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Digital tools to combat educational poverty: examples of best practices. Strumenti digitali per contrastare la povertà educativa: esempi di best practices

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Academic year: 2021

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ISSN: 2038-3282

Pubblicato il: ottobre 2020

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Registrazione Tribunale di Frosinone N. 564/09 VG

Digital tools to combat educational poverty: examples of best practices

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Strumenti digitali per contrastare la povertà educativa: esempi di best

practices

di Alessia Scarinci alessia.scarinci@uniba.it Alessandro Barca alessandro.barca@uniba.it

Università degli Studi “A. Moro” di Bari

Abstract

Technology, now for more than a decade, has entered the world of teaching in a predominant way, causing unconditional enthusiasm thanks to the myriad of possibilities offered by the countless applications and, at the same time, fears and harsh criticisms, especially for the consequences related to excessive time spent browsing the web. But beyond hyperconnection, for years the greatest concern has been the thought that technology could represent the end of education and not

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Sebbene gli autori abbiano condiviso l’elaborazione dell’intero articolo, si attribuisce ad Alessia Scarinci la scrittura del paragrafo: “Il ruolo della tecnologia nella pratica didattica per contrastare la povertà educativa: mission impossible?”; ad Alessandro Barca la scrittura del paragrafo: “Ripensare la scuola: un nuovo agire didattico per non spegnere gli entusiasmi di docenti e studenti.” e delle “Conclusioni”.

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the means, the tool to help the "weakest" subjects, to make up for some shortcomings in pupils with needs special education, to facilitate certain learning styles, to combat educational poverty.

The pandemic period that has just ended has highlighted the true nature of technology applied to teaching which, integrating with the educational and training project, has represented a real resource, an added value, an indispensable support for the group-class for the teacher and for the single pupil giving the opportunity to work interactively and cooperatively. There is certainly still a lot to work on and surely Covid-19 has revealed some gaps that are also at the basis of social inequality; the same Ministry of Education and the EU through the European Social Funds, including the importance of digital in teaching, they propose "adaptation and functional adaptation of digital spaces and classrooms (Smart class, classrooms 3.0, etc.) and implementation of projects aimed at contrasting the risk of early educational failure and educational poverty ”as a consequence of the Covid-19 health emergency.

With this contribution we intend to demonstrate, through the work done by students of Primary Education Sciences, how technologies and in particular digital tools can help and support teachers and pupils, facilitating especially those with special educational needs.

Keywords: Digital tools, educational poverty, social inequality. Abstract

La tecnologia, oramai da più di un decennio, è entrata in maniera preponderante nel mondo della didattica provocando incondizionati entusiasmi grazie alle miriadi di possibilità offerte anche dalle innumerevoli applicazioni e, allo stesso tempo, timori e aspre critiche soprattutto per le conseguenze legate all’eccessivo tempo dedicato alla navigazione sul web. Ma oltre l’iperconnessione, la preoccupazione maggiore è stata per anni il pensare che la tecnologia potesse rappresentare il fine dell’educazione e non il mezzo, lo strumento per aiutare i soggetti più “deboli”, per sopperire ad alcune mancanze in alunni con bisogni educativi speciali, per agevolare taluni stili di apprendimento, per contrastare la povertà educativa.

Il periodo pandemico appena trascorso ha messo in evidenza la vera natura della tecnologia applicata alla didattica che integrandosi con il progetto educativo e formativo, ha rappresentato una vera risorsa, un valore aggiunto, un supporto indispensabile per il gruppo-classe per il docente e per il singolo alunno dando la possibilità di lavorare in modo interattivo e cooperativo. Sicuramente c’è ancora tanto su cui lavorare e sicuramente il Covid-19 ha fatto emergere alcune lacune che sono anche alla base della diseguaglianza sociale; lo stesso Ministero della Pubblica Istruzione e l’U.E. attraverso i Fondi Sociali Europei, compresa l’importanza del digitale nella didattica, propongono “interventi di adeguamento e adattamento funzionale degli spazi e aule digitali (Smart class, aule 3.0, ecc) e realizzazione di progetti volti al contrasto del rischio di fallimento formativo precoce e di povertà educativa” in conseguenza all’emergenza sanitaria Covid-19.

