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Agricoltura e ambiente

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Giurisprudenza - Università degli Studi di Bari Aldo Moro Quaderni di Diritto Privato Europeo

a cura di A. Jannarelli – G. Piepoli – N. Scannicchio

Monografie

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IL TRATTATO DI LISBONA

E LA NUOVA PAC

Atti del convegno di Bari 27-28 marzo 2014

a cura di

IRENE CANFORA, LAURA COSTANTINO, ANTONIO JANNARELLI

15

CACUCCI EDITORE

IL TRATTATO DI LISBONA E LA NUOVA PAC

cacucci

editore

bari € 35,00

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Quaderni di Diritto Privato Europeo

a cura di A. Jannarelli – G. Piepoli – N. Scannicchio

Monografie

1. AmArillide Genovese, Conformità al contratto e qualità delle tutele nella vendita,

2005

2. lAurA CostAntino, Le garanzie mobiliari nel sistema agro-industriale, 2005

3. lelio BArBierA (a cura di), Urbanistica contrattata e tutela dell’ambiente. Atti del

Convegno di Bari del 4-5-2004, 2007

4. niColA sCAnniCChio (a cura di), I metodi alternativi nella soluzione delle controversie

dei consumatori, 2007

5. GiovAnni enriquez, Contrattazione e trasformazione del territorio, 2008

6. lorenzo minunno, Il trasferimento di clientela tra professionisti, 2008

7. PAolo PArdolesi, Promissory Estoppel: affidamento e vincolatività della promessa,

2009

8. Antonio JAnnArelli, Profili giuridici del sistema agro-alimentare tra scesa e crisi della

globalizzazione, 2011

9. niColA sCAnniCChio, Vita e tempi dell’età illiberale. Appalto e concorrenza tra codice civile ed evidenza pubblica (Il Caso DURC), 2012

10. sArA tommAsi, Pratiche commerciali scorrette e disciplina dell’attività negoziale,

2012

11. rAChele mArseGliA, Il contratto di edizione dell’ebook, 2012

12. ClAudiA CAsCione, Il diritto privato dei beni pubblici, 2013

13. FilomenA Prete, L’impresa agricola in difficoltà nei pagamenti, 2013

14. AmArillide Genovese (a cura di), Riflessioni sul contratto di rete, 2013

15. irene CAnForA, lAurA CostAntino, Antonio JAnnArelli (a cura di), Il Trattato di

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Università degli Studi di Bari Aldo Moro

Quaderni di Diritto Privato Europeo

a cura di A. Jannarelli – G. Piepoli – N. Scannicchio

Monografie

15

Il Trattato di Lisbona e la nuova PAC

Atti del convegno di Bari 27-28 marzo 2014 a cura di

Irene Canfora, Laura CostantIno, antonIo JannareLLI

cacucci

editore

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ProPrietàletterAriA riservAtA

La realizzazione del Convegno e la publicazione degli atti, a conclusione della ricerca PRIN “L'incidenza della nuova Europa dopo il Trattato di Lisbona sulla politica agricola comunitaria, sulla sicurezza alimentare e sull'ambiente” (coordinatore nazionale prof. A. Janarelli), sono stati possibili grazie al finanziamento del progetto PRIN 2009 n. 2009T5BNHY, al contributo finanziario dell’IDAIC-CNR e al contributo straordinario dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro.

Ai sensi della legge sui diritti d’Autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o di parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro, senza il con-senso dell’autore e dell’editore.

© 2017 Cacucci Editore – Bari Via Nicolai, 39 – 70122 Bari – Tel. 080/5214220

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Il Trattato di Lisbona e la nuova PAC

Atti del convegno di Bari 27-28 marzo 2014

Antonio Jannarelli

Presentazione dei lavori del Convegno 7

Prima sessione – Presidenza di Marco Goldoni

Enzo Cannizzaro

Profili istituzionali nella riforma della politica agricola 11

Alessandro Sorrentino, Luca Cacchiarelli, Marianna Ronchini

I profili economici della nuova PAC 23

Luigi Russo

Il ruolo della contrattazione nei rapporti di filiera nella più recente normativa interna e dell’UE: il contratto di rete

