UNIVERSITÀ
DEGLI
STUDI DI PISA
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALICORSO DI LAUREA IN BIOLOGIA MARINA
Tesi di Laurea Magistrale
Monitoraggio di specie marine sensibili ai cambiamenti
climatici nell’area del Golfo della Spezia
RELATORI
Prof. Alberto CASTELLI
Dott. Ferruccio MALTAGLIATI
Dr.ssa Federica PANNACCIULLI
CANDIDATO
Luca SAPONARI(ENEA)
Tesi ENEA n. 1353/2012
Indice
I
Indice
Riassunto ... 1
Capitolo 1 - Introduzione ... 2
1.1 Effetti dei cambiamenti climatici sugli organismi marini costieri ... 2
1.2 La Citizen Science ... 8
1.3 Progetto Tropical Signals ... 10
1.4 Obiettivo della Tesi ... 12
Capitolo 2 - Macrodescrittori ... 13
2.1 Benthos ... 13
2.1.1 Caulerpa racemosa (Forsskål) J. Agardh ... 13
2.1.2 Marthasterias glacialis (Linnaeus, 1758) ... 14
2.1.3 Mytilus galloprovincialis Lamarck, 1819 ... 14
2.1.4 Pennaria disticha Goldfuss, 1820 ... 15
2.1.5 Stramonita haemastoma (Linnaeus, 1767) ... 16
2.1.6 Zoobotryon verticillatum (Delle Chiaje, 1822) ... 16
2.2 Pesci ... 17
2.2.1 Coris julis (Linnaeus, 1758) ... 17
2.2.2 Sarpa salpa (Linnaeus, 1758) ... 18
2.2.3 Serranus cabrilla (Linnaeus, 1758) ... 19
2.2.4 Serranus scriba (Linnaeus, 1758) ... 19
2.2.5 Thalassoma pavo (Linnaeus, 1758) ... 20
2.3 Interviste ai pescatori ... 21
Capitolo 3 – Materiali e Metodi... 22
3.1 Protocolli del progetto Tropical Signals ... 22
3.1.1 Monitoraggio del benthos ... 22
3.1.2 Monitoraggio dei pesci ... 23
3.1.3 Interviste ai pescatori ... 24
3.1.4 Sensori di Temperatura ... 25
3.2 Applicazione del disegno sperimentale nel Golfo della Spezia ... 25
3.3 Località di monitoraggio della provincia della Spezia ... 27
3.3.1 Porto Venere ... 27
3.3.2 Baia Blu ... 29
3.3.3 Tellaro ... 31
3.4 Raccolta dati temperatura ... 32
Indice
II
Capitolo 4 - Risultati ... 36
4.1 Analisi della correlazione tra gli osservatori ... 36
4.2 Benthos ... 37
4.2.1 Risultati del monitoraggio di specie bentoniche secondo la scala ACFOR/N ... 37
4.2.2 Analisi univariata della varianza (ANOVA) dei dati del benthos ... 41
4.3 Pesci ... 43
4.3.1. Analisi multivariata della varianza tramite permutazioni (PERMANOVA) dei dati dei pesci ... 43
4.3.2. Analisi univariata della varianza (ANOVA) dei dati dei pesci ... 46
4.4 Macrodescrittori Benthos e Pesci ... 52
4.5 Risultati delle interviste ai pescatori ... 52
4.6 Presentazione dei dati di temperatura ... 61
4.7 Presentazione dei dati di visibilità ... 63
Capitolo 5 – Discussione ... 65
5.1 Benthos ... 65
5.2 Pesci ... 67
5.3 Macrodescrittori Benthos e Pesci ... 68
5.4 Interviste ai pescatori ... 69
5.5 Proposte per il futuro ... 70
Capitolo 6 – Conclusioni e sviluppi futuri ... 72
Capitolo 7 - Bibliografia ... 73
Riassunto
1
Riassunto
I dati raccolti dagli ambienti marini costieri e profondi del Mar Mediterraneo rivelano la tendenza a un aumento della temperatura, della frequenza degli eventi estremi, delle mortalità di massa e dell’arrivo di specie aliene. Gli effetti dei cambiamenti climatici sugli organismi marini si manifestano attraverso modifiche nell’abbondanza e nella distribuzione geografica di determinate specie.
La Tesi si inserisce nell’ambito del progetto “Tropical Signals Program: monitoring macrodescriptor species of climate warming” (TS) della Commission Internationale pour l'Exploration Scientifique de la Mer Méditerranée (CIESM), il cui obiettivo è quello di valutare in ambiente marino gli effetti dei cambiamenti climatici a breve e a lungo termine su scala mediterranea utilizzando una serie di specie animali e vegetali quali macrodescrittori.
L’obiettivo del lavoro di Tesi è stato quello di monitorare l’ambiente marino nell’area del Golfo della Spezia al fine di rilevare la presenza/assenza, le variazioni in abbondanza e la distribuzione delle specie selezionate come macrodescrittori dalla CIESM. La raccolta dei dati è avvenuta, attenendosi ai protocolli redatti dal progetto TS, seguendo due modalità. La prima ha previsto attività di monitoraggio della fascia di profondità 0-3 m tramite snorkeling, ed è stata effettuata in due date estive nel 2012 e due nel 2013, in tre località della costa spezzina e lungo due transetti per località, per il monitoraggio del benthos e quattro transetti per località per il censimento dei pesci. La seconda ha riguardato la raccolta di informazioni relative ai cambiamenti nella fauna ittica locale degli ultimi decenni, tramite interviste a pescatori sportivi e professionisti operanti nel Golfo della Spezia.
I risultati dei monitoraggi hanno evidenziato la presenza nell’area di studio di alcuni macrodescrittori ad affinità calda comuni nel Mediterraneo, quali il briozoo Zoobotryon
verticillatum (delle Chiaje, 1822), il mollusco Stramonita haemastoma (Linnaeus,
1767), il teleosteo Thalassoma pavo (Linnaeus, 1758), ed un altro ad affinità fredda quale l’echinoderma Marthasterias glacialis (Linnaeus, 1758). Non sono stati invece osservati i due teleostei invasivi Siganus luridus (Rüppell, 1829) e Siganus rivulatus (Forsskål, 1775), avvallando così l’ipotesi della loro assenza nel Mar Ligure orientale. Tra i risultati più interessanti emersi dalle interviste ai pescatori vi è il costante aumento nell’ultimo decennio delle catture del teleosteo ad affinità calda Pomatomus saltatrix (Linnaeus, 1766), dovuto probabilmente alle condizioni di temperatura più favorevoli. I dati raccolti con lo snorkeling fanno parte di un’analisi a breve termine delle condizioni dell’ambiente marino all’interno dell’area di studio e rappresentano un pool di informazioni che andranno a contribuire agli studi a lungo termine del progetto TS. Attraverso le interviste ai pescatori è stata effettuata una prima esperienza di raccolta dati nell’area spezzina nell’ambito della “Citizen Science”, un tipo di monitoraggio che sfrutta le conoscenze accumulate nei decenni dai pescatori della zona su risorse che non sono state monitorate scientificamente con continuità. Anche questi dati forniranno un punto di inizio per ulteriori approfondimenti nell’ambito del progetto TS.
1. Introduzione
1. Introduzione
1.1 Effetti dei cambiamenti climatici sugli organismi marini costieri
<< Is the Earth’s climate changing? The answer is unequivocally “Yes”. >>
Il clima della Terra sta cambiando, è questa la conclusione del rapporto sui cambiamenti climatici dell’International Panel on Climate Change (IPCC 2001, 2007). Attualmente una delle più importanti sfide per la ricerca consiste nello sviluppare modelli attendibili al fine di comprendere e prevedere gli effetti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi.
Dai primi anni novanta gli studi riguardanti l’impatto dei cambiamenti climatici sui sistemi marini sono aumentati esponenzialmente (Fig 1.1), tanto da promuovere la nascita di riviste scientifiche internazionali dedicate a questo argomento (e.g., Global
Change Biology, Global Environmental Change).
Fig 1.1 Andamento delle pubblicazioni scientifiche (dal 1991 al 31 ottobre 2005) riguardanti i cambiamenti climatici in ambiente marino, sull’asse verticale i valori sono espressi come percentuale della letteratura sui cambiamenti climatici rispetto alla letteratura sull’ecologia marina presa in esame. Fonte: Harley et al., 2006.