Con questo contributo intendiamo dimostrare, attraverso i lavori svolti dagli studenti di Scienze della Formazione Primaria, come le tecnologie ed in particolare i tools digitali possano aiutare e sostenere i docenti e gli alunni, facilitando soprattutto quelli con bisogni educativi speciali.

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1. Il ruolo della tecnologia nella pratica didattica per contrastare la povertà educativa:

mission impossible?

La tecnologia, oramai da più di un decennio, è entrata in maniera preponderante nel mondo della didattica provocando incondizionati entusiasmi grazie alle miriadi di possibilità offerte anche dagli innumerevoli tools e, allo stesso tempo, timori e aspre critiche soprattutto, ma non solo, per le conseguenze legate all’eccessivo tempo dedicato alla navigazione sul web. Con il periodo pandemico legato all’emergenza da Covid-19 che stiamo vivendo questo suo ingresso è diventato fondamentale e allo stesso tempo ha reso necessario un ripensamento critico sul suo ruolo nella pratica didattica.

Come ben sappiamo dal mese di marzo 2020, a causa dell’emergenza sanitaria per il Covid-19, sono emersi problemi non solo di natura sanitaria e finanziaria, ma anche educativa e formativa (Baldwin, Weder, Di Mauro, 2020). Oltre cento Stati nel mondo hanno chiuso scuole e università, e altri 85 Stati, agli inizi di aprile, a causa della pandemia, hanno dovuto optare per la medesima decisione.

Sebbene ogni governo abbia deciso autonomamente rispetto alle modalità e ai tempi di chiusura, nel complesso, secondo i dati divulgati dall’UNESCO, circa un miliardo e mezzo di studenti di ogni ordine e grado, dall’esordio della pandemia, hanno dovuto interrompere la loro esperienza formativa in presenza. I primi sono stati, all’inizio del 2020, gli studenti cinesi, iraniani e giapponesi a cui si sono aggiunti quelli del Qatar e del Kuwait per poi giungere alle istituzioni della Siria, della Giordania e del Libano. Da qui, il lockdown ha seguito lo stesso percorso del virus, che geograficamente si configura come un tracciato da Est a Ovest, per cui, in successione, sono state chiuse anche le scuole in Europa. Dopo l’Italia anche Irlanda, Grecia, Romania, Polonia, Danimarca, Austria, Slovenia, Repubblica Ceca, Croazia, Bosnia-Erzegovina e Svizzera hanno dovuto interrompere le attività didattiche in presenza.

In Italia, come in altri Stati, le scuole, intese come luoghi fisici, come aule fatte di banchi, cattedre e lavagne, hanno chiuso i battenti insieme alla didattica presenziale; non si è interrotta invece la didattica tout court che, seppur con tempi e modalità diverse da scuola a scuola, ha proseguito nella sua forma a distanza.

È la prima volta, dalla fine della seconda guerra mondiale, che l’istruzione conosce un blackout su scala globale. L’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per la Cultura e l’Istruzione) ad oggi sta ancora monitorando tale situazione e ha lanciato un allarme per l’emergenza culturale, quale ulteriore conseguenza di quella sanitaria. Infatti di tutti gli Stati che hanno aderito al lockdown, per ciò che concerne l’aspetto formativo-didattico, solo il 15% ha sperimentato l’unica strategia possibile: la Didattica a Distanza il cui acronimo è DaD.

