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I consumatori come acquirenti "semi-professionisti". Acquisti (e vendite) non finalizzati al consumo. Evidenze dal settore delle borse di lusso.

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Marketing e Ricerche di Mercato

TESI DI LAUREA

I consumatori come acquirenti “semi-professionisti”. Acquisti (e vendite) non finalizzati al consumo. Evidenze dal settore delle borse di lusso.

RELATORE

Prof. Daniele DALLI

Candidata Sara RAPISARDA

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INDICE

1. INTRODUZIONE………3

2. SCENARIO………..7

2.1 La rivendita di oggetti di seconda mano……….………...7

2.2 Italia: i numeri……….……...8

2.3 Il mercato delle borse di lusso……….…...11

2.4 Il luogo dello scambio………...………..………..19

3. LETTARATURA………23

3.1 La compravendita nella storia………23

3.2 Il nuovo ruolo del consumatore……….24

3.3 Le motivazioni che spingono alla rivendita………...28

3.4 I temi legati all’acquisto e alla rivendita………37

4. METODO DI RICERCA………..…………..46

4.1 Studio della letteratura e analisi netnografica………46

4.2 Interviste individuali in profondità………48

4.2.1 Traccia dell’intervista……….49

4.2.2 Soggetti intervistati………50

4.3 Le fonti………..52

5. RISULTATI……….53

5.1 Aspetti osservati prima delle interviste……….53

5.1.1 Temi………...53 5.1.2 Profili……….56 5.1.3 Argomenti………..57 5.2 Interviste in profondità….……….58 5.2.1 Temi………..………….59 5.2.2 Profili……….66 5.2.3 Ruoli………..….73 5.3 Sintesi………..…..74 6 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA.………..77

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Capitolo 1 INTRODUZIONE

La seguente tesi si basa sullo studio del nuovo ruolo del consumatore, il quale, oltre ad acquistare per un consumo privato, rivende (o pensa di rivendere) i prodotti che acquista. Si è cercato, quindi, di analizzare il processo attraverso il quale i consumatori decidono di rivendere gli oggetti che hanno precedentemente acquistato.

L’analisi effettuata si basa sul mercato di seconda mano delle borse di lusso, in un contesto italiano e, per la maggior parte dei casi, digitale.

Si è scelto il mercato delle borse di lusso perché, insieme a sneakers, orologi e vini, rappresenta uno dei settori in cui si effettua un numero elevato di scambi e attorno al quale ruota più interesse.

Questo mercato di scambi di oggetti di seconda mano tra consumatori è in forte espansione e non intende arrestarsi. Sempre più individui considerano la possibilità di rivendere, come ulteriore comportamento post-acquisto, concedendo così nuova vita agli oggetti da loro precedentemente posseduti.

I consumatori diventano commercianti, rivenditori, “broker” di un mercato parallelo a quello tipico, sviluppatosi a causa di un cambiamento del comportamento dell’individuo e della funzione degli acquisti e delle vendite.

Con il passare degli anni, infatti, si è assistito allo sviluppo di nuove strutture di mercato e forme alternative di consumo, tra cui la nascita di siti internet, applicazioni e forum dedicati alla compravendita, oltre al proliferare di discussioni online che mostrano il forte interesse per l’argomento.

Il contesto d’analisi ruota intorno al lato della domanda (le motivazioni per le quali esiste questo mercato), al lato dell’offerta (le modifiche della catena di distribuzione e la nascita di nuove piattaforme) e agli attori che ne fanno parte (i consumatori).

La figura del consumatore, difatti, assume un ruolo nuovo: quello dell’acquirente “semi-professionista”, cioè colui che non effettua acquisti solamente finalizzati al consumo. Lo schema produttore-distributore-consumatore non vede più come punto d’arresto l’acquisto del consumatore finale; a quest’ultimo, si aggiunge la possibilità di una sorta di re-commercializzazione dei beni.

Il fenomeno studiato è quello per cui le persone scambiano prodotti tra di loro perché, ad esempio, vogliono comprare meno prodotti nuovi oppure perché una volta che li hanno comprati e li hanno usati per un certo periodo di tempo, li rivendono. Con una serie di motivazioni al seguito.

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In questa tesi, si sono volute analizzare e portare alla luce le alternative che ogni individuo ha, una volta comprato un prodotto, grazie soprattutto all’e-commerce C2C.

Esistono dei consumatori che, quando comprano un prodotto, hanno già in mente lo scopo del loro acquisto, e cioè pensano in via anticipata se ciò che stanno per comprare sarà per il mero consumo e/o uso o avrà altri fini, tipo quello del collezionismo o, appunto, della rivendita.

Lo scopo di questo studio, difatti, è quello di analizzare come sia cambiato nel tempo il consumatore, quando e perché prende in considerazione la rivendita e quale sia il contesto in cui si muove.

Le research questions sono state le seguenti:

1. Come è strutturato il mercato online della rivendita?

2. Perché, come e quando i consumatori decidono di rivendere?

3. Quali sono i tipi di consumatori che decidono di darsi a questa attività?

In una prima fase dello studio, è stata presa in considerazione la letteratura presente fino a quel momento, alla ricerca di spunti e analisi precedentemente effettuati sull’argomento. Sono stati utilizzati, tra i tanti, gli studi di Chu e Liao (2007, 2008, 2010),

Guiot, D. e Roux, D. (2010), Lemaitre N. e De Barnie V. (2015), Ertz M, Durif F, Arcand M. (2015), Maciel A. e Wallendorf M. (2015, 2017, 2018) e Scaraboto D. e Fischer E. (2013).

Da questi, si sono ricavati dati e indagini riguardanti il ruolo della compravendita nella storia (dato che il fenomeno esiste da secoli, ma è cresciuto solo negli ultimi decenni grazie a internet), il cambiamento del consumatore-rivenditore (che diventa una sorta di consumer-prosumer in un’economia del riuso degli oggetti), le motivazioni che spingono alla rivendita (le quali dipendono non solo da aspetti economici, ma anche critici, ricreativi, di mero disposal) e i temi e gli argomenti che maggiormente ruotano intorno al fenomeno (e cioè collezionismo, alternative di mercato, edonismo ed eudaimonia, speculazione e “taste regime”).

La seguente tesi, oltre questo capitolo introduttivo, si suddivide in ulteriori 4 capitoli. Nel secondo capitolo, vengono descritti il contesto e lo scenario di riferimento, quindi la rivendita di oggetti di seconda mano nel mondo e, in particolar modo, i numeri in continua crescita in Italia. Basti pensare, infatti, che secondo l’Osservatorio 2017 “Second Hand Economy” condotto da DOXA per Subito.it1, la compravendita dell’usato vale 21 miliardi

1https://www.doxa.it/second-hand-economy-in-italia-un-mercato-da-21-miliardi-di-euro-pari-all12-del-pil/,

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di Euro, pari all’1,2% del PIL.

Inoltre, il digital (e i social network in particolare) ha completamente rivoluzionato i mercati consumer-to-consumer (C2C), poiché ha cambiato il ruolo del consumatore-rivenditore, il quale è diventato molto più abile nell’acquisto e nella vendita. Grazie alle piattaforme digitali, infatti, si è rivoluzionato il sistema di scambi e transazioni tra consumatori, i quali vengono a conoscenza della facilità e la velocità con cui si può Comprare e soprattutto rivendere.

L’avvento di internet ha fatto sì che al mercato di seconda mano tradizionale, e cioè ad esempio quello dei mercatini fisici, si sia accostato quello dell’online reselling.

Il terzo capitolo, invece, riporta e descrive dettagliatamente ciò che è risultato interessante dallo studio della letteratura, con l’aiuto di grafici, immagini e tabelle utili alla comprensione degli aspetti toccati.

Nel quarto capitolo, viene descritto il metodo della ricerca, che si divide in due fasi. La prima fase consiste in un’analisi netnografica dei siti internet dedicati alla rivendita (tra cui Vestiaire Collective, Vendome, Preloved e Rebelle), delle piattaforme e dei social network in cui si svolgono le discussioni sull’argomento (tra cui gli innumerevoli gruppi su Facebook).

Dopo una descrizione dei luoghi di scambio e delle fasi di questa prima ricerca, si è passati a descrivere la seconda, avvenuta tramite 43 interviste individuali in profondità, 3 delle quali fatte a commercianti veri e propri (che hanno aperto un’attività e hanno un negozio fisico in diverse parti d’Italia).

