• Non ci sono risultati.

La riforma degli istituti professionali

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La riforma degli istituti professionali"

Copied!
12
0
0

Testo completo

(1)

ESEMPI E FINALITÀ DELLE TECNICHE INTERPRETATIVE

GIULIO M. SALERNO

*

1. Qualche considerazione introduttiva sul controverso rapporto tra matematica e

diritto.

Nella dottrina italiana la vicinanza tra la matematica e il diritto è stata oggetto di anali-si assai raffinate. A partire dal breve saggio, per tanti veranali-si insuperabile, scritto da Francesco

Carnelutti nel 1951 1. Sorprendono ancora quei passaggi sulla similitudine tra il diritto e

la matematica moderna, in cui Carnelutti rileva che, come il problema centrale del primo è il «valore della possibilità, e, per conseguenza, dei mezzi per valutarla», con la seconda si è «varcato i limiti del finito», procedendosi nella «realizzazione del possibile» da intendersi non «come traduzione del possibile in esistente, ma come riconoscimento del reale oltre

l’esisten-te» 2. Le interrelazioni tra l’analisi dei fenomeni giuridici, e le incommensurabili

potenzia-lità cognitive offerte dalla logica matematica, del resto, affondano le radici nel più antico di-battito filosofico, i cui sviluppi sono rintracciabili in mirabili studi cui hanno contribuito

au-torevolissimi matematici e giuristi, come Federigo Enriquez e Manlio Mazziotti di Celso 3.

Più recentemente, ed in senso assai diverso, si considerano le virtualità e le criticità de-rivanti dall’applicazione dei metodi matematici e quantitativi al campo del diritto, sia

nel-l’interpretazione delle norme 4, sia con finalità prognostiche. Tali metodi, poi, sarebbero

proficuamente utilizzabili pure per indirizzare i processi di produzione normativa e di

de-cisione giuridica 5, o, addirittura, per dare luogo ad una futuribile giurisdizionalizzazione

*Ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l’Università di Macerata.

1 F.Carnelutti, Matematica e diritto, in Riv.dir.proc., 1951, p. 201 ss., il quale, a sua volta, prendeva spunto

da un originale contributo di C.Magni, Logica, matematica, e scienza giuridica, in Il diritto ecclesiastico, 1950, II, p. 163 ss., circa l’applicazione del metodo assiomatico, proprio delle scienze naturali, al campo del diritto.

2 In particolare, F.Carnelutti, Matematica e diritto, cit., rispettivamente sul diritto, p. 208, e sulla

mate-matica moderna, p. 206.

3 F. Enriques, M. Mazziotti di Celso, Le dottrine di Democrito d’Abdera, I ed., Zanichelli, Bologna, 1948,

ristampa ed. Immanenza, Napoli, 2006.

4 Si vedano, ad esempio, le ricostruzioni di H.Prakken, Logical Tools for Modelling Legal Argument: A Stu-dy of Defeasible Reasoning in Law, Dordrecht, 1997, e di L.Viola, Interpretazione della legge con metodi mate-matici. Processo, a.d.r, giustizia predittiva, Diritto avanzato, Milano, 2017.

5 Una recente analisi critica rispetto alla sempre più consistente applicazione delle «decisioni algoritmiche»

è quella di G. Noto La Diega, Algorithmic Decisions at the Crossroads of Intellectual Property, Data Protection, and Freedom of Information, in JIPITEC, 2018, p. 9.

(2)

robotizzata 6. È una prospettiva molto distante dall’intuizione di Carnelutti. Questi

sotto-lineava come il ricorso alle metodologie di analisi offerte dalla logica matematica favorisca l’azione esegetica del giurista nella costante azione del pensiero che «scompone e ricompone» le disposizioni per trarne la regola correttamente applicabile al caso concreto. Si possono ol-trepassare, per così dire, i ristretti limiti delle tradizionali modalità di interpretazione del giu-ridicamente rilevante, proprio perché nell’osservazione, qualificazione e valutazione dell’esi-stente si assume quella più ampia varietà delle tecniche logico-razionali di cui è equipaggiata l’analisi descrittiva matematicamente formulata.

Se la prospettiva del cosiddetto “diritto robotico” pone non poche questioni circa la manifesta incompatibilità rispetto ai principi che reggono il nostro ordinamento

liberal-democratico 7, rimane ferma l’intuizione di Carnelutti circa la proficua relazione di

arricchi-mento tra le modalità di svolgiarricchi-mento dell’attività di interpretazione del diritto, da un lato, e il ricorso ai più sofisticati sviluppi della descrizione matematica e geometrica della realtà fenomenologica, dall’altro lato. Anzi, ciò vale anche nel campo del diritto costituzionale, ove l’analisi delle disposizioni poste in via prescrittiva dalle fonti di rango costituzionale si intreccia strettamente – risentendone fortemente – con il dinamico e talora convulso svol-gimento di tutto quel complesso di attività autoritative che, poste in essere dai soggetti e dagli organi costituzionali, concorrono a determinare, secondo la condivisibile visione di Franco Modugno, quella porzione del «momento normativo» della Costituzione che si

pone «oltre e al di là degli stessi enunciati della Costituzione» 8. Se, come è stato detto da

Li-vio Paladin, la Costituzione vivente dipende in buona misura anche dal cosiddetto «diritto

sottostante» 9 alla Costituzione scritta, proprio all’interprete spetta la non facile opera di

ri-composizione delle regole e dei principi costituzionali vigenti secondo un quadro coerente e soprattutto razionalmente ordinato. In questa opera ricostruttiva ed ordinatrice un ruolo de-cisivo, e nello stesso tempo assai delicato, è svolto dalle metodologie interpretative che sono utilizzate non tanto e soltanto per finalità conoscitive, esplicative e tassonomiche, ma anche e soprattutto dalla Corte costituzionale per delineare, di volta in volta e con efficacia co-gente, l’effettivo contenuto prescrittivo del diritto costituzionale vivente.

