profonde trasformazioni delle società e dal conseguente grado di incertezza nel quale operano il legislatore e gli altri soggetti regolatori.

La moltiplicazione delle norme giuridiche è una conseguenza del tentativo di ridurre la complessità del contesto di riferimento accompagnato da un sentimento di diffidenza e sfiducia generalizzate tale per cui “poiché non ci si fida gli uni degli altri, si cerca di sostituire la cooperazione con la coazione, imposta appunto attraverso le regole”.

Rispetto a questo quadro, la giustizia amministrativa, “specchio del rapporto tra cittadino e potere pubblico”, può senz’altro svolgere un ruolo fondamentale al fine di rafforzare la fiducia dei cittadini nei confronti dell’ordinamento pur risultando insufficiente a sostenere, da sola, la razionalizzazione del sistema. Questo perché, a ben vedere, la stessa visione “rimediale” ovvero “riparatoria” del contenzioso parte dal presupposto che la pubblica amministrazione possa “fallire”, tradendo “la fiducia” dei

45 Relazione del Presidente G. GIOVANNINI di apertura dell’anno giudiziario 2014, punto 2, con riferimento alla

“debolezza” della P.a.: “Vi si intrecciano aspetti legati alla formazione ed alla motivazione del personale dipendente, alla organizzazione degli apparati, alla difficoltà di perseguire obiettivi di efficienza e tanto altro ancora”.

46 Tra le tante, Cons. St., Sez. V, 1 aprile 2009, n. 2070, in www.giustizia-amministrativa.it.


47 Relazione del Presidente A.PAJNO di apertura dell’anno giudiziario 2017, punto 1.11: Contrasto dell’incertezza

e ricostituzione della fiducia. Il contributo della giustizia amministrativa: “In questo quadro, l’esigenza di dare risposta all’aumento dell’incertezza del cittadino assegna, per dire così, un nuovo ruolo al giudice amministrativo: quello di contribuire alla riduzione dell’incertezza ed alla ri-costruzione della fiducia nella capacità dell’ordinamento di dare risposte effettive”.

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consociati48. Da qui l’esigenza di muoversi su più versanti, integrando l’apporto che può provenire dal lato giurisdizionale con quello realizzabile incidendo direttamente sull’organizzazione e la cultura amministrativa.

D’altra parte, lo stesso quadro giudiziale si fa sempre più ampio e confuso. La presenza di “un confine sempre più mobile tra legislatore, amministrazione e giudice” ha come effetto lo stravolgimento delle fonti ma anche la perdita dei connotati di generalità e astrattezza della legge, che tende a farsi sempre più provvedimento amministrativo.

Ciò che emergere è dunque un sistema “a legislazione confusa”, che incentiva il giudice a ragionare per categorie generali e a “creare diritto” anche nei sistemi di civil law49; si modificano i rapporti tra giudice amministrativo e amministrazione: l’amministrazione ha paura di decidere; tende a difendersi più che a fare; quando non si “amministra per legge”, al giudice si impone talvolta, suo malgrado, di “amministrare per sentenza”.

Di fronte a questo quadro particolarmente complesso, quali potrebbero essere le soluzioni praticabili? L’opera di ri-costruzione della fiducia, oltre a prendere le mosse dalla giurisprudenza, dovrebbe essere perseguita attraverso “l’intervento sapiente dello stesso legislatore e delle altre istituzioni”, ma anche tramite “il dibattito scientifico e culturale”.

Tra i “temi del rilancio” viene posto in primo piano l’incremento dell’accountability dell’ordinamento e dell’efficienza dell’organizzazione50.

In questo senso, va rilevato che il Consiglio di Stato, in sede consultiva, ha sollecitato un utilizzo effettivo dell’analisi e della valutazione di impatto della regolamentazione sulle pubbliche amministrazioni. Nel recente parere sullo schema di d.P.C.M. recante “Disciplina sull’analisi dell’impatto della regolamentazione,

la verifica dell’impatto della regolamentazione e la consultazione”, il Consiglio di Stato ha censurato l’utilizzo solo

formale degli strumenti dell’AIR e della VIR, sollecitandone un recupero funzionale51. Tra le diverse censure evidenziate in merito al sostanziale “svuotamento” dell’AIR, concepito più come una giustificazione a posteriori delle scelte compiute che non come uno strumento diretto, a monte, a orientare

48 Relazione cit., punto 1.11: “Una giustizia efficiente e tempestiva, chiara nelle sue decisioni e coerente nei suoi

orientamenti, efficace nell’esecuzione, è in grado di rendere poco convenienti i comportamenti che, violando le regole, tradiscono la fiducia, e di promuovere, invece, la cooperazione e l’adesione volontaria al precetto normativo”.