«agricolo» e le relazioni contrattuali nel reg. UE 1308/2013 33

Irene Canfora

Qualità dei prodotti e pluralismo delle regole dei mercati 77

Eleonora Sirsi

Dimensioni della salute e alimentazione 89

Vito Rubino

Responsabilità da prodotto difettoso, regole di mercato e diritto internazionale privato europeo: quale tutela per il

consumatore nell’epoca della globalizzazione produttiva? 119

Seconda sessione – Presidenza di Marianna Giuffrida

Nicoletta Ferrucci

Agricoltura e ambiente 137

Giulio Sgarbanti

OGM e coesistenza 147

Mariavaleria Mininni

Agricoltura periurbana e pianificazione paesaggistica 159

Luca R. Perfetti

Principi della regolazione pubblicistica delle filiere

agroa-limentari 173

Catherine Del Cont

Les relations commerciales agricoles dans le droit

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INDICE

6

Giulio Peroni

Le nuove regole del TFUE per l’adozione degli atti in ma-teria agraria, nel quadro del nuovo assetto istituzionale dopo Lisbona: meno potere al Consiglio? Più poteri alla

Commissione? 209

Alberto Germanò

Il principio di sussidiarietà secondo il Trattato di Lisbo-na e l’estensione dello spazio di interventi normativi degli Stati membri nei regolamenti dell’Unione Europea del 17

dicembre 2013 227

Tavola rotonda: il diritto agrario e alimentare tra

“mer-cato” e “non mer“mer-cato” 243

Modera: Antonio Jannarelli – Apertura della Tavola Rotonda 243

Marco Goldoni – Intervento 243

Antonio Sciaudone – Intervento 255

Eva Rook Basile – Intervento 260

Francesco Adornato – Intervento 269

Ferdinando Albisinni – “I denti del drago” 273 Mariarita D’Addezio – Principio di sussidiarieta’ e politica di

sviluppo rurale dell’Unione. Spunti di riflessione intorno

al diritto agrario e alimentare tra “mercato” e “non mercato” 295

Ettore Casadei – Intervento 307

Interventi programmati

Sonia Carmignani

Agricoltura e pluridimensionalità dello sviluppo sostenibile 317

Ana Mª Pérez Vallejo

La integración de la dimensión de género en la PAC: una

asignatura pendiente 323

María José Cazorla González

La negociación sobre los OGM en el marco europeo 333

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NICOLETTA FERRUCCI

Agricoltura e ambiente

Compito non facile per il giurista addentrarsi nei meandri del com-plesso, articolato e dinamico gioco di contrappunti tra agricoltura e ambiente, dove si registra l’affannoso tentativo del legislatore di in-tercettare e monitorare le forme cangianti di quel connubio che si sta-gliano nella realtà, di dare veste giuridica e di guidare entro binari codificati un binomio in movimento, dove il costante fluire di un suo elemento si riflette nelle rinnovate sembianze che inevitabilmente as-sume l’altro.

L’impatto sull’ambiente degli organismi geneticamente modificati costituisce tangibile esempio di questa sorta di moderna liquidità; così come l’emergere di nuove forme di agricoltura, spesso all’insegna del-la campagna come nuova utopia, dagli orti urbani, al vertical farming fino all’agricoltura periurbana. Decisamente ricco di suggestione e di stimoli nella sua dimensione multifunzionale, il fenomeno dell’agri-coltura periurbana coinvolge trasversalmente saperi diversi, pur nella difficoltà della sua compiuta delineazione alla luce della complessità della conurbazione. Non è un caso che esso sia attentamente monito-rato dall’Unione Europea in funzione del suo potenziale impatto po-sitivo sull’ambiente, come cuscinetto di mitigazione del c.d. urban

sprawl, della pressione antropica sulle aree agricole di pianura, del

selvaggio dilagare del costruito per finalità insediative e infrastruttu-rali che, secondo i dati della Commissione europea, annualmente im-permeabilizza suolo agricolo di dimensioni pari alla città di Berlino.