6 Su questo aspetto, ad esempio, un Convegno sulla «decisione robotica» è stato organizzato

dall’Accade-mia di Lincei a Roma il 5 luglio 2018; per una sintesi degli interventi, si veda M.Mocchegiani, Algoritmi e dirit-to: i nuovi orizzonti (più o meno rassicuranti) della decisione robotica, in Forum di Quaderni costituzionali, 2018.

7 In particolare, si vedano le considerazioni critiche prospettate nell’intervento di M. Luciani, La decisione giudiziaria robotica, in Rivista AIC, 2018, n. 3.

8 In relazione al «momento normativo» che «oltre e al di là degli stessi enunciati della Costituzione» è

reca-to in sé dal «fatreca-to qualificareca-to della volontà delle decisioni politiche, lareca-to sensu, proprie dei soggetti e degli or-gani costituzionali, ossia dei poteri supremi», e dunque sulla «normatività dei fatti che pure sono a loro volta qualificati dagli stessi enunciati costituzionali», si veda F. Modugno, Appunti dalle lezioni sulle Fonti del diritto, Giappichelli, Torino, 2005, ristampa agg., p. 34.

9 Sulla «dipendenza della Costituzione dal diritto sottostante, senza del quale precetti e programmi

costi-tuzionali rimarrebbero spesso una lettera morta», si veda L. Paladin, Le fonti del diritto italiano, Il Mulino, Bologna, 1996, p. 142.

(3)

2. Interpretazione del diritto e oggetti frattalici.

Se il diritto è quella specifica tecnica sociale volta a regolare ed ordinare i comportamenti

in modo da «ottenere un dato comportamento reciproco tra gli esseri umani» 10, i giuristi

non possono che sforzarsi di rendere il diritto, a sua volta, regolare ed ordinato. Come noto, l’esigenza della semplificazione del diritto è emersa sempre più prepotentemente a partire dalla fine del XVIII secolo, quando si è affermata la «consapevolezza illuministica degli inconvenienti del particolarismo» e si è avviata, soprattutto mediante lo sforzo della

codi-ficazione, la «illuministica battaglia per un diritto certo e comprensibile» 11. In ogni caso,

di fronte all’indeterminatezza di ogni ordinamento giuridico e all’inevitabile vaghezza

del-le norme, l’interprete utilizza specifiche tecniche di “costruzione giuridica” 12, soprattutto

schematizzando la realtà giuridicamente qualificata mediante l’elaborazione di categorie, con-cetti o modelli che consentono di mettere ordine nelle stesse prescrizioni normative. Ciò avviene anche quando si affrontano le tematiche del diritto costituzionale. Ma non sempre con conseguenze commendevoli.

Come rilevato da Roberto Bin, talora ci si trova di fronte ad una «situazione

imbaraz-zante ma non affatto infrequente» 13, dato che «le categorie concettuali sono sempre

un’ap-prossimazione rispetto alla realtà»: quanto avviene nella realtà giuridica, infatti, non sem-pre è del tutto corrispondente con le «semplificazioni», le categorie concettuali, ovvero i modelli che sono stati precedentemente elaborati in via esegetica. Il rischio è quello di cer-care a ogni costo di far rientrare l’intera realtà fenomenologica, comunque essa si deter-mini in concreto, all’interno dei concetti, degli schemi, dei modelli già elaborati, in quan-to necessariamente e rigidamente inclusivi e qualificativi di ogni possibile evenquan-to. Questa tendenza, ricorda Bin, può determinare l’erronea qualificazione giuridica di un determina-to fenomeno, e la non corretta inclusione di un cerdetermina-to fatdetermina-to nell’ambidetermina-to di una data categoria con la conseguente attribuzione del relativo regime giuridico, così giustificando effetti giuri-dicamente rilevanti che invece, ad una più attenta e idonea lettura, risultano non propria-mente corrispondenti rispetto a quanto è prescritto dalle regole vigenti. E ciò ha indubbie conseguenze dal punto di vista del significato concretamente attribuito alle norme, tanto più quando si tratta di norme costituzionali e quando l’interpretazione è vincolante in quan-to ufficialmente fornita dal giudice delle leggi.

Come è stato detto con riferimento alla «nuova retorica» illustrata da Chaïm

Perel-10 In tal senso, H. Kelsen, Teoria generale del diritto e dello Stato (1945), trad. it. di S. Cotta e G. Treves,

Edi-zioni di Comunità, Milano, 1952, p. 15.

11 Così G. Tarello, Storia della cultura giuridica moderna. Assolutismo e codificazione del diritto, Il Mulino,

Bologna, 1976, p. 35.