49 Relazione del Presidente A.PAJNO di apertura dell’anno giudiziario 2017, punto 1.12: Il confine mobile tra

legislatore, amministrazione e giudice.

50 Relazione cit., punto 1.13: “I temi del rilancio”.

51 Cons. Stato, Sez. cons. atti normativi, Adunanza 7 giugno 2017, n. affare 807/2017, parere n. 1458/2017, sullo

Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri recante “Disciplina sull’analisi dell’impatto della regolamentazione, la verifica dell’impatto della regolamentazione e la consultazione”.

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l’azione amministrativa, “la scarsa comprensione, da parte delle amministrazioni, del ruolo fondamentale, anche di carattere istruttorio, della consultazione ai fini del rafforzamento della compliance dei destinatari delle regole e del miglioramento dell’accountability dei pubblici decisori” accompagnata dall’assenza di una disciplina organica delle consultazioni, svolte con modalità e criteri eterogenei, difformi da amministrazione ad amministrazione, e spesso circoscritte alla richiesta autoreferenziale di pareri di altre amministrazioni unite, infine, all’assenza di un sistema integrato di AIR e VIR tra i differenti livelli di governo della Repubblica, in grado di cogliere le interrelazioni tra le normative (specialmente nei rapporti tra Stato e Regioni), sono i principali elementi critici che meritano di essere ricordati (anche in chiave prospettica).

Un esempio di debolezza della valutazione di impatto della regolazione è dato dalla predisposizione del decreto legislativo in materia di società a partecipazione pubblica52. L’indeterminatezza temporale e qualitativa della disciplina recata e del suo previsto impatto emerge dalla seguente laconica e generica previsione riferita al “lungo periodo”: “miglioramento dei servizi erogati a cittadini e imprese; maggiore credibilità e trasparenza della pubblica amministrazione; favorire il migliore utilizzo delle risorse pubbliche, mediante l’efficiente allocazione delle stesse e la rimozione delle fonti di spreco” (sic)53. Tra i rimedi proposti per superare le lamentate criticità si segnalano: a) l’affermazione del principio di proporzionalità delle analisi, mediante la ridefinizione dei casi di esclusione ed esenzione delle iniziative da sottoporre all’AIR, onde ridurre il numero complessivo delle relazioni (concentrando l’approfondimento delle analisi sugli interventi di maggiore impatto); b) il perfezionamento della disciplina della VIR al fine di garantire uno collegamento con l’AIR; c) la necessità di garantire maggiore partecipazione e trasparenza nelle procedure di valutazione dell’impatto; d) l’introduzione di una disciplina generale delle consultazioni nell’ambito dell’AIR e della VIR, finalizzata ad accrescere e a rendere uniforme la partecipazione degli interessati e a completare il quadro informativo nel corso dell’istruttoria normativa; e) il rafforzamento del principio della trasparenza attraverso la pubblicazione sui siti istituzionali delle relazioni AIR e VIR, dei loro risultati, nonché del programma normativo annuale e dei casi di esclusione ed esenzione; f) il rafforzamento della partecipazione al processo ascendente in sede di elaborazione delle iniziative normative promosse dalle istituzioni dell’Unione europea, al fine di valutarne gli effetti a livello nazionale, anche attraverso il coinvolgimento degli altri livelli istituzionali.

52 Testo unico in attuazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante “Deleghe al Governo in materia di

riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, poi emanato con D. lgs. n. 175 del 2016.

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4. L’iper-regolazione richiesta dal ceto burocratico e la tendenza alla relativa deresponsabilizzazione.

Un altro fattore che mina la credibilità dell’apparato amministrativo è la tendenza del ceto burocratico alla de-responsabilizzazione.