Il complesso e fluido intreccio di reciproci condizionamenti tra agri-coltura e ambiente è posto sotto la lente del legislatore europeo chia-mato a tentare di arginare le derive dei reciproci impatti e a coniare strumenti in grado di armonizzare i rispettivi interessi, oscillando tra l’adozione del sistema dei vincoli e il ricorso all’adesione volontaria a standard e modelli precostituiti: tra l’imposizione ex lege di limiti e la previsione di incentivi premiali. Nel frettoloso innesto della tutela dell’ambiente di nuova generazione sulla politica agraria ormai con-solidata, talvolta le strade percorse sembrano perdersi in una sorta di labirinto, un circolo vizioso, dove l’affanno di tutelare l’ambiente si traduce in un pregiudizio per l’agricoltura con inevitabili ripercussioni

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NICOLETTA FERRUCCI

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negative sullo stesso ambiente. E sempre più si fa strada quel dubbio, avanzato da Luigi Costato, di una serpeggiante metamorfosi della fun-zione economica della PAC in funfun-zione ambientale, che sembra trovare avallo nella Comunicazione “La PAC verso il 2020 ”, dove la Commis-sione prospettava tra le opzioni politiche generali come potenziali vie da seguire per conseguire gli obbiettivi della futura PAC, la possibilità di una riforma decisamente radicale, mirata alla concentrazione degli sforzi finanziari su problematiche connesse all’ambiente e al cambia-mento climatico nell’ambito della politica di sviluppo rurale al graduale abbandono delle misure di sostegno al reddito e della maggior parte delle misure di mercato, nell’ottica di riservare alle azioni ambientali il ruolo di elemento trainante delle iniziative politiche riconducibili alla strategia Europa 2020, nel percorso verso una crescita smart, sustinable

and inclusive.

Ma non posso procedere oltre nella mia indagine senza aver prima tentato di dissipare le nebbie che ancora talvolta avvolgono il tema che sto trattando rendendo l’atmosfera inquinata dal cattivo uso della parola, e cercare di dare corpo e concretezza a quel generico termine ambiente che ricorre nei Trattati, avvalendomi delle suggestioni tratte dall’evocazione di referenti che segnano la via maestra da seguire in questa direzione: la disciplina della responsabilità ambientale, dise-gnata dalla Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Con-siglio, del 21 aprile 2004, e la lunga teoria dei programmi generali di azione in materia di ambiente, dei quali ricordo in particolare l’ultimo, il settimo, contenuto nella Decisione n. 1386/2013 UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, che individua gli obbiettivi da perseguire in materia di ambiente entro il 2020. In quel contesto la nozione di ambiente si declina nelle acque, nella duplice valenza quantitativa e qualitativa, aria, suolo, specie ed habitat natura-li: e ad essa si intreccia il tema della mitigazione dei cambiamenti cli-matici e dell’adattamento ad essi. Attorno a queste valenze ambientali e climatiche si delineano importanti filoni dell’intervento europeo che coinvolgono direttamente o indirettamente l’agricoltura e si è costruito e si costruisce l’acquis ambientale dell’Unione.

In questo composito affresco che il legislatore europeo tratteggia allorquando si confronta con le tematiche ambientali si staglia con sempre maggiore nitidezza un fil vert che lega le diverse declinazioni dell’ambiente come strumento in grado di fornire ad esse una forma di tutela a tutto tondo e coordinata: le c.d. infrastrutture verdi, punto di

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AGRICOLTURA E AMBIENTE 139

incontro tra ecosistemi e territorio, definite dalla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato econo-mico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, del 6 maggio 2013 “Infrastrutture verdi-Rafforzare il capitale naturale in Europa”, come una rete di aree naturali e seminaturali pianificata a livello strategico con altri elementi ambientali, progettata e gestita in maniera da fornire un ampio spettro di servizi ecosistemici, della quale fanno parte gli spazi verdi (o blu, nel caso degli ecosistemi acquatici) e altri elementi fisici in aree sulla terraferma (incluse le aree costiere) e marine. En-triamo nel vivo di un tema che si colloca nell’ottica della più ampia strategia dell’Unione Europea per arginare la perdita di biodiversità e favorirne il ripristino, ispirata dalla consapevolezza che la ricchezza della diversità di vita presente al loro interno gioca un ruolo essenziale per la salute e stabilità degli ecosistemi, a loro volta considerati dalla Commissione come elementi trainanti nel percorso verso una cresci-ta smart, sustinable e inclusive. Di qui la necessità di estendere oltre le core areas, inserite nella rete Natura 2000, che coprono il diciotto per cento del territorio europeo, misure di miglioramento della qualità ecologica al restante ottantadue per cento di quel territorio, attraverso la creazione e la conservazione di infrastrutture verdi, che permettono di ricreare collegamenti tra le aree naturali esistenti, intensificando al tempo stesso il contributo dell’Unione per scongiurare la perdita di biodiversità a livello mondiale.