12 Sull’indeterminatezza del diritto, la vaghezza delle norme e le tecniche di “costruzione giuridica”

utiliz-zate in sede di interpretazione, si rinvia alle riflessioni di R. Guastini, Prima lezione sull’interpretazione, Muc-chi Editore, Modena, 2019, in specie p. 11 ss., p. 25 ss. e p. 39

13 Così R. Bin, P. Caretti e G. Pitruzzella, Profili costituzionali dell’Unione europea. Processo costituente e

(4)

man 14, il sistema giuridico «non si presenta in modo formale ed impersonale come un

si-stema assiomatico», e la logica giuridica, che si svolge mediante le tecniche giuridiche di ar-gomentazione utilizzate in sede interpretativa e soprattutto giurisdizionale, ha «implicazio-ni sul piano politico ed istituzionale, in quanto dà una giustificazione logica ai vari modi con cui si articola il rapporto tra il legislatore ed il giudice», ovvero, possiamo aggiungere, tra la Costituzione e i suoi interpreti.

Invero, la predisposizione e l’impiego degli schemi, delle categorie e dei modelli con-cettuali sono indispensabili strumenti da utilizzare per la comprensione e l’applicazione del diritto, oltre che per la classificazione e la distinzione tra gli eventi disciplinati dal diritto; nello stesso tempo, non possono che essere il frutto in continua evoluzione delle metodo-logie interpretative. Tali tecniche vanno maneggiate senza eccessivi automatismi allorquan-do si presentano eventi o situazioni che presentano connotati, caratteri o profili per così dire pluridimensionali, cioè contemporaneamente riferibili ad una pluralità di modelli, schemi o concetti già definiti e sperimentati. In questi casi la metodologia interpretativa non può seguire modalità immutabili, restando, sempre ed a ogni costo, fedele a sé stessa. Di fronte a fenomeni connotati da significativi aspetti di novità, di evoluzione o di trasformazione rispetto al già giuridicamente sperimentato, le modalità di interpretazione devono oppor-tunamente e consapevolmente aggiornarsi, integrarsi o modificarsi, giungendo a risultati ese-getici, inevitabilmente, innovativi ed originali. Insomma, il processo di ritrovamento del di-ritto vivente, in quanto costantemente vivificato dalle attività di interpretazione, trova pe-culiari momenti di arricchimento di fronte ai fenomeni di nuovo conio rispetto a quelli già conosciuti ed analizzati.

A questo riguardo, non ci si può nascondere dietro una presunta «tecnicizzazione della scienza giuridica», che imporrebbe la standardizzazione e la neutralizzazione dell’attività in-terpretativa, affermando la sostanziale depoliticizzazione e la conseguente

deresponsabiliz-zazione «del ceto degli uomini della legge» 15. Infatti, l’analisi e l’interpretazione del

dirit-to, e soprattutto del diritto costituzionale, non possono non essere protagonisti di un

«si-stema in movimento» 16, che, come è stato ben detto, è soggetto a continue evoluzioni,

de-rivanti non soltanto dall’irrompere di nuove normative, ma anche «dall’intrinseco mutare degli indirizzi interpretativi e applicativi, pur restando fermi gli iniziali disposti della

Co-stituzione e delle leggi» 17. Insomma, del fatto che la Costituzione non possa dirsi

«imbal-samata» – secondo l’espressione utilizzata da Livio Paladin – sono responsabili anche i

giu-14 Le citazioni che seguono sono tratte da A. Giuliani, Presentazione, in Chaïm Perelman, Logica giuridica nuova retorica (1976), trad. it. a cura di G. Crifò, Giuffrè, Milano, 1979, p. VI ss.

15 Circa le ragioni storiche che hanno favorito il processo di tecnicizzazione della scienza giuridica, in

col-legamento con il correlativo processo di depoliticizzazione e deresponsabilizzazione «delle attività giuridiche professionali», si veda sempre G. Tarello, Storia della cultura giuridica moderna, cit., p. 16, il quale sottolinea poi che il processo «sta per capovolgersi a favore di un nuovo processo di detecnicizzazione della scienza giuri-dica e di responsabilizzazione, in senso politico, del ceto giuridico».

16 Così G. Lazzaro, L’interpretazione sistematica della legge, Giappichelli, Torino, 1965, p. 139, come

ri-cordato da L. Paladin, Le fonti del diritto italiano, cit., p. 110.

(5)

risti che sono chiamati a fornirne l’interpretazione, soprattutto quando tale interpretazio-ne è posta a fondamento del sindacato di costituzionalità, di quel sindacato giurisdizionale cioè cui spetta fornire, di volta in volta, il significato giuridicamente vincolante delle di-sposizioni costituzionali vigenti.

A questo proposito, con particolare riferimento ai problemi che si pongono sia nella predisposizione che nell’interpretazione del diritto costituzionale, sempre Roberto Bin ha ricordato gli «affascinanti problemi di geometria» che sono stati affrontati mediante l’ela-borazione degli «oggetti frattalici», ed ha richiamato la difficoltà di affrontare la complessità o addirittura la «infinita varietà del concreto» – secondo l’espressione utilizzata dalla stessa

Corte costituzionale – mediante le semplificazioni per tipi o per modelli 18. In particolare,

si tratta di quell’evoluzione degli studi nel campo della geometria e della matematica, al-lorché alle forme geometriche tradizionali e semplificate che erano state elaborate da Eu-clide sulla base delle tre dimensioni classiche (la retta, la figura piana ed il solido), si sono aggiunte ulteriori forme geometriche, vale a dire i frattali, che si contraddistinguono per una loro particolare e specifica proprietà matematica – quella, in parole semplici, di rap-presentare una dimensione «frazionaria» che non coincide e dunque si colloca in posizione intermedia tra le dimensioni cosiddette tipiche – che li rende intrinsecamente diversi dalle figure geometriche tradizionali. Mediante queste forme geometriche innovative, tra l’altro, si sono potuti descrivere in modo molto più simile alla realtà fenomenologica alcuni og-getti di rara bellezza che sono offerti dalla natura, come, ad esempio, i cristalli presenti nei fiocchi di neve.