Attraverso queste interviste costituite da 10 domande, effettuate su Skype, al telefono o per e-mail, lo scopo finale è stato quello di rilevare le motivazioni, i desideri “nascosti”, ossia non direttamente dichiarati dai soggetti, e altri spunti utili ad analizzare più dettagliatamente e profondamento il mercato della compravendita di borse di lusso e il ruolo del consumatore all’interno di esso.

Nel quinto capitolo, infine, vi sono i risultati ottenuti commentati passo dopo passo. Inizialmente, la prima parte di osservazioni dirette delle community, dei forum e dei siti internet hanno permesso lo sviluppo di alcune teorie riguardanti temi, profili e argomenti che rappresentano la compravendita di borse di lusso di seconda mano in Italia e che si ricollegano anche alla letteratura analizzata precedentemente.

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Successivamente, si sono cercate risposte direttamente dagli individui, i quali hanno in parte confermato le analisi precedenti, ma anche mostrato ulteriori aspetti non colti fino ad allora.

In quest’ultima fase, si è arrivati da un lato alla stesura di una lista di temi trattati e, dall’altro, all’individuazione dei 6 profili-tipo degli attori presi in considerazione (maestra del gusto, reseller professionista per passione o per profitto, venditrice occasionale, ecologista, affarista e risparmiatrice) e dei 6 ruoli all’interno delle community online (amministratrice, autenticatrice competente, commerciante C2C, appassionata/collezionista, imprenditrice e chiacchierona), fino a trarre le relative conclusioni.

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Capitolo 2

SCENARIO

2.1 LA RIVENDITA DI OGGETTI DI SECONDA MANO

Negli ultimi decenni, si è assistito allo sviluppo di forme alternative di consumo e al consolidamento di nuove strutture di mercato. Tra queste, una di quelle più consistenti è caratterizzata dal fenomeno della rivendita di oggetti di seconda mano, in un mercato che non è solo business-to-consumer (B2C), ma anche e soprattutto consumer-to-consumer (C2C).

Nel mondo di oggi, infatti, un numero sempre più elevato di consumatori si affaccia a questa particolare forma di mercato, in maniera diversa e per svariate e differenti motivazioni.

Il commercio di oggetti di seconda mano rappresenta un vero e proprio mercato in cui possono partecipare direttamente i singoli, acquistando, vendendo o cimentandosi in entrambe le attività.

I fattori che spiegano questo fenomeno possono essere molteplici. Dalla tendenza all’ecologia e al riciclo in una società iper-consumistica2, dagli effetti della crisi e

dell’aumento dei prezzi di mercato, dall’aumento di collezionisti alla rinascita di una vera e propria cultura della seconda vita degli oggetti.

Il concetto contemporaneo di consumo sembra essere concepito esclusivamente come un fenomeno che si riferisce a beni nuovi e comprati direttamente in negozio o negli e-commerce delle relative aziende produttrici. E i consumatori sono definiti come acquirenti di prodotti nuovi.

Il fenomeno della compravendita, però, va necessariamente inserito in questa definizione, che risulta ormai essere obsoleta.

Lo schema produttore-distributore-consumatore non vede più come punto d’arrivo l’acquisto del consumatore finale; a quest’ultimo, infatti, si aggiunge la possibilità di una sorta di re-commercializzazione dei beni.

In questo nuovo sistema, quindi, compare un nuovo ruolo per il consumatore, che gli permette di partecipare sia come acquirente sia come rivenditore.

2N. Lemaitre, V. De Barnier, “Quand le consommateur deviant commerçant: motivations, production d’expérience et

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Il mercato di seconda mano ha avuto una repentina crescita globale a partire dal XXI secolo, grazie soprattutto all’avvento di internet come principale mezzo di comunicazione di massa.

L’avvento dell’Information Technology ha fatto sì che al mercato di seconda mano tradizionale, e cioè ad esempio quello dei mercatini fisici, si sia accostato quello dell’online reselling.

Questo fenomeno è avvenuto in diverse parti del mondo, soprattutto nelle società più mature ed evolute3. Negli ultimi anni si è sviluppato anche in Italia e i numeri sono in

continua crescita.

2.2 ITALIA: I NUMERI

In Italia, secondo l’Osservatorio 2017 Second Hand Economy condotto da DOXA per Subito.it4, la compravendita dell’usato vale 21 miliardi di Euro, pari all’1,2% del PIL. Rispetto al 2016 (in cui valeva 19 miliardi), il volume d’affari è cresciuto dell’11%. Questa crescita è trainata principalmente dalla compravendita online, che attualmente pesa 9,3 miliardi e ha raggiunto il +74% rispetto al valore del 2014 (con 5,4 miliardi). Tra le principali evidenze dell’Osservatorio 2017, troviamo che:

• Il 48% degli italiani ha comprato e/o venduto usato nel 2017, il 42% l’ha fatto online.

• I settori più importanti in termini di valore sono Motori (€ 15 mld), seguiti da Casa&Persona (€ 3,6 mld) e Elettronica (€ 1,3 mld).

• Chi ha venduto oggetti usati online ha guadagnato in media € 1.030 all’anno (+22% vs 2016).

• Scelta consapevole (53%), guadagno e risparmio (54%) e libertà (42%) sono i tre asset valoriali del second hand.

Le regioni che guidano la Second Hand in Italia sono la Lombardia al primo posto (con 3,4 miliardi di valore generato), seguita da Toscana (con 2,8 miliardi) ed Emilia-Romagna (con 2,3 miliardi) e Sicilia (1,5 miliardi).

Millennials second hand native, più attivi della media popolazione (59% vs 48%).

3Marzella F. (2015), “The second-hand market: the practice of reusing goods in cultures dominated

by the new”, Italian Sociological Review, 5 (1), 105-122.

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Fig.1 Doxa – Subito.it

Ciò che spicca è il ruolo dell’online, che acquista il 31% in più rispetto all’anno precedente e si conferma driver principale di crescita.

Infatti, “tra coloro che nel 2017 hanno acquistato e venduto oggetti usati, il 42% ha utilizzato l’online come canale privilegiato per farlo, in particolare per la sua velocità e semplicità, riconosciuta dal 72% del campione. Internet e App sono il canale preferito soprattutto per la vendita (54%). Il digitale rappresenta la risposta ideale per chi desidera acquistare o vendere oggetti appartenenti ad alcune categorie in particolare”. (id)

Come si vede nella fig.1, attraverso l’online si comprano soprattutto arredamento e casalinghi, seguiti da auto e libri, mentre si vendono auto, attrezzature sportive e telefonia. Tra i motivi per i quali dichiarano di aver comprato nel 2017, si trova al primo posto con il 70% la capacità di poter acquistare “facendo un buon affare in termini economici e di risparmio”, affiancata dalla scelta distintiva di “trovare pezzi unici, d’antiquariato o non più in commercio” (35%), seguita dall’opportunità di “conquistare l’oggetto dei desideri perfetto per le proprie necessità e passioni” (10%).

Se invece si parla di vendita, allora al primo posto vi è la “voglia di leggerezza e decluttering per liberarsi del superfluo” (55%), seguito dalla possibilità di “comprare altri oggetti nuovi o usati (21%) e da quella di guadagnare (19%).

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Da queste tendenze sottolineate da Doxa, ciò che risulta è un cittadino italiano molto attento alla sostenibilità ambientale che “cerca di favorire attraverso il riutilizzo (66%)”, “legato affettivamente agli oggetti a cui attribuisce la possibilità di una seconda vita (60%) e “che non rinuncia ad acquistare oggetti altrimenti costosi a un prezzo conveniente (58%)” (id).

Altro aspetto interessante che emerge è legato alle molteplici vite degli oggetti. Gli oggetti che hanno già vissuto una “prima vita”, grazie alla Second Hand Economy ne vivono una seconda (e a volte anche una terza, una quarta…). Infatti, attraverso questo processo, vengono più volte reimmessi nel circolo virtuoso di una cosiddetta economia circolare:

• nel 48% dei casi il bene viene usato dal suo nuovo proprietario fino ad essere consumato;

• nel 26% viene collezionato e conservato;

• nel 15% viene regalato a una “terza vita” quando non più utile; • nell’11% viene rivenduto.