Anche nel caso della DaD, purtroppo, gli esiti non sono sempre felici ed uniformi soprattutto per le disparità nell’accesso ai mezzi di informazione e comunicazione. Il digital divide, quindi, si configura come ulteriore problematica da risolvere a breve giro poiché comporta un divario culturale sia laddove l’apprendimento online sembra un miraggio, che nei contesti sviluppati e industrializzati; infatti i moderni device digitali stigmatizzano l’estraneità ai processi di e-learning, non solo di alcune aree geografiche, considerate periferiche, ma anche di fasce di popolazione nei Paesi considerati “più evoluti” (Chetty et all., 2018; Leto, Paradiso e Sarno, 2016).

Alcune aree del mondo in realtà stanno vivendo da tempo un lockdown non solo economico ma anche formativo, che condiziona e condizionerà il futuro di diverse generazioni, e il Covid-19 è solo l’ultima causa di un blackout culturale; benché infatti alcuni Stati si stiano modernizzando,

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tuttavia il digital divide, così come la povertà educativa, è ancora una condizione concreta e

frequente.

In Italia le cose non vanno poi molto meglio; secondo il rapporto di Save the Children, all’aggravarsi della deprivazione materiale si aggiunge anche la deprivazione educativa e culturale di bambini, adolescenti e giovani, dovuta alla chiusura prolungata delle scuole, delle università e degli spazi educativi della comunità ed al confinamento a casa con il lockdown. Una privazione prolungata che rischia di avere effetti di lungo periodo sull’apprendimento e, più in generale, sulla dispersione scolastica, che già mostrava tendenze negative prima della crisi e che colpirà particolarmente i minori che vivono in famiglie in condizione di svantaggio socio-economico e culturale, le cui esigenze immediate, oggi, sono ancor più focalizzate a garantire la disponibilità dei beni materiali essenziali, a scapito dell’investimento in educazione (Save the Children 2020). Guardando i dati ISTAT del 2018 (Istat, 2018), erano circa un milione 260 mila i bambini e gli adolescenti che vivevano in Italia in povertà assoluta intesa come impossibilità di accesso ad un paniere di beni e servizi essenziali per una vita quotidiana dignitosa. Nel 2008 i bambini in povertà assoluta erano 375 mila ed 1 milione 260 mila coloro i quali vivevano in una condizione di povertà relativa, ossia in famiglie dove la spesa per consumi è inferiore alla spesa media mensile pro-capite nel Paese (Save the Children 2020).

A distanza di circa dieci anni dalla crisi del 2008, una larga parte di questi ultimi (che vivevano in una condizione di deprivazione, ma che potevano comunque acquistare beni e servizi essenziali), è scivolata quindi nella condizione di povertà assoluta. Ciò ci fa comprendere come povertà economica e povertà educativa si alimentino a vicenda, in quanto la carenza di mezzi culturali e di reti sociali riduce anche le opportunità occupazionali. Allo stesso tempo, le ristrettezze economiche limitano l’accesso alle risorse culturali e educative, costituendo un ostacolo oggettivo per bambini, ragazzi e giovani che provengono da famiglie svantaggiate. Questa condizione nel breve periodo mina il diritto alla realizzazione e alla gratificazione personale; nel lungo periodo, invece, riduce la stessa probabilità che da adulto, il minore riesca a sottrarsi da una condizione di disagio economico e non solo.

La povertà educativa, al contrario di quella economica, è una povertà che nessuno vede, nessuno denuncia, ma che agisce sulla capacità di ciascun ragazzo di scoprirsi e coltivare le proprie inclinazioni e il proprio talento. Paradossalmente, l’attuale chiusura, a causa della pandemia, invece di porre tutti sullo stesso piano, evidenzia un’ulteriore disparità tra minori in povertà educativa privati del diritto ad apprendere, formarsi, sviluppare capacità e competenze, coltivare le proprie aspirazioni e talenti, e i loro coetanei, tenuti lontani dalle strutture formative solo in questo momento storico. Si ampliano, così, le differenze sociali e politiche; le prime sono determinate dalle famiglie, che giocano un ruolo importante nel poter sostenere o meno economicamente e culturalmente i loro figli; d’altro canto, anche le scelte dei governi di mettere a disposizione finanziamenti, per l’acquisto e l’uso di digital device, rappresentano un’opportunità offerta o negata (Lavery et all., 2018; Sampath Kumar, Shiva Kumara, 2018).