Gli oggetti frattalici hanno un’ulteriore caratteristica che li rende ancor più affascinanti ai nostri occhi: se osservati con estrema attenzione, le forme frattaliche ripetono all’infini-to la stessa figura su scala sempre più piccola. Ciascuna singola ed infinitesimale parte del frattale riproduce l’intera figura vista nella sua totalità ed in ogni suo dettaglio: pur essen-do una singola parte costitutiva dell’intero, una sua parte si presenta, nello stesso tempo, con la stessa configurazione del frattale tutto. A ben vedere, questa proprietà degli oggetti frattalici rispetta un principio che, nel mondo del diritto, si considera applicabile alle re-gole volte ad assicurare, senza reciproche antinomie, la pacifica ed ordinata convivenza dei consociati: ciascuna regola di comportamento, da quelle dotate in massimo grado da ge-neralità ed astrattezza sino a quelle che si pongono a più stretto contatto con ambiti ogget-tivi delimitati e con ambiti soggetogget-tivi circoscritti, non solo è parte costitutiva del comples-sivo assetto prescrittivo dell’intera organizzazione sociale, ma deve anche porsi in rapporto di coerenza e di non contraddizione con ciascuna altra regola e con l’ordinamento tutto.

Ed allora, quando, dal punto di vista del diritto costituzionale, ci si trova di fronte a fe-nomeni giuridicamente non classificabili in modo automatico secondo le tradizionali ca-tegorie concettuali, possiamo dire che ci troviamo di fronte ad oggetti frattalici che richie-dono particolare scrupolo di analisi. In questi casi è arduo procedere all’automatica applica-zione delle classificazioni, degli schemi e dei modelli che, seppure parzialmente conferenti ad alcuni aspetti o profili di questo specifico oggetto, indurrebbero ad attribuire

(6)

te un regime giuridico che, complessivamente, non appare propriamente coerente con l’og-getto stesso. Ed allora si avverte l’opportunità – se non la necessità – di ricorrere all’elabora-zione di classificazioni, schemi e modelli non tradizionali, o comunque innovativamente capaci di dare conto delle specificità dell’oggetto frattalico.

Da ciò discende che gli oggetti frattalici, proprio perché sono testimonianza concreta dell’insopprimibile varietà e novità del giuridicamente esistente, impongono quindi all’in-terprete, soprattutto quando si opera nel campo della giurisdizione costituzionale, di non restare fermo, ma di procedere, anche con coraggio intellettuale, alla rinnovazione o quan-to meno all’integrazione di quanquan-to precedentemente elaboraquan-to in sede di esegesi del detta-to costituzionale e, dunque, di ritrovamendetta-to della Costituzione vivente. Dal pundetta-to di vista del diritto costituzionale, certo, lo sforzo dell’interprete non può che essere quello di con-siderare, valutare e qualificare, cioè, in una sola parola, interpretare anche la fenomenolo-gia per così dire atipica all’interno del quadro risultante dalle regole e dai principi costitu-zionali, in modo tale che anche la specifica disciplina giuridica di tali eventi sia frattalica-mente coerente, e dunque complessivafrattalica-mente corrispondente, all’intero ordinamento costi-tuzionale. Ci si può porre, allora, qualche domanda: nei processi interpretativi che hanno ad oggetto o che comunque affrontano fenomeni giuridicamente così peculiari, quanto deve ri-manere fermo del prodotto esegetico già determinato e consolidato, e quanto invece deve essere innovato, integrato e modificato proprio a causa ed in ragione della presenza di questi eventi particolari? Insomma, se è evidente che gli oggetti frattalici non possono che presen-tarsi – e dunque essere considerati – come fattori di innovazione della sfera giuridica costi-tuzionalmente rilevante, con quale finalità di innovazione del diritto vivente deve svolgersi l’attività interpretativa che, muovendosi sul crinale, spesso periglioso ed indistinto, tra regole e principi, tra diritto prescritto e diritto vivente, valuta e qualifica tali fenomeni, anche al fine di precisarne ed indirizzarne il corretto svolgimento dal punto di vista costituzionale?