Per quanto riguarda invece i guadagni generati dalla vendita di oggetti usati, il 40% degli italiani li mette a disposizione dell’economia domestica, il 25% li utilizza per altri acquisti nella stessa categoria di prodotto ma più recente, ad esempio il modello successivo, il 19% per un oggetto usato della stessa categoria o di altre, e il 16% per un oggetto nuovo. Secondo la sopra riportata ricerca, le prospettive future del mercato sono molto positive. Nei prossimi 5 anni è prevista un’ulteriore evoluzione in positivo dell’economia dell’usato del 75%.

Secondo i dati messi in luce da un’ulteriore ricerca, effettuata dalla “Camera di Commercio di Milano, Monza, Brianza e Lodi”5, cresce il settore dell'usato in Italia, ma

soprattutto in Lombardia: +7,7% a livello nazionale (+8,7% in regione) in cinque anni e 0,4% (e +2,1%) nell'ultimo anno.

I numeri analizzati sono stati quelli del registro delle imprese al primo trimestre 2018, 2017 e 2013 relativi a tutte le localizzazioni (sedi di impresa, sedi secondarie e unità locali) specializzate nel commercio al dettaglio di articoli di seconda mano in negozi. Nel 2018 sono oltre ottocento le attività lombarde su quasi 5 mila in Italia, il 16,7% del totale. Tra questi c’è chi è specializzato in libri di seconda mano (382 in Italia), chi vende mobili e oggetti di antiquariato (2.440) o indumenti, borse e oggetti vintage (1.764).

5http://www.lombardiaspeciale.regione.lombardia.it/wps/portal/LS/?urile=wcm%3Apath%3A/lspeciale/news/2018/0

8-agosto/nws-cresce-9-per-cento-settore-usato-lombardia/nws-cresce-9-per-cento-settore-usato-lombardia, consultato il 15/05/2019

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Prime in Italia per numero totale di attività sono Roma (con 450, +3,7% in cinque anni), Milano (con circa 400, +16%), Torino (circa 300, +6,8%) e Napoli e Firenze (sopra le 200 attività).

La crescita del segmento dell’usato è stata identificata come uno dei driver di crescita del business luxury dei prossimi anni. Infatti, secondo un’indagine interna condotta dal reseller californiano ThredUp6 il mercato di seconda mano è in espansione e, con ogni probabilità, crescerà più velocemente di altri segmenti retail nei prossimi dieci anni. Nel 2022, secondo ThredUp, il valore di questo mercato si assesterà intorno ai 41 miliardi di dollari a livello globale.

2.3 IL MERCATO DELLE BORSE DI LUSSO

Il settore che verrà analizzato nel dettaglio nel seguente elaborato sarà quello delle borse di lusso.

Il seguente paragrafo sarà diviso in 4 sezioni: il lusso e le borse, le borse come status symbol, il mercato di seconda mano delle borse di lusso, le borse come investimenti - la rivendita.

a. Il lusso e le borse

Con il termine bene di lusso si intende un bene che non è necessario alla soddisfazione dei bisogni primari dell’uomo, ma è caratterizzato da altre 3 componenti: quella funzionale, quella emozionale e quella simbolica.

Secondo recenti studi7, il mercato del lusso si presenta in continua crescita: nel 2017 ha

toccato i 915 miliardi di euro, +6% sul 2016, ed è pronto ad arrivare a 1,3 miliardi nel 2024.

Inoltre, sono emersi ben 7 trend generali che avranno un impatto significativo sul settore:

1. La ripresa dei valori intrinsechi quali esclusività, artigianalità, qualità e

classicità senza tempo.

2. La fondamentale importanza del “Made In”: la provenienza dei prodotti è una

discriminante per l’80% dei consumatori, soprattutto nei paesi emergenti

3. L’Adovcacy: conta sempre di più il passaparola, fisico o digitale. I 2/3 dei

consumatori sono soliti raccomandare e suggerire i propri brand preferiti.

6

https://www.fastcompany.com/90321065/thanks-marie-kondo-the-resale-market-is-becoming-bigger-than-fast-fashion?partner=rss&utm_source=facebook.com&utm_medium=social&utm_campaign=rss+fastcompany&utm_cont ent=rss , consultato il 17/05/2019.

7Boston Consulting Gruop, (2018), “True-Luxury Global Consumer Insight - Sintesi del rapporto di BCG e

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4. Il segmento maschile è in crescita.

5. Il nuovo consumatore è “globe trotter”: effettua cioè molti dei propri acquisti

al di fuori del proprio paese, a causa di prezzi più convenienti e maggiore assortimento.

6. Occorre un nuovo approccio rispetto al concetto di punto-vendita monomarca:

bisogna diversificare l’offerta per età e provenienza geografica.

7. Digital “Physicalization”: il mondo digitale influenza oltre il 50% degli

acquisti.

Per quanto riguardano le borse, invece, quelle di lusso vengono distinte dalle altre attraverso tre caratteristiche specifiche: 1) i materiali preziosi con i quali vengono realizzate 2) il loro artigianato e la qualità legata ad esso 3) il design e la bellezza estetica.

b. Le borse come “status symbol”

Lo status symbol è “un qualunque segno esteriore (oggetto, comportamento, ecc.) che venga riconosciuto dalla maggior parte delle persone come indice di appartenenza a una classe socioeconomica elevata, o come dimostrazione di prestigio sociale”8.

Rappresenta, quindi, un bene al quale viene assegnato in maniera tacita ma estremamente potente una serie di associazioni mentali e non.

Il logo di un prodotto, ad esempio, riesce a portare con sé un significato di appartenenza. Come descritto nel libro “Bags, a lexicon of style9”, gli esperti del settore delle borse di

lusso tendono a sospettare che le donne comprano borse costose perché le ritengono una “coperta di sicurezza”. Infatti, “indossare una borsa di un brand riconoscibile significa annunciare il tuo buon gusto (e magari ricchezza) a qualsiasi persona passai per strada”. (id)

Questo non significa che l’unico motivo per cui comprano borse del genere sia quello appena descritto. Anzi, altri aspetti fondamentali sono i materiali di lusso, quindi la qualità il glamour e perfino il modo con cui il marchio viene raffigurato nelle pubblicità. Le persone, quindi, usano le borse per distinguersi attraverso il simbolismo che si può scovare dietro un accessorio di lusso.

Difatti, secondo vari esperti di branding (id), una borsa cult deve necessariamente avere le seguenti 3 caratteristiche: legittimazione all’interno della fashion industry, un’ottima pubblicità e il supporto delle celebrity.

8 Enciclopedia Treccani

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Per quest’ultimo punto, non a caso le due borse più famose al mondo, la Birkin e la Kelly di Hermès, sono nate dall’incontro di Jean-Louis Dumas-Hermès con le due attrici (Grace Kelly e Jane Birkin).

Come descritto nel libro sopracitato, la “status-bag” nasce negli anni ’80 ma attualmente sembra aver cambiato i sui connotati.

Oggi si parla di un lusso più silenzioso, intimo e sobrio.

Apparentemente, molte persone vogliono ancora ottenere il prestigio di una status-bag, ma non sono più disposte a rischiare di sembrare delle “fashion victims”.

Fendi, Gucci e Louis Vuitton, ad esempio, sembrano aver capito questo trend poiché hanno iniziato a creare borse di colori e forme diverse da quelle iconiche, pur non dimenticando quest’ultime.

c. Il mercato di seconda mano – le borse di lusso come investimenti

Da qualche anno, il mondo delle borse di lusso è entrato in modo preponderante nel mercato dell’usato.

Basti pensare ai quasi sei milioni di utenti attivi in quarantotto paesi diversi su uno dei siti di compravendita di abbigliamento e accessori di lusso Vestiaire Collective.

Su di esso, si ha la possibilità di comprare e rivendere bene di seconda mano, scegliendo autonomamente il prezzo, il quale comunque, come segnala Jo Ellison sul Financial Times10, varia a seconda della desiderabilità di un marchio (Gucci, Louis Vuitton e Chanel

i più ricercati) e delle condizioni dell’oggetto, che vanno da “buone” a “incontaminato”. Chi rivende, infatti, può guadagnare fino all’85% del prezzo finale.

Questo cambiamento attitudinale nei confronti dell’usato è perciò significativo sotto molteplici punti di vista. Innanzitutto, segnala il forte interesse verso nuovi modelli di business, dato il coinvolgimento di così tante persone in questo nuovo mercato.

Nei confronti del lusso, infatti, sembra essersi affacciato un nuovo approccio: quello del consumismo responsabile e della circolarità dell’economia. Si compra una borsa di seconda mano, magari in boutique o da un’altra persona, e poi la si rivende.