La didattica a distanza, utilizzata soprattutto nei mesi di sospensione della didattica presenziale, ha riaperto il dibattito sul ruolo delle tecnologie nell’arginare le diseguaglianze sociali e culturali nella scuola e nell’extrascuola. Una ricerca Censis mostra che il successo o l’insuccesso della didattica a distanza o comunque di una didattica digitale, dipende dall’intreccio di più fattori tra cui le competenze didattiche e tecnologiche dei docenti e degli studenti, le disponibilità di

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tecnologie ed ambienti, la composizione familiare e il ruolo della valutazione nei processi di

insegnamento e apprendimento (Censis 2020).

Con la chiusura delle scuole e delle università, seguire le lezioni da casa ha comportato il dover avere a disposizione spazi sufficienti per tutti i componenti della famiglia, una strumentazione informatica e delle competenze digitali tali da consentire agli studenti di seguire le lezioni a distanza. Questa condizione ha escluso una quota importante della popolazione. I più recenti dati ISTAT, relativi al 2018-19 (Istat, 2018/19), mostrano che il 33,8% delle famiglie non ha un computer o un tablet in casa, il 47,2% ne ha uno e solo il 18,6% ne ha due o più. Ciò significa che in Italia 850.000 studenti tra i 6 e i 17 anni (il 12,3%) non hanno un pc o un tablet a casa. A complicare ulteriormente il quadro intervengono gli spazi abitativi disponibili: il 42% degli studenti vive in case sovraffollate, quindi prive di spazi adeguati allo studio. Un ultimo indicatore ma non meno importante, riguarda le effettive competenze digitali possedute dagli studenti italiani. La familiarità e l’uso intensivo che le giovani generazioni hanno con il web e con alcuni device certamente non sono sinonimo di competenza digitale (Ranieri, 2011).

Lo stesso Ministero della Pubblica Istruzione e l’U.E. attraverso i Fondi Sociali Europei, compresa l’importanza del digitale nella didattica soprattutto in questo periodo emergenziale, hanno proposto “interventi di adeguamento e adattamento funzionale degli spazi e aule digitali (Smart class, aule 3.0, ecc.) e realizzazione di progetti volti al contrasto del rischio di fallimento formativo precoce e di povertà educativa”.

Ma allora il ruolo della tecnologia nella pratica didattica per contrastare la povertà educativa è davvero una mission impossible?

2. Ripensare la scuola: un nuovo agire didattico per non spegnere gli entusiasmi di docenti e studenti.

L’emergenza sanitaria ha comportato l’adozione, da parte del Governo italiano, di numerosi provvedimenti normativi riguardanti il comparto scuola; tra questi, di particolare rilevanza per questa dissertazione, sono il D.M.39 del 26/06/2020 Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema Nazionale di Istruzione ed in particolare le Linee Guida per la Didattica Digitale Integrata (DDI) dove si evidenzia che tutte le scuole, a prescindere dal grado di istruzione, dovranno dotarsi del Piano scolastico per la didattica digitale integrata che, allegato o integrato nel PTOF, riveste carattere prioritario poiché esso individua i criteri e le modalità per riprogettare l’attività didattica con la DDI, tenendo in considerazione le esigenze di tutti gli alunni e gli studenti, in particolar modo degli alunni più fragili.