Interessante per il giurista ripercorrere il cammino verso la tutela della biodiversità che ha preso le mosse dalla creazione delle reti fauni-stiche, corridoi di supporto per la mobilità della fauna, per passare poi alla delineazione del sistema delle aree protette, alla faticosa creazione della rete Natura 2000, che ha visto l’Italia arrancare sotto l’incalzare delle procedure di infrazione, caposaldo fondamentale, prototipo del sistema delle reti ecologiche moderne dove le infrastrutture verdi si rivelano strumento in grado di creare nuovi collegamenti tra le aree naturali esistenti. Stimolante ripercorre la strada in cui si è snodato nel tempo il rapporto tra agricoltura e biodiversità, traghettato dal sistema dei limiti e dei vincoli all’attività agricola all’interno delle aree pro-tette, dalla soggezione dei piani di sviluppo rurale alla valutazione di incidenza, fino alle nuove misure che disciplinano il rapporto tra agri-coltura e rete ecologica. Affascinante seguire le tracce dei recenti studi degli analisti ambientali sulle reti ecologiche, nella prospettiva della loro ulteriore trasformazione in reti eco-sociali. Ma sono solo degli

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NICOLETTA FERRUCCI

140

stimoli, degli spunti di ricerca da approfondire in altra sede.

Nell’ottica della strategia adottata dalla Commissione per le in-frastrutture verdi la relativa promozione deve assumere quella stessa dimensione trasversale che connota l’ambiente all’interno delle po-litiche principali, tra le quali l’agricoltura, dove la consapevolezza del relativo impatto sul capitale naturale dell’Unione Europea, apre come una sorta di grimaldello l’ingresso nel quadro della PAC di stru-menti e misure che promuovono il mantenimento e il rafforzamento la biodiversità. Il ruolo che l’agricoltura gioca sullo scacchiere della strategia dell’Unione europea per il mantenimento e il rafforzamen-to della biodiversità, si declina, nel documenrafforzamen-to omonimo vararafforzamen-to dalla Commissione europea nel 2011, in una serie di azioni mirate ad incre-mentare i pagamenti diretti per i beni pubblici ambientali (azione 8) e ad orientare meglio lo sviluppo rurale per conservare la biodiversità (azione 9). Le infrastrutture verdi si affiancano dunque ai tradizionali strumenti riconducibili alla green economy come parole chiave della nuova PAC, leve per la realizzazione degli obbiettivi che essa si pro-pone di raggiungere.

La rapida cavalcata sui profili ambientali dei regimi di sostegno che si snoda lungo tre passaggi che fanno capo ai regolamenti (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 20131, nn.

1305/2013, 1306/2013 e 1307/2013, non può che prendere le mosse da quell’elemento di novità che più intensamente rispetto al passato colora di green la PAC, attraverso l’introduzione di una componente obbligatoria di “inverdimento” dei pagamenti diretti agli agricoltori, una sorta di remunerazione a fronte della produzione di beni pubbli-ci ambientali, in linea con la strategia Europa 2020 per una crespubbli-cita

smart, sustinable and inclusive.

1 Reg. (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17

dicem-bre 2013, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEARS) e che abroga il reg. (CE) n. 1698/2005 del Consiglio; reg. (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 35278, (CE) n. 165/94, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008; reg. (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previ-sti dalla politica agricola comune e che abroga il reg. (CE) n. 637/2008 del Consiglio e il reg. (CE) n. 73/2009 del Consiglio.

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AGRICOLTURA E AMBIENTE 141

E’ vero infatti che la finalità ambientale ancora una volta permea di sé il meccanismo della condizionalità, di cui al Titolo VI del rego-lamento (UE) n. 1306/2013 del Parrego-lamento Europeo e del Consiglio, come emerge dai considerando, dalla modulazione dei criteri di ge-stione obbligatoria e dalle norme per il mantenimento del terreno in buone condizioni agronomiche e ambientali. Ma, e qui sta la novità, in aggiunta al pagamento base, il regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, prevede, a partire dal 1° gennaio 2015, l’erogazione da parte degli Stati membri a favore degli agri-coltori che hanno diritto a un pagamento nell’ambito del regime di pagamento di base o del regime di pagamento unico per superficie, di un ulteriore pagamento annuo, per ettaro ammissibile di superficie agricola, condizionato al rispetto sui loro ettari ammissibili di una se-rie di obblighi di connotato spiccatamente ecologico dove la finalità di tutela della biodiversità emerge con tutta evidenza.