Un altro punto di vista interessante da analizzare è quello del valore che le borse di lusso hanno acquistato e continuano ad acquistare negli anni.

Il sito di e-commerce per borse di lusso Baghunter11 ha realizzato uno studio per

analizzare le variazioni di prezzo della 2.55, la borsa di Chanel più famosa di sempre.

10https://www.ft.com/content/29428978-dcfd-11e8-8f50-cbae5495d92b , consultato il 18/05 11https://baghunter.com/pages/chanel-bag-values-research-study , consultato il 15/05

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I risultati sono stati sorprendenti.: nel 1955, quando uscì nei negozi, la 2.55 costava 220 dollari, nel 1990 il prezzo salì a 1.150 dollari, nel 2016 è arrivato a 4.900 dollari (circa 4.400 euro). Dal 2010 al 2016 il valore della 2.55 è aumentato del 70 per cento. La versione più richiesta è quella più fedele all’originale, disegnato da Coco Chanel negli anni Cinquanta. Negli Stati Uniti, tra il 2010 e il 2015, il prezzo di listino della borsa è cresciuto otto volte rispetto all’inflazione.

Attaualmente, nel 2019, costa 5.800 euro.

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Fig. 3 Incremento del valore di 5 iconiche borse Chanel tra il 2010 e il 2015.

Il principale aspetto da notare della fig.3 è il fatto che, indipendentemente dallo stile, ciascuna delle borse Chanel elencate ha subito un aumento di valore. Tuttavia, ci sono stati anni che hanno visto aumenti dei prezzi fino a $ 1.000 e altri anni che non hanno visto alcun aumento di prezzo. Ciò mostra una leggera imprevedibilità nella strategia di pricing di Chanel, ma è ancora chiaro che le loro borse aumentano di valore in modo consistente se il periodo di tempo considerato è più lungo di un anno. È anche chiaro che Chanel crea le proprie regole nell'aumentare i prezzi delle borse, con gli aumenti dei prezzi che superano di gran lunga qualsiasi inflazione, manodopera o aumento dei costi di produzione.

È anche interessante vedere come Chanel implementa variazioni di prezzo nei diversi stili di borse. Prendendo in considerazione le cinque borse sopra elencate, possiamo vedere con che percentuale siano aumentate di valore anno dopo anno, arrivando alla conclusione che, anche se tutte le borse hanno subito un aumento di valore in questo periodo, l'aumento percentuale varia da stile a stile.

Pensando ad altri brand, “uno studio dice che il miglior bene rifugio è la Birkin, la borsa di Hermès che da quando è stata messa sul mercato è sempre cresciuta di valore”12.

Lo stesso studio ha comparato le 3 tipologie di investimento più comuni: l’indice S&P 500 il quale dà una buona visione dell’andamento generale delle borse mondiali, l’oro che è il bene più comune su cui si investe e le Birkin. Per fare il confronto tra i 3 tipi di investimento è stato preso in considerazione un periodo di 35 anni, cioè dal momento in cui le Birkin sono apparse sul mercato.

Tra il 1980 e il 2015, l’indice S&P 500 ha restituito interessi agli investitori pari all’8.65%. Ma questa valutazione non tiene conto delle fluttuazioni dei mercati durante i 35 anni e si basa sul presupposto che gli investitori non hanno venduto o comprato nulla. L’oro, nello stesso periodo, ha dato un interesse medio del 1.9%, che corrisponde a un interesse reale del -1.5%. Anche qui, non si tiene conto delle fluttuazioni.

Infine, le borse Birkin: questo accessorio ha aumentato il suo valore anno dopo anno, con una media di incremento del 14.2% ogni 12 mesi.

Quindi, è risultato di gran lunga l’investimento meno rischioso fra i 3 presi in considerazione.

12https://smartmoney.startupitalia.eu/analisi/54733-20160416-birkin-investimento-spiegazione, consultato il

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Fig.4 % Birkin, oro e S&P 500 dal 1980 al 2016.

Ed è proprio per questo aumento del valore delle borse di lusso, e grazie anche all’esclusività, alla distribuzione limitata e alle numerose liste d’attesa che l’acquisto di una borsa si porta dietro, che si è creato un mondo parallelo in cui si effettuano scambi di seconda mano.

Uno dei più famosi portali dedicati all’acquisto e alla vendita di borse di lusso usate, VendomeItalia.it13, registra circa 6.600 ricerche mensili per i propri accessori, con il picco

massimo a settembre 2011. Sono numerose anche le ricerche più mirate: le parole chiave “borse usate firmate” e “vendita borse usate” vengono digitate rispettivamente 480 e 390 volte al mese.

“Oltre a comprare le borse firmate usate, sempre più donne amano venderle online, sia per andare incontro all’esigenza di cambiare il proprio stile, sia per fare spazio nel guardaroba. Secondo il portale di moda sono aumentate negli ultimi tre mesi del +17% le richieste di vendita della propria borsa sul sito14”.

Nella questione della rivendita di una borsa di lusso o in una “It-bag” (una borsa di design costosa che è diventata un famoso best-seller, come Chanel e Hermès), la fama e i volumi di vendita non sono tutto ciò che conta. Un modello che ha avuto grande successo ed è apparso al braccio di molte persone famose, può capitare che, poco dopo, si deprezzi molto rapidamente.

13https://www.vendomeluxurybags.com/ , consultato il 14/05/2019

14

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È il caso, per esempio, della famosa cartella PS1 di Proenza Schouler: nel 2008 era la It-bag del momento, ma che oggi vale solo il 30 per cento del suo prezzo originario (1.800 euro circa).15

Essere una It-bag, quindi, non è sufficiente a garantire “l’investimento”: essere estremamente popolare non significa che, nel tempo, quell’oggetto mantenga il suo valore.

Al contrario, quelle che riescono a mantenere alto il loro valore nel tempo sono quasi sempre quelle in edizione limitata, nonostante finiscano presto nel mercato dell’usato. Anzi, in alcuni casi, addirittura lo quadruplicano, come la Keepall rossa di Louis Vuitton X Supreme, che online ha raggiunto anche i 12.000 euro e oltre (id).

Dopo circa sei mesi dal lancio, una borsa di lusso riesce a raggiungere un pubblico più vasto ed è questo il momento nel quale le persone che l’hanno già comprata decidono di venderla sui siti di seconda mano: se la domanda è ancora alta, il prezzo dell’usato potrebbe anche essere superiore a quanto si è pagato per il nuovo.

La fase cruciale è quella che va dai sei mesi ad un anno dal lancio, quando nei siti la borsa usata arriva in grandi quantità. È questo il momento nel quale i prezzi, generalmente, crollano del 40-60% rispetto al nuovo (id).

Secondo gli esperti, i marchi che meglio riescono a mantenere alto il valore delle loro borse sono quelle che mantengono un regolare e costante aggiornamento del look della borsa e che fanno uscire il modello in quantità limitate.

Più è scarso e raro, più vale: La scarsità, in particolare, gioca un ruolo fondamentale, come insegna Hermès. Una borsa Hermès non si compra: la si ordina e si aspetta pazientemente che sia pronta. Ci vogliono mesi e mesi. E infatti, le Birkin, le Kelly e le Constance usate raggiungono anche un 140% in più del prezzo delle nuove, tenendo in considerazione sempre e comunque la regola della domanda e dell’offerta.

Il valore di una borsa, inoltre, dipende anche da 4 fattori oltre al marchio e alla sua esclusività: materiale, condizioni, accessori, provenienza e prova d’acquisto.

Per quanto riguardano le condizioni, Katawiki16 ad esempio utilizza differenti livelli per

classificarele borse di seconda mano, così da poter fornire una stima adeguata. I 6 livelli sono i seguenti: nuovo, come nuovo, condizioni eccellenti, condizioni molto buone, condizioni buone e condizioni discrete.

15https://www.myenglishmood.it/2018/11/borsa-di-lusso-it-bag-investimento-usato/ , consultato il 15/05/2019 16https://www.catawiki.it, consultato il 14/05/2019

(18)

Fig.5 Sistema di classificazione di Catawiki per le condizioni delle borse (RRP: Prezzo di vendita consigliato)

Inoltre, i marchi stanno iniziando a realizzare i benefici di un mercato secondario per i beni di lusso. Difatti, la maggior parte dei venditori reinveste i guadagni di rivendita negli acquisti di nuove borse dai marchi che amano. Più i consumatori sono convinti che questi beni di lusso siano rivendibili, più nuovi prodotti compreranno. Molti compratori di lusso usato spesso acquistano per la prima volta un bene di lusso. E, da questo punto di vista, questi servizi di rivendita sono un canale di acquisizione di nuovi clienti per i marchi di lusso: un vero e proprio modo in più (e meno costoso) per i consumatori di avvicinarsi al “luxury brand experience”17.