Già con la nota 562 del 28 Marzo, comunque il Ministero dell’Istruzione, considerata la rilevanza di una didattica integrata al digitale, ha previsto lo stanziamento di 85 milioni di euro per consentire alle istituzioni scolastiche statali la prosecuzione della didattica tramite la diffusione di strumenti digitali per l’apprendimento a distanza, al fine di:

 dotare immediatamente le scuole di strumenti digitali o favorire l’utilizzo di piattaforme di e-learning;

 mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso gratuito, dispositivi digitali individuali, anche completi di connettività, per la migliore e più efficace fruizione delle piattaforme per l’apprendimento a distanza;

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 formare i docenti sulle metodologie innovative e sulle tecniche di didattica a distanza (nota

n.562/2020).

Ma a prescindere dallo stato emergenziale proprio di questo periodo storico, è utile ricordare che il Governo italiano ha sempre creduto nell’importanza delle tecnologie nella pratica didattica.

Nel 2015 con D.M. n.851 ha istituito il Piano Nazionale Scuola Digitale. Il PNSD è il documento di indirizzo per il lancio di una strategia di innovazione della scuola italiana e per un nuovo posizionamento del suo sistema educativo nell’era digitale, così come previsto dalla L. 107/2015. Ma la storia del PNSD ha inizio già nel 2007, quando per la prima volta si è discusso della necessità di elaborare un Piano Nazionale per la Scuola Digitale che avesse l’obiettivo principale di modificare gli ambienti di apprendimento e promuovere l’innovazione digitale nella scuola. La Lavagna Interattiva Multimediale-LIM in tutte le classi, le Cl@ssi 2.0 e 3.0 caratterizzate dallo slogan «non più la classe in laboratorio ma il laboratorio in classe» e Scuol@ 2.0 sono solo alcuni degli esempi concreti del graduale processo di digitalizzazione della scuola italiana, reso possibile anche grazie alle risorse stanziate a livello europeo con la Programmazione Operativa Nazionale-PON che ha fatto sì che le dotazioni tecnologiche a disposizione delle scuole nel nostro paese toccassero cifre importanti (Miur, 2015).

Fatta questa doverosa premessa, ci si chiede ora più che mai, come e se l’uso delle ICT e, pertanto, dei tools digitali nei sistemi educativi, favorisca il miglioramento dell’apprendimento e se gli stessi siano efficaci per il superamento delle diseguaglianze sociali e culturali.

Come esplicitato nel paragrafo precedente, la buona riuscita di una didattica integrata al digitale, dipende dall’intreccio di più fattori tra cui le competenze didattiche e tecnologiche dei docenti e degli studenti, le disponibilità di tecnologie ed ambienti di apprendimento efficaci ed efficienti. Altro aspetto sicuramente rilevante a nostro avviso è comprendere se e come il processo di apprendimento-insegnamento si modifica e come ripensare la didattica in termini nuovi.

Con il passaggio dalla didattica in presenza alla didattica a distanza-DaD, docenti e studenti sono stati costretti a rivedere il proprio modo di insegnare, apprendere, comunicare ed interagire per adeguarlo alle possibilità offerte dai nuovi strumenti digitali. Le novità che con questo passaggio si introducono nel processo didattico non sono di poco conto, perché agiscono su dimensioni considerate essenziali, come la relazione educativa, i rapporti interpersonali, l’ambiente di apprendimento nonché i processi di insegnamento-apprendimento.

L’allontanamento dalle aule scolastiche ed universitarie ha inoltre rimarcato l’importanza del contesto in cui avviene il processo di insegnamento-apprendimento, un contesto fatto di persone, spazi fisici e strumenti. Quando infatti il contesto subisce variazioni, tutto il processo di insegnamento e apprendimento ne viene condizionato. «Le tecnologie della conoscenza modellano ciò che si apprende, andando a cambiare il come si apprende» (Laurillard, 2014).