Per beneficiare del pagamento c.d. ecologico, ai sensi dell’art. 43 del regolamento (UE) n. 1307/2013, gli agricoltori sono tenuti ad ap-plicare, su tutti i loro ettari ammissibili ai sensi dell’articolo 32, para-grafi da 2 a 5, la trilogia di pratiche agricole indicate dal regolamen-to medesimo come benefiche per il clima e per l’ambiente, o le c.d. pratiche equivalenti, la cui introduzione nel testo finale del Regola-mento è frutto dell’intervento del ParlaRegola-mento europeo e del Consiglio che hanno modificato in tal senso il testo originario predisposto dalla Commissione, più rigido, al fine di tener conto della eterogeneità dei sistemi agricoli e delle diverse situazioni ambientali dell’Unione: si tratta di interventi descritti dall’allegato IX al regolamento, in funzio-ne della equivalenza a ciascuna delle pratiche principali, che gefunzio-nerano un beneficio per il clima e l’ambiente pari o superiore a quello delle pratiche c.d. benefiche.

L’applicazione delle pratiche ecologiche configura un obbligo dal quale sono esonerati gli agricoltori che abbiano attivato sistemi di agri-coltura biologica alla luce dei benefici ambientali riconosciuti a tale attività, i quali hanno diritto ipso facto a beneficiare della componente di inverdimento per le unità delle loro aziende che soddisfano le con-dizioni stabilite dal regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, relativo alla produzione biologica e all’etichettature dei prodotti biologici e che abroga il reg. (CEE) 2092/91. L’obbligo è poi modulato con alcune correzioni di tiro in relazione agli agricoltori le cui aziende sono situate in tutto o in parte nelle zone della rete

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“Na-NICOLETTA FERRUCCI

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tura 2000”, oggetto della direttiva 92/43 (CEE) del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e semi-naturali e della flora e della fauna selvatiche, e della direttiva 2009/147 (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, o all’interno del-le zone contemplate dalla direttiva 2000/60 (CE) del parlamento eu-ropeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, i quali hanno diritto al pagamento aggiuntivo purché applichino le pratiche di inverdimento o equivalenti nella misura in cui le stesse siano compatibili nell’azien-da in questione con gli obiettivi delle direttive medesime. Ai sensi dell’art. 61 del regolamento, in funzione di una diversa logica, non partecipano a questo regime di pagamento e dunque sono esonerati dalle pratiche agricole ecologiche coloro che sono soggetti al regime stabilito dagli Stati membri per i piccoli agricoltori.

Il mancato rispetto dell’obbligo ecologico da parte dell’agricoltore che è ad esso soggetto comporta l’irrogazione di sanzioni per così dire graduate nel tempo, nel senso che nel biennio 2015/2016, tale viola-zione comporta solo la perdita del pagamento ecologico; mentre a par-tire dal 2017 ad essa si aggiunge la diminuzione del pagamento base, di importo pari al venti per cento nel 2017 e al venticinque per cento dal 2018. La circostanza che l’inadempimento si ripercuota anche sul pagamento base ha indotto taluno a parlare di una sorta di “condizio-nalità rafforzata” che farebbe così perdere quel carattere di pagamento selettivo destinato a chi adotta comportamenti particolarmente virtuo-si sotto il profilo ambientale

Il regolamento, come abbiamo visto, riconosce tre tipologie di pra-tiche ecologiche: la diversificazione delle colture, la creazione sulla superficie agricola di un’area di interesse ecologico e il mantenimento del prato permanente esistente.

La diversificazione delle colture, intese ai sensi dell’art. 44, par. 4, interessa le sole superfici a seminativo e prevede l’obbligo per l’a-gricoltore di attuare sui seminativi che non sono interamente investiti a colture sommerse per una parte significativa dell’anno o del ciclo colturale, due o tre colture diverse in funzione rispettivamente delle dimensioni dei seminativi medesimi, delle quali la coltura principale o le due colture principali non devono superare il settantacinque per cento di detti seminativi. Coerentemente sono previste deroghe per le aziende agricole che già soddisfano gli obbiettivi della

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diversificazio-AGRICOLTURA E AMBIENTE 143

ne delle colture in quanto sono coperte in ampia misura da superfici prative o terreni a riposo, per le aziende agricole specializzate che ogni anno sottopongono ad avvicendamento le loro parcelle e per le azien-de agricole che a motivo azien-dell’ubicazione geografica incontrerebbero eccessiva difficoltà nell’introdurre una terza coltura. La diversifica-zione si rivela misura atta a favorire, nell’ambito più generale della tutela dell’ambiente, in particolare proprio la biodiversità in quanto presuppone la presenza contemporanea di due o tre colture all’interno dell’azienda e non a differenza della rotazione, l’avvicendamento del-le colture stesse.