Per questo motivo si potrebbe affermare che il mondo della rivendita stia creando un nuovo paradigma. Un ecosistema che è un win-win per l’intera industria: marchi, distributori e consumatori stessi.

Il mercato della rivendita di borse di lusso ha numeri molto elevati, ma il motivo legato al guadagno dell’investimento, però, non è l’unica ragione che spinge a vendere una borsa.

Dal lato della domanda, una delle possibili motivazioni che avvicina i consumatori al mercato dell’usato è la sostenibilità e, quindi, la salvaguardia dell’ambiente: i beni di seconda mano possono essere scambiati ed essere riutilizzati evitando una nuova produzione industriale e l’impoverimento di risorse del Pianeta.

L’allungamento della vita dei prodotti è il vero motore di questo mercato.

(19)

Nel seguente elaborato si cercherà di analizzare ciò che c’è alla base di questi comportamenti, anche e soprattutto dal punto di vista dell’offerta (e quindi del consumatore che rivende), e quali sono le motivazioni che spingono alla rivendita. Tenendo, però, in considerazione che il mercato ha subito un processo di cambiamento dovuto a due aspetti:

-

I consumatori sono più informati, emancipati, educati e “empowered”. Sono molto più consapevoli delle opportunità che hanno per quanto riguarda il prendere parte al processo degli scambi, in qualsiasi ruolo sia loro più congeniale.

-

Il contesto è cambiato: vi sono più opportunità, informazioni, risorse, tool, siti. Ai consumatori vengono date occasioni e strumenti per far si che si impegnino nelle attività che li allontanano dallo stereotipo del consumatore-utilizzatore-tradizionale, per renderli invece più simili a degli imprenditori (e magari rivenditori).

2.4 LUOGO DELLO SCAMBIO

Come già detto, il luogo in cui si svolge la transazione e si effettua la compravendita non è più solamente e puramente fisico. Con la diffusione dei computer e il boom di internet, si è creato un ulteriore territorio fertile e inesplorato in cui è stato possibile costruire il luogo perfetto per il suddetto scambio.

La piattaforma digitale ha modificato la configurazione del mercato, andando ad aggiungere al mercato fisico, un ambiente decisamente più raggiungibile e dinamico. In molti hanno iniziato a usare applicazioni per il telefono e siti internet per effettuare acquisti e vendite di prodotti, soprattutto di abbigliamento e accessori (come le borse). Nella seguente tabella sono riportati alcuni esempi.

APP-SITI LINK DESCRIZIONE

Amazon https://www.amazon.it/ General

Ebay https://www.ebay.it/ General

Etsy https://www.etsy.com/it/ General Subito.It https://www.subito.it/ General Kijiji https://www.kijiji.it/ General Ebid https://www.ebid.net/it/ Collectors

Shpock https://it.shpock.com/ General

Clasf.It https://www.clasf.it/ General

(20)

Tab.1 Siti internet e Applicazioni in cui si effettua compravendita di borse (e non solo)

Per quanto riguarda la compravendita di borse di seconda mano, il sito leader mondiale è Vestiaire Collective. Con quasi 6 milioni di utenti e più di 300.000 pezzi scambiati al giorno, la piattaforma si occupa di tutte le fasi della compravendita. Gestisce direttamente i costi e le modalità di spedizione, l’autenticazione dei prodotti e gli scambi monetari (dai quali trattiene una commissione che varia a seconda del prezzo dell’oggetto che si vende, ma mediamente si aggira intorno al 40%).

Oltre a questi “luoghi di scambio”, se ne aggiunge uno ulteriore: quello dei Social Network.

Il principale luogo di scambio non può essere che Facebook. Questo, infatti, viene utilizzato sia per il suo “MarketPlace” interno e sia per la possibilità di creare gruppi dediti unicamente alla compravendita e creati da singoli utenti. Ed è proprio per questo motivo che MarketPlace è stato creato. Poiché oltre 450 milioni di persone visitavano

Annuncino.It https://www.annuncino.it/ General Secondamano.It https://www.secondamano.it/ General

Bakeka https://www.bakeca.it/ General

Vivastreet.It https://www.vivastreet.it/ General Milleannunci.It http://www.milleannunci.it/ General Dawanda https://it.dawanda.com/page/terms General Katawaki https://www.catawiki.it General / Collectors Coseinutili.It https://www.coseinutili.it/ General Zerorelativo.It https://www.zerorelativo.it/ General

Letgo https://it.letgo.com/it General

Vestiaire Collective https://it.vestiairecollective.com/ Luxury Rebelle https://www.rebelle.com/it Clothing Instantluxe https://www.instantluxe.it/ Luxury Videdressing https://www.videdressing.it/ Clothing Privategriffe https://it.privategriffe.com/ Clothing Usatodilusso.It https://www.usatodilusso.com/ Luxury Luxuryhunters https://www.luxuryhunters.it/ Luxury Borseusatelusso.It https://www.borseusatedilusso.it/ Luxury Vendome https://www.vendomeitalia.it/ Luxury Collectorsquare https://www.collectorsquare.com/it/ Luxury

E-Lusso https://www.elusso.it/ Luxury

Svuotaly https://www.svuotaly.it/ Clothing Preloved https://www.prelved.it/ Chothing Micolet https://www.micolet.it/ Clothing

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ogni mese i gruppi di compravendita di Facebook, il social network voleva rendere più semplici ed efficaci gli scambi. Con la sua introduzione, l’obiettivo di Facebook, è stato proprio quello di fornire agli iscritti un luogo dedicato dove poter svolgere queste compravendite.

Inoltre, l’acquisto dei prodotti non avviene tramite pagamenti effettuati all’interno di Facebook: sarà l’utente interessato a un prodotto, infatti, a contattare il venditore tramite un messaggio privato, accordandosi direttamente con lui per gestire l’acquisto; in questo modo, Facebook non avrà alcun guadagno sulle vendite.

Stessa situazione avviene tramite i gruppi interni alla piattaforma, in cui si crea un luogo auto gestito da coloro che ne fanno parte.

Per quanto riguarda la compravendita di borse, alcuni dei gruppi Facebook sono trascritti nella tab.2.

Tab.2 Gruppi Facebook di compravendita borse e relativo numero di membri

Oltre a Facebook, molti scambi avvengono anche su Instagram, luogo in cui diversi privati hanno aperto profili dedicati con i quali comprano e rivendono prodotti e nello specifico borse. Spesso, in questo Social Network, si ritrovano anche privati che sembrano averne fatta un’attività a tempo pieno.

NOME GRUPPO N° PARTECIPANTI

“PinkCorner: Mercatino Borse e Accessori” 23.700 membri “Borse firmate originali e altre belle cose” 285 membri

“Stock di borse e non solo” 3.000 membri “Vendo borse di tutti i marchi” 29.400 membri “Borse di Lusso: compra in sicurezza –

Venditrici Qualificate”

458 membri

“La maison de Patty – Borse e Accessori” 1.600 membri “Shopaholic: vendo borse firmate” 970 membri “Vendo - compro abiti, borse e scarpe” 7.700 membri “Il bello delle donne: vendo/scambio borse

originali e accessori”

26.800 membri

“Borse e Accessori” 4.300 membri “Mercatino delle scarpe e delle borse” 2.500 membri “Outlet delle scarpe e delle borse” 16.700 membri

“Borse firmate vintage” 160 membri “Vendo/Cerco borse e accessori di marca” 6.800 membri

(22)

I Social Network rappresentano il vero e proprio luogo in cui, oltre alla transazione, vi è scambio di informazioni. Un esempio è il gruppo Facebook “WG consulenze18”, con i suoi 13.000 membri, famoso per le consulenze amatoriali (fatte per lo più da proprietarie di negozi vintage, altre collezioniste ventennali e blogger) su borse di marchi di lusso.

18https://www.ilmattino.it/tecnologia/hitech/louis_vuitton_tarocche_vendita_online_wg_primo_gruppo_web_gratuito

(23)

Capitolo 3

LETTERATURA

Oggi, il mondo della compravendita sembra aver subito un’accelerazione.