Riconducendo la problematica alla storia della Terra, è possibile comprendere come il clima vari naturalmente su scale temporali che includono cicli stagionali, inter-annuali, inter-decennali (come l’Oscillazione Nord-Atlantica, NAO) e cambiamenti su scala multi-millenaria (come transizioni glaciali e inter-glaciali). Hays et al. (1976) hanno corroborato la teoria pioniera di Milankovitch (1941) secondo cui le variazioni dell’eccentricità orbitale, dell’inclinazione dell’asse e della precessione dell’orbita terrestre influenzano il clima della terra. Circa un secolo prima di Milankovitch, lo scienziato francese Jean-Baptiste Fourier (1827) riconobbe la similitudine tra ciò che avviene nell’atmosfera e ciò che avviene in una serra, da cui l’“Effetto Serra”. Infatti, tale fenomeno è dovuto alla presenza nella troposfera di gas (principalmente anidride
1. Introduzione
carbonica e vapor acqueo) che agiscono da barriera trattenendo l’energia termica riflessa dalla superficie terrestre.
Con la rivoluzione industriale e l’utilizzo di combustibili fossili le attività umane sono diventate un componente aggiuntivo del sistema climatico. Il problema principale è dato dall’aumento dell’intensità dell’“Effetto Serra” dovuto alle grandi quantità di gas rilasciate dai processi industriali e accumulati nella troposfera. L’elemento più
abbondante di origine antropica è l’anidride carbonica (CO2) la cui concentrazione
nell’aria è aumentata tanto da risultare attualmente due volte superiore alla concentrazione dell’era pre-industriale (Feely et al., 2004).
Dati registrati a differenti altezze dell’atmosfera (Fig 1.2) mostrano che lo strato della troposfera tende a riscaldarsi, la barriera formata dai gas serra non permette il passaggio dell’energia termica negli strati superiori che, al contrario, tendono a raffreddarsi (IPCC 2001; Thorne et al., 2011).
Fig 1.2 Quattro modelli dell’andamento della temperatura nel periodo 1979 – 1999. Tutti mostrano l’aumento di temperatura nella troposfera (primi 15 Km), ed il continuo raffreddamento nell’area della stratosfera (da 15 a 50 Km). Fonte: Thorne et al. (2011).
Dal rapporto IPCC 2001, confermato successivamente nel 2007, risulta che nel corso del ventesimo secolo la temperatura media globale a livello della superficie terrestre ha subito un incremento di 0.6°C e si prevede un incremento di circa 2°C entro il 2100. Alcuni tra i principali effetti del riscaldamento sono i) lo scioglimento dei ghiacciai con conseguente espansione dell’oceano ed aumento del livello del mare e ii) l’aumento d’intensità e frequenza degli eventi climatici estremi, quali ad esempio uragani e tempeste (IPCC, 2001; 2007). Inoltre, studi scientifici dimostrano che le correnti superficiali e profonde possono cambiare modificando l’intensità e la localizzazione dei fenomeni di upwelling e downwelling (Clark et al., 2002; Harley et al., 2006) con un impatto sulla diffusione delle larve, del plancton e dei nutrienti. Secondo il modello proposto da Somot et al. (2006), l’aumento delle temperature è uno dei fattori principali che determineranno una variazione della circolazione termoalina mediterranea da cui dipende la distribuzione degli elementi chimici e biologici.
1. Introduzione
In tale contesto il Mar Mediterraneo rappresenta un interessante laboratorio naturale di studio degli effetti dei cambiamenti climatici sugli organismi marini. Grazie alle caratteristiche del bacino è possibile studiare su larga scala la risposta dell’ecosistema all’aumento di temperatura. Inoltre, il Mediterraneo è un bacino semi-chiuso di dimensioni tali da permettere l’esistenza di condizioni oceanografiche fisiche, chimiche e biologiche che possono essere ricondotte ad un “oceano in miniatura” (Bethoux et al., 1999; Lejeusne et al., 2009). L’ecosistema mediterraneo sta sperimentando una fase di grandi modificazioni dovute al riscaldamento climatico e ad altri disturbi di origine antropica, quali inquinamento, eutrofizzazione, over-fishing e arrivo di specie aliene, che si sono fortemente intensificati (Cerrano & Bavestrello, 2008).
Analizzando i dati di temperatura raccolti tra il 1960 e il 2006 alle Isole Medes (Catalogna, Spagna) è stato evidenziato un aumento di durata del periodo caratterizzato dalle condizioni estive di stratificazione della colonna d’acqua (Coma et al., 2009). Ciò significa che, se questa condizione locale dovesse estendersi su scala maggiore a causa del continuo aumento di temperatura, gli organismi marini legati alle acque fredde subiranno uno stress che porterà all’aumento delle mortalità di massa. Ad esempio nel 1999 (Fig 1.3) e nel 2003 sono state registrate ondate di calore anomale che si sono estese fino a più di 20m di profondità (Perez et al., 2000; Bramanti et al., 2005; Sparnocchia et al., 2006).
Fig 1.3 Profilo della temperatura registrato nel periodo 1997 – 2000 all’Isola del Tinetto, Golfo di La Spezia (44° 01’ N, 09° 50’ E); in rosso il mese di settembre negli anni di studio, in particolare è da notare che nel 1999 l’isoterma dei 24°C supera i 30 m di profondità. In basso la scala cromatica associata alle temperature. Fonte: Bramanti et al., 2005.
Tali eventi, hanno colpito il Mar Ligure e l’area francese adiacente, causando grandi morie di specie tra cui colonie di Paramuricea clavata, Eunicella singularis, Corallium
rubrum, Cladocora caespitosa, Parazoathus axinellae e varie specie di spugne (Cerrano
et al 2000; Garrabou et al., 2001; Cerrano & Bavestrello 2008; Cupido et al., 2008). Il Mar Ligure rappresenta il settore più settentrionale del Mediterraneo Occidentale, confina a ovest con il Golfo del Leone e con il bacino Algero-Provenzale e a sud con l’area nord del Mar Tirreno. L’area è dominata da una grande e ben definita circolazione ciclonica formata da due correnti principali (Fig 1.4): la Corrente del Tirreno e la Corrente della Corsica occidentale. La prima tipicamente fluisce in inverno
1. Introduzione
e penetra nel Mar Ligure attraverso il Canale della Corsica, mentre la seconda fluisce lungo la costa occidentale della Corsica (Cattaneo-Vietti et al., 2010).
Fig 1.4 Principali batimetrie e correnti più importanti del Mar Ligure. Fonte: Astraldi et al. (1995).
La differenza nel regime dei flussi delle correnti è legato all’Oscillazione Nord Atlantica (NAO): valori negativi dell’indice corrispondono ad un flusso maggiore della corrente tirrenica, valori positivi corrispondono a valori di flusso minimi (Cattaneo-Vietti et al., 2010). Inoltre sia la costa ligure che quella settentrionale toscana sono influenzate dall’apporto di grandi quantità di sedimenti da parte dei fiumi Magra, Serchio ed Arno (Leoni & Sartori, 1996).
Il Mar Ligure ospita alcuni tra i porti più importanti del Mediterraneo: Savona-Vado, Genova, La Spezia e Livorno. Nel 2007, solo nel porto di Genova, è stato registrato un afflusso di 7880 navi (Cattaneo-Vietti et al., 2010). È evidente che l’attività dei porti ha un impatto significativo sulla distribuzione e struttura delle comunità (Cattaneo-Vietti et al., 2010). D’altra parte, il Mar Ligure è anche caratterizzato da alcune importanti Aree Marine Protette (MPA) come la MPA di Portofino, oppure il Parco delle Cinque Terre, il Santuario dei Cetacei e il Parco dell’Arcipelago toscano. Tunesi & Molinari (2005) hanno evidenziato l’importanza del ruolo di un’area marina protetta, analizzando e confrontando dati relativi a specie di pesci presenti prima e dopo il 1999, anno di fondazione della MPA di Portofino. Questi AA. hanno riscontrato un aumento della ricchezza specifica ed effetti benefici sulla comunità ittica locale. Altrettanto importante è il Santuario dei Cetacei, fondato a livello internazionale nel 1999, che copre un’area di
87.500 Km2 ed ospita un alto numero di specie di mammiferi marini, tra cui Stenella
coeruleoalba, Ziphius cavirostris, Grampus griseus, Physeter catodon, Tursiops truncatus e Balaenoptera physalus, attratti dallo sviluppo della produzione primaria
sostenuta da fenomeni di risalita di acque profonde (upwelling) ricche di nutrienti (Cattaneo-Vietti et al., 2010).