La seconda pratica ecologica contemplata dal regolamento attiene ai c.d. prati permanenti, intesi come terreni utilizzati per la coltivazio-ne di erba o di altre piante erbacee da foraggio, non compresi coltivazio- nell’av-vicendamento delle colture dell’azienda da almeno cinque anni. Le relative disposizioni obbligano gli agricoltori a non convertire o arare prati permanenti sensibili sotto il profilo ambientale, situati in zone designate dagli Stati membri all’interno o al di fuori delle aree con-template dalla direttiva Habitat e dalla direttiva quadro sulle acque; gli Stati membri, a loro volta, sono chiamati ad assicurare che non diminuisca in misura superiore al cinque per cento rispetto ad una pro-porzione di riferimento dagli stessi determinata, il rapporto tra super-fice investita a prato permanente e superficie agricola totale dichiarata dall’agricoltore nel 2015 a norma dell’art. 72, paragrafo 1, primo com-ma, lett. a) del regolamento UE n. 1306/2013. E’ evidente la finalità perseguita dalla misura in esame alla luce della particolare funzione ambientale del prato permanente in chiave di tutela della biodiversità: è noto, infatti, che la sua concimazione naturale ad opera del bestiame che trae da esso l’alimentazione foraggera, favorisce la biodiversità, vegetale e animale, degli insetti e dei relativi predatori.

La tutela della biodiversità irrompe all’interno delle aziende agri-cole attraverso l’imposizione all’agricoltore che gestisce un’azienda in cui i seminativi coprono più di quindici ettari, dell’obbligo di desti-nare ad area di interesse ecologico, generalmente indicate con l’acro-nimo EFA Ecological Focus Area, a decorrere dal 1° gennaio 2015, una superficie corrispondente ad almeno il cinque per cento dei semi-nativi dell’azienda dichiarati a norma dell’art. 72 del regolamento n. 1306/2013, paragrafo 1, primo comma, lett.a), limite che può essere elevato al sette per cento alle condizioni di cui ad un atto legislativo del Parlamento europeo e del Consiglio, a norma dell’art. 43,

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paragra-NICOLETTA FERRUCCI

144

fo 2 del TFUE.

La disposizione presenta un elenco di dieci tipologie di superfi-ci, soggetto a potenziale futura integrazione ad opera di atti delegati della Commissione, nell’ambito del quale gli Stati membri dovranno scegliere entro il 1° agosto 2014, quella o quelle che considerano, sul proprio territorio, aree di interesse ecologico: in funzione delle diver-se tipologie di aree è modulata la relativa localizzazione all’interno dell’azienda, sui seminativi, o in aree adiacenti ai seminativi medesi-mi.

In ordine al riferimento che l’art.46 del regolamento fa al paesaggio laddove, alla lettera c) indica tra le potenziali aree di interesse ecolo-gico, “elementi caratteristici del paesaggio”, una precisazione mi sem-bra assolutamente necessaria: la terminologia utilizzata nel contesto del Regolamento, è riferita a quella stessa componente naturale del pa-esaggio di cui parla la direttiva sulle infrastrutture verdi, i cui elementi sono piccoli corsi d’acqua, macchie boscate, siepi, che possono funge-re da corridoi verdi o afunge-ree d’appoggio per la fauna selvatica; alla quale fa riferimento il Regolamento UE n. 1306/2013, laddove nell’allegato II, relativo alle regole di condizionalità, indica i livelli minimi di pa-esaggio identificandoli nel mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio, compresi, se del caso, siepi, stagni, fossi, alberi in filari, in gruppi o isolati, margini dei campi e terrazze. Tali elementi concor-rono con la loro essenza naturalistica insieme ad altri segni che sono frutto dell’intervento dell’uomo o della interrelazione tra l’uomo e la natura, a comporre un particolare paesaggio che è elemento identitario di un territorio, proiettato, sotto il profilo giuridico, dalla Convenzione europea del paesaggio e dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, oltre i confini dell’ambiente, nella nuova dimensione di bene culturale. E’ interessante, a mio avviso, evidenziare il tentativo del legislatore europeo di favorire la realizzazione di reti ecologiche che si riscon-tra nella incentivazione della creazione di aree di interesse ecologico adiacenti: il paragrafo 5 del regolamento prevede la possibilità per gli Stati membri di applicare fino alla metà dei punti percentuali delle aree di interesse ecologico di cui al paragrafo 1 a livello regionale al fine di ottenere aree di interesse ecologico adiacenti; e il successivo paragrafo 6 legittima gli Stati membri a consentire agli agricoltori le cui aziende si trovano nelle immediate vicinanze di ottemperare collettivamente all’obbligo di cui al paragrafo 1, purché le aree di interesse ecologico siano adiacenti. Il fil vert che lega i diversi momenti di questa scelta