Sempre più consumatori non si fermano all’acquisto, ma spesso rivendono ciò che hanno acquistato. Il fenomeno si è sviluppato in diverse parti del mondo, ma solo in pochi sembrano essere interessati ad analizzare il fenomeno.

La letteratura a riguardo è scarna e poco approfondita. Sembra anzi rimanere in superficie, senza andare in profondità nell’analisi.

Ciò su cui gli autori si sono principalmente concentrati sono soprattutto i motivi che potrebbero spingere all’acquisto di un bene di seconda mano, dimenticando una successiva e ulteriore analisi dei motivi legati a una possibile rivendita.

Solo in pochi ne hanno dato una chiave di lettura in questo senso, che comunque risulta poco dettagliata.

Per il resto, lo shopping e la rivendita di seconda mano rimangono relativamente ancora non studiati, nonostante l’interesse che ne è nato intorno alla questione.

La letteratura che si ha a disposizione, quindi, sembra non riuscire a cogliere in toto ciò che si vede nella realtà.

In questo capitolo sarà inizialmente analizzata la questione della compravendita nella sua prospettiva storica e poi verranno sintetizzati gli studi sul nuovo ruolo del consumatore-rivenditore e sui motivi della rivendita di oggetti usati, trovati in letteratura.

3.1 LA COMPRAVENDITA NELLA STORIA

La compravendita di beni di seconda mano è un fenomeno che solo negli ultimi anni sembra aver mostrato la sua diffusione.

In realtà, è lo sviluppo di internet che non ha fatto altro che rivelare la potenza e l’ampiezza di un fenomeno che esiste da molto più tempo.

Van Damme e Vermoesen parlano di un consumo di seconda mano “intrinsecamente legato alla vita quotidiana nell'ancien règime”19.

Lemire20, invece, va ancora più in profondità e elenca le tre tappe della compravendita.

19 Van Damme and R. Vermoesen (2009), “Second-hand consumption as a way of life. Public auctions in the surroundings of Alost in the late eighteenth century” Continuity and Change, 24 (2), 275-305

20 B. Lemire (2012), “The Secondhand Clothing Trade in Europe and Beyond: Stages of Development and Enterprise in a Changing Material World, c. 1600-1800”, Textile, 10.2, 144-163

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La prima, “transition from scarcity”, che si è manifestata nell’'Europa occidentale dal 1500 al 1600, nella quale il commercio di seconda mano rappresentava una strategia di bilancio ed era parte integrante del mercato.

La seconda tappa, invece, denominata “growing abundance”, che si è sviluppata dal 1660 al 1800 principalmente nelle economie dell'Europa nordoccidentale, dove tra le popolazioni cresceva sempre più il desiderio del consumo del commercio dell'abbigliamento di seconda mano, fino a garantire l'espansione della vendita al dettaglio. Infatti, incoraggiando la diffusione di nuovi materiali di consumo come la ceramica, grazie soprattutto agli scambi abituali di vestiti vecchi per nuovi bicchieri di porcellana. Questo traffico ha ampliato la scelta dei consumatori, facilitando la crescita delle imprese di seconda mano specializzate e generali.

La terza e ultima tappa, invece, è quella che inizia con l’industrializzazione in Gran Bretagna: è la fase “industrial plenty”, dove la natura della compravendita di seconda mano cambia e diventa ad appannaggio della classe lavorativa (dalla quale la classe media voleva distanziarsi e differenziarsi), divenendo sinonimo di carità e povertà in tutto il XIX secolo.

3.2 IL NUOVO RUOLO DEL CONSUMATORE

Secondo la definizione dell’enciclopedia Treccani, il consumatore è colui che “consuma, o anche, più genericamente, chi acquista, beni economici, qualunque carattere abbia il consumo o l’acquisto (di godimento, produttivo o distruttivo).

Anche la letteratura a riguardo, da sempre, è composta da descrizioni similari.

Il consumatore, per Schiffman e Kanuk21, è “colui che compra beni e servizi per il suo

personale uso, per l’uso domestico o come regalo per gli amici”.

Allo stesso modo, Walters e Bergiels22 lo definiscono come chi determina esigenze

personali, compra prodotti e usa quei prodotti per soddisfare le esigenze.

Gli studiosi, quindi, condividono l’idea del consumatore coinvolto nel processo d’acquisto, senza contemplare l’idea della produzione o della rivendita.

21Schiffman, L. G. and Kanuk, L. L., 2000, Consumer behavior. (7th. ed.), N.J.: Prentice Hall.

(25)

E anche la teoria sul comportamento del consumatore sembra essere andata sempre verso questa direzione. Cioè, quella del consumatore che indentifica il consumatore come colui che prende decisioni riguardanti le proprie risorse con l’unico scopo finale di consumare. Anche il Codice del Consumo23 lo indica come “la persona fisica che agisce per scopi

estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”.

Oggi, però, il consumatore è cambiato. Non è più un mero acquirente, si è evoluto. Per la maggior parte dei casi, non è più un consumatore incapace di valutare le componenti dell’offerta nella sua totalità. È un consumatore informato, esigente, ma soprattutto attivo all’interno del mercato produzione-consumo. È avvenuta una sorta di “consumer empowerment” e di un consumatore-prosumer, che assume un ruolo da protagonista e spesso esce dagli schemi che gli erano stati assegnati.

Alcuni studiosi, hanno iniziato ad espandere i loro studi, includendo le novità che si instradavano giorno dopo giorno nel mercato produttore-consumatore.

Uno degli aspetti su cui si sono concentrati, anche se in minima parte, è stato quello del disposal: “un mercato C2C che ha rivoluzionato il modo in cui vediamo il processo di domanda e offerta, dove i consumatori formano un mercato dove sia comprare prodotti sia rivenderli”24.

Ad esempio, Mowen25 definisce il comportamento del consumatore “lo studio delle unità

di acquisto e dei processi di scambio coinvolti nell'acquisizione, consumo e smaltimento di beni, servizi, esperienze e idee”.

Jacoby (1976), invece, come “l'acquisizione, il consumo e la disposizione di beni, servizi, tempo e idee da parte delle unità decisionali”.

Solomon (2002) ha spiegato che la ricerca sul comportamento del consumatore è lo studio dei processi coinvolti quando individui o gruppi selezionano, acquistano, usano o si disfano di prodotti, servizi, idee o esperienze per soddisfare bisogni e desideri.

Per Engel (1986) rappresenta “atti di individui direttamente coinvolti nell'ottenere, utilizzare e disfarsi di beni e servizi economici, inclusi i processi decisionali che precedono e determinano questi atti, incluso il comportamento di smaltimento post-acquisto”.

23Decreto legislativo emanato a norma della legge 29 luglio 2003 n. 229

24 Hsunchi Chu and Shuling Liao, (2007), “Exploring Consumer Resale Behavior in C2C Online Auctions: Taxonomy

and Influences on Consumer Decisions”, Academy of Marketing Science Review, 11, 1-27.

(26)

Tuttavia, le definizioni trovate in letteratura non sembrano spiegare a pieno il modo in cui i consumatori smaltiscono i loro prodotti. Poiché gran parte della ricerca sul comportamento del consumatore si è concentrata sulla fase di acquisizione, il processo di disposizione ha ricevuto un'attenzione relativamente minore.

Ci sono solo pochi studi del passato che hanno esplorato le alternative di “disposal” dei consumatori e il nuovo mercato e il nuovo ruolo del consumatore (Paden e Stell, 200526;

Hanson, 198027; Harrell e McConocha, 199228; Jacoby et al., 197729; Price et al. 200030,

Lastovicka and Fernan-dex, 200531, Mowen, 199532).

Jacoby nella prima ricerca sull’argomento, ha sviluppato una tassonomia concettuale per descrivere il comportamento di smaltimento dei consumatori e classificare la rivendita come una delle scelte possibili. In seguito, Hanson ha creato un modello esplicativo di diversi fattori salienti coinvolti nel processo decisionale a riguardo.

Harrell e McConocha, invece, hanno esplorato ulteriormente il fenomeno attraverso uno studio condotto sul campo per analizzare in che modo le caratteristiche del consumatore fossero correlate alla scelta delle diverse opzioni di smaltimento.

Mowen ha inoltre osservato che, la fase di “disposal” si riferisce a ciò che i consumatori decidono di compiere con un prodotto solo una volta che hanno finito di usarlo.