Le ricerche in ambito educativo e didattico degli ultimi tempi mettono sempre più in evidenza che l’uso delle ICT nei sistemi educativi favorisce il miglioramento dell’apprendimento particolarmente negli alunni con Bisogni Educativi Speciale e soprattutto il processo dell’imparare a imparare, abilità basata sulla capacità di adattarsi ai cambiamenti che si verificano a livello relazionale e ambientale nel sistema di cui l’individuo fa parte attraverso la costruzione e la trasformazione dei suoi modelli di conoscenza e di azione. Risulta necessario a tal proposito fornire i mezzi per collegare una pluralità di conoscenze, evitare i pericoli nascosti nel cyberspazio e favorire la capacità di gestione dell’imprevisto, la comunicazione, garantendo la valutazione critica e l’autonomia dell’individuo; utile appare una nuova tecnologia dell’educazione intesa come un

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complesso sistema di artefatti che possono potenziare la comunicazione didattica e come tale intervenire nei processi di insegnamento/apprendimento (Falcinelli, 2012).

Certamente tanto ancora c’è da lavorare ma indubbiamente l’impiego delle tecnologie nelle attività didattiche può essere realmente efficace solo se i docenti sono capaci di progettare percorsi di insegnamento/apprendimento che pongano al centro l’allievo che, con l’ausilio di vari tools digitali, può diventare costruttore del proprio percorso di conoscenza con la guida di un docente che sa costruire un ambiente ricco di risorse, flessibile, aperto alla ricerca e al monitoraggio costante (Falcinelli, Gaggioli, 2016; Ranieri, Menichetti, Borges, 2018).

Occorre, di conseguenza, favorire «un’interazione sinergica tra innovazione tecnologica e valori umani» (Castells, 2004) e definire delle nuove strategie di educazione, istruzione e formazione per consentire, insieme alla tradizionale trasmissione dei saperi e allo scambio e alla condivisione di buone pratiche, (Tornero et all., 2010) anche un’acquisizione di competenze che rendano il futuro cittadino del mondo in grado di affrontare e rispondere ai cambiamenti e alla complessità che caratterizzano la società contemporanea e accedere facilmente alle informazioni permettendo a tutti, e a tutte le età, di essere inclusi nella knowledge society o società della conoscenza (Spinelli, 2009) per contrastare e, successivamente “sradicare” ogni forma di disuguaglianza, barriera, limitazione esistente, nell’accesso e nell’utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione da parte di categorie di persone o di intere aree geografiche, alla cui base esistono disparità di tipo economico, sociale, culturale e politico.

“E qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure…” come scriveva De Gregori nel testo di una famosissima canzone. Certamente tra le pagine chiare di questo nebuloso periodo resta la certezza di aver dovuto ripensare la scuola, l’università, in termini nuovi; si è sentita la necessità di approfondire e, in taluni casi, conoscere nuovi modi di fare didattica: abbiamo riprogettato la didattica, utilizzato piatteforme diverse come Teams, Meet, Cisco, ecc., visto tutorial e corsi online sui nuovi strumenti digitali, abbiamo utilizzato tantissime app diverse, perché diverse erano le situazioni: mostrare, collaborare, verificare. Sono state utilizzati tools come ad esempio e solo per citarne alcuni: Padlet, Thinglink, Genyal.ly, Wordwall, Educaplay, ma anche Bookcreator, Storyjumper, Learninapps, Kahoot, Quizlet, e potremmo continuare così ancora per tanto tempo. Ogni docente ha trascorso ore a cercare i materiali più adatti (non che non si facesse anche in presenza) e fruibili da un maggior numero di alunni/studenti; si è cercato di creare attività collaborative a distanza e delle volte si sono dovute addirittura inventare o adattare perché nel mare magnum del web non sempre erano accessibili a tutti: non si poteva lasciare indietro nessuno! Si era perennemente connessi sia perché ogni momento era quello giusto pur di recuperare un momento con uno studente che per problemi di connessione o mancanza di strumenti non poteva essere presente in DaD sia perché in qualunque momento uno studente poteva aver bisogno di chiarimenti o magari solo di confrontarsi e parlare per cui bisognava esserci: la relazione, anche se a distanza, doveva e deve essere un punto fisso soprattutto nel caso di alunni più “fragili”.