Il Mar Ligure è una delle aree settentrionali più fredde del Mediterraneo, di conseguenza le comunità marine sono caratterizzate da una forte diminuzione degli
1. Introduzione
elementi subtropicali (presenti nel Mar Tirreno) e da una marcata presenza di specie affini alle basse temperature (Astraldi et al., 1995). Tuttavia, gli organismi affini alle alte temperature hanno incrementato la loro presenza negli ultimi decenni costituendo una traccia del cambiamento climatico (Bianchi & Morri, 1994; Francour et al, 1994; Astraldi et al., 1995).
La tendenza all’incremento delle temperature delle acque del bacino ligure (Bethoux et al., 1990; Sparnocchia et al., 1994) favorisce l’arrivo e l’insediamento di specie native e aliene ad affinità calda e l’aumento della frequenza di eventi di mortalità di massa di organismi ad affinità fredda, dovuti a ondate anomale di riscaldamento (Francour et al., 1994; Astraldi et al., 1995; Garrabou et al., 2009; Cattaneo-Vietti et al., 2010; Azzurro et al., 2011, 2012).
I dati raccolti su idrozoi bentonici del promontorio di Portofino mostrano differenze nella composizione della comunità a distanza di alcune decadi, rivelando l’aumento della presenza e dell’abbondanza di organismi ad affinità calda e la diminuzione degli organismi ad affinità fredda (Puce et al., 2009).
Secondo Astraldi et al. (1995) le specie ad affinità calda che stanno ampliando la distribuzione dal bacino orientale verso il bacino occidentale possono insediarsi in un nuovo territorio e formare inizialmente nuclei di individui che non si riproducono perché mancano le condizioni necessarie. Tali nuclei sopravvivono solo grazie all’apporto di nuove larve attraverso le correnti. Gli AA. riportano che l’aumento di temperatura può favorire condizioni adatte alla riproduzione permettendo ai nuclei iniziali di trasformarsi in popolazioni indipendenti dall’apporto delle larve. Ad esempio,
Thalassoma pavo, teleosteo ad affinità calda, ha subito un incremento nel numero di
giovani e adulti lungo tutta la riviera ligure, formando popolazioni che nel tempo sono diventate indipendenti dall’apporto di larve attraverso la Corrente Tirrenica (Vacchi et al., 2001; Sara et al., 2005).
Altre osservazioni sono state fatte per specie aliene, provenienti dai mari tropicali. Il teleosteo Fistularia commersonii, considerato una delle specie aliene di maggior successo, originariamente era distribuito nell’Indo-Pacifico ma dai primi anni 2000 ha espanso il suo areale nel Mar Mediterraneo fino a raggiungere il Mar Ligure negli anni 2006-2007 (Azzurro et al., 2012).
Un altro effetto osservato è il forte aumento stagionale della presenza di specie di meduse e ctenofori (bloom). Infatti, è stato registrato un aumento significativo della presenza di Pelagia noctiluca lungo le coste liguri (Berline et al., 2013). Tale fenomeno ha un impatto marcato sul turismo, la pesca e l’acquacoltura, ed è favorito dall’attività umana di overfishing che induce la scomparsa dei predatori naturali permettendo uno sviluppo esponenziale di meduse e ctenofori, oltre che favorire l’introduzione di specie aliene (Purcell et al., 2007).
Un altro problema che affligge le coste liguri è rappresentato dagli effetti tossici del dinoflagellato Ostreopsis ovata, generalmente presente in aree temperate e tropicali (Faust et al., 1996; Totti et al., 2010). A causa dell’ampliarsi della distribuzione ed all’aumento dell’abbondanza lungo le coste dell’area temperata del Mediterraneo, tale specie produce effetti rilevanti e di grave impatto sul turismo costiero e sull’acquacoltura. Nel mese di giugno del 2006 Mangialajo et al. (2008) hanno
1. Introduzione
registrato un picco di 8,0x104 cellule/l di O. ovata nella zona antistante Genova, uno dei
valori più alti mai registrati nell’area. Secondo Granéli et al. (2011) l’incremento della biomassa di O. ovata lungo le coste può essere favorito dall’aumento della temperatura del mare indotto dai cambiamenti climatici.
Quintero & Wiens (2013), attraverso un’analisi filogenetica del tasso di evoluzione di vari taxa, hanno ipotizzato che i cambiamenti climatici accadano ad una velocità tale da non permettere agli organismi di sviluppare adattamenti che garantiscano la sopravvivenza: ne consegue l’aumento degli eventi di mortalità, necrosi e malattie (Harvell et al., 1999, 2002; Hughes, 2000).
Tra gli organismi che mostrano segnali di stress vi sono le specie che vivono nella zona intertidale, dove i valori di temperatura subiscono ampie variazioni in tempi brevi. Qui gli organismi vivono al limite della loro termo-tollerabilità, perciò anche piccole variazioni oltre le normali fluttuazioni rappresentano un serio pericolo per la sopravvivenza (Tomanek, 2010).
Torrents et al. (2008) hanno riscontrato che la termo-tollerabilità tra popolazioni di una stessa specie può variare, ad esempio le popolazioni di corallo rosso superficiali e profonde (10 e 40 m) presentano una sensibilità alle temperature differente. Tuttavia gli AA. hanno dimostrato che l’esposizione ad una temperatura di 25°C per un breve periodo risulta essere critica sia per le popolazioni superficiali che per quelle profonde, inoltre a temperature più alte tutte le colonie hanno mostrato mortalità totale dopo circa cinque giorni di esposizione.
Nel Mar Mediterraneo l’area di distribuzione delle specie a sensibilità fredda può essere compressa verso nord a causa dell’aumento della temperatura delle acque meridionali, questo fenomeno causa un effetto “cul-de-sac” per cui le specie si trovano intrappolate in quell’areale (Albouy et al., 2012), mentre le specie a sensibilità calda si espandono portando i limiti superiori della loro distribuzione verso latitudini maggiori (Sagarin et al., 1999; Parmesan & Yohe, 2003; Nilsson et al., 2009). Chevaldonne & Lejeusne (2003) sostengono che il crostaceo Hemimysis speluncola abbia subito una drammatica compressione della distribuzione geografica verso nord, a causa della bassa tolleranza alle alte temperature. Al contrario Astroides calycularis, antozoo dell’ordine Sclaractinia, tipico del bacino levantino, dai primi anni novanta ha iniziato ad espandere l’areale di distribuzione verso settentrione, arrivando fino all’Arcipelago Toscano nel Mar Tirreno e in Croazia nel Mar Adriatico (Bianchi, 2007).
Parallelamente all’espansione degli areali di distribuzione, aumenta anche la frequenza con cui specie tropicali entrano nel bacino mediterraneo dal Canale di Suez o dallo Stretto di Gibilterra e creano popolazioni stabili. Molte specie di origine tropicale sono state osservate nel bacino levantino, come i due teleostei siganidi, Siganus luridus e S. rivulatus (Galil, 2007). A questo proposito Bariche et al. (2004) hanno ipotizzato che la grande adattabilità di queste specie ne favorirà la sopravvivenza a discapito di pesci indigeni, come ad esempio Sarpa salpa. Altre specie si sono stabilite anche nel bacino occidentale come Fistularia commersonii (Mas et al., 2009; Azzurro et al., 2012), mentre aumentano le osservazioni di specie altamente dannose come Pterois
1. Introduzione
segnalare l’alga rossa Lophocladia lallemandii (Patzner, 1998), l’idrozoo Clytia
hummelincki (Gravili et al., 2010), lo scifozoo Cassiopea andromeda (Çevik et al.,
2006), il mollusco opistobranco Aplysia dactylomela e l’ascidia Phallusia nigra (Çinar et al., 2006). In conclusione, la tendenza all’incremento della temperatura è uno dei principali fattori che determina i cambiamenti nella distribuzione e nell’abbondanza delle specie (Breeman, 1990; Hoegh-Guldberg, 1999; Walther et al., 2002; Harley et al., 2006).
Il monitoraggio a lungo termine di specie selezionate come macrodescrittori dei cambiamenti climatici può risultare un’importante fonte d’informazioni circa i cambiamenti dell’ecosistema marino (Sagarin et al., 1999). La pianificazione di un monitoraggio sistematico e standardizzato sugli impatti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità marina consente di discriminare tra fattori locali e regionali e tra le fluttuazioni a breve e a lungo termine (Moschella, 2008).