La realtà che può essere osservata al giorno d’oggi, sembra però diversa.

I consumatori potrebbero disfarsi di un prodotto anche subito dopo averlo comprato, oppure potrebbero rivendere beni inutilizzati o non completamente utilizzati per ottenere profitti o recuperare il pagamento parziale. O, ancora, potrebbero rivenderlo per comprarne uno nuovo identico o simile.

I consumatori, insomma, hanno più opzioni per smaltire i beni indesiderati.

26 Paden, N.and Stell, R., 2005, “Consumer Product Redistribution: Disposition Decisions and Channel Options”,

Journal of Marketing Channels, 12, 3, pp.105 – 123.

27Hanson, J.W., 1980, “A proposed paradigm for consumer disposition processes”, Journal of Consumer Affairs, 14,

1, pp. 49-56.

28Harrell, G. D. and McConocha, D.M., 1992, “Personal Factors Related to Consumer Product Disposal”, Journal of

Consumer Affairs, 26, pp. 397-417

29Jacoby,J., Berning,C.and Dietvorst,T.,1977, “What about Disposition?”, Journal of Marketing,41, pp. 22-28. 30Price, L. L., Arnould, E.J. and Curasi,C.F. ,2000, “Older Consumers' Disposition of Special Possessions”, Journal

of Consumer Research, 27, 179- 201

31Lastovicka, J. and Fernandez, K., 2005, “Three Paths to Disposition: The Movement of Meaningful Possessions to

Strangers”, Journal of Consumer Research, 31, 813-823

(27)

Per questo motivo, negli studi successivi hanno cercato di concentrarsi su queste alternative, per capire cosa potesse spingere il consumatore a muoversi verso una di queste possibili direzioni.

Paden e Stell hanno riportato nel loro studio che i nuovi modi per la ridistribuzione dei prodotti si stavano evolvendo già a partire dal 2005 e che il canale emergente più importante era senza dubbio Internet.

Tra gli studi più recenti, si possono citare anche i seguenti: lo studio di Myriam Ertz e Fabien Durif (2017)33, lo studio di Perret (2015)34 , lo studio di M Ertz, F Durif, M Arcand, (2015)35, e lo studio di Lemaitre N. e De Barnie V., (2015)36.

Per quanto riguarda il primo, gli autori elencando le tipologie di consumo collaborativo, parlando anche delle “cosiddette pratiche di consumo alternative, che sono simili alle forme di consumo collaborativo, come la donazione, lo shopping di seconda mano, la rivendita offline / online, il baratto, il noleggio gratuito o pagato di oggetti privati”. Perret, invece, parla di individui che oltre a comprare ridistribuiscono i loro beni dopo averli utilizzati per un certo periodo di tempo, offrendo così servizi agli altri cittadini, producendo e spesso anche intervenendo nel processo di progettazione, produzione e distribuzione delle aziende. Il consumatore diventa “un commerciante: produce e commercializza i propri beni o lo scambio di beni precedentemente acquisiti direttamente con altri consumatori”.

Ertz, Durif e Arcand, nel 2015, spiegano come la ricerca sulle pratiche che forniscono una seconda vita ai prodotti sia scarsa e l'attenzione si sia concentrata principalmente sulle motivazioni degli acquirenti di oggetti di seconda mano (ad esempio quello di Guiot-Roux del 201037) o sugli studi d'asta (ad esempio Kauffman e Wood del 200638).

Loro, quindi, partendo da questo presupposto, si concentrano sulla rivendita online, la quale è diventata sempre più popolare grazie al Web e ai siti di rivendita C2C (ad esempio Kijiji e Ebay), rendendo così di massa un fenomeno che fino a poco tempo prima era

33 Myriam Ertz et Fabien Durif (2017), Définition de la consommation collaborative et des concepts associés”, La

consommation collaborative: Enjeux et défis de la nouvelle société du partage, De Boeck Supérieur, pp.29-50.

34Perret, B., (2015), «De la propriété à l’usage», Esprit, 7, pp.30-39.

35M Ertz, F Durif, M Arcand, (2015); “Online Product Disposition on the Rise: The Specific Case of Online Resal”,

Marketing Review St. Gallen 32 (5), pp.66-76.

36 Lemaitre N. et De Barnie V., (2015) “Quand le consommateur devient commerçant: motivations, production

d’expérience et perspectives”, Décisions Marketing n°78 Avril-Juin, I.

37 Guiot, D./Roux, D. (2010): A Second-Hand Shoppers’ Motivation Scale: Antecedents, Consequences, and

Implications for Retailers, in: Journal of Retailing, 86, 4, pp. 383-399.

38 Kauffman, R. J./Wood, C. A. (2006): Doing their Bidding: An Empi- rical Examination of Factors that Affect a

(28)

rilegato alle uniche e poche forme per disfarsi degli oggetti: i mercati delle pulci, la vendita di garage e le aste.

Per quanto riguarda l’ultimo, invece, viene elaborata una nuova concettualizzazione del consumatore-venditore. Attraverso tre studi (focus group, interviste semi-strutturate e questionari) si spostano sul lato delle motivazioni che portano al disfarsi di un bene, dimostrando che ve ne sono di quatto tipologie.

Ed è di questo e di ulteriori ipotesi e teorie che si parlerà nel successivo paragrafo.

3.3 LE MOTIVAZIONI CHE SPINGONO ALLA RIVENDITA

Perché i consumatori comprano e rivendono oggetti di seconda mano?

I canali di seconda mano, il loro recente sviluppo e la crescita del fenomeno della rivendita ha portato diversi autori a descrivere e analizzare i motivi che si trovano alla base di questi fatti.

Innanzitutto, si è studiato come i parametri cambiano quando si acquista pensando di rivendere.

L’attività di “consumer online reselling” sta diventando un metodo sempre più comune di acquisto e vendita di beni.

Secondo Chu e Liao (2013)39, quando un articolo può essere facilmente rivenduto online,

la stima soggettiva dei consumatori del valore di quel prodotto cambia significativamente e in base non più solo al costo di acquisto, ma anche al guadagno nella rivendita. Ciò, quindi, a sua volta può influire sulle decisioni dei consumatori di acquistare nuovi prodotti.

Inoltre, secondo i due autori, la consapevolezza dei consumatori sul valore di rivendita di un prodotto già posseduto è in grado di influenzare la loro decisione di acquistare un nuovo prodotto. Quando il prodotto da rivendere è dello stesso tipo di quello nuovo desiderato (ad esempio un vecchio e nuovo telefono), l'influenza della consapevolezza di rivendita sull'intenzione di acquisto è maggiore rispetto a due situazioni: sia quando i due articoli sono di diverso tipo ma condividono funzioni simili e quindi potrebbero essere classificate nello stesso conto mentale in termini di pianificazione del budget (ad esempio una vecchia macchina fotografica e un nuovo telefono), sia quando il prodotto da

39Chu, H. and Liao, S. (2008), “Toward a conceptual model of consumer online resale behavior: an exploratory study

(29)

rivendere, che è stato utilizzato solo per poco tempo, è esattamente lo stesso da acquistare (ad esempio acquistare e rivendere lo stesso telefono subito dopo averlo acquistato). Secondo diversi studi (Chu e Liao, 201040; Thaler, 199941; Okada, 200142; Kahneman e

Tversky, 197943; Thaler, 198544) visto che un pagamento per un articolo può essere

considerato una perdita e l'uso di un prodotto può essere considerato un beneficio o guadagno, quando la perdita per l'acquisto di un prodotto è maggiore del beneficio che si può ricavare del prodotto, un consumatore avrà un’intenzione di acquisto inferiore perché l'acquisto si traduce in una perdita netta.

Se però il valore è sufficientemente elevato, questo può compensare la perdita subita dal pagamento del nuovo articolo e quindi invertire o neutralizzare la sua intenzione di acquisto. Poiché le persone sono avverse alla perdita, sono generalmente più soddisfatte se riescono a combinare una perdita con un guadagno uguale o maggiore.

Nelle suddette circostanze, sarà più facile stimolare il desiderio di acquistare tra i consumatori con un'elevata consapevolezza di rivendita online rispetto a quelli con scarsa consapevolezza, dato che i consumatori ad alta consapevolezza prenderanno in considerazione il guadagno della rivendita.

Questo tipo di comportamento, quindi, risulta diverso dalla mera vendita al dettaglio, in quanto in quest’ultimo i consumatori inizialmente acquistano beni per usarli privatamente e non con l'unica intenzione di rivenderli.