Tra le pagine scure allora cosa inserire? Sicuramente l’impossibilità per alcuni studenti di avere una rete wireless e/o strumenti digitali e spazi per poterli utilizzare ma anche la mancanza di una formazione mirata. A nostro avviso anche la mancanza di formazione all’uso dei tools digitali per la pratica didattica del personale docente che, paradossalmente, deve “ringraziare” questo brutto periodo per aver finalmente compreso l’importanza degli strumenti digitali per una didattica efficace.

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Nel Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria a Ciclo Unico dell’UniBa, durante le ore di Tirocinio Indiretto gli studenti hanno evidenziato ai Tutor Organizzatori e Coordinatori, proprio come nelle classi “virtuali”, durante il loro Tirocinio Diretto online, vi era una oggettiva difficoltà da parte di alcuni docenti accoglienti che, dinanzi a questa situazione emergenziale, avevano paura di “lasciare indietro” qualcuno, soprattutto quelli con BES, perché consapevoli dei loro “limiti tecnologici”. Da qui l’idea, sentiti anche alcuni docenti di Facoltà, di utilizzare le ore di Tirocinio Indiretto ed alcuni Laboratori, per simulare lezioni e creare attraverso diversi Tools digitali attività interattive che coinvolgessero attivamente tutti gli alunni.

Il CdL si è pertanto mosso su vari fronti: durante i laboratori, ad esempio, svolti sempre in modalità a distanza, che hanno coinvolto circa 180 studenti del secondo anno di SFP, sono state assegnati diversi compiti riguardanti la creazione di attività interattive digitali; tra queste di notevole rilevanza ha assunto ad esempio, quella sulla creazione di una favola digitale così come si evince dall’immagine sottostante.

Con questo laboratorio gli studenti si sono cimentati, attraverso un “Cooperative learning a distanza”, grazie alla piattaforma Teams di Microsoft, nella creazione di una fiaba digitale dapprima realizzando un canovaccio, poi disegnando ogni sequenza e registrando l’audio della voce narrante per poi trasferire il tutto all’interno dell’app: Book Creator. Book Creator è uno strumento semplice ed intuitivo per creare fantastici libri interattivi digitali stimolando la creatività e favorendo la

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cooperazione, la condivisione, in una parola l’inclusione. Attraverso questa app utilizzabile attraverso vari dispositivi come pc, tablet, smartphone, … gli studenti possono connettersi tra loro, condividere il lavoro avendo un feedback immediato; possono non solo scrivere, disegnare o creare fumetti ma anche inserire video, audio, musiche, mappe, tabelle,… diventando così i veri protagonisti dell’apprendimento. Questo è ciò che è accaduto: gli studenti creando i vari sottogruppi si sono cimentati nella realizzazione di queste fiabe interattive che hanno poi mostrato agli alunni durante le ore di Tirocinio diretto in DaD.

Per gli alunni della Scuola dell’Infanzia sono state create, ad esempio, delle fiabe digitali sul Coronavirus, disegnate, scritte e animate dalle voci degli stessi studenti.

All’interno del Tirocinio Indiretto, sempre durante il periodo emergenziale, i Tutor Coordinatori hanno supportato gli studenti di tutte le annualità nella creazione di vere e proprie lezioni interattive per supportare i tutor accoglienti nella DaD. È stato mostrato loro, sempre utilizzando la piattaforma Teams di Microsoft, l’utilizzo di vari tools tra cui Padlet, Mindomo, Genial.ly, Storyjumper, Wordwall, Educaplay, ma anche apps per le verifiche degli apprendimenti come Kahoot, Learningapps, Quizizz, Quizlet, Socrative, ecc

Attraverso questi strumenti gli studenti hanno a loro volta sperimentato un nuovo modo di fare italiano, matematica, geografia, storia, ecc.; una modalità interattiva, cooperativa e creativa che hanno poi “riversato” sui piccoli alunni delle classi dove svolgevano il tirocinio.