1.2 La Citizen Science
Per “citizen science” o “scienza del cittadino” si intende la partecipazione di cittadini volontari in studi ecologici. Tale approccio sta emergendo come risorsa di informazioni volta alla conservazione della biodiversità (Dickinson et al., 2010; Azzurro et al., 2011). Uno dei più grandi progetti di scienza cittadina mai attivati è il “Christmas Bird Count” promosso dalla National Audubon Society negli Stati Uniti d’America. Secondo una tradizione chiamata “Christmas Side Hunt”, nei giorni natalizi si andava per boschi cacciando gli uccelli; chi avesse portato il maggior numero di penne avrebbe guadagnato la vittoria. Gli scienziati riconobbero la gravità dell’impatto di questa tradizione, riscontrando un declino nella popolazione di uccelli statunitensi. Nel 1900 l’ornitologo Frank Chapman propose una nuova tradizione per le vacanze natalizie: il “Christmas Bird Census”, contare gli uccelli piuttosto che ucciderli. A partire dal 1900, ogni anno, sempre più cittadini hanno deciso di collaborare dando la possibilità di ampliare il census nello spazio e nel tempo, costituendo il database più grande e completo sulle popolazioni di uccelli d’America (www.audubon.org).
Un altro progetto interessante è l’inglese “The Evolution MegaLab”, in cui i ricercatori chiedono ai cittadini di compilare un modulo sul polimorfismo del colore del guscio della chiocciola Cepaea femorali e C. hortensis, fornendo il materiale per l’identificazione e la raccolta dei dati. In questo modo è possibile studiare come il colore del guscio vari in base ai cambiamenti climatici, alla variazione delle popolazioni di uccelli predatori, ecc... (www.evolutionmegalab.org).
Nel settore della biologia marina, l’Istituto de Ciencias del Mar (ICM) del Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC) di Barcellona (Spagna) ha promosso il progetto “Observadores del Mar” (OdM), che mette a disposizione una piattaforma web (www.observadoresdelmar.es) in cui è possibile caricare le proprie osservazioni compilando una scheda on-line. Foto e dati raccolti dai partecipanti vengono inseriti in un database, previa validazione da parte di ricercatori specializzati, e mostrati attraverso una mappa interattiva. L’ambito di ricerca raggruppa differenti moduli relativi a
1. Introduzione
differenti taxa. In un anno di attività il progetto ha raccolto più di 350 osservatori e più di 2000 osservazioni registrate. Grazie a questo portale è stato possibile rilevare, per la prima volta in Mediterraneo, la presenza di una specie di teleosteo pomacentride di origine tropicale, l’Abudefduf saxatilis (Azzurro et al., 2013). Recentemente nuove osservazioni hanno mostrato la presenza del teleosteo scorpenide, Pterois miles, in Libano. P. miles è stato per la prima volta avvistato in Mediterraneo nel 1991 in Israele (Golani & Sonin, 1992) ed è considerato una tra le specie invasive di maggior impatto sull’ecosistema. Infatti, studi condotti su una specie filogeneticamente vicina, Pterois
volitans, alle Bahamas, hanno rivelato che questo pesce è un carnivoro vorace che
influisce negativamente sul reclutamento dei pesci nativi, diminuendo anche l’abbondanza di specie ecologicamente importanti come gli erbivori. Inoltre, se presente in grande abbondanza, monopolizza le risorse alimentari e può agire sinergicamente con altre fonti di stress come cambiamenti climatici, sovrasfruttamento ed inquinamento (Albins et al., 2008; Morris et al., 2009).
Il numero di progetti scientifici basati sulla partecipazione di cittadini volontari è in crescente aumento; in Tab 1.1 ne sono elencati alcuni.
Tab 1.1 Progetti che utilizzano la scienza del cittadino come risorsa di dati. Viene riportato il gruppo tassonomico interessato, il nome del programma ed il sito web di riferimento.
Gruppo Tassonomico Nome del Programma Sito web
Piante Plant Watch www.naturewatch.ca
Insetti The Lost LadyBug Project www.lostladybug.org/index.php
Molluschi Gasteropodi Evolution MegaLab www.evolutionmegalab.org
Pesci Coral Reef Fish www.reef.org/programs/volunteersurvey
Uccelli Audubon’s Christmas Bird Count www.audubon.org/Bird/cbc/
Mammiferi Road Watch www.rockies.ca/roadwatch/about.php
Vari Taxa Observadores del Mar www.observadoresdelmar.es
Il motivo per cui tale disciplina si sta espandendo risiede nella possibilità di estrapolare importanti informazioni su variazioni della biodiversità su ampia scala sia temporale che spaziale. Similmente permette di studiare processi importanti non rilevabili su scala locale; infatti, risulta efficace nel monitoraggio dei cambiamenti della distribuzione e dell’abbondanza degli organismi (Bock & Lepthien 1975; Dickinson et al., 2010). Tramite la scienza cittadina è inoltre possibile monitorare specie rare e le prime fasi della colonizzazione di nuovi ambienti da parte di specie invasive (Kueppers et al., 2007; Silvertowon, 2009; Azzurro et al., 2011, 2013). Grazie allo sviluppo della tecnologia mobile le possibilità di inserimento e validazione istantanea delle osservazioni sono in rapido incremento (Burke et al., 2006). I dati ricavati dalla scienza del cittadino possono essere analizzati per rilevare pattern e tendenze da cui poter generare ipotesi e formulare previsioni, adattandosi così al criterio ipotetico-deduttivo (Fig 1.5). Successivamente le previsioni possono essere testate tramite confronto con dati esistenti, nuovi campionamenti o esperimenti. In tal senso l’apporto scientifico dato da questa nuova disciplina può essere paragonato alle osservazioni iniziali fatte da un ecologo (Dickinson et al., 2010).
1. Introduzione
Fig 1.5 La scienza del cittadino e la sua relazione con l’approccio tradizionale dell’ecologia. Fonte: Dickinson et al. (2010).
Un’ulteriore risorsa di informazioni può derivare dall’esperienza di cittadini che per lavoro o passione vivono a contatto diretto con l’ambiente o con le specie studiate dai ricercatori (Chambers, 1980; Mackinson & Nøttestad, 1998). La metodologia dell’intervista risulta essere un mezzo efficace per estrapolare le informazioni utili, al fine di indagare una determinata problematica scientifica. La pratica dell’intervista è stata utilizzata per ricostruire i cambiamenti in distribuzione e abbondanza di specie ittiche (Sadovy & Lung Cheung, 2003; Dulvy et al., 2004; Sáenz-Arroyo et al., 2005; Azzurro et al., 2011).
La conseguenza del coinvolgimento del cittadino nella realtà scientifica porta ad una incisiva sensibilizzazione (Goffredo et al., 2010). “Solo incoraggiando questo tipo di partecipazione e il dialogo tra scienza e società potremo sentirci cittadini coscienti dei problemi ambientali e cambiare il nostro comportamento verso una miglior gestione del pianeta” (commento di Elisabetta Broglio, coordinatrice generale del progetto OdM).
1.3 Progetto Tropical Signals
In tale contesto si inserisce il progetto “Tropical Signals Program: monitoring
macrodescriptor species of climate warming” (TS) della Commission Internationale pour l'Exploration Scientifique de la Mer Méditerranée (CIESM) che ha sede in
Montecarlo (Principato di Monaco). L’obiettivo del progetto è quello di creare un programma di monitoraggio sistematico, a lungo termine e su scala di bacino, in grado di rilevare l’impatto degli effetti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità del Mediterraneo. A tal proposito è stata creata una rete di istituti di ricerca appartenenti a diversi paesi mediterranei che agiscono localmente (Fig 1.6).
1. Introduzione
Fig 1.6 Posizione delle località monitorate dai partner scientifici del progetto TS. Fonte:
http://www.ciesm.org/marine/programs/tropicalization.htm
Di seguito sono presentati i punti principali sui quali si basa l’attività che il progetto TS propone:
- monitoraggio dell’espansione geografica di specie native e aliene affini alle alte
temperature e della riduzione delle specie affini alle basse temperature mediante attività sul campo e interviste a pescatori professionisti e ricreativi;
- rilevamento di spostamenti nella distribuzione batimetrica delle specie;
- rilevamento di frequenza e intensità di eventi di massa (mortalità, esplosioni
demografiche, invasioni);
- messa in relazione delle variazioni in abbondanza e distribuzione delle specie con
le variazioni dei parametri idro-climatici.
Il monitoraggio consiste nel seguire le variazioni in abbondanza e distribuzione di specie marine selezionate come macrodescrittori del cambiamento climatico. In generale, si considerano bio-indicatori dei sistemi biologici gli organismi che, mediante variazioni identificabili del loro stato (dal punto di vista biochimico, fisiologico, morfologico, ecologico, ecc.), rappresentano la risposta degli ecosistemi ad una situazione di stress e forniscono informazioni sulla qualità dell’ambiente (Bianchi & Morri, 2003).