In via generale, a nostro avviso, proprio affinché un oggetto frattalico sia correttamente qualificato ai sensi del diritto costituzionale, devono considerarsi positivamente quelle in-novazioni derivanti dall’attività esegetica che siano volte all’inserzione degli oggetti fratta-lici all’interno dell’ordinamento costituzionale perseguendo la finalità dell’effettivo

inve-ramento ovvero della concreta stabilizzazione 19 e, quindi, del complessivo rafforzamento

delle regole della Costituzione e soprattutto dei principi da questa desumibili, la finalità, cioè, di garantire o anche di ampliare, nella misura possibile in concreto, la sfera di appli-cazione della Costituzione. Diversamente, vanno considerate criticamente quelle soluzioni interpretative che, innanzi ai dilemmi posti dall’inserimento degli oggetti frattalici nel qua-dro complessivo dell’ordinamento costituzionale, sono destinate a determinare innovazio-ni giuridicamente rilevanti che contraggano o riducono l’efficacia e la vincolatività della Costituzione, nelle sue singole parti o, addirittura, nei principi fondamentali che la con-notano. Infatti, soltanto perseguendo la prima finalità si assicura e si rispetta, per così dire,

19 Sul processo di concretizzazione dei principi costituzionali nella “stabilizzazione della vita

costituziona-le” dell’ordinamento, e sul rilievo delle condizioni di ordine giuridico-fattuale che ciò necessariamente com-porta, si rinvia a C. Esposito, voce Consuetudine (dir.cost.), in Enc. dir., IX, Giuffrè, Milano, 1961.

(7)

quella sopra ricordata proprietà degli oggetti frattalici che deve considerarsi intrinsecamente coerente con il mondo del diritto, tanto più nei sistemi a Costituzione rigida: la coerenza di ogni singola porzione dell’ordinamento con l’intera configurazione di questo, ovvero, dal nostro punto di vista, con quella configurazione che risulta prescritta delle norme po-ste dalle fonti di rilievo costituzionale.

3. Alcuni esempi di oggetti frattalici e corrispondenti tecniche interpretative

nell’e-sperienza giurisprudenziale.

A tal proposito, si intendono adesso sinteticamente tratteggiare alcuni esempi di ogget-ti frattalici che negli ulogget-timi tempi si sono manifestaogget-ti nell’esperienza del diritto cosogget-tituzio- costituzio-nale, esempi che dimostrano le difficoltà incontrate e le strategie seguite nell’interpretazio-ne effettuata in sede giurisdizionale innanzi al verificarsi di situazioni o atti che si sono particolarmente distinti rispetto a quanto già normalmente verificato e sperimentato in prassi, proprio perché connotati da specifici tratti di originalità, novità e peculiarità.

Il primo esempio proviene dall’esperienza straniera e nello stesso tempo ci interessa da vicino: si tratta, infatti, di una delicata problematica di diritto costituzionale che è scaturi-ta nel corso della Brexit, cioè di quel laborioso percorso di recesso dall’Unione europea

che, per la prima volta nella storia del processo di integrazione europea 20, è stato avviato

dal Regno unito a partire dal referendum consultivo del 23 giugno 2016. Si tratta di un percorso che, al momento in cui si scrive, è ancora indeterminato nei suoi effettivi e con-clusivi sviluppi, e che ha posto una delicatissima questione, ovviamente mai affrontata in precedenza, dal punto di vista del diritto costituzionale. La questione riguardava, per l’esat-tezza, l’attribuzione della titolarità del potere statuale previsto dall’art. 50 del Trattato sull’Unione europea, là dove si consente a ciascuno Stato membro della UE di «decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione». Respingendo la tesi sostenuta dal Governo di Sua Maestà, secondo cui l’attivazione della Brexit dovesse rientrare nella prerogativa regia (ovvero nei cosiddetti Royal Prerogative Powers) e dunque

spettasse all’esecutivo, sia la High Court of Justice of England and Wales 21 con la cosiddetta

sentenza Miller, che, in sede d’appello, la United Kingdom Supreme Court 22, hanno

affer-mato – e dunque imposto – la necessità dell’intervento del Parlamento mediante un appo-sito atto legislativo.

20 I precedenti storici di separazione di alcuni territori o interi Paesi rispetto all’ordinamento comunitario e

poi europeo, infatti, erano ben diversi (il caso dell’Algeria dichiaratasi indipendente dalla Francia nel 1962; la Groenlandia in seguito ad un referendum del 1979; e una collettività d’oltre mare francese, Saint-Barthélemy, nel 2012), e soprattutto non avevano posto problemi dal punto di vista dell’ordinamento costituzionale dello Stato membro dell’Unione.

21 Si veda la sentenza del 3 novembre 2016, [2016] EWHC 2768 (Admin) R(Miller) v. Secretary of State for Exiting the EU.

22 Si veda la sentenza del 24 gennaio 2017, [2017] UKSC 5, in cui in particolare si è richiesto l’intervento

(8)

Ciò che qui rileva è che i giudici interpellati si sono trovati di fronte ad un evidente og-getto frattalico (nel senso sopra specificato), in cui si presentavano, quasi come un puzzle ad incastro, profili di diritto internazionale pubblico, aspetti di diritto comunitario e poi eu-ropeo, e principi di diritto costituzionale interno. Per risolvere il dilemma in esame, è evi-dente, non si sarebbero potuto utilizzare soltanto gli schemi concettuali del diritto inter-nazionale (in relazione alle modalità che disciplinano cogentemente come gli Stati assu-mono impegni di rilievo internazionale e possono recederne), o quelli del diritto comuni-tario e poi europeo (circa le regole che riguardavano l’originaria adesione del Regno Unito alla Comunità europea, poi divenuta l’Unione europea, e quelle che successivamente han-no espressamente previsto il recesso dall’Unione), o quelli del diritto costituzionale in sen-so stretto (da un lato, circa le procedure di diritto interno che erano state seguite per ade-rire alla Comunità poi divenuta Unione europea, e, dall’altra parte, circa i principi e le re-gole, di diritto consuetudinario e scritto, che presiedono alla ripartizione dei poteri tra il Sovrano, il Governo e il Parlamento).