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AGRICOLTURA E AMBIENTE 145

si identifica nella considerazione che la promozione di approcci co-muni ai progetti e alle pratiche ambientali dovrebbe produrre benefici ambientali e climatici più incisivi e coerenti di quelli che possono ot-tenere singoli operatori senza alcun collegamento gli uni con gli altri, anche mediante pratiche applicate su superfici di terra più vaste e inin-terrotte.

La tutela dell’ambiente, con particolare attenzione alla biodiversità, penetra e condiziona incisivamente anche le misure di sostegno allo sviluppo rurale, contenute nel regolamento (UE) n. 1305/2013 del Par-lamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo svi-luppo rurale (FEASR). L’importanza strategica della conservazione, ripristino e valorizzazione degli ecosistemi connessi all’agricoltura e alla silvicoltura, al cui interno giocano un ruolo determinante la sal-vaguardia, il ripristino e il miglioramento della biodiversità, emerge a tutto tondo dai considerando, dalle indicazioni degli obiettivi che il so-stegno mira a raggiungere, dalla elencazione delle priorità dell’Unione con le quali quegli obiettivi vengono perseguiti e dalle relative misure di particolare rilevanza. L’imprinting filoambientale del Regolamento, declinato nella tutela della biodiversità, permea di sé anche l’indicazio-ne dei diversi contenuti dei sottoprogrammi tematici che rispondano a specifiche esigenze, e che gli Stati membri possono inserire nei pro-grammi di sviluppo rurale.

Vorrei chiudere la mia riflessione richiamando l’attenzione su due diverse letture critiche del rapporto agricoltura-ambiente come dise-gnato dalla PAC. Gli strali del mondo agricolo e delle associazioni ambientaliste si sono appuntati in particolare sui pagamenti diretti per le pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente, sotto il profilo della tendenziale difficoltà del relativo accesso per gran parte delle aziende agricole italiane che non sono in grado di ottemperare alle condizioni richieste per l’erogazione del pagamento, con indubbi ri-flessi sia di tipo economico che sotto il profilo della tutela ambientale.

Altri filoni critici recano in sé anche un connotato propositivo lad-dove prospettano un approccio diverso alla politica di implementazio-ne del greening in agricoltura, basato non sull’imposizione dall’alto bensì sulla iniziativa che proviene dal basso, dalle aziende agricola, in un’ottica distrettuale. L’esperienza è quella del DAM, acronimo che indica il Distretto Agricolo Milanese, sostenuto finanziariamente dalla Fondazione Cariplo. Lo scopo perseguito è la tutela di beni

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comu-NICOLETTA FERRUCCI

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ni, suolo e acque e la riqualificazione paesaggistico-ambientale della zona. Nella stessa direzione si colloca l’alternativa che promuove una sorta di greening integrato con il greening industriale: l’esperienza è quella del PREB, acronimo che indica il Programma di Ricostruzione Ecologica Bilanciata, di Expo 2015, basato su una convenzione tra Expo 2015 e l’Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste (Ersaf). Si tratta di un programma di interventi di ricostruzioni eco-logiche compensative mirato ad arginare l’inevitabile impatto che la realizzazione delle strutture di Expo avrà sull’ambiente, e comprende la realizzazione di nuovi boschi o la riqualificazione di esistenti, il recupero di fontanili e corsi d’acqua, il ripristino o la creazione di aree umide, l’installazione di nuovi orti periurbani, su una superficie com-plessiva di 90 ettari circa di terreni.

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