Le specie macrodescrittrici sono state scelte da esperti dei vari gruppi tassonomici dopo un’accurata ricerca basata principalmente sulle informazioni presenti in letteratura circa la termo-tollerabilità e la distribuzione geografica passata e presente.
I principali risultati attesi allo scadere dei primi cinque anni di attività (2010-2015) sono:
- identificare le specie più minacciate dall’incremento della temperatura delle
acque e dagli eventi legati ai cambiamenti climatici in modo da definire adeguate misure di protezione;
- sviluppare un database con mappe interattive corredate da informazioni su
tassonomia, ecologia e variazioni temporali della distribuzione geografica delle specie macrodescrittrici.
1. Introduzione
1.4 Obiettivo della Tesi
Il lavoro di Tesi si inserisce nell’ambito del progetto TS ed è stato svolto presso il Centro Ricerche Ambiente Marino dell’ENEA di Lerici (SP) partner del progetto. L’area di studio considerata per il monitoraggio è il Golfo della Spezia nel Mar Ligure orientale e pertanto l’attenzione viene focalizzata sulle attuali conoscenze relative a quest’area e agli organismi marini costieri presenti. I dati raccolti attraverso il monitoraggio consentono un’analisi a breve termine poiché sono relativi ai soli anni 2012 e 2013. Il lavoro, però, include anche un’ulteriore fonte di informazioni derivante dalla “citizen science” o “scienza cittadina”, nello specifico si è utilizzata la modalità dell’intervista a pescatori professionisti e ricreativi per ricavare informazioni riguardanti specie che hanno subito variazioni della distribuzione e dell’abbondanza nel corso degli anni di esperienza degli intervistati. In tal caso è stato possibile estendere l’analisi ad una scala temporale più ampia.
Il lavoro ha compreso quattro differenti moduli:
- raccolta di dati di abbondanza di specie bentoniche nei primi 3 m di profondità
mediante monitoraggio diretto dell’area di studio;
- raccolta di dati di abbondanza di specie ittiche nei primi 3 m di profondità
mediante monitoraggio diretto dell’area di studio;
- raccolta di dati riguardanti le variazioni di abbondanza di specie ittiche di
interesse commerciale e sportivo mediante le interviste ai pescatori attivi nell’area di studio;
- raccolta di dati di temperatura mediante sensori Hobo forniti dalla CIESM.
I dati di abbondanza delle specie bentoniche ed ittiche considerate sono stati analizzati per testare le differenze presenti su scala spaziale nel Golfo della Spezia. Le interviste sono servite a rilevare incremento, decremento, fluttuazione o invariabilità delle specie considerate mediante il calcolo della media dei dati ottenuti. I dati raccolti verranno inviati ai responsabili del progetto TS ed integrati nel database alimentato dai gruppi di ricerca coinvolti per consentire di affrontare lo studio su scala di bacino mediterraneo.
2. Macrodescrittori
2. Macrodescrittori
In questo paragrafo sono elencati i macrodescrittori monitorati durante il lavoro di Tesi. Le specie sono state divise in tre gruppi: “Benthos”, “Pesci” e specie utilizzate nelle “Interviste”.
2.1 Benthos
Le specie sono elencate in ordine alfabetico. Per ognuna di esse viene riportata: la classificazione sistematica, il nome della specie, una foto, delle note ecologiche, l’affinità alla temperatura e la mappa di distribuzione.
2.1.1 Caulerpa racemosa (Forsskål) J.Agardh Phylum: Phycophyta
Classe: Chlorophyceae Ordine: Caulerpales Famiglia: Caulerpaceae Specie: Caulerpa racemosa
Ecologia: specie immigrata nel Mediterraneo a partire dal 1950 (Riedl, 2010). possiamo trovarla in acque costiere poco profonde (0-40m) su fondi rocciosi e sabbiosi. Riproduzione sia vegetativa che sessuale, nel periodo estivo avviene il rilascio dei gameti, alga monoica (Ceccherelli et al., 2000). I rizomi verticali hanno una lunghezza di pochi cm, il rizoma orizzontale può coprire aree estese.
Affinità: alte temperature. Distribuzione:
2. Macrodescrittori
2.1.2 Marthasterias glacialis (Linnaeus, 1758) Phylum: Echinodermata
Classe: Asteroidea Ordine: Forcipulatida Famiglia: Asteriidae
Specie: Marthasterias glacialis
Ecologia: Specie nativa del Mediterraneo vive in ambiente costiero, in zone esposte e riparate. Substrati rocciosi, sabbiosi e coralligeno, tra 0 e 180m. In Mediterraneo può avere due periodi riproduttivi primavera-estate oppure estate-inverno. Fino a 35cm di lunghezza delle braccia. L’unico possibile errore di identificazione è tra individui piccoli di M. glacialis con individui della specie Coscinasterias tenuispina. Sempre 5 braccia e 3 file di spine originate da pedicellarie su ogni braccio in M. glacialis. (Fonte: CIESM)
Affinità: basse temperature. Distribuzione:
2.1.3 Mytilus galloprovincialis Lamarck, 1819 Phylum: Mollusca
Classe: Bivalvia Ordine: Mytiloida Famiglia: Mytilidae
Specie: Mytilus galloprovincialis
Ecologia: considerata specie endemica del Mediterraneo, vive ancorata a substrati duri, artificiali e naturali, e ad altri organismi del coralligeno. Si può trovare nella zona intertidale e nel subtidale poco profondo. Specie gonocorica con un ciclo vitale relativamente lungo. Fino a 8cm di lunghezza. Possibile confusione con M. edulis che
2. Macrodescrittori
ha una forma più allungata e presenta 4 piccoli denti sulla valva sinistra a livello della cerniera. (Fonte: CIESM)
Affinità: basse temperature. Distribuzione:
2.1.4 Pennaria disticha Goldfuss, 1820 Phylum: Cnidaria
Classe: Hydrozoa Ordine: Anthoathecata Famiglia: Pennariidae Specie: Pennaria disticha
Ecologia: specie nativa del Mediterraneo, si può trovare in acque costiere su fondi rocciosi e anfratti. Forma spesso fitti rivestimenti (Riedl, 2010). Qualche cm di altezza.
Affinità: alte temperature. Distribuzione:
2. Macrodescrittori
2.1.5 Stramonita haemastoma (Linnaeus, 1767) Phylum: Mollusca
Classe: Gasteropoda Ordine: Neogastropoda Famiglia: Muricidae
Specie: Stramonita haemastoma
Ecologia: specie nativa del Mediterraneo, possiamo trovarla in ambiente costiero su fondi rocciosi. Presente nel piano fitale. Riproduzione tra aprile e agosto (Rilov et al., 2001 e referenze all’interno). Fino a circa 6 cm di lunghezza. (Riedl, 2010)
Affinità: alte temperature. Distribuzione:
2.1.6 Zoobotryon verticillatum (Delle Chiaie, 1822) Phylum: Bryozoa
Classe: Gymnolaemata Ordine: Ctenostomatida Famiglia: Vesiculariidae
Specie: Zoobotryon verticillatum
Ecologia: specie nativa del Mediterraneo, vive in ambiente costiero e nei porti, organismo del fouling. Le colonie si possono trovare a livello superficiale fino a qualche metro di profondità. Specie annuale, nei mesi estivi cresce abbondante con alte temperature, in luglio avviene il rilascio delle larve, nei mesi invernali sono presenti solo frammenti resistenti alle basse temperature. Fino a 1m di altezza. La specie può essere confusa con individui del genere Bowerbankia, da cui differisce dall’assenza
2. Macrodescrittori
degli stoloni orizzontali e dalle numerose ramificazioni originate da un singolo nodo. (Fonte: CIESM)
Affinità: alte temperature. Distribuzione:
2.2 Pesci
Le specie sono elencate in ordine alfabetico. Per ognuna di esse viene riportata la classificazione, l’epiteto specifico, una foto, note ecologiche, l’affinità alla temperatura e una mappa di distribuzione.