Si pensi, a titolo esemplificativo, al caso dell’illecito contabile rispetto al quale, soprattutto a causa del “polimorfismo tipologico” che lo rende senz’altro un fenomeno “atipico” 54, il funzionario può assumere piena contezza delle condotte rilevanti principalmente attraverso la ricostruzione operata dalla giurisprudenza contabile, che – tra l’altro - ha colmato lacune normative e contribuito a nuove tipizzazioni55.

Si può richiamare il danno all’immagine dell’amministrazione, cagionato da condotte illecite di dipendenti infedeli, che inducono gli amministrati ad assumere che il comportamento illecito del dipendente sia la modalità ordinaria dell’agire amministrativo56.

Tale specie di danno è strettamente connessa alla lesione di diritti della personalità pubblica dato che nei limiti in cui il dipendente agisce illecitamente, violando dunque il dovere di fedeltà ed i precetti costituzionali di buon andamento ed imparzialità, si ingenera nell’opinione pubblica, anche per effetto delle notizie divulgate, la constatazione che l’illiceità caratterizzi l’operato della persona pubblica: da qui il discredito, il venir meno del rapporto di fiducia degli amministrati, che a sua volta ingenera perdita di prestigio, una grave lesione della pubblica immagine.

Si rifletta altresì sul c.d. “danno da disservizio”, identificato nell’effetto dannoso causato all’organizzazione e allo svolgimento dell’attività di prestazione amministrativa dal comportamento

54 Cfr. le Relazioni di inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei conti del 2016, pag. 110; del 2015, pag.

211. In letteratura, S. FOÀ, Nuove tipologie e classificazioni del danno erariale alla luce della giurisprudenza contabile, in M. ANDREIS-R.MORZENTIPELLEGRINI (a cura di), Cattiva amministrazione e responsabilità amministrativa, Torino, Giappichelli, 2016, p. 27 ss.; P. SANTORO, L’illecito contabile e la responsabilità amministrativa, Rimini, Maggioli, 2011, p. 267 ss., ricorda la necessità di ricostruire di volta in volta la responsabilità di un fatto dannoso con riferimento non alla previsione di tipici fatti costituenti illecito, ma alla clausola generale che si giustifica per la impossibilità di dettare regole tassative per i comportamenti dei pubblici funzionari; ID., La responsabilità amministrativa sanzionatoria tra clausola generale e tipizzazione dell’illecito, in Foro amministrativo - C.d.S., 2007, p. 3565 e ss.; S. CIMINI, Tipizzazione dell’illecito erariale e limiti all’attribuzione del potere sanzionatorio al giudice contabile, in federalismi.it, n. 23/2014.

55 In ragione di quella “fibrillazione attributiva” mostrata dalla Corte dei conti a estendere la propria cognizione,

evidenziata in questa sede da M. ANDREIS, Introduzione, in Cattiva amministrazione, cit.

56 M. SINISI, Sistema anticorruzione e responsabilità amministrativa: vecchie e nuove fattispecie di danno erariale, in M.

ANDREIS-R.MORZENTIPELLEGRINI (a cura di), Cattiva amministrazione e responsabilità amministrativa, Torino, Giappichelli, 2016, p. 85 ss.; L. CIRILLO, Il danno all’immagine della Pubblica amministrazione: sua configurazione dommatica alla luce della più recente giurisprudenza, in Foro amministrativo – CdS, 2003, p. 2035 ss.; V. RAELI, Il danno all'immagine della P.A. tra giurisprudenza e legislazione, in federalismi.it, n. 14/2014.

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illecito di un dipendente (o amministratore) che abbia impedito il conseguimento dell’attesa legalità dell’azione pubblica e abbia causato inefficacia o inefficienza di tale azione57.

In tutti questi casi l’operazione pretoria conserva un ruolo importante, ma deve tener conto di un crescente intervento del legislatore nel puntualizzare gli obblighi di condotta dei dipendenti pubblici58. È emblematica la doviziosa puntualizzazione legislativa degli obblighi e dei divieti in materia di anticorruzione e trasparenza59, che contribuisce ad incentivare quel fenomeno di iper-regolamentazione, censurato dalla giustizia amministrativa.