Di fronte al rilevantissimo dilemma di ordine politico-costituzionale posto dai ricor-renti, le Corti britanniche hanno seguito una strategia esegetica di carattere composito e in sé e per sé inevitabilmente innovativa, e che, dunque, è stata considerata necessaria per tenere insieme, in modo reciprocamente coordinato, i principi e le regole contemporanea-mente derivanti dall’ordinamento internazionale, dall’ordinamento dell’Unione europea e da quello statuale. Così, provando a legare coerentemente tra loro i molteplici fili provenien-ti dai disprovenien-tinprovenien-ti ordinamenprovenien-ti, si è giunprovenien-ti ad una soluzione non solo ampiamente ricca di argo-mentazioni – tanto da essere confermata in appello, seppure con qualche inevitabile precisa-zione ed aggiustamento – ma anche e soprattutto successivamente accettata, e quindi con-cretamente applicata, da tutti i vertici politici dello Stato, che pure, inizialmente, si poneva-no su posizioni molto divaricate. Il principio in tal modo scaturito dall’interpretazione giuri-sdizionale del diritto costituzione vivente si è quindi inserito a pieno titolo nell’ordinamento del Regno Unito, e, per di più, è divenuto una pietra miliare di cui le Corti supreme o costi-tuzionali degli altri Stati membri non potranno non tener conto nell’evoluzione della rispet-tiva giurisprudenza.

È stato detto, circa la prima sentenza, che essa reca un «impianto motivazionale che scava sino alle fondamenta del sistema costituzionale britannico per individuare i valori sui quali operare il bilanciamento tra le funzioni spettanti ai due pilastri della forma di governo, alla ricerca dei reciproci confini tra discrezionalità politica e protezione dei diritti fonda-mentali»; e, circa la sentenza d’appello, che si presenta come «un vero e proprio trattato di

diritto costituzionale» 23. Queste corrette considerazioni sottolineano uno specifico

caratte-re che è comune al percorso argomentativo seguito dalle Corti nelle due sentenze Bcaratte-rexit: i giudici, dovendo affrontare la pluridimensionalità ordinamentale della questione giuridica in cui si intrecciavano – secondo le sopra ricordate modalità frazionarie che sono tipiche degli oggetti frattalici – il diritto internazionale, quello europeo e quello statuale, hanno

23 Così C. Martinelli, L’isola e il continente: un matrimonio d’interesse e un divorzio complicato. Dai discorsi di Churchill alle sentenze Brexit, in Rivista AIC, n. 1/2017, in specie, rispettivamente, p. 34 e p. 37.

(9)

infine risolto le questioni sottoposte applicando quale chiave di volta e, dunque, in senso conclusivamente decisivo un principio-cardine che è proprio non solo dell’ordinamento costituzionale del Regno Unito, ma di ogni assetto istituzionale che si richiama ai canoni della democrazia rappresentativa: la sovranità del Parlamento che rappresenta l’intera collet-tività (e, pertanto, del Parlamento del Regno Unito, e non dei Parlamenti territoriali cui so-no devolute specifiche competenze), e a cui, quindi, spetta decidere in via ultima sulle de-cisioni «which effects a fundamental change in the constitutional arrangements of the United

Kingdom» 24. E ciò a prescindere dal peso politico che possa attribuirsi al voto popolare già

espresso con il referendum consultivo del 2016, proprio perché in questi ristretti termini il

referendum era stato espressamente previsto dalla legge 25 con la quale il Parlamento lo

ave-vo consentito.

Insomma, nella ricostruzione del diritto costituzionale vivente offerta dalle Corti del Re-gno Unito sul caso Brexit, quando si incrociano regole e principi derivanti da più ordina-menti e, nello stesso tempo, sono in giuoco cambiaordina-menti fondamentali per il futuro asset-to dell’ordinamenasset-to statuale tutasset-to, deve prevalere un principio irrinunciabile derivante da-gli «strumenti del diritto costituzionale» interno – ovvero la garanzia dell’effettività del po-tere sovrano spettante all’istituzione che rappresenta, democraticamente e nel grado più ele-vato, l’intera collettività – rispetto a quelli eventualmente provenienti dall’ordinamento

sovranazionale o da quello internazionale 26. La «scomposizione e la ricomposizione» di cui

parlava Carnelutti a proposito dell’analisi giuridica, forse anche richiamandosi alle pur di-stinte impostazioni accolte dalla logica aristotelica e dalla logica cartesiana, hanno fatto sì che i giudici britannici siano pervenuti ad una soluzione interpretativa che deve ritenersi coerente con la connotazione primordiale della democrazia accolta nel sistema costituzio-nale del Regno Unito, e, nello stesso tempo, compatibile con i vincoli assunti da quest’ul-timo verso gli ordinamenti esterni. La storia dirà, poi, se questa soluzione corrisponderà davvero agli interessi della collettività democraticamente rappresentata dal Parlamento.