2.2.1 Coris julis (Linnaeus, 1758) Phylum: Chordata
Classe: Actinopterygii Ordine: Perciformes Famiglia: Labridae Specie: Coris julis
Ecologia: specie nativa del Mediterraneo, vive in ambiente costiero vicino a rocce e praterie di Posidonia oceanica. Individui non gregari ma spesso si riuniscono in gruppi numerosi. Si possono trovare fino a 60m. La riproduzione avviene tra aprile e agosto. Le dimensioni variano comunemente tra i 10 e i 20 cm (max 30 cm) negli adulti. Specie proteroginica, gli individui nascono femmine e successivamente cambiano sesso (maschio in foto). (Fonte: CIESM)
Affinità: basse temperature. Distribuzione:
2. Macrodescrittori
2.2.2 Sarpa salpa (Linnaeus, 1758) Phylum: Chordata
Classe: Actinopterygii Ordine: Perciformes Famiglia: Sparidae Specie: Sarpa salpa
Ecologia: specie nativa del Mediterraneo, possiamo trovarla in ambiente costiero su fondi rocciosi e sabbiosi ricchi di alghe. Fino a 50-70m di profondità. Periodo riproduttivo o in primavera-estate o in estate-inverno. Specie gregaria, i giovani predano crostacei, mentre gli adulti sono quasi esclusivamente erbivori. Specie ermafrodita proterandica, gli individui nascono maschi e successivamente diventano femmine. Fino a 30cm di lunghezza. (Fonte: www.fishbase.org)
Affinità: subtropicale. Distribuzione:
2. Macrodescrittori
2.2.3 Serranus cabrilla (Linnaeus, 1758) Phylum: Chordata
Classe: Actinopterygii Ordine: Perciformes Famiglia: Serranidae Specie: Serranus cabrilla
Ecologia: specie nativa del Mediterraneo, vive in ambiente costiero vicino a rocce e praterie di Posidonia oceanica. Si possono trovare fino a 500m. La riproduzione avviene tra aprile e luglio nel Mediterraneo. Ermafrodita. Le dimensioni variano tra i 20 e i 25 cm negli adulti. Possibile confusione con le specie Serranus scriba e S. atricauda da cui differisce per il pattern di colori. (Fonte: CIESM)
Affinità: basse temperature. Distribuzione:
2.2.4 Serranus scriba (Linnaeus, 1758) Phylum: Chordata
Classe: Actinopterygii Ordine: Perciformes Famiglia: Serranidae Specie: Serranus scriba
Ecologia: specie nativa del Mediterraneo, vive in ambiente costiero vicino a rocce e praterie di Posidonia oceanica. Si possono trovare fino a 30m, ma è stato osservato anche a 150m. Territoriale. La riproduzione avviene tra maggio e agosto nel bacino occidentale, è stato visto che il periodo varia a seconda della latitudine. Ermafrodita (Tuset et al., 2005). Le dimensioni variano tra i 20 e i 35 cm negli adulti. Possibile confusione con Serranus cabrilla e S. hepatus da cui differisce per il differente pattern di colori. (Fonte: CIESM)
2. Macrodescrittori
Affinità: alte temperature. Distribuzione:
2.2.5 Thalassoma pavo (Linnaeus, 1758) Phylum: Chordata
Classe: Actinopterygii Ordine: Perciformes Famiglia: Labridae Specie: Thalassoma pavo
Ecologia: specie nativa del Mediterraneo, possiamo trovarla in ambiente costiero su fondali rocciosi. Fino a 150m di profondità. Si nutre di piccoli molluschi e crostacei. Specie proteroginica, gli individui nascono prima femmine (in foto) e successivamente diventano maschi, forte differenza cromatica tra i due sessi. Fino a 25 cm di lunghezza. (Fonte: www.fishbase.org)
Affinità: alte temperature. Distribuzione:
2. Macrodescrittori
2.3 Interviste ai pescatori
Le specie utilizzate per le interviste ai pescatori sono elencate in Tab 2.1 in cui viene riportato il nome della famiglia e la distribuzione geografica di ciascuna specie.
Tab 2.1 Le specie sono elencate in ordine alfabetico, viene riportata l’affinità alla temperatura, il nome della famiglia, uno dei nomi comuni più diffusi e la distribuzione geografica nel Mar Mediterraneo. (Fonte: www.fishbase.org)
Affinità Famiglia Specie Nome Comune Distribuzione
Calda
Balistidae Balistes capriscus Pesce Balestra Mar Mediterraneo
Carangidae Caranx crysos Carango
Mediterraneo
Mar Mediterraneo Occidentale, raro nella fascia più settentrionale
Coryphaenidae Coryphaena hippurus Lampuga Mar Mediterraneo Occidentale
Serranidae Epinephelus sp. Cernia Mar Mediterraneo
Pomatomidae Pomatomus saltatrix Pesce Serra Mar Mediterraneo
Clupeidae Sardinella aurita Alaccia Mar Mediterraneo
Scombridae Scomber japonicus
(colias) Lanzardo Mar Mediterraneo
Scaridae Sparisoma cretense Pesce PappagalloMar Mediterraneo; più comune sulle coste del bacino orientale
Sphyraenidae Sphyraena spp. Barracuda Mar Mediterraneo
Carangidae Trachurus spp. Sugarello Mar Mediterraneo
Fredda
Engraulidae Engraulis encrasicolus Acciuga Mar Mediterraneo
Gadidae Gadiculus argenteus Pesce Fico Mar Mediterraneo Occidentale
Gadidae Merlangius merlangus Merlano Mar Mediterraneo Occidentale, raro
nella fascia più settentrionale; Mar
Phycidae Phycis blennoides Fica Mar Mediterraneo
Pleuronectidae Pleuronectes platessa Platessa Mar Mediterraneo Occidentale, rara
Clupeidae Sardina pilchardus Sardina Mar Mediterraneo Occidentale; Mar
Mediterraneo Orientale, rara
Scombridae Scomber scombrus Sgombro Mar Mediterraneo
Scophthalmidae Scophthalmus rhombus Rombo Mar Mediterraneo
Clupeidae Sprattus sprattus Spratto Mar Mediterraneo Occidentale; Mar
Mediterraneo Orientale, raro
Gadidae Trisopterus minutus
3. Materiali e Metodi
3. Materiali e Metodi
3.1 Protocolli del progetto Tropical Signals
I protocolli di monitoraggio dei macrodescrittori sono stati forniti dal progetto Tropical Signals (TS). Essi sono stati creati per ottenere un monitoraggio standardizzato nel tempo e nello spazio in tutto il bacino mediterraneo, tuttavia prevedono un margine di variazione in modo da poter essere applicati in aree costiere che presentano caratteristiche morfologiche e idrodinamiche differenti.
Di seguito vengono riportati i protocolli generali redatti dal progetto TS, successivamente, nel paragrafo 3.2, viene descritta l’applicazione dei protocolli nel Golfo della Spezia.
3.1.1 Monitoraggio del benthos
All’interno dell’area di studio, identificata dall’istituzione partner del progetto, vengono selezionate tre località caratterizzate da un fondale roccioso di almeno 3 metri di profondità e distanti fra loro circa 0.5 - 3 km. Il protocollo prevede l’indagine tramite snorkeling di 2 transetti per località di 100 m ciascuno, distanti almeno 100 m tra loro. Ogni transetto è parallelo alla linea di costa e deve essere percorso a nuoto in 15 min durante i quali si fanno osservazioni nella fascia compresa fra la superficie ed i 3 metri di profondità per tutta l’estensione del transetto che è lungo 100 m e largo 5 m, la
superficie complessiva monitorata è pertanto di 500 m2 per transetto. Il monitoraggio
deve essere effettuato lungo lo stesso transetto, marcato all’inizio del monitoraggio, in due date casuali, fra le quali intercorrano almeno 20 giorni, nel periodo luglio – ottobre, possibilmente ogni anno, in modo da avere un dataset continuo nel tempo.
Le informazioni generali da raccogliere sono:
• Nome dell’osservatore
• Data
• Nome della località
• Coordinate geografiche dei punti di inizio e fine dei transetti monitorati
• Temperatura dell’acqua
• Condizioni meteo marine
• Visibilità
• Esposizione della costa
• Inclinazione del fondale
• Tipo di fondale
• Tipo di comunità
• Eventi di mortalità, necrosi o bloom di plancton gelatinoso.
Durante il monitoraggio devono essere utilizzati, oltre a muta, maschera, boccaglio, pinne e boa segnasub, anche un timer, un profondimetro con temperatura e una lavagnetta in plexiglass su cui riportare i conteggi delle specie.
3. Materiali e Metodi
Il monitoraggio deve essere effettuato da due osservatori nella stessa area e nelle stesse date. Durante il tempo di percorrenza del transetto i due osservatori devono annotare indipendentemente il numero di individui o la copertura per ogni specie macrodescrittrice osservata. Successivamente, per ogni specie i numeri/coperture vengono convertiti in una delle categorie della scala ACFOR (Tab 3.1, Crisp and Southward, 1958).
Tab 3.1 Elenco delle categorie di abbondanza della scala ACFOR e P/N e loro significato, ad ogni categoria è stato assegnato un valore da 0 (corrispondente ad N) a 5 (corrispondente ad A) da utilizzare nelle rappresentazioni grafiche.