Hanno creato, insiemi ai piccoli alunni, in sinergia con i tutor accoglienti, tante risorse, tante lezioni digitali su vari argomenti. A titolo esemplificativo riportiamo alcuni dei lavori fatti attraverso lo storytelling digitale, di cui alleghiamo immagini ma anche alcuni codici: Raperonzolo ai tempi del Covid, codice: 6RJYCFP; Cenerentola e la maledizione di Covidana Codice: 6RY5CFV; Alice in Covid-land, Codice: 6R6R9BX.

Allo stesso modo, sempre tenendo conto della programmazione delle classi sono state create lezioni interattive su tematiche ambientali utilizzando con gli alunni vari strumenti come ad esempio

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https://read.bookcreator.com/pwuQyJIOO6UVglzN1NqeKGZRkam1/R1dICJ0TTRm7j0g8sLXDH g;

https://it.padlet.com/isannavalente/rwrm80kgrfux06nd;

https://padlet.com/giuliaranieri2304/usxigcetu56gfqgt,

ma anche verifiche degli apprendimenti con Learningapps:

http://learningapps.org/user/iristodisco99;

https://learningapps.org/display?v=pptbs4ytj20.

Tantissime sono le attività interattive con cui gli studenti di Formazione Primaria si sono cimentati con entusiasmo e dedizione, capendo così l’importanza di coinvolgere in maniera attiva, sempre e ad ogni costo, tutti gli alunni per non lasciare indietro nessuno e soprattutto non spegnere l’entusiasmo e la motivazione dei piccoli alunni. A loro dire anche gli alunni erano entusiasti di questo nuovo modo di fare scuola così come i loro genitori che, accanto ai piccoli e davanti allo schermo, nonostante le varie difficoltà, erano soddisfatti dei progressi fatti; moltissimi sono stati, inoltre, gli apprezzamenti dei Tutor Accoglienti e dei docenti delle varie classi. Questo ci ha fatto riflettere, nonostante non ci sia stata una vera e propria ricerca ma, per ora, una semplice sperimentazione sulle best practice, sull’importanza della sperimentazione attiva sia in Università che all’interno delle Istituzioni Scolastiche.

Conclusioni

Come suddetto a nostro parere la sperimentazione didattica rappresenta una preziosa opportunità per quanti operano nel mondo della formazione, non solo per valutare l’efficacia degli strumenti disponibili, ma anche per testare ed elaborare nuove metodologie didattiche che consentano di massimizzare gli effetti di una didattica integrata con il digitale.

Sicuramente questo periodo pandemico ha in qualche modo evidenziato le reali mancanze e difficoltà strumentali di studenti e docenti ma ha permesso di toccare con mano quanto necessaria è la relazione educativa, la vera connessione tra le persone, lo scambio e la cooperazione per migliorare i processi di insegnamento/apprendimento, l’importanza di un fare scuola non solo meramente nozionistico ma legato all’esperienza, al vissuto, ai bisogni e alle emozioni di ogni singolo alunno/studente. Ha reso inoltre, indifferibile chiedersi quali trasformazioni siano necessarie affinché i processi di insegnamento/apprendimento siano davvero efficaci senza lasciare indietro nessuno. Secondo noi è necessario comprendere che bisogna rimanere al passo con la crescente complessità di questa società iperconnessa, cercando di colmare il digital divide tra l’acquisizione degli apprendimenti nella scuola e quelli fatti nell’extrascuola oltre che ad una formazione continua e capillare sulle nuove tecnologie al servizio della didattica ma anche su come queste possano massimizzare il potenziale di ogni studente.

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