Anche il successivo esempio, stavolta tratto dal nostro ordinamento, si caratterizza sem-pre per il fatto che, innanzi ad un evento sem-precedentemente non sperimentato a livello stituzionale, sono sorte accese controversie interpretative allorché si è posto al giudice co-stituzionale il problema di procedere alla corretta ricomposizione di tale oggetto frattalico rispetto al dettato costituzionale. E sono state altrettanto differenziate le posizioni espresse

dalla dottrina 27 rispetto alla soluzione adottata dalla Corte costituzionale con una

senten-24 Così nel par. 78 della sent. [2017] UKSC 5.

25 Esattamente, lo European Union Referendum Act approvato il 17 dicembre 2015.

26 Sull’utilizzo «degli strumenti del diritto costituzionale» nel caso Brexit, si vedano le riflessioni di F.

Sava-stano, Uscire dall’Unione europea. Brexit e il diritto di recedere dai Trattati, Giappichelli, Torino, 2019, in spe-cie p. 163.

27 Sulle diverse posizioni assunte dalla dottrina, si veda, ad esempio, il Dibattito sulla sentenza della Corte costi-tuzionale n. 1 del 2014, dichiarativa dell’incostituzionalità di talune disposizioni della L. n. 270 del 2005, in Giur. cost., 2014, p. 629 ss.; per una complessiva ricostruzione delle questioni problematiche affrontate nelle due ricorda-te senricorda-tenze in maricorda-teria elettorale, si rinvia a G. Ferri, I sisricorda-temi elettorali delle Camere dopo le senricorda-tenze della Corricorda-te costi-tuzionale (n. 1/2014 e n. 35/2017) e la legge n. 165/2017, in Osservatorio sulle fonti, n. 3/2017, in specie pp. 4 ss.

(10)

za che ha fatto davvero storia e che, nella logica ricostruttiva del dettato costituzionale, è stata ribadita, con fermezza, da una successiva pronuncia.

Si tratta, più esattamente, di due sentenze, la n. 1 del 2014 e la n. 35 del 2017, pro-nunciate in relazione a questioni di costituzionalità sollevate in via incidentale nei con-fronti delle leggi elettorali rispetto a limiti che non trovano espressa disciplina nella Costi-tuzione, ma che pure, secondo quando affermato dalla Corte costituzionale in queste stes-se stes-sentenze, sono desumibili in via interpretativa dalle disposizioni costituzionali vigenti, così determinando il diritto costituzionale vivente in ordine alla legislazione elettorale. In particolare, a seguito di alcuni interventi monitori cui il legislatore non aveva dato

ascol-to 28, la Corte ha individuato alcuni principi e obiettivi di rilievo costituzionale che il

legi-slatore deve rispettare nella determinazione del procedimento elettorale degli organi parla-mentari, e la cui violazione può essere sindacata dalla Corte nell’ambito di giudizi di costitu-zionalità sollevati formalmente in via incidentale dai giudici, ma, sostanzialmente, attivati mediante una sorta di accesso «quasi-diretto» azionabile da parte dei comuni cittadini, e, per di più, pure nei confronti di leggi elettorali non ancora concretamente applicate. Più esat-tamente, da un lato, la Corte ha considerato il principio democratico posto a garanzia della rappresentatività degli organi elettivi, e i principi della libertà e dell’eguaglianza del voto; dall’altro lato, la Corte ha sottolineato gli obiettivi della stabilità del governo e dell’efficienza del sistema decisionale.

Applicando tale soluzione interpretativa del tutto innovativa, la Corte è intervenuta per cancellare gravi vizi di costituzionalità delle leggi elettorali, dandosi così luogo ad una modalità di tutela della Costituzione che, con queste forme così incisive e rilevanti, mai era stata affermata e realizzata in precedenza. I predetti principi ed obiettivi, a seguito delle cita-te sencita-tenze, costituiscono ormai un complessivo blocco di costituzionalità di cui il Parla-mento ormai non può non tener conto, a pena di subire possibili ed ulteriori censure. In particolare, dalle sentenze risulta che i predetti obiettivi di rilievo sostituzionale possono essere perseguiti dal legislatore mediante l’introduzione di appositi meccanismi correttivi nel limite della ragionevolezza, ovvero senza comportare limitazioni, deviazioni o compres-sioni dei suddetti principi da considerarsi eccessive ricorrendo al principio di ragionevolezza

verificabile mediante uno scrutinio stretto di proporzionalità 29. In altri termini, anche se

manca un preciso assetto della legislazione elettorale già predeterminato dalla Costituzione stessa, la Corte, mediante il ricorso al sindacato di ragionevolezza, ha voluto sancire che nella materia elettorale la libera volontà politica del Parlamento non è illimitata, ma è assoggettata a quel controllo di costituzionalità che si caratterizza per il fatto che si met-tono a confronto – mediante argomentazioni logico-razionali, ovvero, per l’appunto, verificando la correttezza del bilanciamento effettuato dal legislatore – fondamentali

in-28 Infatti, le sentenze citate nel testo sono seguite ad alcuni interventi monitori della Corte costituzionale

che aveva ripetutamente segnalato la necessità di correggere alcune gravi distorsioni presenti nella legislazione elettorale approvata nel 2005; si vedano le sentenze n. 15 e n. 16 del 2008, e la sentenza n. 13 del 2012.

29 Più analiticamente, si rinvia a G.M. Salerno, La sentenza sulla legge n. 52 del 2015: potenzialità e confini del giudizio di costituzionalità sulle leggi elettorali, in Quaderni costituzionali, 2017, n. 1, p. 98.