3.1.2 Monitoraggio dei pesci
Le tre località utilizzate per il monitoraggio dei pesci sono le stesse selezionate per il monitoraggio del benthos. Il protocollo prevede l’indagine tramite snorkeling di 4 transetti per località di 50 m ciascuno, distanti almeno qualche metro tra loro. Ogni transetto è parallelo alla linea di costa e deve essere percorso a nuoto in 5 min, durante i quali si fanno osservazioni nella fascia compresa fra la superficie ed i 3 metri di profondità per tutta l’estensione del transetto che è lungo 50 m e largo 5 m, la superficie
complessiva monitorata è pertanto di 250 m2 per transetto. Il monitoraggio deve essere
effettuato lungo lo stesso transetto, marcato all’inizio del monitoraggio, in due date casuali, fra le quali intercorrano almeno 20 giorni, nel periodo luglio – ottobre, possibilmente ogni anno, in modo da avere un dataset continuo nel tempo.
I dati di abbondanza delle specie macrodescrittrici devono essere registrati durante il nuoto su una lavagnetta in plexiglass; gli strumenti utilizzati e le informazioni generali da raccogliere sulle località campionate sono le stesse descritte nel paragrafo precedente. Anche in questo caso i dati vengono raccolti da due osservatori indipendenti che svolgono il monitoraggio in contemporanea.
Gli individui delle specie macrodescrittrici distanti più di 2.5 m dall’osservatore e gli individui di taglia inferiore ai 3 cm circa non vengono inclusi nel monitoraggio.
3. Materiali e Metodi
Visto che i transetti del benthos e dei pesci sono sovrapposti spazialmente, la raccolta dati viene effettuata monitorando prima i pesci e poi, ripercorrendo lo stesso transetto in direzione opposta, il benthos. Ciò consente di introdurre il minor disturbo possibile sulle specie ittiche, causato dalla presenza del ricercatore che nuota in superficie.
3.1.3 Interviste ai pescatori
Lo studio è diretto a pescatori ricreativi e professionisti, con almeno dieci anni di esperienza. L’incontro con i pescatori avviene durante le attività a terra, ad esempio mentre sistemano la barca o le reti. Particolare attenzione è riservata all’approccio, dal momento che i pescatori spesso manifestano diffidenza nei confronti dell’intervistatore. Le formalità devono essere evitate lasciando spazio ad una conversazione di tipo amichevole. Lo scopo è quello di individuare quali specie potrebbero essere apparse o scomparse nelle ultime decadi e quali potrebbero essere aumentate o diminuite in abbondanza. Quando i pescatori iniziano a mostrare interesse per l’oggetto della conversazione, l’intervistatore può cominciare a compilare la tabella per la raccolta delle informazioni. In alcune occasioni i pescatori intervistati possono agire da tramite per creare nuovi contatti fra ricercatori ed altri pescatori.
Il protocollo è stato sviluppato per guidare l’intervistatore verso il fulcro della conversazione ed estrapolare le informazioni dal racconto del pescatore. In primo luogo vengono chiesti in maniera informale gli anni di esperienza in mare, l’età e il tipo di tecniche di pesca utilizzate. Successivamente l’intervista verte in maniera generica sull’esperienza diretta dell’intervistato, in termini di cambiamenti nelle specie ittiche durante gli anni di attività, il quale fornisce liberamente le informazioni senza essere indirizzato verso specie particolari. In seguito vengono poste alla sua attenzione le foto delle specie macrodescrittrici d’interesse e quando possibile viene chiesto l’anno in cui è stata effettuata una cattura eccezionale che viene espressa in Kg e in numero di individui. Per tutte le specie oggetto di conversazione viene chiesto di attribuire un rango qualitativo di abbondanza, relativo alle catture nel tempo, come di seguito riportato: 0=ASSENTE; 1=RARO (una volta all’anno); 2=OCCASIONALE (qualche volta all’anno); 3=COMUNE (regolarmente in un anno); 4=ABBONDANTE (regolarmente nelle catture e abbondante); 5=DOMINANTE (sempre nelle catture e con grande abbondanza). Al termine di ogni intervista ad ogni specie viene assegnato un fattore di tendenza: specie che sono INCREMENTATE (livello “I”); specie che sono DECREMENTATE (livello “D”); specie che hanno subito una FLUTTUAZIONE (livello “F”) e specie che risultano essere COSTANTI (livello “C”) (Fig 3.2).
3. Materiali e Metodi
Intervista numero………...………Data……...………..Compilatore……….Luogo………Codice area……….. Nazione……… I Incremento Nome intervistato………..………..Età………. Pescatore dal (anno)……… Professionale □ Sportivo □ D Decremento Subacqueo □ Apneista □ Tramagli □ Reti a circuizione □ Trappole □ Amo □ Strascico □ Altro ………...………... F Fluttuazione
(I/D/F) 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 5 4 3 2 1 0 1980 1990 2000 Miglior cattura Kg Miglior cattura N. di indiv. 2010 SPECIE liv e ll o < 1 9 7 0 1970
Livelli: 0=ASSENTE; 1=RARO (una volta all'anno); 2= OCCASIONALE(qualche volta all'anno); 3= COMUNE (regolarmente all'anno); 4=ABBONDANTE (catture regolari e
abbondanti); 5=DOMINANTE (sempre nelle catture e con grande abbondanza)
Fig 3.2 Esempio di scheda che l’intervistatore compila per la raccolta delle informazioni durante l’intervista. In alto le informazioni generali e i livelli o ranghi qualitativi di abbondanza. Nella casella specie viene inserito il nome scientifico o comune della specie e sulle righe il rango di abbondanza riferito all’intervallo di tempo di attività del pescatore, alla fine viene inserito il fattore di tendenza e quando possibile la miglior cattura in Kg e numero di individui.
3.1.4 Sensori di temperatura
Il programma Tropical Signals della CIESM prevede inoltre la raccolta di dati di temperatura lungo la colonna d’acqua nelle principali località monitorate dal network di istituzioni coinvolte (Fig 3.3). In questo modo si intende monitorare la variazione di temperatura per rilevare eventuali anomalie, come ad esempio i cambiamenti di profondità del termoclino nel periodo estivo nel corso degli anni. La serie temporale delle variazioni di temperatura viene ottenuta processando i dati registrati da sensori Hobo Pro v2 forniti dalla CIESM.
Fig 3.3 Mappa delle località monitorate dal network di ricercatori coinvolti nel progetto Tropical Signals della CIESM. I simboli rappresentano la posizione geografica dei sensori di temperatura attualmente attivi. (Fonte: http://www.ciesm.org/marine/programs/tropicalization.htm)
3.2 Applicazione del disegno sperimentale nel Golfo della Spezia
Al fine di monitorare le specie macrodescrittrici del benthos e dei pesci del progetto TS nel Golfo della Spezia sono stati adottati due disegni sperimentali a 1 fattore (Fig 3.4 e Fig 3.5), che differiscono unicamente per il numero di repliche (costituite dai transetti) effettuate.
3. Materiali e Metodi PV BB T 1 2 1 2 1 2
Livelli
Fattore
Località Repliche BenthosFig 3.4 Disegno sperimentale a 1 fattore per l’analisi del benthos: Località con tre livelli (Porto Venere - PV, Baia Blu - BB e Tellaro – T)
PV BB T
1A 1B 2A 2B
Fattore
Livelli
Località
Repliche Pesci 1A 1B 2A 2B 1A 1B 2A 2B
Fig 3.5 Disegno sperimentale a 1 fattore per l’analisi dei pesci: Località con tre livelli (Porto Venere - PV, Baia Blu - BB e Tellaro – T)
Il fattore “Località” è un fattore random con tre livelli: Porto Venere, Baia Blu, Tellaro. Il fattore random permette di generalizzare i risultati ottenuti ed attribuirli all’area del Golfo della Spezia. Per la scelta delle località sono stati rispettati i suggerimenti forniti dai protocolli TS: le località devono essere distanti tra loro circa 0.5-5 Km e non devono essere direttamente impattate da attività antropiche. Per questo motivo è stata esclusa l’area all’interno del Golfo della Spezia a causa della presenza del porto, di vari porticcioli militari e turistici, dello sbocco di fognature, scarichi industriali e condotte della centrale termoelettrica dell’ENEL. Inoltre, per garantire il monitoraggio a lungo termine anche in assenza di adeguata copertura finanziaria sono state selezionate solo località accessibili da terra a costi contenuti. Le possibili località candidate sono state identificate sia tramite supporto virtuale (Google Earth), che mediante esplorazione diretta dell’area.