Si tratta allora di comprendere come garantire nel contesto normativo quell’equilibrio, auspicato dalla Corte costituzionale, tra l’esigenza di impedire «rallentamenti ed inerzie nello svolgimento dell'attività amministrativa» e l’esigenza di indurre i funzionari amministrativi ad agire secondo il principio della responsabilità, che dovrebbe costituire per «ragione di stimolo, e non [un] disincentivo»60 per la loro azione. Un obiettivo, quello della responsabilizzazione, che merita di essere perseguito anche alla luce della capacità dello stesso apparato a sviluppare un’efficace strategia difensiva implementata “trovando rifugio nella copertura legislativa, sempre più a maglie strette, cioè con norme sempre più di dettaglio”61. Non è un caso dunque che in sede di Commissione bicamerale sulla semplificazione amministrativa il Ministro Franceschini abbia evidenziato una «deresponsabilizzazione delle strutture» che fa sì «che spesso i funzionari e i dirigenti dello Stato chiedono una norma di legge che copra un rischio da responsabilità, non accorgendosi che in questo modo si irrigidisce sempre di più il procedimento»62.

Le norme sempre più dettagliate, lungi dal rivelarsi efficaci, sono state fertile terreno di coltura per un contenzioso giurisdizionale arrivato a livelli insostenibili quando non di diffusi fenomeni corruttivi.

57 G. CREPALDI, Qualità delle prestazioni, disservizio e tutela del cittadino-utente, in Cattiva amministrazione, cit., p. 115 ss.

da ultimo, Corte dei conti, Sez. III centr. app., 29 settembre 2017, n. 479 sulla portata dinamica del principio costituzionale del buon andamento e dell’interesse al “funzionale impiego dei fattori della produzione del servizio che rinvengono dalla partecipazione della comunità alle spese pubbliche”.

58 Sull’individuazione delle condotte tipizzate, G. BOTTINO, Le sanzioni “limpide” e le sanzioni “nascoste” nella

responsabilità amministrativa, in ASSOCIAZIONE ITALIANA DEI PROFESSORI DI DIRITTO AMMINISTRATIVO (a cura

di), Riflessioni sull’incertezza delle regole: il dibattito sulle sanzioni “nascoste”, Roma, 6 febbraio 2014.

59 M. SINISI, Sistema anticorruzione e responsabilità amministrativa, cit., p. 89 ss.; A. PAJNO, Il principio di trasparenza alla

luce delle norme anticorruzione, in www.astrid-online.it, 2013, p. 15; B.G. MATTARELLA – M. PELISSERO(a cura di),

La legge anticorruzione, Torino, Giappichelli, 2013; R. GAROFOLI, Il contrasto alla corruzione. La l. 6 novembre 2012, n. 190, il decreto trasparenza e le politiche necessarie, in www.astrid-online.it, 2012; S. FOÀ, Le novità della legge anticorruzione, in Urbanistica e appalti, n. 3/2013.

60 Corte cost., 20 novembre 1998, n. 371, su cui E. CASETTA, Colpa del dipendente pubblico... o colpa del legislatore?, in

Giurisprudenza Costituzionale, 1998, p. 3257; M.A. SANDULLI, L’elemento soggettivo della responsabilità, in Corte dei Conti, La responsabilità della pubblica amministrazione dal danno civile al danno erariale, 28 settembre 2005, reperibile presso: http://www.amcorteconti.it.

61 In tali termini, letteralmente, Commissione bicamerale sulla semplificazione, Indagine conoscitiva sulla

semplificazione legislativa ed amministrativa. Documento conclusivo, 31 marzo 2014.

62 On. D. FRANCESCHINI, richiamato dal Documento conclusivo della Commissione bicamerale sulla

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Ed è stato il Presidente della Corte dei conti a sottolineare l’avvenuto passaggio “dalla identificazione dei dipendenti pubblici con la struttura amministrativa alla personalizzazione, scevra però da responsabilità”63.

In assenza di una reciproca fiducia o perlomeno di un’apertura di credito tra politica, amministrazione, magistratura ed imprese e cittadini ogni tentativo di semplificazione è destinato a naufragare. E con esso la credibilità dell’apparato amministrativo verso la collettività amministrata.

63 L. GIAMPAOLINO, Audizione presso la Commissione bicamerale sulla semplificazione, Documento

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