(11)

teressi costituzionalmente rilevanti e contemporaneamente in giuoco, a partire dalla de-mocraticità degli organi della rappresentanza politica e dalla libertà ed eguaglianza del vo-to eletvo-torale.

Le innovative soluzioni adottate dalla Corte con le predette sentenze, hanno comportato, in entrambi i casi, il ribaltamento della logica del sistema elettorale stabilito dal legislatore: con la prima sentenza, in particolare, la Corte ha praticamente cancellato l’impianto mag-gioritario della legge e lo ha sostituito con un sistema pressoché proporzionale, così come, con la seconda sentenza, ha prodotto la cancellazione di un aspetto essenziale del meccani-smo previsto dal legislatore, ovvero la soppressione del turno di ballottaggio cui doveva ri-corrersi se nessuna lista avesse raggiunto almeno il 40% dei voti al primo turno. Come è stato detto in relazione alla prima sentenza da un ex-presidente della Corte costituzionale, è stata «forse la decisione più legislativa che la Corte abbia mai pronunciato. Apparente-mente elimina pezzi di legge, in realtà vale come ribaltamento della sua logica perché sosti-tuisce un sistema maggioritario con uno puramente proporzionale. A mia memoria,

un’o-perazione del genere non era mai stata tentata» 30. Per di più, la Corte ha reinterpretato, in

modo senz’altro espansivo ed innovativo rispetto al passato, le disposizioni legislative che disciplinano le condizioni cui è subordinata l’ammissibilità delle questioni sollevate in via incidentale, proprio al fine di evitare zone franche su questo ambito delicatissimo per il corretto funzionamento della democrazia rappresentativa.

Insomma, con le predette sentenze relative alle leggi elettorali, la Corte, posta innanzi a situazioni assai peculiari e che qui abbiamo definito come oggetti frattalici, si è spinta sino a conclusioni precedentemente non sperimentate, sia estendendo l’efficacia vincolante dei principi costituzionali relativi alla strutturazione democratica degli organi della rappresen-tanza politica nazionale, sia ampliando le potenzialità del sindacato di costituzionalità atti-vabile in via incidentale. Ed alcune categorie concettuali spesso utilizzate nella giurispruden-za, come la ragionevolezza e il bilanciamento, sono state applicate in modo da consentire di trovare un originale punto di equilibrio tra la discrezionalità del legislatore e l’irrinuncia-bile garanzia di principi fondamentali per il corretto funzionamento della democrazia rap-presentativa.

In conclusione, sia nelle sentenze Brexit che in quelle elettorali della nostra Corte costi-tuzionale, il ricorso giurisprudenziale ad innovative modalità interpretative ha consentito di affrontare le inconsuete problematiche poste dagli oggetti frattalici che sono emersi nel-la realtà effettuale, mediante l’individuazione di soluzioni volte a mantenere, rendere effet-tiva o anche ampliare la tutela di principi essenziali dell’ordinamento costituzionale. In en-trambi i casi si è incrementata la concreta garanzia di principi considerati necessari per la permanenza della democrazia rappresentativa. Innanzi al verificarsi di situazioni o eventi frattalici nel senso qui proposto, quindi, i giudici supremi o costituzionali hanno persegui-to la finalità dell’effettivo inveramenpersegui-to, della concreta stabilizzazione e, quindi, del com-plessivo rafforzamento delle regole della Costituzione e soprattutto dei fondamentali

prin-30 Così si è espresso, subito dopo il comunicato in cui si annunciava in sintesi il contenuto della sentenza,

(12)

cipi democratici in essa espressi, la finalità, cioè, di garantire ovvero anche di estendere, nella misura possibile in concreto, la sfera di applicazione della Costituzione. E proprio queste considerazioni, a nostro avviso, devono indurre a considerare con fiducia e, comun-que, senza pregiudiziale sospetto gli sforzi esegetici così compiuti e le soluzioni che, in-fine, sono state elaborate innanzi alle non facili sfide dilemmatiche che si sono dovute affrontare.

Riferimenti

Documenti correlati

[r]

Per corrispondere alle vocazioni del territorio e alle esigenze poste dall’innovazione tecnologica e dai fabbisogni espressi dal mondo del lavoro e delle

Così si garantiva la maggior proprietà della terra allo Stato, spezzando il grande latifondo privato, considerato una delle più essenziali manchevolezze del sistema economico cubano

professionali possono utilizzarli per svolgere, sulla base delle scelte compiute dalle Regioni nell’esercizio della delle scelte compiute dalle Regioni nell esercizio della

• 3° e 4° anno: + 30% di flessibilità degli orari dell’area di indirizzo (per articolare opzioni legate al mondo del lavoro, delle professioni, del territorio). •5° anno: + 35%

L’Organismo di Vigilanza, formato da persone indipendenti nel ruolo, è l’ente istituito per vigilare sul rispetto del Codice Etico e del Modello Organizzativo da parte di tutti

5) si sollecita l'introduzione, all'articolo 8, di una disposizione volta a riconoscere agli istituti professionali di Stato la facoltà di assicurare

In una società che vive sempre più a lungo, con bisogno sempre più sentito di benessere, crescono le attività orientate alla soddisfazione dei bisogni di salute individuali e