Nell’ambito di ciascuna località sono stati selezionati, come indicato nei protocolli TS, due transetti per il monitoraggio del benthos e quattro per quello dei pesci, costituiti da tratti di scogliera naturale e che ai fini statistici costituiscono le repliche. Il lavoro di monitoraggio si è svolto tramite snorkeling nella fascia infralitorale nell’area compresa tra il livello medio del mare e i 3 m di profondità.
I monitoraggi sono avvenuti nel periodo luglio – ottobre degli anni 2012 e 2013. Nell’ambito di ciascun anno sono state testate due date, scelte in maniera casuale ma distanziate fra loro almeno 20 giorni. Nell’ambito delle date prescelte sono state visitate le località selezionate e si è proceduto a monitorare i transetti inizialmente identificati. I dati ottenuti sono perciò relativi a quanto rilevato negli stessi transetti nel corso del tempo; ciò consente di osservare con facilità gli eventuali cambiamenti presenti nell’area ma non fornisce misure indipendenti sulla scala temporale. Per questo motivo non sarà possibile trattare statisticamente l’intero dataset comprendente le 4 date (2 anni e 2 date per anno) poiché i dati non soddisfano il requisito di indipendenza relativo ad anno e data. Si è pertanto proceduto ad analizzare separatamente i dataset relativi a ciascuna data.
3. Materiali e Metodi
Le uscite per la raccolta dei dati sono state organizzate in modo da concentrare il lavoro nei giorni di mare calmo e lontano da eventi temporaleschi, che spesso rendono l’acqua torbida, inoltre tutti i monitoraggi sono stati effettuati nelle ore diurne tra le 10.00 e le 15.00. La fase di raccolta dei dati è stata preceduta da numerose uscite di addestramento utili come esercizio sia per l’applicazione dei protocolli, sia per il riconoscimento delle specie. Si sono potuti evitare così errori di identificazione, che avrebbero portato a sovrastimare o sottostimare l’abbondanza di una determinata specie, oppure decretarne erroneamente la presenza o l’assenza.
3.3 Località di monitoraggio della provincia della Spezia
Il monitoraggio è stato effettuato in tre località nell’area del Golfo della Spezia (Liguria, Italia): Porto Venere, Baia Blu e Tellaro (Fig 3.6).
Porto Venere
Baia Blu
Tellaro
Fig 3.6 Mappa geografica delle località di monitoraggio nell’area del Golfo della Spezia.
La costa ligure, ed in particolare la riviera di ponente, è caratterizzata da promontori rocciosi che circondano piccole baie con spiagge di sabbia o ciottoli. Nel versante di ponente del Golfo della Spezia la costa si innalza formando falesie verticali, dove sorgono le Cinque Terre; mentre a levante Tellaro rappresenta l’ultimo centro abitato presente sulla costa, prima della foce del fiume Magra.
3.3.1 Porto Venere
Porto Venere è una piccola località, situata sulla punta occidentale del Golfo della Spezia. Il promontorio ad ovest del Golfo si sviluppa su tre zone SIC (Sito di Importanza Comunitaria: SIC IT1345005 Porto Venere-Riomaggiore-San Benedetto; SIC IT1345103 Isola del Tino-Tinetto; SIC IT1345104 Isola Palmaria) identificate dalla Direttiva 92/43/CEE, conosciuta come “Direttiva Habitat”, il cui scopo è quello di
3. Materiali e Metodi
contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatica nel territorio, inoltre con la legge 31/2001 viene istituito il “Parco Naturale Regionale di Porto Venere” (www.parconaturaleportovenere.it).
I transetti si trovano nella zona della Grotta Byron e nella zona nord del litorale dell’isola Palmaria (Fig 3.7).
Porto Venere
100m 2B 1B 1A 2A 2 1 Grotta ByronIsola della Palmaria
Fig 3.7 Localizzazione dei transetti utilizzati durante il monitoraggio nella località di Porto Venere, sulla sinistra l’area della Grotta Byron e sulla destra l’Isola Palmaria. In giallo i transetti 1 e 2 (100m ciascuno) utilizzati per il monitoraggio del benthos, in verde i transetti 1A, 1B, 2A e 2B (50m ciascuno) per il monitoraggio dei pesci. In alto a destra il riferimento cardinale e in basso a sinistra il riferimento dimensionale.
L’area compresa fra il canale di Porto Venere e la Palmaria è influenzata dall’urbanizzazione delle coste e dal continuo passaggio di imbarcazioni; sul versante nord-occidentale di Porto Venere, invece, sono presenti alte pareti verticali che non forniscono le condizioni adatte per il monitoraggio. L’area della grotta Byron è facilmente accessibile dalla costa, mentre il secondo transetto, sull’isola Palmaria, si trova all’estremità del Canale di Porto Venere dove non vi sono bagnanti, ma il cui accesso da terra è consentito. La Tabella 3.1 mostra le coordinate geografiche dei punti di inizio e fine dei transetti.
3. Materiali e Metodi
Tab 3.1 Elenco delle coordinate geografiche dei punti di partenza ed arrivo dei transetti della località di Porto Venere per il monitoraggio del benthos (Transetti 1 e 2) e dei pesci (Transetti 1A, 1B, 2A, 2B).
N E N E 1 44°02'56.90" 9°49'52.43" 44°02'56.70" 9°49'55.72" 2 44°02'50.45" 9°50'00.43" 44°02'50.99" 9°50'04.50" 1A 44°02'56.90" 9°49'52.43" 44°02'56.78" 9°49'54.02" 1B 44°02'56.77" 9°49'54.23" 44°02'56.70" 9°49'55.72" 2A 44°02'50.45" 9°50'00.43" 44°02'50.69" 9°50'02.29" 2B 44°02'50.72" 9°50'02.56" 44°02'50.99" 9°50'04.50"
Protocollo Transetti Punto di partenza Punto di arrivo
Pesci Benthos
Il Transetto 1 è caratterizzato da una lingua di roccia estremamente frastagliata, a tratti fortemente inclinata verticalmente, ed in generale poco frequentata dai bagnanti ed interdetta alla navigazione. Percorrendo tale transetto dall’interno della caletta di Grotta Byron verso l’esterno, si nota che per i primi 50 m la parete scende gradatamente verso il fondale roccioso sito ad una profondità di circa 3-5 m. Nei successivi 50 m la parete assume una forte inclinazione quasi verticale, fino al raggiungimento di un fondale sabbioso a 5-7 m di profondità. La Grotta Byron risente delle correnti provenienti da nord-ovest e la lingua di roccia rappresenta una zona di diffrazione delle onde alzate dai venti meridionali. Questa zona, che sembra apparentemente riparata, risente, al contrario, di forti turbolenze ed infatti sono frequenti gli accumuli di rifiuti galleggianti e l’arrivo di organismi macro-planctonici gelatinosi come meduse e ctenofori.
Il Transetto 2, distante più di 200 m dal Transetto 1, è situato nella zona nord dell’Isola Palmaria a ridosso del Canale di Porto Venere. Per consentire il facile raggiungimento del transetto anche in assenza di un’imbarcazione propria, si è scelta un’area poco frequentata dai bagnanti e raggiungibile a piedi dal molo dove attraccano i piccoli traghetti provenienti da Porto Venere. L’area individuata dal Transetto 2 è fortemente influenzata dalle correnti interne al canale e dai movimenti indotti dal passaggio di imbarcazioni. In questo transetto la roccia degrada dolcemente fino a 3-5 m metri di profondità.
La Tabella 3.2 riporta le principali caratteristiche morfologiche ed ecologiche dei transetti di Porto Venere.
Tab 3.2 Caratteristiche dei transetti di Porto Venere.
Località Transetti Benthos Transetti Pesci Esposizione della costa Inclinazione del fondale Tipo di substrato Tipo di comunità Posidonia (0-100%) 1A 0 1B 0 2A 0 2B 0 Roccioso Roccioso e sabbioso Mitili e alghe coralline Porto Venere 1 2 Da riparato a moderatamente esposto
Scogliera ripida con massi sul fondo Dolce pendio con
massi e anfratti
3.3.2 Baia Blu
La Baia Blu è una piccola insenatura in località Santa Teresa. La spiaggia si estende per circa 250 m tra pareti rocciose verticali ricoperte da una ricca vegetazione. La baia è esposta ai venti provenienti da sud e in maniera più limitata da sud–est e sud–ovest. Le pareti rocciose sono spesso soggette a eventi franosi, a causa della friabilità del terreno e degli interventi antropici. Nell’inverno 2009-2010 una parte della falesia sul versante