Oltre a questo aspetto, Chu and Liao (200745, 2008)46 analizzano la rivendita online da

un duplice punto di vista.

Da un lato, spiegano quali sono i punti chiave che determinano o potrebbero determinare una rivendita. Dall’altro, classificano I tipi di rivenditori in 4 differenti situazioni. Per quanto riguarda il primo, la fig.6 riassume il pensiero dei due autori.

40Chu, H. and Liao, S. (2010), “Buying while expecting to sell: the economic psychology of online resale”, Journal of

Business Research, Vol. 63 Nos 9/10, pp. 1073-1078.

41Thaler, R. (1999), “Mental accounting matters”, Journal of Behavioral Decision Making, Vol. 12 No. 3, pp.

183-206.

42 Okada, E.M. (2001), “Trade-ins, mental accounting, and product replacement decisions”, Journal of Consumer

Research, Vol. 27 No. 4, pp. 433-446.

43Kahneman, D. and Tversky, A. (1979), “Prospect theory: an analysis of decision under risk”, Econometrica, Vol. 47

No. 2, pp. 263-291.

44Thaler, R. (1985), “Mental accounting and consumer choice”, Marketing Science, Vol. 4 No. 3, pp. 199-214. 45Chu, H. and Liao, S. (2007), “Exploring consumer resale behavior in C2C online auctions: taxonomy and influences

on consumer decisions”, Academy of Marketing Science Review, Vol. 11 No. 3, pp. 1-27.

46Chu, H. and Liao, S. (2008), “Toward a conceptual model of consumer online resale behavior: an exploratory study

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Fig.6 Fattori che potrebbero influenzare il comportamento di rivendita

Gli autori, quindi, dividono in 3 gruppi diversi i fattori che potrebbero influenzare il comportamento di acquisto e rivendita di prodotti; e i 3 gruppi sono i seguenti:

1) Caratteristiche del prodotto: come ad esempio il valore del prodotto, le condizioni, il brand, il tipo di prodotto, la misura del prodotto e l’innovazione.

- Al momento dell'acquisto di un nuovo prodotto, i prodotti di maggior valore hanno maggiori probabilità di indurre i consumatori a effettuare la rivendita. - I prodotti con maggiore discrepanza di prezzo tra i canali hanno maggiori probabilità di essere rivenduti.

- I prodotti che sono più difficili da restituire hanno maggiori probabilità di essere rivenduti.

2) Caratteristiche dell’individuo: come ad esempio i motivi economici, la personalità, l’esperienza e l’attitudine alla rivendita, i fattori emozionali e le norme sociali e le influenze interpersonali.

- I consumatori con maggiore motivazione economiche per la rivendita saranno più propensi a rivendere.

- Più i consumatori hanno più conoscenze / esperienze di aste C2C online, maggiori probabilità hanno di rivendere.

- I consumatori che acquistano spesso in modo impulsivo, avranno maggiori probabilità di effettuare la rivendita.

3) Fattori situazionali: come ad esempio le condizioni inaspettate (tipo il ricevere un regalo non desiderato o i cambiamenti nella moda) e il timing e le circostanze di quando avvengono determinate situazioni.

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- Maggiore è la possibilità di avere situazioni inaspettate di consumo del prodotto, maggiore è la possibilità che i consumatori effettuino la rivendita online.

- È probabile che i consumatori che ricevono regali indesiderati effettuino la rivendita online.

Per quanto riguarda il secondo punto di vista analizzato da Chu e Liao, i due autori hanno analizzato i 4 comportamenti di chi rivende online.

Fig.7 Comportamento del consumatore in caso di rivendita online

Nella fig.7 viene proposta una classificazione riguardante i comportamenti d’acquisto e di rivendita.

1) “Resale of extra purchase”: è la situazione di una rivendita dovuta ad un acquisto di prodotti extra, quindi di un numero di prodotti dello stesso tipo maggiore rispetto a quello necessario all’acquirente. In questo caso, i consumatori vendono beni inutilizzati, attraverso un comportamento pianificato. Ciò si verifica quando i consumatori acquistano unità supplementari dello stesso prodotto oltre a quelle acquistate per l'uso privato, con l'intenzione di rivendere l'extra magari per profitto o per divertimento personale. Un esempio è quello dei viaggiatori che acquistano all’estero prodotti a un prezzo inferiore a quello trovato nel loro mercato interno, magari comprandone uno per uso privato e altri extra per rivenderli. Questi tipi di rivenditori "extra resale" sono comunque diversi dai rivenditori professionisti, perché i loro rischi e profitti sono relativamente limitati rispetto ai rivenditori professionisti.

2) “Resale after temporary ownership”: si parla di rivenditori che solitamente sono consumatori sofisticati e utenti esperti di rivendita e che, quindi, hanno esperienze abbondanti nella rivendita di beni usati e nei siti di aste online.

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Avendo esperienza nel rivendere, sono a conoscenza del possibile prezzo di rivendita e del rischio se non riescono a rivendere i beni acquistati precedentemente.

Ad esempio, i consumatori di questo tipo sostituiscono i loro telefoni cellulari più frequentemente perché sanno di poter vendere un determinato cellulare per una buona percentuale del prezzo pagato anche dopo mesi di utilizzo.

3) “Unintentional Resale”: quando i consumatori utilizzano Internet per rivendere beni inutilizzati, per i quali al momento dell’acquisto non avevano alcuna intenzione di rivendere. È quindi una rivendita involontaria che viene effettuata principalmente come risultato di 1) acquisto d'impulso, 2) acquisto sbagliato e 3) ricezione di regali indesiderati.

4) “Disposition”: è un fenomeno secondo il quale i consumatori smaltiscono i loro prodotti usati nei mercati secondari, per i più disparati motivi. Alcuni di questi sono stati analizzati da diversi autori, tra cui:

a. Birtwistle e Moore47: bassa qualità del prodotto o scarsa vestibilità.

b. Shim48: obsolescenza o nuovi trend, necessità di spazio nell’armadio.

c. Lastovicka e Fernandez49: scarsa connessione con sé stessi.

d. Joung e Park-Poaps50: interessi economici e convenienza.

e. Ha-Brookshire e Hodges51: interesse per l’ambiente e la carità.

Gli stessi autori, oltre ad analizzare il comportamento di chi rivende, hanno anche descritto, per ogni fase dell’acquisto (“decision-making process”), quanto la possibilità di rivendere quell’oggetto possa influenzare l’acquisto (tab. 3).

47 Birtwistle, G. and Moore, C.M. (2006), ‘‘Fashion adoption in the UK: a replication study’’, paper presented at

Anzmac Conference, Brisbane.

48Shim, S. (1995), ‘‘Environmentalism and consumers’ clothing disposal patterns: an exploratory study’’, Clothing

and Textiles Research Journal, Vol. 13 No. 1, pp. 38-48.

49Lastovicka, J.L. and Fernandez, K.V. (2005), ‘‘Three paths to disposition: the movement of meaningful possessions

to strangers’’, Journal of Consumer Research, Vol. 31 No. 4, pp. 813-23.

50 Joung, H.M. and Park-Poaps, H. (2011), ‘‘Factors motivating and influencing clothing disposal behaviours’’,

International Journal of Consumer Studies, Vol. 35 No. 5, pp. 1-7.

51Ha-Brookshire, J.E. and Hodges, N.N. (2009), ‘‘Socially responsible consumer behavior? Exploring used clothing

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Tab.3 Influenza della possibilità di rivendere un prodotto quando lo si acquista.

Inoltre, secondo Chu e Liao, i risultati di precedenti esperienze di rivendita online potrebbero avere un effetto anche sui futuri ulteriori acquisti di un individuo.

Un ulteriore studio effettuato in Francia (Guiot e Roux52) attraverso un numero elevato

di interviste, ha proposto una scala a 12 fattori che include motivazioni relative ai prodotti e ai canali di distribuzione, tripartita per natura diversa (critica, economica e ricreativa/edonistica). Il seguente studio ha avuto come scopo quello di analizzare l’acquisto di beni di seconda mano, ma da una prospettiva diversa è possibile ritrovare aspetti anche legati alla rivendita.

Tab. 4 Tipi di motivazione nell’acquisto di prodotti di seconda mano

52Guiot D., Roux D., “A Second-hand Shoppers’ Motivation Scale: Antecedents, Consequences, and Implications for

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